il mobbing nella prospettiva criminologica integrata · zione. le prime per la loro maggiore...

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12 Temi Romana Saggi 1. Il mobbing. Nozione e caratteristiche Il termine mobbing deriva dal verbo to mob (“assalire in massa”) e consiste in un comples- so abituale di condotte vessatorie, discriminatorie e di tipo aggressivo, praticate sul luogo di lavoro allo scopo di perseguitare un collega o un subalterno e talora age- volate dai cd. sighted mobbers 1 , ossia i compagni del mobbizzato che, con atteggiamenti di accettazione neu- trale, incrementano lo stato di emarginazione e disagio della vittima 2 . I comportamenti ostili possono anche essere leciti o giuridicamente irrilevanti: quel che rileva è la reitera- zione costante degli stessi e il correlato stato di impo- tenza che si alimenta nel mobbizzato 3 . Si tratta infatti di una “situazione lavorativa di conflit- tualità sistematica, persistente in un costante progresso in cui una o più persone vengono fatte oggetto di azioni al alto contenuto persecutorio da parte di uno o più aggressori in una posizione superiore, inferiore o di parità, con lo scopo di provocare alla vittima danni di vario tipo e gravità. Il mobbizzato si trova nell’impossi- bilità di reagire adeguatamente a tali attacchi ed a lungo andare accusa disturbi psicosomatici, relazionali e del- l’umore, che possono portare anche invalidità psicofisi- che permanenti di vario genere e percentualizzazione” 4 . Similmente, lo studioso svedese Leymann definisce il fenomeno come “una comunicazione contraria ed ostile ai principi etici, perpetrata in modo sistematico da una o più persone, principalmente contro un singolo individuo che viene per questo spinto in una posizione di impoten- za e impossibilità di difesa e qui costretto a restare con continue attività ostili. Queste azioni sono effettuate con un’alta frequenza …e per un lungo periodo di tempo …. A causa dell’alta frequenza e della lunga durata, il com- portamento ostile da luogo a seri disagi psicologici, psi- cosomatici e sociali” 5 . Dalle esposte definizioni si ricavano, dunque, gli ele- menti costitutivi del mobbing che possono riassumersi nel contestuale ricorso di più condizioni ed in partico- lare: la natura vessatoria e persecutoria della condotta, la collocazione della stessa nell’ambiente di lavoro, la ripetizione e persistenza temporale delle azioni mob- bizzanti 6 , l’intento persecutorio del mobber, la subordi- nazione psicologica e lavorativa della vittima e l’anda- mento fasico 7 degli effetti delle praticate ostilità sul mobbizzato. E la rosa di condotte devianti è ampia. Può spaziare da atteggiamenti di ostacolo alla regolare conduzione del lavoro (demansionamenti, trasferimenti, controlli esa- gerati, arresti di carriera, sanzioni disciplinari reiterate, svilimento dell’immagine, atteggiamenti di critica), a vere e proprie molestie, anche di tipo sessuale. Deve comunque trattarsi di atteggiamenti che, per diverse vie, finiscono per minare la serenità del lavoratore. Ad esempio, anche la richiesta continua di visite fiscali per malattia, come la diffamazione o l’omessa concessione dolosa del riposo settimanale possono costituire con- dotte mobbizzanti, se tali da provocare nella vittima turbative psicologiche impeditive del regolare e tran- quillo svolgimento delle mansioni affidate. A costituire il comune denominatore delle azioni descritte è quindi la relativa natura sistemica, l’andamento progressivo e lo scopo e/o l’effetto persecutorio che vi associa 8 . Solitamente, si distinguono più tipologie di mobbing: quello gerarchico, o verticale, è perpetrato dal datore di lavoro verso i subalterni, mentre quello orizzontale è attuato tra colleghi di pari grado. Ancora, si ha mobbing combinato, quando le condotte del superiore gerarchi- co sono avallate dagli altri lavoratori e mobbing ascen- dente se, inusualmente, sono i dipendenti a boicottare l’operato del proprio capo. Se poi alle vessazioni sui luoghi di lavoro segue una conseguente perdita di sostegno all’interno del nucleo familiare si integra il fenomeno del cd. doppio mobbing 9 . Infine, una particolare condizione mobbizzante è inte- grata dalla molestia di tipo sessuale. Si tratta di una forma di mobbing del tutto peculiare, sia per la genesi, che per le modalità operative del molestatore. In primo Il mobbing nella prospettiva criminologica integrata Giovanni Neri*e Flavia Forgione** * Avvocato del Foro di Roma – Docente di Criminologia UNI I.P.U.S. Chiasso – Direttore scientifico della Collana Jus & Comparative Law ** Dottore di Ricerca in Diritto Penale, Università degli Studi Roma Tre

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Page 1: Il mobbing nella prospettiva criminologica integrata · zione. Le prime per la loro maggiore fragilità emotiva e per la più evidente esposizione a molestie di tipo ses-suale12

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1.Il mobbing. Nozione e caratteristicheIl termine mobbing deriva dal verbo to mob(“assalire in massa”) e consiste in un comples-

so abituale di condotte vessatorie, discriminatorie e ditipo aggressivo, praticate sul luogo di lavoro allo scopodi perseguitare un collega o un subalterno e talora age-volate dai cd. sighted mobbers1, ossia i compagni delmobbizzato che, con atteggiamenti di accettazione neu-trale, incrementano lo stato di emarginazione e disagiodella vittima2.I comportamenti ostili possono anche essere leciti ogiuridicamente irrilevanti: quel che rileva è la reitera-zione costante degli stessi e il correlato stato di impo-tenza che si alimenta nel mobbizzato3.Si tratta infatti di una “situazione lavorativa di conflit-tualità sistematica, persistente in un costante progressoin cui una o più persone vengono fatte oggetto di azionial alto contenuto persecutorio da parte di uno o piùaggressori in una posizione superiore, inferiore o diparità, con lo scopo di provocare alla vittima danni divario tipo e gravità. Il mobbizzato si trova nell’impossi-bilità di reagire adeguatamente a tali attacchi ed a lungoandare accusa disturbi psicosomatici, relazionali e del-l’umore, che possono portare anche invalidità psicofisi-che permanenti di vario genere e percentualizzazione”4.Similmente, lo studioso svedese Leymann definisce ilfenomeno come “una comunicazione contraria ed ostileai principi etici, perpetrata in modo sistematico da una opiù persone, principalmente contro un singolo individuoche viene per questo spinto in una posizione di impoten-za e impossibilità di difesa e qui costretto a restare concontinue attività ostili. Queste azioni sono effettuate conun’alta frequenza …e per un lungo periodo di tempo ….A causa dell’alta frequenza e della lunga durata, il com-portamento ostile da luogo a seri disagi psicologici, psi-cosomatici e sociali”5.Dalle esposte definizioni si ricavano, dunque, gli ele-menti costitutivi del mobbing che possono riassumersinel contestuale ricorso di più condizioni ed in partico-

lare: la natura vessatoria e persecutoria della condotta,la collocazione della stessa nell’ambiente di lavoro, laripetizione e persistenza temporale delle azioni mob-bizzanti6, l’intento persecutorio del mobber, la subordi-nazione psicologica e lavorativa della vittima e l’anda-mento fasico7 degli effetti delle praticate ostilità sulmobbizzato.E la rosa di condotte devianti è ampia. Può spaziare daatteggiamenti di ostacolo alla regolare conduzione dellavoro (demansionamenti, trasferimenti, controlli esa-gerati, arresti di carriera, sanzioni disciplinari reiterate,svilimento dell’immagine, atteggiamenti di critica), avere e proprie molestie, anche di tipo sessuale. Devecomunque trattarsi di atteggiamenti che, per diversevie, finiscono per minare la serenità del lavoratore. Adesempio, anche la richiesta continua di visite fiscali permalattia, come la diffamazione o l’omessa concessionedolosa del riposo settimanale possono costituire con-dotte mobbizzanti, se tali da provocare nella vittimaturbative psicologiche impeditive del regolare e tran-quillo svolgimento delle mansioni affidate. A costituireil comune denominatore delle azioni descritte è quindila relativa natura sistemica, l’andamento progressivo elo scopo e/o l’effetto persecutorio che vi associa8.Solitamente, si distinguono più tipologie di mobbing:quello gerarchico, o verticale, è perpetrato dal datoredi lavoro verso i subalterni, mentre quello orizzontale èattuato tra colleghi di pari grado. Ancora, si ha mobbingcombinato, quando le condotte del superiore gerarchi-co sono avallate dagli altri lavoratori e mobbing ascen-dente se, inusualmente, sono i dipendenti a boicottarel’operato del proprio capo. Se poi alle vessazioni suiluoghi di lavoro segue una conseguente perdita disostegno all’interno del nucleo familiare si integra ilfenomeno del cd. doppio mobbing9.Infine, una particolare condizione mobbizzante è inte-grata dalla molestia di tipo sessuale. Si tratta di unaforma di mobbing del tutto peculiare, sia per la genesi,che per le modalità operative del molestatore. In primo

Il mobbing nella prospettiva criminologica integrataGiovanni Neri* e Flavia Forgione*** Avvocato del Foro di Roma – Docente di Criminologia UNI I.P.U.S. Chiasso – Direttore scientifico della Collana Jus & Comparative Law ** Dottore di Ricerca in Diritto Penale, Università degli Studi Roma Tre

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luogo infatti l’intento del mobber non coincide con lavolontà di allontanare la vittima dai luoghi di lavoro.Anzi, al contrario, se ne incita l’avvicinamento coatti-vo a fronte di reazioni opposte del molestato, che tendea chiedere trasferimenti o giorni di malattia per sfuggi-re alle attenzioni sgradite. E le tecniche di soprusorisentono dei sentimenti di vendetta del respinto, che,specie se in posizione gerarchicamente favorevole, uti-lizza il ricatto come arma contro la vittima, stretta nel-l’alternativa tra l’accondiscendenza alla molestia ol’accettazione di uno stato mobbizzante. Ciò non toglieche talvolta il mobbing sessuale possa consistere ancheuna buona strategia di allontanamento della vittima dalproprio posto di lavoro. E questo si verifica quando ilavoratori, per danneggiare un collega, iniziano a dif-fondere voci non veritiere sulle abitudini sessuali delmobbizzato.Ad ogni modo, indipendentemente dalle forme cheassume, il mobbing costituisce una fattispecie dai con-torni assai incerti, di creazione giurisprudenziale10, chedesta non poche perplessità, anche per la recente edesponenziale diffusione delle condotte mobbizzanti inEuropa e nel mondo11.In Italia il fenomeno è in crescita, anche se con minoreintensità rispetto alle medie europee, e colpisce in par-ticolare donne e impiegati nella pubblica amministra-zione. Le prime per la loro maggiore fragilità emotivae per la più evidente esposizione a molestie di tipo ses-suale12. I secondi per il minor rigore dei controlli pub-blici sul dilagare degli atteggiamenti mobbizzanti tralavoratori. L’imprenditore privato, infatti, temendo glieffetti negativi del mobbing sul successo delle politicheaziendali, è più incline rispetto alla p.a. alla predisposi-zione di adeguati strumenti di freno e contenimentodelle pratiche vessatorie.Restano ora da analizzare, in una prospettiva crimino-logica integrata, le cause del mobbing e le relative con-seguenze sull’equilibrio psico-fisico della vittima.

2. Le cause del fenomenoIl ricorso a tecniche mobbizzanti sul luogo di lavoropuò dipendere dall’intersecarsi di più fattori compositi,da analizzare caso per caso.Dal punto di vista squisitamente oggettivo, il prolifera-re del fenomeno dipende da ragioni culturali e dal con-testo economico in cui le imprese si trovano a operare.

Infatti, la diffusione del mobbing viene in genere ricon-nessa a una serie di cause criminologiche legate al con-testo ambientale di lavoro. In quest’ottica vengono inrilievo: l’importanza della tipologia e remunerativitàdell’occupazione espletata secondo i canoni dellasocietà d’appartenenza; il livello di competitività suiposti di lavoro; il grado di aggressività ritenuto tollera-bile; l’eventuale presenza di adeguati ammortizzatorisociali; e da ultimo, la maggiore o minore elasticità cul-turale del paese di riferimento, dal momento che ilricorso a tecniche mobbizzanti è inversamente propor-zionale all’accettazione delle diversità biologiche(sesso, età, etnia) tra i lavoratori13.Ma non solo. Molto dipende anche dalla struttura orga-nizzativa aziendale e dalle richieste di sempre maggiorefficienza e produttività, imposte dal nuovo mercatoglobalizzato. Gli standard attuali infatti esigono rendimenti eccellen-ti a basso costo, il che talvolta impone rivisitazioni dispesa e conseguenti riallocazioni o riduzioni del perso-nale. E questo, unito a sempre più frequente ricorso acontratti di lavoro interinale o a termine, sottopone idipendenti ad un forte stress psicologico, alimentatodal timore di perdere la propria occupazione e dallanecessità di adeguarsi agli elevati livelli di produttivitàraggiunti nel mondo imprenditoriale. Invero, il fortegrado di tensione, l’insicurezza dell’impiego, le inade-guatezze nella gestione manageriale e la pressionecompetitiva generano tra i lavoratori un evidente statodi conflittualità, particolarmente accentuato nelle fasidi eventuale ridimensionamento dell’organico, quandola volontà di boicottare colleghi antagonisti spinge adattuare a loro svantaggio tecniche subdole di isolamen-to e discredito. Talora poi è lo stesso datore di lavoro a ricorrere adatteggiamenti ostili proprio per eliminare dal gruppo idipendenti meno efficienti o più anziani, inducendoliall’interruzione volontaria e prematura del rapportolavorativo14.A ciò ovviamente si aggiungono le caratteristiche sog-gettive degli attori della vicenda mobbizzante. Invero, pur non esistendo un profilo psicocomporta-mentale di tipo unitario della vittima di mobbing, inprima approssimazione si tratta di una persona efficien-te, scrupolosa e come tale temuta dai colleghi, che tal-volta approfittano di uno suo temporaneo stato di stress

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per favorirne l’espulsione dal gruppo di lavoro15. D’altraparte quanto più è evidente la debolezza psicologica dellavoratore, tanto maggiore è il livello di aggressività cuisi spinge il mobber, per invidia o frustrazione16. Ad ogni modo, indipendentemente da ogni generalizza-zione, gli episodi di mobbing sono difficilmente stereo-tipabili, sia per modalità operative che li caratterizzano,che per le peculiari condizioni ambientali e personolo-giche in cui si sviluppano.

3. Le conseguenze del mobbingLa costante sottoposizione a pratiche mobbizzanti con-duce la vittima ad uno stato di disagio psicologico, chepuò sfociare in malattie psicosomatiche a vari livelli,clinicamente riconducibili al “disturbo dell’adattamen-to”17, al “disturbo acuto da stress”18 e al più grave“disturbo post traumatico da stress”19.Più in generale comunque, la sintomatologia della “sin-drome da mobbing” è stata inquadrata dalla letteraturacriminologica in base agli effetti psico fisici che deter-mina nel mobbizzato.Alla variabilità dello stato socio emotivo, con conse-guente alternanza di reazioni aggressive e remissivo-depressive, si associa una modificazione dell’equilibriopsico fisico, dovuta alla somatizzazione del disagio vis-suto, e una variazione del comportamento manifesto20.Si passa da crisi di pianto, ad attacchi di panico, a statidi alterazione psicosomatica anche gravi, che possonosfociare in disturbi alimentari o del sonno, ovvero inatteggiamenti di autolesionismo, come l’abuso di alco-ol o di farmaci anti depressivi.Sintomi tutti amplificati dal senso di impotenza deri-vante dalla reazione sociale, imprenditoriale e familia-re alla manifestazione di devianze comportamentali.

Spesso infatti l’area manageriale alla quale il mobbiz-zato si rivolge per denunciare il sopruso tende a mini-mizzare la patologia, attribuendola a stress lavorativiordinari, oppure addirittura a sfruttarla in vista di even-tuali ridimensionamenti d’organico.Non a caso infatti la quasi classica conseguenza del-l’avvio di pratiche di mobbing è la perdita del lavoro,alla quale inevitabilmente segue un senso di fallimentoe la privazione della propria identità sociale. Talvolta,si percepisce anche un’ostilità all’interno della propriafamiglia che, stanca di assecondare un componenteemotivamente instabile, ritira il proprio sostegno emo-tivo, peggiorando in modo allarmante la situazione giàcompromessa della vittima. Motivo per il quale in casilimite il mobbizzato può addirittura meditare o metterein atto tentativi di suicidio.Questi gli effetti sulla vittima. Ma il mobbing è forierodi conseguenze negative anche per l’impresa all’inter-no della quale si sviluppa.Infatti, ne deriva un calo generale del rendimento edelle produttività del gruppo di lavoro, una compromis-sione dell’immagine aziendale, un incremento di atteg-giamenti di assenteismo, e una generale perdita di fidu-cia e collaborazione tra i colleghi. A ciò deve inoltreaggiungersi il costo, pur in termini di Know-how, per lasostituzione, anche temporanea del mobbizzato, la per-dita di personale specializzato, e l’obbligo economicodi risarcimento dei danni.Si tratta quindi di un fenomeno, non ancora compiuta-mente regolamentato ma da non sottovalutare, alla luceanche dell’incremento negli ultimi anni di pratichemobbizzanti, direttamente proporzionale alla crescitadel mercato globalizzato, all’elevato tasso di disoccu-pazione e alla precarietà dei rapporti lavorativi.

1 Si tratta di colleghi che partecipanoall’azione mobbizzante (cd. spettatori nonconformisti), o che per timore o opportuni-tà non prendono posizione a favore delmobbizzato (cd. spettatori conformisti). Sulpunto vd. H. EGE, Mobbing Conoscerlo pervincerlo, Milano, Franco Angeli, 2001, chedistingue tra side – mobber e co – mobber.

2 Il termine, che mutua anche dalla locuzio-

ne latina mobile vulgus utilizzata con acce-zione negativa nei confronti del popolomeritevole di disprezzo, è stato ripresoanche dall’etologo Lorenz nella descrizionedel comportamento aggressivo tenuto daglianimali in branco per allontanare i proprisimili e, se trasposto sul piano umano,evoca tutta una serie di comportamenti pra-ticati in massa per isolare un membro dellacomunità ritenuto scomodo o pericoloso.

Non si sviluppa quindi soltanto nei luoghidi lavoro ma anche altrove, ad esempio nel-l’ambiente militare (ove prende il nome di“nonnismo”; cfr. F. BATTISTELLI, Anatomiadel nonnismo: cause e misure di contrastodel Mobbing militare, Milano, Angeli,2000), condominiale o scolastico (il bulli-smo infatti null’altro è che una particolarespecie di condotta mobbizzante applicatatra minori).

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3 L’elemento dell’abitualità distingue ilmobbing dal cd. straining, consistente incondotte vessatorie di tipo isolato, macomunque tali da procurare disagi e dannipsicologici alla vittima. Cfr. E. DI SABATINO,Dal Mobbing allo stalking allo straining, inResp. civ., II, 2007, p. 171 ss.; H. EGE, Oltreil mobbing. Straining, stalking e altre formedi conflittualità sul posto di lavoro, Milano,Giuffrè, 2005; N. SAPONE, I danni nel rap-porto di lavoro, Milano, Giuffrè, 2009, p.178 ss., che scrive: “L’utilità della figura delmobbing è quella di consentire uno sguardosinottico, teleologico di condotte disparate,stringendole in unità, e facendone cosìemergere la complessiva illiceità, anchequando tale illiceità non sarebbe stata prati-cabile all’esito di una valutazione separata,atomistica dei singoli comportamenti”; e B.TRONATI, Mobbing e straining nel rapportodi lavoro. Cosa sono, come riconoscerli,come reagire, come tutelarsi, Bologna,Ediesse, 2008. In giurisprudenza vd. tra lealtre Corte Cost. 19 dicembre 2003, n. 359:“I comportamenti in cui può esternarsi ilmobbing hanno la duplice peculiarità dipoter essere esaminati singolarmente, ancheleciti, legittimi o irrilevanti dal punto divista giuridico, e tuttavia di acquisirecomunque rilievo quali elementi della com-plessiva condotta caratterizzata nel suoinsieme dall’effetto e, talvolta secondo alcu-ni, dallo scopo di persecuzione e di emargi-nazione”; Cass. pen., Sez. V, 29 agosto2007, n. 33624: “La condotta di mobbingsuppone non tanto un singolo atto lesivo, mauna mirata reiterazione di una pluralità diatteggiamenti, anche se non singolarmenteconnotati da rilevanza penale, convergentisia nell’esprimere l’ostilità del soggetto atti-vo verso la vittima sia nell’efficace capacitàdi mortificare ed isolare il dipendente nel-l’ambiente di lavoro”.

4 Così H. EGE, Il Mobbing in Italia.Introduzione al mobbing culturale,Bologna, Pitagora, 1996. Dello stesso auto-re vd. anche Mobbing Conoscerlo per vin-cerlo, cit.; I numeri del mobbing. La primaricerca italiana, Bologna, Pitagora, 1999; Ilmobbing in Italia, Bologna, Pitagora, 1997;Che cos’è il terrore psicologico sul luogo dilavoro, Bologna, Pitagora, 1996.

La letteratura criminologica sull’argomentoè vastissima. Tra gli altri C. BALDASSARRI –M. DEPOLO, La vittimizzazione psicosocialesul lavoro, in Psicologia Contemporanea,

1999, 152, p. 18 ss.; C. BALDUCCI, I proces-si psichici del mobbing, Bologna, EdizioniPrima, 2000; M. BUCCI, Affrontare il mob-bing dal punto di vista dell’azienda, un’es-perienza concreta in un’amministrazionepubblica, in Psicologia e lavoro, 2007, p.21 ss.; G. BUSSOTTI – S. MORIONDOValutazione del mobbing. Manuale per lagestione del rischio dei lavoratori e dellelavoratrici, Bologna, Ediesse, 2010; L.CANALI. – R. DE CAMELIS – F. LAMANNA –B. PRIMICERIO, Il mobbing, Roma,Armando, 2004; S. CARRETTIN – N.RECUPERO, Il mobbing in Italia. Terrorismopsicologico nei rapporti di lavoro, Bari,Dedalo, 2002; A. CASILLI, Stop mobbing.Resistere alla violenza psicologica sulluogo di lavoro, Roma, Derive Approdi,2000; G. COCCO – C. ANGELONE – V.PIERFELICE, Il mobbing. Aspetti psicosocio-logici e giuridici, Pozzuoli, Sistemi Edito-riali, 2007; S. DE RISIO, Psichiatria dellasalute aziendale e mobbing, Milano, FrancoAngeli, 2001; M. DEPOLO, Mobbing: quan-do la prevenzione è intervento. Aspettigiuridici e psicosociali del fenomeno,Milano, 2003; H. EGE – M. LANCIONI,Stress e Mobbing, Bologna, Pitagora, 1998;G. FAVRETTO (a cura di), Le forme del mob-bing. Cause e conseguenze di dinamicheorganizzative disfunzionali, Milano, Cor-tina, 2005; G. GULOTTA, Il vero e il falsomobbing, Milano, Giuffrè, 2007; C. LAZ-ZARI, Mobbing: conoscerlo, affrontarlo,prevenirlo, Pescara, ESI, 2001; ID., Vincerele ingiustizie sul lavoro, Bologna, Pitagora,1997; ID., Adesso mi arrabbio. Conoscereed affrontare il litigio sul lavoro, Bologna,Pitagora, 1996; E. MAIER, Il Mobbing e lostress organizzativo, Cesena, Il PonteVecchio, 2002; G. POZZI (a cura di), Salutementale e ambiente di lavoro. Conoscere etutelare dal disadattamento al mobbing,Milano, Franco Angeli, 2008; B.RUPPRECHT-STROELL, Difendersi dal mob-bing. Strategie contro aggressioni, boicot-taggi, provocazioni, diffamazioni e umili-azioni sul posto di lavoro, Milano, Mon-dadori, 2007; ID., Mobbing: no grazie!Strategie di difesa contro aggressioni,boicottaggi, provocazioni, diffamazioni eumiliazioni sul posto di lavoro, Milano,TEA, 2001; G. SPRINI (a cura di), Mobbing:fenomenologia, conseguenze ed ipotesi diprevenzione, Milano, Franco Angeli, 2007;P. TOSI (a cura di), Il mobbing, Torino,Giappichelli, 2004; R. VACCANI, Stress,

mobbing e dintorni. Le insidie intangibilidegli ambienti lavorativi, Milano, ETAS,2007; C. VENTIMIGLIA, Disparità e disug-uaglianza. Molestie sessuali, mobbing edintorni, Milano, Franco Angeli, 2003.

5 In questi termini H. LEYMANN, The con-tent and development of mobbing at work,in European journal and Organization psy-chology, 5, 2, 1996; ID., Mobbing and psy-chological terror at workplaces, in Violenceand Victims, 5, 2, 1990.

Le definizioni fornite dagli studiosi vengo-no riprese anche dal legislatore regionale edalla giurisprudenza italiana, che tenta inparticolare di ancorare la tutela del mobbiz-zato ad appigli normativi, civili e penali. Atitolo esemplificativo, la Legge Regionale16/2002, della Regione Lazio, poi dichiara-ta incostituzionale per violazione dell’art.117 Cost., definiva il mobbing come uninsieme di “atti o comportamenti discrimi-natori o vessatori protratti nel tempo, postiin essere nei confronti di lavoratori dipen-denti, pubblici o privati, da parte del datoredi lavoro o da soggetti posti in posizionesovraordinata ovvero da altri colleghi, e chesi caratterizzano come una vera e propriaforma di persecuzione psicologica o di vio-lenza morale”. Prevedeva inoltre un elenconon tassativo di atti e comportamenti mob-bizzanti tra cui rientravano: pressioni emolestie psicologiche; calunnie sistemati-che, maltrattamenti verbali ed offese perso-nali; minacce e atteggiamenti intimidatori oavvilenti, palesi o indiretti; delegittimazio-ne dell’immagine; esclusione o marginaliz-zazione immotivata dall’attività lavorativa;svuotamento delle mansioni; attribuzione dicompiti esorbitanti, eccessivi o dequalifi-canti; inibizione all’accesso a informazionisull’ordinaria attività lavorativa; margina-lizzazione immotivata del lavoratore rispet-to a iniziative formative, di riqualificazioneo aggiornamento professionale; controlloeccessivo del dipendente; e discriminazionisessuali, di razza, lingua o religione.

Per la giurisprudenza cfr. ad es. Cass. civ.,Sez. lav., 8 agosto 2011, n. 17089: “Comeindicato dalla Corte costituzionale (a parti-re dalla sentenza n. 359 del 2003), la socio-logia ha mutuato il termine mobbing da unabranca dell’etologia per designare un com-plesso fenomeno consistente in una serie diatti o comportamenti vessatori, protratti neltempo, posti in essere nei confronti di unlavoratore da parte dei componenti del

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gruppo di lavoro in cui è inserito o dal suocapo, caratterizzati da un intento di perse-cuzione ed emarginazione finalizzatoall’obiettivo primario di escludere la vitti-ma dal gruppo”; Cass. civ., Sez. lav. 17 feb-braio 2009, n. 3785: “Per ‘mobbing’ (nozio-ne elaborata dalla dottrina e dalla giurispru-denza giuslavoristica) si intende comune-mente una condotta del datore di lavoro odel superiore gerarchico, sistematica e pro-tratta nel tempo, tenuta nei confronti dellavoratore nell’ambiente di lavoro, che sirisolve in sistematici e reiterati comporta-menti ostili, che finiscono per assumereforme di prevaricazione o di persecuzionepsicologica, da cui può conseguire la morti-ficazione morale e l’emarginazione deldipendente, con effetto lesivo del suo equi-librio fisiopsichico e del complesso dellasua personalità. Ai fini della configurabilitàdella condotta lesiva del datore di lavorosono pertanto rilevanti i seguenti elementi:a) la molteplicità dei comportamenti acarattere persecutorio, illeciti o anche lecitise considerati singolarmente, che siano statiposti in essere in modo miratamente siste-matico e prolungato contro il dipendentecon intento vessatorio; b) l’evento lesivodella salute o della personalità del dipen-dente; c) il nesso eziologico tra la condottadel datore di lavoro o del superiore gerar-chico e il pregiudizio all’integrità psico-fisica del lavoratore; d) la prova dell’ele-mento soggettivo, cioè dell’intento perse-cutorio”; Cass. civ., 6 marzo 2006, n. 4774:“Si qualifica come mobbing una condottasistematica e protratta nel tempo, che con-creta, per le sue caratteristiche vessatorie,una lesione dell’integrità fisica della perso-nalità morale del prestatore di lavoro,garantita dall’art. 2087 c.c.; tale illecito,che rappresenta una violazione dell’obbligodi sicurezza posto da questa norma genera-le a carico del datore di lavoro, si può rea-lizzare con comportamenti materiali oprovvedimenti del datore di lavoro, indi-pendentemente dall’inadempimento di spe-cifici obblighi contrattuali previsti dalladisciplina del rapporto di lavoro subordina-to… La sussistenza della lesione del beneprotetto e delle sue conseguenze dannosedeve essere verificata considerando l’ido-neità offensiva della condotta del datore dilavoro, che può essere dimostrata, per lasistematicità e la durata dell’azione neltempo, dalle sue caratteristiche oggettive dipersecuzione e discriminazione, risultanti

specialmente da una connotazione emulati-va e pretestuosa, anche in assenza di unaviolazione di specifiche norme di tutela dellavoratore subordinato”.

6 Secondo Cass. civ., Sez. lav., 9 settembre2008, n. 22858, la durata della vessazionenon può comunque essere inferiore a undi-ci mesi.

7 Cfr. LEYMANN, The content and develop-ment of mobbing at work, cit., distinguequattro fasi: fase del conflitto latente, con-notata da usuali contrasti a cadenza grossomodo quotidiana; fase del conflitto mirato,ove si inizia a bersagliare una vittima speci-fica; fase del conflitto pubblico, ossia dellapubblicizzazione dell’intento mobbizzante;e fase di espulsione, che culmina in generecon le dimissioni forzate del mobbizzato.EGE, Mobbing in Italia, cit., al primomomento di conflittualizzazione generale,fa seguire sei step: individuazione della vit-tima; autocolpevolizzazione del mobbizza-to, che inizia a sentirsi responsabile per leaccuse di incompetenza e inefficienza chegli vengono rivolte; presenza dei primi sin-tomi di malattie psicosomatiche; applica-zione di sanzioni disciplinari per le conse-guenti assenze; aggravamento dello stato disalute della vittima; e da ultimo espulsionedal mondo del lavoro per licenziamento odimissioni forzate.

8 All’idoneità lesiva della condotta devequindi affiancarsi, almeno secondo la giuri-sprudenza maggioritaria, l’animus nocendi,ossia la volontà di arrecare un danno allavittima. Sul punto, l’Osservatorio nazionalemobbing è chiaro: “Il Mobbing …si ponesempre come fine l’emarginazione deldipendente, in termini di frantumazionedelle sue sicurezze lavorative, psicologicheed esistenziali, con l’intento di escluderlodal suo ruolo di lavoro e di destabilizzarlonelle sue difese esistenziali e psicosociali,onde metterlo in conflitto con se stesso econ la microsocietà in cui si muove e den-tro la quale espleta le sue scelte ed i suoiinteressi sociali e culturali”.

9 L’esistenza del cd. doppio mobbing è teo-rizzata da EGE, Mobbing. Conoscerlo pervincerlo, cit.

10 A quest’ultimo proposito, pur se non èquesta la sede per occuparsi del fenomenosul piano legislativo e processuale, moltobrevemente e senza pretese di completezza,si evidenzia l’assenza di specifiche previ-

sioni normative sul tema e il conseguentetentativo della giurisprudenza italiana disussumere il fenomeno in fattispecie giacontemplate dall’ordinamento. In particola-re, i giudici civili riportano la figura all’art.2087 c.c., oltre che agli artt. 1175 e 1375c.c., in tema di buona fede, mentre la giuri-sprudenza penale invoca l’applicazionedegli artt. 572 e 610 c.p. Ad esempio, nellaprima pronuncia di legittimità sul tema(Cass. pen., 12 marzo 2001, n. 10090) silegge: “Anche se l’ipotesi di reato di piùfrequente verificazione è quella che dà ilnome alla rubrica dell’art. 572 c.p., lanorma incriminatrice prevede altresì le ipo-tesi di chi commette maltrattamenti indanno di persona sottoposta alla sua autori-tà o a lui affidata per ragioni di educazione,istruzione, cura, vigilanza o custodia, perl’esercizio di una professione o di un’arte…Non vì è dubbio che il rapporto intersogget-tivo che si instaura tra datore di lavoro elavoratore subordinato, essendo caratteriz-zato dal potere direttivo e disciplinare chela legge attribuisce al datore nei confrontidel lavoratore dipendente, pone quest’ulti-mo nella condizione, specificatamente pre-vista dalla norma penale richiamata, di per-sona sottoposta alla sua autorità, il che, sus-sistendo gli altri elementi previsti dalla leg-ge, permette di configurare a carico del da-tore di lavoro il reato di maltrattamenti indanno del lavoratore dipendente. L’aspettosaliente della presente vicenda sta nel fattoche, diffusamente illustrato dai giudici dimerito, l’imputato con ripetute e sistemati-che vessazioni fisiche e morali, consistite inschiaffi, calci, pugni, morsi, insulti, mole-stie sessuali e la ricorrente minaccia di tron-care il rapporto di lavoro senza pagare leretribuzioni pattuite, aveva ridotto i suoidipendenti, tra i quali una minorenne, inuno stato di penosa sottomissione e umilia-zione, al fine di costringerli a sopportareritmi di lavoro forsennati, essendo il profit-to dell’impresa direttamente proporzionaleal volume delle vendite effettuate. Ne risul-ta, dunque, una serie di atti volontari, idoneia produrre quello stato di abituale sofferen-za fisica e morale, lesivo della dignità dellapersona, che la legge penale designa col ter-mine maltrattamenti”. Tra le altre, di recen-te Cass. pen., Sez. VI, 27 aprile 2012, n.16094: “Le pratiche persecutorie realizzateai danni del lavoratore dipendente e finaliz-zate alla sua emarginazione (cosiddetto“mobbing”) possono integrare il delitto di

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maltrattamenti in famiglia qualora il rap-porto tra il datore di lavoro e il dipendenteassuma natura para-familiare, in quantocaratterizzato da relazioni intense ed abi-tuali, da consuetudini di vita tra i soggetti,dalla soggezione di una parte nei confrontidell’altra, dalla fiducia riposta dal soggettopiù debole del rapporto in quello che rico-pre la posizione di supremazia”; Cass. pen.,Sez. VI, 3 aprile 2012, n. 12517: “Il delittodi maltrattamenti previsto dall’art. 572 cod.pen. può trovare applicazione nei rapportidi tipo lavorativo a condizione che sussistail presupposto della parafamiliarità, intesacome sottoposizione di una persona all’au-torità di altra in un contesto di prossimitàpermanente, di abitudini di vita proprie ecomuni alle comunità familiari, nonché diaffidamento e fiducia del sottoposto rispet-to all’azione di chi ha ed esercita l’autoritàcon modalità, tipiche del rapporto familia-re, caratterizzate da ampia discrezionalitàed informalità”.

Per approfondimenti sulla tutela giuridica,civile e penale, della vittima di mobbingcfr. tra gli altri F. Amato – M.V. Casciano –L. Lazzeroni – A. LOFFREDO, Il Mobbing.Aspetti lavoristici: nozioni, responsabilità,tutele, Milano, Giuffrè, 2002; M. BELLINA,Mobbing: profili penali, in Dir. & Praticadel Lavoro, XXX, 2007, p. 1913 ss.; M.BONA – G. MONATERI – U. OLIVA, Laresponsabilità civile del mobbing, Milano,IPSOA, 2002; F. COSTA, Il mobbing,Napoli, ESI, 2010; G. DE FALCO – A.MESSINEO – F. MESSINEO, Mobbing: dia-gnosi, prevenzione e tutela legale, Roma,EPC Libri, 2003; E. DE LUISE, Il Mobbing.La tutela esistente, le prospettive legislati-ve e il ruolo degli organi di controllo,Napoli, Esselibri, 2003; F. DE STEFANI,Danno da mobbing, Milano, Giuffrè, 2012;G. DI PARDO – S. DI PARDO – V. IACOVINO– C. IZZI, Mobbing. Tutela civile, penale edassicurativa. Casi giurisprudenziali e con-sigli pratici, Milano, Giuffrè, 2007; M. V.FERACO, Sulla rilevanza penale del mob-bing (nota a Cass. pen., sez. VI, 21 settem-bre 2006, n. 31413), in Cass. pen., VI,2007, p. 2493 ss.; S. FIGURATI,Osservazioni in materia di mobbing, inGuida al lavoro, XXXII-XXXIII, 2000, p.35 ss.; M. GALLO, L’abuso del diritto comestrumento provvisorio di contrasto al mob-bing, in Il Lavoro nella giurisprudenza, III,2008, p. 237 ss.; D. GAROFALO, Mobbing e

tutela del lavoratore tra fondamento nor-mativo e tecnica risarcitoria, in Il Lavoronella giurisprudenza, VI, 2004, p. 521 ss.;N. GHIRARDI, Il mobbing nella giurispru-denza, in Dir. & Pratica del Lavoro, X,2008, p. 3 ss.; A. GUGLIELMO,Responsabilità civile e mobbing, in Dir. &Pratica del Lavoro, XVII, 2008, p. 1033ss.; G. MANNACCIO, Il mobbing ancora unavolta in Cassazione, in Il lavoro nella giu-risprudenza, XII, 2008, p. 1235 ss; S.MARETTI, Mobbing: fattispecie e strumentidi tutela, in Dir. & Pratica del Lavoro,2007, n. 32; S. MAZZAMUTO, Il mobbing,Milano, Giuffrè, 2004; M. MEUCCI, Dannida mobbing e loro risarcibilità. Dannoprofessionale, biologico e psichico, mora-le, esistenziale, Roma, Ediesse, 2003; L.NOCCO, Il mobbing, in Danno e resp., IV,2008, p. 398 ss.; F. PETRONI, Il danno deri-vante dal mobbing: autonomia dell’oneredella prova, in Il merito, IX, 2008, p. 18ss.; A. QUAGLIARELLA, Elementi caratteriz-zanti del mobbing, in Il Lavoro nella giuri-sprudenza, IX, 2008, p. 927 ss.; A. RAFFI,Il ruolo della Cassazione nella tutela del“mobbing” (nota a Cass. pen., sez.VI, 7novembre 2007, n. 40891), in Riv. giur. lav.e prev. soc., II, 2008, p. 349 ss.; M.SANSONE, Prospettive per una penalizza-zione del «mobbing», in Riv. pen., IX,2006, 9, p. 885 ss.; M. VERRUCCHI,Rilevanza penale del mobbing, in Dir. pen.proc., VII, 2008, p. 892 ss.; C. ZOLI, Ilmobbing: brevi osservazioni in tema di fat-tispecie ed effetti, in Il lavoro nella giuri-sprudenza, IV, 2003, p. 337 ss.

Quanto alla tutela in ambito europeo, si se-gnala la Risoluzione del 20 settembre 2001A5-0283/2001 e, in chiave comparatistica,si evidenzia un interesse generale alla tema-tica. Invero, si sono dotate di normative antimobbing la Svezia, la Norvegia e la Fran-cia, ma il fenomeno interessa anche l’In-ghilterra, la Spagna, la Germania e gli USAche, per diverse vie, comunque individuanomeccanismi nazionali di tutela delle vittimedi mobbing. In Francia si parla di harcele-ment au travail e in Spagna di acoso moral,distinguendo poi il bossing, ossia la condot-ta di molestia gerarchica, dal mobbing pra-ticato invece dai colleghi. Nei paesi anglo-sassoni si preferisce invece parlare di bul-ling at work, work harrassment o workabuse, ripartendo poi le condotte d’abuso aseconda delle caratteristiche peculiari che

le connotano (è corporate bulling, la vessa-zione esercitata dal datore di lavoro, clientbulling, quella attuata dai destinatari dellaprestazione lavorativa, serial bulling, quel-la diretta a tutti indistintamente i colleghi dilavoro, e gang bulling quella praticata ingruppo).

11 I casi di mobbing sono numerosi inInghilterra e, a seguire, in Svezia, Francia,Irlanda, Germania, Spagna e Belgio.

12 Il mobbing sessuale colpisce infatti perlo più le donne, ma nulla vieta che sianoqueste ultime a sfruttare la propria posizio-ne gerarchica verso il sesso maschile.Ovviamente, la scarsa tendenza degli uomi-ni alla denuncia impedisce una giusta anali-si della cd. “cifra nera” del fenomeno.

13 Cfr. EGE, Il Mobbing in Italia, cit.

14 Si parla a questo proposito di mobbingstrategico, attuato cioè proprio per l’elimi-nazione del personale in esubero.

15 Secondo EGE, Mobbing Conoscerloper vincerlo, cit. “nella letteratura in temadi mobbing vengono riscontrate nell’indo-le scrupolosa, sensibile ai riconoscimenti ealle critiche e con elevato senso del dove-re le caratteristiche caratteriali che agevo-lano il ruolo di vittima o mobbizzato”.L’autore elenca poi 18 possibili categorie arischio: il distratto, il prigioniero, il para-noico, il severo, il presuntuoso, il passivoe dipendente, il buontempone, l’ipocon-driaco, il vero collega, l’ambizioso, il sicu-ro di sé, il camerata, il servile, il sofferen-te, il capro espiatorio, il pauroso, il perma-loso e l’introverso.

16 Quanto alla personalità del mobber, lostudioso Ege ha elaborato 14 diverse figuredi riferimento: l’“istigatore”, ossia coluiche è sempre alla ricerca di nuove cattiveriee maldicenze per colpire gli altri; il “casua-le”, che diventa mobber per conflitti occa-sionalmente nati in azienda; il “conformi-sta”, che non prende direttamente parte alconflitto attaccando la vittima, ma si limitaad osservare come spettatore inerte; il “col-lerico”, che non riesce a contenere la pro-pria rabbia e la sfoga con terzi; il “megalo-mane”, che ha una visione distorta di sestesso da cui deriva il complesso di superio-rità sui colleghi; il “frustrato”, che insoddi-sfatto della propria vita, scarica il suomalessere sugli altri, analogamente al colle-rico; il “sadico”, che prova piacere nel di-

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struggere i colleghi; il “criticone”, che creaun clima di insoddisfazione e di tensionenel gruppo; il “leccapiedi”, ossia il carrieri-sta, tirannico con i subalterni ed ossequiosocon i superiori; il “pusillanime”, che, purnon esponendosi direttamente, agevola ilmobber e ne condivide gli intenti; il “tiran-no” che sfrutta la propria posizione controgli altri; il “terrorizzato”, che, temendo laconcorrenza, si oppone con atteggiamentimobbizzanti di difesa; l’“invidioso”, chereagisce ai successi altrui con cattiveria; e il“carrierista”, che cerca di farsi una posizio-ne con tutti i mezzi possibili, anche se ille-citi e dannosi. T. Field, invece, elenca quat-tro tipologie di tratti di personalità psicopa-tologicamente disturbate del possibile mob-ber: disturbo di personalità antisociale (ca-

ratterizzato da mancata accettazione dellenorme sociali, disonestà, impulsività, man-canza di empatia per gli altri, irresponsabi-lità e assenza di rimorso); personalità para-noica (connotata da sospetti infondati sul-l’onestà delle intenzioni altrui, riluttanza aconfidarsi, diffidenza verso le persone vici-ne, travisamento della realtà e mancanza diperdono per dubbie offese ricevute); distur-bo narcisistico di personalità (che si estrin-seca in sentimenti di superiorità rispettoagli altri, desiderio costante di ammirazio-ne, scarsa empatia, fantasie sconfinate disuccesso e esagerazione delle proprie quali-tà) e disturbo borderline (che si manifestacon relazioni instabili, sensazione di vuoto,senso di abbandono, incapacità di controlla-re la collera, comportamenti autolesionisti e

mutamenti d’umore costanti).

17 Si caratterizza per la presenza di sintomidepressivi al primo stadio, come disturbidell’ansia, difetti di rendimento o alterazio-ne degli ordinari rapporti sociali.

18 Caratterizzato da disturbi dissociativi divaria natura, come distacco, senso soggetti-vo di torpore, assenza di reattività emozio-nale, depersonalizzazione, derealizzazione,riduzione della consapevolezza dell’am-biente e amnesia dissociativa.

19 Disturbo cronico particolarmente grave,in genere connesso a eventi traumaticiabnormi, che necessità di una obbligatoriaterapia psicologica, unita alla somministra-zione di aiuti farmacologici.

20 Cfr. EGE, I numeri del mobbing, cit.