ibridazioni soluzioni destinate a durare perché ... · marketing virale. pandosi neanche di...

2
30 2 febbraio 2009 GDOWEEK Retail Ibridazioni Soluzioni destinate a durare perché caratterizzano l’insegna/evento Spazi retail progettati in base alla variabile tempo T emporary shop, pop up store, shop sharing e spazi trasformabili: la variabile tem- po influenza in modo sempre più inequivocabile lo spazio vendita, diventando elemento caratterizzante in un contesto in cui il momento di acquisto si trasforma in evento e la me- tamorfosi dello spazio in lin- guaggio attraverso cui la marca racconta sé stessa. Temporary shop o pop up store Rei Kawakubo, innovativa designer di Comme des Garçons, è stata la prima ad interpretare il concetto di spa- zio vendita temporaneo, ispi- randosi a Yasuhiro Hamano che con il collettivo Kisouzoku aveva concepito il “200 Days” negozio di abbigliamento della durata, appunto, di duecento giorni. È così che nascono i guerrilla stores, allestimenti che occupano uno spazio vendi- ta per un periodo limitato nel tempo, spesso non preoccu- create ad hoc per ogni specifico pop up implementa il concetto utilizzato dagli Hard Rock Cafè, dove un capo di abbiglia- mento viene acquistato ed in- dossato per comunicare di es- sere stati in una determinata città, introducendo anche la variabile temporale: se indosso uno specifico prodotto, non solo indico a chi mi osserva di essere stato in un luogo ben preciso, ma anche di esserci stato in un determinato perio- do. In seguito alla sperimenta- zione di Comme des Garçons in molti hanno proposto nego- zi pop-up, declinandoli di vol- ta in volta a seconda delle ca- ratteristiche del brand. Se, ad esempio, con Target lo spazio temporaneo di Times square (NY), caratterizzato dal colore rosa sia nell’arredo che in tutti i prodotti in vendita, diventa occasione per la raccol- ta di fondi per la lotta contro il cancro, con Nivea (Beiersdorf) il pop up viene interpretato co- me momento di interazione in 1 Guerrilla Store 2 Sidecar Eventi, a Milano Dai ciclostilati al sito tutti gli elementi di informazio- ne dei guerrilla store ri- prendono un linguaggio che trasmette un’idea di semi-clandestinità in cui il passaparola diventa stru- mento attraverso cui met- tere in atto strategie di marketing virale. pandosi neanche di predispor- re un’insegna o di cambiare l’insegna esistente. Un nuovo modo di proporsi all’utente che non rappresenta solo un’al- ternativa strategia di retail, ma costituisce una vera e propria forma di comunicazione. Non è più la marca che si propone insistentemente al consumato- re, ma è proprio quest’ultimo che, incuriosito, va alla ricerca del proprio stilista preferito, lo insegue e si tiene aggiornato sui movimenti degli store, che vengono comunicati secondo i criteri adottati per le tournée dei concerti musicali. Nei guerrilla store gli interni ven- gono allestiti con materiale di fortuna, ricreando gli spazi di una boutique, ma mantenen- do il concetto di temporaneo: la precarietà dell'istallazione è commisurata alla durata di una collezione, tramontata questa, anche il negozio chiude per ri- nascere in un altro luogo e lo spazio vendita diventa evento. La presentazione di collezioni Situato in C.so Garibaldi a Milano, lo spazio Sidecar è stato uno dei primi esempi di shop sharing in Italia. Lo spazio ospita durante tutto l’anno pdv monomarca, che vengo- no allestiti mensilmente offrendo una vetrina ad aziende internazionali co- me Levi’s, Pirelli e Lago- stina. 1 2

Upload: others

Post on 30-May-2020

2 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

302 febbraio 2009GDOWEEK

Retail

Ibridazioni Soluzioni destinate a durare perché caratterizzano l’insegna/evento

Spazi retail progettati in base alla variabile tempo

Temporary shop, pop upstore, shop sharing e spazi

trasformabili: la variabile tem-po influenza in modo semprepiù inequivocabile lo spaziovendita, diventando elementocaratterizzante in un contestoin cui il momento di acquistosi trasforma in evento e la me-tamorfosi dello spazio in lin-guaggio attraverso cui la marcaracconta sé stessa.

Temporary shop o pop up storeRei Kawakubo, innovativadesigner di Comme desGarçons, è stata la prima adinterpretare il concetto di spa-zio vendita temporaneo, ispi-randosi a Yasuhiro Hamanoche con il collettivo Kisouzokuaveva concepito il “200 Days”negozio di abbigliamento delladurata, appunto, di duecentogiorni. È così che nascono iguerrilla stores, allestimentiche occupano uno spazio vendi-ta per un periodo limitato neltempo, spesso non preoccu-

create ad hoc per ogni specificopop up implementa il concettoutilizzato dagli Hard RockCafè, dove un capo di abbiglia-mento viene acquistato ed in-dossato per comunicare di es-sere stati in una determinatacittà, introducendo anche lavariabile temporale: se indossouno specifico prodotto, nonsolo indico a chi mi osserva diessere stato in un luogo benpreciso, ma anche di essercistato in un determinato perio-do. In seguito alla sperimenta-zione di Comme des Garçonsin molti hanno proposto nego-zi pop-up, declinandoli di vol-ta in volta a seconda delle ca-ratteristiche del brand. Se, ad esempio, con Target lospazio temporaneo di Timessquare (NY), caratterizzato dalcolore rosa sia nell’arredo chein tutti i prodotti in vendita,diventa occasione per la raccol-ta di fondi per la lotta contro ilcancro, con Nivea (Beiersdorf)il pop up viene interpretato co-me momento di interazione in

1 Guerrilla Store

2 Sidecar Eventi, a Milano

Dai ciclostilati al sito tuttigli elementi di informazio-ne dei guerrilla store ri-prendono un linguaggioche trasmette un’idea disemi-clandestinità in cui ilpassaparola diventa stru-mento attraverso cui met-tere in atto strategie dimarketing virale.

pandosi neanche di predispor-re un’insegna o di cambiarel’insegna esistente. Un nuovomodo di proporsi all’utenteche non rappresenta solo un’al-ternativa strategia di retail, macostituisce una vera e propriaforma di comunicazione. Nonè più la marca che si proponeinsistentemente al consumato-re, ma è proprio quest’ultimoche, incuriosito, va alla ricercadel proprio stilista preferito, loinsegue e si tiene aggiornatosui movimenti degli store, chevengono comunicati secondo icriteri adottati per le tournéedei concerti musicali. Neiguerrilla store gli interni ven-gono allestiti con materiale difortuna, ricreando gli spazi diuna boutique, ma mantenen-do il concetto di temporaneo:la precarietà dell'istallazione ècommisurata alla durata di unacollezione, tramontata questa,anche il negozio chiude per ri-nascere in un altro luogo e lospazio vendita diventa evento. La presentazione di collezioni

Situato in C.so Garibaldi aMilano, lo spazio Sidecarè stato uno dei primiesempi di shop sharing inItalia. Lo spazio ospitadurante tutto l’anno pdvmonomarca, che vengo-no allestiti mensilmenteoffrendo una vetrina adaziende internazionali co-me Levi’s, Pirelli e Lago-stina.

1 2

312 febbraio 2009GDOWEEK

3 4

3

4

Nivea pop up shopa MilanoL’allestimento presentatoda Nivea in occasione delSalone del Mobile di Mila-no 2008 univa alla tempo-raneità il concetto di tra-sportabile e trasformabi-le. All’interno dello spazio,oltre all’esposizione di ar-ticoli in vendita, eranopreviste aree in cui erapossibile sottoporsi a trat-tamenti estetici utilizzan-do prodotti Nivea, crean-do una forte interazionetra marca e utente finale.All’esterno un orologio di-gitale comunicava ai pas-santi il conto alla rovesciadel tempo restante allachiusura del negozio.

cui testare i prodotti dell’azien-da. Benetton, Max Mara, Ba-rilla con Alixir, Havaianas,Veuve Cliquot e Bonne Ma-man: il temporary ha ormaiconquistato il panorama delretail offrendosi come stru-mento tangibile ancorché tem-poraneo per la comunicazionedei valori della marca.

Spazi trasformabiliIn alcuni casi non è il luogo acambiare, ma è l’uso che neviene fatto che determina unavariazione dell’ambiente in cuil’utente è immerso, provocan-do esperienze diverse a secondadel momento della giornata.Spesso questo viene effettuatoattraverso l’offerta di servizi al-l’interno dello spazio venditache concorrono all’ibridazionedelle funzioni, permettendoun’affluenza costante durantele ore del giorno grazie ad unadeguato palinsesto di attività.Gli spazi vendita improntatisulla trasformabilità sono sem-pre più diffusi: la pescheria daClaudio in Corso Garibaldi, aMilano che si trasforma in su-shi bar nelle ore del pranzo edell’aperitivo o, sempre a Mila-mo, la Panetteria Princi, che di-venta anch’essa punto di ritro-vo in determinati orari delgiorno, lo spazio Gattò kitchen,boutique che racchiude in sé le

funzioni di negozio di abbi-gliamento, agenzia di viaggi eristorante o i numerosi casi disaloni di bellezza che, aperti fi-no a tarda sera, si trasformanoin locali notturni sono solo al-cuni dei casi rilevabili nella so-la Milano.In altre situazioni, attraversoun piccolo intervento fisico sipuò avere una trasformazionedi uso, come per Edicolè, l’edi-cola/negozio progettata dalloStudio De Lucchi per Monda-dori Franchising in cui dalle 7alle 10 del mattino è possibileacquistare il giornale attraversouna vetrina fronte strada, cheviene poi chiusa continuandola vendita di periodici e libri al-l’interno dello spazio stesso.

Shop sharingOltre alla trasformabilità datadai servizi e quella determinatadall’allestimento dei punti divendita, emerge sempre piùuna temporaneità dell’offertamerceologica. È il fenomenodello shop sharing in cui, co-me presso Sidecar a Milano,uno stesso spazio viene desti-nato ad ospitare punti venditamonomarca, ma per periodi ditempo limitati, offrendo nonsolo una vetrina in posizionestrategica e ma anche una con-sulenza di comunicazione,commerciale, e di design. La

struttura viene qui pensata perpoter accogliere merceologieanche molto differenti tra lorocon pochi arredi fissi ed un al-lestimento basato su scenogra-fie mobili che cambiano di vol-ta in volta. Differente l’approccio, ancoraa Milano, dell’11Store di viaToqueville: distribuito su duediversi livelli, quello superioreè un lounge bar accessibile an-che dall’esterno utilizzabile perla presentazione di nuovi pro-dotti, mentre lo spazio al pianoterra si configura come uncontenitore per aziende di dif-ferenti tipologie merceologicheche variano mensilmente, ac-comunate da una simile filoso-fia di vita. In questo spazio èpossibile quindi trovare, a se-conda dei momenti, automo-bili affiancate a champagne,jeans e orologi, yogurt ed elet-trodomestici tutti rigorosa-mente di marche che si rispec-chiano nell’identità del puntodi vendita. Se con i cornershop si era quindi arrivati allacondivisione dello spazio, nelloshop sharing si divide l’unicacosa che, ormai, ha superato ilvalore dello spazio stesso: iltempo.

Claudio Gerosaarchitetto,

e dottore di ricerca in disegno Industriale

in collaborazione con

Giulia