giornale 2° edizione gen/feb

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LICEO SCIENTIFICO LICEO TOUSCHEK ANNO SCOLASTICO 2014/2015 GEN/FEB La libertà non è star sopra un albero, non è neanche il volo di un moscone, la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione. Gaber

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Page 1: Giornale 2° Edizione Gen/Feb

PEPPERCORN

GREENPICCOLI CONSIGLI DI UN SOGNATORE QUALUNQUE...STAY HUNGRY, STAY FOOLISH

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STAY HUNGRY, STAY FOOLLISHDICEMBRE 2014

LICEO SCIENTIFICO

LICEOTOUSCHEK

ANNO SCOLASTICO2014/2015

GEN/FEB

La libertà non è star sopra un albero,non è neanche il volo di un moscone,la libertà non è uno spazio libero,libertà è partecipazione.

Gaber

Page 2: Giornale 2° Edizione Gen/Feb

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INDICE:

COMUNICATODOCENTI

08

INSTANCABILICERCATORI

07

DIDATTICAALTERNATIVA

06

UNA SITUAZIONE IRREVERSIBILE

05

DURA LEX SED LEX09

FOTOGRAFIA P.110

FOTOGRAFIA P.211

FUMETTO P.112

FUMETTO P.213

SE LA VITA FOSSE DENTRO UNA TV

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POESIE02

JE SUIS CHARLIE03

CHE COS’É LA LIBERTÀ?

04

SBREF / RECENSIONE FILM

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POESIE

Un istante perfettouna luce abbagliantea volte un dettaglio è la cosa più importanteUn occhio che brilla una bocca che bisbiglia parole d’amore che solo il fiato sigilla.

ATTIMO

Tu non saprai quant’io t’abbia amataquando l’Amor tuo, di bianco vestitovenne a me, povero animo smarrito,Tu non saprai quant’io t’abbia sognata

Tu non saprai quant’io t’abbia anelataquando le tue labbra m’hanno traditoquando ‘l tuo sguardo da me s’è partitoTu non saprai quant’io t’abbia odiata

Eppure arde ancor lo spirito miocome implacabile e crudele foco,che con estrem dolor l’animo strugge

e ancora rimane quel gran disìodi tornare in quell’ameno locoove Amor in questo mio cor rifugge

E il tempo sembra non bastarci maiMa riesci sempre a tirarmi fuori dai guai È una leggera magiaChe prende tutta la tristezza e la caccia viaTutto sembra soffocarmi quando non ci sei Perché solo tu cancelli i pensieri mieiLa mia vita è una nave in mezzo alla tempesta Tu sei il rientro a casa, la grande festa.

CHIARA VUOLE SCRIVERE...

SONETTO I

Woland

Chiara Miranti V A

Chiara Miranti V A

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SBREF/SBREF

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ELISABETTA FERRARO III B

JE SUIS CHARLIEParigi, mercoledì 7 gennaio 2015, ore 11:30. Due uomini incappucciati dotati di giubbotti antiproiettili e armati di kalashnikov fanno irruzione nella sede del settimanale satirico Charlie Hebdo, sparando a sangue freddo al grido di “Allah akbar” e uccidendo 12 persone. I due terroristi si allontanano su un’autovettura (una citroen c3) rubata. Parigi è sotto assedio, inizia la caccia all’uomo, le ricer-che si concentrano sul diciannovesimo arrondissement di Parigi dove i due, dopo tre conflitti a fuoco, abbandona-no l’auto rubata. Nella ricerca vengono mobilitati 88mila agenti: la situazione si accende ulteriormente quan-do uno dei due uomini uccide una vigilessa 25enne.

Successivamente i due compiono altri tre attentati. Nelle lunghe ore della drammatica vicenda, sale la tensio-ne in Francia contro la comunità musulmana: nella notte di giovedì una moschea viene incendiata a un centina-io di kilometri da Lione. Si scoprono le identità dei due uomini, due fratelli franco-algerini nati entrambi a Parigi che sarebbero collegati alla rete terrorista yeme-nita e da anni presenti nella «lista nera» americana del terrorismo. Si tratta di Said Kouachi, 34enne, Chérif Kouachi, 32enne, il quale era già stato arrestato e condannato a tre anni di prigione, e del loro complice Amedy Coulibaly, 32enne di origine africana, con pesanti precedenti giudiziari, che li avrebbe aiutati nella fuga. Venerdì scattano due blitz quasi contemporaneamente, il primo alle 17,01 alla tipografia di Dammatin nel nord della capitale, dove i due fratelli erano asserragliati dalla mattina con un ostaggio, il titolare della tipografia. I due escono dalla tipografia sparan-do con i kalashnikov contro le teste di cuoio che stavano per irrompere nell’edificio; un poliziotto rima-ne ferito, mentre i due terrori-sti perdono la vita e l’ostaggio viene portato in salvo. Il secondo blitz avviene a pochi minuti dal primo: cinque forti esplosioni si sentono a Parigi, al supermercato kosher dove Ameyd

e la sua compagnia Hayat Boumeddiene, 26enne sua complice, si erano barricati con diversi ostaggi. Il bilancio di questo blitz è in totale di cinque morti, quattro ostaggi più l’attentatore Amedy, mentre la compagna è riuscita a fuggire, e proba-bilmente avrebbe già varcato i confini della Siria. Durante gran parte del blitz Amedy è stato spiato dal-la polizia perché aveva riattaccato male il telefono. Il trentaduenne aveva chiesto più volte alle forze speciali di liberare i fratelli Kouachi e di non fare assalti, pena l’uc-cisione di tutti gli ostaggi. L’uomo a cui era stata rubata l’auto ha descritto i due Koauchi come «molto calmi, molto

determinati, molto professionali, come membri di un commando: non correvano, non hanno alzato la voce, non sudavano» e ha affermato che essi gli avrebbero detto di riferire ai media che era Al Qaeda nello Yemen che li mandava. L’inchiesta sui complici continua, la ricerca si allarga non più solo un complice ma un intera organizzazione, si cercano almeno altre 6 persone tutti appartenenti alla stessa cellula terroristica islamica che potrebbero anche non essere più in Francia. Domenica 11, più di un mi-lione e mezzo di persone si è ritrovato nella capitale francese al fianco di 45 le-ader politici tra cui Matteo Renzi, Angela Merkel e François Hollande per omaggiare le vittime dell’attacco. Mercoledì 14, il settimanale satirico

torna in edicola con solo otto pagine, grazie all’aiuto della sede del giornale francese Libération: la copertina ritrae Maometto che sulla testa ha scritto scritto “tutto è perdo-nato” e un cartello con scritto “Je suis Charlie”. Il giornale è stato pubblicato in 20 paesi, ed ha venduto sette milioni di copie.

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VIANCA TANCIO QUINZON IV FTOUSCHEK TIMES | www.liceotouschek.it

NON È UNA BELLA VISTA, MA È LA REALTÀ.

Libertà. Che bella parola. Possibile che un termine meraviglioso e ricco di una così grande potenza possa essere pensato dalla nostra Ragione? Un enorme passo avanti è stato attuato da quan-do questa parola è entrata a far parte del nostro lessico, ma anche e soprattutto la sua attuazione concreta nella realtà. A cosa pensiamo quando qualcuno parla di libertà? Certo, oramai è divenuto così comune che la mag-gior parte non fa più caso alla sua grandezza.Ora, giacché mi si è presentato un tempo a me disponi-bile, desidero soffermarmi un po’ più a lungo su di essa.Non essendo noi esseri viventi tutti uguali, è inevitabi-le che ognuno possieda una libertà limitata, chi più, chi meno; basti pensare ai pesci nell’acquario, i quali non hanno conosciuto una diversa realtà al di fuori di essa, o ancora noi uomini, noi stessi limitati da questo stesso mondo che ci accoglie amorevolmente e che il nostro stesso corpo non è in grado, in un solo ciclo di vita, di percorrere interamente, non ne abbiamo le capacità, né gli strumenti per farlo, per cui ci adattiamo a vivere con un continuo desiderio di ricercare e di espanderci verso il più grande, per giungere a dominare anche altre realtà; questo per il fatto che, da un punto di vista platonico, la nostra anima, in precedenza, è vissuta in una dimensione metafisica – trascendente, propria della sua natura, nella quale ha veduto e conosciuto qualcosa di più elevato, forse proprio la perfezione, ed una volta incarnatosi non può fare a meno di spingere il corpo verso quella dimensione. Ma escludendo l’esistenza di una realtà ultraterrena, que-sto desiderio potrebbe essere giustificato dal fatto che gli uomini fin da principio hanno veduto una natura (il mondo) più estesa della loro, ed ora non riescono a fare a meno di non vederla. Per quanto concerne gli animali, anch’essi tendono verso una grande libertà, ad eccezione di coloro nati e vissuti in un luogo domestico, la libertà dei quali è in potere dei loro padroni, ma essi se ne rallegrano poiché abituati a tal condizione, l’unica che hanno veduto. Quanto farebbe male agli uomini se la loro libertà fosse manipolata da altri… se qualcuno fosse al di sopra, in particolare quando la potenza e la forza dell’uno prevarica ed ostacola il più debole; sì, quest’ultimo si addolorerebbe, ma l’altro non sa di essere schiavo delle proprie passioni, così tanto da voler ottenere qualsiasi cosa con la prepotenza. Il solo ed unico rime-dio è ancora una volta la conoscenza, ancor più utile se tramutata in consapevolezza. Solo così si potrà essere padro-

ni della propria vita, del proprio essere, del proprio destino. L’uso della Ragione è fondamentale per la vita, presup-posto necessario alla sopravvivenza, ma presenta anche un altro aspetto, non tanto la Ragione in sé, quanto il prodotto di essa che si concretizza ai nostri occhi.

La Ragione è così grande che è in grado di plasmare dal-la realtà, forme un tempo idealizzate, le quali illusoria-mente danno felicità ma che, invece, suscitano afflizione ed un senso d’impotenza. Affascinante e terrificante la condizione in cui l’uomo decade di fronte alle sue stesse creazioni, direi sublime. Come diceva il filosofo Pascal: “Condizione dell’uomo. Incostanza, noia, in-quietudine”. Per il semplice fatto che egli (l’uomo) è consapevole della falsità dei piaceri presenti, ma è ignorante di quelli assenti, i quali costituiscono la risposta e la soluzione a questa sua eterna tristezza.Non ci accorgiamo di come facilmente perdiamo di conti-nuo la nostra libertà, quasi come se fosse un flusso d’aria da cui noi siamo colpiti saltuariamente, si manifesta e si nasconde, non riusciamo a dominarla nella sua totalità, ci sfugge. “La mia libertà finisce dove comincia la vostra” diceva Martin Luther King, ed aveva ragione…non si può pretendere di possedere, né di vincolare la libertà altrui. Il circo già ne è un esempio, un’intera illusione “magica”, di musica, sorrisi, acrobazie, ma una tortura per gli animali, dove il potere dell’uomo sottomette la natura; quest’ulti-ma non è nostra serva pronta a soddisfare i nostri capricci, anzi siamo noi che dovremmo adattarci alle sue leggi, per-manendo così in uno stato di equilibrio ed armonia con l’intero cosmo. In questo stesso momento sento di essere libera, libera di potermi esprimere e condividere le mie idee

con voi. Non è da tutti i giorni avere la possibilità di poter mettere su carta parole che difficilmente sarebbero ascoltate, per alcuni vincoli. Ad esempio, io stessa, non riuscirei a parlare di libertà in una sola ed unica conversazione, sia per il fatto di dover usufruire di più tempo per riflettere e costruire un discorso organi-co ed articolato, ma anche perché nel parlare, la mia stessa mente mi blocca facendomi distrarre contro la mia volontà. È incredibile come, nonostante si sia vincolati da una parte del proprio essere, si divenga poi liberi attraverso un altro tipo di comunicazione.Riassumendo in poche ma significative parole questo concetto fino ad’ora considerato, Libertà, per me, è manifestazione multiforme del proprio essere, della propria presenza ed essenza…

RISPOSTA ALLA DOMANDA: CHE COS’È LA LIBERTÀ?

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NON È UNA BELLA VISTA, MA È LA REALTÀ.

RISPOSTA ALLA DOMANDA: CHE COS’È LA LIBERTÀ?L’ambiente che ci circonda, ormai da qualche secolo, non è naturale. La presenza antropica ha modificato, modifica e continuerà a modificare il pianeta. Al grado di sviluppo raggiunto dall’umanità questa situazione è irreversibile, poiché nello spirito dell’uomo moderno e contemporaneo è fortemente radicato il diritto di plasma-

re la natura in base alle proprie necessità.Se l’uomo antico non ha gli strumenti tecnici per modificare di molto il suo territorio, quello moderno può scavare tunnel e illuminarli con la luce elettrica, e quello contemporaneo arriva a costruire ponti sospesi nel vuoto e grattacieli di cento piani. Ma il fattore più importante che distingue l’uomo mo-derno da quello antico è il suo individualismo. Troviamo questa ideologia negli ambiti e nelle situazioni umane più svariate, fin dal

Settecento: è presente nelle dichiarazioni che definiscono i diritti inviolabili dell’uomo, la condivido-no l’anarchismo e il liberismo economico, e pervade persino la filosofia esistenzialista. Come vediamo, gli aggettivi “positivo” e “negativo” non sono adatti a descrivere l’individualismo, poi-ché non lo sono per le ideologie in generale.

L’ideologia, come scrive l’illuminante Slavoj Žižek, è un con-tenitore vuoto, quindi può essere piegato con successo a molteplici interpretazioni e per questo si manifesta in mol-te filosofie, in numerose situazioni e sentimenti umani. Il desiderio d’indipendenza è uno di questi, ed è oggi fortis-simo: consideriamo il vero passaggio all’età adulta l’abban-dono della casa dove si è cresciuti, seguito dall’ingresso

in un’altra casa la quale, se le condizioni economi-che lo permettono, deve essere più grande, di costruzione recente, con il giardino, in una zona tran-quilla. Possibilmente una villetta unifamiliare, per soddisfare il proprio desiderio di autonomia (non a caso nelle rivi-ste di annunci vengono pubblicizzati gli immo-bili con impianto termo-autonomo: “le parole sono importanti”, dice il saggio). Lo sviluppo eco-nomico ha permesso a molti di vivere in villette costruite da poco, che

hanno invaso praticamente tutti gli spazi edificabili e non (condono is the way), cancellando milioni di ettari di bosco ed eliminando le distanze tra i paesi. L’unità dei paesi era un tempo funzionale all’economia locale, e quindi le piccole case venivano edificate il più vicino possibile al centro cittadino, per il lavoro e le altre esigenze di vita comunitaria. Poiché l’automobile è da molti anni un bene di consumo estremamente comune (49 milioni di veicoli in Italia nel 2013), tale necessità nella costruzione di case non esi-ste più, e quindi si è costruito ovunque, in ogni modo, fuori dai centri abitati: si tratta della parcellizzazione di una società. L’Istat rilevava in Italia nel 2011 28.863.604 abitazioni (+5,8% sul 2001), mentre la popolazione nel-lo stesso periodo è aumentata solo del 4,3%. Più case, e soprattutto più grandi. Un mondo a misura di automobile: sono dati, non chiacchere. Certamente non si tratta solo di sfrenato individualismo, ma anche di mancanza di coscienza ambientale; dovremmo riflet-tere un minuto di più sulle conseguenze delle nostre scelte di vita e su quello che realmente desideriamo. L’indipendenza, la libertà che vogliamo è la libertà di abbattere un albero per costruire una sala hobby? È la libertà di avere una villa di duecento metri quadri, dove vivere in tre? Inoltre: è la libertà di comprare un SUV da quarantamila euro che fa cinque chilometri con un litro? Andate in un paese dei Castelli, uno di quelli inposizione eminente, e guardate giù. Non c’è più discontinuità tra i centri abitati, le case sono più degli alberi. Non è una bella vista, ma è la realtà.

NON È UNA BELLA VISTA, MA È LA REALTÀ.

MATTEO SANTI V F

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INSTANCABILI CERCATORI

Quattro mura. Un cortile. Fogli, tanti fogli bianchi, matite e penne, computers e alto-parlanti. Libri, quaderni, astucci in disordine, zaini a terra. Classi vuote, altre strapiene.Voci, sussurri e mormorii, grida e urla, energia, allegria, mani che stringono e occhi che guardano, bocche che spie-gano, gesti, simboli, informazioni che trapelano. La Didatti-ca Alternativa. Inizia tutto dalla “Buona Scuola”, la riforma Giannini: studenti che si riuniscono, cortei, manifestazioni di dissenso, universitari e liceali, professori che definisco-no e bidelli che rimpiangono, precari e professori di soste-gno che sbuffano. Il “grande meccanismo del dissenso” si mette in moto, accende il proprio motore e aspetta che si scaldi abbastanza da partire. Prima grande manifestazio-ne a Roma, 10 Ottobre. Certo, buoni risultati, certo, tante persone, tanti giovani, tante facce convinte e sicure di sé. Ma non basta.Seconda grande manifestazione a Roma, 14 Novembre. Ancora meglio, assolutamente, siamo in tanti, ovunque uno si giri sente le urla di un megafono, il sorriso di una ragazza, la vivacità di uno striscione, la spensieratez-za di un canto. Siamo molti, si sente un’atmosfera di unità nell’aria. Vogliamo che cambi, e, oggi, cambierà!Eppure, in fondo, ancora non basta, no, ci vuole qualcos’al-tro, qualcosa di più simbolico, di più significativo, di più, più.Ultima grande manifestazione a Roma, 12 Dicembre. Ma è già scattato un altro ingranaggio, che si ripete dal ‘68, ingranaggio che viene oliato e tirato avanti in un periodo che parte da Ottobre e finisce per Dicembre: la cosiddetta “mobilitazione interna”, ossia autogestioni, cogestioni, scio-peri bianchi e, soprattutto, occupazioni interne alla propria scuola. Con o senza il permesso della preside, dei professo-ri e del personale ATA. Con o senza l’appoggio di chi ha la-voro all’interno dell’istituto. Come rappresentanti del Liceo Scientifico Statale Bruno Touschek, e come studenti contra-ri alla riforma Giannini, ci siamo trovati nella situazione di dover organizzare a nostra volta forme di protesta inerenti a quelle che avrebbero usato i nostri “colleghi” dei Castel-li Romani. Analizzando tutte queste forme di protesta in-terne (sciopero bianco, cogestione, autogestione, occupa-zione) si può trovare in esse due punti in comune a tutte: primo, sono forme di protesta che sfociano nell’illegalità, e, secondo, hanno come scopo la creazione di “disagio”. Vale la pena di soffermarsi ancora qualche riga su questa analisi da noi compiuta. Prendiamo come esempio la via dell’occupazione: questa presa di posizione è un argomen-to molto e molto discusso tra gli studenti di qualsiasi scuo-la, che ne presentano lati negativi e lati positivi. Osservando l’occupazione che due anni fa si attuò al Touschek, posso confermare i “lati positivi” che presenta-no alcuni studenti, ovvero che i ragazzi che partecipano alla protesta si sentono uniti da un profondo legame, che è un’av-ventura donatrice di esperienze fuori dal comune, che risuona pesantemente all’esterno dell’edifico, creando quindi quel disagio che è il fine dell’atto stesso. Unica contraddizione: il disagio che va a creare l’occupazione, a meno che non occupino tutti gli edifici scolastici, non dico dell’Italia intera, ma almeno della regione o della provincia in cui si vive, è sentito, e va a danneggiare, solo il per-sonale ATA, i professori e professoresse,

la preside stessa e gli studenti che non hanno partecipato all’occupazione, per ragioni buone o meno. Ora, mi chiedo, se sia effettivamente giusto che una parte della componente studentesca, minoranza o maggioranza che sia, abbia il diritto di barricarsi dentro l’edificio in cui io studente vivo metà della mia giornata, in cui condivido pensieri ed emo-zioni non solo con gli altri ragazzi e ragazze, ma anche con professori e bidelli, in cui voglio entrare e ricevere una for-mazione che ho come diritto e come dovere. Mi domando se, chi favorevole all’occupazione, sia nel giusto quando toglie giorni di lavoro a persone che hanno fatto dell’in-segnamento la loro vita, e a bidelli ed agenzie di pulizia.La libertà è un concetto che, a mio avviso, si confonde nella nostra società moderna. Libertà è scelta nel rispetto altrui, ad un livello estremamente pratico; ed io non sono nessu-no se, per motivazioni personali, ideologiche o politiche, scelgo di togliere la scelta ad un altro studente di poter stu-diare e formarsi come adulto. È un discorso che va oltre la questione legale/non legale, che va oltre il sei in condotta a fine anno, la presa di posizione di preside e professori con-tro chi agisce nell’occupazione. È un discorso che si basa sul ragionamento di ciò che è giusto, e ciò che non lo è.Ma non soffermiamoci troppo sul tema “occupazione”, ho citato anche “cogestione” e “autogestione”, ed il nostro pen-siero è stato: perché attuare queste due forme di protesta che fuoriescono, seppur di poco, dai limiti legali, e che per-ciò non possono coinvolgere ad un livello ottimale la mag-gior parte degli studenti di una scuola come il Touschek? Correndo il rischio di farci definire “moderati senza attribu-ti”, abbiamo deciso di comune accordo di ragionare su altre forme di protesta, altre vie, altri modi; ovviamente, prima di questa decisione, abbiamo sentito il parere degli studen-ti del Bruno Touschek, i quali, esponendo molte idee, attriti, accordi, contrasti con le forme di protesta sopra elencate, si sono dimostrati comunque per la maggioranza contrari ad un’ipotetica occupazione della scuola.L’anno scorso era stata effettuata la “Didattica Alternativa”, gli ultimi tre giorni prima delle vacanze natalizie, che ha coinvolto tutta la scuola, la maggioranza dei professori ed è stata approvata dalla preside. Domanda: -Perché no? Ci sia-mo messi a tavolino, abbiamo raccolto preferenze dei cor-si, lista dei referenti, materiale per ventisette corsi, orari di quarantasei classi, nome e cognome di ottanta professori, e buone scarpe da ginnastica per correre in lungo e in largo su tre piani di edificio scolastico. È stato un lavoro iniziato a fine Ottobre e concluso a metà Dicembre, e questa vol-ta avevamo in mente di utilizzare una giornata di didattica normale in più: in tutto, 16, 17, 19 e 22 Dicembre.

INSTAURARE RAPPORTI

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MARCO DENNI IV C

ARIANNA BARIA IV D

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INSTANCABILI CERCATORI

È sorprendente scoprire quante persone si posso-no incontrare nella vita. Alcune si incontrano per poi un giorno ricordarle, altre per rincontrarle, altre ancora per viverci al momento. Alcune preparano ad altre. Ogni persona conduce idealmente da qualche parte:o nel futuro, facendoci crescere, o nel passato, indebo-lendoci, ritornando sui propri passi, oppure rimanendo fermi nel presente, vivendo. Possiamo dire che le perso-ne siano come dei treni: frequentarle ci porta in qualche luogo, a qualche stazione. Ognuno di noi vaga alla ricer-ca del meglio, desiderando sempre di più, non acconten-tandosi mai. Si cercano persone con cui trascorrere la propria vita, condividere se stessi e la propria felicità. Anzi si cerca la persona da amare, sebbene nel frattempo, durante le ricerche non si voglia rimaner da soli e quin-di ci si accontenti di un “compagno di viaggio”, illudendosi che sia la persona tanto ambita, sebbene questo “accom-pagnatore” conduca oltre egli stesso, intrattenendoci.

Queste persone sono guide per gli instancabili cercatori: si alternano e si susseguono, cambiano e si so-stituiscono l’uno con l’altro, senza farlo notare al cerca-tore che imperterrito continua a desiderare, sperando di trovare chi cerca, il quale crederà di esser arrivato al suo obbiettivo, scambiando le guide per il punto d’arrivo. Si passa così da una persona all’altra, alla smaniosa ricerca di qualcosa o di qualcuno, non necessariamente di un’a-nima “gemella” ma semplicemente di una persona che ci renda felici, facendoci sentire protetti, amati, adeguati. Ma come si può capire di aver trovato quella persona e non soltanto l’ennesima preziosa guida? Esisterà una meta o è tutto un percorso? Dove e a chi porta? Basta ca-pire quando scendere alla stazione, alla giusta fermata. Se è sbagliata dobbiamo trovare la forza di scende-re e risalire su un altro treno od un altro ancora , sen-za scoraggiarsi per esser saliti su quello sbagliato, basta tenere il nuovo biglietto pronto in tasca, una volta buttato quello vecchio, e scendere alla nostra. Per quanto alcune persone facciano parte della no-stra vita solo per periodi, ci sarà sempre qualcuno che rimarrà al nostro fianco diventando un pun-to fermo mentre tutto il resto cambia. Queste persone, sebbene sembrino un peso in quanto troppo razionali e sempre presenti, una volta passata la voglia di allontanarsi da loro e di liberarse-ne, diventeranno le uniche sulle quali fare affidamento. Quando tutto il resto cambia e si muove secondo l’irrazionalità, esse rimangono ferme e, come se noi fossi-mo aquiloni e loro fossero il filo trasparente che ci tiene connessi a terra, ci permettono di volare in alto e realizzare noi stessi.

L’idea è stata di utilizzare questi quattro giorni -18 escluso a causa dell’uscita di molte classi- perché rientrano in quel las-so di tempo che passa tra la fine del trimestre, intorno al 15 Dicembre, e l’inizio delle vacanze di Natale, quest’anno il 23. Teoricamente i professori avrebbero dovuto finire per quelle giornate i loro programmi di didattica normale e di recupero. Abbiamo allora presentato il programma alla preside, ab-biamo chiesto ai docenti, ed alla fine ci è stato accordato: il 16 mattina ha avuto quindi inizio la Didattica Alternativa.Palestra, aula magna, biblioteca, svariate classi e spazi ven-gono usati come luoghi in cui tenere i corsi, che, selezionati con cura, spaziano da “Informatica e networking” a “Dibat-tito letterario” e “Teatro”. Siamo ovviamente coscienti del fatto che un adolescente con la sola “terza media” non po-trà mai sostituire la saggezza e la sapienza di un professore adulto, diplomato e laureato, ma proprio questo presenta un triplice vantaggio: l’impegno che il referente del corso utilizza per rendere al massimo e lasciare una traccia di ciò che ha scelto di “insegnare” agli altri studenti, la passione che ne deriva, ed infine la consapevolezza dell’essere “sedu-to dietro una cattedra”. Mi riferisco al mantenere il controllo della classe, di tenere attiva la partecipazione e l’interesse, di riuscire a risultare benevolo e interessante agli occhi di al-

tri adolescenti irrequieti. Parlando con gli studenti che han-no assistito ai corsi posso affermare con orgoglio che hanno avuto, chi più chi meno, abbastanza sensibilità da capire la situazione imbarazzante e difficile dei loro compagni refe-renti, e di seguire in silenzio e rispetto le loro piccole e pre-ziose lezioni. Oltre all’ottimo lavoro dei ragazzi che hanno tenuto i corsi, un lavoro eccellente è stato svolto dal “Servi-zio d’Ordine”, un gruppo di ragazzi tra i più maturi scelto ap-positamente per indirizzare classi sperdute alla loro giusta destinazione, per mantenere il silenzio nei corridoi, per spo-stare banchi e cattedre pesanti, per rimediare velocemente proiettori e gessetti. Chiunque ha partecipato alla Didattica Alternativa ne è uscito fuori con qualcosa in più, avendo par-tecipato ad un’esperienza che poche volte si ripete nel corso della vita, e che, a mio avviso, dovrebbe essere ripetuta ogni anno, data la grande passione che ogni studente impiega affinché questa si realizzi al massimo delle sue potenzialità.Ho scritto quest’articolo per invitare chiunque vo-glia a riflettere sulla nostra azione. Trovare vie in comune per lottare assieme. Instaurare rapporti.

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COMUNICATO DOCENTI

I sottoscritti docenti del Liceo Touschek condannano fermamente la diffusione di un volantino ANONIMO avvenuta venerdì 9 gennaio 2015. I docenti ritengono questa azione profondamente vile ed omertosa: la diffamazione costituisce uno dei reati fra i più indegni in un paese civile e democratico ed è particolarmente inquietante che tale episodio sia avvenuto nell’ambito di una comunità scolastica.

*SEGUONO FIRME

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MIRKO BUTTAGLIERI IV I

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DURA LEX SED LEXNel momento della nascita di ognuno di noi, in quell’istan-te in cui abbandoniamo il grembo materno, siamo nudi, svestiti, come la natura ci ha creato. Siamo nudi in realtà solo apparentemente, perché tutti noi, proprio tutti, nasciamo ricoperti da un vestito che ci accompagna in questo mondo e ci protegge. Questo fantastico indumento non può che non chiamarsi DIRITTO.

Per il solo fatto di esistere abbiamo dei diritti assoluti, che non possono esserci tolti, sono inalienabili e lo stesso titolare non può rinunciarvi. Questi diritti ci accom-pagnano dalla nascita fino alla morte e prendono il nome di Diritti della Persona, previsti nel codice Civile e Penale. Il nostro stato ci tutela, tutela la persona e tutto ciò che vi è di strettamente connesso. Quando pensiamo ad un qualsiasi individuo il primo elemento che ci viene in mente è sicuramente il nome.L’esigenza di attribuire un nome ad ogni persona non nasce solo per risolvere un problema pratico: identifica-re e rendere identificabile un individuo nella società, ma rappresenta qualcosa di più, racchiude la sua essenza, le sue idee, i suoi costumi, le sue tradizioni e la sua personalità. Quest’importanza sociale, antropologica, era chiara an-che alla Germania nazista: durante l’Olocausto, infatti, un numero enorme di Ebrei fu privato del nome che venne sostituito da un gruppo di cifre tatuate sull’avambraccio sinistro. Era appena accaduto qualcosa di importante a quegli uomni, si era-no visti privare l’esistenza poiché erano oramai numeri...numeri fra altri numeri e null’altro.La legge italiana ha previsto un articolo che tuteli questo diritto così importante, l’art. 6 del codice civile, infatti, recita così: “Ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito. Nel nome si comprendono il prenome e il cognome”.Ma se il nome ha tutta questa importanza ed è strettamente connesso alla persona e alla personalità dell’individuo, che rilevanza ha l’uso del nome? Quanta attenzione dobbiamo pore ogni qual volta citiamo una persona? Poche settimane fa, molti studenti come me avranno sicuramente notato dei volantini anonimi sulla strada il cui contenuto ha una natura diffamatoria e lesiva nei confronti di un docente.

Non si può tollerare questo comportamento codardo, protetto da anonimato, di chi dichiara dinamiche vergognose che danno modo di pensare siano nate dalla fantasia di costoro, poiché, la gravità delle accuse poste, se fossero vere, sarebbero state avanzate in sedi competenti.In più, seppur l’attacco prenda in considerazione in particolare un individuo, attestando che la preside appoggi le dinamiche descritte, costituisce anche nei suoi confronti una violazione in quanto viene lesa la figura del dirigente.Tutto ciò è moralmente vergognoso e costituisceper la legge reato. Si può avanzare qualsiasi forma di lamentela in modo legale senza dover necessariamente offendere e diffamare.In particolare l’offesa rivolta al docente rientra nel reato di diffamazione in quanto vi è un attacco al valore sociale dell’individuo attribuendogli fatti che in qualche modo ledono al suo onore (bene morale). La legge italiana intende per onore il complesso delle condizioni da cui dipende il valore sociale della persona, le doti morali, intellettuali, fisiche e tutto ciò che concorre a determinare il prestigio dell’individuo nell’ambiente in cui vive. Il nostro ordinamento, pertanto, riconosce e tutela la nostra immagine con l’art. 595 del Codice Penale “Diffamazione”. La legge tutela TUTTI come recita l’art. 3 della Costituzione che ci eguaglia, ma soprattutto, difende l’immagine sociale anche di quegli individui che non penseremmo mai avessero una reputazione sociale in quanto si riconosce l’esisten-za, in tutti gli individui, di un minimum di personalità sociale. Le pene per il reato di diffamazione sono importanti come i danni morali che provoca nel diffamato.

Volendo prendere come esempio questa vicenda dei volantini, considerando che la loro diffusione sia avvenuta in assenza dell’offeso, il cui target poteva essere un pubbli-co potenzialmente amplio, si rischia anche la reclusione.Il comma 2,3 infatti prevede: “Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2065. Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mez-zo di pubblicità, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore ad euro 516.”Conoscere la legge, pertanto, ci aiuta a considerare la gravità e gli effetti delle nostre azioni, ma soprattutto, a comprendere il valore umano di qualsiasi individuo.

*SEGUONO FIRME

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FotograFie Freedom PH: CHIARA IODICE

Bohemien PH: PAMELA MACALUSO

Libertà d’espressione o libertà di informazione? PH: JANA POSITANO

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Keep Breathing PH: PAMELA MACALUSO

Cosa c’è, quindi, di più libero dell’acqua? PH: PAULA WOLSKA

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TOUSCHEK TIMES | www.liceotouschek.it 13di ANDREI ORBU V H

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BIOLOGY - YEAR1

RECENSIONI

SE LA NOSTRA VITA FOSSE DENTRO AD UNA TVSe la nostra vita fosse dentro ad una tvÈ uno di quei pomeriggi senza senso. Ti siedi sul divano. Accendi la tv. Osservi lo schermo ultrasottile di ultima generazione (uno schiaffo alla miseria) che tuo padre, sempre aggiornato, ha comprato la settimana scorsa. E inizi a girare sui canali, a fare zapping, per usare il ter-mine specifico. Allora passi da gambe lunghe di signorine perfette con un sorriso stampato in faccia che sembra il derivato di una plastica facciale, a talent show di ragazzi disperati e senza talent, a catastrofici telegiornali, che al-tro non fanno che ricordarti quanto sia brutto il mon-do in cui vivi. Qualche pubblicità idiota, per poi ritornare alle impeccabili ragazze mezze nude che, stando alla loro indescrivibile bellezza, sembrano avere una vita perfetta. Questo, ragazzi, è il modello che dobbiamo seguire. Voi ragazze, fate di tutto per avere un fisico perfetto, solo quello. Il resto non conta. Dimenticatevi totalmente della vostra testa, perché stando a quanto ci dimostra la televisione, non la userete mai, quindi buttatela pure al cestino. Riempitevi la casa di Somatoline Cosmetic che, magia!, vi farà dimagrire dormendo; poi com-prate quei jeans che tanto spopolano, super push up per un lato B mozzafiato, perché sarà solo quello che la gente guar-derà di voi. Diventerete poi fantastiche con il supplemento di qualche meraviglioso bagnoschiuma dai miracolosi poteri olfattivi, che farà nascere attorno a voi un’aura di fiorellini profumati, con cui farete cadere chiunque ai vostri piedi.

È l’apparenza l’unica cosa che conta per voi, l’unica cosa cui aspirare. Magari avrete anche la fortuna di sposa-re un meraviglioso uomo del Mulino Bianco che cu-cina fette biscottate chiacchierando con una gallina. Mentre voi ragazzi, anche voi dovrete essere affascinanti come il dentista ultrafigo della pubblicità del dentifricio (che sia chiaro ragazze, non troverete in nessuno studio dentistico italiano), dovrete essere straricchi, avere tanti soldi, una casa stupenda che la sexy Giovanna vi sistemerà diligentemente con il silicone Saratoga, una moglie bella e stupida con cui sistemarvi, che passi la giornata in cucina alle prese con i tortellini Giovanni Rana e vi pulisca il cesso con Wc Net. Tanto è solo quello il compito di una donna. Nei momenti di scoraggiamento poi, mettete il profumo Dolce e Gabbana e vi si materializzerà davanti un gom-mone in mezzo al mare con una superbionda mozzafiato. Magari poi sarete calciatori come Del Piero, che beve l’acqua Uliveto per sentirsi in forma (lì avre-te proprio raggiunto il massimo che potevate de-siderare) e vostra moglie o la vostra ragazza berrà Rocchetta, perché “Puliti dentro e belli fuori!”. Belli. Stupendi direi. Forse, ma proprio forse, disastrosi.

E questo è ciò da cui dovremmo prendere spunto. Oh, aspettate, non dimentichiamo quei fantastici show, in cui gente viene premiata per il fatto che riesce a di-struggere un enorme numero di cocomeri andando-ci letteralmente giù di testa, dandogli una capocciata; il tutto in tempi record. (Poi dici perché siamo circondati da scemi: ci sfracelliamo il cervello contro i cocomeri!). Quindi su, iniziate ad esercitarvi con le mele e le pere, per poi aumentare la grandezza del frutto.Grazie a Dio, quello che la tv ci propone come “vita perfetta” e che di perfetto non ha proprio nulla, non è la nostra vita. Quante volte ci scoraggiamo o ci facciamo prendere dal panico perché ci sembra che tutto, ma pro-prio tutto, vada male: abbiamo un brufolo di troppo sulla fronte, proprio al centro, o non abbiamo le gambe lunghe e perfette delle modelle perché abbiamo chiuso le feste di Natale in positivo, con due chili in più e un panettone nella pancia, o ancora ci accorgiamo di non avere l’ultimo paio di scarpe, quelle che ormai tutti portano, e questo sembra dirci “Sei fuori moda!”. Quello che ci attrae oggi è un ‘presunto perfetto’, impossibile e ridicolo, ma soprattutto assolutamente senza senso. Inconsapevolmente seguiamo questi ridicoli modelli e, piuttosto che vivere la nostra vita, facciamo di tutto per vivere quella di qualcun altro, quel qualcun altro che ci mostra la televisione, che fa fonda-mentalmente schifo, in modo anche palesemente evidente.Non facciamoci influenzare in questo modo, non facciamoci incantare dalla bellezza di una ragazza tal-mente perfetta da sembrare impossibile o di un ra-gazzo super muscoloso. Seguiamo solo noi stessi. Perché la vera bellezza non è contenuta in un paio di scarpe o in un orologio pagato una fortuna. La vera bellezza siamo noi stessi, per come siamo. Probabilmente, dopo aver spento la tv ed aver valuta-to ciò che di bello abbiamo, ci guarderemo intorno, ri-valuteremo ciò che ci circonda e magari ci metteremo davanti ad uno specchio pensando: “Non è poi così tan-to uno schifo”. Probabilmente poi, con occhi più atten-ti, cercheremo il bello anche in quel poco che abbiamo, e ci meraviglieremo delle tanto decantate piccole cose. Perché non è ciò che non abbiamo e che desideriamo a fare noi stessi. È ciò che siamo e che abbiamo dentro. Allora perché continuare a farci influenzare da que-ste ridicole messe in scena televisive, essere sempre alla ricerca di qualcosa che non abbiamo e che è inutile possedere, quando invece potremmo concentrarci sul pre-sente, sulla nostra vita, su quello che abbiamo qui, adesso? Dovremmo smettere di tendere verso questa stupida uto-pia che tutti i giorni ci propongono attraverso uno scher-mo, che altro non fa che scoraggiarci, e piuttosto uscire, iniziare a leggere, viaggiare, conoscere il mondo, quello vero, abbracciare le persone che abbiamo intorno e gode-re di noi stessi per come siamo. La vita che stiamo vivendo è questa, non è rinchiusa in uno schermo da cui passano solo immagini di soldi, belle donne, soldi e ancora soldi. Questa non è la perfezione. La perfezione è la nostra vita, perfetta ed unica perché solo nostra. Iniziamo ad amare le nostre imperfezioni, i nostri piccoli drammi. Questa è la realtà, ed è stupenda, proprio perché imperfetta. Abbiamo già tutto quello di cui abbiamo bisogno davanti agli oc-chi. E la nostra vita è già meravigliosa adesso. Allora sarà l’imperfezione ad attrarci, non più una ridicola utopia.

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PEPPERCORN

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MATTEO MEMÈ

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HERSPIKE JONZE

BIOLOGY - YEAR1

LOCANDINA FILM

RECENSIONI

In una New York futuristica trova la sua terra natia una storia tra le più bizzarre, ma anche tra le più attuali. Quante vol-te ci fidanziamo? Quante volte ci inna-moriamo? Tante, davvero tante. Ma ora lasciatevi portare dalla fantasia sulla scia di una ragazza molto strana, direi quasi...anzi, sicuramente, non umana! Her. Un fantastico Spike Jonze, intenzio-nato a lasciare una critica alla nostra so-cietà, scrive e dirige un film vincitore del premio Oscar alla miglior sceneggiatura originale. Sulla pellicola vediamo impres-se le più svariate tematiche, che lasciano largo spazio all’interpretazione. Il tutto verte su una storia d’amore molto parti-colare tra Theodore Twombly, il nostro Joaquin Phoenix, e Samantha, un’intelli-genza artificiale chiamata “OS1”. Più la storia d’amore va avanti, più emer-gono i lati ironici e drammatici che il re-gista ha inserito, non per farci compatire il protagonista, bensì noi stessi. È così in-fatti che Jonze ci sbatte in faccia la realtà:

un uomo si innamora di un computer, che non potrà mai essere né sostituire una persona reale. È probabilmente una tra le critiche più pesanti che la società odierna abbia mai ricevuto da un film. Se pensiamo a quante volte corriamo verso il nostro modem a riattivare internet per colpa di una perdita di connessione men-tre “parlavamo” con qualcuno, ci ritrovia-mo molto vicini a Theodore che spaven-tato dall’assenza del suo OS1 torna a casa correndo per cercare di recuperare la sua “anima gemella”. Se pensiamo a quan-te volte ci siamo serviti di un amico per ottenere informazioni sul conto di una ragazza, ci ritroviamo molto vicini a The-odore che usa un’altra persona per fare l’amore con Samantha. La storia d’amore, comunque, tra le più romantiche mai vi-ste nel cinema, ci lascia a fine pellicola in un futuro non così lontano, costruito con i progressi del passato e danneggiato dai vizi del presente.

HER

In questi mesi ci siamo chiesti, quasi tutti credo, chi mai si può nascondere dietro “hope”, dietro le sue parole, le sue emozioni. Da quello che scrive si capisce che è un ragazzo, e a questo punto io vi dico che sono una ragazza e voglio raccontarvi l’altra faccia dei sentimenti, del nostro cuore, l’intimità femminile delle nostre emozioni (Del resto ci deve essere anche un po di par condicio...)In fondo l’amore è unico, ma le sfumature, le vibrazioni, le interpretazioni sono diverse, in alcuni casi molto diverse e mi sembra giusto che se ne colganole differenze.

Mi facevi venire la voglia di rischiare ancora, di ritornare a mettere tutto in ballo, voglia di riprovarci, di rimet-termi in discussione, voglia di amare di nuovo, di amarti di nuovo. Ho avuto paura, la paura di perderti un’al-tra volta e di restare ancora sola, nei miei interminabili silenzi. Ho avuto quella paura che non ho mai provato, quella paura che mi faceva capire chiaramente che se c’era una cosa che non potevo permettermi era perderti. Lasciare andare un dono così bello, così prezioso, così unico sarebbe stato uno tra i più grandi errori della mia vita. Il mio cuore era ancora tuo, anche se facevo fatica ad ammetterlo a te, agli altri e soprattutto a me stessa. Seduti su una panchina, con la mia testa fra le tue gambe mi dici di ricodarti la prima volta che mi vidi. Jeans, canottiera rosa e air max bianche. Perfino le scarpe ti sei ricordato. E io che di quella prima volta non ne ho proprio memoria. Ti ricordi le nostre prima parole, le nostre prime risate, i nostri primi ‘ti voglio bene’, appena sussurati con un po di imbarazzo. Credo che ogni coppia ricordi inevitabilmente gli inizi, del nostro primo bacio ricordo ogni particolare, se ci ripenso ancora sento il venticello di quella sera invernale. Da quel giorno però ne è passato di tempo, e il dodicesimo bacio non lo ricordo, e neanche il quarantaquattresimo, come non ricordo il centoventesimo. Non ricordo tutte le nostre litigate, tutte le nostre inevitabili scuse, tutte i nostri abbracci ma sono felice di aver litigato così tanto, aver perdonato così tanto, aver abbracciato così tanto da non ricordarmi questi pezzi di vita insieme. Penso che se c’è una cosa più bella del ‘voglio stare con te’ sia il ‘voglio stare ancora con te’. Perchè scegliere ed essere scelti capita spesso e a tutti, quello che è più raro è continuare a scegliere la stessa persona ogni giorno, da anni senza mai stufarsi. E anche se forse se scrivessi della nostra storia non ne farebbero un film, e il libro non venderebbe più di 10 copie, io di noi due continuo a non voler perdere neanche una pagina.

SBREFSE LA NOSTRA VITA FOSSE DENTRO AD UNA TV

MATTEO MEMÈ IV B

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PEPPERCORN

D

VERTICALI1. Provviste alimentari, cibarie - 2. Cit-tà-provincia del Molise - 3. Percezione errata della realtà - 4. Il fumettista Ortolani - 5. Uovo a Londra - 6. Commissario Tecnico - 7. Segue “vidi” nella celebre citazione di Giulio Cesare - 8. Lo sono Aldo, Giovanni e Gia-como - 11. Fumettista e youtuber italiano - 14. Nido naturale delle api - 18. Simbolo del lumen - 20. Ordine emanato da una pubblica autorità - 21. Trade Mark 22. Pro-fessore della serie televisiva dei Pokemon - 25. Persone riluttanti a fare qualcosa - 26. Espressione dell’Inter-net slang che indica una persona scioc-ca o stupida - 32. Radio Audizione Italia-na - 34. International Sumo Federation -36. Religioso, devoto - 38. Negazione.

ORIZZONTALI:1. Che è proprio dell’uomo in quanto maschio - 6. Consonanti in cavità - 9. Simbolo dell’Einstenio - 10. Nome della spalla di Nathan Never nel fumet-to del 1991 - 12. Grande autotreno o autoarticolato - 13. Scienza e studio del-la natura di Dio - 15. Carta d’Identità - 16. Sigla di Terni - 17. In coppia con Stanlio nel famoso duo comico - 19. Retto, casto - 23. 995 nell’antica Roma - 24. Apporre il visto, autenticare - 26. La prima nota - 27. Pari in canarino - 28. Gruppo che ha canta-to la hit “Everybody’s Changing” - 29. Album degli AC/DC del 1975 - 30. Sigla di Siracusa 31. Rolls Royce - 33. Versione demo, beta di un’applicazione - 35. Bioma delle regioni a clima continentale caratteriz-zato da scarsa vegetazione - 37. Prefis-so che significa uguale - 39. Educazione Fisica - 40. Serie di videogiochi giapponese pubblicata da Nintendo i cui protagonisti sono delle creature immaginarie.

Questo cruciverba è dedicato al professore G.Basile e le sue simpatiche correzioni e alla signora Rita, assistente del laborato-rio di fisica che ci aiuta incoraggiandoci.

GRAZIE!

Cari lettori del Touschek Times,anche in questa edizione le novità non sono poche! Oltre alla scelta dei colori, sin dalla prima pagina avrete potuto notare che questa edizione non è un’edizione come tante altre. A seguito dei tragici avveni-menti che hanno sconvolto la Francia e la testata giornalisti-ca di Charlie Hebdo, abbiamo deciso di incentrare gli articoli del nostro giornalino scolastico sul tema della libertà. Grazie alla forte partecipazione che abbiamo avuto per la costruzio-ne di questo numero è stato possibile realizzare una nuova prima pagina e inserire altre vignette tra i tanti articoli scrit-ti dai nostri giovani scrittori. Inoltre la nostra redazione ha deciso di esprimere la propria vicinanza al prof. Vinci di questa scuola per le incresciose accuse che gli sono sta-te rivolte da anonimi che minano alla sua immagine e libertà personale. Speriamo che il tutto possa assumere una forma piacevole alla lettura ricordandovi che siamo mol-to interessati a conoscere la vostra opinione, le vostre cri-tiche o i vostri apprezzamenti. Non ci resta che ringrazia-re tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione di questo numero, nella speranza che sempre più persone possano prendere parte al nostro progetto. BASTA RICORDARSI CHE IL MODO MIGLIORE PER DIFENDERE UNA LIBERTÀ GIÀ CONQUISTATA É ESERCITARLA!

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Direttore: TOMMASO GRILLO 5FCodirettore: MATTEO MEMÈ 4BCaporedattore: MATTEO SANTI 5FRedattore: ARIANNA BARIA 4DImpaginatore: MIRKO BUTTAGLIERI 4IGrafico: TIZIANO PISCIARELLI 4D

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