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Favoledi Leonardo da Vinci Il granchio La volpe e la gazzaIl pavone L'ermellino Il cignoLa scimmia e l'uccellino I tordi e la civettaLa talpaLa pulce e il castroneIl ragno e l'uvaLa volpe e il caproneIl testamento dell'aquilaIl pellicanoIl toroIl ragno nella buca della chiaveIl cardellinoIl coccodrillo e l'icneumoneIl falcone e l'anatraLa farfalla e il lume

Il granchio Un granchio si accorse che molti pesciolini,anziché avventurarsi nel fiume, preferivanoaggirarsi prudenti intorno ad un masso.L'acqua era limpida come l'aria, e i pescinuotavano tranquilli godendosi l'ombra e ilsole.Il granchio attese la notte, e quando fu sicuroche nessuno lo avrebbe visto, andò anascondersi sotto il masso.Da quel nascondiglio, come un orco dalla suatana spiava i pesciolini, e quando gli passavanovicino li acciuffava e li mangiava.- Non è bello ciò che stai facendo - brontolò ilmasso - Approfitti di me per uccidere questipoveri innocenti.Il granchio non ascoltò nemmeno. Felice econtento seguitava a catturare i pesciolinitrovandoli di un sapore prelibato.Ma un giorno, all'improvviso, venne la piena. Ilfiume si gonfiò, investì con grande forza ilmasso, che rotolò nel letto del fiume,

schiacciando il granchio che gli stava sotto. Il ragno e l'uva Un ragno, dopo essere stato per molti giorniad osservare il movimento degli insetti, siaccorse che le mosche accorrevanospecialmente verso un grappolo d'uva dagliacini grossi e dolcissimi.- Ho capito disse fra sé.Si arrampicò, dunque, in cima alla vite, e dilassù, con un filo sottile, si calò fino al grappoloinstallandosi in una celletta nascosta fra gliacini. Da quel nascondiglio incominciò adassaltare, come un ladrone, le povere moscheche cercavano il cibo; e ne uccise molte, perchénessuna di loro sospettava la sua presenza.Ma intanto venne il tempo della vendemmia. Ilcontadino arrivò nel campo colse anche quelgrappolo, e lo buttò nella bigoncia, dove fusubito pigiato insieme agli altri grappoli.L'uva, così, fu il fatale tranello per il ragno

ingannatore, che morì insieme alle moscheingannate. La volpe e il caprone Una volpe era caduta in un pozzo e nonpoteva più uscirne. Un caprone assetato vieneallo stesso pozzo guarda dentro e la vede: - E'buona quest'acqua? Era la fortuna inattesa. -Se è buona! Scendi giù, amico mio! Scendi: èuna delizia!E quello stordito si caccia giù e beve sino asaziarsene. Quando ebbe bevuto, si guardòintorno. - E ora come si fa a risalire?- Già, è un affaraccio; ma c'è un modo disalvare te e me. Guarda: tu appoggi i piedidavanti, così, in alto, contro il muro, e rizzi lecorna; io m'arrampico e poi ti tiro su. Va bene?- Facciamo pure così rispose quel bonaccione; ecosì fece.La volpe, saltando lesta lungo le gambe, lespalle e le corna del suo compagno, si trovòsubito al collo del pozzo; e già se ne andava.

- Ohé, - gridò il malcapitato - te ne vai? E cosìmi tradisci?La volpe si rivoltò verso di lui : - Se tu avessitanti ragionamenti nella testa quanti hai pelisotto il mento non saresti sceso giù, primad'aver pensato al modo di risalire. Il Testamento dell'Aquila Una vecchia aquila reale, che viveva da moltianni solitaria sopra un'altissima roccia, sentì chel'ora della morte era vicina. Con un gridopossente chiamò i suoi figli che vivevano sullerocce sottostanti, e quando furono tutti riunitiintorno a lei li guardò uno per uno e disse:- Io vi ho nutriti ed allevati perché, fino dapiccoli, siete stati capaci di guardare il sole. Holasciato morire di fame i vostri fratelli che nonsopportavano la sua vista. Perciò voi sietedegni di volare più in alto di tutti gli uccelli. Chinon vuol morire non si accosti mai al vostronido. Tutti gli animali devono temervi, e voi

non farete alcun male a chi vi rispetta, ma glilascerete mangiare gli avanzi delle vostreprede.Ora io sto per lasciarvi, ma non morirò qui nelmio nido. Volerò in alto, fin dove miporteranno le ali; mi protenderò verso il solecome se dovessi andare da lui. I suoi raggiinfuocati bruceranno le mie vecchie penne,precipiterò verso la terra, cadrò dentrol'acqua.Ma da quell'acqua, per miracolo, rinasceròun'altra volta, ringiovanita, pronta aricominciare una nuova esistenza. Così è lanatura delle aquile, il nostro destino. -Detto questo l'aquila reale spiccò il volo:maestosa e solenne ruotò intorno alla rocciadove stavano i suoi figli; poi, all'improvviso,puntò diritta verso l'alto, per bruciare nel solele sue ali ormai stanche. La Volpe e La Gazza

Una volpe affamata capitò, un giorno, sottoun albero dove s'era posato un branco digazze rumorose.La volpe, nascosta, incominciò ad osservarle, esi accorse che quegli uccelli erano sempre incerca di cibo e non avevan paura di posarsi e dibeccare nemmeno sulle carcasse degli animali.Proviamo disse fra sé la volpe.Piano piano, senza farsi sentire, si mise lungadistesa, restando immobile, a bocca aperta,come se fosse morta.Dopo un po' una gazza la vide e subito sibuttò giù dall'albero.Si avvicinò alla volpe, e, credendola morta,incominciò a beccarle la lingua.Cosi lasciò la testa nella bocca della volpe comein una tagliola. Il Pellicano Quando il pellicano parti per andare in cerca dicibo, un serpente, ben nascosto fra i rami,

cominciò a muoversi verso il nido.I piccoli dormivano, tranquilli.Il serpente si avvicinò, e con un lampo malvagionegli occhi iniziò la strage. Un morso velenosoa ciascuno, e i poveretti passaronoimmediatamente dal sonno alla morte.Soddisfatto il serpente ritornò nel suonascondiglio, per godersi il ritorno delpellicano.Infatti, di lì a poco, l'uccello ritornò.Alla vista di quella strage incominciò apiangere, e il suo lamento era così disperatoche tutti gli abitanti della foresta loascoltavano commossi.- Che senso ha ora la mia vita senza di voi? -diceva il povero padre guardando i suoi figliuccisi. - Voglio morire anch'io, come voi! -E col becco incominciò a lacerarsi il petto,proprio sopra il cuore. Il sangue sgorgava afiotti dalla ferita, bagnando i piccoli uccisi dalserpente.Ma,' ad un tratto, il pellicano, ormaimoribondo, trasalì. Il suo sangue caldo aveva

reso la vita ai suoi figlioli; il suo amore li avevaresuscitati. E allora, felice, spirò. Il Pavone Il contadino parti, dopo aver chiuso la portadel cortile.Sperava di ritornare presto, ma i giornipassavano senza che lui si facesse vedere.Gli animali del cortile avevano fame e sete;perfino il gallo non cantava più.Stavano tutti immobili, per non consumare leforze, sotto l'ombra di una pianta.Soltanto il pavone, anche quel giorno, si levòbarcollando sulle zampe, apri a ventaglio la suagrande e variopinta coda, e incominciò apasseggiare avanti e indietro.- Mamma - domandò una magra gallinella allachioccia - perché il pavone fa la ruota tutti igiorni? -- Perché è vanesio, figlia mia; e l'ambizione èun vizio che scompare soltanto con la morte -.

Il Toro Un toro in libertà faceva strage fra le mandriee gli armenti. I pastori non avevano piùcoraggio di portare al pascolo gli animali, pervia di quel selvaggio bestione che arrivavaall'improvviso, caricando a testa bassa, perinfilzare con le corna tutto ciò che incontrava.I pastori, però, sapevano che il toro odiava ilcolore rosso; e quindi, un giorno, decisero ditendergli un tranello.Fasciarono di stoffa rossa il grosso tronco di unalbero e poi si nascosero.Il toro, soffiando dalle narici, non si feceattendere molto.Vedendo quel tronco rosso, abbassò la testapartendo alla carica, e con un gran fracassoinchiodò le corna nell'albero, restandoviprigioniero. Così i pastori lo uccisero.

L'Ermellino Una volpe stava mangiando, quando passò unelegante ermellino. - Vuoi favorire? - disse lavolpe ormai sazia. Grazie, - rispose l'ermellino -ho già mangiato. -- Ah, ah! - rise la volpe. - Voialtri ermellini sietegli animali più modesti del mondo. Mangiatesolo una volta al giorno, e preferite digiunarepiuttosto che sporcarvi il vestito. -In quel mentre arrivarono dei cacciatori. Lavolpe, svelta come un lampo, si rintanò sottoterra, e l'ermellino, non meno veloce dellavolpe, corse verso la sua tana.Ma il sole aveva sciolto la neve e la tana eradiventata un pantano.Il candido ermellino, per non strisciare nelfango, si fermò titubante. E i cacciatori locolpirono a morte.La moderazione raffrena tutti i vizi. L'ermellinopreferisce morire, piuttosto che macchiare lasua purezza.

Il Ragno nella buca della chiave Un ragno, dopo avere esplorato tutta la casa,di fuori e di dentro, pensò di rintanarsi nelbuco della serratura.Che rifugio ideale! Chi lo avrebbe maiscoperto, li dentro?Lui, invece, affacciandosi sull'orlo della toppa,avrebbe potuto guardare dappertutto senzacorrere alcun rischio.Lassù diceva fra sé, sbirciando la soglia dipietra tenderò una rete per le mosche;quaggiù aggiungeva scrutando lo scalino netenderò un'altra per i bruchi; qui, vicino albattente dell'uscio, farò una piccola trappolaper le zanzare.Il ragno gongolava. Il buco della serratura glidava una sicurezza nuova, straordinaria; cosistretto, buio, foderato di ferro, gli sembravapiù inattaccabile di una fortezza, più sicuro diqualsiasi armatura.Mentre si crogiolava in questi pensieri, gli

giunse all'orecchio un rumore di passi: allora,prudente, si ritirò in fondo al suo rifugio.Qualcuno stava per entrare in casa; una chiavetintinnò, s'infilò nel buco della serratura e loschiacciò. Il Cigno Il cigno piegò il flessuoso collo verso l'acqua e sispecchiò a lungo. Allora capi la ragione dellasua stanchezza, e di quel freddo che gliattanagliava il corpo facendolo tremare comed'inverno: con assoluta certezza egli seppe chela sua ora era suonata e che bisognavaprepararsi a morire.Le sue piume erano ancora bianche come ilprimo giorno della sua vita. Era passatoattraverso le stagioni e gli anni senzamacchiare la sua veste immacolata; ora potevaanche andarsene, concludere in bellezza la suavicenda.Alzando il bel collo, si diresse lento e solenne

sotto ad un salice, dov'era solito riposarsidurante la calura. Era già sera. Il tramontotingeva di porpora e di viola l'acqua del lago.E nel grande silenzio che già scendeva tuttointorno, il cigno incominciò a cantare.Mai aveva trovato, prima di allora, accenti cosìpieni d'amore per tutta la natura, per labellezza del cielo, dell'acqua e della terra. Il suocanto dolcissimo si sparse nell'aria, velatoappena di nostalgia, finché piano piano sispense, insieme all'ultima luce dell'orizzonte.- È il cigno - dissero commossi i pesci, gli uccelli,tutti gli animali del prato e del bosco - è il cignoche muore. - Il CardellinoQuando ritornò nel nido, con un piccolo vermein bocca, il cardellino non trovò più i suoi figlioli.Qualcuno, durante la sua assenza, li avevarubati.Il cardellino incominciò a cercarli dappertutto,piangendo e gridando; tutta la selva risuonavadei suoi disperati richiami, ma nessuno gli

rispondeva.Un giorno un fringuello gli disse:- Mi pare di aver visto i tuoi figlioli sulla casa delcontadino. -Il cardellino partì, pieno di speranza, e in brevetempo arrivò alla casa del contadino. Si posòsul tetto: non c'era nessuno. Scese sull'aia: eradeserta.Ma nell'alzare la testa vide una gabbia appesafuori dalla finestra. I suoi figlioli erano li dentro,prigionieri.Quando lo videro, aggrappato alle stecchedella gabbia, si misero a pigolare chiedendoglidi portarli via; e lui cercò di rompere col beccoe con le zampe le sbarre della prigione, mainvano.Allora, con un gran pianto, li lasciò.Il giorno dopo, il cardellino tornò di nuovo sullagabbia dov'erano i suoi figli. Li guardò. Poi,attraverso le sbarre, li imboccò uno per uno,per l'ultima volta.Infatti egli aveva portato alle sue creature iltortomalio, che era un'erba velenosa, e i piccoli

uccellini morirono.- Meglio morti - disse - che perdere la libertà. - La Scimmia e l'Uccellino Un giorno una giovane scimmia, saltando diramo in ramo, vide un nido pieno di piccoliuccelli. Tutta contenta si avvicinò ed allungòuna mano per prenderli; ma quelli, sapendogià volare, fuggirono via lasciando nel nidosoltanto il più piccolo.Allegra come una pasqua la scimmietta tornòa casa con l'uccellino; e tanto gli piaceva checominciò ad accarezzarlo, a baciarlo, astringer-selo al petto. Sua madre la guardavasenza dir nulla.- Com'è carino! - gridava la scimmietta. - Glivoglio tanto bene! -E seguitò a baciarlo ed a stringerselo a sé,finché gli tolse la vita. Questa favola, è dettaper quelli che non sanno castigare i propri figli.

Il Coccodrillo e l'Icneumone Un coccodrillo, dopo aver ucciso un uomo chedormiva sotto una palma, versò molte lacrime.- Vedi - disse un icneumone a suo figlio - ilcoccodrillo è un ipocrita, perché ora piange efra poco divorerà la sua vittima. -Infatti, dopo un po', il coccodrillo si misetranquillamente a mangiare la sua preda.Finito il pasto si addormentò sulla sponda delfiume, a bocca aperta, per consentire ad unuccellino suo amico, chiamato Trochilo, dientrar dentro a beccare gli avanzi rimastigli trai denti.Stuzzicato piacevolmente dal diligenteuccellino, il coccodrillo, nel sonno, apri ancoradi più le sue poderose mascelle.Allora l'icneumone disse a suo figlio:- Ora stai bene attento. E così che si uccidono itraditori. -E, presa la rincorsa, si precipitò nella bocca delcoccodrillo infilan-dosi alla svelta giù per la

gola. Da quella passò nello stomaco, glielosfondò con i denti aguzzi, quindi entrònell'intestino facendo altrettanto.Il coccodrillo, svegliato di soprassalto,incominciò a rotolarsi per terra in preda aldolore, urlò sentendosi strappare le viscere,finché, dilaniato dall'icneumone, restò a panciaall'aria, stecchito. I Tordi e la Civetta - Siamo liberi! Siamo liberi! - gridarono ungiorno i tordi, vedendo che l'uomo avevacatturato la civetta.- Ora la civetta non ci fa più paura. Oradormiremo tranquilli. -La civetta, infatti, era caduta in un'imboscata,e l'uomo l'aveva rinchiusa in gabbia.- Andiamo a vedere la civetta in prigione -dicevano i tordi volando e cantando intornoalla gabbia della loro avversaria.Ma l'uomo aveva catturato la civetta con un

altro scopo, ossia quello di prendere i tordi.Infatti, la civetta fece subito alleanza col suovincitore il quale, dopo averla legata per unazampa, la metteva ogni giorno bene in mostrasopra un trespolo. I tordi, per vederla, siprecipitavano sugli alberi vicini, dove l'uomoaveva nascosto le sue canne impaniate. E itordi, anziché perdere la libertà come lacivetta, perdevano la vita.Questa favola è detta per tutti quelli che sirallegrano quando qualcuno, che conta più diloro e su di loro, perde la libertà. Perché ilvinto, quando è importante, diventa prestoalleato o strumento del vincitore, mentre tuttiquelli che, prima, dipendevano da lui, cadonosotto un nuovo padrone, e insieme alla libertàperdono, spesso, anche la vita. Il Falcone e l'Anatra Ogni volta che andava a caccia d'anatre, ilnobile falcone si arrabbiava. Quelle anatreriuscivano quasi sempre a beffarlo, tuffandosi

sott'acqua proprio all'ultimo momento, erestando sommerse più di quanto lui potesserimanere sospeso in aria ad aspettarle.Anche quella mattina il falcone decise diritentare. Dopo aver fatto molte ruote ad aliaperte per studiare la situazione, e dopo averbene individuato l'anatra da catturare, il nobilerapace piombò giù come un bolide. Mal'anatra, più svelta, si tuffò a capofitto.- Questa volta ti vengo dietro - gridò il falconeinfuriato, e si tuffò anche lui.L'anatra, vedendolo sott'acqua, fece unguizzo, risalì, spiegò le ali e si mise a volare. Ilfalcone, con le penne bagnate, non riuscì aprendere il volo.Passandogli sopra, l'anatra gli disse:- Addio, falcone! Io nel tuo cielo ci so stare, matu, nella mia acqua, affoghi! - La Talpa Una talpa, sottoterra, passeggiava per le

lunghe gallerie che la sua famiglia avevascavato e ripulito in tanti anni di lavoro.Andava avanti e indietro, saliva ai pianisuperiori, scendeva nelle cantine còme seavesse avuto una vista buonissima; invece,come tutte le talpe, aveva gli occhi moltopiccoli e poca vista.Finalmente s'infilò in un cunicolo sconosciuto eseguitò a camminare.- Fermati - gridò una vocedal piano di sotto. - Codesta galleria portafuori, è pericolosa! -La talpa, invece, continuò ad andare su, finchénon si trovò dentro a un mucchio di terriccioancora fresco.Spinse il muso in alto e sbucò fuori, ma la lucedel sole, come il bagliore di un fulmine, lauccise.Anche la bugia, come la talpa, può viveresoltanto se rimane nascosta: non appena essaviene alla luce per farsi notare, muore.

La Farfalla e il Lume Un parpaglione variopinto e vagabondoandava, una sera, discorrendo nel buio,quando vide in lontananza un lumicino. Subitodrizzò le ali in quella direzione, e quandogiunse vicino alla fiamma si mise a ruo-tarleagilmente intorno guardandola con grandemeraviglia. Com'era bella!Non contento di ammirarla, il parpaglione simise in testa di fare con lei quello che faceva disolito coi fiori odorosi: si allontanò, si voltò, epuntando coraggiosamente il volo verso lafiamma le passò sopra sfiorandola.Si ritrovò, stordito, ai piedi del lume; e siaccorse, con stupore, che gli mancava unazampa e che la punta delle ali erabruciacchiata.- Che cosa mi sarà successo? - si chiese, senzariuscire a trovare una ragione. Non potevaassolutamente ammettere che da una cosatanto bella, com'era quella fiamma, gli potessevenire alcun male; e perciò, dopo aver ripreso

un po' di forze, con un colpo d'ali si rimise involo.Fece alcuni volteggi, e di nuovo puntò verso lafiamma per posarvicisi sopra. E subito cadde,bruciato, nell'olio che alimentava la vividafiammella.- Maledetta luce - mormorò il parpaglione in findi vita. - Io credevo di trovare in te la miafelicità, e invece ci ho trovato la morte. Piangosul mio sciocco desiderio, perché ho conosciutotroppo tardi, e a mie spese, la tua naturapericolosa. -- Povero parpaglione - rispose il lume. - Io nonsono il sole, come tu ingenuamente credevi. Iosono soltanto un lume; e chi non sa usarmi conprudenza, si brucia. - La Pulce e il Castrone Una pulce, che abitava nel raso pelo di un

cane, senti un giorno un buon odore di lana.- Che succede? -Fece un piccolo salto e si accorse che il suocane si era addormentato sopra la pelle di uncastrone.- Quella pelliccia fa proprio al caso mio - disse lapulce. - E più grossa e più morbida, esoprattutto è più sicura. Li non c'è pericolod'incontrare le unghie e i denti del cane, cheogni tanto si mettono a cercarmi, e la pelle delcastrone sarà certamente più dolce. -Così, senza starci troppo a pensare, la pulcecambiò domicilio, passando, con un salto, dalpelo del cane alla pelliccia del castrone.Ma la lana era folta, tanto folta e grossa, chenon era facile arrivare fino alla pelle.Prova e riprova, separando con pazienza unpelo dall'altro e aprendosi con fatica un varco,la pulce arrivò fino alla radice dei peli: maquesti erano così fitti che quasi si toccavano,non lasciando alla pulce nemmeno unospiraglio da cui poter assaggiare la pelle.Stanca, sudata e delusa, la pulce si rassegnò a

ritornare sul cane; ma il cane era partito.Povera pulce! Pentita dell'errore commessopianse per giorni e giorni, e mori di fame nellagrassa pelliccia del castrone.