espansione dell'universo e legge di gravitazione...

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LE SCIENZE SCIENTIFIC -0IERICAN numero 124 dicembre 1978 anno xt volume xxt Espansione dell'universo e legge di gravitazione universale Le ipotesi che l'universo sia su larga scala omogeneo e abbia comportamento isotropo rispetto alla nostra galassia implicano la legge di Hubble e la legge di gravitazione universale di Bruno Barberis R isale agli albori delle prime civiltà la constatazione che, assieme alle stelle che all'osservazione appa- rivano non mutare di posizione fra loro, alcuni corpi celesti, chiamati per tali ragio- ni stelle erranti, si muovevano rispetto alle suddette stelle percorrendo ciascuno una traiettoria individuale. Detti oggetti celesti erano i pianeti allora noti e cioè Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. Nella concezione aristotelico-tolemai - ca dell'universo che dominò incontrastata sino a Copernico e che, nel secondo seco- lo dopo Cristo, venne codificata da Tolo- meo nell'Almagesto, la Terra era ritenuta al centro dell'universo e i pianeti, il Sole, la Luna e le stelle ruotavano attorno alla Terra. La spiegazione di questi movimen- ti era affidata all'intervento di sfere mosse da un insieme complicato di ingranaggi, necessario per giustificare il comporta- mento anomalo, a volte addirittura a cap- pio, di certe orbite, quale quella di Marte. Con Copernico (1473-1543) tramonta la concezione geocentrica dell'universo: al centro di questo viene situato il Sole attorno a cui si muovono i pianeti, com- presa la Terra che prende posto tra essi e attorno a cui si muove la Luna. Nella con- cezione copernicana, che aveva avuto nel- l'antichità un precursore in Aristarco di Samo, le stelle sono immote e si trovano a distanze incomparabilmente lontane dal Sole e dai pianeti. Lo studio sistematico delle orbite dei pianeti nel loro moto attorno al Sole è dovuto a Johannes Kepler (1571-1630), il quale, attraverso un'analisi durata quasi vent'anni dell'immensa mole di dati rac- colti tramite l'osservazione diretta da Tyco Brahe (1546-1601), pervenne alle tre celebri leggi che portano il suo nome e precisamente che le orbite descritte dai pianeti sono delle ellissi di cui il Sole oc- cupa uno dei fuochi ; che le aree percorse dai raggi congiungenti il centro del Sole con ciascun pianeta sono proporzionali ai tempi impiegati a percorrerle ; che i qua- drati dei tempi impiegati dai pianeti nel percorrere per intero le loro orbite sono proporzionali ai cubi dei semiassi maggio- ri di dette orbite. L'opera di Keplero, uni- tamente a quella, di natura essenzialmen- te sperimentale e osservativa, di Galileo (1564-1642), schiuse la via alla grande costruzione operata da Newton (1642 - 1727) e precisamente alla formulazione dei tre principi della meccanica e della legge di gravitazione universale, legge di cui Keplero aveva avuto una sia pur par- ziale intuizione e che Newton, applicando il secondo principio della dinamica, aveva direttamente dedotto per via matematica dalle tre leggi di Keplero. L'opera di Newton Enunciando i principi della dinamica e provando, alla luce di detti principi, che il moto dei pianeti intorno al Sole, il moto dei satelliti, scoperti da Galileo, attorno ai pianeti, ecc. sono regolati dalla legge di gravitazione universale. Newton aveva, nell'ambito della sua meccanica, posto le basi della cosiddetta teoria newtoniana della gravitazione e delineato quel grande capitolo che va sotto il nome di meccanica celeste, capitolo che ebbe nei tempi suc- cessivi fra i suoi massimi cultori Lagrange, Laplace, Gauss, Jacobi, Poincaré. Nella concezione newtoniana il concet- to di spazio assoluto fisicamente reperibi- le era legato alla convinzione, in parte di origine metafisica, che le stelle, e con esse il Sole, fossero «fisse» e che quindi l'uni- verso, nella sua globalità, fosse statico. L'assunzione della staticità dell'univer- so era così radicata che non valsero a smuoverla nemmeno le considerazioni di de Chéseaux (1744) e di Olbers (1823, 1826), le quali condussero al paradosso che porta il nome di Olbers: se l'universo fosse statico la notte non potrebbe essere buia. Su questo paradosso gli scienziati, e gli astronomi in particolare, non hanno riflettuto abbastanza nel secolo scorso, perché altrimenti avrebbero potuto pre- vedere teoricamente il fenomeno dell'e- spansione dell'universo cento anni prima che esso venisse scoperto tramite l'osser- vazione diretta. Scoprendo la legge di gravitazione uni- versale (confermata a livello planetario dall'osservazione astronomica al punto di permettere a J. C. Adams e U. Leverrier a metà del secolo scorso di scoprire con il puro calcolo matematico il pianeta Net- tuno e a P. Lowell di prevedere, agli inizi di questo secolo, la scoperta di Plutone, precisandone l'orbita) e ponendo le basi del calcolo differenziale e integrale, New- ton aveva preparato gli strumenti per poter sviluppare, nell'ambito della sua meccanica, una teoria cosmologica: stra- namente, nonostante i grandi progressi compiuti dall'astronomia nel XVIII e XIX secolo e il grande interesse rivolto 13

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LE SCIENZESCIENTIFIC-0IERICAN

numero 124dicembre 1978anno xtvolume xxt

Espansione dell'universo elegge di gravitazione universale

Le ipotesi che l'universo sia su larga scala omogeneo e abbiacomportamento isotropo rispetto alla nostra galassia implicanola legge di Hubble e la legge di gravitazione universale

di Bruno Barberis

R

isale agli albori delle prime civiltà laconstatazione che, assieme allestelle che all'osservazione appa-

rivano non mutare di posizione fra loro,alcuni corpi celesti, chiamati per tali ragio-ni stelle erranti, si muovevano rispetto allesuddette stelle percorrendo ciascuno unatraiettoria individuale. Detti oggetti celestierano i pianeti allora noti e cioè Mercurio,Venere, Marte, Giove e Saturno.

Nella concezione aristotelico-tolemai -ca dell'universo che dominò incontrastatasino a Copernico e che, nel secondo seco-lo dopo Cristo, venne codificata da Tolo-meo nell'Almagesto, la Terra era ritenutaal centro dell'universo e i pianeti, il Sole,la Luna e le stelle ruotavano attorno allaTerra. La spiegazione di questi movimen-ti era affidata all'intervento di sfere mosseda un insieme complicato di ingranaggi,necessario per giustificare il comporta-mento anomalo, a volte addirittura a cap-pio, di certe orbite, quale quella di Marte.

Con Copernico (1473-1543) tramontala concezione geocentrica dell'universo:al centro di questo viene situato il Soleattorno a cui si muovono i pianeti, com-presa la Terra che prende posto tra essi eattorno a cui si muove la Luna. Nella con-cezione copernicana, che aveva avuto nel-l'antichità un precursore in Aristarco diSamo, le stelle sono immote e si trovano adistanze incomparabilmente lontane dalSole e dai pianeti.

Lo studio sistematico delle orbite deipianeti nel loro moto attorno al Sole èdovuto a Johannes Kepler (1571-1630),il quale, attraverso un'analisi durata quasivent'anni dell'immensa mole di dati rac-

colti tramite l'osservazione diretta daTyco Brahe (1546-1601), pervenne alletre celebri leggi che portano il suo nome eprecisamente che le orbite descritte daipianeti sono delle ellissi di cui il Sole oc-cupa uno dei fuochi ; che le aree percorsedai raggi congiungenti il centro del Solecon ciascun pianeta sono proporzionali aitempi impiegati a percorrerle ; che i qua-drati dei tempi impiegati dai pianeti nelpercorrere per intero le loro orbite sonoproporzionali ai cubi dei semiassi maggio-ri di dette orbite. L'opera di Keplero, uni-tamente a quella, di natura essenzialmen-te sperimentale e osservativa, di Galileo(1564-1642), schiuse la via alla grandecostruzione operata da Newton (1642 -1727) e precisamente alla formulazionedei tre principi della meccanica e dellalegge di gravitazione universale, legge dicui Keplero aveva avuto una sia pur par-ziale intuizione e che Newton, applicandoil secondo principio della dinamica, avevadirettamente dedotto per via matematicadalle tre leggi di Keplero.

L'opera di Newton

Enunciando i principi della dinamica eprovando, alla luce di detti principi, che ilmoto dei pianeti intorno al Sole, il motodei satelliti, scoperti da Galileo, attorno aipianeti, ecc. sono regolati dalla legge digravitazione universale. Newton aveva,nell'ambito della sua meccanica, posto lebasi della cosiddetta teoria newtonianadella gravitazione e delineato quel grandecapitolo che va sotto il nome di meccanicaceleste, capitolo che ebbe nei tempi suc-

cessivi fra i suoi massimi cultori Lagrange,Laplace, Gauss, Jacobi, Poincaré.

Nella concezione newtoniana il concet-to di spazio assoluto fisicamente reperibi-le era legato alla convinzione, in parte diorigine metafisica, che le stelle, e con esseil Sole, fossero «fisse» e che quindi l'uni-verso, nella sua globalità, fosse statico.

L'assunzione della staticità dell'univer-so era così radicata che non valsero asmuoverla nemmeno le considerazioni dide Chéseaux (1744) e di Olbers (1823,1826), le quali condussero al paradossoche porta il nome di Olbers: se l'universofosse statico la notte non potrebbe esserebuia. Su questo paradosso gli scienziati, egli astronomi in particolare, non hannoriflettuto abbastanza nel secolo scorso,perché altrimenti avrebbero potuto pre-vedere teoricamente il fenomeno dell'e-spansione dell'universo cento anni primache esso venisse scoperto tramite l'osser-vazione diretta.

Scoprendo la legge di gravitazione uni-versale (confermata a livello planetariodall'osservazione astronomica al punto dipermettere a J. C. Adams e U. Leverrier ametà del secolo scorso di scoprire con ilpuro calcolo matematico il pianeta Net-tuno e a P. Lowell di prevedere, agli inizidi questo secolo, la scoperta di Plutone,precisandone l'orbita) e ponendo le basidel calcolo differenziale e integrale, New-ton aveva preparato gli strumenti perpoter sviluppare, nell'ambito della suameccanica, una teoria cosmologica: stra-namente, nonostante i grandi progressicompiuti dall'astronomia nel XVIII eXIX secolo e il grande interesse rivolto

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Questa xilografia del Cinquecento raffigura un uomo che, giunto aiconfini della Terra, si spinge oltre la sfera celeste per osservare imeccanismi che muovono le stelle e i pianeti. La concezione aristoteli-

co-tolemaica dominò incontrastata sino a Copernico ed ebbe strenuisostenitori anche nei secoli successivi. Il trattato De RevolutionibusOrbium Coelestium di Copernico è rimasto all'Indice sino al 1835.

alla meccanica celeste dai massimi mate-matici dell'epoca, soltanto negli ultimianni del secolo scorso un tentativo in talsenso venne compiuto a opera dell'astro-nomo tedesco H. Seeliger. Tracce di ten-tativi del genere non si trovano né nelgrande trattato in cinque volumi Tra ité demécanique céleste del massimo campionedella concezione meccanicistica dellanatura, Pierre Simon de Laplace (1749-1827), trattato apparso fra la fine del Set-tecento e i primi decenni dell'Ottocento,né nell'altrettanto grande trattato in duevolumi Les méthodes nouvelles de méca-nique céleste di Henri Poincaré (1854-1912 ) apparso alla fine del secolo scorso,in cui si afferma che la meccanica celesteha, fra i suoi compiti, quello di verificare,nell'ambito della meccanica newtoniana,la validità della legge di gravitazione uni-versale e di vedere fino a che punto, nel-l'universo, detta legge è verificata. Traccedi un tentativo di formulare una teoriacosmologica non si trovano nemmeno

nell'altro celebre trattato di PoincaréLegons sur les hypothèses cosmogoniques,apparso agli inizi di questo secolo, nelquale sono passate in rassegna le varieteorie riguardanti la formazione del si-stema solare formulate in passato.

Il tentativo di Seeliger

Il tentativo di Seeliger, risalente al1895-1896 e quindi di poco successivoalla sconcertante esperienza di Michel-son-Morley sulla propagazione della luce,risale ancora al periodo in cui l'interastruttura della meccanica newtoniana eraaccettata senza obiezioni. E interessantenotare che il tentativo di Seeliger fallì nonper la sua formulazione nel contesto new-toniano, ma per l'assunzione che in essoveniva fatta che su larga scala l'universo,ritenuto infinito nello spazio e nel tempoe con una densità stellare mediamentecostante, fosse statico. Queste assunzioni,oltre che essere contraddette dal parados-

so di Olbers, risultavano inaccettabili dalpunto di vista della teoria newtoniana del-la gravitazione e, per ovviare a ciò, sia C.Neumann sia H. Seeliger apportaronouna modifica alla legge di gravitazioneuniversale introducendo un termine ag-giuntivo esprimente un fenomeno di re-pulsione cosmica che risulterebbe ap-prezzabile soltanto a grandi distanze e cheequilibrerebbe la forza di attrazione che siesercita fra i corpi celesti. E questo unodei tanti esempi di manomissione a cui,sin dai tempi di Newton, è stata sottopo-sta la legge di gravitazione universale, ilgrande pilastro della teoria newtonianadella gravitazione.

La necessità di modificare la legge digravitazione universale per costruire unmodello newtoniano dell'universo, ne-cessità che si sarebbe evitata rinunciandoalla concezione statica dell'universo stes-so, va vista come un fallimento del tenta-tivo fatto da Seeliger di costruire un mo-dello newtoniano dell'universo. Questo

fallimento portò a una profonda diminu-zione di interesse per la cosmologia chedurò sino a quando Einstein, vent'annidopo, iniziò l'analisi delle conseguenzecosmologiche della relatività generale,analisi che veniva imposta dalle stesseipotesi che sono alla base della teoria,riguardanti lo spazio, il tempo, la materiae l'energia. Va comunque detto che laconvinzione che l'universo fosse nella suaglobalità statico agli inizi di questo secoloera ancora talmente radicata che Einsteinstesso, per non porla in dubbio e per potercostruire in accordo con essa la sua teoria,modificò le equazioni gravitazionali chene sono alla base con un termine corretti-vo, il cosiddetto termine cosmologico, chesvolge un ruolo totalmente analogo aquello svolto dal termine introdotto nellalegge di gravitazione universale da Neu-mann e Seeliger. Detto termine venneripreso nel modello cosmologico relativi-stico sviluppato quasi contemporanea-mente da de Sitter, modello non aderentealla realtà in quanto in esso la densità me-dia della materia risulta nulla, che è comedire che l'universo risulterebbe vuoto.

L'opera di Hubble

Risale essenzialmente a ChristianHuygens (1629-1695) la conclusione cheil Sole non è altro che una delle innume-revoli stelle che popolano l'universo,mentre la prima osservazione che le stellesono in movimento è dovuta a EdmundHalley (1656-1742). I primi tentativi dimisurare le distanze delle stelle dal Solerisalgono a Huygens e a Newton, ma èsoltanto con Friedrich Wilhelm Bessel(1784-1846) che si perviene alle primemisurazioni veramente attendibili cheprovano che la luce emessa dalle stelle, siapure le più vicine, impiega vari anni araggiungere il nostro sistema solare, tem-pi enormi (e quindi distanze enormi) separagonati ai tempi che impiega la luce apercorrere la massima distanza dalla Ter-ra alla Luna, dalla Terra o dal pianeta piùlontano, Plutone, al Sole (rispettivamentepoco più di un secondo, oltre 8 minuti ecirca 5 ore e mezza).

Con Thomas Wright (1711-1786),Immanuel Kant (1724-1804), JohannHeinrich Lambert (1728-1777) e soprat-tutto con Frederick William Herschel(1738-1822) ha inizio lo studio sistemati-co della Via Lattea, e con essa l'osserva-zione di quei corpi, per quei tempi total-mente misteriosi, chiamati nebulose, per iquali si avanzò l'ipotesi che potessero co-stituire altrettanti sistemi stellari, esternie analoghi alla Via Lattea. Il diametrodella Via Lattea - la nostra galassia -,ritenuto agli inizi di questo secolo dell'or-dine di 10 000 anni luce secondo una sti-ma fatta dai. C. Kapteyn, è ritenuto oggidell'ordine di 100 000 anni luce, mentre ilnumero delle stelle che la compongono èritenuto dell'ordine di 100 miliardi.

Risale al 1912, quando ancora non erachiaro se le nebulose a spirale (di cui era-no state scoperte varie decine di migliaia)fossero all'interno o all'esterno della ViaLattea. la prima osservazione, dovuta a

In alto, è rappresentato un modello di universo secondo la concezione tolemaica (dall'edizione del1539 della Cosmographia di Piero Apiano) e, in basso, un modello secondo la concezionecopernicana tratto dalla prima edizione (1543) del De Revolutionibus Orbium Coelestium diNicolò Copernico. Un'ipotesi eliocentrica era già stata avanzata nell'antichità da Aristarco diSamo ma non ebbe seguito e venne abbandonata in favore della concezione geocentrica.

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In questa tavola ripresa da Atlas major sive cosmographia blaviana (Amsterdam, 1662) èraffigurato Tycho Brahe a Uraniborg, il suo osservatorio in Danimarca. Ricorrendo ai suoigrandiosi strumenti che, seppure ancora privi di parti ottiche, gli permettevano di effettuaremisure con una precisione spinta al sessantesimo di grado, Brahe raccolse un'immensa mole didati che permisero a Keplero di pervenire, attraverso il loro studio, alle sue tre celebri leggi.

Il trattato Philosophiae Naturalis Principia Mathematica di Isaac Newton, pubblicato nel1687, sta alla base della matematica e della fisica moderna. In esso Newton pone i fondamentidella dinamica e realizza un programma di unificazione scientifica dell'universo fondato sullalegge di gravitazione univ ersale. da lui scoperta deducendola per via matematica dal secondoprincipio della dinamica e dalle tre leggi di Keplero. Della legge di grav itazione universale Ke-plero av ev a avuto una sia pur parziale intuizione. Scoprendo la legge di gravitazione universale eponendo le basi del calcolo differenziale e integrale, Newton aveva preparato gli strumenti per po-ter sviluppare, nell'ambito della sua meccanica, una teoria cosmologica: stranamente, nonostante igrandi progressi compiuti dall'astronomia nel XVIII e XIX secolo e il grande interesse rivolto allameccanica celeste dai massimi matematici dell'epoca, un tentativo fu compiuto solo alla fine del 1800dall'astronomo tedesco 11. Seeliger. Isaac Newton appare qui in un ritratto di Charles Jervas.

V. M. Slipher, che esse sono in movimen-to. Negli anni successivi si scopre che laquasi totalità delle nebulose a spirale simuove di moto recessivo; nel 1924 EdwinPowell Hubble (1889-1953) prova defi-nitivamente che esse sono esterne allanostra galassia, ossia che costituisconoaltrettante galassie; nel 1929 formula lasua celebre legge: la velocità di fuga v diuna galassia è proporzionale alla sua di-stanza d dalla nostra galassia: v = hd,secondo il fattore di proporzionalità h,noto come «costante di Hubble».

Una tale legge lascia da un lato intuireche in un lontano passato le galassie fos-sero ammassate l'una sull'altra; d'altrolato però pare porre in una posizione diprivilegio di tipo tolemaico la nostra ga-lassia, quale centro dell'universo. Unatale conclusione, ben difficilmente accet-tabile, è subito accantonabile osservando(si veda in proposito l'articolo Cesserà l'e-spansione dell'universo? di J. R. Gott III,J. E. Gunn, D. N. Schramm e B. M. Tin-sley, in «Le Scienze», n. 95, luglio 1976)che una legge di espansione in cui la velo-

cità di fuga sia proporzionale alla distanzaimplica che ogni galassia possa essereconsiderata come centro di espansione. Équesta constatazione, unitamente all'al-tra che l'universo è su larga scala media-mente omogeneo, che ha portato allaformulazione del celebre principio co-smologico: l'universo, a un dato istante,presenta lo stesso aspettò da qualunqueparte lo si osservi, principio su cui si fon-dano i principali modelli cosmologici chesono stati finora sviluppati e che, tra l'al-tro, con l'aggiunta che l'aspetto dell'uni-verso sia il medesimo a ogni istante, è allabase della celebre teoria dello stato sta-zionario, ormai in pieno abbandono. Écomunque il caso di ricordare che questateoria, oltre a non fornire una spiegazioneveramente accettabile del perché l'uni-verso si espanda, non potendo negare chedetto fenomeno avvenga, deve ammettereche a ogni istante si crei materia dal nulla.

I modelli cosmologici relativistici

Nei decenni successivi alla formulazio-ne della relatività generale da parte diEinstein si ebbero i grandi sviluppi dellacosmologia relativistica, con un totaleabbandono di ogni tentativo di formulareun modello cosmologico di tipo newto-niano. Tra questi sviluppi emerge il fon-damentale contributo di AlexanderFriedmann (1888-1925). Negli anni1922, 1924, e quindi vari anni prima cheHubble formulasse la sua celebre legge,Friedmann, abbandonando la concezioneche l'universo fosse statico e ritenendolo,semplicemente, in accordo con quantoafferma il principio cosmologico, omoge-neo e isotropo (si veda per la precisazionedi tali concetti l'articolo già citato di Gott,Gunn, Schramm e Tinsley), pervenne conil puro calcolo matematico a un'interaclasse di soluzioni delle equazioni di Ein-stein, private dell'ipotetico e ambiguotermine cosmologico. Queste soluzioniimplicano che l'universo si espanda se-condo una legge che sostanzialmente èquella di Hubble. Il fenomeno dell'espan-sione, con la legge che la regola, è statopertanto scoperto teoricamente, ricor-rendo alla relatività generale, prima chel'osservazione astronomica ne fornisseuna definitiva conferma.

L'opera avviata da Friedmann, ripresada G. Lemaitre e proseguita attraverso leindagini teoriche di H. P. Robertson e A.G. Walker, ha portato alla classificazionedei vari modelli cosmologici relativisticidi cui si parla nell'articolo citato di Gott,Gunn, Schramm e Tinsley e al quale per-tanto si rimanda. In tale articolo, tra l'al-tro, si afferma che «rimane aperto il pro-blema se l'espansione continuerà persempre oppure se le galassie, che ora siallontanano, si arresteranno un giorno einvertiranno il loro moto, cadendo allafine una sull'altra in un immane collasso.Risolvere questo problema significa de-terminare quale sia la geometria dell'uni-verso, cioè la natura dello spazio e deltempo. Se l'espansione procederà indefi-nitamente, allora l'universo è" aperto "einfinito; se un giorno avrà termine e in-

vertirà la sua direzione, allora l'universo è"chiuso "e di estensione finita. Per deci-dere fra queste possibilità gli astronomicostruiscono modelli matematici dell'u-niverso e cercano poi di trovare caratteri-stiche osservabili dell'universo fisico chesiano capaci di confermare uno dei mo-delli e di escludere tutti gli altri.»

È evidente che queste affermazionivanno considerate inserite nel contestodella relatività generale: più precisamen-te, nel contesto dei modelli cosmologicirelativistici, come d'altra parte è naturale,visto l'indiscutibile successo dei risultatidi Friedmann, Robertson e Walker e l'e-leganza e la perfezione dei modelli rap-presentati da tali risultati, risultati chehanno profondamente influenzato e in-fluenzano più che mai oggi gli sviluppiteorici della cosmologia, intesa come stu-dio su larga scala dell'universo, al puntoda far ritenere «eretiche» quelle teoriefondate su modelli cosmologici che nonrientrano nel contesto della relativitàgenerale e addirittura «ingenue» (naivecosmologies) quelle più elementari, qualepuò essere una teoria fondata sulla teorianewtoniana della gravitazione.

La cosmologia newtonianadi Milne e McCrea

Una teoria siffatta, alla luce della sco-perta che l'universo, lungi dall'essere sta-tico, è in espansione, venne sviluppata nel1934 da E. A. Milne e W. H. McCrea.Milne in proposito scrisse: «Sembra siasfuggita l'osservazione che il fenomenodell'espansione dell'universo, ritenutosino a oggi spiegabile unicamente nel-l'ambito della teoria generale della relati-vità, in realtà poteva essere previsto daifondatori della fluidodinamica del secoloscorso, addirittura da Newton stesso...Tutto quello che occorre è la teoria new-toniana della dinamica e della gravitazio-ne, combinata con l'equazione di conti-nuità. Né la relatività speciale, né la rela-tività generale sono necessarie.»

Milne e McCrea provarono che, conuna conveniente interpretazione dei risul-tati che si ottengono, la cosmologia new-toniana presenta profonde analogie conla cosmologia relativistica, al punto chenel 1952 Hermann Bondi (formulatoreassieme a T. Gold della teoria dello statostazionario) scrisse al riguardo dei lavoridi Milne e McCrea: «Questa nuova for-mulazione del vecchio argomento è alta-mente interessante perché, nonostante ilnostro attuale rifiuto di varie premessedella teoria newtoniana, essa rivela granparte degli aspetti essenziali della cosmo-logia relativistica senza complessità ma-tematiche.»

Va detto che, nel porre i fondamentiper una trattazione newtoniana dellacosmologia, Milne e McCrea nel 1934 sisono posti nell'ipotesi che l'universo siestenda a tutto Io spazio. Essi ritengonoinerziale il riferimento che introducono,riferimento con l'origine in un elementoqualunque dell'universo, e, consideratoun qualunque elemento P di questo, ri-tengono nulla, agli effetti del moto di P,

l'azione esercitata da quella parte dell'u-niverso esterna alla sfera passante per P eavente il centro nell'origine del riferimen-to. Senza affatto curarsi se tali assunzionisono lecite o meno, ossia se corrispondo-no o meno alla realtà, essi scrivono poil'equazione del moto di P ricorrendo allateoria newtoniana della gravitazione.

Nel 1954 D. Layzer, criticando aspra-mente, ma non per le ragioni suddette, lateoria sviluppata da Milne e McCrea,negò la possibilità di formulare una teoriacosmologica newtoniana con l'universoche si estende a tutto lo spazio. Layzer alriguardo asserì che «la teoria di Milne eMcCrea è inconsistente, essendo incom-patibile con la concezione newtonianadella gravitazione, che essa cerca di in-corporare», e, partendo dall'osservazione

che, la distribuzione della materia nell'u-niverso non definisce direzioni privilegia-te, trasse la conclusione, invero insosteni-bile, che «la forza gravitazionale specificasvanisce ovunque». Scomparso ormaiMilne, McCrea, sotto l'influenza dellesuddette critiche, rinunciò esplicitamentealla possibilità di una rigorosa trattazione,in un contesto strettamente newtoniano,di una teoria cosmologica newtoniana conl'universo illimitato.

La costante di Hubble

A due anni di distanza dalla formula-zione della sua legge, formulazione in cuiper il parametro h era stato ottenuto ilvalore medio di circa 550 chilometri alsecondo per megaparsec (un megaparsec,

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60x103

CORONA BOREALE

• ORSA MAGGIORE

ERCOLE

VERGINE10 92x109 3x109

DISTANZA (ANNI LUCE)

4x10'

Il pianeta Nettuno, che appare in questa fotografia eseguita con il telescopio da 2 metri delMcDonald Observatory di Fort Davis (Texas), insieme ai suoi due satelliti, Tritone (vicinissimoal pianeta) e Nereide (indicato dalla freccia) venne scoperto da J. C. Adams e da U. Leverrierverso la metà del secolo scorso ricorrendo al puro calcolo matematico. La scoperta di Nettunofornì una grande conferma della validità a livello planetario della legge di gravitazione universale.La luce, che impiega poco più di un secondo a percorrere la distanza media dalla Luna alla Terra,impiega oltre 4 ore a percorrere la distanza media di Nettuno dal Sole. Queste distanze diventano,però, irrisorie se vengono paragonate anche soltanto a quelle che separano le stelle più vicine dalnostro sistema planetario, distanze che richiedono alla luce vari anni per percorrerle. Le stellepiù lontane della nostra galassia distano dal Sole varie decine di migliaia di anni luce.

La galassia di Andromeda (M 31), fotografata qui con il telescopio Schmidt dell' Osservatorioastronomico di Asiago, appartiene all'ammasso locale e la sua distanza dalla nostra galassia èdell'ordine di 2,5 milioni di anni luce. Di diametro circa doppio di quello della nostra galassia, ilnumero di stelle che la compongono è dell'ordine di 200 miliardi. È la prima galassia per la qualesia stata misurata una velocità radiale e, in contrasto con la legge di Hubble, essa si avvicinaalla nostra galassia. L'apparente paradosso si spiega tenendo presente che la legge di Hubbleva intesa valida su grande scala, ossia quando viene applicata agli ammassi di galassie. Il mo-to di avvicinamento di M 31 è un fenomeno di tipo locale, dovuto alla mutua attrazione frale due galassie, che non rientra pertanto nel processo generale di espansione dell'universo.

Mpc, è uguale a 3,262 milioni di anniluce), Hubble, con la collaborazione di M.L. Humason, aveva portato il raggio divalidità di essa da 6 a 150 milioni di anniluce, per estenderlo qualche anno dopo,quando pubblicò il suo celebre testo TheRealm of the Nebulae, a 240 milioni.

Con l'entrata in funzione negli annicinquanta del telescopio di Monte Palo-mar, con la scoperta delle radiogalassie, econ l'affinarsi delle tecniche osservative,tale raggio di validità è stato ulteriormen-te aumentato sino a raggiungere grandez-ze dell'ordine di miliardi di anni luce.

Con l'affermarsi dei mezzi e delle tec-niche di osservazione il valore della co-stante di Hubble venne determinato nel1952 da W. Baade in 260 km s Mpc - ' enel 1956 da M. L. Humason, N. U. Mayalle A. R. Sandage in 180 kmSuccessivamente Sandage ne portò il va-lore a 75 per attribuirgli attualmente,dopo una vasta indagine svolta in collabo-razione con G. A. Tamman, quello di 50.Una diminuzione così vistosa di h, da 550a un decimo del suo valore, è dovuta a unapiù esatta valutazione delle distanze dellegalassie, distanze che attualmente risul-tano in media dieci volte superiori a quel-le inizialmente valutate da Hubble.

Va poi detto che al convegno organiz-zato a Parigi nel settembre 1976 dall'In-ternational Astronomical Union su«Redshifts and Expansion of the Univer-se», contrariamente a quanto da più partisi sperava o si presumeva, non è emersaalcuna indicazione, proveniente dalleosservazioni, che possa veramente porrein discussione la validità della legge diHubble. Sicché si può ancora affermarequanto scrisse D. W. Sciama nel 1959:«Finora non vi sono prove definitive dideviazioni dalla legge di Hubble, sebbenesiano state fatte ricerche accurate per tro-varne. L'unica variazione importante si èavuta con il riconoscimento del grossoerrore esistente nella sua scala delle di-stanze.».

Va inoltre detto al riguardo che la luceche ci perviene da una galassia distante1000 megaparsec ha impiegato 3,26 mi-liardi di anni per percorrere tale distanza.Ora l'età dell'universo è varie volte supe-riore a detto valore (si veda l'illustrazionea pagina 20 in basso) e pertanto, come sipuò constatare anche dal grafico contenu-to nell'illustrazione a pagina 21, a una taledistanza, data la lentezza dell'evoluzionegenerale dell'universo, le osservazioni ciforniscono un quadro che si può ancoraritenere corrispondente all'epoca attualedell'universo.

Comunque una certa differenza fra ilvalore attuale di h e quello corrisponden-te a 3,26 miliardi di anni fa esiste, come sivede dal grafico di pagina 19 relativamen-te all'ammasso dell'Idra e come mostra lastessa illustrazione di pagina 21, espri-mente la legge secondo cui varia h al va-riare del tempo relativamente al caso chenell'articolo di Gott, Gunn, Schramm eTinsley corrisponde al valore 1 del para-metro Q ivi considerato. In tal caso l'uni-verso si espande indefinitamente in untempo infinito e dal grafico si deduce che

se il valore attuale di h si aggira sui 50 kmS 1 Mpc-' l'universo avrebbe un'età del-l'ordine di 13 miliardi di anni.

Conseguenze matematichedelle indicazioni osservazion ali

Nel 1975 Dionigi Galletto dell'Univer-sità di Torino, anche con la collaborazio-ne dell'autore, iniziava uno studio siste-matico dei fondamenti della cosmologia,partendo, invece che dal principio cosmo-logico, dalle indicazioni fornite dalle os-servazioni astronomiche e precisamentedalle osservazioni che l'universo è su lar-ga scala, ossia a livello degli ammassi digalassie, omogeneo e che rispetto allanostra galassia ha comportamento isotro-po. Con ciò si intende dire che, rispettoalla nostra, le galassie in generale, o, piùpropriamente, gli ammassi di galassie, simuovono di moto recessivo, con velocitàpuramente radiali.

Dalle suddette due ipotesi, con consi-derazioni puramente cinematiche e preci-samente ricorrendo all'equazione di con-tinuità che traduce in termini matematiciil principio fisico della conservazione del-la massa, segue necessariamente la leggedi Hubble. Tale risultato era stato invecededotto da Milne e McCrea nel 1934 ri-correndo all'equazione fondamentaledella dinamica e alla teoria newtonianadella gravitazione. In altri termini la leggedi Hubble risulta invece una conseguenzapuramente cinematica del fatto che l'uni-verso sia omogeneo e che il suo compor-tamento sia isotropo rispetto alla nostragalassia.

Stabilito questo risultato, che sussistein ogni riferimento co-mobile, ossia inogni riferimento costituito da quattro ga-lassie lontane non complanari, Galletto -ricorrendo all'osservazione, dimostrata incollaborazione con l'autore, che la dipen-denza lineare dalle masse che figura nellalegge di gravitazione universale discendenecessariamente dal secondo e terzoprincipio della dinamica, ossia che è unaconseguenza di detti principi - ha dedottotutta una serie di teoremi che vengono quibrevemente riassunti.

Prima di tutto ha dimostrato che, con-siderato un qualunque riferimento co--mobile, la cui origine verrà indicata conO, e considerato un qualunque elementoP dell'universo, il risultante di tutte leforze esercitate su P risulta uguale all'a-zione a distanza esercitata su P da quellaparte dell'universo contenuta nella sferapassante per P e avente il centro in O. Laparte esterna a detta sfera non dà pertan-to alcun contributo a detto risultante. Inaltri termini risulta così provato, operan-do unicamente nell'ambito della mecca-nica newtoniana, un teorema che Milne eMcCrea avevano assunto come vero sen-za alcuna giustificazione, e di cui Layzeraveva negato la validità nell'ambito new-toniano, asserendo, tra l'altro, che il teo-rema si poteva ritenere vero soltanto seveniva considerato nel contesto della re-latività generale.

Osservato che l'equazione del moto diP conserva inalterata la sua forma in ogni

Da questo diagramma di Hubble relativo ad alcuni ammassi di galassie emerge chiaramente lalinearità della legge di Hubble (la velocità di fuga v è proporzionale alla distanza d). Il valoremedio del fattore di proporzionalità h («costante» di Hubble) che si ottiene dal diagramma è dicirca 50 chilometri al secondo per megaparsec (un megaparsec, Mpc, è uguale a 3,262 milioni dianni luce), in accordo con i valori più recenti determinati da A. Sandage e da G. A. Tamman(1976). Dall'ipotesi che l'universo sia su larga scala, ossia a livello degli ammassi di galassie,omogeneo e che rispetto alla nostra galassia abbia comportamento isotropo (nel senso che rispettoalla nostra le galassie, o, più propriamente, gli ammassi di galassie, si muovono di moto recessivo,con velocità puramente radiali), discende necessariamente, con considerazioni puramente eine-matiche, la legge di Hubble. Dalle suddette ipotesi si può dedurre inoltre che l'azione esercitata dauna generica galassia su un'altra è necessariamente espressa dalla legge di gravitazione universale.Pertanto l'intero processo di espansione dell'universo è regolato da detta legge e quindi l'espan-sione è soltanto dovuta alle velocità residue derivanti da un'esplosione verificatasi nel lontanopassato, il «big bang». (Si veda in proposito l'articolo Cesserà l'espansione dell'universo? di J.R. Gott III, J. E. Gunn, D. N. Schramm e B. M. Tinsley in «Le Scienze», n. 95, luglio 1976).

Per l'ammasso di galassie nella costellazione di Ercole, qui fotografato con il telescopio di 5 me-tri di Monte Palomar, le distanze dalla nostra galassia sono dell'ordine di 350 milioni di anni lucee le velocità di allontanamento di 5000 km s- 1 . I corpi più luminosi sono stelle della nostra galassia.

1819

- 300

E

Lumin- 200m

2-1 150

O 100

75

50

25

2 6 10 14TEMPO (MILIARDI DI ANNI)

Il grafico illustra la legge secondo cui decresce la costante di Hubble (h) al crescere del tempo (t)nel caso in cui l'energia meccanica dell'universo risulti nulla, ossia relativamente al caso in cuinell'articolo di Gott, Gunn, Schramm e Tinsley citato corrisponde al valore 1 del parametro Q iviconsiderato. In tal caso dal grafico si deduce che se il valore attuale di h è di 50 km s-' Mpc-', l'etàdell'universo è di circa 13 miliardi di anni. La trattazione matematica è particolarmente semplice.Le leggi secondo cui variano h e /i (ossia la densità media dell'universo) al variare di t risultanoespresse da h = 2 / (3 t), = 11 (62z kt), con k costante di gravitazione universale.

18 22

•1. ••

•• •

•4

••

• •

Per questo ammasso di galassie nella costellazione della Corona Boreale, fotografato con il te-lescopio di 5 metri di Monte Palomar, le distanze dalla nostra galassia sono ritenute oggi del-l'ordine di 1,4 miliardi di anni luce e le velocità di allontanamento dell'ordine di 21 000 km s-',in pieno accordo con quanto indica la legge di Hubble, con il valore di 50 km s-' Mpc- 1 per la co-stante di Hubble. Si veda a questo proposito anche il grafico riportato a pagina 19, in alto.

6 8 10 12 14 16 18TEMPO (MILIARDI DI ANNI)

Il grafico illustra la legge secondo cui decresce la densità media (/2) dell'universo al crescere deltempo (t), in corrispondenza ai tre valori della costante di Hubble (h ) qui indicati. Ad esempio perh = 50 km s-' Mpc- 1 (il valore più attendibile secondo Sandage e Tamman) e per un valore attualedella densità media di 5 = 10-3 ' g cm-3 si deduce dal grafico che l'età dell'universo è dell'ordine di17 miliardi di anni. Per un valore della densità dieci volte superiore (si tenga presente che il valoredella densità media dell'universo, come anche il valore della costante di Hubble, è ancora oggipiuttosto mal conosciuto) si ottiene come età dell'universo un valore di circa 13 miliardi di anni.

riferimento co-mobile, pur essendo que-sti riferimenti accelerati l'uno rispetto al-l'altro, si può concludere che nell'univer-so tutti i riferimenti co-mobili sono, siadal punto di vista cinematico che da quel-lo dinamico, equivalenti, nel senso che siala legge di Hubble sia l'equazione delmoto conservano inalterata la loro formain ognuno di tali riferimenti. In altri ter-mini l'universo ha lo stesso comporta-mento in ogni riferimento co-mobile etale comportamento è quello che avrebbese il riferimento considerato fosse inerzia-le. Tale risultato non significa però affattoche due riferimenti co-mobili, pur essen-do in moto traslatorio l'uno rispetto all'al-tro, siano in moto traslatorio uniforme.

Dai suddetti risultati segue l'equazioneesplicita del moto di P - equazione che erastata scritta da Milne e McCrea ricorren-do alla teoria newtoniana della gravita-zione - e da detta equazione si deduceche P si muove come se la massa M dellaparte dell'universo contenuta nella sferapassante per P e avente per centro O fosseconcentrata in detto centro e la forza spe-cifica (forza per unità di massa) esercitatasu P da O fosse proporzionale a M e in-versamente proporzionale al quadratodella distanza. Infine segue che l'azione adistanza che si esercita fra elementi gene-rici dell'universo è espressa dalla legge digravitazione universale.

In ogni trattazione riguardante la co-smologia newtoniana questo risultato èstato assunto sino a oggi come punto dipartenza, assieme alla teoria newtonianadella gravitazione. Nella teoria sviluppatada Galletto esso è invece una conseguen-za delle assunzioni fatte per l'universo,assunzioni che sono indicate dall'osserva-zione astronomica e che si riducono sem-plicemente all'omogeneità e al compor-tamento isotropo rispetto alla nostra ga-lassia.

Soltanto quando la presente teoria eraa uno stato piuttosto avanzato, Galletto èvenuto a conoscenza di un tentativo, risa-lente al 1973 e dovuto a P. T. Landsberg,di deduzione della legge di gravitazioneuniversale dalla legge di Hubble. Un at-tento esame del lavoro ne rilevava peròl'aspetto tautologico, come hanno dimo-strato in due lavori Galletto e l'autore.

Riassumendo, si può concludere: siail riferimento co-mobile con l'origine

nel baricentro G della nostra galassia.Dalle ipotesi, verificate dall'osservazioneastronomica, che su larga scala l'universosia omogeneo e che abbia comportamen-to isotropo rispetto a ZG necessariamentesegue: «la legge di Hubble», la quale èverificata non solo rispetto al riferimento

ma rispetto a ogni riferimento co-mo-bile; «la legge di gravitazione universa-le», nel senso che l'azione esercitata dauna generica galassia su un'altra è neces-sariamente espressa dalla legge di gravi-tazione universale; rispetto a un qualsiasiriferimento co-mobile Zo la forza risul-tante che agisce su una qualsiasi galassia Pè uguale all'azione gravitazionale eserci-tata su P da quella parte dell'universocontenuta nella sfera di centro O e pas-sante per P; tutti i riferimenti co-mobili

sono tra loro equivalenti, nel senso chel'universo ha, sia dal punto di vista cine-matico che da quello dinamico, lo stessocomportamento rispetto a essi; in partico-lare, il riferimento co-mobile con l'origi-ne nel baricentro della nostra galassia puòessere considerato inerziale.

La legge di gravitazione universalee sua validità su scala extragalattica

Come è stato detto, dalle sole ipotesi,suggerite dall'osservazione astronomica,che l'universo sia omogeneo e che abbiacomportamento isotropo rispetto allanostra galassia, necessariamente segue lalegge di Hubble. In questo contesto essaperde pertanto quell'aspetto empiricoche Hubble stesso le aveva attribuito.Inoltre dalle suddette ipotesi segue chel'azione esercitata da ogni generica galas-sia su un'altra è necessariamente espressadalla legge di gravitazione universale eche pertanto l'intero processo di espan-sione dell'universo è regolato da dettalegge. L'espansione, contrariamente aun'opinione piuttosto diffusa che l'attri-buirebbe a una sorta di repulsione cosmi-ca, è soltanto dovuta alle velocità residuederivanti da un'esplosione verificatasi nellontano passato (il «big-bang»: si veda inproposito l'articolo di Gott, Gunn,Schramm e Tinsley già citato). E questevelocità vanno rallentando gradualmentesotto l'influsso della gravitazione.

Il suddetto risultato costituisce poi laprima verifica su scala extragalattica dellalegge di gravitazione universale, verifica-ta sino a oggi soltanto su scala planetariao, al più, a livello di comportamento dellestelle binarie.

Alla luce dei suddetti risultati, la co-smologia newtoniana si rivela perfetta-mente valida, e perde pertanto quell'a-spetto di naive cosmology a essa attribuitodai cultori delle sofisticate teorie relativi-stiche. Detti cultori, in generale, ricono-scono soltanto che la cosmologia newto-niana può al più fornire risultati che rive-lano analogie formali con quelli ottenutiricorrendo ai modelli relativistici. Ciò èdovuto al fatto che la cosmologia newto-niana è stata sino a oggi sviluppata assu-mendo come punto di partenza la legge digravitazione universale e, più in generale,i fondamenti della teoria newtoniana del-la gravitazione, invece che dedurre questiper via matematica dalle indicazioni for-nite dall'osservazione astronomica.

Circa l'aspetto di naive cosmology che èstato attribuito alla cosmologia newto-niana, la posizione di Bondi è significati-va: dopo aver affermato, nel suo bel trat-tato Cosmology, che la formulazione diMilne e McCrea è altamente interessante,in seguito alle critiche mosse da Layzerconcluse, nella seconda edizione, del1960, che «la teoria newtoniana serve sol-tanto come illustrazione, sia pure utilis-sima, a causa della sua stretta analogiacon la cosmologia relativistica. Molteformule della teoria generale della relati-vità stabilite ricorrendo al complicato cal-colo tensoriale diventano molto più chia-re ricordando l'interpretazione newto-

niana delle formule. Nonostante ciò, ogginon vale praticamente più la pena di con-frontare la teoria newtoniana con le os-servazioni, poiché è noto che la formula-zione newtoniana è indifendibile».

Un'eccezione a questa posizione, de-terminatasi nei riguardi della cosmologianewtoniana in seguito alle critiche mosseda Layzer, è rappresentata dalla posizio-ne assunta in un lavoro del 1961 da C.Callan, R. H. Dicke e P. J. E. Peebles. (Alnome di Dicke e Peebles è legata la spie-gazione della scoperta, fatta nel 1965 daA.A. Penzias e R. W. Wilson, della radia-zione di fondo nella banda delle microon-de, residuo del «big-bang», di cui si parlanell'articolo citato di Gott, Gunn,Schramm e Tinsley). Non curandosi dellesuddette critiche e considerando essen-zialmente il significato fisico della cosmo-logia newtoniana, Callan, Dicke e Pee-bles scrissero: «É raramente messo inevidenza che la relatività generale nonspiega o predice l'espansione dell'univer-so più di quanto non faccia la meccanicanewtoniana... Non ci sono forze misterio-se tendenti a disgregare gli ammassi digalassie. Inoltre la dinamica dell'espan-sione dell'universo non richiede nemme-no l'intervento della relatività generaleper la sua discussione... Più importanteancora, la trattazione classica della co-smologia non è né una grezza approssi-mazione del corretto calcolo fatto in ter-mini relativistici, né un fantasioso mon-taggio abilmente inventato per rassomi-gliare alla realtà. Essa costituisce una di-scussione completamente corretta di certiaspetti del problema cosmologico. Moltotempo fa Milne e McCrea mostrarono che

la meccanica newtoniana è in grado didescrivere l'universo. Tuttavia non sem-bra sia stato generalmente riconosciutoche tale classica trattazione non costituivala dinamica di un grezzo modello classicodell'universo, ma era piuttosto una tratta-zione completamente corretta dell'uni-verso reale».

E senza prevedere che nel contesto del-la meccanica newtoniana, ricorrendo sol-tanto ai semplici dati forniti dalle indica-zioni astronomiche - e quindi senza farricorso alla teoria newtoniana della gravi-tazione è possibile dedurre la cosmolo-gia newtoniana, Callan, Dicke e Peeblesconcludevano: «Non c'è niente di miste-rioso nel moto delle galassie... La mecca-nica newtoniana è adeguata a spiegarne ilmoto. Lo spazio cosmologico non ha ten-denze centrifughe che minacciano di di-sgregare gli ammassi di galassie e l'espan-sione dell'universo non è conseguenza diuno spazio che espandendosi spinge lon-tano le galassie».

Ovviamente occorre dire che l'interaformulazione della cosmologia newto-niana, perfettamente valida a «livello lo-cale», ossia per distanze fino all'ordine dimille megaparsec, deve essere ora riesa-minata tenendo conto di altri fatti osser-vazionali, quali quelli legati alla scoperta,risalente agli anni sessanta, di oggetti ce-lesti che presentano grandi spostamentidelle righe spettrali verso il rosso (quasar)e, più in generale, quelli legati alle pro-prietà della propagazione della luce. Éappunto questo il programma che il grup-po dell'Istituto di fisica matematica del-l'Università di Torino diretto da DionigiGalletto sta sviluppando attualmente.

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