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Mandraffino – 06-03-2017 Embolia polmonare Embolia polmonare Definizione ed eziopatogenesi L'embolia polmonare è l'occlusione di uno o più vasi arteriosi polmonari dovuta a sostanze di diversa natura fisica. L'occlusione consiste nell'arresto del circolo, cioè nell'impossibilità del sangue di raggiungere i vasi a valle rispetto all'occlusione. E questi vasi quali sono? I capillari polmonari, che sono capillari un po' particolari, che si trovano in un contesto un po' particolare che è quello dell'interfaccia alveolo-capillare e che hanno il compito dal punto di visto meccanismo/fisiologico di permettere gli scambi gassosi tra il sangue e gli alveoli e viceversa, perché gli scambi gassosi sono bidirezionali. E perché sostanze di diversa natura? Perché nel 97% dei casi si parla di emboli trombosi. Nella restante possono essere adiposi, gassosi, di liquido amniotico. Quali sono le condizioni che rendono attuale il rischio e di tromboembolismo e di embolia polmonare? Pregessa emobolia polmonare – al primo posto! Se il paziente ha già avuto un'EP perché non dovrebbe poterla riavere?; interventi chirurgici; l'allettamento/l'immobilizzazione; la trombofilia; la gravidanza; gli anticoncezionali estrogenici; le malattie infettive (non è poi tanto frequente); la patologia oncologica attiva; l'obesità; traumi validi con esposizione di osso o con traumi penetranti particolarmente profondi; CVC (catetere venoso centrale); e, fatto di rischio non modificabile, l'età. Sono anche a rischio soggetti che fanno uso di sostanze per via iniettiva, perché nelle sostenze che vengono iniettate nel circolo ematico, ci possono essere degli insolubili che possono accumularsi a livello dei vasi polmonari. Tra le condizioni cliniche che determinano un aumento del rischio, si ricordino: lo scompenso cardiaco; l'insufficienza respiratoria; la patologia infettiva soprattutto se respiratoria; le patologie reumatiche. Tutte queste condizioni condividono stati di ipercoaguabilità, condizioni che cronicamente determinano circoli viziosi in cui c'è la flogosi, in cui c'è il danneggiamento endoteliale. Lo stato di ipercoaguabilità è legato a tante cose: all'attivazione del TF, all'esposizione del TF endoteliale, all'attivazione MCP1, all'attivazione del PAI e di altri sistemi che portano poi ad uno stato di ipercoaguabilità che può giustificare la comparsa di EP. L'hemocloth (coagulo ematico) che si trova nei vasi polmonari, nella stragrande maggioranza dei casi deriva dalle vene cave, per lo più dalla vena cava inferiore. Perché il sangue deriva dalle porzioni più declivi, più precisamente dagli arti inferiori. Perché nella maggior parte dei casi, il tromboembolismo polmonare deriva dalla formazione di un trombo nei distretti inferiori, soprattutto negli arti inferiori, e questa condizione si configura come trombosi venosa profonda (TVP) che per 1

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Mandraffino – 06-03-2017

Embolia polmonareEmbolia polmonare

Definizione ed eziopatogenesi

L'embolia polmonare è l'occlusione di uno o più vasi arteriosi polmonari dovuta a sostanze didiversa natura fisica. L'occlusione consiste nell'arresto del circolo, cioè nell'impossibilità del sanguedi raggiungere i vasi a valle rispetto all'occlusione. E questi vasi quali sono? I capillari polmonari,che sono capillari un po' particolari, che si trovano in un contesto un po' particolare che è quellodell'interfaccia alveolo-capillare e che hanno il compito dal punto di visto meccanismo/fisiologicodi permettere gli scambi gassosi tra il sangue e gli alveoli e viceversa, perché gli scambi gassosisono bidirezionali. E perché sostanze di diversa natura? Perché nel 97% dei casi si parla di embolitrombosi. Nella restante possono essere adiposi, gassosi, di liquido amniotico.

Quali sono le condizioni che rendono attuale il rischio e di tromboembolismo e di emboliapolmonare?

• Pregessa emobolia polmonare – al primo posto! Se il paziente ha già avuto un'EP perché nondovrebbe poterla riavere?;

• interventi chirurgici;• l'allettamento/l'immobilizzazione;• la trombofilia;• la gravidanza;• gli anticoncezionali estrogenici;• le malattie infettive (non è poi tanto frequente);• la patologia oncologica attiva;• l'obesità;• traumi validi con esposizione di osso o con traumi penetranti particolarmente profondi;• CVC (catetere venoso centrale);• e, fatto di rischio non modificabile, l'età.

Sono anche a rischio soggetti che fanno uso di sostanze per via iniettiva, perché nelle sostenzeche vengono iniettate nel circolo ematico, ci possono essere degli insolubili che possonoaccumularsi a livello dei vasi polmonari.

Tra le condizioni cliniche che determinano un aumento del rischio, si ricordino:• lo scompenso cardiaco;• l'insufficienza respiratoria;• la patologia infettiva soprattutto se respiratoria;• le patologie reumatiche.

Tutte queste condizioni condividono stati di ipercoaguabilità, condizioni che cronicamentedeterminano circoli viziosi in cui c'è la flogosi, in cui c'è il danneggiamento endoteliale. Lo stato diipercoaguabilità è legato a tante cose: all'attivazione del TF, all'esposizione del TF endoteliale,all'attivazione MCP1, all'attivazione del PAI e di altri sistemi che portano poi ad uno stato diipercoaguabilità che può giustificare la comparsa di EP.

L'hemocloth (coagulo ematico) che si trova nei vasi polmonari, nella stragrande maggioranza deicasi deriva dalle vene cave, per lo più dalla vena cava inferiore. Perché il sangue deriva dalleporzioni più declivi, più precisamente dagli arti inferiori. Perché nella maggior parte dei casi, iltromboembolismo polmonare deriva dalla formazione di un trombo nei distretti inferiori, soprattuttonegli arti inferiori, e questa condizione si configura come trombosi venosa profonda (TVP) che per

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lo più interessa le gambe, cioè dal ginocchio in giù, cioè il distretto distale. Però, per quantoriguarda il rischio di tromboemolismo, più che il distretto distale, è importante il distrettoprossimale, cioè la coscia, dal ginocchio in su. È meno frequente che TVP si verifichi nel distrettoprossimale degli arti inferiori, però è più probabile che un trombo a tale livello embolizzi, rispettoad un trombo sito nel distretto distale degli arti inferiori. Quindi, su 100 casi di TVP, 70-80 diquesti, se non anche di più (perché molti rimangono anche non diagnosticati – la TVP è spessosottodiagnosticata) interessa il circolo distale. Però, se si considera il fenomeno tromboembolismo,nella gran parte dei casi l'origine è anche prossimale.

Il trombo, comunque formatosi, può determinare la formazione di un embolo trombotico che poisi ferma nei vasi di calibro più piccolo, che sono proprio quelli della circolazione polmonare, che fada filtro.

Ma sono possibili altri meccanismi – seppur meno frequenti – che riconoscono altre cause cheescludono il coinvolgimento del sistema cavale. E sono due i casi.

Primo caso: esistenza di difetto interatriale o di altri difetti. In questo caso, è possibile che l'EP siverifichi anche in soggetti giovani. Il discorso è statistico. Non è che sia più frequente nel giovaneche con difetto interatriale ci sia EP; è che il soggetto giovane con difetto interatriale o con difettointerventricolare vada incontro più precocemente ad EP. Quindi, quando c'è EP in un soggettogiovane, val la pena di andare a cercare un difetto di comunicazione delle camere destre e sinistresia atriali sia ventricolari.

Secondo caso – ma è anche possibile che non ci sia il difetto. E allora cosa può succedere? Inquale condizione può succedere che ci sia una EP che non viene dal distretto venoso? Ad esempio,condizione abbastanza infrequente, più che la placca aterosclerotica o l'aterotrombo, è possibile chenelle suddette condizioni (malato oncologico, malato allettato, anziano), la turbolenza nel troncopolmonare possa andare a formare de novo dei trombi che poi tendono ad avere due destini:

1. l'occlusione a cavaliere del tronco polmonare – situazione più tragica dal punto di vistaclinico. Perché? Cos'è l'occlusione a cavaliere del tronco polmonare? Entrambe lediramazioni principali dell'arteria polmonare vengono interessate dall'occlusione di circoloe quindi non c'è più perfusione polmonare;

2. trombo o aterotrombo non occludente nell'arteria polmonare, che però tende adembolizzare cronicamente – situazione che si verifica molto più frequentemente. E questimicroemboli interessano tutto il circuito polmonare.

E quale sarà la conseguenza? L'ipertensione polmonare (IP), o SIPEF, una condizione un po'strana in cui l'EP non viene quasi mai diagnosticata. Però il paziente va incontro ad unasintomatologia che è progressivamente ingravescente, spesso nell'arco di anni (e non giorni osettimane o mesi). È un esame diagnostico di secondo livello che fa porre il sospetto. Non ilcateterismo cardiaco, che è di terzo livello, così come diffusibilità di CO, spirometria e SPECT; enemmeno la radiografia del torace, che è di primo livello. Come si fa a valutare l'IP? Conl'ecocardiografia. La stima è sempre indiretta. L'ipertensione polmonare è un riscontro incidentale.Il paziente con EP cronica si presenta dispnoico e, soprattutto, con il sintomo che più incide sullacenestesi del paziente, la facile faticabilità. E normalmente, in questi casi, si consiglia un RX che ènegativo, si consiglia di fare un ECG, che è negativo. Ma il paziente continua ad essere dispnoico ead avere la faticabilità per modici sforzi. E allora si consiglia di fare una ecocardiografia.Generalmente in questi casi l'ecocardiografia dà come esito la dilatazione del ventricolo destro*. Ladilatazione del ventricolo destro comporta quasi invariabilmente l'aumento dell'insufficienzatricuspidalica**. Il peggioramento dell'insufficienza tricuspidalica ha, come ripercussione, l'aumento

* Il ventricolo destro quasi mai si ipertrofizza, a meno che non ci siano delle anomalie congenite dell'outputventricolare, e da là si può anche ipertrofizzare, ma, nel paziente adulto non si ipertrofizza mai il ventricolo destro. Ilventricolo destro si dilata – fonte: Prof. Mandraffino.

** Aumento perché l'insufficienza tricuspidalica – non si sbaglia quasi mai – il 70-80 % dei pazienti hanno questainsufficienza tricuspidalica – fonte: Prof. Mandraffino.

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della pressione intratriale destra, quindi dilatazione dell'atrio destro. Nell'atrio destro c'è il senodelle vene cave, quindi c'è ipertensione retrograda. Quindi con l'ecocardiografia si misura ventricolodestro, grado di insufficienza tricuspidalica, dimensioni della cava e si stima indirettamente lapressione polmonare. Bene, il paziente stranamente ha un ventricolo destro che è sfiancato, che simuove male, che è dilatato, che ha un volume telesistolico abbastanza importante (cioè ha residuotelesistolico), e ha la vena cava quasi fissa, poco modulabile. Quindi ha l'ipertensione polmonare!Da lì partono poi altri accertamenti: la scintigrafia, la spirometria, la diffusione della CO, chepossono portare al sospetto dell'EP cronica che poi giustamente si conferma con metodica invasivacon cateterismo, che è quello che fa diagnosi.

Epidemiologia

60000/anno, l'EP è una situazione abbastanza frequente. Questo numero è eccezionalmentesottostimato. In realtà, i pazienti che vanno incontro a EP sono più di 100000/120000 ogni anno!Però quando c'è una tendenza alla cronicizzazione o quando i sintomi sono lievi, si tende asottostimare. L'EP modesta, sporadica, subsegmentaria, tende ad autorisolversi, ma non per questo èmeno importante! Perché tende ad autorisolversi ma, alle volte, può anche peggiorare. Questodipende se i fattori di rischio su esposti, sono in qualche modo rimossi nel tempo. Il paziente che vaincontro ad un intervento chirurgico o a un trauma o a un allettamento temporaneo, può ancheandare incontro ad una embolizzazione dei vasi polmonari però, risolto il fattore di rischio con tantabuona fortuna, anche senza terapia medica, può risolvere anche l'EP. Purtroppo non è così nellamaggioranza dei casi.

Perché rimane lo stesso sottostimato il dato? Perché a volte il paziente muore senza che vengafatta diagnosi di embolia polmonare. Si tenga presente che emboli nella circolazione polmonare sitrovano nel 70-80 % delle autopsie. Non sono necessariamente la causa del decesso del pazienteperò si trovano come situazioni che accompagnano il decesso del paziente.

La prevalenza di malattia tromboembolica tende a peggiorare con il su scritto fattore di rischioimmodificabile che è l'età. Negli ultraottantacinquenni è meno frequente la malattiatromboembolica, perché il paziente longevo è tale perché probabilmente non ha un carico dimalattia che lo porti ad ammalarsi. Mentre, tra i 65 e i 75 anni, finanche agli 80 anni, in epoca dimedicalizzazione, molti pazienti riescono a raggiungere una certa età pur avendo un certo carico dimalattia, ma sono quelli che poi tendono ad ammalare sempre di più e sempre peggio. Il pazienteche già è longevo per i fatti suoi, probabilmente non avrà molti fattori di rischio e raggiungeràun'età ancora più avanzata.

La mortalità intraospedaliera di EP non è molto alta. La mortalità in senso assoluto non è moltoalta. Un paziente su tre muore se non viene medicalizzato. Signafica che due pazienti su tre,nonostante gli sforzi dei medici nel non riconoscere l'EP, riescono lo stesso a sopravvivere. Perquanto riguarda invece il paziente a cui viene fatta diagnosi, la mortalità è molto bassa ed è legatasoprattutto, nella prevalenza cumulativa, ad una particolare condizione, perché l'EP si divide in duegrandi categoria:

1. EP a basso rischio di mortalità;2. EP a alto rischio di mortalità.

A cosa è legato il rischio di mortalità di EP? È legato al carico emodinamico: in base allaquantità di letto vascolare che viene escluso dal rapporto ventuloperfusorio, si hanno delleripercussioni emodinamiche che non interessano solo il ventricolo destro.

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Fisiopatologia

Un trombo a cavaliere o un grosso trombo che embolizza nei rami principali che è subito menograve della prima condizione, cosa ha come ripercussioni immediate? L'aritmia. Shockipovolemico non subito, perché il paziente non sanguina. L'ipovolemia relativa che c'è in questasituazione è vera ma fino ad un certo punto perché in questo caso il sangue tende a shuntare lacircolazione polmonare. Inoltre esistono delle condizioni di adattamento all'ipovolemia relativa,come l'aumento della frequenza cardiaca, la vasocostrizione periferica e quindi il ritorno venoso èassicurato da questi meccanismi che però penalizzano la perfusione periferica e, progressivamente,la perfusione agli organi quali rene, cervello e cuore, secondo ordine di tempo. Ovviamente lavasocostrizione interessa prima la circolazione splancnica però fegato, milza si possonoconsiderare, se c'è uno shock ipovolemico relativo, di secondaria importanza. Quando lavasocostrizione interessa il cervello, il paziente si presenta confuso, obnubilato, tendente al soporefino al coma. La vasocostrizione interessa infine la circolazione coronarica. E la vasocostrizionecoronarica è una delle due condizioni che sono la causa principale della mortalità in questi pazienti.Quando un paziente va incontro ad una drastica riduzione della portata coronarica, si instaural'acidosi tissutale, più legata ad un fatto periferico, e che contribuisce ad una evenienza clinica, tracui l'angina (però di angina non si muore), e non alla necrosi, per la quale ci vogliono ore perché siinstauri, bensì all'aritmia. Il problema è l'aritmia. E qual è quell'altra causa meccanica chepredispone all'aritmia nel paziente? Così come può succedere cronicamente nella SIDEF (dove lacronicizzazione si può verificare nell'arco di 10 anni), può succedere iperacutamente nell'arco di 6-7minuti. C'è l'overload del ventricolo destro. Il ventricolo destro si dilata improvvisamente perché haun pressione a valle molto elevata, visto che il ventricolo destro lavora con pressioni da 10 a 25mmHg. Ma, se si chiude la porta, perché c'è un trombo che occlude o il ramo principale o più di unodei rami che si dipartono dal tronco, c'è comunque un importante overload, che porta ad unadilatazione ventricolare destra. Ma, quando un ventricolo di dilata improvvisamente, soprattutto inuna condizione di ipoperfusione e di acidosi tissutale, si crea il substrato per l'aritmia. Le aritmieche portano il soggetto a morte il soggetto con EP sono due:

1. la tachicardia ventricolare (e)2. la fibrillazione ventricolare,

che danno tempistiche diverse di sopravvivenza. Il blocco atrioventricolare è più legato almeccanismo dell'ischemizzazione, che tende a portare ad un malfunzionamento al nodoatrioventricolare da ipoperfusione, è tipico, però non si muore di questo. O per lo meno, bisognaessere molto sfortunati che non siano funzionanti contemporaneamente la parte atrioventricolare delnodo atrioventricolare che ha funzione di pacemaker, il fascio di His, i fasci di Purkinje e ilmuscolo, che comunque fino a 28-32 battiti riesce ad assicurare la contrazione.

L'EP richiede un trattamento diverso legato a questo discriminante. Il discriminante deltrattamento in urgenza o in emergenze dell'EP, da riconoscere prima che il paziente abbia l'aritmia ola dilazione (perché, in tal caso, il paziente avrabbe pochissime chance), è lo stato/lacompromissione dell'emodinamica, che si valuta con la clinica. E come si fa a capire? Con il polso,la pressione, la frequenza, la saturazione, il grado di dispnea, il fatto che sia lucido o abbia lacompromissione dello stato di coscienza. Questa è già la compromissione emodinamica. Esiste peròanche la fase di instabilità emodinamica in cui può arrivare il paziente. Cioè il paziente arriva conpressione ma poi chiama il paziente "Dottore, il paziente non ha più pressione!" Il paziente può giàarrivare in arresto oppure può arrivarci 10-15-20 minuti che stiamo triagiando.

Quindi, da una parte la stabilità emodinamica: il paziente che arriva sui propri piedi,accompagnato perché ha il fiato corto, perché ha avuto il sintomo guida dell'EP, che in realtà non èpoi così frequente come si spererebbe, il dolore toracico. A cosa è legato il dolore toracico? Ildolore toracico non è dell'EP. L'EP è determinata dall'occlusione, con conseguenze a monte e a

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valle. E ciò che accade a valle determina il dolore. A valle si instaura l'infarto polmonare, per ilquale possono volerci pure 12 ore, ma il paziente che ha un'EP emodinamicamente stabile puòarrivare anche dopo due mesi in ospedale. Ecco perché bisogna aiutarsi con tutta la clinica e tuttal'esperienza, perché l'EP non ha una presentazione tipica e basta, non è il paziente che si è rotto ilfemore tre giorni prima e tre giorni dopo ha la dispnea – certo, c'è anche questo. Ma il quadro èmolto vario e va da quelle non diagnosticate perché paucisintomatiche a quelle invece che portano ildecesso sull'ambulanza del 118. Lo spettro è molto ampio. Però, se si considera il paziente medio,che magari ha una embolizzazione cronica, questo può andare tranquillamente incontro a infarto traun'embolizzazione e l'altra. E il paziente lamenta tutti i sintomi (fiato corto, facile faticabilità,dolore toracico).

Il dolore toracico ha una descrizione tipica: trafittivo, acuto, progressivo, a differenza del dolorecardiaco che è oppressivo. Cosa vuol dire trafittivo? Come se il paziente avesse ricevuto unapugnalata. E, se così fosse, perché? Cos'è l'infarto polmonare? L'infarto polmonare segue sempre lateoria degli ultimi campi, dove la circolazione è più rarefatta, è terminale, dove arriva menosangue, se c'è un'occlusione. E la circolazione è rarefatta e terminale nel polmone a livellosubpleurico! Quindi, l'infarto polmonare, nei non frequentissimi casi in cui l'EP ha unapresentazione da testo, determina l'infarcimento della zona subpleurica del polmone con precisecaratteristiche. L'infarcimento avviene dalla zona meno rarefatta verso la zona più rarefatta, che èquella subpleurica. L'infarto polmonare, che generalmente si riesce a individuare anche all'RX deltorace, è a piramide! Perché la diramazione vascolare ha una disposizione vascolare piramidale, checonsegue alla densità del letto vascolare. Non è il decorso, perché i vasi non hanno un decorso apiramide. Diramazione vascolare e densità vascolare sono correlati, vanno insieme, perché, pianpiano che il letto vascolare si sfiocca, raggiunge diametri sempre più piccoli. Non ci sono distrettinell'organismo umano in cui da un vaso grosso nasce un vaso ancora più grosso. I vasi che nasconosono sempre più piccoli. È importante la densità del letto vascolare, e non la quantità, perché se si fauna sezione, il sangue che c'è nel vaso unico ma grosso è meno della quantità di sangue che c'è neivasi piccoli ma molto diramati, però, in ciascuno di questi vasi la quantità di sangue ossigenato èmolto modesta, e sono quelli che soffrono, perché non si possono considerare complessivamente,non vanno tanto ad irrorare un tessuto, sono loro stessi il tessuto insieme all'unità funzionale, che èl'alveolo, che però viene ad essere risparmiato, perché rimane integra la circolazione bronchiale, cheproviene dall'aorta. Questo è importante dal punto di vista fisiopatologico per capire come capireche il paziente abbia EP.

Se così stanno le cose, il dolore è molto variabile come localizzazione in base al vaso interessato.Però il dolore pleuritico nell'EP viene elettivamente riferito a livello sottomammario e può avereuna proiezione dorsale, perché le sierose non hanno una innervazione diretta che consegni ilmessaggio al livello centrale. Il dolore da sovraccarico di volume viene invece riportato comedolore oppressivo, gravativo e legato all'interessamento cardiaco. Ma il dolore tipico dell'EP, cioèdel paziente che non ha la compromissione emodinamica, è pleurito e viene elettivamente riferitoalla regione sottomammaria. Il paziente generalmente indica proprio il capezzolo, indica un punto, èun dolore puntorio, trafittivo, che si modifica con gli atti del respiro e può essere irradiato ancheposteriormente.

Diagnosi clinica e laboratoristica

Come si fa a pensare: "il paziente potrebbe avere l'EP?" Importante è il sospetto clinico e valutarela sintomatologia, ricordando, visto che è una patologia frequente, che va sempre messa indiagnostica differenziale quando c'è almeno un sintomo su elencato, cioè dispnea, dolore toracico,faticabilità o, eventualmente, la compromissione emodinamica. Il paziente che arriva conl'emodinamica compromessa, qualcosa deve aver avuto. O ha avuto l'infarto o è in uno stato dicompromissione sistemica molto importante o è stato esposto a tossici o ha l'EP. La raccolta

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anamnestica è necessaria; certo, però, se il paziente ha l'emodinamica compromessa, il passaggiodell'anamnesi salta. Si cerca di capire come fare il prima possibile a fare diagnosi però il pazienteche viene coi suoi piedi perché è dispnoico, perché è tachipnoico, ha la facile faticabilità, si veda seabbia avuto un intervento chirurgico, il trauma, l'allettamento, se abbia una TVP in atto, e si cerchiconferma anche nella diagnostica strumentale.

Cosa si può fare per aiutarsi a descrivere tutti gli aspetti analizzati ed inquadrarli in un ambitoben preciso? Perché è necessario essere precisi e non fare esami a casaccio. Esami del sangue: cosapuò tornare utile? Una cosa molto importante è il D-dimero che però è aspecifico. Il D-dimeroderiva dalla fibrinolisi e la fibrinolisi si verifica costantemente in condizioni basali nei soggettinormali, perché c'è l'equilibrio attivazione-inibizione della cascata coagulativa, la quale è sempreattiva, però è attiva ad un grado molto basso. Tant'è che esistono dei cut off, che non è mai 0, ma èmeno di tot. Ciò sta a significare che esiste un'attività fibrinolitica basale, non aumentata. Ma cisono tanti stati che possono far aumentare la fibrinolisi, come l'infiammazione, le malattieneoplastiche, le malattie infettive soprattutto polmonari.

Il D-dimero non ha alcun valore predittivo positivo ma ha un elevatissimo valore predittivonegativo. Se il D-dimero è positivo o addirittura debolmente positivo, non si è fatto diagnosi dinulla. Ma se il D-dimero è negativo perché è al di sotto del cut off inferiore, esclude la diagnosi diEP.

Nelle infezioni polmonari il D-dimero è quasi invariabilmente aumentato, anche se non c'è EP. Equindi va bene il D-dimero. Ma anche l'emocromo, la PCR, tutti indici aspecifici ma che aiutano adorientare se il paziente possa avere il presupposto per una EP.

Il D-dimero è aspecifico. C'è qualcosa che in maniera un po' più precisa indica se la fibrinolisi siaattiva in quel preciso momento: sono gli FDP, cioè quelli che vengono propriamente determinaticome fattori di degradazione del fibrinogeno. Gli FDP in circolo sono molto meno del D-dimero incondizioni basali. Quindi, determinare gli FDP significa stabilire se il paziente abbia un aumentodella coagulazione-anticoagulazione, coagulazione-fibrinolisi attiva in quel momento. Gli FDP sonoancor oggi considerati esami di secondo livello e, normalmente, si richiede la positività del D-dimero, perché, se il D-dimero è negativo, non ha senso fare gli FDP, perché, se non c'è statafibrinolisi, non c'è nemmeno in quel momento. Ma se il D-dimero è positivo, non si sa che intensitàdi fibrinolisi ci sia e quanto sia recente. Gli FDP sono più precisi però sono un esame un po' piùindaginoso, un po' più costoso e per tali ragioni rimangono di secondo livello rispetto al D-dimero.

Però non ci basta. Il paziente è dispnoico. Qual è l'esame principe nella dispnea?L'emogasanalisi. Pocanzi si è discusso del presupposto fisiopatologico dell'EP e si è visto ciò cheaccade prima dell'emocloth o dell'embolo grassoso o dell'embolo gassoso. E dopo? L'acidosi è unaconseguenza della sofferenza tissutale però il polmone non soffre dal punto di vista tissutale.Nell'EP, se c'è un certo numero di vasi occlusi, significa che, dal punto di vista funzionale, c'è un totdi vasi che sono esclusi. Perché la circolazione polmonare partecipa agli scambi gassosiall'interfaccia con l'altra componente, la componente alveolare. Se una delle due non partecipa, nelprocesso di scambio viene esclusa. E allora da una parte c'è un tot di vasi e quindi di volume cheviene escluso dagli scambi gassosi ma da una sola parte. A tal proposito, bisogna distiguere ilsoggetto sano con EP ed il soggetto malato con EP, il quale non risponde a questo criterio. Unpaziente che ha già fatto una pneumectomia, un paziente che ha un enfisema devastante e fa duebombole di ossigeno al giorno, non risponde a questo paradigma. Ma il soggetto con il parenchimastrutturalmente e funzionalmente conservato sì! Perché c'è l'esclusione di un tot di volume ma nonc'è l'esclusione dell'interfaccia alveolo-capillare. Da un punto di vista emodinamico, nell'unità ditempo c'è un minor volume di sangue che arriva all'interfaccia perché il numero di interfaccefunzionanti è ridotto, il che significa che c'è una minore possibilità nell'unità di tempo di allontanareCO2 e di prendere O2 e questa cosa non può succedere perché il polmone funziona. Di conseguenzac'è il meccanismo di compenso dell'iperventilazione: il paziente è tachipnoico. Con la tachipneaaumenta il numero di scambi nell'unità di tempo. Si ricordi la diffusività dei gas: CO2 contro O2, la

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CO2 è molto più diffusibile dell'ossigeno. Di conseguenza nell'unità di tempo è vero che l'organismoha la possibilità di esporre più globuli rossi a recuperare ossigeno dagli alveoli macontemporaneamente cede più CO2. Questo è vero fino a un certo punto, dipende dal grado dicompromissione del letto vascolare. Se la compromissione del letto vascolare è molto importante, laCO2 non è né normale né diminuita. L'ipossiemia ipercapnica è un gravissimo quadro dipresentazione dell'EP. Normalmente invece il quadro è di ipossiemia normocapnica o tipicamente –e si è contessimi di leggerlo nella striscia dell'emogasanalisi – ipossiemia ipocapnica con il pHleggermente aumentato, è quasi diagnostica.

Certamente nel paziente anziano compromesso, defedato, oncologico, allettato, subentra l'asteniadei muscoli respiratori e, ad un certo punto, l'anziano non si riesce più a compensare dal punto divista muscolare. Perché poi tutta l'iperventilazione porta ad un aumento del consumo di ossigeno esi instaura un circolo vizioso che, a basso grado e nel soggetto sano, si può mantenere per tantotempo; ad alto grado, nel soggetto anziano compromesso, defedato, sarcopenico, non si riesce amantenere a lungo e il paziente tende a desaturare sempre di più fino alla morte.

La triade sintomatologica tipica dei libri:1. il dolore toracico;2. la dispnea;3. la sincope.

La sincope può essere legata a due cose:1. all'ipossigenazione cerebrale;2. all'eccessivo allontanamento di CO2, il paziente può anche andare incontro a sincope. Ci

sono stati pazienti anche con 11-12 mmHg di pCO2.

Sono sintomi del tutto aspecifici se non si tiene conto dei fattori di rischio per TVP e pertromoembolismo venoso polmonare.

Il dolore toracico si ha in meno della metà delle presentazioni. Anche l'emottisi, legataall'infarcimento bronchiale di sangue che poi viene espulso con la tosse.

Il dolore pleuritico o retrosternale. Ci si augura che il paziente riferisca il dolore pleuritico. Ildolore retrosternale deve andare in diagnostica differenziale. Il dolore riferito non è preciso nel 100% dei casi. Anche il dolore pleuritico, se con caratteristiche atipiche, può essere riferito a livelloretrosternale.

Lo shock per ciò che è stato finora espresso: l'overload del ventricolo destro, la dilatazioneimprovvisa, l'aumento della pressione polmonare, la comparsa di aritmie.

Di tachicardia ventricolare nel breve tempo non si muore e non sempre la tachicardia ventricolareha un'emodinamica accettabile. La tachicardia ventricolare è un reperto elettrocardiografica. Diconseguenza, letto il tracciato ECG, si guarda il paziente. Il paziente può avere un tracciato con unatachicardia ventricolare, essere tachipnoico, non essere molto sudato, e non riferire dolore toracico...Oppure il medico può entrare nella stanza del paziente, vedere il tracciato di tachicardiaventricolare, poi il paziente che invece è morto. Può anche essere lo stesso paziente in due momentidiversi o essere due pazienti diversi. Dove sta la differenza? L'aspetto elettrico della tachicardiaventricolare può configurare due diverse condizioni emodinamiche, nessuna delle duedall'eccezionale stabilità, però una dà la possibilità temporale di agire, l'altra dà 6-7-8 secondi perintervenire. Come si fa? Si palpa il polso del paziente. E, se non c'è polso radiale, si cerca polsocarotideo. Se non c'è polso carotideo, si fa diagnosi. Se sono presenti sia il polso periferico siacentrale, si ha la tachicardia ventricolare, punto. Altrimenti si chiama tachicardia ventricolaresenza polso. La tachicardia ventricolare senza polso differisce dalla fibrillazione ventricolareunicamente per l'aspetto elettrico ma dal punto di vista emodinamico, ché configurano le duecondizioni di arresto cardiaco. E nella tachicardia ventricolare c'è il discorso di dissociazioneelettromeccanica, però è attesa, perché la tachicardia ventricolare si sa che possa essere senza polso,

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come la fibrillazione ventricolare. Rappresentano la stessa entità nosologica con due aspetti elettricidiversi ma che si tratta esattemente nello stesso modo. Tutte due insieme si chiamano PulseLessElektrick Activity (PLEA). Quali sono le PLEA? La fibrillazione ventricolare e la tachicardiaventricolare senza polso. Morte improvvisa oppure, fino a due terzi dei casi, è asintomatica.

Nel 10-20 % l'EP è clinicamente indiagnosticabile, tipico di tale condizione è il paziente chesembra poco allenato. 50 % dei casi di EP è rappresentato dal paziente che sembra spacciato, arrivaal pronto soccorso ipoteso, sudato, che tende all'obnubilamento del sensorio, tachicardico,tachipnoico.

C'è un altro sintomo che, a questo punto, dopo giorni dall'embolizzazione polmonare si puòmanifestare, il segno-sintomo, tomba di ogni medico, per cui si viene chiamati per dare un giudizioper la maggior parte dei vostri impegni extraclinici, la febbre. Perché la febbre? Perché il tessuto hasofferto, la fase del riassorbimento porta la febbre, non è la fase attiva dell'EP, non è una malattiainfettiva. Però, in fase di riassorbimento, ci possono essere febbricola, il versamento pleurico... Tragli esami del sangue, qual è l'indice di riassorbimento, di rimaneggiamento cellulare? La LDH.

ECG ed EP

ECG, torna sempre, perché l'ECG è un esame di primo livello non nel pazienteemodinamicamente instabile, perché là si parla di monitor-ECG e si fa direttamente al monitor-defibrillatore. ECG significa che il paziente si invita, lo si fa sdraiare sul lettino, si registra con 12derivazioni standard. Quindi non dovrebbe aver a che fare col sospetto di attività elettrica senzapolso.

S1Q3T3, cosa vuol dire? S1 l'onda S nella derivazione D1. Definiscesi "S" qualunquedeflessione terminale del QRS, qualunque flessione negativa del QRS che non sia la prima. C'è la Sin D1. Q3 è l'onda Q in D3. T3 sta per anomalie dell'onda T in terza derivazione periferica. L'onta Tnon è normale! La T come dev'essere in D3? Due possibilità: sapendo che quelle piatte e difasichenon sono quasi mai buone, o positiva o negativa. Siccome è negativa soltanto in aVR e in V1, intutte le altre dieci derivazioni dev'essere positiva. Com'è la T in questo caso? Piatta, brutta. Com'è laT in D3? È leggermente depressa verso il basso. Il tracciato in EP potrebbe sembrare normale aprima vista. In V1 c'è Rsr'. Cosa vuol dire? Generalmente si trovano QRS, non ci sono i primi. Cosasono i blocchi di branca? Sono rallentamento o blocco della conduzione dell'impulso elettrico allivello di una delle branche di conduzione. Se c'è un blocco di branca, qualcosa succede in ECG,perché le sezioni ventricolari vengono attivate in maniera più o meno sincrona grazie all'insistenzadi tre fasci principali:

1. la branca di destra;2. il fascicolo anteriore di sinistra;3. il fascicolo posteriore di sinistra.

La branca di sinistra ha un fascicolo comune molto breve e due rami principali. Quando l'impulsoviene interrotto o rallentato in maniera significativa ad un livello qualunque del sistema di

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conduzione specifico, cioè a livello sottohissiano, a livello sottoatrioventricolare, si chiama bloccodi branca. Se il blocco di branca è destro, da un punto di vista meccanico, il ventricolo destro sicontrae dopo rispetto al ventricolo sinistro. Se si ha un blocco fascicolare sinistro anteriore oposteriore, significa che la parte anteriore o posteriore rispettivamente si attiva in ritardo. Ma questoperché? Se c'è un blocco di branca destro, come fa il ventricolo destro ad attivarsi? Attraverso ilmiocardio comune. Se c'è un blocco del fasciocolo anteriore, la zona anterolaterale del ventricolosinistro si attiva sempre grazie al miocardio comune. Perché, quando il fascicolo posteriore che giraattorno alla parete libera del ventricolo sinistro, attiva quella zona, la zona risale dalla punta verso ilsetto. Però l'ECG normale è formato dalle solite onde, determinate anche perché i tre fasci principalifunzionano i maniera sincrona e conducono l'impulso più o meno alla stessa velocità. Ma se questonon dovesse succedere, l'ECG risulterebbe alterato. E se il blocco è prossimale, tanto più vicino alnodo atrioventricolare, tanto maggiore è la quantità di miocardio che viene attivata in ritardo, equindi significa che tanto maggiore è la durata del QRS, perché ancora per tanto tempo si attivaventricolo. In definitiva esiste la possibilità che l'attivazione ventricolare duri più di quanto èprevisto: 80 – 100 ms. Quando già si arriva a 110 – 120 ms, si comincia a pensare che laconduzione intraventricolare sia rallentata. 110 ms è possibile quasi esclusivamente nel blocco dellabranca desta. 110 ms è pochissimo, sono solo 10 ms in più dell'attivazione normale. Quindigeneralmente si parla di blocco incompleto della branca destra o di rallentamento della conduzionedella branca destra. 120 ms configura un blocco di branca vero e proprio. Anche nei blocchifascicolari si può arrivare a 110 ms. Ma un blocco di branca sinistro è da 120 ms in su, il blocco dibranca destro è da 120 ms in su. Ma esistono anche blocchi fascicolari e blocchi incompleti.

Per capire l'ECG bisogna ricordarsi come dev'essere l'ECG in condizioni fisiologiche. In V1 ilcomplesso è tipicamente un rS. Significa che c'è una piccola r che rappresenta la fase inizialedell'attivazione ventricolare, seguita da una lunga s. Questo perché V1 si mette nel IV spaziointercostale. Tutti gli elettrodi precordiali si mettono tra il IV e il V spazio intercostale:

• V1 e V2 nel IV;• V4, V5, V6 si mettono al VI;• V3 si mette a metà tra V2 e V4.

Al IV spazio intercostale, se si ha il punto di osservazione privilegiato (V1), cosa fa il vettoremedio di attivazione cardiaca? Va brevemente verso l'elettrodo esplorante ma poi si allontanaperché tutto il cuore è dall'altra parte e questo giustifica la s. In V6 il vettore medio va brevementeverso l'altro lato rispetto a V6 ma soprattutto verso di lui. Ecco perché V1 e V6 sono quasispeculari. In realtà in V1, in base al posizionamento del cuore o al vettore medio, la piccola r puòanche mancare e non è un grosso problema, ma ci dev'essere la s. Ma soprattutto, se c'è r', significache c'è un'onda, una deflessione positiva del complesso di attivazione ventricolare dopo quellenegative. In realtà questo non dovrebbe succedere. Perché si chiama R soltanto dopo la Q. Dopo laS, non ci può essere un'onda R, perché l'onda S indica che già c'è stata una R. Ecco perché sichiama r'. Significa cosa? Che dopo che l'impulso in V1 è andato tutto verso sinistra, qualcosa tornaverso destra, verso l'elettrodo esplorante. E allora che significa? Che era rimasto tessuto miocardicodel ventricolo destro ancora da depolarizzare, che ha finito di depolarizzarsi dopo che ha finito ilventricolo sinistro. Quindi configura quello che si chiama il blocco di branca destro incompleto. Maperché è una cosa che può avere a che fare con l'EP? Per la dilatazione del ventricolo destro, perchéin realtà serve tanto tempo per quant'è la superficie da deporalizzare, perché è una proprietà fisica ladepolarizzazione, Tant'è che c'è S1Q3T3, ma, man mano che l'overload del ventricolo destrodiventa più importante, può comparire il blocco di branca destro (RBBB).

L'inversione delle onde T da V1 a V3 rappresentano la sofferenza del ventricolo destro. V1 e V2sono derivazioni destre. Si può trovare fino a V3. Poi può comparire nei casi di EP non pericolosaper la vita, un'aritmia sopraventricolare.

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L'imaging dell'EP

L'RX torace è positivo in 20 % dei casi, fino ad un altro 10-15 % di casi può aiutare il radiologobravo con i segni dell'ipertensione polmonare. 50 % dei casi l'RX è negativo. Un po' di versamentopuò esserci, ma sicuramente non nelle prime ore dell'EP. Questo perché il paziente con EP può nonandare subito al pronto soccorso. Ci può andare anche dopo giorni che ha avuto il dolore toracicoperché ha avuto il dolore toracico e poi continua ad avere stanchezza...

Quando si trovano gli addensamenti polmonari periferici a forma triangolare con la base rivoltaverso la pleura all'RX torace, si può affermare che il paziente ha un infarto polmonare triangolare e,quindi, ha l'EP. Purtroppo questo non è un segno così frequente. Ci sono altri segni indiretti. Si parladi RX torace ma si parla di anni '60. Quindi il segno di Wessermark, che sarebbe l'oligoemia, ilpolmone si presenta diversamente diramato dal punto di vista della circolazione. Perché quella zonaè sottratta agli scambi perché c'è l'occlusione. Si può avere la sopraelevazione del diaframma per lostesso motivo, la contrazione del polmone, le aree di atelectasie, le strie disventilatorie, legateall'atelectasia e non alla broncostruzione. Tutte belle cose. Si può avere anche un ingrandimentodell'ombra dell'arteria polmonare per l'ipertensione, ma in realtà oggi l'RX torace il paziente va afarlo mentre va verso la TC. Perché se l'emogasanalisi rivela ipossiemia ipocapnica, il pazientedispnoico, il paziente ha avuto il dolore toracico, l'RX si fa per flow chart ma deve andare in TC pervedere cosa succede.

Ci sono delle condizioni in cui la TC non si può fare. Perché? Come si studiano i vasi polmonari?Con l'angio-TC e quindi con mezzo di contrasto. Se il paziente è emodinamicamente stabile, ha 15di filtrato perché CKD di IV stadio e non è dializzato, chi gli fa il mezzo di contrasto in prontosoccorso se il paziente non è instabile? Quindi la diagnosi rimane clinica e non confermatadall'esame diagnostico di secondo livello. La RMN può essere utilizzata ma serve comunque ilmezzo di contrasto, ed gadolinio deve comunque essere smaltito ed è un rischio per il paziente senon si riesce a smaltirlo, non per la funzione renale ma proprio per lo smaltimento. Quindigeneralmente non si fa, si preferisce non farlo. Se il paziente clinicamente ha una diagnosi già dielevata probabilità... Però anche in pronto soccorso si può fare la CUS. La CUS è la compressioneultrasonografica che si effettua per vedere se c'è un trombo a livello del vaso. In gran parte dellesituazioni in cui si configura il sospetto di EP, il sospetto viene perché ci sono tutti i fattoripredisponenti l'ipercoaguabilità che, nella maggior parte dei casi, si manifestano con la TVP. Ancheun non esperto ecodopplerista può fare una CUS: si visualizza con l'ecografo standard ed una sondalineare i vasi di gamba o i vasi di coscia o i vasi poplitei (visualizzare questi ultimi è più difficileper un non esperto), e si va a vedere se i vasi sono comprimibili. Se i vasi sono comprimibili, siesclude il trombo. Se i vasi non sono compribili anche se non si visualizza il trombo, significa che iltrombo c'è. La CUS serve non a diagnosticare l'EP ma a diagnosticare la TVP. Certo, se il pazienteha una gamba di modiche dimensioni, rossa, con tutti i circoli superficiali evidenti, può anche nonavere senso fare una CUS, perché, appena si poggia la sonda, se il paziente è lucido, vigile eprestante, te le suona, perché è in una condizione di grande disagio fisico, può non essere necessarioin quel momento. Alle volte il trombo si palpa sotto le mani.

In realtà l'angio-TC andrebbe prima della scintigrafia polmonare, fatta salva la situazione in cui lasomministrazione del mezzo di contrasto iodato non è raccomandabile per questione di filtrato.L'angio-TC ci permette di vedere l'amputazione dei vasi e la visualizzazione indiretta del trombo,perché tutto il mezzo di contrasto si dispone attorno al trombo e quindi resta una parte nonopacizzata. Poi, nella ricostruzione del vaso si può vedere l'amputazione. Questo è vero fino ai vasisegmentali. Più perifericamente l'angio-TC polmonare non è in grado di visualizzare i trombiperché non si visualizzano i rami. Però posso esserci i segni indiretti che si possono comunquevisualizzare.

La scintigrafia interessa perché può servire a valutare il mismatch tra il rapportoventuloperfusivo. Il polmone è molto ben ventilato ma scarsamente perfuso. Quando la scintigrafia

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polmonare non funziona? Nell'80-85 % dei soggetti che vengono con EP: perché hanno più di 85anni, perché sono broncopatici, perché spesso c'è l'associazione con un'infezione delle vierespiratorie. In tutti questi casi, la scintigrafia polmonare perde sensibilità perché non si puòvalutare il mismatch. L'angio-TC però ha ampiamente soppiantato la scintigrafia, perché il pazienteche può fare mezzo di contrasto e ha una trombosi o un'embolizzazione di vasi non eccessivamenteperiferici, l'angio-TC permette di fare tutto. Addirittura alle volte, se le condizioni del paziente loconsentono, il radiologo può anche impostare il timing per la fase tardiva che visualizza anche iltrombo nella vena periferica, facendo diagnosi a 360° di tromboembolismo venoso. Però ilproblema è un altro: se il paziente ha un'embolizzazione dei rami subsegmentali, la TC può ancheessere assolutamente normale e non avere nemmeno la dilatazione del tronco polmonare. In questoè più sensibile la scintigrafia soltanto nel soggetto giovane, sano, non fumatore. Altrimenti si ènuovamente punto e a capo. Nel dubbio, terapia anticoagulante. Se l'emogasanalisi migliora,evidentemente era quello anche senza diagnosi clinica.

L'angiografia polmonare può essere ancora importante, in quale circostanza? Se si deve farefibrinolisi endovascolare, altrimenti non si fa l'angiografia, ché è un esame incredibilmenteinvasivo: ci vuole un bidone di mezzo di contrasto, l'esposizione seriata in scopia.

Gli score per il sospetto diagnostico e algoritmo

E allora come si fa a dire: "Ma il paziente potrebbe o non potrebbe avere l'EP?" E ci sono duescore: uno per l'embolia e uno per la TVP, che sono stati immaginati, redatti e poi ricorretti neltempo da Wells. Perché un paziente dovrebbe poter avere una TVP? Per uno dei motivi sopraesposti. Si somma lo score. Se fa più di due, allora il paziente potrebbe avere una TVP, anche in

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assenza di evidenza clinica. Chiaramente, se non si può escludere una diagnosi alternativa, c'èl'ultimo punto che toglie i due punti alla somma. Quindi non è che faccia sempre invariabilmentepiù di due. Perché se uno ha due fattori di rischio ma ha una diagnosi alternativa, ad esempiopotrebbe avere 0 come score. E questo invece per quanto riguarda il sospetto di EP. Qua bisognafare 6 per un'elevata probabilità, 4 per la probabilità, però i punteggi sono anche più alti, si arrivaanche qua facilmente.

Cosa fare se un paziente arriva al pronto soccorso e viene in mente "Bah, tutto sommato potrebbeavere anche un'EP"? Si fa l'algoritmo: se c'è un basso sospetto, si fanno gli esami del sangue, D-dimero, ECG, RX torace – cioè gli esami di I livello. Se questi sono normali, il paziente è difficileche abbia l'EP. L'emogasanalisi è normale, non ha D-dimero, non ha segni elettrocardiografici, nonha segni radiografici. Se invece il D-dimero è superiore al range, che purtroppo varia in base al kitutilizzato, dalla sensibilità del laboratorio, allora il paziente dovrebbe andare a fare l'angio-TC deltorace, se questo è possibile farlo. In alternativa, di seconda scelta la scintigrafia di perfusione.Questo permette di confermare la diagnosi di EP. Secondo l'algoritmo americano, si va dopo a farel'eventuale ricerca del trombo periferico.

La gestione dell'EP

La maggior parte dei pazienti sta in una situazione di basso rischio di mortalità perché è in unacondizione emodinamicamente stabile. Ma, se il paziente non viene diagnosticato e si ha unasituazione ingravescente, la curva si impenna e porta ad una mortalità intraospedaliera a 4 casi su 5.Intraospedaliera, cioè il paziente dimenticato in astanteria.

Nel paziente in condizioni non critiche cosa si fa una volta diagnosticata l'EP? Si instaura subitola terapia, ma qual è la terapia dell'EP? È la terapia della trombosi. Qual è la terapia della trombosi?L'eparina. Cos'è l'eparina? È una molecola che mima un aspetto degli eparansolfati e deglieparinosimili endogeni, che è quella di legare il fattore Xa, perché senza fattore Xa, l'emocloth nonsi forma. Se l'eparina lega il fattore Xa, non dà a questo la possibilità di proseguire la cascatacoagulativa per la formazione dell'hemoclot. Questo è molto vero per le piccole molecole, è menovero per le grosse molecole.

Si conosce l'eparina da molti anni. Ma notoriamente l'eparina sodica ha un range terapeuticomolto ristretto, è molto pericolosa, nel paziente in cui funziona c'è generalmente anche l'emorragia,nel paziente in cui non c'è l'emorragia spesso l'eparina non funziona... L'eparina sodica non è un belfarmaco. Tant'è che i pazienti che fanno eparina sodica, controllano anche tre volte al giorno nonl'INR, non il PT (perché PT e INR sono la stessa cosa) ma l'aPTT. L'eparina sodica agisceindirettamente sull'emostasi ed è un'effetto collaterale, si chiama piastrinopenia perché si lega alleglicoproteine di membrana dei trombociti. Il fenomeno della coagulazione viene inibito in manieragradabile, non è on-off, è scalabile. Per l'eparina sodica va monitorato l'aPTT (Tempo diTromboPlastina attivata). Quindi cos'è? Il tempo. L'eparina sodica aumenta, allunga il tempo in cuiil fenomeno coagulazione può avvenire. Quindi si sa che, in base a quanto si allunga questo tempo,si dà all'organismo la possibilità di fare a meno dell'attivazione della cascata coagulativa. Comeeffetto collaterale risulta una maggior tendenza al sanguinamento. Se si allunga il tempo in cuiavviene la coagulazione ma c'è un trombo, cosa succede? Un'altra cosa che non ha nulla a che farecon l'eparina, che avviene fisiologicamente: la fibrinolisi. L'eparina non c'entra niente con lafibrinolisi. Però la fibrinolisi e la trombogenesi sono due fenomeni che si stimolano l'uno con l'altro,addirittura con gli stessi fattori della coagulazione, perché c'è uno sharing di fattori di coagulazionetra fibrinolisi e fibrinogenesi. Se si rallenta la fibrinogenesi perché si bloccano i fattori dellacoagulazione, la fibrinolisi procede per i fatti suoi e risolve poco alla volta il trombo. Ma se ilpaziente ha un qualunque altro vulnus, una qualunque altra fonte di sanguimento, da lì sanguina conquei tempi. Perché anche lì si formerà lentamente l'hemoclot. Quindi l'eparina sodica è un farmacopessimo dal punto di vista dell'inquadramento, non è sicuro, ha una ridotta finestra terapeutica e non

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è molto efficace.Per fortuna gli anni '70 sono passati da un pezzo e si è riusciti a capire che, se si utilizzano

molecole molto piccole, si riesce ad inibire solo il fattore Xa, e quindi non si influenza l'emostasi,ma si va solo a ridurre l'attività fibrinogenetica senza bloccare tutta la cascata, senza interferire contutti gli altri fattori della coagulazione. L'eparina a basso peso molecolare, l'eparina frazionata,l'EBPM, è il pentasaccaride, cioè il Fondaparinux®, che è una cosa ancora più piccola, si lega alsito di legame del fattore Xa, blocca elettivamente, è molto più manegevole, molto più sicure e nonrichiede alcun tipo di monitoraggio perché l'aPTT non si allunga. Il PT e l'INR non si allunganomai, a meno che il paziente non sia in fase di elevata tossicità da eparina sodica. Ma anche questafase può essere superata.

L'eparina sodica va fatta in infusione continua. Il paziente deve fare mediamente il trattamentoper sei mesi se non si riesce a capire la causa, per 12 mesi se è una causa molto importante, per tuttala vita se non si è capito la causa dell'EP. Ci si immagini un paziente che cammini con l'eparinasodica e che per tre volte giorno si faccia l'aPTT per tutta la vita. Non è possibile.

EBPM non richiede monitoraggio ma rischiede due agopunzioni al giorno sottocute. Due volte algiorno per tutta la vita se non si individua la causa, per sei mesi alias 180 giorni alias 360 punture, ecosti se si individua la causa. L'EBPM ha un costo molto molto molto elevato. E allora qualcuno hascoperto il veleno per topi: un anticoagulante! I derivati dicumarolici, anche noti come veleno pertopi, se utilizzati bene, riescono a bloccare soltanto parte della formazione dei fattori dellacoagulazione. Si chiamano inibitori della vitamina K. Tant'è che vengono antagonizzati dallasomministrazione di vitamina K. L'eparina viene antagonizzata invece elettivamente da solfato diprotamina. Quindi, se si ha un sanguinamento di eparina, si infonde solfato di protamina chespiazza l'eparinoide dal sito di legame del fattore Xa, che diventa nuovamente disponibile per lacascata coagulativa. Gli inibitori della vitamina K non hanno un antagonista di questo tipo, nonhanno un antidoto, hanno un antagonista competitivo, che è la vitamina K. Però la vitamina K acosa serve? Come agisce? Non agisce nella coagulazione. Fa sintetizzare a livello epatico gli enzimiproteolitici della coagulazione. E quanto tempo ci vuole? Il tempo della sintesi proteica, da 4 a 6 oreper iniziare. Quindi, dopo 4-6 ore dalla somministrazione di vitamina K, il fegato ha già iniziato aprodurre i fattori della coagulazione. Se raggiungono la massa critica sufficiente, riprende lacoagulazione. È una questione numerica. Non è che deve fare albumina per un paziente iponutrito. Ifattori della coagulazione li sa fare velocemente, basta avere il cofattore.

Il warfarin, cioè l'inibitore della vitamina K, è un brutto farmaco, considerato anche che tutt'oggiviene utilizzato come ratticida. È un farmaco che ha una ridotta finestra terapeutica e che vamonitorato in maniera più o meno costante in base all'esperienza, anche tutti i giorni all'inizio.Come si fa a sapere come risponde il paziente? Il paziente ospedalizzato rende quasi impossibilemonitorarlo. Qual è la prima cosa che salta agli occhi di tutti? Paziente a casa sua contro pazienteospedalizzato? Non è lo stesso paziente. Che fa della sua vita un paziente ospedalizzato? È allettato.Il paziente non è lo stesso perché non fa nulla nell'ospedale di ciò che fa a casa sua, non mangiacome mangia a casa sua. Purtroppo l'inibitore della vitamina K risente molto della vitamina K. Tantialimenti sono ricchi di vitamina K. I pazienti devono fare una dieta privativa. O comunque, anchequando decidono di introdurre alimenti con vitamina K, devono introdurli sempre nella stessaquantità e nella stessa misura per tutto il tempo. Non esiste un dosaggio per tutti i pazienti. Ildosaggio va ritagliato su ciascun paziente, il paziente fa un giorno una compressa, un giorno mezza,un giorno due terzi, un giorno tre quarti, difficile... Per questo è un brutto farmaco. Però costa moltopoco ed è a compresse.

Bene, la terapia tradizionale dell'EP era la seguente: si iniziava con l'EBPM a dosaggioterapeutico, in base al peso, e si embricava sin dall'inizio la terapia con gli anticoagulanti orali.Questo fino al raggiungimento dell'INR terapeutico. Dopo due-tre giorni in cui l'INR erastabilmente compreso tra 2 e 3, si sospendeva l'eparina e si continuava indefinitamente. Ma poisono comparsi i nuovi anticoagulanti orali. I nuovi anticoagulanti orali sono una classe di farmaci

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molto simpatica. Se ne conoscono due sottoclassi:1. gli inibitori diretti della trombina;2. gli inibitori diretti del fattore Xa.

Della prima classe attualmente c'è soltanto il dabigatran, della seconda classe ci sonorivaroxaban, apixaban, edoxaban, anche se l'ultimo non è ancora approvato dall'EMEA, quindi inItalia non è ancora disponibile. I vantaggi sono che si prendono per bocca, hanno un rangeterapeutico prevedibile, hanno un catabolismo prevedibile, non esistono interferenze conl'alimentazione, interferiscono pochissimo con gli altri farmaci che il paziente assume. I costi sonooggi elevati perché sono farmaci ingegnerizzati negli ultimi anni e, chiaramente, le casefarmaceutiche che li producono devono rientrare nei costi di sviluppo. Sono considerati farmaci diseconda scelta solo per motivi di costo. Sono a piano terapeutico: significa che chiunque che decidadi mettere un paziente con i NAO (o NOA, che dir si voglia), deve attestare che esistano dellenecessità. Ad esempio, il paziente non riesce in nessun modo a restare al range terapeutico colwarfarin o con l'acetocumarolo, che sono i due dicumarolici in vendita in Italia, o che il pazienteche abbia delle impossibilità oggettive, come il paziente che vive in un paese in cui venga difficileraggiungere un centro ospedaliero, ha 77-78 anni, che non può andare a fare ogni due, tre giorni uncontrollo INR, ha più facilità di accesso. Questo è vero nella fibrillazione atriale, dove la terapia è avita. Nell'EP, se si è in grado di riconoscere una causa e di rimuoverla o affrontarla, la terapia si faper tre o sei mesi. In questo caso, la terapia viene ad essere considerata di prima scelta rispetto aiVKI. Perché? Perché hanno dimostrato che, rispetto all'eparina e rispetto agli inibitori dellavitamina K, non c'è un sostanziale incremento di sanguinamento ma c'è una riduzione di altresituazioni, come la recidiva di EP. Perché il paziente che fa il sintrom, che fa il cumadin, in realtàviene curato meno bene rispetto a questi o altri farmaci? Perché, ammesso che si controlli l'INRogni tre giorni, non si sa mai come sia negli altri due giorni, e l'INR in un paziente che fa gliinibitori della vitamina K può cambiare anche in 6 ore, in base a quando prende il farmaco, a cosamangia, alla propria attività, all'attività della sintesi proteica, non è assolutamente prevedibile.

Sbobinatore: Claudio Zaccone Micali

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