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OGGETTO: CRITERI DI PROGRAMMAZIONE PER IL RILASCIO DELLE AUTORIZZAZIONI DI PUBBLICO ESERCIZIO DI SOMMINISTRAZIONE DI ALIMENTI E BEVANDE * * * * * * * * Il Presidente sottopone per l’approvazione quanto segue: Normativa: - Legge Regionale 26 luglio 2003, n.14 “Disciplina dell’esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande”; - Delibera della Giunta Regionale 10 novembre 2004, n.2209 “Direttive generali per la fissazione da parte dei Comuni dei criteri di programmazione per il rilascio delle autorizzazioni degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande in attuazione dell’art.4, c.2 della L.R. 26 luglio 2003, n.14”; - Delibera della Giunta Regionale 13 giugno 2005, n.863 “Indicazioni ai Comuni relativamente alle modalità di applicazione dell’art.19 della Legge 241/90 come modificato dalla Legge n.80 del 2005”; - Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza R.D. 18 giugno 1931, n.773; - Regolamento di Esecuzione del TULPS R.D. 6 maggio 1940, n.635; - Art. 4 c.2 e art.9 Legge 25 agosto 1991, n.287; - D.Lgs. 31 marzo 1998, n.114 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L.15 marzo 1997 n.59”; - Legge 7 agosto 1990, n. 241 “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”; Precedenti: - Ordinanza del Sindaco prot.2264 del 27.04.2001 “Parametri di cui all’art.2 della Legge n.25/1996 per nuove autorizzazioni in materia di pubblici esercizi (bar e ristoranti)”; Motivo del provvedimento: - Vista la Legge Regionale 26 luglio 2003, n.14 “Disciplina dell’esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande” che ha abrogato la Legge 25 agosto 1991, n.287 e ha introdotto radicali innovazioni nel settore degli esercizi pubblici; - Visto l’art.4 della LR 14/2003 che affida alla Giunta Regionale il compito di fissare le “direttive” di carattere generale sulla base delle quali i Comuni stabiliscono i “criteri” di programmazione per il rilascio delle autorizzazioni degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande; - Vista la Delibera della Giunta Regionale 10 novembre 2004, n.2209 recante “Direttive generali per la fissazione da parte dei Comuni dei criteri di programmazione per il rilascio delle autorizzazioni degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande in attuazione dell’art.4, c.2 della L.R. 26 luglio 2003, n.14” con la quale sono state fissate le direttive previste dall’art.4 sopra citato; - Vista l’istruttoria espletata dai competenti uffici; - Considerata la necessità di provvedere in ordine ad una nuova pianificazione comunale del settore dei pubblici esercizi di somministrazione; - Richiamate le analisi della rete e gli studi espletati nella Relazione contenuta nei “Criteri” allegati al presente atto, che devono intendersi parte integrante e sostanziale, nonché parte motivazionale del presente atto deliberativo;

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OGGETTO: CRITERI DI PROGRAMMAZIONE PER IL RILASCIO DELLE AUTORIZZAZIONI DI PUBBLICO ESERCIZIO DI SOMMINISTRAZIONE DI ALIMENTI E BEVANDE

* * * * * * * *

Il Presidente sottopone per l’approvazione quanto segue: Normativa: - Legge Regionale 26 luglio 2003, n.14 “Disciplina dell’esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande”; - Delibera della Giunta Regionale 10 novembre 2004, n.2209 “Direttive generali per la fissazione da parte dei Comuni dei criteri di programmazione per il rilascio delle autorizzazioni degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande in attuazione dell’art.4, c.2 della L.R. 26 luglio 2003, n.14”; - Delibera della Giunta Regionale 13 giugno 2005, n.863 “Indicazioni ai Comuni relativamente alle modalità di applicazione dell’art.19 della Legge 241/90 come modificato dalla Legge n.80 del 2005”; - Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza R.D. 18 giugno 1931, n.773; - Regolamento di Esecuzione del TULPS R.D. 6 maggio 1940, n.635; - Art. 4 c.2 e art.9 Legge 25 agosto 1991, n.287; - D.Lgs. 31 marzo 1998, n.114 “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L.15 marzo 1997 n.59”; - Legge 7 agosto 1990, n. 241 “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”;

Precedenti: - Ordinanza del Sindaco prot.2264 del 27.04.2001 “Parametri di cui all’art.2 della Legge n.25/1996 per nuove autorizzazioni in materia di pubblici esercizi (bar e ristoranti)”;

Motivo del provvedimento: - Vista la Legge Regionale 26 luglio 2003, n.14 “Disciplina dell’esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande” che ha abrogato la Legge 25 agosto 1991, n.287 e ha introdotto radicali innovazioni nel settore degli esercizi pubblici; - Visto l’art.4 della LR 14/2003 che affida alla Giunta Regionale il compito di fissare le “direttive” di carattere generale sulla base delle quali i Comuni stabiliscono i “criteri” di programmazione per il rilascio delle autorizzazioni degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande; - Vista la Delibera della Giunta Regionale 10 novembre 2004, n.2209 recante “Direttive generali per la fissazione da parte dei Comuni dei criteri di programmazione per il rilascio delle autorizzazioni degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande in attuazione dell’art.4, c.2 della L.R. 26 luglio 2003, n.14” con la quale sono state fissate le direttive previste dall’art.4 sopra citato; - Vista l’istruttoria espletata dai competenti uffici; - Considerata la necessità di provvedere in ordine ad una nuova pianificazione comunale del settore dei pubblici esercizi di somministrazione; - Richiamate le analisi della rete e gli studi espletati nella Relazione contenuta nei “Criteri” allegati al presente atto, che devono intendersi parte integrante e sostanziale, nonché parte motivazionale del presente atto deliberativo;

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- Dato atto della sussistenza delle condizioni di fatto e di diritto per procedere all’adozione dei “Criteri di programmazione per il rilascio delle autorizzazioni degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande”; - Sentito il parere delle organizzazioni del commercio, del turismo e dei servizi, delle organizzazioni sindacali e le associazioni dei consumatori maggiormente rappresentative;

Pareri: - Visti i pareri favorevoli espressi, a norma dell’art. 49 D.Lgs. 267 del 18/08/2000 in ordine alla regolarità tecnico-amministrativa; - Visto il parere della competente Commissione consiliare; Pertanto

I L C O N S I G L I O C O M U N A L E

D E L I B E R A 1) Approvare i “Criteri di programmazione per il rilascio delle autorizzazioni degli esercizi di

somministrazione di alimenti e bevande” nelle risultanze di cui all’allegato 1 composto da: A - Relazione B - Criteri di programmazione - Norme di attuazione C - Norme sul procedimento parte integrante e sostanziale del presente atto.

2) Dichiarare l’immediata esecutività del provvedimento, a termini del 4° comma dell’art. 134 del

D.Lgs. 267 del 18/08/2000, stante l’urgenza di definire con tempestività i rapporti derivanti dal presente provvedimento.

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Allegato 1–A parte integrante e sostanziale dell’atto C. C. n. del

COMUNE DI FAENZA

SETTORE SVILUPPO ECONOMICO

Servizio Commercio Licenze

* * * * * * * * * *

ANNO 2006

CRITERI DI PROGRAMMAZIONE

PER IL RILASCIO DELLE AUTORIZZAZIONI

DI PUBBLICO ESERCIZIO DI SOMMINISTRAZIONE

DI ALIMENTI E BEVANDE

* * * * * * * *

LEGGE REGIONALE 26 LUGLIO 2003, N.14 DELIBERA GIUNTA REGIONALE 10 NOVEMBRE 2004, N.2209

R E L A Z I O N E

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1. QUADRO GENERALE DELLA NORMATIVA DI SETTORE La regolamentazione dei pubblici esercizi di somministrazione alimenti e bevande risale al 1865 (Legge 20 marzo 1865, n.2248) in seguito confermata nel Testo Unico del 1889 (R.D. n. 6144 del 30 giugno 1889). Una prima disciplina organica della materia si è avuta con il T.U.L.P.S. (testo unico leggi di pubblica scurezza), approvato con R.D. 18 marzo 1931, n. 773 e regolamentato con R.D. 6 maggio 1940, n.635. La finalità della disciplina contenuta nel testo unico era quella di esercitare un controllo sui luoghi di riunione del pubblico e di limitare l’uso dell’alcool; per detti scopi, era previsto il rilascio di due distinti titoli autorizzatori : uno di competenza del Questore, che riguardava la somministrazione di bevande alcooliche con contenuto di alcool non superiore al 21 per cento del volume; l’altro relativo ai superalcolici, di competenza del Prefetto. A tal fine veniva fissato un contingente numerico di autorizzazioni rilasciabili in base al numero degli abitanti ed ogni anno una Commissione Provinciale stabiliva il numero massimo di licenze che potevano essere rilasciate in ogni Comune, nonché le distanze minime tra esercizi e tra questi e gli ospedali, cantieri, officine, scuole, caserme, chiese ed altri luoghi di culto. La suddivisione degli esercizi di somministrazione era fissata nelle seguenti categorie: a) ristoranti e trattorie; b) caffè e bar; c) osterie ed osterie con cucina; d) spacci di bevande non alcoliche e di cibi cotti, con consumo sul posto. La citata normativa subiva un primo significativo intervento a seguito dell’emanazione della legge n. 426/1971 contenente la prima riforma organica del commercio che intervenne anche nel campo della somministrazione di alimenti e bevande stabilendo sostanzialmente che l’attività poteva essere svolta solo da chi era in possesso dei requisiti morali (TULPS) e professionali (R.E.C.). Successivamente con la legge specifica per la somministrazione n. 524/1974 fu previsto l’obbligo per il Comune di pianificare il settore. La procedura di approvazione del Piano era identica a quella prevista dalla legge 426/1971 per il Piano del Commercio; in pratica il Piano Comunale dei pubblici esercizi doveva stabilire il limite massimo, in termini di superficie globale, degli esercizi di somministrazione al pubblico e di conseguenza la superficie per nuovi esercizi. Una svolta storica nel settore si ha con l’emanazione del D.P.R. n.616/77 che con l’art.19 trasferì ai Comuni, insieme ad altre importanti funzioni, anche la competenza per il rilascio delle autorizzazioni per la somministrazione alimenti e bevande di cui alla legge 524/1974. Nel 1991 fu emanata la legge 287/91 dal titolo “Aggiornamento della normativa sull’insediamento e sull’attività dei pubblici esercizi". Tale legge prevedeva espressamente l’emanazione di un Regolamento di esecuzione che non ha mai visto la luce. Con l’art.2 della Legge n° 25 del 05.01.1996 venne ripristinata la disciplina transitoria per il rilascio delle autorizzazioni comunali in materia di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande (non contemplata nella L. 25.08.1991 n. 287), che di fatto ha avuto vigenza sino al cambio della competenza in materia (modifica Tit. V della Costituzione Italiana) passata dal governo centrale ai governi regionali. L’autorizzazione poteva essere rilasciata dal Dirigente, previa fissazione da parte del Sindaco, su conforme parere della Commissione Comunale PP.EE., di un parametro numerico che doveva assicurare, in relazione alla tipologia degli esercizi la migliore funzionalità e produttività del servizio da rendere al consumatore ed il più equilibrato rapporto tra gli esercizi e la popolazione residente e fluttuante, tenuto conto del reddito di tale popolazione, dei flussi turistici e delle abitudini di consumo extradomestico. Ai giorni nostri si è chiuso il cerchio normativo di rango primario, con l’emanazione della Legge Regionale 26 luglio 2003, n.14 e della Delibera della Giunta Regionalen.2209 del 10 novembre 2004.

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In estrema sintesi, con l’entrata in vigore della normativa regionale appena indicata, in Emilia-Romagna cessa di operare la L. n.287/91, fatta eccezione per l’art.9 che ha attinenza con la “tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica”, ed il c. 2 dell’art.4 che stabilisce la non applicazione dell’art. 99 del TULPS in materia di chiusura dell’esercizio. Di fatto l’innovazione, che incide notevolmente nel settore in esame, sia per la parte imprenditoriale che per il ruolo a cui viene chiamato l’ente locale, riguarda l’introduzione di un’unica tipologia d’esercizio a fronte delle tre prima operanti (a-b-d); gli esercizi della già tipologia “c” di fatto continuano ad essere disciplinati pressoché in modo identico a quanto prescritto nella L. n.287/1991, anche se formalmente sono ora catalogati in altro modo.

Le altre novità introdotte dalla Legge Regionale che meritano una citazione sono: - la fase transitoria che ha sancito la possibilità, per il titolare di più autorizzazioni relative ad una stessa sede, di attivare in locali diversi o cedere l’azienda entro il termine perentorio del 10 febbraio 2004 (la conseguenza di tale norma che vede gli effetti in via di esaurimento ha fatto registrare un sensibile aumento numerico delle autorizzazioni di pubblico esercizio formalmente rilasciate); - sono state abolite le Commissioni Comunali e Provinciali che di fatto determinavano il numero delle autorizzazioni concedibili; - abolizione del R.E.C., rimanendo però inalterati i requisiti professionali d’accesso al settore; - liberalizzazione delle giornate di riposo settimanale; - disciplina semplificata delle attività accessorie e dei procedimenti amministrativi in genere. Allo stato attuale si può affermare che la regione Emilia – Romagna è stata la prima regione a staccarsi dalla disciplina statale di riferimento, dando concreta attuazione alla riforma del titolo V° della Costituzione.

2. ANALISI DEL DETTATO NORMATIVO REGIONALE I principi generali e le finalità della nuova normativa regionale sembrano a prima vista orientati verso una liberalizzazione del servizio basato sulla libera concorrenza e sulla libertà d’impresa. Infatti, nell’art.1 della Legge Regionale n.14/2003 viene testualmente affermato che i principi sono: a) sviluppo e innovazione della rete degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, favorendo la crescita dell'imprenditoria e dell'occupazione, nonché la qualità del lavoro e la formazione professionale degli operatori e dei dipendenti; b) trasparenza e qualità del mercato, libera concorrenza e libertà d'impresa, al fine di realizzare le migliori condizioni di prezzi, di efficienza ed efficacia della rete; c) tutela dei consumatori in riferimento alla salute e alla sicurezza nonché alla corretta informazione e alla pubblicizzazione dei prezzi e dei prodotti; d) flessibilizzazione del settore; e) valorizzazione delle attività di somministrazione per la qualità sociale delle città e del territorio anche al fine di promuovere e sviluppare il turismo, l'enogastronomia e le produzioni tipiche locali; f) armonizzazione e integrazione del settore con altre attività economiche; g) semplificazione dei procedimenti e degli adempimenti per l'avvio e l'esercizio delle attività. In realtà, una più attenta lettura dell’intero dettato legislativo, ed in particolare dell’art. 4 c. 2 della LR 14/03, evidenzia che ci troviamo di fronte ad una normativa impostata su una vera e propria pianificazione del settore dei pubblici esercizi, in quanto i Comuni sono tenuti a stabilire i "criteri di programmazione" per il rilascio delle autorizzazioni degli esercizi di somministrazione alimenti e bevande in base alle "direttive regionali", tenendo come riferimento: • le abitudini di consumo extra-domestico, • la popolazione residente e fluttuante, • i flussi turistici,

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• le caratteristiche e le vocazioni delle diverse parti del territorio, • la migliore funzionalità e produttività del servizio di somministrazione di alimenti e bevande e l’equilibrato rapporto tra domanda ed offerta. Nel nuovo scenario normativo le Direttive regionali approvate con atto deliberativo della Giunta Regionale n.2209 del 10.11.2004 hanno sbloccato la possibilità per i Comuni di procedere ad una nuova pianificazione sostitutiva di quella che affondava le radici nell’art.2 della Legge n25/1996. In particolare la programmazione comunale persegue (per espressa indicazione regionale contenuta nell’Allegato della Delib. della G.R. n.2209 del 10.11.2004, punto 1.1) i seguenti obiettivi prioritari : “l'evoluzione e l'innovazione della rete dei pubblici esercizi.

A tal fine devono essere favorite le scelte che promuovono: - la qualita' del lavoro; - la formazione professionale degli operatori e dei dipendenti; - la trasparenza e la qualita' del mercato, la libera concorrenza e la libertà d'impresa, al fine di realizzare: a) le migliori condizioni dei prezzi; b) la maggiore efficienza ed efficacia della rete distributiva; - la tutela dei consumatori, in termini di salute, sicurezza, corretta informazione e pubblicizzazione dei prezzi e dei prodotti; - la valorizzazione della attività di somministrazione al fine di promuovere la qualità sociale delle città e del territorio, il turismo, l'enogastronomia e le produzioni tipiche locali; - l'armonizzazione e l'integrazione del settore con altre attività economiche al fine di consentire lo sviluppo e il diffondersi di formule innovative”. In realtà, da un punto di vista sostanziale l’obiettivo primario che deve essere perseguito con l'approvazione dei "Criteri" è la definizione di un quadro di riferimento che evidenzi, anche in relazione alle probabili evoluzioni del settore, le esigenze dei consumatori, unitamente all’efficacia e alla qualità del servizio. Infatti i Comuni adottano i criteri di programmazione per il rilascio delle autorizzazioni degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, nel rispetto dei seguenti indirizzi: - favorire l'efficacia e la qualità del servizio da rendere al consumatore con particolare riguardo all'adeguatezza della rete e all'integrazione degli esercizi di somministrazione nel contesto sociale ed ambientale; - salvaguardare e riqualificare le zone di pregio artistico, storico, architettonico, archeologico, e ambientale attraverso la presenza di attività di somministrazione adeguate; - salvaguardare e riqualificare la rete delle zone meno densamente popolate che a volte manifestano fenomeni di desertificazione, in particolare nei comuni montani, rurali e nei centri minori.

In considerazione degli obiettivi di programmazione (funzionalità del servizio al consumatore,

produttività del servizio per le imprese del settore, equilibrio fra domanda ed offerta) e dei parametri da

assumersi come riferimento (popolazione residente e fluttuante, abitudini di consumo extradomestico,

caratteristiche e vocazioni del territorio), la programmazione comunale può attuarsi anche attraverso la

definizione di parametri numerici in riferimento alle nuove autorizzazioni rilasciabili.

I Comuni, nel definire i criteri per il rilascio delle autorizzazioni per i pubblici esercizi, tengono conto dei seguenti elementi: - evoluzione demografica;

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- evoluzione delle dinamiche dei consumi; - offerta complessiva presente nell'area, compresa quella relativa ad attività non soggette ad autorizzazione di pubblico esercizio; - vocazione delle diverse parti del territorio comunale; - priorità di ordine urbanistico; - presenza di progetti di valorizzazione commerciale; - previsione di insediamento di grandi strutture di vendita; - recupero di aree o edifici di particolare pregio. Per quanto riguarda l'evoluzione delle dinamiche dei consumi e dell'offerta complessiva presente nell'area l'obiettivo e' la definizione di un quadro di riferimento che evidenzi, anche in relazione alle probabili evoluzioni del settore,le esigenze del consumatore e le opportunità di crescita dell'offerta di pubblici esercizi. I “Criteri” di programmazione che i Comuni sono tenuti ad adottare si devono tradurre in “norme sul procedimento" e in “norme di attuazione" riconducibili ad un parametro numerico che, tenendo conto delle diverse fattispecie individuate dalla norma (funzionalità e produttività del servizio, domanda/offerta, popolazione residente, fluttuante, reddito, consumo, ecc...), costituisca atto di indirizzo di competenza del Consiglio Comunale, a cui dovranno attenersi gli uffici nella gestione amministrativa dei procedimenti. Per la comparazione di queste fattispecie non sono normativamente previste formule matematico/algebriche da applicare, né la Regione ha fornito ulteriori spunti, per cui il compito di individuare una metodologia di calcolo di fattori che non solo sono diversi fra loro, ma che sono in molti casi di difficile rilevazione (in genere si tratta di valori espressi in stime), è particolarmente complesso. 3. FINALITA’ DELLA PIANIFICAZIONE COMUNALE Le variabili che influiscono sull’assetto della rete di pubblici esercizi sono numerose, sia di tipo quantitativo che di tipo qualitativo, sia di tipo statico che di tipo dinamico. L’analisi della rete dei pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande deve tenere conto del fatto che anche questo comparto si colloca all’interno di quel settore terziario al quale si chiede un’evoluzione rapida, ed è anche in quest’ottica di tutela delle esigenze imprenditoriali e socio-economiche che l’Amministrazione intende valutare le reali esigenze del settore. E’ logico aspettarsi che anche tali esercizi contribuiscano ad una domanda originata da condizioni di lavoro e di vita che si sono modificate nel corso degli anni. Ne consegue che il comparto della somministrazione dovrebbe risultare dinamico, attento alle modificazioni nelle esigenze degli utenti, in grado di fornire risposte tempestive e coerenti. La proposta programmatica deve porsi alcuni obiettivi di fondo che, oltre a collocarsi nell’ambito delle finalità e dei principi generali espressamente enunciati dalla norma regionale di riferimento, mirino a: • offrire, ai fruitori del servizio, una rete di esercizi capace di fornire risposte in linea con le loro

esigenze e perciò assicurino una corretta dislocazione sul territorio ed una continuità di servizio distribuita in tutto l’arco della giornata;

• guidare la crescita delle rete in un’ottica di equilibrio tra domanda e offerta. Se queste sono le tradizionali posizioni di partenza che caratterizzano una pianificazione che si prefigge il fine di incidere sull’assetto della rete per ottimizzarla, occorre, innanzi tutto, premettere che per effetto della nuova normativa regionale gli esercizi di somministrazione alimenti e bevande sono costituiti da un’unica tipologia così definita:

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-“esercizi per la somministrazione di alimenti e bevande, comprese quelle alcoliche di qualsiasi gradazione” (art. 7 LR 14/03).

Questa novità, che apparentemente mette fine alle discussioni infinite sull'esatto confine tra i prodotti somministrabili in un bar e in un ristorante, comporta due aspetti fondamentali: a)- che la suddivisione degli esercizi pubblici in tipologia B (bar) o A (ristorante) è lasciata alla completa iniziativa dell’imprenditore, fatto salvo l’adeguamento/modifica dell’autorizzazione sanitaria in base al Regolamento Comunale d’Igiene; b)- che la programmazione comunale dovrà essere incentrata sul numero degli esercizi (intesi in modo generico e unitario), anziché sulla tipologia tradizionale degli stessi, ciò comportando da una parte una flessibilità notevole nelle scelte imprenditoriali, ma nel contempo una limitazione sostanziale dell’intervento dell’ente comunale.

Con l’unificazione delle tipologie diventa difficoltoso guidare in modo equilibrato la crescita della rete dei pubblici esercizi, in quanto è lo stesso operatore economico a indirizzare le sue scelte gestionali in modo autonomo; ma non solo, la situazione degli esercizi esistenti può alterarsi con trasformazioni gestionali che non possono essere oggetto di controllo da parte del Comune (se non limitatamente agli aspetti igienico sanitari); in pratica il ruolo pianificatorio del Comune è fortemente depotenziato non potendo più estrinsecarsi con scelte mirate per specifiche tipologie di esercizio. Sembrano tramontare, pertanto, alcune linee guida qualificanti della programmazione comunale che in buona sostanza individuavano gli esercizi di somministrazione di bevande (Bar) come esercizi inseriti in un bacino d’utenza territorialmente delimitato (e quindi quantificabile ai fini programmatori), mentre lo stesso non avveniva per la ristorazione, rilevando il presupposto che la clientela di un ristorante non fa necessariamente riferimento ad un intorno preciso della ubicazione dell’esercizio in questione. Una corretta programmazione deve tener conto delle specifiche caratteristiche del territorio, delle abitudini dei consumatori, delle quote d’evasione, delle caratteristiche dei locali in rapporto al grado d’attrazione. Tutto ciò comporta un impegno di energia, spese, tempo che assolutamente non si coniugano con la libertà di iniziativa imprenditoriale che nell’arco di brevi cicli operativi può trasformare liberamente la sua attività da bar a ristorante o viceversa o decidere per una attività con connotazioni completamente diverse rispetto a quanto inizialmente autorizzato. Insomma sembra assai aleatorio ed opinabile, oltreché gravoso, l’impegno della pubblica amministrazione che deve operare una programmazione complessa, quando la stessa viene di fatto sminuita dalle possibili e libere scelte imprenditoriali. Si propende in ogni caso per uno studio riferito ad imprese "fotografate" al momento con un' attività prevalente di bar e con un' attività prevalente di ristorazione; la finalità è quella di individuare eventuali carenze di servizio sul territorio. 4. CONFORMAZIONE DEL TERRITORIO

Il territorio faentino è quasi interamente pianeggiante ed è caratterizzato da un’aggregazione urbana (centro storico) originariamente posizionata fra la via Emilia e il fiume Lamone. Il centro storico è ancora quasi totalmente delimitato dalle vecchie mura medioevali. Il fiume Lamone separa il centro storico dal quartiere Borgo, mentre la linea ferroviaria Bologna - Ancona crea una soluzione di continuità fra la fascia urbanizzata e quella in cui risultano insediati complessi artigianali e industriali. Faenza si è notevolmente sviluppata rispetto alla struttura originaria centrale con zone di espansione residenziale posizionate sia verso il lato monte (in direzione Firenze), che verso il lato valle; proprio in questo periodo è in corso una forte espansione nel quartiere Borgo e parzialmente nel quartiere centro nord; inoltre una peculiarità della distribuzione della popolazione è costituita dalla presenza di

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numerose “case sparse” che coprono gran parte della fascia esterna caratterizzata da una spiccata vocazione agricola. In direzione Ravenna si trovano le frazioni di Reda e Granarolo che sono le uniche con una consistenza demografica di rilievo. Faenza è in una posizione strategica fra l’asse della via Emilia e dell’autostrada A14 e l’asse ferroviario Ravenna - Firenze. 5. EVOLUZIONE DELL’ASSETTO DELLA RETE I dati in possesso del Servizio Commercio - Licenze relativi alla consistenza della rete dei pubblici esercizi di somministrazione dal 1956 ad oggi sono i seguenti:

Anno Ristoranti, pizzerie, trattorie

bar, caffè, pasticcerie, gelaterie

1956 59 78 1957 59 78 1958 59 78 1956 59 78 1960 58 80 1961 48 84 1962 47 85 1963 47 85 1964 47 85 1965 47 85 1966 47 90 1967 48 91 1968 48 91 1969 48 91 1970 48 93 1971 48 97 1972 48 97 1973 48 97 1974 48 97 1975 49 98 1976 49 98 1977 49 98 1978 41 90 1979 42 93

(fino a questa data i circoli non erano conteggiati)

1980 51 141 (valore comprensivo dei circoli)

1981 52 141 1982 54 144 1983 51 144 1984 53 143

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1985 53 132 1986 53 133 1987 53 133 1988 48 162

(valore comprensivo di circoli, chioschi e aut.ni di tipo C)

1989 48 161 1990 48 161 1991 50 163 1992 50 163 1993 50 163 1994 50 161 1995 52 161 1996 53 161 1997 54 162 1998 54 162 1999 55 163 2000 54 163

Sinteticamente si può rilevare che fino al 2000 i dati sulla ristorazione sono sostanzialmente stabili intorno a un valore medio di poco superiore alle 50 unità negli ultimi quarant’anni. Diverso è il discorso per quanto riguarda i bar, non tanto perché i dati riportati risultano in alcuni casi sensibilmente diversi da anno ad anno, quanto perché in questo settore si è assistito nel corso di quest’ultimo ventennio ad una sempre più marcata incidenza di circoli, chioschi, autorizzazioni di tipo “C”; fatta questa premessa si riscontra per i bar un valore sostanzialmente stabile nell’ultimo ventennio, attorno a 90 unità. Dal complesso dei dati emerge fino al 2000 una situazione caratterizzata da una forte connotazione di stabilità protrattasi per decenni. Infatti, a parte alcuni nuovi rilasci previsti nel Piano del 1982 e del 1989, si è sempre assistito a subingressi e trasferimenti di sede, tanto che il blocco introdotto dalla legge n.287/91 non è stato certo traumatico come in altri comuni che avevano Piani che prevedevano sistematicamente possibilità di rilascio di autorizzazioni. Si deve far presente che nel corso del 1998 sono state rilasciate ben N. 42 autorizzazioni di cui 11 di tipo “A” (ristorante) e 31 di tipo “B” (bar) a seguito della procedura di “riclassificazione” delle autorizzazioni erroneamente convertite in sede di passaggio dalla Questura all’Amministrazione Comunale nel 1978; questi rilasci di autorizzazione sono stati tutti caratterizzati dal vincolo del non trasferimento disgiuntamente dall’autorizzazione originaria. In considerazione del fatto che molti pubblici esercizi che sono stati oggetto della “riclassificazione” effettuavano già per tradizione un servizio completo o quasi (ristorante + bar), gli effetti della riclassificazione faentina dei pubblici esercizi nell’assetto della rete sono stati del tutto irrilevanti dal punto di vista sostanziale, a parte sporadici casi. Se questo era il quadro prima dell’adozione dei Parametri di cui all’art.2 della legge n.25/1996 (Ordinanza del Sindaco prot. n.2264 del 27.04.2001), si può affermare che nel quinquennio successivo sono intervenute innovazioni nell’assetto della rete dei pubblici esercizi che definire radicali può non rendere l’idea di quello che si è verificato. Intanto l'ordinanza del Sindaco del 27.04.2001 prevedeva 11 nuove possibilità di rilascio di autorizzazioni per ristorante che si è provveduto a rilasciare tramite bando negli anni 2001, 2002, 2003

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e contestualmente prevedeva un blocco nel rilascio di autorizzazioni per bar essendo questa specifica tipologia ritenuta satura di esercizi. Con l'Ordinanza del 27.04.2001 l'Amministrazione Comunale si era prefissata di riequilibrare la rete dei ristoranti ritenuta carente in termini di numero e di qualità del servizio; per centrare questo obiettivo aveva previsto una crescita graduale dei nuovi esercizi di cui ben 7 sarebbero dovuti partire in centro, per cercare di dare un segno tangibile alla politica di valorizzazione del centro storico. Un effetto dirompente nell'assetto complessivo della rete dei pubblici esercizi e negli equilibri che erano stati individuati con l'Ordinanza del 2001si è verificata con l'entrata in vigore della LR 14/2003, che introducendo come norma transitoria la possibilità di procedere nel semestre agosto 2003 - febbraio 2004 alla cessione separata dei rami di azienda ( nei casi di duplice autorizzazione negli stessi locali, cioè bar + ristorante) ha generato in deroga alla pianificazione comunale una girandola di subentri e trasferimenti, che ha portato di fatto alla nascita di ben 26 nuove autorizzazioni di pubblico esercizio. Questi nuovi esercizi uniti agli 11 previsti nel 2001 hanno comportato una crescita abnorme (+ 25% rispetto agli esistenti) della rete, andando ben oltre a quelle che potevano essere le esigenze di riordino e di crescita guidata della rete. Oggi l'analisi della rete non può prescindere da quello che è successo negli ultimi due anni; la situazione si deve ancora assestare e questi cambiamenti non hanno ancora del tutto dispiegato gli effetti del caso. 6. LA SITUAZIONE ESISTENTE La consistenza attuale in termini di “prevalenza” di specializzazione e, quindi, in termini numerici delle autorizzazioni rilasciate nel settore è la seguente:

ristoranti pizzerie n.75 bar, caffè n.108 bar/ristoranti annessi a locali di trattenimento e svago n. 20 chioschi con licenza stagionale n. 14 circoli con spaccio, locali interni a strutture di servizio, catering n. 72

Premesso che le variabili che influiscono sull’assetto della rete sono numerose e che, come già precisato, è praticamente impossibile ricavare conclusioni deterministiche dal complesso dei dati analizzabili, si evidenzia che, ai fini esclusivi della fissazione delle norme di attuazione dei criteri di pianificazione, si terrà conto degli esercizi in modo unitario . 7. RAPPORTO DOMANDA E OFFERTA L’analisi di questi due importanti fattori non può prescindere da un inquadramento degli stessi prima su base nazionale e dopo su scala locale. Dal dopoguerra ad oggi lo stile alimentare e la capacità di consumo extradomestico degli italiani sono stati radicalmente modificati, basti pensare che sono più di 44 milioni le persone che fanno una colazione adeguata, più di 11 milioni coloro che non pranzano a casa e quasi 13 milioni gli individui che per varie ragioni considerano la cena il pasto principale. Queste tendenze sono particolarmente accentuate nel centro - nord rispetto al mezzogiorno.

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L' Emilia - Romagna è da sempre ai vertici fra le regioni che si caratterizzano per una spiccata vocazione al consumo. Come risulta da autorevoli indagini svolte al riguardo, i pubblici esercizi nel ventennio 1985-2005 sono cresciuti in Italia del 10%. Le cause di tale sviluppo sono ovviamente molteplici, ma possono essere ricondotte a due fattori principali: • il mutamento nelle abitudini dei consumatori, che ha privilegiato la consumazione di alimenti e

bevande fuori casa sia come elemento socializzante nell’utilizzo del tempo libero, che come necessità derivata da diverse condizioni di lavoro;

• l’aumento dei flussi e della polarizzazione dei consumi dovuti principalmente ad una maggiore mobilità dei consumatori, alla crisi della ristorazione aziendale ed alla creazione di nuove strutture commerciali e direzionali con valenze attrattive.

E’ quanto meno doveroso sottolineare che si tratta di un trend legato in parte all’aumento del reddito disponibile registrato soprattutto negli anni ‘80, ma in più ampia misura connesso ai variegati mutamenti intervenuti nelle abitudini di vita del nostro paese nell’ultimo ventennio. Oggi i bar non sono più un luogo di aggregazione per il gioco delle carte, ma sono diventati strutture finalizzate all'erogazione del servizio che varia sensibilmente se è rivolto ai giovani, ai lavoratori, a coloro che frequentano locali serali in cui prevale l'elemento musica e intrattenimento ecc.., mentre i ristoranti si sono modellati a seconda dell'ubicazione e dell'utente a cui si rivolgono. Non risultano agli atti studi e ricerche, nonché indagini mirate su questi specifici temi a Faenza o nella provincia di Ravenna. Questi poliedrici aspetti vanno visti anche alla luce del fatto che la rete commerciale italiana al dettaglio nella prima metà degli anni ‘90 è stata interessata da profonde modifiche al suo interno, originate sia da una richiesta di nuovi e diversi servizi distributivi (hard discount, ipermercati ecc...), sia da una domanda molto più selettiva ed attenta, sia dalla nuova legislazione di settore meno vincolistica della precedente. I dati macroeconomici indicano che il commercio al dettaglio ha vissuto, negli anni ’90, una fase molto difficile, come attestano le cifre sul calo dei punti vendita in tutto il territorio nazionale. Tra il 1991 e il 1996 il numero dei punti vendita al dettaglio è diminuito ad un tasso medio annuo del 5,5%; in particolare tre il 1995 e il 1996 la flessione è stata pari a ben 66.308 punti di vendita (-11,5%). Successivamente al 24.4.1999 si è assistito ad una ripresa del numero di nuove attività a fronte delle cessazioni. Questo quadro non può prescindere da quello che è successo dopo l'entrata in vigore dell'euro, che ha comportato una crescita consistente dei prezzi soprattutto nel settore ristorazione con una contrazione dei consumi abbastanza evidente.

8. STIMA DEL FATTURATO MEDIO DEI PUBBLICI ESERCIZI DI SOMMINISTRAZIONE

Per quanto riguarda la produttività o fatturato degli esercizi di somministrazione si è cercato di approfondire la ricerca sia nel settore ristorazione che nel settore bar, in modo da arrivare a definire con sufficiente attendibilità tale importo in modo congiunto, stante la riforma normativa intervenuta. Sulla base di valutazioni economico – aziendali si può arrivare a definire che il fatturato medio annuale di un esercizio di ristorazione è di circa 450.000 euro. Ora, considerati gli elevati costi di gestione, la pressione fiscale, l’abusivismo, gli aumenti legati all'euro e la contrazione dei consumi, l’inflazione di questi ultimi anni, il fatturato medio che permette a un bar di potersi sostenere è stimabile in 200.000 euro. In questo contesto bisogna considerare la quota di evasione costituita dai circoli privati e da alcuni

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importanti luoghi di intrattenimento musicale che sono stati attivati in questi ultimi anni, oltre alla sempre più marcata e standardizzata presenza di sagre, festival ecc... Tutto questo per affermare che un “bar - ristorante” non ha un fatturato che automaticamente è dato dalla somma di 450.000 euro + 200.000 euro, ma il fatturato medio è dato da un calcolo che cerca di avvicinarsi alla individuazione di un valore che possa configurare il rapporto domanda e offerta su basi di sostanziale credibilità. Dovendo considerare in termini unitari l'attività di un pubblico esercizio (cioè ristorante + bar) si può stimare che da un punto di vista squisitamente statistico il fatturato medio possa essere individuato in 325.000 euro, che non è altro che il risultato della divisione della somma dei due fatturati citati. 9. POPOLAZIONE La popolazione del Comune di Faenza era nel 1951 di 48.053 unità corrispondente al 16,3% della popolazione provinciale; nel 1975 raggiungeva la cifra massima di 55.652 per poi decrescere secondo una tendenza che ha coinvolto tutta la regione.Nel 1981 era di 55.167 pari al 15,4% della popolazione provinciale, mentre nel 1990 era di 54.051 (15,3%). Per tutti gli anni ‘80 e ‘90 la provincia di Ravenna ha registrato un saldo naturale negativo con un numero di morti sempre maggiore del numero dei nati.

I dati sulla popolazione residente esistenti dagli anni 2000 in avanti distinti per classi di età sono i seguenti:

POPOLAZIONE RESIDENTE A FAENZA AL 31/12/2000 ETA’ MASCHI FEMMINE TOTALE 0-2 650 601 1.2513-14 2.363 2.310 4.673

15-19 1.108 1.055 2.16320-39 7.612 7.234 14.84640-59 7.096 7.073 14.16960-64 1.721 1.847 3.568

65-oltre 5.399 7.480 12.879TOTALE 25949 27600 53.549

POPOLAZIONE RESIDENTE A FAENZA AL 31/12/2001

ETA' MASCHI FEMMINE TOTALE 0-2 647 622 1.269 3-14 2.397 2.337 4.734

15-19 1.105 1.049 2.154 20-39 7.488 7.205 14.693 40-59 7.160 7.143 14.303 60-64 1.746 1.795 3.541

65-oltre 5.420 7.532 12.952 TOTALE 25.963 27.683 53.646

POPOLAZIONE RESIDENTE A FAENZA AL 31/12/2002

ETA' MASCHI FEMMINE TOTALE 0-2 657 675 1.332

3-14 2.466 2.385 4.851

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15-19 1.058 1.030 2.08820-39 7.452 7.107 14.55940-59 7.236 7.265 14.50160-64 1.709 1.761 3.470

65-oltre 5.495 7.566 13.061TOTALE 26.073 27.789 53.862

POPOLAZIONE RESIDENTE A FAENZA AL 31/12/2003ETA' MASCHI FEMMINE TOTALE 0-2 703 683 1.386

3-14 2.525 2.486 5.01115-19 1.079 988 2.06720-39 7.351 7.144 14.49540-59 7.401 7.427 14.82860-64 1.682 1.707 3.389

65-oltre 5.533 7.606 13.139TOTALE 26.274 28.041 54.315

POPOLAZIONE RESIDENTE A FAENZA AL 31/12/2004 ETA' MASCHI FEMMINE TOTALE 0-2 753 708 1.461

3-14 2.592 2.546 5.13815-19 1.053 1.009 2.06220-39 7.225 7.001 14.22640-59 7.621 7.640 15.26160-64 1.629 1.637 3.266

65-oltre 5614 7721 13335TOTALE 26.487 28.262 54.749

POPOLAZIONE RESIDENTE A FAENZA AL 31/12/2005 ETA' MASCHI FEMMINE TOTALE 0-2 729 691 1.420

3-14 2.691 2.594 5.28515-19 1.058 1.060 2.11820-39 7.163 6.937 14.10040-59 7.811 7.784 15.59560-64 1.520 1.590 3.110

65-oltre 5.738 7.777 13.515TOTALE 26.710 28.433 55.143

Il dato più recente sulla popolazione residente è il seguente: la popolazione residente al 31/12/2005 è pari a 55.143 abitanti e 23.170 nuclei familiari. Si è assistito nel quadriennio 1995 - 1998 ad un tendenziale calo della popolazione (meno 240). Nel 1999 e nel 2000 si è assistito ad una inversione di tendenza con una crescita complessiva nei due anni della popolazione (+ 224) .

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Dal 2000 ad oggi la crescita è stata costante Si deve, comunque, far presente che Faenza negli anni ‘60-’70 (che sono stati quelli di espansione demografica) non ha mai superato i 56.000 abitanti, per cui si può fondatamente sostenere che l’oscillazione è rimasta sostanzialmente stabile fra 55.000 e 53.000 abitanti, anche negli anni ‘80 e ’90 che sono stati di calo demografico. Oggi l’aumento della popolazione sembra una tendenza destinata a durare, essendo Faenza centro attrattivo di flussi.

10. FLUSSI TURISTICI Con riferimento ai flussi turistici dai quali la città di Faenza è interessata, si trovano spunti di riflessione interessanti sui dati pubblicati annualmente dalla Provincia, relativi agli arrivi e alle presenze.

ARRIVI E PRESENZE NELLE STRUTTURE RICETTIVE DI FAENZA

Anno Arrivi Presenze 1998 30.699 69.247 1999 35.954 88.047 2000 37.873 99.019 2001 38.600 94.033 2002 40.174 82.744 2003 38.349 68.973 2004 37.064 67.551

Al 31/8/2005 25.562 53.226 Le richieste di informazioni fornite dall’Associazione Pro-Loco nel 2004 sono state:

- in ufficio:1.132, - telefoniche:3.195, - scritte:180, - per e-mail:185.

Questi dati, a prescindere da ogni analitico commento, portano, comunque, a confidare nel fatto che Faenza come città d’arte si colloca su un piano di indiscussa presenza turistica. Le iniziative intraprese dal settore pubblico e da quello privato hanno comportato ad es. l’adesione del Comune di Faenza all’Unione di Prodotto delle città d’arte, cultura e affari dell’Emilia Romagna, la costituzione dell’A.T.I. “Itinerari della ceramica in Emilia Romagna” (e la sua conseguente adesione alla medesima Unione di prodotto), la costituzione dell’Associazione “Strade del vino e dei sapori delle colline di Faenza” (e la sua conseguente adesione alla Unione di prodotto Appennino e verde). Questi interventi non possono non portare una ricaduta positiva in termini di presenza turistica che è difficile da stimare, ma presente in modo più o meno marcato durante tutto il corso dell’anno.

11. POPOLAZIONE FLUTTUANTE Per popolazione fluttuante si devono intendere le persone (non residenti) che per ragioni di ordine vario (servizi, svago, ecc...) vivono in modo più o meno sistematico e continuativo parte della giornata nel

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territorio comunale faentino e sono soliti frequentare di conseguenza i pubblici esercizi di somministrazione per le consumazioni del caso. Mentre le stime sui flussi turistici affondano la radici in dati certi (presenze, arrivi) o quanto meno abbastanza vicini alla realtà, le stime sulla popolazione fluttuante sono di più difficile rilevazione. Faenza si trova su due assi stradali importanti (Bologna-Rimini e Firenze-Faenza) che ne fanno un luogo di naturale aggregazione e attrazione non solo rispetto ai Comuni dell’ex Comprensorio, ma anche, in particolare, nei confronti delle altre località del versante romagnolo delle vallate del Senio e del Lamone (come Palazzuolo e Marradi) ed inoltre Modigliana e Tredozio, benché appartenenti ad altre provincie. Senza dilungarsi per ovvie ragioni di tempo, spazio e costi su un’analisi dei fattori che fanno di Faenza un Comune notoriamente attrattivo di flussi, si ha fondato motivo per ritenere estremamente consistente il dato sulla popolazione fluttuante comprensiva del cospicuo numero di studenti, lavoratori, turisti e frequentatori del centro storico e dei locali faentini che a vario titolo ed in fasce orarie diverse sono soliti “transitare” a Faenza. Preso atto delle risultanze di cui al paragrafo precedente e del fatto che Faenza è incontestabilmente un centro attrattivo di flussi si ritiene appropriato stimare in circa 6.000 persone il valore complessivo della popolazione fluttuante. Questa stima assorbe e ricomprende in via di prima approssimazione, i valori relativi ai flussi turistici, descritti al precedente punto, con tutte le considerazioni di variabilità estrema e di evoluzione che si presentano.

12. REDDITO DELLA POPOLAZIONE

Il reddito pro-capite di un abitante delle provincia di Ravenna era di L.17.640.000 secondo i dati ISTAT del 1990.

Nel 1997 il reddito pro-capite dello stesso abitante era di L. 36.264.000. Il valore aggiunto pro-capite al 2001 (fonte: Istituto Tagliacarne) è pari a: € 21.551 per la provincia di Ravenna, posizionata al 26° posto nella graduatoria nazionale rispetto ad una media nazionale di € 18.794. Il valore aggiunto pro-capite al 2003 (fonte: Istituto Tagliacarne) è pari a: € 24.228 per la provincia di Ravenna, posizionata al 10° posto nella graduatoria nazionale rispetto ad una media nazionale di € 20.232. Sono disponibili dati anche a livello comunale relativi al reddito medio pro – capite riferiti al 1999: € 14.677 Faenza € 14.258 Ravenna € 15.505 Emilia-Romagna € 14.639 Italia. Quelli più recenti sono riferiti al 2001 e sono come sopra relativi al reddito medio pro-capite delle famiglie : € 18.110 Faenza € 17.300 Ravenna € 18.790 Emilia-Romagna € 17.923 Italia Dal complesso dei dati (che si ripete sono risultanze statistiche) emerge una situazione complessivamente positiva circa il reddito della popolazione rispetto ad altre aree geografiche del paese.

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13. ABITUDINE AL CONSUMO EXTRADOMESTICO Per quanto riguarda l’abitudine al consumo extradomestico la Romagna per tradizione si è sempre caratterizzata ai vertici nazionali in tema di consumo extradomestico. La popolazione faentina ha una spiccata vocazione al consumo extradomestico, anche se tale vocazione spesso si estrinseca (non solo nei pubblici esercizi, ma anche nel commercio al dettaglio) con consistenti quote di evasione verso l’offerta commerciale che presentano i comuni limitrofi. Al riguardo non risultano studi locali o ricerche specifiche, tuttavia tali conclusioni possono essere considerate attendibili. Un dato inequivocabile è costituito dall’ISTAT che ha recentemente divulgato la notizia che “…la spesa per consumi relativi a servizi ricettivi e di ristorazione a settembre 2005 è aumentata, rispetto a settembre 2004, del 2,4%” a testimonianza del fatto che nonostante gli effetti dell’euro, la contrazione dei consumi, l’inflazione ecc.. il settore della somministrazione continua in un trend positivo, ormai da anni. I motivi possono essere i più disparati : ritmi di vita che portano per lavoro a consumare celermente pasti fuori casa, tendenza dei giovani a trovarsi in locali che diventano luogo d’incontro e svago, possibilità per gli operatori di offrire in fasce orarie diverse servizi che si adattano e si modellano a seconda del tipo dei frequentatori, predisposizione generalizzata a contrarre prevalentemente i consumi per beni di lusso o di abbigliamento, ma non quelli relativi alla somministrazione ecc… Per desumere la spesa media pro capite in tema di pasti e consumazioni fuori casa si è tenuto conto dalla fonte ufficiale (ISTAT) che definisce la spesa media mensile delle famiglie. Si ritiene però fuorviante concentrare lo studio sulla spesa delle famiglie in quanto i parametri che dovranno essere stilati dovranno necessariamente calibrarsi sulla persona e non su un insieme di persone. Consapevoli della difficoltà di individuazione di un valore in termini monetari da attribuire “statisticamente” alla persona del consumatore che tenga conto delle molteplici variabili in gioco (età, sesso, reddito, stato civile ecc..) da calare nella peculiarità della società faentina, che indiscutibilmente si caratterizza per una spiccata propensione al consumo extradomestico, si può affermare che la spesa media mensile individuale è di 80 euro, per cui quella annuale è di conseguenza 960 euro. 14. CALCOLO DEL PARAMETRO NUMERICO di cui ai Criteri di programmazione previsti dalla LR 14/2003.

Su queste basi è possibile addivenire alle seguenti conclusioni circa il consumo complessivo che caratterizza Faenza: 960 euro (spesa media individuale annuale) X 60000(popolazione residente + fluttuante + flussi turistici) = 57.600.000 euro

Se il valore 57.600.000 dovrebbe costituire la cosiddetta “potenzialità del mercato faentino” nel settore della somministrazione, è doveroso fare subito un confronto con il fatturato medio che dovrebbe permetterci di capire a grandi linee se per l'offerta è sostenibile l'assetto attuale.

Sulla base di quanto stimato in precenza si può affermare che il fatturato complessivo è di 59.475.000 euro, che si ricava moltiplicando 183 (n° totale dei pubblici esercizi soggetti a programmazione) per 325.000 euro (fatturato di un pubblico esercizio “unitario”).

Come si evince dalle cifre trovate appare evidente che la spesa dei faentini (comprensiva della spesa della popolazione fluttuante e dei turisti) è inferiore a quello che dovrebbe essere il fatturato medio per esercizio, ragion per cui il mercato è saturo di esercizi.

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Infatti sottraendo 59.475.000 - 57.600.000 ------------ troviamo 1.875.000 euro Suddividendo 1.875.000 per 325.000 si ottiene un valore pari a 5,7 a testimonianza del fatto che

dovrebbero cessare almeno 6 esercizi prima di poter procedere a nuovi rilasci di autorizzazione.

15. CONCLUSIONI La rete distributiva faentina in materia di somministrazione con il rilascio di 37 nuove autorizzazioni tra il 2001 e il 2005 (+ 25% degli esistenti) per i motivi che sono stati evidenziati (bandi + sdoppiamento e trasferimento autorizzazioni) risulta sufficientemente coperta, sia per quanto riguarda i bar che per quanto riguarda i ristoranti. Lo squilibrio in materia di ristorazione che era presente fino al 2000 è stato ampiamente colmato. Ora esistono esercizi che coprono le più ampie possibilità di domanda di erogazione del servizio (bar per servizio di prima colazione, bar con servizio di piccola ristorazione, ristoranti self service, trattorie, pizzerie, pub, ristoranti di qualità, ecc..); inoltre, non può essere sottaciuta la crescita in termini di qualità e completezza del servizio reso dalle imprese agrituristiche che sono ben 12 sul territorio e che potrebbero avvalersi delle facoltà previste dalla LR 14/2003 nel prossimo quinquennio. Si ritiene di non prevedere zonizzazioni, stante la particolare conformazione del territorio faentino e la tradizione pianificatoria da sempre esistente nel settore che non aveva mai puntato su micro zonizzazioni per i vincoli immotivati che potrebbe creare. Allo stato attuale con 183 esercizi esistenti non sussistono le condizioni per procedere a nuovi rilasci di autorizzazione di pubblico esercizio. Nel caso in cui dovessero cessare sei (6) esercizi esistenti e il numero complessivo dovesse scendere sotto a 178 (che deve rappresentare il n° ottimale ) l'Amministrazione deve procedere al rilascio di una nuova autorizzazione. Nel caso risultassero nuove disponibilità per procedere ai rilasci di autorizzazioni per pubblico esercizio si dovrà procedere con appositi bandi per evidenti ragioni di trasparenza e pubblicità dell’azione della pubblica amministrazione. Considerando l’attuale assetto della rete e l’intendimento primario dell’Amministrazione Comunale che è quello di adottare politiche di valorizzazione e di rilancio del centro storico, si ipotizza l’attivazione di un pubblico esercizio in deroga ai criteri esclusivamente nella Piazza Nenni con il vincolo del non trasferimento in altri locali. Sempre con l’intendimento di favorire le associazioni che svolgono un importantissimo ruolo aggregativo in centro storico, si ritengono sussistenti le condizioni per rilasciare in deroga n. 3 autorizzazioni di pubblico esercizio da destinare ai circoli privati esistenti in centro storico con il vincolo del non trasferimento fuori dai locali del circolo, in modo da valorizzarli e completarli, a condizione che svolgano l’attività nel rispetto delle leggi vigenti in materia di somministrazione pubblica (requisiti edilizi e igienico sanitari) e con connotati di continuità in ordine all’erogazione del servizio.

Queste deroghe, peraltro previste anche nella preesistente pianificazione, sono tutte caratterizzate da un unico comune denominatore costituito dalla necessità ormai imprescindibile di sostenere da una parte le imprese e le associazioni che a vario titolo hanno scelto di operare fra mille difficoltà in centro storico, e dall’altra di lanciare un messaggio forte alla cittadinanza in tema di valorizzazione

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del centro storico. Proprio per questo si auspica anche un trasferimento delle autorizzazioni di pubblico esercizio esistenti all’interno dei rioni faentini e dei circoli che hanno una più spiccata propensione all’erogazione del servizio di somministrazione ai propri soci.

Come principio generale ogni autorizzazione rilasciata in deroga (seppur caratterizzata dai vincoli sopra meglio evidenziati) entra nel computo delle autorizzazioni esistenti con tutte le conseguenze del caso circa il calcolo delle autorizzazioni rilasciabili. Da ultimo, tenuto conto dei problemi di viabilità, di parcheggio, di arredo urbano e considerate le ristrutturazioni dei chioschi di piadina intervenute in questi ultimi anni e la qualità media del servizio che svolgono, si impone (rimanendo in linea con le scelte pianificatorie già compiute in tema di commercio su aree pubbliche) la necessità di non prevedere ulteriori chioschi, essendo più che sufficiente il numero delle strutture presenti.

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Allegato 1-B parte integrante e sostanziale dell’atto C.C. n. del

COMUNE DI FAENZA

SETTORE SVILUPPO ECONOMICO

SERVIZIO COMMERCIO E LICENZE - SUAP

Legge regionale 26 luglio 2003, n. 14 “Disciplina dell’esercizio dell’attività di somministrazione

di alimenti e bevande”

Criteri di programmazione

NORME DI ATTUAZIONE

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CAPO I

Ambito di applicazione dei criteri di programmazione

Art. 1 Attività di somministrazione di alimenti e bevande

soggette ai criteri di programmazione

1. I criteri di programmazione si applicano per l'apertura, il trasferimento, la modifica della superficie degli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande di cui all'art. 8 della LR 14/2003.

Art. 2 Attività di somministrazione di alimenti e bevande

non soggette ai criteri di programmazione

1. I criteri di programmazione non si applicano: a) per l'apertura degli esercizi di cui all'art. 4, comma 5, della legge regionale 26 luglio 2003 n. 14, (procedimenti subordinati a denuncia di inizio attività) con le seguenti ulteriori specificazioni: - per attività di somministrazione esercitata all'interno di strutture di servizio si intende la somministrazione effettuata all'interno di : centri agro-alimentari, mercati all'ingrosso, centri fieristici; - per attività di somministrazione non aperte al pubblico individuate dal comune si intende la somministrazione effettuata all'interno di palestre (con accesso del pubblico limitato ai fruitori delle pratiche sportive), e all'interno di ospedali, cliniche; b) per le attività di somministrazione svolte nei limiti dei compiti istituzionali e senza fine di lucro nell'ambito delle strutture di cui all'art. 9 della legge regionale n. 14 del 2003 e nell'ambito di parrocchie, centri sociali, centri circoscrizionali senza connotazioni di imprenditorialità (procedimento non subordinato ad autorizzazione di pubblico esercizio di cui all’art. 8 della LR 14/2003); c) per le attività di somministrazione temporanea al pubblico (procedimento subordinato a denuncia di inizio attività) d) per le attività di somministrazione al pubblico svolte nell'ambito degli esercizi autorizzati come agriturismo (procedimento subordinato ad autorizzazione di cui alla LR 26/1994) e) per le attività di somministrazione al pubblico svolte nell'ambito di strutture ricettive alberghiere (procedimento subordinato ad autorizzazione di cui all'art. 8 della LR 14/2003). 2. Ai sensi della legge regionale n. 14 del 2003, i criteri di programmazione non si applicano, inoltre: a) all'esercizio della somministrazione al pubblico di alimenti e bevande da parte delle imprese agrituristiche che intendono avvalersi delle disposizioni transitorie di cui all'art. 20, comma 6, della

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legge regionale n. 14 del 2003; queste autorizzazioni in deroga di pubblico esercizio di somministrazione di cui all’art. 8 della LR 14/2003 una volta rilasciate all'impresa agrituristica con i vincoli previsti dalla legge regionale entrano nel computo delle autorizzazioni esistenti ai fini della determinazione delle disponibilità per nuovi rilasci. b) all'esercizio della somministrazione di alimenti e bevande da parte delle associazioni e dei circoli aderenti ad enti o organizzazioni nazionali aventi finalità assistenziali, per i quali ricorrono le condizioni di cui all'art. 2, del DPR 4 aprile 2001, n. 235; c) all'esercizio della somministrazione di alimenti e bevande da parte delle associazioni e dei circoli non aderenti ad enti o organizzazioni nazionali aventi finalità assistenziali, per i quali ai sensi dell’art.3 del DPR 4 aprile 2001, n.235 sussiste il possesso dei requisiti di cui all’art. 111 e 111-bis del DPR 22.12.1986, n.917 e che risultino enti non commerciali con attività di somministrazione non affidata in gestione a terzi; d) all'esercizio della somministrazione che avviene nell'ambito delle attività di bed & breakfast, semprechè limitata alla prima colazione e pertanto, nell'ambito delle disposizioni di cui all'art. 13 della legge regionale n. 16/2004. e) all'esercizio della somministrazione che avviene nell'ambito delle attività di affittacamere, semprechè limitata alle persone alloggiate.

Art. 3 Vincoli sulle attività non soggette ai criteri di programmazione

1. Le attività di somministrazione di alimenti e bevande non soggette a criteri di programmazione sono vincolate alle condizioni che ne hanno consentito l'apertura. L’attività di somministrazione effettuata nel caso in cui cessi il legame fisico-funzionale con l’attività che l’ha originata comporta l’applicazione delle sanzioni previste dalla legge.

Art. 4 Attività soggette ai criteri di programmazione

1. E' assoggettata ai criteri di programmazione l'apertura degli esercizi di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande non ricompresi fra i casi di esclusione di cui ai precedenti articoli. 2. E', altresì, assoggettato ai criteri di programmazione l'esercizio dell'attività di somministrazione di alimenti e bevande che avviene da parte delle associazioni e dei circoli non aderenti ad enti o organizzazioni nazionali aventi finalità assistenziali, che ai sensi dell’art. 3 del DPR 4 aprile 2001, n.235 non possiedono i requisiti di cui all’art. 111 e 111-bis del DPR 22.12.1986, n.917 e che risultino con attività di somministrazione con connotati di imprenditorialità affidata in gestione a terzi.

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CAPO Il

Definizione dei parametri

Art. 5 Definizione del numero di nuove aperture di esercizi di somministrazione al pubblico

1. L'attivazione di nuovi esercizi di somministrazione al pubblico, in quanto assoggettabile ai criteri di programmazione, avviene sulla base del numero di autorizzazioni disponibili. 2. Per autorizzazione "esistente" di esercizio di somministrazione al pubblico si intende l'autorizzazione relativa ad un' esercizio con attività attiva o sospesa, i cui effetti non sono venuti meno per decadenza, revoca, o per rinuncia del titolare . Per determinare il numero delle autorizzazioni esistenti si deve tener conto delle autorizzazioni relative ad attività attive o sospese e delle cessazioni, revoche, decadenze e rinunce intervenute alla data in cui si effettua il calcolo. Il numero di autorizzazioni esistenti di pubblico esercizio alla data di entrata in vigore dei presenti criteri è 183. 3. Il numero ottimale di autorizzazioni di esercizi di somministrazione al pubblicl è un dato fisso per la durata dei presenti criteri ed è fissato in 178. 4. Il numero delle autorizzazioni disponibili è dato dalla differenza che deve dare un valore positivo tra il n° ottimale delle autorizzazioni (178) meno il n° delle autorizzazioni esistenti; essendo il n° delle autorizzazioni esistenti superiore al n° ottimale, non sussistono alla data di adozione dei presenti criteri le condizioni per procedere a nuovi rilasci di autorizzazione in nessuna parte del territorio, a parte le deroghe previste negli articoli seguenti. 4. Nel caso di cessazione dell'attività, decadenza o revoca di almeno 6 autorizzazioni si potrà procedere al rilascio di una nuova autorizzazione. Nel caso dovessero verificarsi disponibilità per nuovi rilasci l'Amministrazione Comunale provvederà entro 60 giorni ad adottare un bando pubblico per l'assegnazione delle autorizzazioni disponibili nel quale saranno definiti termini, modalità di presentazione e di valutazione delle domande. In ogni caso non è possibile procedere al rilascio di una nuova autorizzazione di esercizio di somministrazione al pubblico assoggettato a criteri di programmazione senza la procedura di bando pubblico.

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CAPO III

Disciplina dei trasferimenti di sede

Art. 6 Attività di somministrazione non soggette ai criteri di programmazione

1. Il territorio comunale non è suddiviso in zone, per cui il trasferimento di sede è sempre ammesso, fatto salvo il rispetto delle disposizioni vigenti in materia edilizia, urbanistica, igienico sanitaria, di sorvegliabilità dei locali e di prevenzione incendi. Il trasferimento di sede delle attività di somministrazione non soggette all'applicazione dei criteri di programmazione, è sottoposto agli stessi requisiti e presupposti che determinano, per le attività medesime, l'attivazione dell'esercizio. 2. La distanza tra esercizi non può costituire motivo di non accoglimento della denuncia di inizio attività di trasferimento di sede.

Art. 7 Attività di somministrazione soggette

ai criteri dì programmazione o ad autorizzazione 1. Il territorio comunale non è suddiviso in zone, per cui il trasferimento di sede è sempre autorizzabile, fatto salvo il rispetto delle disposizioni vigenti in materia edilizia, urbanistica, igienico sanitaria, di sorvegliabilità dei locali e di prevenzione incendi. Il trasferimento di sede delle attività soggette all'applicazione dei criteri di programmazione è sottoposto ad autorizzazione. 2. La distanza tra esercizi non può costituire motivo di diniego dell'autorizzazione al trasferimento.

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CAPO IV Disciplina degli ampliamenti e delle riduzioni di superficie

Art. 8 Ampliamenti e riduzioni della superficie di somministrazione

1. L'ampliamento della superficie di somministrazione non è soggetto a criteri di programmazione. L'ampliamento della superficie di somministrazione è subordinato a domanda e ad autorizzazione per gli esercizi soggetti a criteri di programmazione, previa verifica delle disposizioni vigenti in materia edilizia, urbanistica, igienico sanitaria, di sorvegliabilità dei locali e di prevenzione incendi. 2. In materia di riduzione della superficie di somministrazione non sono fissati, ai soli effetti della disciplina di cui alla legge regionale n. 14 del 2003, limiti di "superficie minima" degli esercizi. Sono fatte salve le limitazioni previste dal Regolamento Comunale d’Igiene. La riduzione della superficie comporta un aggiornamento dell'autorizzazione esistente. 3. L'ampliamento e la riduzione della superficie di somministrazione è subordinato a denuncia di inizio attività per gli esercizi non soggetti a criteri di programmazione, previa verifica delle disposizioni vigenti in materia edilizia, urbanistica, igienico sanitaria, di sorvegliabilità dei locali e di prevenzione incendi.

CAPO V

Deroghe ai criteri

Art. 9 Deroghe

1. In deroga a quanto disposto nell'art.5, per la durata dei presenti criteri è previsto il rilascio di una autorizzazione di esercizio di somministrazione al pubblico in Piazza Nenni con il vincolo del non trasferimento in altre vie o piazze in capo all'assegnatario dei locali. 2. In deroga ai presenti criteri è prevista la possibilità di procedere al rilascio di n.3 autorizzazioni di esercizio di somministrazione al pubblico destinate alla valorizzazione e al sostegno dei circoli privati del centro storico che effettuano la somministrazione ai soci esistenti al 31.12.2000. Nel periodo dal 01.06.2006 al 15.07.2006 è data facoltà ai circoli privati esistenti al 31.12.2000 con attività di somministrazione ai soli soci ubicati in centro storico (all’interno del perimetro costituito dalle mura medioevali più mura del Borgo) di chiedere al Comune il rilascio dell’autorizzazione di esercizio di somministrazione al pubblico. Il rilascio dell’autorizzazione di esercizio di somministrazione al pubblico può intervenire esclusivamente per i locali in cui viene svolta l’attività di somministrazione nel circolo privato e nel rispetto di quanto disposto nella legge regionale 14/2003. L’autorizzazione di

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esercizio di somministrazione al pubblico non può essere oggetto di autonomo trasferimento rispetto al luogo in cui viene svolta l’attività ricreativa del circolo privato e decade qualora venga meno il legame fisico funzionale che l’ha originate o l’attività del circolo privato. Queste autorizzazioni in deroga una volta rilasciate entrano nel computo delle autorizzazioni esistenti ai fini della determinazione delle disponibilità per nuovi rilasci. Nel caso in cui non si esauriscano le disponibilità previste si procederà al rilascio delle autorizzazioni disponibili per i circoli del centro storico per esaurimento, previa domanda da presentarsi esclusivamente da parte dei circoli del centro storico esistenti al 31/12/2000. Per domande concorrenti in materia di circoli si intendono le domande correttamente presentate in ordine ai presupposti e ai requisiti che pervengono in un arco temporale durante il quale non è intervenuta la conclusione del procedimento relativa alla domanda presentata prima; in questo caso le domande sono oggetto di valutazione comparata che deve tener conto del rispetto delle normative urbanistiche, edilizie, igienico sanitarie, di sorvegliabilità dei locali; a parità di condizioni (disponibilità di locali a norma con le vigenti disposizioni) si deve tener conto della data di presentazione della domanda; in caso di ulteriore parità si deve preferire la domanda con superficie di somministrazione maggiore. 3. In deroga ai criteri di programmazione è previsto il rilascio di autorizzazioni all'apertura di esercizi per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande da attivarsi nell'ambito: - di strutture ricettive alberghiere (le autorizzazioni di pubblico esercizio di cui all’art. 8 della LR 14/2003 esistenti alla data di adozione del presente atto all’interno delle strutture alberghiere esistenti non possono essere oggetto di trasferimento di sede con contestuale richiesta di nuova autorizzazione nei locali originari, se non unitamente al trasferimento dell’azienda alberghiera; solo nel caso di cessazione definitiva dell’attività alberghiera le autorizzazioni esistenti di esercizio di somministrazione al pubblico possono essere trasferite in altri locali). 4. Le fattispecie disciplinate dal presente articolo sono subordinate ad autorizzazione, ancorchè l'attività risulti in deroga rispetto ai criteri di programmazione; queste autorizzazioni in deroga una volta rilasciate entrano nel computo delle autorizzazioni esistenti ai fini della determinazione delle disponibilità per nuovi rilasci e sono vincolate alla struttura a cui dipendono; decadono nel caso in cui dovesse cessare il legame fisico – funzionale che le ha originate.

CAPO VI Disposizioni particolari per i chioschi

Art. 10 Chioschi di piadina

1. E’ sempre disposto il rilascio dell’autorizzazione di esercizio di somministrazione al pubblico in forma stagionale (fino ad un massimo di mesi 8 per anno solare) ai titolari dei chioschi di piadina esistenti nel territorio comunale. 2. L’autorizzazione stagionale non può essere oggetto di autonomo trasferimento rispetto al luogo in cui è svolta l’attività del chiosco di piadina e decade qualora venga meno il legame fisico - funzionale con l’attività che l’ha originata.

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CAPO VII

Disposizioni finali

Art. 11 Disposizioni finali

1. Per tutto quanto non previsto si rinvia alle disposizioni di legge e alle norme sul procedimento relativo ai pubblici esercizi di somministrazione allegate al presente atto deliberativo.

Art. 12 Validità dei criteri

1. La validità dei presenti criteri è fissata in anni cinque a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente atto. Fino a quando i criteri non saranno oggetto di modifica o rinnovo continuano ad applicarsi anche dopo la scadenza quinquennale. 2. L’Amministrazione comunale si riserva di modificare anche prima della scadenza il presente atto sulla base dei mutati parametri socio - economici a cui è subordinato e per riequilibrare l’assetto della rete distributiva.

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Allegato 1- C parte integrante e sostanziale dell’Atto C.C. n. del

COMUNE DI FAENZA

SETTORE SVILUPPO ECONOMICO

SERVIZIO COMMERCIO E LICENZE - SUAP

Legge regionale 26 luglio 2003, n. 14 “Disciplina dell’esercizio dell’attività di somministrazione

di alimenti e bevande”

NORME SUL PROCEDIMENTO

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Capo I

Premessa

Art. 1 Definizioni

1. Ai fini del presente regolamento, si intendono: a) per TULPS, il testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 e successive modifiche ed integrazioni; b) per regolamento di esecuzione del TULPS, il regolamento per l’esecuzione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635 e successive modifiche ed integrazioni; c) per legge regionale n. 14/2003, la legge regionale 26 luglio 2003, n. 14, disciplina dell’esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande; d) per legge 287/1991, la legge 25 agosto 2001, n.287 abrogata dalla LR 14/2003, ad eccezione degli art. 4 c.2 e art.9; e) per legge n. 241/1990, la legge 7 agosto 1990, n. 241, nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi, successive modifiche ed integrazioni; f) per decreto ministeriale n. 564 del 1992, il decreto ministeriale 17 dicembre 1992, concernente i criteri di sorvegliabilità dei locali adibiti a pubblici esercizi, successive modifiche ed integrazioni; h) per deliberazione regionale n. 2209 del 2004, la deliberazione di giunta regionale 10 novembre 2004, n. 2209 concernente le direttive generali per la fissazione, da parte dei comuni, dei criteri di programmazione per il rilascio delle autorizzazioni degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande in attuazione dell’art. 4, comma 2 della legge regionale 26 luglio 2003, n. 14; g) per deliberazione regionale n. 863 del 2005, la deliberazione di Giunta regionale 13 giugno 2005, n. 863 concernente indicazioni ai comuni relativamente alle modalità di applicazione dell’art. 19 della legge 241 del 1990 come modificato dalla legge n. 80/2005.

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Capo II Trasparenza e snellezza dell’azione amministrativa,

partecipazione al procedimento

Art. 2

Principi e finalità generali 1. A completamento dei principi fissati dalle leggi e dallo statuto, sono affermati i seguenti ulteriori principi e finalità cui dovrà uniformarsi l’attività amministrativa e particolarmente, l’attività degli uffici preposti all’esercizio delle competenze di tipo gestionale in materia di somministrazione di alimenti e bevande: a) realizzare il diritto dei cittadini e delle imprese all’informazione circa le opportunità di esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande, nonché circa i limiti ai quali l’esercizio dell’attività medesima è sottoposto, avvalendosi di tecniche e modalità che consentano di ottimizzare il rapporto fra qualità e livello dell’informazione e relativi costi; b) agevolare l’accesso ai documenti amministrativi, in base a criteri di economicità e speditezza dell’azione amministrativa; c) semplificare i procedimenti amministrativi a carico dei cittadini e delle imprese, attraverso la predisposizione di adeguata modulistica per la presentazione delle domande o delle denunce, la riduzione delle certificazioni a favore delle autodichiarazioni, l’eliminazione di ogni possibile aggravio del procedimento, privilegiando le esigenze di celerità ed economicità dell’azione amministrativa; d) definire i tempi certi per la conclusione dei procedimenti. 2. Per la realizzazione dei principi e delle finalità di cui al comma 1, è fatto rinvio ai regolamenti assunti in via generale dal Comune, in attuazione delle disposizioni di cui alla legge n. 241/1990, fatto salvo, in ogni caso, quanto previsto ai successivi articoli.

Art. 3 Unità organizzativa titolare del procedimento

1. Per ciascun tipo di procedimento amministrativo di cui al presente regolamento, l’unità organizzativa titolare del procedimento medesimo, cui compete l’istruttoria ed ogni altro adempimento necessario alla sua definizione, è il

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Servizio Commercio e Licenze - SUAP del Settore Sviluppo Economico. 2. Le altre unità organizzative che intervengono in una o più fasi del procedimento, sono tenute a prestare piena e tempestiva collaborazione all’unità organizzativa procedente.

Art. 4 Responsabile del procedimento

1. La competenza per il rilascio delle autorizzazioni è del Dirigente Capo Settore Sviluppo Economico. 2. Al responsabile del procedimento spettano i compiti stabiliti dalla legge n. 241/1990 e l’attività di impulso nei confronti delle altre unità organizzative che intervengono in una o più fasi del procedimento, ai fini del rispetto dei termini previsti per la conclusione del procedimento medesimo.

Art. 5 Comunicazione di avvio del procedimento

1. Il responsabile del procedimento provvede con il ricevimento della domanda o della denuncia da parte del Comune, a dare notizia dell’avvio del procedimento, sempre che la domanda o la denuncia sia regolare, ovvero contenga tutte le informazioni atte a consentirne l’istruttoria formale, e sempre che la comunicazione per il numero dei destinatari o per la difficoltà circa la loro identificazione non risulti gravosa. 2. L’avvio del procedimento è comunicato con le modalità fissate nel Regolamento comunale dei procedimenti.

Art. 6 Non conformità delle domande e delle denuncie

1. Nel caso in cui la domanda o la denuncia risulti carente o incompleta in uno o più degli elementi atti a consentirne l’istruttoria formale, il responsabile del procedimento provvede a dare notizia della interruzione del procedimento, indicando gli elementi predetti ed assegnando un termine, di norma pari a 30 (trenta) giorni, entro il quale l’interessato dovrà provvedere alla regolarizzazione della domanda o della denuncia.

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2. Decorso infruttuosamente il termine di cui al comma 1, il responsabile del procedimento propone al Dirigente di disporre: a) per le domande, l’invio al soggetto richiedente di apposita comunicazione dei motivi ostativi nella quale si rende nota l’impossibilità di portare a conclusione il procedimento e il conseguente non accoglimento della domanda; b) per le denunce, l’invio di apposita comunicazione con la quale, richiamata l’impossibilità di procedere a verifica i presupposti e i requisiti di legge, diffida l’interessato dall’esercizio dell’attività o dal porre in essere ogni effetto correlato alla denuncia, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività e dei suoi effetti entro un termine prefissato, in ogni caso non inferiore a 30 giorni. 3. Con la comunicazione di cui al comma 1 e la conseguente interruzione del procedimento, i termini per la formazione del silenzio-assenso e quello per la conclusione del procedimento di controllo decorrono dalla data di regolarizzazione, da parte del soggetto interessato, della domanda o della denuncia. 4. Qualora la comunicazione di cui al comma 1 non sia effettuata, i termini di cui al comma 3 decorrono comunque dal ricevimento della domanda o della denuncia. 5. Nel caso in cui la domanda o la denuncia risulti carente o incompleta, ma non in modo tale da non consentirne l’avvio dell’istruttoria formale, si provvede a dare avvio al procedimento, pur segnalando all’interessato l’esigenza di provvedere entro un breve termine alla sua regolarizzazione. 6. Nella fattispecie di cui al comma 5, non si interrompono i termini per la formazione del silenzio-assenso, né i termini per la conclusione del procedimento, sempre che l’interessato provveda alla regolarizzazione della domanda o della denuncia entro il termine prefissato.

Art. 7

Comunicazione di iniziativa di atti sfavorevoli 1. L’avvio di procedimenti volti alla revoca, all’annullamento, alla decadenza o alla sospensione di un provvedimento a carattere autorizzatorio, o comunque, di provvedimenti interdettivi o limitativi dell’esercizio dell’attività, deve essere preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento, nella quale sono indicati, oltre alle informazioni di cui all’art. 7 della legge 241/1990, i fatti che giustificano la determinazione a procedere. 2. I soggetti direttamente interessati e coloro ai quali possa derivarne un rilevante e riconoscibile pregiudizio, hanno diritto: a) di prendere visione degli atti del procedimento;

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b) di presentare documenti, memorie ed opposizioni che l’autorità procedente ha l’obbligo di valutare, ove siano pertinenti all’oggetto del procedimento; c) chiedere di essere ascoltati dall’unità organizzativa competente sui fatti rilevanti ai fini della decisione. 3. I soggetti interessati possono esercitare i diritti di cui al comma 2 entro il termine di norma fissato in 10 (dieci) giorni dal ricevimento dell’apposita comunicazione, salvo che, per motivate esigenze, non sia disposto diversamente dal responsabile del procedimento. 4. Le ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento che non consentono la comunicazione dell’iniziativa ai sensi dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, debbono essere specificate nel provvedimento.

Capo III

Norme di gestione del procedimento

Art. 8 Tipologia dei procedimenti

1. Ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 8, commi 1 e 4, della legge regionale n. 14/2003 e dell’art. 20 della legge n. 241/1990, sono sottoposti ad autorizzazione in regime di silenzio assenso: a) l’apertura di nuovi esercizi per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande assoggettati ai criteri di programmazione di cui all’art. 4, comma 2, della legge regionale n. 14/2003, fatto salvo il rispetto di quanto disposto nel bando di assegnazione che caratterizza ogni ipotesi eventuale di nuovo rilascio di autorizzazione; b) il trasferimento di sede, l’ampliamento e la riduzione della superficie di somministrazione degli esercizi di cui alla lett. a). 2. Ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 8, comma 4, della legge regionale n. 14/2003, dell’art. 19 della legge n. 241/1990 e della deliberazione della Giunta regionale n. 863 del 13 giugno 2005, sono assoggettati a denuncia di inizio attività con possibilità di inizio immediato: a) l’apertura, il trasferimento di sede, l’ampliamento e la riduzione della superficie di somministrazione delle attività indicate all’art. 4, comma 5, della legge regionale n. 14/2003, in quanto non assoggettabili ai criteri di programmazione per il rilascio delle autorizzazioni; b) l’apertura, il trasferimento di sede, l’ampliamento e la riduzione della superficie di somministrazione di tutte le attività non soggette a criteri di programmazione.

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3. Sulla base del principio di cui al comma precedente sono, inoltre, assoggettati a denuncia di inizio attività con possibilità di partenza immediata i seguenti procedimenti: - subentro in attività di somministrazione al pubblico con rilascio di autorizzazione

al termine del procedimento; - somministrazione temporanea di cui all’art. 10 della LR 14/2003. 4. Il Dirigente per esigenze del servizio può modificare quanto sopra disposto in ordine alla tipologia dei procedimenti con apposito atto deterninativo.

Art. 9 Disciplina del procedimento autorizzatorio

1. Le domande di apertura di nuovo esercizio e di trasferimento di sede sono presentate sulla modulistica appositamente predisposta e devono contenere gli elementi in essa previsti, in quanto necessari alla loro valutazione. 2. Nel caso di presentazione a mano della domanda presso il Servizio Commercio e Licenze – SUAP il responsabile del procedimento per ragioni di snellimento burocratico può ovviare alla comunicazione di avvio del procedimento con l’apposizione di un timbro di ricevuta sulla copia da restituire al richiedente. 3. Il responsabile del procedimento provvede all’esame della domanda in relazione ai seguenti requisiti: a) requisiti morali di cui all’art. 6, comma 1, della legge regionale n. 14/2003 ed artt. 11 e 92 del TULPS, nonché di quelli richiesti dalle disposizioni in materia di lotta alla delinquenza mafiosa; b) requisiti professionali di cui all’art. 6, commi 2 e 3, della legge regionale n. 14/2003; c) compatibilità con i criteri di programmazione di cui all’art. 4, comma 2, della legge regionale predetta. 4. Nei casi di procedimenti sottoposti ad autorizzazione per nuovo rilascio (salvo diverse disposizioni previste nel bando di assegnazione di nuove autorizzazioni), trasferimento di sede, ampliamento o modifica della superficie, prima della decorrenza del termine fissato per la formazione del silenzio-assenso, è assunto, in caso di verifica positiva, un provvedimento formale con il quale il Comune: a) riconosce la sussistenza di requisiti morali e professionali idonei all’esercizio dell’attività; b) dichiara la fattibilità dell’intervento in relazione ai criteri di programmazione o ai parametri per il rilascio delle autorizzazioni; c) assegna al soggetto richiedente un termine, di norma pari a 6 (sei) mesi, per la realizzazione delle ulteriori condizioni alle quali è subordinato il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività e che attengono:

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1) al rispetto delle prescrizioni urbanistiche ed edilizie ed in particolare, in materia di destinazione d’uso, di conformità edilizia e di agibilità; 2) al rispetto delle norme in materia igienico-sanitaria specificamente previste ai fini dell’esercizio dell’attività di somministrazione; 3) alla realizzazione delle condizioni di sorvegliabilità dei locali di cui al decreto ministeriale n. 564 del 1992. 5. Contestualmente alla formalizzazione del provvedimento di cui al comma 4, nei casi di nuovo rilascio di autorizzazione a seguito di bando il responsabile del procedimento provvede a prenotare l’autorizzazione la quale viene distolta dalle disponibilità previste nei criteri di programmazione per il rilascio delle autorizzazioni. 6. Il mancato rispetto del termine di cui al comma 4, lett. c), salvo proroga in caso di comprovata necessità, determina la decadenza del provvedimento di accoglibilità della domanda ed il conseguente reintegro della disponibilità nei criteri di programmazione per il rilascio delle autorizzazioni. 7. L’emanazione del provvedimento di cui al comma 4, determina: a) l’interruzione del termine per la formazione del silenzio-assenso; b) l’esclusione, da parte dell’amministrazione procedente, di ogni ulteriore intervento di natura discrezionale sul procedimento, ovvero diverso dalla mera verifica circa la concreta realizzazione delle condizioni di cui al comma 4, lett. c), entro i termini assegnati. 8. L’assenza di uno o più requisiti di cui al comma 3, lett. a) e b) o condizioni di cui alla lett.c), determina, ai sensi dell’art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 in capo al responsabile del procedimento l’obbligo di procedere con la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, con trasformazione successiva della comunicazione in provvedimento di diniego qualora, entro il termine di 10 (dieci) giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti non facciano pervenire per iscritto le loro osservazioni. In tal caso, dell’eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale che conclude il relativo procedimento. 9. Viceversa, verificati il rispetto dei tempi e la documentazione attestante le condizioni di cui ai punti 1), 2) e 3) della lettera c) del precedente punto 4, l’Amministrazione procede, entro 7 (sette) giorni, al rilascio formale del titolo autorizzatorio (atto di ricognizione).

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Art. 10

Requisiti e presupposti ai fini del rilascio dell’autorizzazione e dell’esercizio dell’attività

1. L’autorizzazione è subordinata all’accertamento dei requisiti morali e professionali di cui all’art. 6, commi 1, 2, 3, nonché al rispetto dei criteri di programmazione stabiliti ai sensi dell’art. 4, c. 2 della L.R. 14/2003. Fatti salvi i casi di nuovo rilascio di autorizzazione a seguito della procedura di bando, il rispetto delle norme, delle prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica, igienico-sanitaria e di inquinamento acustico, in materia di destinazione d’uso dei locali e degli edifici, nonché delle norme in materia di sicurezza e prevenzione incendi e in materia di sorvegliabilità è richiesto ai fini del rilascio della autorizzazione. 2. L’esercizio dell’attività rimane precluso in assenza del rispetto delle disposizioni sopra indicate, salvo specifica determinazione del Comune in casi particolari. Il Comune accerta la conformità del locale alle disposizioni in materia di sorvegliabilità ai fini del rilascio dell’autorizzazione, ovvero si riserva di verificarne la sussistenza successivamente al rilascio quando ciò non sia possibile in via preventiva.

Art. 11 Criterio di priorità nell’esame delle domande

1. Le domande di nuovo rilascio di autorizzazione sono esaminate con le modalità e i termini fissati nel bando di assegnazione. 2. Le domande di trasferimento di sede e ampliamento di superficie sono esaminate secondo l’ordine di presentazione, così come risulta dalla data di apposizione e dal numero di protocollo generale apposto dall’amministrazione procedente. 3. Nel caso di domande carenti o incomplete, per le quali sia stata disposta l’interruzione del procedimento, si considera valida, ai fini dell’esame della domanda, la data nella quale il soggetto interessato provvede alla regolarizzazione della stessa.

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Art. 12

Termini di formazione del silenzio-assenso 1. I termini di formazione del silenzio-assenso decorsi i quali, in assenza della comunicazione di un provvedimento di interruzione o di diniego, la richiesta di autorizzazione deve ritenersi accolta, sono così determinati: a) procedimenti inerenti l’apertura di nuovi esercizi: 60 (sessanta) giorni, salve diverse disposizioni contenute nel bando di assegnazione; b) procedimenti inerenti il trasferimento di sede o l’ampliamento/riduzione di superficie: 60 (sessanta) giorni.

Art. 13 Termine di conclusione del procedimento

1. Il termine di conclusione dei procedimenti autorizzatori di cui all’art. 8, comma 1 della LR 14/2003, è stabilito in 60 (sessanta) giorni.

Art. 14 DenuncIe di inizio attività

1. Per le attività il cui esercizio è soggetto a denuncia di inizio attività, tutti i requisiti ed i presupposti di cui all’art.6 e all’art. 8 della Legge Regionale n. 14/2003, debbono obbligatoriamente sussistere all’atto della presentazione della denuncia di inizio attività. 2. Nel caso di denuncia di inizio attività, il termine entro il quale l’amministrazione procedente deve verificare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge richiesti e disporre, se del caso, il divieto di prosecuzione dell’attività e la rimozione dei suoi effetti, è stabilito in 60 (sessanta) giorni dall’art. 19 della legge n. 241/1990 (nella sua formulazione originaria al momento dell’entrata in vigore della legge regionale n. 14/2003), computati dalla data di presentazione, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività e dei suoi effetti entro un termine prefissato, in ogni caso non inferiore a 30 giorni.

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Art. 15

Disciplina del subingresso 1. In relazione alle disposizioni di cui all’art. 13, comma 3, della legge regionale n. 14/2003, il subingresso nella proprietà o nella gestione di un esercizio per la somministrazione di alimenti e bevande è soggetto a denuncia di inizio attività da parte del subentrante. 2. Nella fattispecie di cui al comma 1, l’Amministrazione procede, comunque, a rilasciare all’interessato, sussistendone le condizioni, una nuova autorizzazione all’esercizio dell’attività entro lo stesso termine di 60 (sessanta) giorni previsto per il controllo sulla denuncia. 3. L’attività in caso di subentro per atto tra vivi o a causa di morte non può essere iniziata prima della presentazione della denuncia di inizio attività; 4. In caso di subentro per atto tra vivi il cessionario è tenuto a presentare la denuncia e ad iniziare l’attività entro sei mesi dall’acquisto/affitto; in sede di presentazione della denuncia il cessionario è tenuto a dichiarare il possesso dei requisiti di cui all’art. 6 commi 1,2,3 della LR 14/2003 per poter iniziare l’attività. 5. Nel caso di subentro per causa di morte la denuncia deve essere presentata dagli aventi titolo entro sei mesi dalla morte del titolare; l’attività può essere iniziata contestualmente alla presentazione della denuncia e il possesso dei requisiti di cui all’art. 6 commi 1,2,3 della LR 14/2003 è sufficiente che sia dimostrato al Comune entro sei mesi dalla morte del titolare, salvo proroga in comprovati casi di forza maggiore.

Art. 16 Attività stagionali

1. Le disposizioni di cui al presente regolamento si applicano anche ai procedimenti in materia di esercizio delle attività stagionali.

Art. 17 Controlli

1. L’avvio del procedimento e della conseguente attività istruttoria, avviene sulla base dei requisiti e dei presupposti autocertificati dal soggetto interessato già all’atto della presentazione della domanda o della denuncia di inizio attività. 2. Il responsabile del procedimento procede d’ufficio: a) all’effettuazione delle verifiche in ordine al possesso dei requisiti morali e

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professionali relativamente ai soggetti interessati; b) all’effettuazione, anche a campione, di verifiche in ordine ad ogni altro requisito o presupposto oggetto di autocertificazione e non suffragato, al momento del rilascio dell’autorizzazione, dalla presentazione di idonea documentazione. 3. Le verifiche e i controlli a posteriori dell’esercizio pubblico, una volta attivato, sono esercitati nell’ambito della normale attività di vigilanza da parte delle forze di polizia e del locale Comando di Polizia Municipale

Capo IV

Modulistica

Art. 18 Modulistica e semplificazione

1. Le domande e le denunce devono essere presentate all’Amministrazione Comunale utilizzando la modulistica in dotazione al Servizio Commercio e Licenze - SUAP. 2. Costituisce facoltà (e non più obbligo) l’individuazione del delegato alla somministrazione mediante procura notarile; al riguardo è fatto obbligo di utilizzare la modulistica di cui al primo comma.

Capo V

Disciplina dei piccoli trattenimenti

Art.19 Definizione dei piccoli trattenimenti

1. Ai sensi dell’art. 12, comma 2, della legge regionale n. 14/2003 e del punto 8 della deliberazione regionale n. 2209 del 2004, l’autorizzazione all’esercizio della somministrazione di alimenti e bevande, svolge anche la funzione di licenza di cui all’art. 69 del TULPS limitatamente allo svolgimento di piccoli trattenimenti musicali senza ballo, così come meglio definiti ai commi 3 e 4.

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2. Le stesse disposizioni richiamate al comma 1, si applicano anche nei confronti delle attività di somministrazione di cui all’art. 8, commi 2 e 3, il cui esercizio è soggetto a denuncia di inizio attività. 3. Agli effetti dei commi 1 e 2, si intendono inclusi nella definizione di piccoli trattenimenti musicali senza ballo: a) l’effettuazione di spettacoli, ovvero di divertimenti, attrazioni, cui il pubblico assiste in forma prevalentemente passiva e consistenti in rappresentazioni musicali, nell’esposizione di opere artistiche, nella presentazione di libri, nell’effettuazione di conferenze e manifestazioni similari; b) l’effettuazione di trattenimenti, ovvero di divertimenti, attrazioni, cui il pubblico può attivamente partecipare, fatta salva l’esclusione di trattenimenti danzanti. 4. L’effettuazione degli spettacoli e dei trattenimenti deve comunque avvenire, agli effetti di cui ai commi 1 e 2, in modo tale da non configurarsi quale attivazione di un locale di pubblico spettacolo, ovvero, nel rispetto dei limiti e delle condizioni di cui al successivo art. 20. 5. E’ esclusa, per gli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, la possibilità di effettuare attività di spettacolo e trattenimento diverse da quelle di cui al presente Capo V, salvo che: a) l’esercente si munisca di licenza di cui all’art. 69 del TULPS; b) il locale sia dotato della prescritta agibilità di cui all’art. 80 del TULPS

Art. 20 Caratteristiche dei locali e modalità di esercizio dei piccoli trattenimenti

1. Agli effetti dell’art. 19, comma 4, non configura l’attivazione di un locale di pubblico spettacolo l’esercizio di un’attività di spettacolo e trattenimento che sia svolta entro i limiti e secondo le modalità di cui all’art.12 della LR 14/2003.

Art. 21

Applicabilità delle disposizioni

in materia di sicurezza ed inquinamento acustico 1. Le attività di spettacolo e trattenimento il cui svolgimento avvenga nel rispetto delle caratteristiche e delle modalità di cui agli artt. 19 e 20, non sono soggette a visita e controllo ai fini del rilascio del certificato di prevenzione incendi, in quanto da ritenersi escluse in virtù di quanto previsto nell’allegato al decreto ministeriale 16 febbraio 1982, punto 83.

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2. Le attività di cui al comma 1, debbono ritenersi altresì escluse dall’ambito di applicabilità delle disposizioni di cui all’art. 80 del TULPS in materia di agibilità dei locali, non qualificandosi i medesimi come locali di pubblico spettacolo, fatto salvo quanto previsto al comma 3. 3. E’ fatto comunque salvo l’esercizio, da parte della commissione comunale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo istituita ai sensi dell’art. 141-bis del regolamento di esecuzione del TULPS, delle funzioni di controllo ai fini della sicurezza, ai sensi dell’art. 141 dello stesso regolamento. 4. In materia di inquinamento acustico, è fatto integrale rinvio alla disciplina legislativa e regolamentare di settore.

Art. 22 Sanzioni

1. Ai sensi e per gli effetti delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 e successive modifiche ed integrazioni, ad ogni violazione al presente regolamento, non sanzionata da norma di legge, si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 25 (venticinque) a euro 500 (cinquecento). 2. L’applicazione delle sanzioni di cui al comma 1 avviene sulla base dei principi e delle procedure di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 e successive modifiche ed integrazioni. 3. L’eventuale adozione, a titolo di sanzione accessoria, del provvedimento di decadenza, sospensione e revoca dell’ autorizzazione deve essere preceduto da comunicazione di avvio del procedimento in capo ai soggetti interessati ai sensi dell’art. 7 del presente regolamento. 4. Quanto risultano accertate le condizioni per procedere alla revoca, l’atto di revoca può essere preceduto da provvedimenti di sospensione temporanea dell’autorizzazione, previa comunicazione di cui all’art.7 del presente regolamento.

Art. 23

Entrata in vigore e norma finale 1. Il presente Regolamento entra in vigore con l’approvazione da parte del Consiglio Comunale unitamente ai Criteri di programmazione di cui è parte integrante e sostanziale. 2. Da tale data sono abrogate le norme sul procedimento approvate con

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Determinazione Dirigenziale n.65 Reg. n.91 del 8.09.2003. 3. Per quanto non previsto dal presente regolamento, è fatto rinvio alle leggi ed ai regolamenti vigenti, nonché allo statuto comunale.

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