cittadini al centro febbraio 2012

32

Upload: enzo-picciano

Post on 17-Mar-2016

218 views

Category:

Documents


1 download

DESCRIPTION

Testata giornalistica di informazione e di politiche del Centro storico di Napoli

TRANSCRIPT

3

Editorialedi Enzo Picciano

Scrivere la presentazione perun giornale nuovo che si af-faccia all’attenzione del pub-blico è un onore e un onere. Scrivere un editoriale di unarivista che vuole stimolare ildibattito e rappresentare i fer-menti del Centro Storico di Napoli è un onore anco-ra più grande.La presentazione è sempre un impegno gratificanteperché rappresenta la sintesi di un lavoro faticosoprodotto da un team che ambisce a comunicare levitalità che emergono da questo pezzo di città- Pa-trimonio dell’Unesco.Questo giornale è aperto alla collaborazione di tut-ti: le porte sono aperte, purché le idee siano buonee le notizie… esclusive. E direi utili.La volontà è di dar voce e contribuire attraversoqueste pagine al dibattito per lo sviluppo dellacittà, partendo dal suo cuore. Lo faremo ascoltandoillustri Intellettuali o rappresentanti delle Istituzioni,ma anche dando voce a chi non ha la possibilità difarsi ascoltare pur avendo tanto da dire.In questo numero d’esordio abbiamo voluto indica-re dei temi e delle aree del Centro Storico cittadinodai quali partire per costruire proposte e progettiche, valorizzando questi spazi della città, possanooffrire opportunità di sviluppo, utili sia a chi le visitae a chi ci vive.Ci siamo interrogati ad esempio sul futuro di un areaimportante come Porta Nolana rinnovata di recentee non ancora chiaro e definito quale sarà il suo futu-ro. Abbiamo esplorato i temi della sicurezza con ilquestore di Napoli, dell’eterna questione dei rifiutima anche delle occasioni sprecate o di tesori nasco-sti e non valorizzati. Di questo e tant’altro abbiamotrattato in questo numero con foto, servizi, reporta-ge esclusivi. Senza dimenticare, però, di accompa-gnarVi in quelle che sono le eccellenze e il tessutovitale del nostro territorio. Un giornale quindi fattoalla vecchia maniera, mangiando polvere e consu-mando le suole delle scarpe, e non fatto a tavolino.Dal prossimo numero, con i nostri collaboratori e inostri taccuini documenteremo da vicino le iniziati-ve delle Municipalità II, III e IV che insistono sul no-stro territorio, con uno sguardo attento a Palazzo S.Giacomo. Saremo gli occhi e le orecchie dei cittadi-ni all’interno delle Istituzioni.Speriamo di incontrare la Vostra attenzione e ri-spondere alle Vostre attese. Buona lettura

Sommario

L’Editoriale di Enzo Picciano pag. 3Il Centro Storico di Napoli una storia infinita di Giuseppe Ossorio » 4Porta Nolana: rinascita o nuovo degrado? di Luigi Carbone » 5Intervista al Presidente di Confcommercio Pietro Russo » 7Riflessioni di Lucio Donadio » 9Un Progetto per Castel Capuano di Luca Pinto e Enzo Caruso » 10Il Fantasma degli avvocati di Mysterious Traveller » 11Più sicurezza con la collaborazione di tutti i cittadini di Giuseppe Farese » 12Pedelec - Una bicicletta per ripartire di Enzo Picciano » 13Crisi Rifiuti in Campania: Il Punto di Francesco Varriale » 14Rivoluzione al Centro di Francesco Andoli » 15Cartoline dal Centro di Annamaria Uccella » 16Basta con la politica delle “briciolette”di CNA » 18Le barriere architettoniche di Luigi Montanaro » 19Napoli città universitaria? di Roberta Russo » 20Le meraviglie de tesoro di San Gennaro di Paolo Iorio » 21La Fontana di Spinacorna di Antonio Caliendo » 22Le sfide della mobilità sostenibile di Sara Scapicchio » 23Qui Orientale di Ilenia Guida » 25L’Arte in difesa del Cittadino di Antonello Picciano » 26“Il Sogno di Gennaro” di Michele Giustiniano » 26Il Lieco artistico statale di Napoli di Enzo Picciano » 27Si apre il portale del dialogo di Michele Giustiniano » 27Brividi Noir al Pozzo e Pendolo di Giuseppe Farese » 28Sedotti e abbandonati… di Maria Gioè » 29Osso, Mastrosso e Carcagnosso di Barbara Gravina » 30Le Vignette dal Centro a cura di Michelangelo Riemma » 30

CITTADINI AL CENTRO Anno 1 n. 0

Mensile di Informazione e di politiche per il Centro Storico di Napoli

Direttore Responsabile: Enzo PiccianoCaporedattori centrali: Michele Giustiniano - Barbara Gravina

Hanno collaborato a questo numero: (ordine alfabetico) FrancescoAndoli - Antonio Caliendo - Luigi Carbone - Giuseppe Farese -Maria Gioè - Michele Giustiniano - Barbara Gravina - Ilenia Guida- Paolo Iorio - Luigi Montanaro - Giuseppe Ossorio - Luca Pinto -Roberta Russo - Sara Scapicchio

Progetto e realizzazione Grafica: Gianni Pipola

Edito da: Televisioni & Orizzonti Multimediali

Pubblicità: Milly & Mary Advising

Tiratura: 20.000 copie

Stampa: Arti Grafiche Zaccaria srl - Napoli

Autorizzazione ROC 21121 pubblicato ai sensi del art.16 Legge7/3/2001 n. 62

Indirizzo e-mail [email protected]

4

Il Centro storico di Napoli è uno dei tanti capitolidelle molte finte ripartenze di cui è piena la sto-ria delle Amministrazioni comunali di Napoli,dopo Nicola Amore, il Sindaco del “Risanamen-to”. A Napoli ci permettiamo il lusso di ideareun’opera, finanche di progettarla. Poi, conestrema naturalezza l’accantoniamo e ce la di-mentichiamo nel solito cassetto. Ricapitoliamo.A Bagnoli si ferma il progetto teso a trasforma-re una parte di quell’area in una Cinecittà napo-letana; poi, 24 ore dopo, il progetto riparte.Nella zona orientale è a rischio la bonifica. La ri-qualificazione del Centro storico va assumendoi connotati di una storia infinita. Insomma, èun’eterna opera di “filatura e sfilatura”. Comenumerose tele di Penelope, un giorno si decidel’abbattimento delle famigerate “Vele” di Se-condigliano , un altro giorno - dopo averne fat-ta saltare in aria una parte - si scopre che essedovranno essere riqualificate. Vogliamo conti-nuare? Ricordiamoci dell’Aeroporto di Capodi-chino: tutti gli urbanisti inveivano contro il per-sistere nella cinta daziaria di Napoli di uno scaloaereo. Circa 30 anni fa si iniziò a pensare ad unnuovo Aeroporto intercontinentale a Grazziani-se. Oggi tutto è fermo. Che fine hanno fatto le

polemiche contro Capodichino? E i progetti e ifinanziamenti (dubito che siano pronta cassa)per Grazianise? Ci è sembrata benemerita, per-tanto, l’attenzione di oltre 30 Associazioni dicittadini sulle condizioni degradate del Centrostorico di Napoli. Il Comune ha censito ben 293tra Associazioni, Centri studi, Fondazioni e Isti-tuti culturali che, in un modo o in un altro, han-no a cuore le sorti del nostro Centro storico. Nel-lo stesso momento, ci è sembrata meritevoleanche l’azione svolta in questi anni da intellet-tuali, professionisti e cittadini sensibili alla rina-scita del “cuore antico” della città. Questa cresci-ta civile avrà un senso se il potere politico, leIstituzioni, soprattutto, il prossimo Consiglio

comunale di Napoli e il nuovo Sindaco che i na-poletani eleggeranno a maggio prossimo, nevalorizzeranno le competenze e ne apprezze-ranno la passione civile. Abbiamo condiviso -fin dal 2009 - l’attenzione di quelle 30 Associa-zioni di cittadini, sensibili alle sorti del Centrostorico. Così come abbiamo sostenuto le preoc-cupazioni di quegli intellettuali sugli aspetti fi-nanziari e di contenuto del “Grande Programmaper il Centro Storico”, che fu varato dal Comunemolto tempo fa. Per quel programma furonostanziati 220 milioni che provenivano dai finan-ziamenti europei. Si individuarono ben 144 in-terventi fra chiese, monumenti, palazzi e stra-de, in un’area dove convivono precarietà socialee servizi pubblici decrepiti. Il problema è chedei 220 milioni, nell’originario “Grande Pro-gramma per il Centro Storico” , 60 milioni sa-rebbero stati stornati per completare i cantieriper i restauri aperti dalla Sovrintendenza e altri50 milioni sarebbero stati già finalizzati per l’Al-bergo dei Poveri ( si tenga conto il restauro diquest’ultimo, da solo richiederebbe 450 milio-ni). Sarebbero rimasti appena 110 milioni dieuro per i 144 interventi catalogati. Pochi perun programma verosimile ed attendibile. C’è,poi, un secondo aspetto, importante quanto ilprecedente. La giunta comunale – ormaiuscente – avrebbe dovuto redigere in brevetempo il Piano di Gestione, previsto dalla legge77 del 2006. In esso si sarebbero dovute defini-re con urgenza “le priorità di intervento e le re-lative modalità attuative, nonché le azioniesperibili per reperire le risorse pubbliche e pri-vate necessarie”. Le istituzioni si sarebbero do-vute esprimere sulle scelte del Piano solo dopoun confronto con quelle Associazioni di cittadinie quegli intellettuali che avevano arricchito ildibattito cittadino e la vita civile di quei quar-tieri. Il rapporto con il mondo professionale e lefacoltà universitarie competenti non si sarebbedovuto ridurre ad una aleatoria illusione di par-tecipazione confermativa di una programma-zione già decisa. La solitudine delle scelte portasempre all’isolamento del potere politico, a unevidente distacco, ad una frattura con la cittadi-nanza. Il confronto e l’ascolto con la pubblicaopinione non è un fastidio da rimuovere, anziirrobustisce il tessuto sociale. Così la vicenda se-colare del centro storico di Napoli avrebbe avu-to, se tutto fosse filato liscio, la prima seppureparziale risposta, dopo decenni di amnesia. In-vece, si è impantanata fra mille polemiche. E fi-

nita anch’essa con l’iscriversi fra le finte ripar-tenze. Mentre si accavallavano polemiche e in-terviste si perdeva di vista un dato essenziale: laCabina di regia è il vero interlocutore del “Gran-de Programma per il Centro Storico”. Essa è del-la Regione. In parole povere, si è dimenticatoche il professore Pasquale Belfiore, assessore ti-tolare del Supporto tecnico al recupero del cen-tro storico, e Nicola Oddati, assessore al centrostorico, avrebbero avuto come vero interlocuto-re la Cabina di regia presso la regione. Ad essasarebbe stata demandata l’ultima parola. Sic-come questa concertazione fra il Comune di Na-poli e la Regione ha dimostrato qualche crepa,è verosimile che dei 144 interventi previsti nel

“Grande Programma” non se ne farà niente. An-zi è probabile che i famosi 110 milioni effettivisaranno spesi per recuperare la sola via del De-cumano centrale. Non sarebbe sbagliato. Sipasserebbe dal recupero di tanti, forse troppimonumenti, chiese e palazzi, al risanamenti diuna sola e importante via che da Piazza Mira-glia va fino al vecchio Tribunale. Se fosse cosìnoi saremmo d’accordo. Ad una condizione edun patto. La condizione: siano resi pubblici itempi di realizzazione delle opere. Il patto: ilnuovo Sindaco dovrà chiedere al Governo na-zionale la stessa attenzione che già si riversaper Milano con l’Expò 2015, e per Roma con laLegge “Roma Capitale”.Il finanziamento euro-peo finalizzato dalla Regione di 220 milioni èancora troppo esiguo. Saranno necessari altriimpegni finanziari per un piano di rinascita delcentro storico di Napoli. Comunque, è un’occa-sione da non sciupare per migliorare quel fa-moso decoro urbano, concetto ormai dimenti-cato sia dagli Amministratori pubblici che damolti cittadini, ahimè di questa città.Ci appelliamo anche noi al Presidente della re-gione, Stefano Caldoro, e al prossimo Sindacodi Napoli, perché il Piano di gestione, che an-drà alla Cabina di regia regionale, sia menoparticolaristico e più di sistema, proprio per ri-sanare il “cuore antico” della città. Infine, se-gnaliamo la necessità che nella Commissioneper il Piano di gestione e nella Cabina di regiaregionale siano previste, in piena trasparenza,personalità di alto profilo, con grande espe-rienza nel campo del recupero.

* Presidente della Fondazione “Regioni d’Europa”

Il Centro Storico di Napoli una storia infinita

di Giuseppe Ossorio*

Politica del territorio

La notizia di fondo è buona: Napo-li ha di nuovo Piazza Porta Nolana.Se questo era l’obiettivo di Provin-cia, Comune e Municipalità, alloramissione compiuta. Discorso di-verso se la meta da raggiungereera quella di restituire la storicapiazza ai napoletani: be’ forse perquello non ci siamo. Non ci siamo perché ancora unavolta la miopia delle Amministra-zioni si accontenta di una lenteche le permette di guardare appe-na al di là del proprio naso: ripara-re il passato e non costruire il futu-ro. Lo scempio di un pezzo di sto-ria ridotto a cantiere-discarica nonc’è più, è un dato di fatto, ma ilpresente non ricompensa la lungaattesa dei cittadini né sfama leaspettative di chi sognava di rin-tracciare proprio da quel restylingla rinascita del corso Garibaldi, or-mai parte di un binomio che lo ve-de legato a doppio filo al degradoe all’insicurezza. Cosa è oggi la nuova Piazza PortaNolana? Uno slargo dalla identitàimprecisa, a metà tra un punto diriposo del Centro Direzionale euno spiazzo da villa comunale dinuova costruzione. Ne fanno deci-samente uno spazio ibrido le pan-chine in acciaio o il quadrato diterriccio su cui piantare l’alberello,ma il giudizio negativo non è ri-volto all’arredo urbano, sul cui gu-sto “non est disputandum” (comedirebbero i romani), quanto piut-tosto alla destinazione che conqueste scelte si è voluto imprime-re alla piazza.Il segreto per assicurare longevitàa uno spazio pubblico è senzadubbio quello di dargli una di-mensione, un senso, e con un mi-lione di euro, questa la cifra inve-stita dalla Provincia, una connota-zione migliore la si poteva sicura-mente trovare. La definitiva rinascita della Piazzadovrebbe fare da volano per una

seria riqualificazione dell’interazona che soffre di un generale sta-to di abbandono: esempio elo-quente è il cosiddetto Palazzo deitelefoni, notevole esempio di pre-razionalismo, secondo il TouringClub italiano uno dei massimiesempi dell’arte contemporaneanapoletana, oggi ridotto a pocopiù di un ammasso annerito di cal-cestruzzo. Proprio in questa ottica il restylingdi Porta Nolana trasborda rispettoal semplice miglioramento delloslargo a ridosso delle due torri, perriaffermare tutta la vocazione turi-

stica di quello che in fin dei contipuò essere considerato la “porta”di accesso a Napoli Storica. Eppure questa era l’intenzionedelle Amministrazioni locali, rida-re lustro a tutta la porzione di spa-zio che interessa la vecchia Portavoluta, nel periodo aragonese, daFerrante I: il progetto, infatti, pre-vedeva anche una massiccia risi-stemazione del mercato antistan-te, famoso in città soprattutto peril pesce. Nonostante le dichiarazioni pre-coci del Presidente della Provinciadi Napoli Cesaro, ad oggi non

Porta Nolana: rinascita o nuovo degrado?

di Luigi Carbone

In primo piano

6

sembrano migliorateaffatto le condizionilogistiche e sanitariedi uno dei punti divendita della nostratradizione ittica: si so-no solo accesi i riflet-tori “ncopp e’ mura”ma oltre a sporadicheretate delle forze pub-bliche non c’è tracciadi risolutivi interventiche dovrebbero stabi-lire anche il “minimosindacale” in termini diigiene e quant’altro siaddice ad un mercatoche si rispetti. La nuova Municipalitàeredita il pesante lascito derivantedalla gestione Patruno, il cui uffi-cio tecnico ha firmato quel pro-getto che oggi, ultimato, sta dan-do voce a non poche polemiche:oggi la sfida è quella di portare lìquei turisti a cui bisogna metteresul piatto della bilancia semplice-

mente ciò che la storia ci ha dona-to. Per farlo non sarebbe stato maleprevedere in piazza un Info-pointmultilingue con tanto di cartine esegnalazioni di quei monumentiche meritano una visita benchécollocati appena al di là del centroAntico vero e proprio, come le

mura di Piazza Calenda, oggi pic-cola pattumiera a cielo aperto, o lachiesa del Carmine in piazza Mer-cato (in altra parte del giornaletroverete una inchiesta fotografi-ca che documenta il contesto de-gradato).Attrattive che sarebbero comun-que fortissime nonostante i peri-coli di scippi e rapine sempre die-tro l’angolo e l’abusivismo cheproprio in piazza Porta Nolana hadato il meglio di sé con la costru-

zione di un appartamento sullatorre rinascimentale in piperno. Bisogna invertire questa tenden-za dando uno schiaffo moraleall’ex ministro Tremonti: con lacultura si mangia, eccome: non cisono dubbi a riguardo, il proble-ma è che ad oggi lo ha capito so-lo la camorra.

7

Presidente Russo, il centro stori-co di Napoli ed il terziario…I centri storici delle città sono iluoghi dove si respira l’identitàdi un popolo, la cultura, le tradi-zioni ed anche le contraddizionidella gente che insedia questi

luoghi meravigliosi. Ma il centrostorico di Napoli racconta anchela storia di quel popolo di uomi-ni e donne che, quotidianamen-te ed in silenzio, investono risor-se personali ed economiche por-tando avanti le migliori tradizio-ni artigianali e commerciali diuna città dove il terziario ed il tu-rismo costituiscono oltre il 70%del prodotto interno lordo.Quando chiude una vetrina è unpezzo di città che muore! E negliultimi anni a Napoli è morta unbel pezzo di città!

È possibile a suo avviso correreai ripari nel centro storico di Na-poli o siamo ad un punto di nonritorno?Malgrado una sedimentazione dierrori, disattenzioni e scelte sba-gliate, non credo che siamo ad un

punto di non ritorno. La nostracittà possiede tutte le energie e lerisorse intellettuali ed imprendi-toriali per determinare una nettainversione di tendenza. Si trattadi coinvolgere e capitalizzarecompetenze e conoscenze ri-muovendo pregiudizi e arrogantiatteggiamenti nel gestire la cosapubblica, abbattendo gli steccatiburocratici o legati ad interessi dibandiera e, soprattutto, scardi-nando quel sistema di veti incro-ciati che hanno determinato, at-traverso l’immobilismo, l’attualegravissima situazione di degrado,non solo del centro storico, madell’intera città.

Quali le priorità? I provvedimenti assunti in questianni non a sostegno ma, anche in-dipendentemente dalla volontà dichi ha operato quelle scelte, adanno del terziario hanno forte-mente acuito in questo territoriola crisi economica generale, ag-giungendo uno stato di insicurez-za preoccupante. Chi sarà chiama-to a governare questa nostra ama-ta città nei prossimi anni dovrà su-bito liberarla dai rifiuti. E questonon può essere un punto del pro-gramma ma è una precondizione.Totò direbbe che Napoli va libera-ta dai rifiuti “a prescindere!”. Lottaall’abusivismo, alla contraffazione,al degrado. Interventi a favore diun’ampia pedonalizzazione dell’a-rea, ma un minuto dopo aver rea-lizzato le infrastrutture minimenecessarie e di servizio alle isolepedonali (videosorveglianza, par-cheggi esterni, arredo e manuten-zione urbana, presenza fisica dipolizia municipale, etc.).

E nel Centro Storico in partico-lare?Il cardinale Crescenzio Sepe ha vo-luto il Giubileo per Napoli. Un’ini-ziativa che è promossa dalla Chie-sa di Napoli ma che ha una valen-za civile molto importante. Con ilrito del suono del corno, la ‘trom-ba’ delle traduzioni ebraiche, nelgiorno più santo dell’anno, yomkippùr, destinato all’espiazione deipeccati, si doveva aprire ogni cin-quant’anni per gli antichi Ebrei unanno di grazia del tutto particola-re. In esso ogni persona ed ognicosa tornavano alle origini, riac-quistando la condizione primitiva:gli schiavi dovevano essere libera-ti e la terra, di cui solo Dio era il ve-ro padrone, doveva tornare a co-loro cui era stata assegnata per laprima volta. Ecco, noi potremmo edovremmo profittare di quest’an-no per restituire la città ai cittadi-ni, liberarli dalla schiavitù dell’ille-galità e del degrado umano e civi-le cui sono costretti da molti, trop-pi anni. Dobbiamo ragionare e,quindi, agire per la costruzione diuna città migliore, a dimensioneumana, dove sviluppo, progressoe solidarietà camminino di paripasso.

Una Napoli diversa quindi èpossibile?Certo che sì. Napoli deve fare delturismo e, conseguentemente,del commercio, dell’artigianato edei servizi, il punto di forza per ri-spondere alla domanda di lavo-ro, di sviluppo economico e so-ciale che proviene da una popo-lazione con uno dei redditi procapite più bassi d’Italia, con unodei tassi di inoccupazione e di di-

L’intervista al presidente della Confcommercio Napoli Luigi Russo

Il Centro Storico di Napoli è patrimonio dell’UNESCO da oltre 15 anni. È il più vasto d’Europa ed è enorme la quantità di beni di inestimabile valore in esso racchiusi

di Enzo Picciano

L’intervista

8

soccupazione più alti d’Europa,con una presenza di micro e ma-cro criminalità capace di pescarenelle fasce più deboli della popo-lazione nuove braccia. Le banchedevono riprendere a fare creditoa chi ha bisogno di soldi e non achi già ne ha tanti. La legalità de-ve tornare ad essere per tutti“conveniente”. Non si può blocca-re una città con cortei di personeche non solo non lavorerannomai ma che non hanno intenzio-ne di lavorare ed impediscono al-la città di vivere.

Le sembra possibile smantellareil binomio Napoli-illegalità?Nulla è impossibile. Lo Stato ha ildovere, di garantire ai cittadini lalegalità, la sicurezza, l’ordine pub-blico. I cittadini sono esseri uma-ni che, lasciati all’autodetermina-zione, si lasciano andare, che ri-spetto ad esempi negativi sonoportati a ritenerli normali. A volteè disarmante la tolleranza del na-poletano rispetto a tutto quelloche lo circonda. Si è vittima diuno scippo? Per evitare di tra-scorrere ore in caserma, si preferi-sce fare una semplice e più velo-ce denuncia di smarrimento dei

documenti. Si è vittima di inci-denti stradali? Si trova l’accordotra gli automobilisti per non subi-re un aumento del premio assicu-rativo. Abbiamo due cose da faresubito, a mio parere.

Quali?Scegliere la strada della legalitàperché conviene a tutti, soprattut-to a quelli che furbi non sono enon lo saranno mai. E in questaoperazione molto è demandatoalle Forze dell’Ordine (che già fan-

no tanto in questa realtà) ed al-l’applicazione della pena, evitan-do che chi commette un reato ilgiorno dopo sia di nuovo per stra-da a fare ancora danni. E poi, esse-re esempio per i nostri giovani. Lenuove generazioni non hanno bi-sogno di parole, di discorsi infiniti

e molto spesso incomprensibili.Quello che le nuove generazionigiudicano ed imitano sono i com-portamenti degli adulti. Solo conun ripristino della nostra grandecoscienza civica possiamo costrui-re le basi per una Napoli realmen-te migliore.

Quale la ricetta di incentivi perrichiamare investimenti locali estranieri a Napoli e nel centrostorico? Una zona franca vera. Basta fareriferimento all’esperienza fran-cese: tutti i piccoli quartieri de-gradati sono stati scelti per le zo-ne franche, adatti a microattivitàproduttive. Stesse caratteristichedel centro storico di Napoli, do-ve esiste da sempre una culturaartigianale e commerciale cheattende di essere definitivamen-te rilanciata. Meno burocrazia,meno tasse equivalgono ad oc-cupazione e sviluppo, a vivibilitàed investimenti anche nel terri-torio, che ne troverebbe grandivantaggi di decoro e di fruibilitàper i turisti e per i napoletani chevogliono riappropriarsi della pro -pria città.

9

“La crisi: una opportunità per ripartire colpiede giusto”.Il Mezzogiorno non è, come sostienequalcuno, “una palla al piede” del Paese.Rappresenta, viceversa, una grossa op-portunità di sviluppo per l’Italia intera.Lavoriamo certamente in un territoriodifficile, dove le differenze non solo eco-nomiche ma anche culturali sono marca-tissime.Lavoriamo ogni giorno per tirar fuori le ri-sorse e le eccellenze della nostra città, coa-cervo nel quale occupano, da sempre, unposto di preminenza le micro e piccole im-prese.Lavoriamo assieme a queste imprese conla certezza di avere successo.Per il raggiungimento di questo traguar-do è indispensabile innanzitutto ricreareun clima di fiducia e ripristinare quell’e-quilibrio necessario tra economia, etica erispetto delle regole. Nell’ambito dellamission che connota l’attività del Confidida me rappresentato e, quindi, nel siste-ma mutualistico di garanzia cosi comenel più generale Sistema creditizio, lachiave per coniugare etica e rispetto del-le regole sta nel riconoscimento del meri-to del credito.

L’accesso al credito è la prima esigenzadelle imprese. Favorirlo significa poten-ziare il sistema imprenditoriale e l’approc-cio mutualistico è una marcia in più.Non possiamo ripensare ad uno svilupposenza tener conto della lega-lità e di un clima di civileconvivenza .Troppo spesso gli imprendi-tori soggiacciono ad un si-stema illegale e tante impre-se sane escono dal mercato.Non esiste, a mio avviso, labacchetta magica per ovvia-re a questo stato di cose. Esi-ste però la consapevolezzache tutti i protagonisti dellavita economica e sociale delPaese debbano fare la loroparte: le istituzioni continui-no a sostenere le piccole emedie imprese, le banche tornino ad es-sere al servizio dell’economia reale, le im-prese a perseguire comportamenti tra-sparenti e responsabili contribuendo allaemersione delle loro potenzialità .Da questo comune impegno non vannoesentati i Confidi che costituiscono oggi unimportante anello della filiera del credito.

Nel corso della mialunga esperienza altimone del ConfidiPMI Campania hopotuto toccare conmano l’importanzadi assicurare un ap-poggio finanziarioalle piccole impreseche rappresentanocirca il 98% di quel-le presenti nel terri-torio regionale.In favore di coloroche non hannoavuto ancora un’oc-casione di contatto

con il sistema-confidi, colgo questa op-portunità per dare qualche elemento in-dicativo, non certamente esaustivo, di co-noscenza del nostro Confidi (per maggioriinformazioni www.confidipmi.it).

Il Confidi PMI Campania sccarl è un entemutualistico di garanzia “no profit” com-posto da oltre 3000 imprese, micro, picco-le e medie, che opera dal 1980.La sua finalità primaria è la concessione digaranzie nell’interesse delle pmi per age-volarne l’accesso al credito. L’attività di mutua garanzia tocca trasver-salmente tutti i settori economici e nelraggiunto un volume di oltre 40 milioni digaranzie prestate. Ha istituito 4 filiali nel-le province della Campania, oltre la sededi Napoli. Opera con 21 convenzioni ban-carie e un patrimonio di oltre 8 milioni dieuro . Interessante osservare che è stato il pri-mo Confidi in Italia ad offrire alle bancheuna garanzia a “prima richiesta” eligibileai fini di Basilea 2.Tutto questo ha consentito fino ad oggi amigliaia di imprese, comprese quelle in“start up”, di attenuare l’impatto della crisi,riducendo gli effetti del “credit crunch”(forte calo dell’offerta di credito che puòinasprire una recessione economica).

RIFLESSIONI di Lucio Donadio PRESIDENTE DEL CONFIDI CAMPANIA

Economia e territorio

10

La reggia di Castel Capuano nel 1540divenne sede del Tribunale della Vi-caria e delle annesse prigioni e haospitato il Tribunale fino a qualcheanno fa.Il poeta Galeazzo di Tarsia scrisse unsonetto a dimostrazione del dissensopopolare di fronte ad una scelta chetrasformava l’“albergo memorabile edeletto” in “abisso di tenebre e di pian-ti… al popol vile anche in dispetto”. Castel Capuano entrò nella “NapoliNegata”; negli anni si è rivelato sem-pre più inadatto alle esigenze del-l’amministrazione della Giustizia,nonostante adeguamenti e ristrut-turazioni di intere parti dello storicoedificio.Gli operatori della Giustizia napoleta-ni, magistrati in primis, ottenneroquindi giustamente la costruzione diuna nuova sede per l’amministrazio-ne della Giustizia.Oggi anche questa, nonostante ilmega edificio e le annesse strutture,sembra inadeguata e insufficiente.Nel passato i forensi pensarono diutilizzare l’ex Ospedale Santa Mariadella Pace, riorganizzando il Lazzaret-to, la navata più bella e grande dell’e-dificio monumentale e forse dell’in-tera città, in tre aule di Corte di Assi-se. Analogamente oggi essi ritengo-no di poter continuare a utilizzare ilCastello, edificato per la residenza deisovrani normanni.Nessuno può mettere in dubbio cheCastel Capuano debba e possa esserememoria della tradizione giuridicadella nostra città, che bisogna salvarela biblioteca e che l’anno giudiziariodebba essere inaugurato solenne-mente nel Salone dei Busti. Ma in unacittà che vanta una facoltà di giuri-sprudenza tra le più antiche d’Italia,pensare di mummificare un comples-so così importante esclusivamente inun simbolio sembra riduttivo del ruo-lo che compete all’intero “CorpusGiudiziario”.

I magistrati, oltre che giudici, sonoparte integrante ed influente dellaclasse dirigente napoletana e siamocerti che offriranno la loro disponibi-lità per un qualificato contributo sul-la destinazione di Castel Capuano.La proposta, avanzata in molte sedi, dicreare presso la storica struttura unascuola di alta formazione per i magi-strati dell’Italia meridionale, è certa-mente interessante, ma impegneràsolo sporadicamente una parte mini-male del Castello, pertanto non creeràindotto e contribuirà a desertificareulteriormente la zona, militarizzando-la, peraltro, nei periodi di presenza dimagistrati e di alte autorità sotto scor-ta. Non a caso ad essa si pensa di ag-gregare di tutto di più (Giudice di Pa-ce, Scuola Forense ed altre amenità) inun pateracchio indicibile.Per rendersi conto di cosa abbia si-gnificato la presenza del Tribunale,basta osservare il mutamento dellazona di Porta Capuana negli ultimidecenni, con l’aumento dell’attivitàgiudiziaria e delle esigenze di sicu-rezza degli addetti di giustizia e degliutenti del tribunale. Anche l’ultimo bar pasticceria dellatradizione napoletana di qualità fucostretto a chiudere per il basso livel-lo della domanda, formulata da clien-ti frettolosi e distratti da ben altri pro-blemi. Nessun ristorante di rango èmai nato nell’intera zona di Porta Ca-puana, nonostante a Napoli si sia af-fermata faticosamente negli ultimidecenni una ristorazione più accura-ta. Nessun negozio, di abbigliamentoo d’altro, con qualche ambizionequalitativa, è mai sorto nelle vicinan-ze di quel luogo frequentato da tantepersone, molte, tra l’altro, di redditomedio alto.La stessa via Tribunali, il Decumanomaggiore, proprio nella parte più vi-cina alla Porta Capuana, soffre mag-giormente il degrado ambientale esociale.

Castel Capuano è rimasto estraneoad una delle zone più ricche di mo-numenti della città. Talmente estra-neo che una delle roccaforti più po-tenti della delinquenza organizzatadella città operava a poche decine dimetri. Talmente estraneo che uno deimercati più caotici e disordinati dellacittà commercializzava prodotti al difuori di qualsiasi controllo e regola, eche l’abusivismo si è impadronito an-che delle torri aragonesi, senza di-

menticare il famoso e orrendo pre-fabbricato adiacente al Castello, natocome struttura provvisoria e rimastolì per alcuni decenni.Pertanto la zona di Porta Capuana hapagato un prezzo altissimo a questapresenza, che, negli ultimi decenni,ha portato solo un’invasione di autoin parcheggi abusivi, problemi di traf-fico nei delicati momenti di trasferi-mento di giudici o detenuti, ingorghimattutini e squallido deserto per il re-sto del giorno. Solo qualche piccolobar, qualche fotocopisteria e dattilo-grafia ne hanno tratto relativi vantag-gi. Vantaggi oggi non ripetibili perl’avvento dei moderni strumentiinformatici ed i cambiamenti interve-nuti nei riti di giustizia.Per riqualificare la zona di Porta Ca-puana occorre ben altro, rispetto aquanto proposto da una parte deglioperatori di giustizia. C’è bisogno in-vece che il loro prestigio e la loro in-fluenza vadano in una diversa dire-zione e che non rappresentino più unlimite alla discussione sul destino di

Un progetto per Castel Capuanodi Luca Pinto ed Enzo Caruso*

La proposta

11

una struttura, ma siano catalizzanti epropositivi per qualificare un fabbri-cato di enorme pregio, la cui destina-zione d’uso condizionerà il futurodell’intero quartiere nei prossimi de-cenni e sarà il simbolo di ciò che sivuole fare del centro storico di Napo-li: salvarne l’unicità o farne un accu-mulo di funzioni sostanzialmenteestranee alla sua popolazione.L’amministrazione comunale ha rico-nosciuto giustamente Porta Capuanacome porta di accesso alla città, siaper ragioni storiche (è stata attraver-sata trionfalmente da Carlo V che en-trava a Napoli e andava a soggiorna-re nella Reggia di Castello Capuano),sia per ragioni urbanistiche, perchéubicata strategicamente rispetto al-l’antico centro della città, in un inte-ressante intreccio di emergenze mo-numentali di grande rilievo. La porta è il biglietto da visita dellacittà, il suo fiore all’occhiello; essa de-ve essere un luogo aperto alla liberafruizione dei napoletani e dei visita-tori della città, un luogo della memo-ria e soprattutto il luogo in cui si rap-presenta la sua vitalità.Napoli è stata ed è ancora una cittàricca di attività artigianali di eccellen-za, riconosciute in tutto il mondo(dalla sartoria alla porcellana, dall’o-reficeria alla produzione presepiale),ricca di unicità ambientali (dal Vesu-vio ai Campi Flegrei, dalla sempre piùcomplessa ed evoluta produzioneenologica alla grande produzione or-tofrutticola). A queste caratteristichesi accompagna il vanto di una grandegastronomia di corte.Proponiamo quindi che Castel Ca-puano sia la Casa dei Mestieri, delleRisorse di Abilità ed Ambientali dellacittà: il luogo dove si favorisca la co-noscenza, ma anche la produzione, lamanualità , la cultura materiale, inmaniera da integrare i luoghi della“reggia” con attività e tradizioni arti-stiche.

Quella di insediarvi la “Ca.Me.R.A.A.”,una guida dinamica di cultura e pro-mozione dei tesori napoletani, pareproprio la soluzione migliore.Sarebbe uno dei tanti modi per ri-chiamare un turismo ricco, cultural-mente e finanziariamente, che vengaa Napoli non per il mordi e fuggi, mache veda Napoli come luogo del pia-cere raffinato ma non esclusivo, cheguardi ad una città ricca dei suoi tea-tri, dei suo monumenti, delle sua bel-lezze naturali, dei suoi sarti, della suagastronomia, pregna di storia e di sa-pori. Un turismo, insomma, che creilavoro qualificato.La CA.Me.R.A.A. sarà luogo di studi edi conservazione del passato, ma an-che luogo di creatività, innovazione eformazione, nel quale si proietta il fu-turo delle ambizioni della nostra sto-ria.Dovrà essere un progetto in itinere,soggetto a modifiche, accorgimenti earricchimenti, da realizzare con un la-voro paziente, con un programmapreciso e con una programmazionerigorosa e verificabile.Se Napoli non riesce ad attirare igrandi capitali, l’enorme patrimonio,ricevuto anche dai Borbone, che aNapoli manifestarono tutte le loroambizioni di grande dinastia, anchese restaurato, deperirà in breve tem-po, abbandonato alla speculazione oal degrado.Castel Capuano è l’ultimo castello oc-cupato della città, l’ultimo castello diproprietà pubblica negato d’Italia eforse d’Europa. Chi ha vissuto la vi-cenda di Castel dell’Ovo sa quantapazienza, quanta ostinazione, quan-to lavoro occorrono affinché anche iciechi vedano ed i sordi ascoltino eperché si realizzi anche a Napoli ciòche in altre città è già stato realizzatoda tempo: far vivere castelli e fortez-ze. Non vorremmo che Castel Capua-no rimanesse ostaggio dei potenticome il Policlinico, esempio deleteriodi una politica subalterna, che pro-clama grandi scelte e bellissimi pro-getti, ma si arrende, poi, dinanzi allaprepotenza di qualche barone di ri-sulta.Nel contesto della “Napoli Negata” bi-sogna aprire un dibattito serio su Ca-stel Capuano. Bisogna farlo subito,con spirito libero e coraggio, chia-mando la classe dirigente napoleta-

na a guardare lontano, facendo oggiscelte che non siano subalterne adinteressi corporativi o a mitomanie.Solo così si potranno aiutare quelliche veramente vorrebbero salvare ilCentro Storico, patrimonio dell’uma-nità non per la sua bellezza solamen-te ma soprattutto perché intreccio diceti sociali, attività culturali ed arti-gianato, commerci e studi.La nostra proposta di una Ca.Me.R.A.A in Castel Capuano è il simbolodi questa scelta.

* Membri del Comitato Informale

l fantasma degli avvocatidi Mysterious Traveller

Percorrendo il centro storico di Napoli nonsi può non osservare il maestoso Castel Ca-puano, fondato da Guglielmo il Malo, se-condo Re di Napoli, sede del vecchiotribunale.Come molti edifici storici, anche questo nelcorso dei secoli è stato teatro di oscure vi-cende. Tra il 1600 ed il 1700 era lì presentela Gran corte della Vicaria, insieme al car-cere. In questo luogo venivano rinchiusi i re-sponsabili di efferati omicidi, soprusi eviolenze. Ma la figura più conosciuta oggi-giorno è il cosiddetto “fantasma degli avvo-cati”, Giuditta Guastamacchia. Donnaestremamente affascinante, Giuditta con lasua bellezza riuscì ad ammaliare molti uo-mini, portandoli a commettere crimini ter-rificanti.Fu accusata di omicidio (pare avesse uccisoil marito con l’aiuto del padre dell’amante edi un chirurgo che, abbagliato dal suo splen-dore, si lasciò coinvolgere nel misfatto) edopo il processo fu giustiziata. Si narra chesuccessivamente la sua testa fu esposta dauna delle finestre della Gran Corte della Vi-caria. Questo però non le impedisce, se-condola leggenda, di ritornare nel giorno di ognianniversario della sua morte tra le ampie ebuie stanze del castello. Si narra che a CastelCapuano si aggirassero molte anime tumul-tuose, che scombussolavano archivi e fasci-coli legali, ma nonostantequesto, riuscivano perfettamente a convi-

vere con le centinaia di persone che fre-quentavano il palazzo. Adesso il tribunale èstato spostato al Centro Direzionale.Sorge spontanea una domanda: necessitàdi una nuova struttura o troppi inquilini, di-ciamo così…, particolari?

12

Luigi Merolla, sessantuno anni,dallo scorso primo marzo è ilnuovo questore di Napoli. È un ri-torno a casa il suo. Napoletano, èstato dirigente della Digos parte-nopea dal 1991 al 2000 e poi que-store a Salerno, Verona e Bologna.Uomo del dialogo, sostiene conforza la necessità di una strettacollaborazione tra forze di poliziae cittadini, finalizzata ad una sem-pre più proficua prevenzione deireati. Mi riceve nel suo ufficio inquestura per parlare di Napoli,delle sue emergenze e del modoin cui la polizia napoletana garan-tisce ogni giorno la sicurezza dellacittà. Ma non disdegna digressioniche riguardano le sue passioni, inprimis la musica classica e lebuone letture.

Dottor Merolla, lei è tornato aNapoli dopo un lungo periodo dilontananza. Che città ha ritro-vato dieci anni dopo?Una città dal duplice volto. Carat-terizzata, da un lato, da una forteimmobilità, da una incapacità didar vita ad uno sviluppo veloce.Piaga che, a dire il vero, contras-segna in questo momento sto-rico l’intero Paese e, più ingenerale, il continente europeo.Dopo dieci anni ho ritrovato ilcantiere in Via Diaz per un’opera,quella della realizzazione dellametropolitana, che va avantidalla metà degli anni settanta.Ma Napoli è anche terra di grandieccellenze. Penso al Teatro SanCarlo, perla di questa città, e, pertornare al mio lavoro, alle grandiprofessionalità della Squadra Mo-bile napoletana.

Lei ha incontrato i comitati delcentro storico di Napoli per fareil punto sui problemi che afflig-gono la parte antica della città.Che soluzioni ha indicato per ve-nire incontro alle loro richiestedi maggior sicurezza?Abbiamo parlato di un potenzia-mento del sistema di video-sorve-glianza unito all’estensione, per lestrade del centro storico, della fi-gura del poliziotto di quartiere.Tutto questo deve essere viaticoalla nascita di quella polizia di pros-simità che trae la sua forza dallostretto rapporto con il territorio. In

cui anche le figure dirigenziali,come il commissario, divengonocol tempo punti di riferimento delquartiere. Ma ho anche sottoli-neato che la nostra forza di preven-zione dei reati ha fortementebisogno dell’aiuto di tutti i cittadiniche, con le denunce e le segnala-zioni, possono aiutarci a renderepiù sicura la città. Ogni cittadinodeve diventare protagonista attivodella comunità, recuperando ilsenso civico e collaborando fattiva-

mente alla soluzione dei problemi.Ognuno di noi deve sentirsi parteintegrante dello Stato e non consi-derarlo, al contrario, un corpoestraneo a cui assegnare una fun-zione meramente salvifica. È unconcetto a cui tengo molto.

Il fenomeno del bullismo giova-nile e più in generale della crimi-nalità minorile colpisce anche lestrade del centro storico. Comesi fronteggia questa emergenza?Quello della criminalità minorile èun problema che afferisce forte-mente alla sfera demografica. Le fa-miglie più “popolari” della nostracittà sono sicuramente molto pro-lifiche. E secondo un’equazione disociologia criminale, dove c’è unmaggior numero di maschi giovanisi consuma un maggior numero direati. Tutto ciò non deve diventare,per la polizia, un alibi per abbassarela guardia sulla prevenzione . Dob-biamo vigilare fortemente affinchégli esercizi commerciali rispettino ildivieto di vendere alcolici ai minoridi sedici anni. Oggi lo sballo daubriacatura e da sostanze stupefa-centi è una piaga giovanile che vacombattuta con forza. Ma anche inquesto campo sento la necessità dirichiamare la collaborazione ditutti, e in primis delle famiglie, allasoluzione del problema. La famigliadeve ritrovare la sua funzione di in-dirizzo nei confronti dei figli. Anchei parroci e le strutture parrocchialipossono esserci di aiuto nel fron-teggiare la dispersione giovanile.

Una nuova frontiera è rappre-sentata dalle truffe telematicheche mietono sempre più vittime

Il Questore Merolla:«Più sicurezza con la collaborazione ditutti i cittadini»

di Giuseppe Farese

I protagonisti

13

tra i cittadini. A che punto è laprevenzione di tali reati?Si tratta di fattispecie che nellamaggior parte dei casi colpisconoil patrimonio del cittadino. Penso,ad esempio, alle clonazioni dellecarte di credito. E sono sicura-mente non meno fastidiose di altrireati di cui i cittadini onesti sonovittime. Su questo, comunque,l’impegno della polizia postale èmassimo. Così come continua in-cessante, anche in via telematica,l’azione di contrasto alla pedofilia.

L’emergenza rifiuti sembra nonfinire mai e con essa le giustifi-cate proteste dei cittadini. In chemodo questo problema entra afar parte delle vostra attivitàquotidiana?Naturalmente siamo chiamati adintervenire laddove vi sia una rea-zione da parte dei cittadini cheesuli dalla civile protesta. Quellodella spazzatura è uno dei pro-blemi che rientra nella specificitàdel fare ordine pubblico a Napoli.Sicuramente non riscontrabile innessun altra realtà italiana.

Dottor Merolla, lei è napoletano.Quali sono i luoghi del centrostorico in cui ritorna con mag-gior piacere?Il centro storico è la mia piccola pa-tria. Ho frequentato il liceo VittorioEmanuele II e l’università FedericoII. Ripercorro sempre con piacere ilpercorso che da Piazza Bellini, pas-sando per Via San Sebastiano, miconduce in Piazza San DomenicoMaggiore. In egual modo, la miapassione per i presepi e per i pa-stori mi porta, di frequente, a visi-tare le botteghe di San GregorioArmeno.

Come trascorre il suo tempo li-bero a Napoli?Di tempo libero ne ho davveropoco, il lavoro assorbe gran partedella giornata. Sono stato al SanCarlo per due opere e all’Associa-zione Scarlatti ad ascoltare un con-certo. Sono un appassionato dimusica classica e coltivo la miapassione. Ma sono riuscito a ve-dere dal vivo anche qualche partitadel Napoli.

PEDELEC. UNA BICLICLETTA PER RIPARTIREdi Enzo Picciano

Pedelec è l’acronimo di Pedal Eletric Cycle ovvero la bicicletta a pe-dalata assistita. Progetto europeo nato con l’obiettivo di infonderenei cittadini maggiore consapevolezza sui vantaggi e i benefici de-rivanti dall’utilizzo della bicicletta elettrica. Il principale utilizzo diquesta tecnologia è destinato a spostamenti in città: casa-lavoro/casa-scuola.Pedelec può rappresentare un’idea nuova per un turismo sostenibile nel centro storico dellacittà. Protagonista indiscussa è la bicicletta che, svestendosi del tradizionale abito meccanico, si pre-senta in versione elettrica con il suo sistema di pedalata assistita, che racchiude in sé numerosivantaggi, che vanno dal risparmio economico alla salvaguardia dell’ambiente.L’idea vincente della bicicletta con pedalata assistita sta nell’aggiunta di un motore elettricoche supporta il ciclista alleggerendogli notevolmente lo sforzo nel momento del bisogno. Conqueste caratteristiche, Pedelec rappresenta il miglior compromesso tra un ciclomotore ed unabicicletta tradizionale, coniugando in tal modo i benefici derivanti dall’attività ciclistica e ilcomfort dei ciclomotori. Guidare un Pedelec è semplice come guidare una comune bicicletta;sul veicolo c’è un unico dispositivo aggiuntivo per l’accensione e lo spegnimento del motoreelettrico, per la segnalazione del livello di carica della batteria e per la scelta del livello di potenzain base alle diverse pendenze da affrontare. Inoltre, non superando i 25 Km/h, la bicicletta elet-trica non necessita di targa, né di patente. L’ho guidata e vi assicuro: è una vero piacere. E losarebbe ancora di più, se non fosse per le dissestate strade della nostra città, che richiedono,oltre allo sforzo fisico alleviato in questo caso dalla pedalata assistita, una grande concentrazioneper evitare le buche.Gli Amministratori locali hanno un ruolo chiave nel comprendere che, specie su superfici ridottecome il nostro Centro Storico, integrare e favorire i sistemi di trasporto urbano non è solo ne-cessario ma urgente.Peccato, perché la città di Napoli, con il progetto Atena, era arrivata per prima ad intuire l’efficaciadi una politica di mobilità sostenibile. Era il lontano 1999: primo ed unico progetto in Europa colquale una città si dotava di una flotta di auto elettriche a noleggio (poco meno di € 1,5 all’ora),che offriva ai cittadini, oltre al parcheggio gratuito della propria auto, la possibilità di entrarecon l’auto elettrica nelle ztl o di circolare nei giorni di stop al traffico per divieti antismog. Unprogetto anche in grado di fermare finalmente il traffico in arrivo dalle periferie. Ma l’Ammini-strazione di Napoli – distratta, superficiale, colpevole – è riuscita a rovinarlo e a vanificare un fi-nanziamento di 42 miliardi per l’acquisto di 80 veicoli non inquinanti. Al danno si è aggiunta labeffa oltre confine: quando nel 2000 il sindaco di Barcellona – Pasqual Maragall – chiese aPalazzo San Giacomo l’incartamento relativo al “modello elettrico” era sicuro di trovarsi dinanziad una rivoluzione concreta, non certo ad una “pubblicizzata” iniziativa tipica dello stile dellegiunte degli ultimi anni. Alla resa dei conti, la rivoluzione elettrica a Napoli era fallita con la re-stituzione nel 2001 dei veicoli alla Fiat (partner nell’iniziativa) e tutta la storia è finita a causadell’incapacità di effettuare la manutenzione dei mezzi. Intanto il traffico, lo smog, l’invivibilitàdella città non si sono fermati, anzi si sono sempre più acuiti, e i tanti provvedimenti tamponehanno spesso aggravato una situazione già grave.Il Centro Storico di Napoli, patrimonio dell’Unesco, è oggi più che mai soffocato dal caos e dal-l’inquinamento, conseguenze di una circolazione automobilistica senza regole. Strade strette,sosta selvaggia, budelli nei quali la circolazione automobilistica è a percorrenza lenta, con laconseguente emissione di gas di scarico nocivi alla salute di chi ci vive. È il coraggio che mancaalla politica per pedonalizzare almeno il Centro Antico, vietando la circolazione ai mezzi inqui-nanti? O gli interessi sono altri? Questa soluzione sarebbe l’unico modo per valorizzare le tantepotenzialità inespresse di questi luoghi affascinanti?La bicicletta elettrica potrebbe essere il mezzo di spostamento in questa area, che andrebbeprotetta nei suoi perimetri da varchi controllati, per far sì che il turista (ma anche il napoletano)possa godersi la città in totale autonomia e senza inquinare. Sarebbe realistico che presso leStazioni ferroviarie e metropolitane, il Porto, ma anche altri luoghi di forte concentrazioneumana, venissero allestiti luoghi di noleggio di questi mezzi. Un’opportunità occupazionale daoffrire a cooperative di giovani, un servizio al turismo, un beneficio alla città. Complicato? AlSindaco e agli Amministratori vogliamo dire: avete voluto la bicicletta, e adesso pedalate.

14

La crisi dei rifiuti in Campania inizia ufficial-mente nel 1994, quando il Governo dichiara lostato di emergenza nominando un commissariostraordinario. Tra alterne vicende, crisi, indaginie proteste, nel 2009 il Governo stabilisce, perdecreto, la fine dello stato di emergenza. Tutta-via l’emergenza ancora oggi, novembre 2011, èben lungi dall’essere risolta. La prova si rinvienenelle stesse critiche mosse dalla CommissioneEuropea la quale, in assenza di chiare e concretesoluzioni da far pervenire entro il 28 novembre,procederà contro l’Italia comminando pesantisanzioni.Per comprendere con maggiore chiarezza il pro-blema dei rifiuti occorre avere almeno un’ideadella normativa che ad esso sovrintende. Ognipaese membro dell’Unione Europea ha dovutorecepire la normativa comunitaria. L’Italia lo hafatto nel 2006 con la riforma del “codice dell’am-biente” attraverso il D.L. 152/2006. Con esso loStato impone alle Regioni di organizzare all’in-terno del proprio territorio il ciclo integrato deirifiuti in modo da essere completamente auto-sufficienti. La legge stabilisce che lo strumentoattraverso il quale pianificare il ciclo dei rifiuti èil Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani(PRGRU). Inoltre stabilisce che, sempre attra-verso il PRGRU la Regione suddivida il proprioterritorio identificando degli Ambiti TerritorialiOttimali (ATO) al cui interno “chiudere” il ciclodei rifiuti.Tuttavia quello che poteva essere uno stru-mento in grado di risolvere il problema si è tra-sformato, per il suo infelice utilizzo, nellaprincipale causa del persistere dell’attuale crisi.Difatti, all’epoca, invece di dare vita, come pre-visto dal DL 152/2006, ad un PRGRU condivisoe partecipato dai cittadini attraverso il qualeidentificare nel modo più razionale possibile irelativi Ambiti Ottimali in cui “chiudere” il ciclodei rifiuti, la Regione Campania ha disciplinatola materia con LR n. 04 del 28/03/2007. L’infe-lice scelta della delimitazione degli Ambiti cosìoperata dalla Regione Campania consiste nel-l’aver fatto coincidere gli stessi con i rispettiviterritori provinciali. È tale Legge Regionale checonsente oggi alle altre province campane

(coincidenti con i rispettivi Ambiti Ottimali) diopporsi allo smaltimento dei rifiuti della Pro-vincia di Napoli nel proprio territorio. Quantosfugga al buon senso - costituendo un oggettivoe dimostrabile fattore di rischio per l’ambientee la salute - l’aver fatto coincidere un ATO con laProvincia di Napoli lo si comprende subito daldato della sua densità abitativa: 2.630 abitantiper chilometro quadrato, la più alta d’Italia,contro i 429 (la seconda della regione) di Ca-serta. Inoltre sul suo territorio sono presentiben tre siti di interesse nazionale ad altorischio ambientale, Napoli Orientale(L.426/1998), Bagnoli Coroglio (L.388/2000) earea del litorale Vesuviano (L.179/2002). Infinesono presenti il Parco Regionale delle Colline(che comprende Chiaiano) e il Parco Nazionaledel Vesuvio (che comprende Terzigno). Si com-prende, quindi, l’impossibilità per la Provinciadi Napoli di realizzare discariche e impiantisenza aumentare considerevolmente i rischiambientali.Veniamo ad oggi. Il 16 giugno scorso la RegioneCampania con deliberazione n. 256 adotta ilnuovo PRGRU. Il 16 agosto vengono depositate613 osservazioni di studiosi ed enti, alle quali,con meraviglia, la stampa non dà alcun risalto. Tra queste, le 17 presentate dalla AssociazionePrimate Denaum contengono proposte e ana-lizzano accuratamente la crisi in atto. Possiamosintetizzarne così leistanze di fondo: 1) A meno di tra-sporti extraregionali,in base ai dati dellaRegione Campania(fonte PRGRU, ndr)attualmente le di-scariche dovreb-bero essere tutteesaurite. Si ponedunque il seguenteinterrogativo: dovefiniscano i rifiuti rac-colti? 2) Il PRGRU, contra-riamente a quanto

dettato dalla normativa nazionale (D.L.152/2006) e regionale (LR n. 04 del 28/03/2007),non ha proceduto all’analisi, alla program-mazione ed alla verifica dell’autosuffi-cienza per singoli ATO con il risultato che tre diessi su cinque risultano, a piano attuato, non au-tosufficienti cosicché la stessa Regione Campanianon raggiunge la piena autosufficienza; 3) Relativamente alla Provincia di Napoli, conuna raccolta differenziata al 65%, la rea-lizzazione del termovalorizzatore di Na-poli Est risulta matematicamente inutile; 4) Relativamente alla Provincia di Caserta, afronte di una stima pari a 209.048 tonnellate/anno da inviare all’incenerimento, è stato pro-grammato un termovalorizzatore dalla portatadi sole 90.000 tonnellate/anno. 5) Infine l’associazione dimostra ancora comesiano insufficienti gli impianti di compostaggio,in particolare anaerobici, programmati nelPRGRU, essenziali per poter realizzare la raccoltadifferenziata. Difatti a fronte di una raccolta al50% soltanto il 21% del totale viene trattato inquesti impianti.Al fine di risolvere definitivamente il problemadei rifiuti legato, oltre che ad aspetti strutturali,alla oggettiva impossibilità per la Provincia diNapoli di chiudere all’interno del proprio ridot-tissimo e sovraffollato territorio il ciclo dei rifiuti,l’associazione ha presentato la proposta,contemplata dalla normativa, di fonderegli ATO della stessa Provincia di Napoli conquella di Avellino.Ad oggi nessuna risposta è stata data a questaproposta nè tantomeno alle 613 osservazionipresentate. Prevarrà ancora una volta la politicasul buon senso e sul bene comune o, final-mente, si presterà orecchio alle istanze della ra-gione e dei cittadini? Auguriamoci che nontocchi ai posteri l’ardua sentenza.

* Geologo ricercatore e presidente dell’associa-zione Primate Denaum

Crisi rifiuti in Campania: il punto sul problemaLa ragione soccombe alla politica e la soluzione resta lontana

di Francesco Varriale*

Politica del territorio

15

E rivoluzione fu. La nuova giunta comunale gui-data dal sindaco Luigi de Magistris ha recente-mente trasformato il centro antico di Napoli inuna maxi ZTL (zona a traffico limitato, ndr) af-finché cittadini e turisti possano riappropriarsi efruire al meglio di quella che sicuramente è laporzione di città più ricca di storia, arte e cultu-ra. L’applicazione del provvedimento, come eraprevedibile, ha suscitato reazioni di segno op-posto da parte di cittadini e commercianti dellazona: c’è chi lo ha accolto con grande entusia-smo plaudendo al coraggio dell’iniziativa e c’èchi è sceso in piazza per manifestare il propriodissenso. Ma l’assessore alla mobilità Anna Do-nati, che di questa rivoluzione è stata la princi-pale artefice, non lascia adito a dubbi: «Siamodisposti ad accettare suggerimenti da partedella popolazione e ad apportare eventuali cor-rettivi, ma sulla decisione non siamo disposti atornare indietro». Tanto vale, dunque, guardareavanti e concentrarsi sui correttivi.C’è una strada, in particolare, che più di ogni al-tra merita un’attenta riflessione: via del Duomo.La merita perché ha dei requisiti assolutamenteunici e straordinari, difficilmente rintracciabili inaltre strade d’Italia e persino d’Europa. Sul suosuolo lungo poco più di un chilometro e nelleimmediate vicinanze troviamo ben sei musei:Museo del Tesoro di San Gennaro, Museo Dioce-sano, Museo di Arte Contemporanea “Madre”,Museo Archeologico, Museo delle ScienzeMediche degli Incurabili e Museo civico Flang-ieri. Sempre in via del Duomo ha sede il comp-lesso monumentale dei Girolamini che rappre-senta il massimo esempio di architetturapartenopea del XVI secolo. Ancora in via delDuomo si possono ammirare non una, bensìquattro magnifiche chiese: San Severo al Pendi-no, San Giorgio Maggiore, San Giuseppe dei Ruf-fi e – dulcis in fundo – il Duomo di Santa MariaAssunta che è la principale cattedrale cittadinanonché la casa di San Gennaro, santo patrono diNapoli che, proprio tra quelle mura risalenti alXIII secolo, compie il prodigioso miracolo delloscioglimento del suo sangue al quale si mesco-lano la fede e le speranze dei napoletani. Ed èproprio alla cattedrale del Duomo che è collega-to il battistero paleocristiano più antico d’occi-dente: San Giovanni in Fonte. Senza contare chela strada è anche “cardines” e quindi porta di ac-cesso ai tre Decumani principali: il Decumanomaggiore, quello superiore (via dell’Anticaglia)

e quello inferiore (Spaccanapoli). Stiamo par-lando delle strade che furono costruite dai grecie che attraversavano in tutta la loro lunghezzal’antica Neapolis, oggi famose nel mondo so-prattutto per la presenza dei tanti laboratori ar-tigianali dediti alla lavorazione di presepi e pa-stori. Via del Duomo si trova dunque nel belmezzo di un sito archeologico a cielo aperto, lìdove persino il sottosuolo nasconde tesori di in-finita e rara bellezza. Basta addentarsi con unaguida turistica nella “Napoli Sotterranea” perrendersene conto. Uno degli ingressi a questoaffascinante complesso di cunicoli scavati nel

tufo si trova – pensate un po’! - in piazza SanGaetano, cioè a pochissimi passi da via del Duo-mo. Ci sono importanti città del Belpaese e delVecchio Continente che nella loro interezza nonpossono vantare ciò che Napoli custodisce nellasola via del Duomo.Dal punto di vista del trasporto pubblico la stra-da – che è incastonata tra piazza Covour e piaz-za Nicola Amore – risulta ben servita. Sul lato dipiazza Cavour, infatti, ci sono due stazioni dellametropolitana (Metropolitana Linea 1 stazione“Museo Archeologico” e la stazione della “Cir-cumvesuviana”), più svariate linee di autobus.Sul lato di Piazza Nicola Amore, invece, si at-tende entro il 2014 l’apertura della nuovastazione della Metropolitana Linea 1 che si chi-amerà, per l’appunto, “Stazione Duomo”. In-oltre, da quando è stata inaugurata la maxi Ztl,una nuova linea di autobus (C55) attraversacon una frequenza di 8-10 minuti l’interoperimetro della zona a traffico limitato, percor-

rendo anche via del Duomo con più soste per ipasseggeri. Alla luce di queste osservazioni èimpossibile non porsi una semplice domanda:perché non è stata ancora interamente pe-donalizzata? In seguito all’applicazione delnuovo piano del traffico la strada risulta spez-zata in tre tronconi: il tratto che va da piazzaNicola Amore a via Tribunali è carrabile e con-sente la sosta delle auto su entrambi i lati. Iltratto che va da via Tribunali a Via Anticaglia – dunque il segmento centrale, il cuore di viadel Duomo che comprende anche la catte-drale – è corsia preferenziale telesorvegliatacon divieto di sosta su entrambi i lati e apparecome un’area semipedonale. Infine, il tratto cheva da Via Anticaglia a via Foria è anch’essocarrabile con sosta delle auto su entrambi i lati.Ne viene fuori una brutta “frattura scomposta”che conferisce alla strada un’immagine e unafruibilità disomogenee tanto per i passanti,quanto per i residenti e i commercianti. Neidocumenti ufficiali fatti circolare lo scorso lugliodalla nuova amministrazione comunale silegge che dall’attuazione della maxi Ztl «risul-teranno valorizzate l’area storica del Duomo ela vocazione commerciale della via». Diamo perscontato che ci si riferisse all’area storica e allavocazione commerciale di tutta la via, non di unsolo tratto. E non diamo per scontato, ma di si-curo ce l’auguriamo!, che quella attuale sia solouna soluzione transitoria, una breve “provagenerale” di quella totale pedonalizzazione divia del Duomo che restituirebbe a questa stradasimbolo del centro antico la dignità che le com-pete e la certezza di un futuro a chi vi lavora pa-gando il drammatico scotto di anni di indolenzada parte delle precedenti amministrazioni chehanno fatto del loro peggio per condannare lapiù pulsante arteria del cuore cittadino alla de-sertificazione e al collasso commerciale. Occor-rono dunque interventi urgenti, di ampiorespiro e di lunga durata. Non solo l’estensionedell’area pedonale, ma anche il potenziamentodel trasporto pubblico, la creazione di nuoviparcheggi a ridosso delle zone chiuse al trafficoe un fitto calendario di eventi per attirare sulterritorio napoletani e turisti. La rivoluzione èpartita, ma va portata a compimento in tempirapidi, perché una rivoluzione a metà rischia diprodurre risultati effimeri o persino nefasti.D’accordo, «indietro non si torna». Adesso lavo-riamo subito sui correttivi.

Rivoluzione al Centro di Francesco Andoli

Politica del territorio

16

La piazza storica è uno degli elementiprioritari della costruzione della città,poiché ne rivela e ne trasmette i valoripubblici e monumentali.Piazza del Mercato (già Foro Magno campodel moricino) è una delle piazze storiche diNapoli, situata nel quartiere omonimo.È una delle più grandi piazze della città,èuna piazza pubblica a prevalente usocommerciale che ha mantenuto l’uso dispazio adibito alla vendita di mercanziedalla fondazione alla fine del Duecento fino

al XX secolo; storicamente, era qui che si svolgevano le esecuzioni capitali, a partire dalladecapitazione di Corradino di Svevia. Gli Angioini, dapprima, ne fecero un grande centro commercialecittadino e snodo fondamentale dei traffici provenienti da tutto il Mediterraneo, teatro dellarivoluzione di Masaniello e luogo nel quale furono giustiziati i giacobini dopo la soppressione dellaRepubblica Partenopea.La piazza è ornata da due fontane-obelischi (sul lato est e sul lato ovest), ed è inoltre abbellita dallapresenza della chiesa di Santa Croce al Mercato e di quella di Sant’Eligio Maggiore. Confina con piazzadel Carmine e con l’attigua Basilica del Carmine Maggiore, che prima del secondo dopoguerra, quando

fu edificato un palazzo di ediliziapopolare dal costruttore Ottieri, era untutt’uno con la piazza del Mercato.La fontana dalla quale Masanielloarringava la folla fu acquistata nel1812 dal comune di Cerreto Sannita ed

CARTOLINE DAL CENTRO

di Annamaria Uccella

PIAZZA del MERCATO

Palazzo Ottieri “macchia di Napoli”. Fra la second parte degli scempi edilizi nella città di Napoli. In ques più famoso come “palazzo Ottieri” dal nome del costru luoghi cittadini più antichi e ricchi di storia”.

Chiesa della Croce al mercatoL’obiettivo nel preciso disegno ar-chitettonico di forme aulichedell’architetto messinese Sicuroera quello di cogliere la simmetriadell’emiciclo e la centralità dellanuova chiesa della Croce posta nelmezzo.

Fontane-obelischQueste fontane settecentesche fu-rono costruite a mo’di obelischi da Francesco Sicuronell’ambito del progetto borbo-nico dell’arch. Francesco Sicuro,per il rinnovo monumentale dellapiazza dopo l’incendio del 1781.

17

è oggi sita nella piazza principale del paese.La piazza versa oggi in condizioni di gravedegrado, isolata rispetto alle principalistrade della zona, tanto da Corso Umberto Iquanto da via Marina, risulta abbandonatae trasformata in un enorme parcheggio acielo aperto, mentre si susseguono atti divandalismo nei confronti dei monumenti.La giunta Iervolino ha, sin dai primi anni delXXI secolo, manifestato la volontà diabbattere il “Palazzo Ottieri” per restituirealla piazza la sua forma originaria edavviare un processo di riqualificazione, mal’opposizione di alcuni abitanti dello stabile

non ha ancora consentito diavviare i lavori.Nell’aprile del 2009 un decisivointervento della Polizia Municipaleha svuotato la piazza dalle auto edai parcheggiatori abusivi. Lariappropriazione del territorio daparte delle istituzioni e ifinanziamenti destinati allariqualificazione dell’area hannoriacceso le speranze per ridare fascino e valore turistico ad una

piazza che è consideratatra le più importanti dellacittà per valore storico edartistico.

a metà degli anni ‘50 e i primi ‘60, sono stati consumati gran to periodo, fu innalzato l’orrendo grattacielo di piazza Mercato,

uttore. Quel palazzone sfregiò il motivo urbanistico di uno dei

”Storico” degradoLe fontane, una sul lato est e l’altra,parallela alla prima, sul lato ovest,hanno una netta influenza egiziana.Sono formate da obelischi piramidaliche poggiano su uno spessobasamento decorato daghirlande;oggi ornate anche da scrittevandaliche e da spazzatura.

Stridenti contrastiA metà altezza si trovano quattro testeleonine, poi fiori e festoni. Gli elementiche fanno da cornice ai gettanti d’acquasono le quattro sfingi.Oggi è evidente il grave stato di degrado,in particolare, alle sfingi mancano leteste.

Campo del moricino o campo di calcio? Questi monumenti avevano una doppiautilità: sia quella propriamente decorativa, sia come abbeveratorio per gli animaliche trasportavano le merci. Nella foto si nota una “destinazione d’uso” del tutto im-prevista.

18

Va osservato come il passaggio dalcarlino alla lira provocò in circa centoanni il passaggio della terza potenzaindustriale dell’Europa a quello cheoggi è Napoli. Come nemesi della sto-ria diremo che oggi l’ex regno d’Italiacorre lo stesso rischio con l’emergeredi nuove potenze economiche e colpassaggio dalla lira all’euro. Tedeschi e francesi stanno facendoman bassa di quanto abbiamo di me-glio.Mentre si è svolto questo centenariosaccheggio, la nostra classe dirigentesi è mostrata incapace di valorizzarel’enorme patrimonio della città; abbia-mo subito la cosiddetta politica delcontenimento, tesa più ad arginareataviche emergenze che a costruireun’idea di grande metropoli, di gran-de attrattore culturale. Quello che ciresta degli antichi splendori non è cer-tamente un rimpianto dal sapore neo-borbonico, ma piuttosto la consape-volezza che gli errori del passato nonpossono e non devono ipotecare il fu-turo di Napoli e dei napoletani.È ad una politica di sviluppo, attraver-so la conservazione e la promozione,che dobbiamo dedicare le nostre fu-ture energie valorizzando un patrimo-nio dell’umanità. Dei nostri ultimi tremila anni di civiltàe storia, nonostante tutte le specula-zioni, ci resta una città che attraverso ilsuo tessuto urbano e le testimonianzedei suoi splendori mostra qualità talida divenire essa stessa illustre e riccaper le vestigia del suo passato e parl’enorme potenzialità verso il futuro. Ilnostro centro storico, mille volte rico-struito su se stesso e risorto come unafenice, oggi rappresenta l’unica ed irri-nunciabile ricchezza e diventerà la ri-sorsa primaria di una nuova industriaeconomico-culturale. Il turismo comesistema integrato di sviluppo, che hafavorito la ripresa dei grandi centri eu-

ropei, è la grande occasione che si of-fre a Napoli, per fare finalmente unsalto di qualità verso il futuro.La storia, la cultura, la bellezza di Napo-li e la genuinità del popolo napoletanosono un patrimonio che non può esse-re goduto da un turismo frenetico e dipassaggio. Tutto questo merita percor-si turistici permanenti, attraverso colo-ro che vogliono conoscere la città, i tu-risti, si può costruire il riscatto sociale ecivile di Napoli. La necessità di una mo-derna pianificazione impone la prioritàdella rigenerazione e della fruibilità deinostri centri storici, già da tempo previ-

ste nei “Programmi Operativi interre-gionali“ e nel “Programma integratoper il centro di Napoli”, ma non ancoraattuate e purtroppo ormai in gestazio-ne da molti anni. In una fase di crisi cosìprolungata, i processi integrati di svi-luppo attraverso investimenti pubblicie privati rappresentano linfa vitale perun tessuto di imprese spesso di eccel-lenza, oggi costretto a subire l’incapa-cità di costruire e concertare percorsi“cantierabili”, e a partire dal restauroper finire alla grande tradizione dell’ar-tigianato partenopeo. Insieme al restauro del centro storiconella sua estensione totale, si dovrà af-fermare una nuova cultura dell’acco-glienza, a partire dalla disponibilità dispazi ed edifici storici tuttora in disuso.C’è bisogno di promuovere la cono-scenza delle tradizioni (non i soliti museicontadini di cui ormai è pieno il mondo)

anche con spettacoli folcloristici e rievo-cativi nei luoghi ove maggiormente pe-sa il fascino della storia e delle forme diartigianato tradizionali che sono tante,dal corallo ai pastori. Per queste produ-zioni locali bisognerà creare un apposi-to contenitore museale con annessicentri di vendita certificata, come acca-de in siti turistici più organizzati. (adesempio, i francesi a Montpellier). Tutto questo potrà potenziarsi e rea-lizzarsi se il contenitore culturale in-torno e nel quale si svolge la vita dimigliaia di napoletani potrà profittaredel “Programma Integrato Urbano peril Centro Storico”. L’obiettivo principale sarà quello di ungrande contenitore artistico e paesag-gistico che, differenziando la qualitàdell’offerta, interesserà un numeromolto maggiore di visitatori attivandouna filiera che saprà integrare i musei,i luoghi d’arte ed i beni paesaggisticied architettonici con grandi centri dicommercializzazione dei prodotti del -l’artigianato, dal corallo ai pastori, dal-la moda ai prodotti agro-alimentari,dai vini ai prodotti della pasticceriatradizionale etc. CNA Napoli da tempo è sensibile aiproblemi della crescita e ripresa civilee sociale del territorio e sta promuo-vendo fattivamente un programma diconvergenza ed articolazione dellemaggiori componenti imprenditorialidel territorio con la creazione di reti diimprese, consorzi, programmi e stra-tegie che riescano a produrre un uni-co sistema produttivo, capace di svi-luppare finalmente quell’economiastrutturale ed organizzata e di portarequello sviluppo di cui vi è necessità.Ciò sarà possibile solo ed esclusiva-mente se la nostra classe dirigente nonsi distragga a caccia di “briciolette”.

* Confederazione Nazionale dell’Artigia-nato e della Piccola e Media Impresa

Il centro storico: analisi e ipotesi per una valorizzazione

Basta con la politica delle “briciolette”!a cura di CNA Napoli*

Politica del territorio

19

Mi piacerebbe tanto denunciare cosasignifica vivere la propria condizionedi disabile a Napoli e gli innumerevolidisservizi che la nostra città ci costrin-ge ad affrontare quotidianamente, siaper la conformazione del suo territo-rio collinare che per la miopia dellepolitiche sino ad oggi adottate dallenostre istituzioni in riferimento all’u-niverso delle disabilità, ma il mio spiri-to costruttivo mi spinge a sollecitarele vostre coscienze ad una riflessionepiù approfondita.

Tuttora la questione delle barriere ar-chitettoniche nell’immaginario comu-ne è relegata ad una sola categoria dipersone, quelle con disabilità fisica(motoria) o sensoriale (ciechi, ipove-denti, sordi). Si pensa che le barriere ar-chitettoniche possano essere gli scalinidi un marciapiede, una scala di un pa-lazzo, un ascensore stretto, ma purtrop-po non si considerano le necessità quo-tidiane di mobilità e di autonomia ditantissime altre persone come i bambi-ni, gli anziani, le donne incinte, le mam-me che vanno in giro con i passeggini, itraumatizzati temporanei a causa diuna frattura ad un arto, gli obesi etc.Circa il 40% della popolazione ha unproblema di ridotta autonomia e mo-bilità temporanea o definitiva per età ocondizione; basti pensare che una per-sona che si muove in sedia a rotelle hadifficoltà ad entrare in un bar o in unapizzeria, ma anche una persona obesaha difficoltà in uno di questi esercizi araggiunge il bagno, spesso di dimen-sioni ridotte ed ubicato in luoghi angu-sti o addirittura in cima a scale strette.Come vi erano le leggi razziali negliStati Uniti d’America fino agli anni ’50e l’Apartheid in Sudafrica fino agli an-ni ’80 del secolo scorso, anche oggi,qui a Napoli, esistono leggi non scrittein abse alle quali i cittadini con disabi-lità sono discriminati nel loro diritto

alla mobilità, nonostante sia stata ap-provata nel 2006 la Convenzione ONUper i diritti delle persone disabili. An-che se all’ingresso dei locali non vi so-no cartelli che vietano esplicitamentel’ingresso alle persone con disabilitàmotoria, vi sono dei segnali molto evi-denti, come scalini esterni che nega-no fisicamente l’accesso ai più svariatiluoghi, dagli uffici pubblici a quelliprivati, dalle sale conferenze agli eser-cizi commerciali, costringendo le per-sone come me, che si muovono in car-rozzina, a rinunciare alla propria vitasociale.

Avrei avuto piacere di poter presenzia-re personalmente agli incontri del 7aprile dei futuri candidati a Sindaco delComune di Napoli, per suggerire lorodi inserire all’interno del proprio pro-gramma elettorale anche la questionedell’abbattimento delle barriere archi-tettoniche nella nostra città, ma pur-troppo ho dovuto rinunciare a questoproposito, dal momento che le riunionisono state tenute in luoghi inaccessibi-li. Come si può facilmente intuire, ilproblema delle barriere architettoni-che è un fattore che agisce negativa-mente non solo sulla vita della personacon disabilità ma anche su quella diamici e parenti, influendo sui rapportipersonali e condizionando le scelte dimobilità quotidiana. Le barriere archi-tettoniche rappresentano un proble-ma culturale che coinvolge tutta la so-cietà, in quanto, se vi fosse maggiore

conoscenza e sensibilità alle esigenzedelle persone disabili, si farebbe ricor-so ad un’attenta progettazione inclusi-va (usando i termini internazionali Uni-versal Design “Disegno Universale”, De-sign For All “Disegno Per Tutti”) e aduna rigida attuazione delle normativein merito al loro abbattimento. La no-stra Associazione Superabile Onluspromuove progetti per l’autonomiadelle persone disabili e non rivendicaassistenzialismo da parte delle istitu-zioni. Insieme al Responsabile dell’Uf-ficio Tecnico Arch. Assunta Polcaro -consulente che collabora fin dal princi-pio a questa avventura associativa -stiamo cercando di conseguire obietti-vi ambiziosi che potrete meglio ap-profondire sul nostro sito www.supera-bileonlus.org. Con l’impegno costantesul territorio, ogni giorno cerchiamo direndere Napoli un po’ piu’ accessibile.Non ultimo abbiamo coadiuvato i pro-gettisti della Metropolitana di NapoliSpA per la realizzazione dei percorsiesterni accessibili – dotati di scivoli epercorsi loges - delle stazioni di PiazzaBovio, via De Pretis, Via Guglielmo San-felice sino a Piazza Matteotti.

* Presidente dell’Associazione Superabile

In questa rubrica intendiamo ap-profondire di volta in volta una tema-tica legata alla disabilità, ma soprat-tutto desideriamo che anche voi lettoripossiate diventare soggetti attivi e cri-tici segnalando alla mail del giornalesituazioni legate al mondo della disa-bilità che riterrete possano necessitareun nostro intervento – anche da partedell’Ufficio Legale dell’associazione – eluoghi inaccessibili su cui interveni-re… perché una città può definirsi civi-le solo se è accessibile e può essere resaaccessibile solo partendo dai problemidi chi la vive!

Le barriere architettoniche e sensoriali:un problema sociale

di Luigi Montanaro*

Cittadini e diritti

20

A Napoli, per i circa 20.000 studen-ti fuori sede, i posti letto in struttu-re pubbliche sono soltanto 237.Dal 2008 sono finiti i lavori per unanuova residenza a Pozzuoli, maquesta non è mai stata messa a di-sposizione. Dal 2012, poi, gli stu-denti dell’Orientale finalmenteavranno una loro Casa dello Stu-dente a Via Brin, con 144 posti let-to. Tanti studenti fuori sede popo-lano interi quartieri, ma giuridica-mente non esistono e quindi nonvengono tutelati. È la Napoli “sot-terranea”: quella degli affitti in ne-ro. Il mercato degli affitti è quasicompletamente a nero. Ciò com-porta che coloro che sono idoneiper ricevere la borsa di studio dafuori sede (che va dai 3.950,00 ai4.700,00 euro) riceveranno unaborsa di studio da “pendolare”(che va dai 2.060,00 euro a2.600,00 euro). In pratica la metàdi quanto avrebbero diritto. Con-siderando che l’affitto annuale pa-gato dagli studenti va dai 2.200euro ai 3600 euro, ricevere la bor-sa di studio dimezzata non tutelaper nulla gli studenti.La situazione delle abitazioni del

centro storico risulta molto preca-ria per quanto riguarda la sicurez-za delle strutture. Molti sono i casiin cui le crepe sui muri si trasfor-mano in crolli di contro-soffittatu-re. Gli impianti elettrici sono quasisempre vecchi e non a norma.Non avere un contratto regolareindebolisce le richieste degli stu-denti per la sicurezza degli immo-bili. Il Comitato degli StudentiFuori Sede del Centro Storico diNapoli nasce proprio dall’esigenzadi condividere bisogni e proposteper migliorare dle loro condizionidi vita nel quartiere e far emergerele situazioni di disagio che vivono,con l’obiettivo di avere rispostedalla classe politica. Quella stessapolitica che non muove un ditonel nostro territorio, nonostanteamministri una delle città univer-sitarie più grandi del Paese.Basterebbe guardare alcuni no-stri vicini europei per compren-dere come sia possibile tutelare il“diritto all’abitare” dalla dura leg-ge del mercato: si pensi ad esem-pio al social housing francese. InFrancia esiste una legge che ga-rantisce un diritto di prelazione

nell’acquisto degli immobili rivol-to alle istituzioni pubbliche. Lostato ha una precedenza rispettoai privati, calmierando quindi icanoni di affitto. A Parigi, per fareun esempio, tantissimi immobilisono stati comprati dal Comuneche li ha ristrutturati e dati allapopolazione.L’esempio del social housing fran-cese ci dimostra come è possibileporre un freno alle politiche dispeculazione immobiliare garan-tendo quel basilare diritto “ad ave-re un tetto sopra la testa”. È benesoffermarsi, poi, sull’importanzache hanno i progetti di riqualifica-zione degli stabili pubblici di-smessi in un’ottica di sviluppo so-stenibile e di non deturpazionedei territori. Il livello di urbanizza-zione delle grandi città non con-sente la costruzione di nuovi im-mobili. Per questo risulta una scel-ta oculata quella di riutilizzare sta-bili abbandonati per l’edilizia uni-versitaria: un piccolo passo versola garanzia del diritto allo studio.

* Rappresentante sindacato univer-sitario

Napoli città Universitaria?Concrete proposte per la popolazione studentesca

di Roberta Russo*

Le proposte

21

Trovarsi al cospetto del tesoro di San Gennaro è come immaginare diavere a disposizione una macchina del tempo e sognare di viaggiare inlungo e in largo nell’arco di sette secoli. Una stratificazione culturale eartistica senza precedenti che si è materializzata, dall’anno 1305 ai giorninostri, in uno dei tesori più importanti al mondo, dal valore inestimabile,costituito da 21.610 capolavori e che, secondo gli esperti, è superioreper importanza e ricchezza al tesoro della corona d’Inghilterra e a quellodello zar di Russia. Ma come è stato possibile che a Napoli, una delle cittàpiù tormentate e dilaniate della storia sia per catastrofi naturali sia perle decine di differenti dinastie che l’hanno dominata si sia potuto costi-tuire e soprattutto conservare intatto questo immenso patrimonio del-l’umanità? La risposta può sembrare banale, ma è di una semplicitàassoluta: lo si deve grazie ai napoletani che hanno avuto in San Gen-naro sempre e solo l’unico vero e assoluto punto di riferimento. Pro-babilmente il famoso scioglimento del sangue del Santo Patrono, cheuna parte della cultura rappresentata da autori come Dumasha sempre relegato a un mero evento di superstizione popolare,ha offuscato non solo la straordinaria storia della fede di un po-polo, ma l’eccezionale movimento artistico che si è sviluppatoa Napoli, nel corso di sette secoli, anche in nome e per conto diSan Gennaro. Non è infatti un caso che i capolavori appartenential tesoro siano stati realizzati dai più importanti artisti del tempo,che la gran parte di essi siano di manifattura napoletana e che sianostati donati e commissionati da re, regine, imperatori, papi e uominiillustri, ma anche dallo stesso popolo. E se il tesoro, dopo sette secoli di incursioni, guerre, rivolte, ter-remoti, dinastie, è ancora intatto lo si deve proprio ai napoletanie a un voto della città testimoniato da un prezioso atto notarile.Era l’anno 1527 e Napoli era flagellata dalla peste, dalla guerra Francia-Spagna e dalle devastanti eruzioni del Vesuvio. Se San Gennaro avesseconcesso loro la grazia, facendo terminare gli stillicidi che stavano de-vastando la città, gli avrebbero dedicato e costruito una nuova Cappellaall’interno del Duomo. San Gennaro non dice mai no alle preghiere deinapoletani e fece il miracolo. Nel giro di poco tempo questi flagelli ter-minarono e così la città, per mantenere il voto espresso, costituì un as-sessorato i cui membri erano i rappresentanti dell’antico governo dellacittà partenopea, i sei sedili. Due membri per ogni seggio di cui cinquearistocratici e uno eletto dal popolo: la Deputazione per la costruzionedella Real Cappella di San Gennaro. Quest’antichissima, singolare e unicaistituzione, oltre a far realizzare la Real Cappella, un autentico gioiellouniversale dell’arte, ha custodito in tutti questi secoli le reliquie del san-gue del santo patrono napoletano e le donazioni che si sono sino a oggiaccumulate, garantendone l’intangibilità e quindi non finanziando al-cuna guerra né subendo spoliazioni. Lo stesso Napoleone, che ovunquesia andato ha depredato, quando approdò a Napoli non solo non potette

prelevare nulla, ma dovette regalare a San Gennaro un ostensorio in oro,argento e pietre preziose di superba bellezza e raffinatezza. La Deputa-zione ha resistito agli inevitabili mutamenti del tempo e ancora oggi cu-stodisce e conserva la Cappella di San Gennaro e il tesoro costituendotra l’altro, nel 2003, il Museo del Tesoro di San Gennaro che espone, ov-viamente, di volta in volta solo una parte dei capolavori appartenenti altesoro. Quest’anno il Museo si è reso promotore di un evento eccezionaledall’8 aprile al 12 giugno prossimi che coinvolge anche altre sette sitimuseali del Centro Storico di Napoli mettendo in mostra i gioielli e lemeraviglie del tesoro non solo nella loro sede naturale, ma anche in dif-ferenti e splendidi contesti artistici e storici del territorio.

Sarà quindi possibile ammirare i leggendari gioielli nel Museo del te-soro di San Gennaro come la collana di San Gennaro più ricca e piùpreziosa al mondo realizzata dal 1679 al 1879 con i doni dei più im-

portanti regnanti europei, oppure la mitria in oro, del 1713 tempe-stata di tremilaottocentonovanta pietre preziose, o anche lapisside gemmata regalo di Ferdinando II nel 1831, e già questitre capolavori in esposizione basterebbero a catalizzare l’in-teresse dei visitatori di tutto il mondo, ma se poi scopriamoche questi sono solo tre delle dieci meraviglie appartenenti

al tesoro di San Gennaro e che altre opere inedite saranno di-stribuite per la prima volta in sette differenti musei allora possiamoparlare di un evento culturale storico. Non solo una mostra artistica, dunque, bensì una esposizione emo-

zionale, coinvolgente, che trascina il visitatore nell’essenza piùprofonda della città di Napoli. Perché a Napoli cambiano i ve-stiti, i costumi, ma in alcune zone non cambiano i volti, le voci,i suoni. Una stratificazione millenaria che è presente nella an-

tica rappresentazione presepiale napoletana, ma anche nelle immaginidei più grandi pittori mondiali come Caravaggio, Domenichino, MiccoSpadaro, Luca Giordano, Joseph de Ribera, Massimo Stanzione. Un per-corso suggestivo che come una macchina del tempo farà viaggiare i vi-sitatori in oltre 150 capolavori esposti partendo dall’anno 1305, quandotre orafi provenzali realizzarono il busto di San Gennaro in oro e pietrepreziose commissionato e donato da re Carlo d’Angiò, per passare allaprocessione dei cinquantaquattro busti d’argento che nei secoli le con-gregazioni hanno regalato al Santo Protettore di Napoli per terminarenel 1931, quando il 5 novembre Umberto II di Savoia donò una pissidein oro e corallo realizzata a Torre del Greco. È la storia del legame di SanGennaro con Napoli, ma è anche la storia dell’arte europea. Questo è il tesoro di San Gennaro.

* Direttore del Museo del tesoro di San GennaroAutore dell’opera “Le dieci meraviglie del tesoro di San Gennaro”

Le meraviglie del tesoro di San Gennarodi Paolo Iorio*

Il leggendario “tesoro di San Gennaro” più importante di quella della corona d’Inghilterra e di quello dello zar di Russia è stato ammirato in unamostra che ha avuto luogo a Napoli contemporaneamente in sette differenti siti museali. Sette secoli di donazioni fatte al Santo Patrono che haoltre 25 milioni di devoti nel mondo.

I tesori del Centro

22

Nella nostra amata città spesso lefontane… vanno a spasso!Non così per la bella e affascinantefontana detta di “Spinacorona” inVia Guacci Nobile che dal 1498 dàacqua agli abitanti della platea diPortanova.Via Guacci Nobile è la parallela alCorso Umberto I al lato della sedecentrale dell’Università Federico II.Il suo nome deriva dalla vicinachiesa di S. Caterina Spinacorona(per la presenza della reliquia del-la spina della corona posta sul ca-po di Gesù quando fu crocifisso),fondata nel 1354.Fu il vicerè di Napoli, don Pedro diToledo (1532-1553) a commissio-nare a Giovanni Merliano da Nola,

ottimo scultore e architetto rina-scimentale, la fontana così comeoggi la vediamo.Al Merliano da Nola il vicerè avevacommissionato già il suo cenota-

fio dietro l’altare maggiore dellachiesa di San Giacomo degli Spa-gnoli in Piazza Municipio.La fontana, addossata alla paretecontigua alla chiesa, presenta unavasca marmorea, simile ad un im-ponente sarcofago classico, orna-ta di festoni ricchi di racemi e frut-ta, con al centro lo stemma del vi-cerè e quello della città di Napoli. L’acqua fuoriesce da cannule moz-ze poste al livello del bordo dellavasca e dalle “zizze” della chimeraposta al centro di due sommitàmontuose raffiguranti una il Mon-te Somma e l’altra il Vesuvio.È anche nota con il nome di “A’funtana dè zizze”. La figura alatacon testa di fanciulla e corpo di ra-pace, munita di possenti artigli, al-tro non è che la mitica sirenaParthenope che cerca di spegne-re, con lo spruzzo d’acqua che fuo-riesce dai seni, l’ardore del Vesuviosulle cui pendici si vedono scolpi-

te lingue di fuoco unitamente aduno strumento musicale. L’acqua che fuoriesce dai seni haanche un significato propiziatorio:dona abbondanza e prosperità al-la sottostante città.La figura mitologica della Sirena(raffigurata secondo il modello ar-caico greco e non quello medioe-vale che la vuole metà donna emetà pesce), oggi presente sullafontana, è una copia del 1931 ese-guita dallo scultore Achille D’Orsi.L’originale si trova nel Museo di S.Martino.Pur essendo protetta da una (brut-ta) cancellata di ferro, la fontana ri-sente fortemente dell’erosione de-gli agenti atmosferici e del calcaree meriterebbe di essere megliopreservata.Per altre realtà, come la porta dibronzo di Castel Nuovo del XV se-colo, si è provveduto a farne unacopia da mettere all’ingresso delcastello preservando l’originale, ot-timamente restaurata, nelle saledel Museo Civico. Perché non ipo-tizzare una scelta simile? Una copiadella fontana in Via Guacci Nobile el’originale, con la primitiva sirena,in una sala a pianterreno nello stes-so Museo Civico di Castel Nuovo.

* Storico dell’Arte

La fontana di Spinacoronadi Antonio Caliendo*

Museo a cielo aperto

23

La sostenibilità applicata all’ideadi città, ossia le prospettive e i me-todi di uno sviluppo urbano eco-compatibile, ha assunto una gran-de importanza, poiché è propriola metropoli diffusa che sta carat-terizzando la crescita dei nostriterritori; perché è nelle città che siconcentrano le attività ed i consu-mi umani.Un approccio sostenibile allo svi-luppo e all’organizzazione dellacittà va ad incidere su moltepliciaspetti della sua gestione e nonsolo, come spesso si tende a frain-tendere, con un’attenzione rivoltaal verde urbano e dagli spazi pe-donali e ciclabili, ma pianificandocon attenzione le sue attività, mi-rando a ridurre i consumi, ma alcontempo migliorando laqualità della vita dei cittadini.Il concetto di sviluppo urbanova sgombrato da equivoci edinterpretazioni restrittive, incui l’approccio sostenibile vie-ne fatto coincidere con quelloecologico e ridotto alla prote-zione dell’ambiente, ma coin-volge, in un’ottica olistica,aspetti economici e sociali.Infatti quando si opera in unregime di sviluppo sostenibi-le, si cerca di procedere secondo lacosiddetta regola dell’ equilibriodelle tre “E”: ecologia, equità, eco-nomia. Si cerca cioè un equilibriotra i fattori che riguardano l’am-biente (ecologia), quelli della giu-stizia sociale (equità) e nel con-tempo della crescita economica(economia).La sostenibilità urbana è un pro-cesso evolutivo e dinamico, chedeve essere basato su fattori tem-porali e prospettive di scala. Biso-gna operare nel rispetto delle ge-nerazioni future, ma non trala-sciando la qualità della vita diquella presente, operando quindi

sul breve e medio termine (fattoretemporale); bisogna fare le sceltepiù opportune per il loro impattoambientale locale, che incidonodirettamente sulla qualità della vi-ta dei cittadini, regionale e globa-le, con attenzione ad esempio alconsumo delle risorse (prospetti-va di scala).Operare sulla Città, sulla pianifica-zione del suo sviluppo fisico maanche su quello delle sue attività,non può prescindere dall’analisisocio-economica delle necessitàdei suoi abitanti, che non sono so-lo utenti ma sono invece la sua lin-fa vitale. Sono i cittadini che la abi-tano, che la vivono quotidiana-mente e quindi il loro benessere èil primo elemento di cui tenere

conto quando andiamo a proget-tare dei cambiamenti su di essa;ma non si possono trascurare an-che quegli utenti che lo sono più omeno occasionalmente, siano essilavoratori residenti fuori dei suoiconfini, ma che sono suoi cittadiniper larga parte del loro tempo, oturisti, che la vivono solo un perio-di occasionali ma di una certa du-rata. Nel settore della progettazione ur-bana, della mobilità e dei traspor-ti, si considera che la qualità dellavita degli abitanti di un quartieredipende molto dalla qualità del-l’ambiente urbano, e cioè dagli in-terventi attuati per il disegno del-

lo spazio pubblico e per l’organiz-zazione della mobilità; inoltre laqualità urbana dipende da cometali interventi vengono attuati,cioè se si inseriscono corretta-mente nell’ambiente costruito ese rispondano alle richieste dell’u-tenza. Infatti solo se le realizzazio-ni sono soddisfacenti gli utenti,cittadini e non, frequenterannoquesti spazi e utilizzeranno i servi-zi, e sentendoli propri li rispette-ranno. “Qualità della Vita” e “Qualità Urba-na” sono strettamente correlate.Entrambe sono fortemente condi-zionate dal sistema della Mobilità;infatti è stimato che l’incidenzadei trasporti sui consumi energeti-ci della Città sia pari a circa il 60%.

A ciò bisogna aggiungere ifattori relativi all’inquinamen-to ambientale (smog , polverisottili, incremento di gas dacombustione e dell’effettoserra, etc…), all’inquinamentoacustico, allo stress, al traffico,ai parcheggi nonché ai perico-li più o meno occasionali degliincidenti. Si tratta quindi di uncampo molto delicato e sensi-bile che incide secondo variaspetti sulla qualità della vita

dei cittadini e su quella urbana.I generici correttivi proposti fre-quentemente dalle Pubbliche Am-ministrazioni, accompagnate daopportune norme per la protezio-ne ambientale, non appaiono as-solutamente sufficienti a gestire ilfenomeno.Una corretta progettazione soste-nibile della mobilità deve tenerein conto in primis la necessità diaccessibilità, separando laddovepossibile l’accessibilità ai luoghipiuttosto che ai servizi. Ad esem-pio, ogni cittadino deve poter tor-nare a casa (accessibilità ai luo-ghi); se necessita di un servizio si

Le sfide della Città Sostenibile: la Mobilitàdi Sara Scapicchio

La città che verrà

24

deve valutare la possibilità di otte-nerlo tramite sistemi tecnologiciche mi consentano di evitare didovermi recare in un solo luogo,decentrando la prestazione di ser-vizi in modo virtuale o fisico inmodo da alleggerire il carico daconcentrare in un solo luogo, co-me ad esempio per ottenere uncertificato anagrafico può rivol-gersi ad uffici postali o a tabacche-rie aderenti al servizio Reti Amicheinvece di doversi recare fisicamen-te presso gli uffici comunali pre-posti (accessibilità ai servizi). So-stituiamo un prodotto con un ser-vizio utilizzando i flussi di informa-zioni, beni immateriali.Una Progettazione della MobilitàSostenibile opererà quindi su pro-blematiche differenti: dalla strut-turazione della viabilità e della for-ma urbana, alla progettazione deiveicoli in relazione ai caratteri spe-cifici della città fino all’arredo ur-bano. In generale persegue nelle areeurbane l’incremento del trasportopubblico, l’incentivazione dellamobilità non-motorizzata (pedo-nale e ciclabile), la riduzione (nonl’eliminazione) dell’uso dell’autoprivata. Va sempre garantita l’accessibilitàai vari spazi cittadini, ma, in un’ot-tica di qualità della vita e della

città, bisogna comprendere chequesto fattore va connesso anchealla velocità dei tempi ed alla qua-lità della percorrenza. Ogni singo-lo utente fa sempre, più o menocoscientemente, un bilancio tra lavelocità e la qualità del suo viag-gio; per attraversare la città la miascelta di usare un veicolo privatosarà influenzata dal tempo di atte-sa del mezzo pubblico, dal suoaffollamento, dal sui percorso, dal-la vicinanza al punto di partenzaed alla destinazione, dalla spesaeconomica diretta etc…, così co-me la scelta del mezzo privato, acui si aggiungeranno i fattori rela-tivi al parcheggio.Per concludere, un sistema di Mo-bilità Sostenibile dovrà:• Promuovere l’interoperabilità tradiversi mezzi di trasporto

• Studiare effetti sul traffico e suitrasporti legati alla forma urbana

• Minimizzare l’uso di risorse nonrinnovabili

• Minimizzare l’inquinamento del-l’aria e acustico

• Minimizzare l’impatto paesaggi-stico e sulle risorse

• Incentivare il recupero di ele-menti preesistenti

• Incentivare la mobilità pedona-le e ciclabile

• Incentivare l’uso di energie al-ternative

• Utilizzare al meglio la telematica egli Intellige Transport System (ITS)

• Prevedere sistemi integrati dinoleggio (car sharing)

• Incentivare l’uso di mezzi pub-blici

• Adottare politiche eque dei co-sti di trasporto

• Garantire una qualità ambienta-le globale dei percorsi.

Una progettazione sostenibileprevede ad esempio di realizzaresistemi di interscambio tra varimezzi e linee nonché con i veicoliprivati; di utilizzare veicoli elettrici(bus, navette, auto a noleggio, bicicon pedalata assistita) e di crearezone di sosta con sistemi di pro-duzione energetica da fonti rinno-vabili dove poterli alimentare; direalizzare veicoli appositamenteadattati per consentire l’accesso inparticolari zone della città (adesempio nei centri storici la realiz-zazione di bus navette circolarielettriche di dimensioni ridotte);etc…Una gestione di questo tipo dovràpuntare a restituire vivibilità allacittà, decongestionandola, e fa-cendo si che i suoi cittadini si riap-proprino dei suoi spazi vitale.Una mobilità sostenibile migliorala qualità urbana e con essa laqualità della vita.

L’Università degli Studi di Napoli“L’Orientale” trae le sue origini nel-la prima metà del 1700 dal Colle-gio dei Cinesi, fondato da MatteoRipa.L’Orientale si configura oggi comela più antica scuola di sinologia edi orientalistica di tutto il conti-nente europeo ed è specializzatanegli insegnamenti linguistico-letterari e storico-artistici.

L’ateneo rappresenta un nucleodel centro storico napoletano concirca 12.000 studenti. I quali vivo-no la città, a partire dalla mattina,quando si tengono i corsi, fino allasera, quando ci si ritrova nellapiazzetta adiacente Palazzo Gius-so, uno dei pochi luoghi di aggre-gazione che Napoli offre.

L’Orientale, con i suoi 5 palazzi si-tuati in diversi punti della città, di-spone certamente di aule studio,biblioteche, spazi per assemblee,conferenze etc. Eppure uno deinostri problemi è quello di nonriuscire a vivere la città così comevorremmo; non possiamo peresempio restare a studiare oltre le17,30 nei suddetti luoghi, così co-me è difficile organizzare dei mo-menti ludici e ricreativi come le fe-ste. Allo stesso modo ci piacereb-be che l’apertura a “tempo pieno”degli spazi includesse anche il sa-bato e la domenica, così come av-viene in tante città europee nellequali la maggioranza della popo-lazione è costituita da studenti. Purtroppo conosciamo sufficien-temente la situazione del nostroateneo per poter aspettarci deicambiamenti nell’organizzazione.Siamo tristemente consapevoli diquanto l’università italiana sia at-tualmente vittima di decisioniscellerate di un governo che, nel-l’agenda politica, menziona i sa-peri e la ricerca solo marginalmen-te. Motivi per i quali è proprio ilnostro ateneo a subirne troppe

conseguenze in termini di tagli aicorsi di laurea meno frequentati,ma non per questo meno utili; tal-volta si tratta di quegli stessi corsiche rendono “L’Orientale” un polod’eccellenza in Europa.Da qualche anno sono stati intro-dotti anche nella nostra universitài “test d’ingresso” alle lauree spe-cialistiche, i quali oltre a bloccarele prospettive di tanti studenti,mettono anche in discussione i ti-toli di laurea triennale rilasciatidallo stesso ateneo che al mo-mento dell’accesso alla magistralealza delle barriere, dovute sempli-cemente alla mancanza di fondi eservizi. Crediamo quindi che biso-gna ripensare al centro storico co-me uno spazio a misura di chi lovive intensamente ogni giorno equindi a misura degli studenti edelle nostre necessità. Pretendia-mo di vivere la nostra città, poten-doci sentire bene, potendo esseresereni. Ma soprattutto, pretendia-mo un miglioramento dello statodelle università, affinché possanocontinuare ad essere necessarieallo sviluppo culturale del nostroterritorio.

Qui Orientaledi Ilenia Guida

I giovani del territorio

26

“Riprendiamoci le nostre città!”, “rimettiamoin Vita la Vita” sono due dei tanti slogan delgruppo Artivismo Civicratico che da oltre unanno è impegnato in eventi artistici a difesa

dei diritti spesso violati dei cittadini. Il grupponasce a Napoli, città dove più di altri luoghidell’Italia urge un cambiamento culturale,una rinascita artistica e ambientale, conside-rato soprattutto lo scempio che in questi ulti-

mi anni ha investito diverse parti della Cam-pania ed in particolare il centro storico, unavolta affollato di turisti, oggi affollato solo diimmondizia. Gli artisti hanno sostenuto inquesto anno di attività battaglie contro l’affis-sione abusiva dei manifesti elettorali, si sonoschierati per la libertà di informazione, hannoeseguito una performance contro i tagli allacultura e hanno realizzato un’installazionesull’emergenza rifiuti nell’evento “L’Arte Rifiu-

ta”. L’intento è quello di riportare l’Arte socialepiù vicina al cittadino comune, così come èstata negli anni ‘60 e ’70, effettuando veri epropri happening in cui installazioni e perfor-

mance artistiche nascono e vengono fruite instrada e non in gallerie e musei, luoghi ormaidi élite così lontani dal sentire popolare.

* Coordinatore e fondatore del gruppo ArtivismoCivicratico

“L’Arte in difesa del Cittadino”di Antonello Picciano*

Artivismo Civicratico

L’esordio del giovanissimo regista partenopeo Antonio Manco Gonzales

“Il sogno di Gennaro”, un film tutto napoletanodi Michele Giustiniano

Gennaro è un meccanico, uno che vive del suo lavoro, o meglio tira a cam-pare gestendo una piccola officina in uno dei tanti vicoli di Napoli.Uno di quei vicoli squallidi e principeschi al tempo stesso, in cui un raggiodi sole fatica a penetrare tra le file di panni “spasi”, ma non manca mai lamusica a riempire le giornate della povera gente.Uno di quei vicoli in cui ti senti un pezzente anche se sei pieno di soldi,ma puoi sentirti un re anche se hai le tasche bucate e le scarpe risuolate.Gennaro sogna, anzi fa dei sogni quando dorme. Paradossalmente, nonostante la sua fervida attività onirica not-turna, il principale dramma di Gennaro sta proprio nell’aver smesso di sognare, ovvero di credere nei proprisogni.Lo sa bene il suo defunto nonno, principale protagonista delle notti di Gennaro.Sarà proprio lui a suggerirgli (in sogno, ovviamente) cinque numeri, che Gennaro in un primo momento crederàfinalizzati ad una vincita al lotto,ma che poi scoprirà essere numeri vincenti nella vita più che nel gioco.Questo cortometraggio del giovane regista napoletano Antonio Manco (in arte, ha aggiunto Gonzales al proprionome) non avvince tanto per la trama o per le interpretazioni degli attori (il protagonista nella vita reale è uncarrozziere), quanto per i “quadretti napoletani” che offre.Sono ritratti a tinte forti, vivide, intense. Fedeli all’essenza della città e dei suoi abitanti. O meglio, dei suoi figli.Figli che per vivere hanno disperato bisogno di sognare. Hanno bisogno di credere quotidianamente nel mira-colo.E qui è d’obbligo citare il Don Vincenzo il Fenomeno (Totò) del film “Operazione San Gennaro”: «noi a Napolicampiamo solo di miracoli».

27

Quasi 800 allievi, più di cento prof, sei pianicon decine di corridoi su cui si affacciano vo-cianti aule di pittura, di architettura, di scul-tura, di cultura, due palestre ampie e benattrezzate e un giardino con piante rare e an-tiche: Santi Apostoli City, alias Liceo ArtisticoStatale di Napoli.Un mondo a parte, una scuola sui generis: quigli allievi non si annoiano, cambiano aula più omeno ogni ora spostandosi in questo enormeedificio da piano a piano, da corridoio a corri-doio. Sì perché dove si scrive non si può dise-gnare o scolpire e viceversa. I docenti siadeguano, si spostano, raggiungono gli studentida un piano all’altro e …la lezione inizia! Le oresi susseguono con ritmi veloci, senza pause finoalle due e trenta: sei ore piene di vita, tra pen-nelli, antologia e matematica, ma anche com-puter, laboratori e palestre attrezzate. Tre gliindirizzi da scegliere dopo un biennio unico: ar-chitettura e design, linguaggi visivi, beni cultu-rali. Tanti gli agganci con il territorio che vedegli studenti impegnati in svariate iniziative ar-tistiche e culturali esterne: in ordine di tempo,

a dicembre, una collaborazione con il MuseoDonnaregina per la quale gli allievi del Liceohanno realizzato lavori pittorici sul tema dellapace di grande interesse, partecipazioni a con-corsi nazionali ed internazionali di grafica, de-sign, fumetto, pittura, scultura, poesia efotografia. Una scuola sempre aperta: il pomeriggio nelLiceo è tutto un susseguirsi di attività, dai PONai corsi di potenziamento di materie culturali.Questo Liceo Artistico è un Istituto che mostraparticolare attenzione agli eventi del territorio.Per la fine maggio, ad esempio, è previsto unimportante evento che annualmente si realizzain collaborazione con il Museo Archeologico Na-zionale. In seguito ad accordi con il responsabiledel settore educativo del Museo e le funzionistrumentali del liceo area 4 e 5, una mostra chevedrà gli studenti impegnati in un’estempora-nea in una sala del grande Museo. Questo pro-getto, condiviso da tutto il personale dellascuola, mira a consolidare uno spazio espositivoper realizzare un museo che accoglierà le operedegli artisti che sono passati da qui nelle vesti

di docenti o di allievi. Qualche nome? EnricoRuotolo, una cui opera, donata per volontà te-stamentaria alla scuola, troneggia nell’AulaMagna del Liceo sin dal giorno del convegno,dedicato all’artista, tenutosi a pochi mesi dallasua scomparsa. Ad armonizzare e orientaretutte le iniziative del Liceo è il Dirigente scola-stico RENATO SAVARESE assistito da uno staffeterogeneo: Mario Lansione, vicepreside, do-cente di Discipline pittoriche, Clorinda Irace, se-condo collaboratore, docente di Italiano e Storia,organizzatrice di viaggi e progetti per gli stu-denti. A questi due diretti collaboratori, si ag-giungono le “Funzioni strumentali”: SilvanaParente, Lucia Gangheri, Assunta Colucci, Mi-chelangelo Riemma e Luigi Pagano, cinque do-centi impegnati per garantire i diversi ambitidell’offerta formativa. Si va dal recupero al di-sagio, dall’accoglienza all’orientamento, dallacomunicazione all’organizzazione di mostre edeventi, dalla redazione e dall’aggiornamentodel POF alla promozione di attività rivolte ai do-centi. Una scuola che vive in piena armonia lasua funzione sociale e formativa nel territorio.

Il LICEO ARTISTICO STATALE DI NAPOLI:laboratorio di formazione

di Enzo Picciano

Le eccellenze del centro

Si apre il portale del dialogoInaugurato il sito diocesano ecumenismo e dialogo interreligioso

di Michele Giustiniano *

Mentre in città, una dopo l’altra, si aprono le porte per il Giubileo di Napoli, la diocesi apre sul web un nuovo portale. Si tratta del sito www.ecu-menismoedialogo-napoli.org, realizzato dalla segreteria operativa dell’Equipe Diocesana Ecumenismo e Dialogo Interreligioso e “linkato”nell’homepage del portale ufficiale della Chiesa di Napoli. Il motto che campeggia in alto e che accoglie il visitatore è a dir poco eloquente: «Utunum omnes sint». Le finalità di questo nuovo strumento di comunicazione sono molteplici: da un lato, funge da canale di informazione per gliaddetti ai lavori; dall’altro, rappresenta soprattutto un luogo d’incontro privilegiato per tutti coloro che credono nel dialogo tra le religioni, nelcammino di unità con i fratelli delle Chiese separate e quelli di altre confessioni cristiane e desiderano informarsi su date e luoghi degli incontriecumenici ed interreligiosi. Non a caso, il sito si articola in sei principali sezioni. La prima presenta il calendario degli appuntamenti per i referentidecanali che compongono l’Equipe; le successive quattro sono rispettivamente dedicate alle attività ecumeniche e a quelle di dialogo conl’ebraismo, con l’islam e con tutte le altre religioni; l’ultima offre una panoramica su documenti e link utili. In altri termini, questo nuovo portalediocesano, sebbene ancora in via di perfezionamento (alcune aree sono tuttora under construction), incarna pienamente lo spirito di quelle espres-sioni conciliari che richiamano al «dovere di promuovere l’unità e la carità tra gli uomini», chiamati a «vivere insieme il loro comune destino»,nella consapevolezza che «la Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo» nelle altre religioni, anzi «esorta i suoi figli affinché, con pru-denza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, (…) riconoscano, conservino e facciano progredirei valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi». In conclusione, l’impegno in favore del dialogo e dell’unità è un impegno d’amoree, proprio in quanto tale, non può essere considerato un optional nella vita dei cristiani. Perché in fondo, come dice l’apostolo, «chi non ama, nonconosce Dio» (1Gv 4,8).

* Equipe Diocesana Ecumenismo e Dialogo Interreligioso

28

È il punto di riferimento per gli appassionatidella letteratura gialla e del mistero che ama-no trascorrere serate all’insegna del brivido edel noir, ma anche un luogo dove il teatro tra-dizionale e quello interattivo si combinano inuna formula vincente. Questo e tanto altro è “IlPozzo e il Pendolo” che apre le porte al suopubblico in Piazza San Domenico Maggiore,nel cuore del centro storico di Napoli. La galle-ria del giallo e del mistero nasce nel 1999 daun’idea di Annamaria Russo e Ciro Sabatino

con una suggestiva collocazione all’interno diPalazzo Petrucci. I locali de “Il Pozzo e il Pendo-lo” infatti, si trovano al piano rialzato del pa-lazzo, dove un tempo era ubicata l’antica ri-messa delle carrozze del convento di San Do-menico. «Ancor prima del 1999 – racconta An-namaria – con Ciro Sabatino avevamo dato vi-ta ad una casa editrice che aveva inaugurato ilfilone delle presentazioni teatralizzate dei li-bri. Nel 1998, poi, abbiamo subito colto l’occa-sione di trasferirci nei locali di Palazzo Petrucciladdove fino a quel momento vi era un vecchiodeposito di pellami». Nasce così “Il Pozzo e ilPendolo” che inizialmente si caratterizza cometempio della letteratura gialla e delle tradizio-ni napoletane del mistero, entrambe rappre-sentate al pubblico in chiave teatrale. «Il nomede “Il Pozzo e il Pendolo” deriva naturalmentedal celebre romanzo di Edgar Allan Poe.La scelta è stata dettata dal caso: aprendo gliscatoloni dei libri che avrebbero formato lapiccola biblioteca della galleria, il primo testoche ci siamo trovati tra le mani è stato quellodi Poe. Lo abbiamo interpretato come un se-gno del destino…» rivela Annamaria. “IlPozzo e il Pendolo” propone immediatamen-te al pubblico forme di teatro interattivo che

si combinano con la letteratura gialla; nasco-no così le “cene con delitto” nelle quali il pub-blico interagisce con gli attori alla risoluzionedel mistero. Gli spettatori siedono ai tavolidella galleria e partecipano attivamente allosvolgimento dell’indaginein un’atmosferanoir che rimanda ai classici di Agatha Chri-stie. A metà dell’inchiesta, una breve pausaconsente al pubblico in sala di consumareuna veloce cena. Nel periodo estivo, invece,l’ambientazione delle cene con delitto diven-ta l’Orto Botanico di Napoli . «Nel tempo –spiega ancora Annamaria – la formula dellecene si è estesa ai week-end e alle crocierecon delitto. Tre giorni in una località presceltao in viaggio da Napoli a Barcellona alla ricer-ca dell’assassino virtuale e con un enigma darisolvere. Generalmente prediligiamo antichiborghi italiani, possibilmente con castelli econventi, e le tradizioni del luogo divengonoparte integrante dell’inchiesta». A Pasqua “IlPozzo e il Pendolo” ha organizzato il week-end con delitto a Forio d’Ischia alla ricerca dimisteri e tradizioni dell’isola. I copioni che ac-compagnano i fine settimana all’insegna delgiallo sono scritti direttamente da Ciro Saba-tino e Annamaria Russo. Quest’ultima rac-conta: «scriviamo in media cinque copioniall’anno. Ci rechiamo in anticipo nei luoghi incui si svolgerà il week-end e coinvolgiamoabitanti e commercianti del posto che fini-scono col diventare testimoni dell’indagine.Capita di frequente che i partecipanti si rechi-no da loro per porgere domande utili per arri-vare alla soluzione del giallo». Si parte da Na-poli alla volta della meta prescelta e gli attorisi confondono ai partecipanti; così nessuno,fino al termine dell’in-chiesta, conosce la veraidentità del compagnodi avventura. «A voltel’impossibilità di cono-scere in anticipo leidentità porta a situa-zioni al limite del para-dosso, in cui la realtàsupera la fantasia». Ma“Il Pozzo e il Pendolo”non è solo noir e teatrointerattivo. Pennac,

Baricco, Soriano sono alcuni degli autori chevengono rappresentati nella parte riservataal teatro tradizionale e letterario. Per i piùpiccoli poi, ci sono laboratori di teatro per im-parare a stare insieme divertendosi. «Lo sco-po è trasmettere ai bambini, attraverso il tea-

tro, regole di comportamento che li accom-pagnino nella loro crescita».I laboratori sono aperti anche agli adulti chepoi diventano gli attori protagonisti delle cenee dei week-end con delitto. “Il Pozzo e il Pen-dolo” è stato in prima linea anche del progettodi recupero europeo dell’antico borgo di Galdonel Cilento con la riqualificazione del centroantico. Testimonial dell’iniziativa sono stati ne-gli anni scrittori del calibro di Andrea Camillerie Carlo Lucarelli. «Ma c’è una cosa di cui vadoparticolarmente orgogliosa – conclude Anna-maria – siamo una delle poche realtà teatrali,se non l’unica, che non riceve finanziamenti dialcun tipo e che si regge unicamente sulla qua-lità del prodotto e sull’entusiasmo di chi fa tea-tro». Non è poco in un’epoca in cui tanti teatririschiano la chiusura per mancanza di finanzia-menti e capacità imprenditoriale.

Brividi noir e teatro tradizionale a “Il Pozzo e il Pendolo”

di Giuseppe Farese

Luoghi di aggregazione

29

Sono ormai decenni che tutti noisubiamo la seduzione di uno stiledi vita che, senza rendercene con-to, ci avvolge, coinvolge e travol-ge, per essere poi lasciati soli ad af-frontarne le conseguenze. Unostrumento per preservare la nostrasalute c’è: le linee guida ad una sa-na alimentazione italiana propo-ste dall’ I.N.R.A.N., l’Istituto Nazio-nale per la Ricerca degli Alimenti edella Nutrizione. Visti i cambia-menti delle abitudini degli italiani,le indicazioni sono state revisiona-te nel 2003. Possono essere rias-sunti in 10 punti fondamentali: 1) Controlla il peso e mantienitisempre attivo. 2) Più cereali, legumi, ortaggi efrutta. 3) Grassi: scegli la qualità e limitala quantità. 4) Zuccheri, dolci, bevande zuc-cherate: nei giusti limiti. 5) Bevi ogni giorno acqua in ab-bondanza. 6) Il sale? meglio poco. 7) Bevande alcoliche: se sì solo inquantità controllata. 8) Varia spesso le tue scelte a ta-vola. 9) Consigli speciali per personespeciali. 10) La sicurezza dei tuoi cibi di-pende anche da te. Il decalogo, se seguito, ci permettedi difenderci, almeno a tavola, enon è poco se teniamo conto dellaben nota affermazione del filosofo

Ludwig Andreas Feuerbach (1804-1872) «l’uomo è ciò che mangia». Èevidente che il ruolo di protagoni-sta che viene dato alla persona el’importanza dell’atto di scegliererappresentano il denominatorecomune del decalogo. Noi cittadi-ni, invece di essere considerati tali,cioè protagonisti attivi della nostraesistenza, veniamo definiti e trat-tati da consumatori, utilizzatoripassivi a cui destinare prodotti ali-mentari che diventano indispen-sabili, facendo scivolare sulle no-stre teste e dentro le nostre testeuna serie di informazioni che com-promettono quotidianamente lacapacità di valutare consapevol-mente ciò che è meglio e utile peril nostro benessere. È noto che l’o-besità infantile è largamente diffu-sa in Campania e non è raro incon-trare per le strade del centro bam-bini nel passeggino che consuma-no buste di patatine o merendineipercaloriche che i genitori pro-pongono loro come spuntino, in-consapevoli dei danni che provo-

cano. In molte scuole del territoriol’educazione alimentare rappre-senta uno degli obiettivi principalidell’offerta formativa, ma siamonoi che andiamo a fare la spesa.Con la dovuta attenzione alle eti-chette, per esempio, possiamoscegliere e orientare l’offerta con lenostre scelte, soprattutto se sonoconsapevoli e condivise. Il singoloindividuo non può molto, una no-ce nel sacco non fa rumore, matanti singoli individui, insieme,possono essere determinanti e ge-nerare un reale cambiamento didirezione. Troppo spesso produt-tori e distributori sono motivati so-lo da un facile e cospicuo profitto,passando tranquillamente sullapelle della gente. La grande distri-buzione, che da qualche anno nelnostro territorio sta sostituendogradualmente la piccola distribu-zione, incontra e sostiene certa-mente le esigenze, indotte, di rapi-dità negli acquisti, ma ha introdot-to l’anonimato nella relazione tracittadini e rivenditori, rompendo larete di relazioni che caratterizza, ingenere, le aree consolidate neltempo e in particolare il centrostorico partenopeo. Se è vero, co-me credo, che il futuro ha le sue ra-gioni nel passato, allora un presen-te di buone pratiche quotidiane èl’unico modo per avere un passatoche possa produrre un futuro mi-gliore, che si tratti della salute diciascun cittadino o di altro.

Sedotti e abbandonati… come difendercidi Maria Gioè

Alimentazione e salute

Associazione

“IL DUOMO-CentrO StOrICO”“IL DUOMO-CentrO StOrICO”AASSOCIAzIOneSSOCIAzIOne DIDI VIAVIA

www.VIADUOMO.It [email protected] reCreC..teLteL 3358317543 3358317543

Impegno, Passione, Coerenza nell'interesse della strada

30

LA RECENSIONEdi Barbara Gravina“Osso, Mastrosso, Carcagnosso – Immagini, miti e misteridella’ndrangheta”di E. Ciconte, V. Macrì e F. Forgione con illustrazioni di Enzo Patti Ed. Rubbettino, 2010, pp. 95.

Quella di Osso, Mastrosso e Carcagnosso, i tre misteriosi ca-valieri spagnoli sbarcati a Favignana, è una leggenda dasempre conosciuta dagli addetti ai lavori (tanto dai magi-strati, dai giornalisti e dagli investigatori, quanto dai mafio-si, dai camorristi e dagli ‘ndranghetisti), salita alla ribaltadelle cronache internazionali dopo la notte di ferragostodel 2007 e resa nota al pubblico televisivo da Roberto Sa-viano, nella puntata di “Vieni via con me” del 15 novembre2010. Ma prima ancora che il programma di Fabio Fazio lafacesse conoscere ai più, la leggenda la leggenda è stataraccolta in questo libro, insieme a tante altre storie di mafiameno celebri. Si tratta di una storia antica, almeno quanto la mafia, la ca-morra e la ‘ndrangheta, le tre società “sorelle”, fondate – sem-pre secondo la leggenda - nel mezzogiorno d’Italia dai trecavalieri “fratelli”. Una leggenda antica, ma quanto mai at-tuale. Per quante trasformazioni abbia subito col passare deisecoli, infatti, la ‘ndrangheta non ha mai cambiato le moda-lità dell’affiliazione formale e simbolica. Chi continua a pen-sare che si tratti solo di folclore, si prepari a cambiare idea.

Il libro di Ciconte,Macrì e Forgione nonè una semplice rac-colta di storie sullemafie di ieri e di og-gi. È soprattutto unviaggio in una galle-ria di immagini. Nonci riferiamo soltantoalle ben 73 pagine diillustrazioni di EnzoPatti, che stigmatiz-zano figure e gestiremoti eppure vivi nel presente, ma anche alle immaginievocate dai racconti degli autori. Immagini di uomini chebisbigliano nell’ombra di una grotta, incappucciati ingrezze vesti d’altri tempi, ma allo stesso tempo siedono,in giacca e cravatta, nei consigli d’amministrazione delleaziende del nord. Immagini di loschi figuri che si muovo-no come spettri nella canicola estiva di assolati paesinidella Calabria più remota, scomparendo tra muri scalci-nati ed arsi, per poi ricomparire come spettri nella neb-bia padana o sulle spiagge dell’Australia. Immagini dispade, coltelli, rasoi e cavalli, di giuramenti firmati colsangue, baciati sulla bocca, impegnati con l’onore. Im-magini di morte. Già, la morte. L’unica vera realtà lasciatalungo la propria strada da quella Società che si fa chia-mare Onorata.

LE VIGNETTE DI CITTADINI…

Coordinamento diMichelangelo Riemma

Vignette diPasquale AngerameGiovanni EspositoLivio GiovanninoTizzy96