bloglobal weekly n°31/2013

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RASSEGNA RASSEGNA DI DI BLOGLOBAL BLOGLOBAL OSSERVATORIO OSSERVATORIO DI DI POLITICA POLITICA INTERNAZIONALE INTERNAZIONALE NUMERO 31/2013, 27 OTTOBRE 16 NOVEMBRE 2013 BloGlobal Weekly BloGlobal Weekly WWW.BLOGLOBAL . NET © BloGlobal.net 2013 CINA - Dal 9 al 12 novembre si è tenuto il Terzo Plenum del 18° Comitato Centrale del Partito Co- munista Cinese, dove i vertici del partito, in affanno per una crescita al rilento e sempre più sotto pres- sione a causa degli scandali di corruzione e delle divisioni interne, hanno discusso delle riforme per i prossimi 10 anni. Nonostante le grandi attese, il Plenum non ha promosso grandi novità: rimarrà ancora forte il ruolo dello Stato in economia, non ci sarà l’attesa riforma delle 113 aziende di Stato (State Owned Enterprises, SOE) pilastro dell’economia nazionale –, così come non ci saranno innovazioni dal punto di vista socio-politico. In sostanza non si ravvisano particolari cambi di corso nel ruolo che lo Stato dovrà svolgere nell’economia, ma dovrà essere attuato il piano tracciato dal comitato di sicurezza voluto dal presidente Xi Jinping in persona che “permetterà di migliorare la governance sociale e di salvaguardare gli interessi del popolo”. Tra gli accorgimenti proposti, il governo dovrebbe MONDO - Focus BloGlobal Weekly N°31/2013 - Panorama

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Rassegna di BloGlobal-Osservatorio di Politica Internazionale (27 ottobre-16 novembre 2013)

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R A S S E G N AR A S S E G N A D ID I B L O G L O B A LB L O G L O B A L

O S S E R V A T O R I OO S S E R V A T O R I O D ID I P O L I T I C AP O L I T I C A I N T E R N A Z I O N A L EI N T E R N A Z I O N A L E

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W W W . B L O G L O B A L . N E T

© BloGlobal.net 2013

CINA - Dal 9 al 12 novembre si è tenuto il Terzo Plenum del 18° Comitato Centrale del Partito Co-

munista Cinese, dove i vertici del partito, in affanno per una crescita al rilento e sempre più sotto pres-

sione a causa degli scandali di corruzione e delle divisioni interne, hanno discusso delle riforme per i

prossimi 10 anni. Nonostante le grandi attese, il Plenum non ha promosso grandi novità: rimarrà

ancora forte il ruolo dello Stato in economia, non ci sarà l’attesa riforma delle 113 aziende di Stato

(State Owned Enterprises, SOE) – pilastro dell’economia nazionale –, così come non ci saranno innovazioni dal punto di vista

socio-politico. In sostanza non si ravvisano particolari cambi di corso nel ruolo che lo Stato dovrà svolgere nell’economia, ma

dovrà essere attuato il piano tracciato dal comitato di sicurezza – voluto dal presidente Xi Jinping in persona – che “permetterà di

migliorare la governance sociale e di salvaguardare gli interessi del popolo”. Tra gli accorgimenti proposti, il governo dovrebbe

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varare riforme fiscali e rurali e allentare i controlli sugli investimenti, in modo da aprire ad una minima concorrenza nei settori at-

tualmente dominati dai monopoli di Stato, come ferrovie, finanza e telecomunicazioni. Rilevante è la riforma dell’agricoltura –

fortemente sostenuta dal Premier Li Keqiang –, che dovrebbe consentire ai contadini di vendere le proprie terre e finanziare il

proprio spostamento in città. Le decisioni del Plenum confermano, inoltre, le difficoltà cinesi e del suo Presidente Xi che ad un

anno di distanza dalla sua elezione non è ancora riuscito a mostrare una posizione chiara sulle riforme politiche ed economiche

delle quali ha bisogno il Paese, anche i virtù delle forti divisioni esistenti nel PCC tra coloro che vorrebbero seguire una linea

marcatamente maoista-leninista e chi invece chiede un certo allentamento della pressione dello Stato. Ad ogni modo i giorni pre-

cedenti il Plenum sono stati segnati da forti tensioni che hanno portato a livelli inimmaginabili gli step della sicurezza interna. Pri-

ma l’attentato in piazza Tienanmen (30 ottobre), ad opera degli Uiguri dello Xinjiang (o Turkestan orientale secondo le rivendi-

cazioni dei ceppi locali turco-islamici), e poi l’atto terroristico – questo non ancora rivendicato – nei confronti della sezione del

Comitato provinciale del PCC a Taiyuan, nello Shanxi, a Nord di Pechino (5 novembre). Sebbene i due fatti non siano diretta-

mente collegati e gli organi ufficiali sminuiscano la valenza politica degli eventi accaduti, i vertici del governo sono fortemente

preoccupati dall’aumento delle tensioni sociali nel Paese (sono sempre maggiori le manifestazioni popolari soprattutto nello

Shanxi) e dalle continue minacce terroristiche che giungono non solo dal movimento indipendentista uiguro dell’ETIM (East

Turkestan Islamic Movement) – questo è considerato da Pechino come il principale pericolo per la sicurezza cinese – ma anche

dalle dichiarazioni, del settembre scorso, del leader di al-Qaeda Ayman al-Zawahiri di “portare il jihad in Cina”. Nel tentativo di

arginare il riproporsi di fenomeni violenti, le autorità centrali avrebbero aumentato le misure di sicurezza in tutto il Paese e, in

particolare, in quelle aree ritenute critiche come lo Xinjiang.

SIRIA – Mentre la situazione strategico-militare della guerra civile siriana sembra prendere una direzio-

ne favorevole alle forze di Assad, la sua evoluzione politica si complica sempre di più. Le truppe di

Assad hanno fatto molti progressi sul campo di battaglia, riprendendosi alcuni capisaldi della resi-

stenza siriana nella provincia settentrionale di Aleppo e a sud di Damasco. Tra il 28 ottobre e il primo

novembre le forze lealiste, oltre alla città chiave di Sbeineh, si sono impossessate di Sadad, villaggio cristiano situato 120 chilo-

metri a nord della capitale, e, dopo un mese di scontri, hanno conquistato la base militare di al-Safira, località strategica situata

nella provincia settentrionale di Aleppo. I prossimi giorni potrebbero essere decisivi per il destino di Aleppo: i vertici del

gruppo ribelle qaedista dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS) hanno chiamato alla mobilitazione di massa tutti i milizia-

ni jihadisti per fermare l’avanzata dell’esercito di Bashar al-Assad. Questo appello fa seguito a quello inviato in precedenza da

altri sei movimenti islamisti, tra cui Jabhat al-Nusra, il radicale Ahrar al-Sham e il più “moderato” Liwa al-Tawhid, che chiedono ai

loro combattenti di partecipare ad “una feroce offensiva per rioccupare Aleppo”. I progressi delle forze lealiste sono dovuti anche

all’appoggio militare che hanno ricevuto dalla guardia rivoluzionaria iraniana, dalle milizie sciite irachene e dai combattenti di He-

zbollah, il gruppo sciita di stanza in Libano. Il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ha dichiarato che i suoi combattenti re-

steranno al fianco di Assad finché sarà necessario e che l’organizzazione sciita non smetterà il suo impegno a fianco di Pale-

stina e Siria barattandolo con alcuni incarichi nel governo libanese. Nel già complicato contesto siriano si inserisce concretamen-

te, di tanto in tanto, anche il difficile rapporto con il vicino israeliano: la scorsa settimana aerei israeliani avrebbero bombardato

una base militare nei pressi della città di Latakia, importante porto siriano. L’obiettivo del bombardamento, secondo fonti ame-

ricane, sarebbe stata una batteria di missili strategici di fabbricazione russa, che gli israeliani ritenevano fossero destinati al grup-

po libanese di Hezbollah. Mentre a Damasco e ad Aleppo le truppe governative del presidente Bashar al-Assad continuano a

recuperare terreno sui gruppi ribelli, nel nord-est i curdi hanno annunciato la formazione di un governo autonomo di transi-

zione. La decisione è stata comunicata dai vertici del partito PYD (Unione Democratica del Kurdistan), il più importante del Consi-

glio Nazionale Curdo (KNC) al termine di due giorni di colloqui nella città di Qamishli. Per mesi i curdi hanno cercato di tenersi

fuori dalla guerra tra il regime siriano e il fronte dell’opposizione, ma nell’estate del 2012 dinnanzi alla ritirata delle truppe di Assad

hanno iniziato a difendere autonomamente il loro territorio dalle incursioni dei gruppi jihadisti. Alan Semo, rappresentante del go-

verno autonomo curdo, ha spiegato che si tratta di una fase transitoria in attesa di conoscere l’esito del conflitto siriano perché “il

vero obiettivo dei curdi è integrarsi in una Siria libera, democratica e plurale” e ha aggiunto che il governo di Ankara non ha nulla

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da temere da questa presa di posizione; è evidente, però, che i curdi, per la prima volta nella storia, vedono avvicinarsi la possibi-

lità di costituire il tanto agognato Stato. Intanto gli Amici della Siria, ovvero il collettivo diplomatico internazionale che sta cercando

di trovare un’intesa tra i contendenti per porre fine al conflitto siriano, hanno indetto, non indicando una specifica data, la confe-

renza di Ginevra 2, alla quale dovranno partecipare tutte le parti in causa. Il problema principale da risolvere è chi dovrà parteci-

pare come rappresentante dell’opposizione che è estremamente mobile e in evoluzione. L’istituzione principale è rappresentata

dalla Coalizione Nazionale Siriana (CNS), costituita a Doha nel novembre del 2012, che ha al suo interno diverse anime, non tutte

propense a stabilire colloqui con il Presidente siriano poiché vi è il timore che questi possano essere sfruttati dal regime per pro-

lungare il suo governo. Questa settimana, la CNS, dopo un lungo travaglio interiore, ha deciso di partecipare ai colloqui di

Ginevra: le condizioni poste dal fronte dell’opposizione per sedersi al tavolo delle trattative sono che Bashar al-Assad “non dovrà

avere alcun ruolo né nella prima fase di transizione né nel futuro della Siria”; dovranno essere liberati tutti i detenuti catturati

dall’esercito del regime; dovrà essere consentito l’accesso dei soccorsi nelle aree più critiche. La situazione è tutt’altro che defini-

ta, poiché il portavoce di Assad ha già fatto sapere che il governo siriano non andrà a Ginevra per negoziare le sue dimis-

sioni.

STATI UNITI - Ad oltre un mese di distanza dall’entrata in vigore dell’Affordable Care Act, conosciuto

comunemente come “Obamacare”, ovvero la riforma sanitaria introdotta da Barack Obama volta a ga-

rantire sicurezza sanitaria ed una polizza assicurativa a qualunque cittadino statunitense ne sia

sprovvisto, non si placano le polemiche che la circondano. Questa volta al centro del contendere vi è la

fase di lancio della riforma. Come riconosciuto dallo stesso Obama, che ha dovuto presto chiedere

scusa, si è rivelato anzitutto un insuccesso la (scarsa) affidabilità del sito governativo dove era necessario inoltrare la richie-

sta di polizza, il quale sito, intasato dall’enorme mole di richieste, non è riuscito a soddisfarne la maggior parte, paralizzando così

l’intero sistema informatico che avrebbe dovuto guidare l’applicabilità iniziale di Obamacare. Il governo ha dunque constatato che,

dopo un mese e mezzo, solo 106mila americani si sono iscritti per una nuova polizza, rispetto al milione inizialmente previsto.

Non solo: Obama aveva anche garantito che chi fosse stato già in possesso di una polizza assicurativa stipulata per conto proprio

avrebbe potuto mantenerla; ciò però si è rivelato in contrasto con le predisposizioni del testo di legge, in particolare a proposito

delle nuove formule su maternità e chemioterapia. Questo significa che a partire dal primo gennaio, milioni di polizze saranno da

considerarsi nulle. Anche questa volta Obama si è scusato, proprio mentre Bill Clinton affondava il colpo: “penso che il Presidente

debba onorare l’impegno preso di consentire ai cittadini, se lo vogliono, di tenere le loro vecchie polizze per le cure mediche. De-

ve farlo anche se questo comporta una modifica della legge”. Sempre sul piano interno, l’economia prosegue il suo cammino

di crescita. Le proiezioni del Fondo Monetario Internazionale fanno intendere che nel 2014 gli Stati Uniti incrementeranno il pro-

prio PIL del 2,8%, rispetto all’1,6% del 2013. Anche la disoccupazione è scesa, assestandosi al 7,3%: una diminuzione parallela

alla creazione di nuovi posti di lavoro nel settore privato. Buona parte del merito di tali performances è da attribuirsi alla politica

di Quantitative Easing della Federal Reserve, la banca centrale statunitense. Come successore di Ben Bernanke a capo della

FED, Janet Yellen ha tenuto la sua prima audizione di fronte al Senato, chiarendo il futuro della politica di allentamento moneta-

rio: “è imperativo promuovere una forte ripresa. Teniamo conto dei costi e dell’efficacia di questo programma [il QE], e allo stato

attuale i benefici superano i costi”. Pur ammettendo che il QE “non può durare per sempre”, è intenzione della FED perseguire

tale indirizzo nel prossimo futuro. Restando in tema di economia, si è concluso il secondo round di negoziati tra Stati Uniti ed

Unione Europea per la creazione dell’area di libero scambio transatlantica, conosciuta come Transatlantic Trade and Inve-

stements Partnership. La tornata negoziale si è conclusa in un clima di grande ottimismo, che ha pressoché azzerato, almeno a

livello di élite, gli attriti creatisi all’indomani delle scottanti rivelazioni sull’attività di spionaggio della National Security Agency ame-

ricana. I capi delle due delegazioni, incontratisi a Bruxelles, hanno parlato di “passi in avanti” in materia di servizi finanziari,

energia, materie prime ed investimenti. Il Commissario Europeo al Commercio, Karel de Gucht, ha riferito di “metodici progres-

si”. Sempre a Bruxelles il 27 novembre le due delegazioni si incontreranno nuovamente per approfondire il capitolo sui servizi

finanziari. A Washington si terrà invece il terzo round, previsto per il 16 dicembre.

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M O N D O - B r e v i

UNIONE EUROPEA - Tra la fine di ottobre e gli inizi di novembre si sono svolti in Europa tre importanti

appuntamenti elettorali, tutti test utili a verificare gli attuali equilibri interni dei singoli Paesi e, soprat-

tutto, lo stato delle relazioni con l'Unione Europea. Il voto che si è innanzitutto tenuto il 25 e 26 ottobre

in Repubblica Ceca, svoltosi dopo le crisi di governo di Petr Nečas del partito ODS (coinvolto in un'in-

chiesta per corruzione e abuso di potere) e quello tecnico di Jiří Rusnok, ha visto la riconferma del

Partito Socialdemocratico (CSSD) di Bohuslav Sobotka che ha ottenuto il 20,6% dei consensi, in calo tuttavia di circa un pun-

to e mezzo rispetto al 2010 (22,08%). Al secondo posto il partito populista di Azione dei Cittadini Insoddisfatti (ANO 2011) dell'im-

prenditore Andrej Babiš, che ha raggiunto il 18,6%, andando ben al di là delle iniziali previsioni che lo davano a circa 10 punti di

distanza dal primo partito. Data l'opposizione di Babiš a formare una coalizione di governo con quest'ultimo, al CSSD non dovreb-

be restare che allearsi con la terza formazione, il Partito Comunista di Boemia e Moravia (KSČM) di Vojtěch Filip, che ha

guadagnato più di 3 punti percentuali rispetto alle precedenti consultazioni (da 11,2% a 14,9%). Un'opzione che sarebbe favorita

anche dal Capo di Stato Milos Zeman, ex Premier socialdemocratico, i cui rapporti con Sobotka si sono esauriti (a causa della

mancanza di appoggio da quest'ultimo nelle legislative del 2003 e nelle presidenziali del 2013) e che porterebbe piuttosto avanti

una figura come Mihal Hajek, numero due del CSSD. In questo contesto di generale instabilità - che secondo alcuni potrebbe

portare a nuove elezioni anticipate - si inserisce anche la richiesta del vicepresidente del Partito dei cittadini liberi, Miloslav Bed-

nar, di un referendum sull'appartenenza all'Unione Europea.

A mantenere inalterati i propri rapporti con l'UE (nel prossimo Consiglio europeo di Vilnius è attesa la firma dell'Accordo di Asso-

ciazione), ma aspirando comunque a giocare un ruolo di maggior rilievo a livello regionale, è la Georgia: le elezioni presidenziali

del 27 ottobre hanno decretato la vittoria al primo turno (con il 63%) di Giorgi Margvelashvili, candidato della coalizione di

governo Sogno Georgiano (il partito del Premier Bidzina Ivanishvili), battendo David Bakradze, ex Presidente del Parlamento e

candidato del Movimento Popolare Unito (ENM) del Presidente uscente, Mikheil Saakashvili, impossibilitato a potersi ricandidare

per una terza volta. Ad ogni modo, le modifiche costituzionali dello scorso anno hanno tramutato il piccolo Paese caucasico

da Repubblica presidenziale a Repubblica parlamentare, con tutti i principali poteri - eccetto la conduzione della politica estera

- affidati al Consiglio dei Ministri. Con l'insediamento di Margvelashvili, infine, Ivanishvili ha deciso di lasciare l'incarico a Irakli

Garibashvili, attuale Ministro degli Interni.

Sul fronte balcanico, infine, si sono svolte il 3 novembre le elezioni municipali in Kosovo (le prime a cui hanno partecipato i

comuni serbo-kosovari del Nord) come previsto dall'accordo del 19 aprile mediato in sede europea sulla normalizzazione dei rap-

porti tra Belgrado e Pristina: gli episodi di violenza verificatisi poche ore prima l'apertura dei seggi e durante le operazioni di voto

- costringendo gli osservatori dell'OCSE a chiudere anzitempo le sezioni -, nonostante gli appelli in senso contrario da parte del

Primo Ministro serbo Ivica Dačić, hanno indotto i vertici serbi e kosovari, nonché la stessa Unione Europea, ad indire per il 17

novembre nuove elezioni nei tre seggi incriminati di Kosovska Mitrovica. Solo con una completa regolarità del voto, infatti,

sarà possibile procedere con la definizione delle comunità settentrionali autonome dei Serbi (la cosiddetta Associazione delle

Municipalità serbe) che sostituiranno le “strutture parallele” nate a seguito del boicottaggio delle elezioni del 2009 e appoggiate e

finanziate da Belgrado. La riuscita delle consultazioni, inoltre, sono significative per il futuro europeo della stessa Serbia e del

Kosovo, che tra la fine di quest'anno e l'inizio del 2014 vedono l'apertura dei negoziati di adesione all'UE e l'avvio dell'iter per la

firma dell'Accordo di Associazione. In ogni caso il voto amministrativo è indice dello stato di salute del Partito Democratico del

Kosovo (PDK) di Hashim Thaçi: questo ha infatti perso molte municipalità in favore della Lega Democratica del Kosovo (LDK) di

Isa Mustafa (sindaco della capitale), che potrebbe tornare così la prima formazione del Paese.

COLOMBIA, 13 novembre – Il governo di Bogotà e le Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC) hanno annunciato a

L’Avana di aver raggiunto un’intesa dopo cinque mesi di discussione per la trasformazione di quest’ultime, dopo la stipula del

futuro e definitivo accordo di pace, da forze di guerriglia a gruppo politico organizzato, con possibilità di ricoprire ruoli di rilevanza

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all’interno del sistema politico colombiano. Ciò avviene complessivamente dopo un anno di negoziati, che già avevano permesso

di raggiungere un accordo sulla futura riforma agraria del Paese. In un comunicato a margine del summit, le due parti hanno reso

noto che “abbiamo raggiunto un accordo fondamentale sul secondo punto dell’agenda contenuta nell’Accordo Generale per la

fine del conflitto e la costruzione di una pace stabile e duratura chiamata Partecipazione Politica”. Ciò non significa comunque che

le due parti porranno ora fine al conflitto, dato che sul tavolo negoziale vi sono ancora tre fondamentali punti: cessazione delle

ostilità, lotta al narcotraffico e l’indennizzo delle vittime del conflitto. Il Presidente colombiano Juan Manuel Santos ha però rispo-

sto ai critici che è necessario proseguire con il processo di pace, perché, se ciò non avvenisse, significherebbe “tradire la speran-

za di milioni di colombiani e delle future generazioni. Quando avanziamo, non è il momento di fermarsi”. Anche il Parlamento co-

lombiano e l’ufficio dell’ONU in Colombia si sono congratulati per l’intesa dell’Avana.

EGITTO, 13-14 novembre – I Ministri degli Esteri e della Difesa di Russia ed Egitto (rispettivamente Sergei Lavrov e Sergei Shoi-

gou e Nabil Fahmy e Abdel Fattah el-Sisi) si sono incontrati al Cairo dove hanno discusso in un vertice bilaterale degli sviluppi

della crisi siriana. Lavrov ha ribadito che “occorre una soluzione politica per garantire stabilità nella regione” e che la conferenza

di pace di Ginevra 2 “deve essere convocata al più presto”. Pur condividendo le posizioni russe, Fahmy ha ribadito ancora una

volta la sua contrarietà ad una soluzione militare in Siria. L’occasione è stata utile anche per discutere di una possibile fornitura di

armi russe all’esercito egiziano del valore di 2 miliardi di dollari. Fahmy ha tenuto immediatamente a precisare che “questa deci-

sione non ha nulla a che vedere con le recenti divergenze con gli USA” ma che un eventuale accordo con Mosca non farebbe

altro che rafforzare “la cooperazione economica e militare bilaterale”. La visita di Lavrov e Shoigu in Egitto si inserisce sullo sfon-

do della crisi politica tra il Cairo e Washington che, nell’ottobre scorso, ha congelato parte degli aiuti militari ed economici (250

milioni di dollari) che annualmente ammontano a 1,3 miliardi di dollari. La decisione USA era giunta in risposta alla destituzione

del Presidente Mohamed Mursi da parte dei militari lo scorso 3 luglio. Intanto, mentre il governo guidato da Hazem el-Beblawi ha

annunciato il 14 novembre la fine dello stato d'emergenza, in vigore nel Paese dalle violenze ferragostane – anche se le tensioni

e gli scontri non accennano a diminuire – l'Egypt's National Alliance to Support Legitimacy, una coalizione pro-Fratellanza Musul-

mana, chiede alle autorità cairote di avviare un Dialogo Nazionale per uscire dalla crisi.

GROENLANDIA, 24 ottobre – Il governo della socialdemocratica Aleqa Hammond ha sentito l’esigenza di rilanciare un’economia di

57mila abitanti basata sulla pesca e largamente sussidiata da Copenaghen, dato che l’isola dipende ancora dal regno danese. Il

Parlamento di Nuuk ha deciso, infatti, di abbandonare la politica di “tolleranza zero” nei riguardi dell’estrazione di uranio e terre

rare sul proprio territorio: con 15 voti a favore, 14 contrari e due astenuti è stata autorizzata la corsa ad accaparrarsi le preziose

risorse del sottosuolo. La Danimarca dovrà naturalmente concedere il proprio assenso, poiché, dopo il passaggio all’autogoverno

della Groenlandia, avvenuto nel 2009, Copenaghen è rimasta responsabile della difesa e della politica estera dell’isola artica e

l’estrazione di uranio presenta risvolti di non poco conto sullo scacchiere internazionale. Le compagnie minerarie internazionali di

tutto il mondo esultano in vista degli enormi profitti che si profilano all’orizzonte. La Greenland Minerals, azienda australiana, ha

già compiuto diversi sopralluoghi nel sud della Groenlandia valutando la capacità estrattiva in circa 40 mila tonnellate l’anno. Se si

tiene in considerazione che nel 2013 la stima delle tonnellate estratte nel mondo s’aggira intorno alle 130 mila, si ha un chiaro

indicatore dell’importanza della decisione assunta a Nuuk. La Groenlandia s’inserirebbe nel mercato internazionale delle terre

rare, quasi del tutto monopolizzato dalla Cina, che sino al 2012 ha detenuto quote attorno al 90% decidendo, in maniera monopo-

listica, i prezzi globali di queste componenti fondamentali per molti prodotti altamente tecnologici. Le considerazioni economiche,

e in particolare la speranza di moltiplicare i posti di lavoro in un territorio non favorito dalle condizioni atmosferiche, hanno larga-

mente prevalso sugli aspetti ambientali.

GRECIA, 1 novembre – E' di due vittime e un ferito il bilancio di un agguato nei confronti di una sede del partito di estrema destra

Alba Dorata nel quartiere Neo Eraklio di Atene. Anche se gli inquirenti non si sono espressi in merito ad un possibile collegamen-

to politico, è indubbio che l'episodio si inscrive nel generale clima di tensione che coinvolge la formazione estremista a seguito

dell'arresto del leader Nikos Michaloliakos e altri diciotto militanti (con l'accusa di associazione a delinquere, omicidio, aggressio-

ne e riciclaggio a seguito dell'uccisione del rapper Pavlos Fyssas) nonché dopo la recente decisione del Parlamento greco di so-

spendere i fondi statali per il movimento. Dopo l'attentato i vertici del partito hanno rilasciato difatti due comunicati nei quali sono

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stati messi sotto accusa il "governo anti-greco di Antonis Samaras" e il Ministro per l’Ordine pubblico, Nikos Dendias, per non

aver preso sufficienti misure a protezione del partito e per aver fomentato il clima di agitazione. Il ritorno della troika nel Paese (12

novembre) con lo scopo di trovare un compromesso sul bilancio dello Stato per il 2014 (tra i problemi più spinosi resta quello rela-

tivo al "buco", che secondo i rappresentanti europei è nell'ordine di due miliardi di euro, mentre per il Ministero delle Finanze non

supera i 500 milioni), ha inoltre nuovamente portato i cittadini nelle strade per manifestare contro le misure di austerità. I nuovi

tagli alle pensioni e agli stipendi che si profilano sembrano dunque rafforzare la base politica proprio di Alba Dorata: secondo gli

ultimi sondaggi realizzati dalla rete Zougla, questo sarebbe diventato il primo partito con il 27% dei consensi; crollano Nea Dimo-

kratia e Pasok.

IRAN, 10-11 novembre – Resta sotto la luce dei riflettori il dossier nucleare iraniano dopo lo scorso rinvio al summit di Ginevra di

un possibile accordo tra i Paesi che compongono il 5+1 (Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna, Cina, Russia + Germania) e Tehe-

ran. Non mancano i motivi per essere ottimisti. Secondo un recente report dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica

(AIEA), sotto la presidenza di Hassan Rohani il programma atomico iraniano avrebbe perso considerevolmente d’intensità. Gli

osservatori, pur non escludendo motivi tecnici, prospettano la possibilità che Teheran abbia volutamente rallentato per lanciare un

segnale alla controparte diplomatica. L’AIEA riferisce inoltre che negli ultimi cento giorni l’Iran ha sì aggiunto quattro centrifughe

per l’arricchimento dell’uranio, ma sono apparati pressoché obsoleti, al contrario di ciò che invece avrebbe potuto forse installare,

ben più moderno e funzionale. Sulla centrale di Arak, al centro delle diatribe diplomatiche dello scorso vertice ginevrino, gli ispet-

tori non hanno riscontrato alcun avanzamento. Si arriverà così al 20 novembre, quando la Baronessa Catherine Ashton, respon-

sabile della politica estera dell’Unione Europea, e il suo omologo iraniano, Mohammad Zarif, si incontreranno preliminarmente a

Ginevra in vista del vertice del giorno successivo. Nel frattempo, il viceministro dell’Industria, del Commercio e alle Risorse Mine-

rarie iraniano, Rahmat Abadi, è stato ucciso a Teheran con armi da fuoco nella zona est della città. Le dinamiche e le motivazioni

dell’omicidio sono ancora poco chiare.

REPUBBLICA CENTRAFRICANA, 30 ottobre – La Repubblica Centrafricana è molto vicina a diventare un failed state: c’è gran confu-

sione e violenza, bande armate scorazzano per il Paese, ormai senza legge e il governo di Michel Djotodia non riesce a riportare

l’ordine. Gli scontri tra le milizie hanno provocato finora centinaia di morti, soprattutto civili, e almeno 200 mila sfollati costretti ad

abbandonare le loro case, tanto che il Segretario di Stato USA John Kerry ha parlato di rischio somalizzazione. I problemi sono

iniziati quando nel marzo scorso le forze Seleka, dopo aver deposto il presidente Bozizè e sostenuto l’ascesa del loro leader Mi-

chel Djotodia, hanno iniziato a governare facendo ricorso a sequestri, razzie, stupri, bruciando villaggi e uccidendo civili inermi.

Conscio della necessità di riportare la calma nel paese, Djotodia, ha deciso di sciogliere il movimento a cui apparteneva, che in

realtà ha continuato ad agire indisturbato. In risposta a queste ulteriori prevaricazioni, nel Paese è nato un nuovo gruppo armato,

l’anti-Balaka, che ha come fine quello di combattere i ribelli della coalizione Seleka. Questi scontri interni, che si protraggono or-

mai a cadenza giornaliera, pongono il Paese a rischio genocidio poiché le differenze religiose tra i Seleka, principalmente musul-

mani, e gli anti-Balaka, tra cui vi è una predominanza di cristiani, vengono fomentate ad arte per giustificare le misure repressive

nei confronti della popolazione civile. I Capi di Stato della regione, così come la Francia, ex-potenza coloniale, stanno monitoran-

do la situazione per evitare che un peggioramento possa portare instabilità nelle regioni vicine. Un vertice straordinario dei Capi di

Stato della Comunità economica dei Paesi dell’Africa centrale (CEEAC), tenutosi a N’Djamena, ha deciso un potenziamento della

Missione internazionale per la stabilizzazione del Centrafrica (MISCA), portando il contingente dagli attuali 2500 soldati a 3600

uomini.

TURCHIA, 5 novembre – Su spinta del recente Progress Report della Commissione europea sulle prospettive di allargamento

dell'Unione, e come promosso dal Consiglio europeo dello scorso giugno, sono ripresi dopo tre anni di sostanziale immobilità i

negoziati di adesione di Ankara (iniziati nel 2005) allo spazio comunitario: con l'apertura del capitolo dei negoziati sulle politiche

regionali - tuttavia slittato di alcuni mesi a causa dei disordini scoppiati a Gezi Park -, dovrebbe essere ora spianata la strada per

un'intesa sul lancio del dialogo sui visti e sulla firma dell'accordo di riammissione, punto chiave per la lotta all'immigrazione clan-

destina in Europa. Nel corso della Conferenza di adesione il Commissario per l'Allargamento Štefan Füle ha ora auspicato che

venga al più presto dato via libera anche alla discussione dei capitoli sui diritti e le libertà fondamentali e sulla giustizia. Ad o-

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A N A L I S I E C O M M E N T I

ORDIGNI ESPLOSIVI IMPROVVISATI: GLI STRUMENTI DEL TERRORE 2.0

di Denise Serangelo – 28 ottobre 2013 [leggi sul sito]

BILATERALISMO BRASILE-UE: QUALE FUTURO?

di Martina Vacca – 29 ottobre 2013 [leggi sul sito]

AFRICA, IL PROSSIMO GRANAIO DEL MONDO?

di Salvatore Denaro – 31 ottobre 2013 [leggi sul sito]

colare l'avanzamento di questo dossier resta tuttavia il nodo greco-cipriota. A fronte di questo, ad ogni modo, la Commissione ha

apprezzato gli sforzi profusi dal governo di Ankara per risolvere la questione curda. In questo senso, tra l’altro, l'incontro del 16

novembre a Diyarbakir (punto nevralgico del Nord-est turco) tra Erdoğan e il leader curdo iracheno Massud Barzani è stata l'occa-

sione per rilanciare il processo di pace interrotto alla fine di agosto con le accuse del PKK nei confronti della Turchia per non aver

rispettato gli impegni assunti alla fine di marzo. Nonostante questi importanti risultati, il governo di Erdoğan è messo nuovamente

in discussione a seguito di un'ennesima ondata di polemiche interne: il Vice Premier Bulent Arınç ha annunciato di voler abbando-

nare la politica attiva in aperto contrasto con la decisione del Primo Ministro di voler eliminare i dormitori misti studenteschi. In

realtà la diversità di vedute tra i due cofondatori di AKP era già emersa in estate, quanto Arınç si era dichiarato a favore del dialo-

go con i manifestanti di Piazza Taksim. Una spaccatura di non poco conto in vista delle prossime elezioni presidenziali (e dunque

delle modifiche costituzionali in tal senso) e delle legislative del 2015 dove il Partito di Gezi, di recente formazione (24 ottobre)

mira a giocare un ruolo determinante.

UNIONE EUROPEA, 12 novembre – Dopo giorni di trattative sul budget 2013 e sul bilancio pluriennale 2014-2020, il cosiddetto Mul-

tiframe Financial Framework (MFF), il Consiglio e il Parlamento europeo hanno trovato un accordo per l’anno 2014 bloccando il

prospetto a 142,64 miliardi di euro (-9,4% rispetto al 2013). Risorse aggiuntive sono state destinate al Fondo di Solidarietà (400

milioni) per le alluvioni dell'Europa centrale del maggio-giugno 2013, per i programmi ERASMUS (1,6 miliardi totali, con un au-

mento di 137,5 milioni) e COSME (275,3 milioni, con un aumento di 31,7 milioni). Stanziati, infine, 100 milioni di supporto aggiun-

tivo per Cipro sotto forma di fondi per lo sviluppo regionale e finanziato, con 134,9 milioni del fondo sociale europeo, il programma

di aiuti per le fasce di reddito più basse. Su richiesta dell'Italia, i negoziatori hanno dato il via libera anche a un aumento di fondi

per il controllo dell'immigrazione a favore di FRONTEX (Agenzia di sorveglianza delle frontiere Europee), Ufficio per l'asilo

(EASO) ed EUROPOL. L'intesa sul bilancio UE sarà formalizzata ufficialmente il 19 e il 20 novembre a Vilnius durante una confe-

renza europea sulla sanità. All’euforia per l’accordo politico sul bilancio fa da contraltare però la lenta ripresa dell’UE: secondo

Eurostat, nel confronto su base annua, il Pil ha visto la contrazione attenuarsi al -0,4%, dal -0,6% del secondo trimestre. Guar-

dando a tutta l'Unione Europea a 28, la dinamica su base annua è tornata positiva, con un +0,1% rispetto al -0,2% del secondo

trimestre. La contrazione del Pil colpisce tutte le principali economie dell’UE, in particolare quelle di Germania, Francia (che re-

centemente ha subito il declassamento del rating da AA+ ad AA da parte di Standard & Poor’s) e Italia. Nonostante la ripresa

ancora lenta, l’UE ha visto segnare il più basso tasso di inflazione degli ultimi 4 anni che su base annuale segna ad ottobre +0,7%

per i prezzi al consumo dell'Europa a 17 e che diventa +0,9% per l'Europa a 28 Paesi. Intanto, Bruxelles ha bocciato la legge di

stabilità in discussione al Senato italiano. Secondo il Commissario UE agli Affari Economici e Monetari, Olli Rehn, l’attuale struttu-

ra della legge finanziaria espone Roma al rischio di "non rispetto delle regole su deficit contenute nel Patto di stabilità" che nelle

intenzioni di Bruxelles dovrebbe essere almeno di 0,5% mentre nei tendenziali previsti nella legge di stabilità il calo è inferiore

(0,3%). In questo modo, nel 2014, l'Italia non potrà chiedere alla Commissione europea di fare uso della clausola sugli investi-

menti da 4,8 miliardi di euro di cofinanziamenti nazionali per fondi strutturali, reti europee di trasporti e telecomunicazioni che sa-

rebbero potuti essere scorporati dal saldo di bilancio e utilizzati, appunto, per garantire crescita e occupazione.

L E V I G N E T T E D I B L O G L O B A L

di Luigi Porceddu

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BloGlobal Weekly N° 31/2013 è a cura di Maria Serra, Giuseppe Dentice, Davide Borsani e Danilo Giordano

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