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30.09.2011 1/12 ANIMATA-MENTE: LA RIATTIVAZIONE COGNITIVA COME RISPOSTA ALLE PATOLOGIE DEMENTIGENE Percorso laboratoriale per animatori delle RSA- CDA- CDI della provincia di Lecco Lecco, novembre 2010 / aprile 2011

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30.09.2011 1/12

ANIMATA-MENTE:

LA RIATTIVAZIONE COGNITIVA

COME RISPOSTA ALLE PATOLOGIE DEMENTIGENE

Percorso laboratoriale per animatori delle RSA- CDA- CDI della provincia di Lecco

Lecco, novembre 2010 / aprile 2011

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PRESENTAZIONE DEL PERCORSO L’impatto che le patologie dementigene esercitano sui contesti istituzionali, siano essi residenziali o semiresidenziali, è sempre più oneroso. Questo è dovuto sia ad una maggior e crescente incidenza di tali disturbi presso la popolazione geriatrica occidentale, sia ad un incremento delle risorse dispiegate dalle strutture per farvi fronte. Non di rado gli amministratori affidano agli strumenti prettamente sanitari il compito di saturare il bisogno dell’anziano cognitivamente compromesso, dimostrando di misconoscere non solo le caratteristiche della demenza ma anche l’apporto sostanziale che l’attività educativa può fornire nella relazione di cura. È infatti oggetto di numerose ricerche empiriche il contributo delle terapie non farmacologiche , quali ad esempio la riabilitazione cognitiva e il modello gentle care, nella gestione dei sintomi comportamentali conseguenti allo sviluppo della demenza. Da tali indagini sperimentali si evince che l’integrazione dell’approccio farmacologico con quello non farmacologico possa produrre risultati di cura migliori. Alla luce di siffatte considerazioni appare evidente che all’educatore delle strutture per anziani, faccia capo una nuova responsabilità . Parimenti dovrà dotarsi di nuovi e sempre più sofisticati strumenti di lavoro per garantire efficacia alla proposta educativa che intende promuovere e realizzare. La politica dell’improvvisazione deve essere sacrificata in virtù della pianificazione, a breve o a lungo termine, di interventi mirati (spesso individuali) ed inscritti in un disegno progettuale che consente di rilevare i risultati a cui si è pervenuti. La tracciabilità dell’intervento educativo diviene precipua se si intende acquisire maggior autorevolezza all’interno dell’equipe, collaborare a pieno titolo con le figure sanitarie e sensibilizzare le figure apicali di ogni struttura. Il percorso formativo ha sviluppato i seguenti contenuti: La demenza e il deterioramento delle funzioni cogni tive (attenzione, percezione, memoria, linguaggio…). Alcune delle più note terapie non farmacologiche : - il modello gentle care (M.Jones): indurre l’anziano affetto da patologie

neurodegenerative al miglior livello funzionale possibile attraverso un sistema di cura definito “protesico”. Questo sistema affida all’ambiente fisico, alle persone (caregiving formale ed informale) e ai programmi, gli strumenti per raggiungere l’obiettivo di cui sopra.

- la riabilitazione cognitiva: un ambito di intervento attraverso cui attivare, rinforzare, mantenere le funzioni cognitive soggette a compromissione. Il malato viene così aiutato a sviluppare strategie di compensazione che devono essere costantemente riviste in rapporto al progredire della patologia dementigena.

Progettare l’intervento : definizione degli obiettivi, strumenti, risorse; valutazione dei risultati e delle criticità; implementazione di nuove strategie lavorative. L’equipe : uno spazio dialogico in cui acquisire autorevolezza valorizzando il proprio ruolo. Uno sguardo alla concretezza : i progetti già realizzati in alcune strutture.

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Obiettivi del percorso sono stati: - Consolidare la conoscenza teorica della patologia, la sintomatologia correlata e le

modalità relazionali da adottare con le persone affette da declino cognitivo/ demenza.

- Dotare l’educatore di nuovi strumenti operativi all’interno di una cornice progettuale - Sviluppare interventi volti a migliorare la qualità di vita dell’anziano malato nei

contesti istituzionali - Indurre una ri-definizione del ruolo dell’educatore all’interno dell’equipe - Stabilire un’alleanza di lavoro con i caregivers informali - Promuovere un confronto tra gli educatori impegnati in diverse strutture geriatriche - Sperimentare un progetto costruito in aula nel proprio ente verificandone i risultati L’intero percorso si è sviluppato in due fasi: una prima fase prettamente formativa di incontri in aula (novembre 2010 – gennaio 2011), una seconda fase progettuale/sperimentale, in cui gli animatori hanno sviluppato, nelle proprie strutture, progetti sperimentali di riattivazione cognitiva con anziani affetti da patologie dementigene (febbraio – aprile 2011). Tali progetti, di seguito presentati, sono stati condivisi con i Dirigenti di ciascuna struttura e con l’èquipe multidisciplinare. Inoltre è importante sottolineare che in fase di progettazione ogni operatore ha individuato specifici criteri e strumenti di valutazione (es.:schede, griglie di osservazione) per monitorare e verificare l’intero andamento del progetto ed i risultati attesi sugli utenti coinvolti. Il percorso di formazione è stato condiviso con il COPAN - Tavolo di collegamento provinciale dei progetti di animazione nelle Case di Riposo e nei Centri Diurni per Anziani della provincia di Lecco e realizzato in collaborazione con la Cooperativa Sociale La Linea dell’Arco di Lecco. Per informazioni:

Maurizio Volpi, responsabile Ufficio formazione e aggiornamento degli operatori sociali Provincia di Lecco - Settore Cultura e Servizi alla Persona 0341.295404 - [email protected] www.provincia.lecco.it - http://ops.provincia.lecco.it

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Casa di Riposo Carlo ed Elisa Frigerio - Brivio -

PROGETTO

Il caffè della Peppina A cura di Manuela Bossetti

L'idea di dare vita al "caffè della Peppina" nasce dalla consapevolezza di proporre un

intervento strategicamente orientato al benessere complessivo delle persone affette da

demenza, in modo da incrementare il loro coinvolgimento in compiti finalizzati alla

riattivazione di competenze residue e dall'esigenza di dare un pò di "sollievo" ad un

reparto numeroso ed eterogeneo.

Gli obiettivi di questo progetto convergono nella stimolazione di interesse, benessere,

socializzazione e motivazione nelle persone anziane, compatibilmente con le proprie

condizioni cliniche, attraverso un’attività reale che mette loro in condizione di esercitare

le residue abilità prassiche.

Nei 15 incontri dalla durata di circa 60’ (proposti nei mesi di febbraio-aprile 2011) è stato

proposto alle 7 ospiti partecipanti al progetto di contribuire all’allestimento di un

ambiente familiare in cui ritrovarsi a bere un caffè/thè e di partecipare attivamente alla

loro preparazione. A rotazione le signore sono state coinvolte nell’apparecchiare e

sparecchiare la tavola, nella preparazione di caffè/thè, nel lavare e asciugare le tazzine.

Il clima calmo e disteso e l’ambiente familiare che si è riusciti a creare hanno contribuito

a rendere il “rito del caffè” un veicolo per la rievocazione di ricordi, emozioni, sapori e

gesti legati alla dimensione della casa, degli affetti e delle amicizie.

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R.S.A. Villa Serena - Galbiate -

PROGETTO

Caffè Alzheimer A cura di Roberta Combi

La ricerca biomedica negli ultimi decenni ha intensificato progressivamente lo studio dei meccanismi eziopatogenetici della malattia di Alzheimer. Tuttavia a tutt’oggi non disponiamo ancora di terapie farmacologiche efficaci ed in grado di controllare sia i sintomi cognitivi che comportamentali. Pertanto è necessario investire di più per rafforzare gli interventi e le cure psicosociali. Tra i numerosi approcci ambientali si è strutturato l’Alzheimer caffè, dove pazienti, familiari, assistenti e volontari possono incontrarsi e bere un caffè insieme. Già presenti in Olanda - il primo è stato aperto a Leida nel ' 97 - Gran Bretagna, Germania, Belgio, Grecia e Australia, si stanno diffondendo anche in Italia. L’Alzheimer caffè vuole essere un luogo in cui ammalati, familiari e volontari possono incontrarsi, comunicare, semplicemente parlare, condividere, ascoltare ed essere ascoltati. I familiari troverebbero una forma innovativa di accoglienza e un modo diverso e sereno per affrontare tematiche, spesso dolorose, in un contesto di condivisione e sostegno; gli ammalati potrebbero essere impegnati in processi di mantenimento delle abilità cognitive e partecipare ad attività che supportino le residue capacità relazionali. Proprio su quest’ultimo punto si sviluppa l’obiettivo principale, infatti il paziente Alzheimer quasi sempre presenta gravi difficoltà di comunicazione, "non trova le parole", spazientisce l' interlocutore e, se consapevole dei suoi insuccessi, si angoscia, si agita e tende al ritiro o all’isolamento. I disturbi del pensiero, del linguaggio e della comunicazione riconoscono una eziopatogenesi complessa in cui l’elemento ambientale può rivestire un ruolo rilevante nell’espressione e/o contenimento dei sintomi. Bisogna, quindi, intervenire sul fronte terapeutico. Ogni appuntamento è suddiviso in tre parti di venti minuti ciascuna, per venire incontro alla limitata capacità di prestare attenzione e ai problemi di memoria dei malati: è un avvicendarsi di momenti informali e momenti formali. Nei primi venti minuti i pazienti verranno coinvolti nella preparazione di un ambiente caldo e accogliente (utilizzando tovaglie, centritavola, tazzine) e sul rito del caffè (a turno faranno questo gesto quotidiano che evoca ricordi per contenere le capacità residue prassiche e cognitive). Durante la seconda fase si presenta un dibattito al fine di mantenere desta l’attenzione dei partecipanti. All' inizio saranno le parole dell' interlocutore a prevalere. Poi, sarà l' anziano a parlare di più, a raccontare di sé, dei familiari, dei ricordi di guerra... O della perdita di memoria. Proprio in questa fase potrà intervenire anche il famigliare con le sue emozioni.La terza fase, che conclude l’incontro, è un momento conviviale durante il quale si beve il caffè, si mangia qualche biscotto e si sente la musica insieme.

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R.S.A. Villa Serena - Introbio -

PROGETTO

Pensieri e Parole A cura di Sarah Arrigoni

Il progetto “Pensieri e Parole” nasce dalle riflessioni emerse al termine degli incontri formativi del percorso ANIMATA-Mente. Sulla base di quanto appreso e della lettura del contesto attuale di “Villa Serena” di Introbio, le educatrici hanno sviluppato una proposta progettuale rivolta ad un gruppo di ospiti omogeneo che possa far parte del gruppo pilota durante la fase di sperimentazione. La finalità del progetto è quella di favorire benessere e riattivazione delle risorse cognitive in modo particolare legate alla memoria ed al linguaggio di persone con grave deficit cognitivo attraverso l’attivazione di una proposta progettuale che valorizzi la singolarità di ciascun ospite residente. Nello specifico si propone di migliorare la capacità di articolare a livello verbale i pensieri da uno stimolo dato, attivare la memoria attraverso l’immagine visiva e migliorare la capacità di nominare correttamente oggetti e situazioni date. Il gruppo di ospiti coinvolti si caratterizza per omogeneità dei livelli cognitivi, infatti si è scelto di operare con persone che presentano deficit cognitivi medio-gravi, con MMSE compreso tra 10 e 17. Il gruppo viene poi suddiviso in due sottogruppi affinché ogni incontro veda coinvolte contemporaneamente non più di 4 persone. Il percorso viene articolato secondo uno schema operativo regolare. Ogni sottogruppo partecipa ad un’incontro settimanale. Durante gli incontri l’educatrice propone delle immagini grandi in mezzo al tavolo e attraverso uno schema di domande guida, stimola gli ospiti ad articolare correttamente le risposte circa quanto osservato. La tipologia d’immagine varia per complessità: si propongono in prima istanza immagini di oggetti di uso quotidiano, anche legati alle tradizioni locali, si passa poi a scene di vita quotidiana che si possono commentare in modo più articolato, fino all’immagine di paesaggio che può favorire un commento più libero. Ogni sottogruppo lavora con l’educatrice per 30-45 minuti. Gli incontri si svolgono al tavolo della sala attività, in un setting protetto da eventuali fattori disturbanti. L’avvio di questo progetto presuppone una ricaduta più ampia rispetto all’operatività diretta con gli ospiti in quanto, le azioni programmate e l’impianto del progetto sono condivise in sede di equipe multidisciplinare e con i famigliari degli ospiti coinvolti. Per la conduzione dell’attività si è deciso di utilizzare libri fotografici e immagini plastificate, con uno schema di domande guida da sottoporre all’ospite al momento della visione dell’immagine. Al termine di ogni incontro l’educatrice compila la scheda di rilevazione delle presenze e la scheda di monitoraggio, utili in fase di elaborazione dati e restituzione.

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Fondazione Casa di Riposo Brambilla Nava - Civate - PROGETTO

Questa è casa mia … A cura di Cristina Beretta

“Immaginatevi di dover lasciare la vostra casa, gli oggetti a voi cari, i luoghi dove avete vissuto con le persone che avete amato e che magari adesso non ci sono più, quei piccoli particolari

della vostra casa che amavate e che vi davano sicurezza. Immaginatevi di entrare in uno spazio a voi sconosciuto, dove tutte le porte si assomigliano, dove a volte bisogna condividere una

camera con un’altra persona estranea, dove il letto, il comodino, l’armadio non sono quelli che avevate qualche giorno prima…”

L’inserimento in Casa di Riposo è uno degli eventi più stressanti che caratterizzano l’ultima parte della vita dell’anziano. Il sostegno creato dall’ambiente in cui si vive, è meno determinante nei periodi della vita in cui l’individuo è la massimo della sua capacità lavorativa, in quanto egli trova sostegno in diversi aspetti della vita. Nell’età anziana invece, la casa diventa sicurezza; soprattutto per gli anziani che soffrono per l’indebolimento della memoria e per la perdita dell’orientamento, la casa diventa un sostegno per la loro identità, diventa il luogo dei ricordi. Con l’ingresso in struttura si può assistere ad un vero e proprio “lutto” (manifestato in modo diverso da persona a persona), cioè ad un dolore molto forte per la separazione da un ambiente verso cui si era sviluppato un sentimento di attaccamento. Il danno provocato da un ambiente che appare sconosciuto è notevole per gli anziani coscienti e in grado di orientarsi, ma soprattutto per coloro che non possono più comunicare il loro disagio e che presentano livelli di demenza gravi. L’adattamento dell’ambiente non guarisce la demenza, ma aiuta il malato a vivere gradevolmente, consentendo all’anziano di sopportare il deterioramento cognitivo con un minimo di dignità e di conforto. Bisogna riconoscere all’ambiente la sua forza terapeutica: un ambiente che offre degli stimoli e delle immagini familiari riduce la sensazione di estraneità e i comportamenti aggressivi e di fuga. Il progetto è orientato a rendere meno indifferenziati e privi di senso simbolico gli spazi, in particolare l’ingresso alla stanza dell’ospite. Proprio perché poco riconoscibile, si è osservato che molti ospiti sbagliando camera per andare in bagno o per prendere degli oggetti, oltre a ledere la privacy della proprietaria della stanza, aumentano la probabilità di liti e tensioni che si scatenano in difesa dei propri spazi. Lo strumento utilizzato per personalizzare l’ingresso della camera e ridurre così il disorientamento è una bacheca. Il pannello viene riempito con fotografie, immagini, frasi, “ANCORAGGI”, ovvero stimoli familiari che aiutano a far reminescenza, a recuperare l’emozione del ricordo ancora presente anche in chi deprivato della propria memoria. La bacheca solleciterà l’attenzione dell’ospite aiutandolo a riconoscere la propria stanza. La preparazione del pannello e la scelta degli stimoli saranno realizzati con la collaborazione dell’ospite; se le capacità cognitive sono limitate a causa della demenza, la collaborazione del parente diventa fondamentale per creare un legame e restituire all’ospite la memoria derubata dalla malattia. Tale collaborazione oltre ad aumentare la conoscenza della vita dell’ospite, rafforzerà la relazione di fiducia e sostegno fra l’operatore e l’anziano e il suo familiare. Un piccolo spazio (una bacheca) a disposizione dell’ospite che può gestire e rendere proprio aumentando il suo senso di appartenenza e la sensazione di sentirsi a “casa”.

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Istituti Riuniti Airoldi e Muzzi onlus - Lecco -

PROGETTO

Suoni e musica A cura di Marialuisa Palma

Scelta del setting: la cornice abituale in cui vivono le persone per privilegiare le relazioni

all’interno di ogni nucleo abitativo.

I suoni e la musica sono un linguaggio sociale che portano a comunicare laddove la

parola non è sufficiente o dove non esiste più.

L’esprimersi con suoni, ascoltare e “leggere” la musica è una capacità che va oltre il

decadimento.

Questo progetto sperimentale desidera dare l’opportunità di sviluppare le potenzialità

comunicative e relazionali degli ospiti usando suoni e musica in modo efficace.

Per suoni intendiamo naturalmente anche l’uso della nostra voce che per molti viene

percepita proprio solo come un suono privo di significato in sé, ma denso di

comunicazione, portatrice di emozioni e carica affettiva.

L’attenzione nell’ “intonare” una parola, un saluto può essere percepito come rispetto

alla persona, senso di accoglienza, di benessere.

Il suono e la musica possono diventare tramite tra l’ospite e l’operatore, stimolo

all’apertura di nuove modalità di relazione e migliorare il rapporto tra tensione e

distensione nelle varie modalità di intervento e accudimento degli ospiti.

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Fondazione Casa di Riposo Dr. Luigi e Regina Sironi onlus - Oggiono -

PROGETTO

Ginnastica per la mente A cura di Norma Perego

Il cervello umano è formato da circa 100 miliardi di neuroni interconnessi tra di loro. Con il trascorrere dell'età, il numero dei neuroni tende a diminuire e compaiono i primi deficit mnemonico-cognitivi. E' l'allenamento continuo delle facoltà mentali ad allontanare il rischio di demenza e, in generale, i deficit cognitivi. Ma non solo: anche un buon livello di relazioni interpersonali aiuta a tenere lontane le degenerazioni e risulta utilizzabile per rallentare, contenere o ridurre tali deficit cognitivi. Più stimoli una persona riceve, più connessioni vengono risvegliate nella ricerca di una risposta adeguata. Ecco così che tramite la “riattivazione” o la “stimolazione cognitiva” riusciamo a sostenere l'attività di quelle cellule nervose in quel momento ancora funzionanti e capaci di stimolare quelle in via di degenerazione. Questo progetto ha fatto della riattivazione cognitiva il suo obiettivo principale, mirando a coinvolgere, “riattivare” e socializzare gli ospiti con demenze più gravi, benessere minore e poco socializzanti. Gli obiettivi specifici sono stati: conoscere e ri-conoscere se stessi, gli altri ospiti, i familiari, luoghi (attraverso la ripetizione dei dati personali e guardando fotografie fornite dai parenti), sapersi orientare nel tempo (riconoscendo l’anno, la stagione, il mese e il giorno), parlare di se stessi, stimolare l’attenzione e la memoria (cantando canzoni tradizionali), comunicare con l’animatrice e gli altri ospiti, riservare un momento speciale e atteso per gli ospiti che raramente partecipano alle attività di animazione e infine rilassarsi (bevendo il the insieme durante la pausa dell’incontro). I colloqui in piccolo gruppo (5 persone) si sono svolti una volta la settimana in un accogliente salottino del reparto degli ospiti coinvolti.

E’ stato utilizzato principalmente l'ORIENTAMENTO ALLA REALTA' (ROT), strumento che ha lo scopo di aiutare anziani affetti da demenza senile, “orientandoli” nel tempo e nello spazio e stimolando l'assimilazione di nozioni semplici, che riguardano le persone e i luoghi che li circondano. Questo trattamento è rivolto a soggetti che presentino confusione mentale, disorientamento spazio-temporale, perdita di memoria e alterazione della sensazione della realtà. Per ogni seduta sono state compilate delle griglie di presenza, schede per la valutazione dell’attenzione, dell’orientamento spazio-temporale, autonomia, relazioni interpersonali nel gruppo, relazioni con l’operatore, umore e il diario degli incontri. Attraverso l’ osservazione ecologica e la consultazione delle griglie di verifica, con questo progetto abbiamo ottenuto: partecipazione e consenso al progetto, riconoscimento almeno parziale di luoghi, persone, familiari e benessere generale degli ospiti coinvolti.

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Fondazione Maria Monzini onlus - Casatenovo -

PROGETTO

… Ballando a mezz’aria A cura di Stefania Perego

“I piedi oggi non camminano più, stanno sulle pedivelle,

avvolti in calzettoni di spugna e in calde pantofole. Hanno un’altra forma,

anche loro non sono più quelli di una volta;

ma chi li vede più?” “Ballando a mezz’aria” è un intervento animativo di contatto/massaggio rivolto alla persona, ai suoi piedi perché: � riattivi la percezione di sé, in stato di benessere � si riduca il livello di stress nell’ambiente. Gli obiettivi sono: stimolare le facoltà sensoriali, promuovere la percezione di sé, fornire la sensazione dell’essere riconosciuto, accettato e preso in cura e

OFFRIRE SENSO DI LEGGEREZZA. Il progetto sperimentato nel periodo compreso tra febbraio 2011 e aprile 2011 per un totale di 10 incontri, ha coinvolto quattro anziani con deficit cognitivo medio-grave e con disturbi d’ansia. Si è svolto in un ambiente protetto, con elementi caratterizzanti la CASA, fra le note di una musica rilassante, con l’ausilio di creme ipoallergiche, sullo sfondo del profumo di lavanda, al caldo di una coperta di lana e per circa venti minuti per ciascuno. È stato condotto secondo la metodologia dell’Animazione con il coinvolgimento della persona in modo attivo, agendo il contatto sia per fornire un sollievo immediato sia, specialmente, come mediatore relazionale perché l’anziano si sentisse chiamato, accolto e stimolato a riattivare le proprie facoltà sensoriali. Fin dal primo incontro ha innescato una forte comunicazione e ricche emozioni, ha dato luogo a manifestazioni positive del corpo e del viso degli ospiti, dimostrando di ricevere una forte dose di relax. Ha trasmesso senso di presa in carico e di accoglienza di sé e ha fornito un sollievo temporaneo all’ambiente.

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R.S.A. San Giorgio - Oliveto Lario -

PROGETTO

Le cento primavere A cura di Anna Erra

In un periodo della vita dove spesso vieni “manipolato” più che toccato con affetto è utile fermarsi un attimo ad accarezzare e a far sentire il contatto fisico leggero con tutte le emozioni che questo coinvolge. Guardare il deterioramento cognitivo di una persona è un’esperienza che spezza il cuore, anche quando non lo dimostriamo. Vivere a contatto con chi non ti riconosce e non percepisce le cose che percepiscono tutti gli altri può provocare negli operatori, oltre che nei familiari, un gran senso di inutilità. Il tentativo di sfidare questo senso d’impotenza ci spinge a mettere in gioco le nostre emozioni per creare o cercare di ristabilire un canale di comunicazione non verbale, che riavvicina e dà la possibilità di ricevere sensazioni positive legate all’affetto. Il progetto di stimolazione psico-sensoriale attivato vuole creare attimi di benessere e relax, contrastando i momenti di solitudine, di abbandono, caratteristici dell’istituzionalizzazione, dove in una patologia cronica come la demenza, diventa indispensabile un intervento quanto più articolato e modulato in concomitanza con l’utente.

L’intervento non è una cura, ma il tentativo e la possibilità di “entrare in contatto” attraverso un contatto fisico di creare canali di comunicazione non verbale con coloro che fanno fatica o non possono avere una vita sociale. Ci si prende cura dell’ospite attraverso il massaggio, sulle mani e sul viso, la musica, gli odori, l’indossare collane, il dipingere le unghie, una volta a settimana per circa un’ora e un quarto.

Il progetto è stato rivolto a sette ospiti con MMSE non somministrabile, di cui 3 affetti da mutacismo dementigeno, 2 con grave disfagia, 1 con disturbi dell’umore ed infine una persona affetta da grave forma psicotica.

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R.S.A. Opera Pia Magistris - Valmadrera -

PROGETTO

I suoni delle immagini A cura di Raffaella Cogliati

e Davide Romanò

Il progetto “I suoni delle immagini” nasce dalle riflessioni e dagli stimoli offerti dagli incontri formativi del percorso “ANIMATA-MENTE”. L’avvio di questo progetto ha presupposto una condivisione con la Direzione della struttura, con il medico responsabile e l’équipe multidisciplinare. Inoltre sono stati informati i famigliari degli ospiti coinvolti. La finalità è quella di apportare benessere in assenza di stress o dolore e riattivare risorse cognitive, in particolare legate alla memoria, di persone con deficit cognitivi. Si è scelto di coinvolgere un gruppo di 10 ospiti con deficit cognitivi medio - gravi, con un MMSE compreso tra 20 e 10/30 (con riferimento all’ultimo MMSE somministrato) e con discrete capacità visive e uditive residue. Obiettivi specifici del percorso sono: attivare la memoria attraverso l’immagine visiva ed il suono, stimolare l’abilità d’associazione suono/immagine (working memory), favorire la rievocazione di ricorsi legati a determinate immagini e/o suoni (memoria episodica e semantica). È importante per questo tipo di attività che coinvolge anche l’udito avere a disposizione un luogo silenzioso e lontano dai diversi rumori quotidiani di una RSA: è stata infatti individuata una sala tranquilla ed isolata. Ciascun ospite ha lavorato in rapporto individuale con l’educatore una volta alla settimana, per circa 20 minuti. Durante ogni incontro l’educatore, prima, ha proposto all’ospite delle immagini (formato A4), poi, ha fatto ascoltare dei suoni legati a quelle immagini. Immagini/suoni appartengono alla sfera del vivere quotidiano, della vita domestica. In un primo momento l’educatore chiedeva all’ospite di riconoscere le immagini, poi di associare i suoni alle immagini corrette. Infine, se non avveniva in maniera spontanea, l’educatore, attraverso delle domande ha cercato di favorire la rievocazione di ricordi legati alle immagini/suoni. La verifica del livello partecipativo e delle competenze residue di ogni ospite è avvenuta attraverso la compilazione di apposite schede, compilate al termine di ogni incontro.