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Lecco – 20.10.2009 (3°incontro)Ugo De Ambrogio – IRS Milano
LE FUNZIONI DEGLI ASSESSORIAI SERVIZI SOCIALI ALL’INTERNO
DEL QUADRO LEGISLATIVO NAZIONALEE REGIONALE RELATIVO ALL’AMBITO
SOCIO-ASSISTENZIALE E SOCIO-SANITARIO
I temi del terzo incontro
� Il governo dei servizi sociali, socio-sanitari e sanitari
� I soggetti istituzionali in gioco, i ruoli, le competenze
� Le specificità della funzione politica e il ruolo del terzo e del quarto settore
� Strumenti di programmazione e gestione (accreditamento)
GOVERNANCE
Termine versatile, di moda e per questo un po’ abusato,
Qualcuno l’ha definita parola passe-partout
GOVERNANCE
La l. 328/00 promuove a più livelli l’idea digovernance; quasi tutti gli articoli infatti
contengono termini quali: partecipazione, concertazione, co-progettazione, accordo, intesa ecc.
GOVERNANCE
La governance è una situazione in cui la formulazione e l’implementazione delle politiche pubbliche vedono una pluralità di soggetti
1. di diversa natura ed 2. a diversi livelli3. interagire fortemente tra loro
(Dente 2005)
DEFINIZIONE 1
DEFINIZIONE 1
GOVERNANCE
� Sistema innovativo di realizzazione del policy making, nel quale: il processo di decisione è la risultante di un’ interazione tra soggetti diversi che condividono responsabilità di governo (soggetti istituzionali, terzo settore, soggetti della società civile)
AA.VV. Il piano di zona, Carocci 2004
DEFINIZIONE 2
DEFINIZIONE 2
� Per Government si intende l’intervento top/ down , il potere a …
� ovvero che il soggetto pubblico ha la titolarità esclusiva di una politica pubblica all’interno di un sistema piramidale e gerarchico.
� Per Governance si intende lo steering , nella distribuzione del potere fra …
� ovvero la guida di una politica che ha una titolarità diffusa (per es. fra un ente pubblico, altri soggetti istituzionali, terzo settore, società civile ecc.) il sistema di governo proposto è arete
GOVERNMENT E GOVERNANCE
I principi della buona governance
AperturaPartecipazioneResponsabilitàEfficaciaCoerenzaProporzionalitàSussidiarietà
Commissione delle Comunità europee - la governance europea: un libro bianco (www.ec.europa.eu)
Perché la Governance nel Piano di zona
+ La diversità degli attori permette di integrare diversi punti di vista, valori e risorse
+ Essa assicura la creazione di coalizioni abbastanza ampie da garantire il consenso necessario all’innovazione
_ In ogni caso essa diluisce la responsabilitàpolitica per i fallimenti
� (Dente 2005)
LA GOVERNANCE NEL PDZ
� La governance nel Piano di zona significa applicare una metodologia negozialefinalizzata ad un processo condiviso di costruzione collettiva delle politiche sociali , basato sul comune interesse a collaborare nella realizzazione di una rete unitaria e coordinata di servizi
LA GOVERNANCE NEL PIANO DI ZONA
La governance nel Piano di zona dunque avviene attraverso reti che comprendono
partnership fra istituzioni e fra pubblico e privato
LA GOVERNANCE NEL PIANO DI ZONA
� La governance nel Pdz significa applicare una metodologia negoziale finalizzata ad un processo condiviso di costruzione collettiva delle politiche sociali , basato sul comune interesse a collaborare nella realizzazione di una rete unitaria e coordinata di servizi
GLI ATTORI COINVOLTI
Nella 328 e nel Piano nazionale è data forte enfasi alla introduzione, a livello di PDZ di una
prassi di progettazione partecipata ,coinvolgendo:
� attori istituzionali (Comuni, Asl, Ipab ecc.);� attori della società civile (terzo settore,
volontariato, associazioni di tutela).L’assunzione di tale metodologia è posta
come una condizione di efficacia della politica .
ATTORIATTORI
I soggetti coinvolti nella governance per la programmazione delle politiche sociali (L.328/00)
Soggetti istituzionali:
•Comuni, Regione, Province,•ASL, AO•Aziende speciali servizi alla persona•Consorzi•Scuola•Giustizia
•Soggetti non istituzionali:
•Organismi non lucrativi di utilità sociale•Organismi della cooperazione•Associazioni ed enti di promozione sociale•Fondazioni •Enti di patronato•Organizzazioni di volontariato•Enti riconosciuti delle confessioni religiose•Famiglie
Complessivamente pare opportuno sottolineare che il piano di
zona risulta l’esperienza programmatoria che maggiormente ha
coinvolto il terzo settore (impresa sociale) nel nostro paese negli
ultimi anni
5 6 %
4 8 ,4 %
4 2 ,8 %
3 5 %
14 ,4 %
7 ,3 %
7 ,3 %
6 ,8 %
3 ,6 %
0 10 20 30 40 50 60
Altro
Progetto Urban
Contratto di quartiere
Piano 40/98
Patto territoriale
Progetto equal
Piano 45/99
Piano 285/97
Piano di zona
PIANO DI ZONA
Associazioni di tutela
SCUOLA
AZIENDE DEL MERCATO
FONDAZIONICOOPERATIVE SOCIALI
ASSOCIAZIONI DI VOLONTARIATO
PARROCCHIE
DISTRETTO SANITARIO – ASL
ORGANIZZAZIONI SINDACALI
AZIENDA OSPEDALIERA
SERVIZI SOCIALI DEGLI ALTRI COMUNI
TAVOLID’AREA
FAMIGLIE
AZIENDA SANITARIA LOCALE
UNA POSSIBILE RETE DA ATTIVARE NELLA GOVERNANCE DEL PIANO DI ZONA
L’architettura del Pdz
Tavolo politico istituzionale
Tavolo tecnico istituzionale
Ufficio di Piano
Tavolo tematico Minori
Tavolo tematico anziani
Tavolo tematico disabili
Tavolo tematico Marginalità
In Regione Lombardia
� Fin dalla l.r.23/99 si è assistito ad una progressiva attenzione sul ruolo del III settore non più solo come soggetto gestore ma con un ruolo di co-progettazione eattivatore di risorse
� La l.r.3/08 richiama fortemente questa centratura definendo che:� Partecipa alla programmazione regionale e locale� Gestisce unità d’offerta� Partecipa alle sperimentazioni gestionali� Concorre alla gestione degli osservatori� Assume la gestione di servizi nell’ambito di rapporti
convenzionali� Previsione della consultazione sia per la rete sociale ce
sociosanitaria� Libertà di svolgere attività sociali indipendentemente dal loro
inserimento nella rete
Ruolo del terzo settore nella l.r. 3/08
� Ruolo consultivo richiamato in più punti
� Definizione delle modalità di consultazione in ambito regionale (art.11 comma 1 lett. m)
� Avvicinamento progressivo tra cittadino/utente e erogatore del servizio
(art.8 “ i gestori delle unità d’offerta accreditate forniscono informazioni sull’accesso a contributi pubblici o a forme di integrazione economica”
art.7 il segretariato sociale deve “segnalare le situazioni complesse ai servizi pubblici e alle unità d’offerta…” )
…rapporto sempre più diretto tra utente e gestore
A cui sono seguite alcune indicazioni
regionali più specifiche
� DGR 7797 e 7798 sulla costituzione dei tavoli di concertazione a livello provinciale e territoriale con osservazioni sul ruolo degli udp
Le funzione del TL 3° settore
� Il tavolo di consultazione dei soggetti del Terzo settore, previsto dalla L.R. 3/2008, è istituito dalla DGR 7797/2008 presso gli Uffici di Piano per affrontare le problematiche inerenti la rete delle unitàdi offerta sociali.
� Art. 11 Accordo di programma� “Il Tavolo locale del terzo settore si connota come luogo stabile di
partecipazione che svilupperà la propria attività durante l’intero periodo di attuazione del Piano di Zona. I Soggetti del Terzo Settore potranno aderire all’Accordo di Programma, con una formale sottoscrizione di un documento di adesione per esprimere la propria condivisione dell’impostazione di fondo del Piano di Zona e degli assi strategici che guidano l’attuazione dello stesso.
� Gli aderenti all’Accordo di Programma potranno concorrere all’attivazione del Tavolo Locale che sarà composto da diverse rappresentanze, delle associazioni di volontariato, delle cooperative sociali, degli enti di promozione sociale, delle agenzie educative, delle realtà diocesane, delle fondazioni, delle organizzazione sindacali.”
Gli obiettivi di lavoro del tavolo
� Il tavolo locale avrà come principale obiettivo la promozione della partecipazione dei soggetti del terzo settore:� nella programmazione, progettazione e realizzazione della rete
locale delle unità di offerta sociali;� nella individuazione dei nuovi modelli gestionali e sperimentali
nell’ambito della rete sociale;� nell’esercitare il proprio ruolo di tutela, interpretazione e
espressione sia dei bisogni sociali che delle risorse locali.� nella definizione dei requisiti di accreditamento delle unità di offerta
sociali;� nella definizione dei livelli ulteriori di assistenza rispetto a quelli
definiti dalla Regione;� nella determinazione dei parametri di accesso prioritario alle
prestazioni sociali;� nell’organizzazione dell’attività di segretariato sociale; � nel promuovere e divulgare l'istituto dell’amministrazione di
sostegno in stretto accordo con l’ufficio competente della Asl del distretto di riferimento.
La composizione del tavolo
� Al tavolo partecipano:� i soggetti del terzo settore che abbiano una
rappresentanza nel distretto socio sanitario di riferimento;
� il presidente dell’assemblea di distretto, che svolge le funzioni di presidente;
� i responsabili dei servizi sociali dei Comuni dell’ambito di riferimento;
� il Direttore sociale dell’Asl territorialmente competente;
� il direttore di distretto dell’Asl territorialmente competente
Tipi di consultazione del terzo settore
Tavolo Di rappresentanza (consulta-zione politica)
Tavoli Tematici (consulta-Zione tecnica)
Ufficio di Piano
ASL
Il funzionamento del tavolo
� Il Tavolo, per l’assolvimento dei suoi compiti, si darà proprie regole di funzionamento e di ordine dei lavori, favorendo la trasparenza e la pubblicizzazione del processo amministrativo, e potrà, laddove lo riterràopportuno, costituire gruppi di lavoro per aree tematiche, invitando a partecipare altri rappresentanti, istituzionali e del Terzo settore, individuati per le specifiche competenze
Risorse- Con il Pdz lavorare in modo
integrato fra Pubblico e III settore è ormai prassi condivisa su tutto il territorio nazionale
- Si moltiplicano le teste pensanti ovvero i soggetti che ragionano in termini di costruzione di politiche territoriali
- Alcune zone oltre ai tavoli tematici prevedono specifici spazi consultivi per il III settore (tavolo di rappresentanza, tavolo di concertazione)
Nodi critici - Problema della rappresentanza del terzo
settore
- Problema della non sempre chiara funzione attribuita al terzo settore: rappresentanza o competenza
- Moltiplicazione dei tavoli e perdita di controllo sul loro operato e problemi di tenuta ai tavoli
- Problema del potere decisionale attribuito al III settore: decisionale o consultivo?
- Incompetenza nella conduzione dei tavoli
- Confusione fra funzione politica e tecnica (advocacy) del terzo settore
- Confusione fra apporto alla programmazione e funz. Gestionale del III settore
Rapporti con il Terzo settore
Rapporti con il Terzo settorePunti di attenzione
� I tavoli tematici rappresentano un luogo di incontro tra pubblico e privato e di partecipazione prezioso e di grande potenzialità,
• Oltre che per l’analisi dei bisogni è importante che in essi si faccia progettazione e valutazione partecipata dei piani; tali funzionipossono infatti favorire lo sviluppo di processi di empowerment e di riduzione delle asimmetrie fra gli attori
� E’ importante governare i processi partecipativi senza eccedere nelle proposte (eccessi di partecipazione) e proponendo percorsichiari con chiara definizione di ruoli e compiti fra i partecipanti separando funzione di advocacy e rappresentanza da funzione gestionale
� Più che moltiplicare tavoli “di rappresentanza” appare utile strutturare i tavoli con funzioni precise e dotarli di conduttori esperti e opportunamente formati
I rischi nella relazione con il terzo settore nei tavoli tematici
(tratto dalla ricerca Irs Irer 2008)
1. Deriva “populista”.
2. Deriva “spontaneista”.
3. Deriva “clientelista”
4. Deriva “illusoria”
1. Deriva “populista”.
Si pensa che i tavoli rappresentino una sorta di “democrazia
diretta” prima che una forma di integrazione di specifiche
sensibilità e competenze.
Un tavolo tematico invece non è un assemblea di cittadinanza,
ne un luogo di rappresentanza del terzo settore (a questo
scopo la Regione ha previsto un altro organismo), un tavolo
tematico dovrebbe semplicemente essere un luogo dove attori
sensibili, competenti e disponibili si incontrano per offrire il
proprio apporto alla programmazione, in ordine alla loro
funzione di advocacy.
Le aspettative che sono riposte sui partecipanti e le loro responsabilità,
non sono sempre esplicitamente definite e contrattate. In questo modo
si rischia di indurre l’idea di una partecipazione passiva: “quando si
vuole”.
Va invece precisato che un gruppo di lavoro quale quello di un tavolo
tematico non è configurabile come un ciclo di conferenze o di incontri
a tema alle quali si partecipa solo quando si è interessati, richiede, per
essere produttivo, che da parte delle persone che partecipano ci sia
l’assunzione di precisi impegni di continuità di presenza attiva.
2. Deriva “spontaneista”.
Spesso vi sono interessi particolari che possono influenzare la scelta di
partecipare ai tavoli.
C’è chi partecipa ai tavoli essenzialmente per “farsi vedere”, ovvero per
essere riconosciuto in un proprio ruolo di rappresentanza e competenza:
nulla di male, purchè non ci si limiti ad apparire ma si offra una effettiva
competenza .
C’è chi partecipa invece sulla base di un’illusione, si ritiene che il tavolo sia
un luogo dove “fare affari”, cioè dove bisogna essere presenti per mettersi
poi in pole position per le successive gare di appalto. In questo caso, se
non è chiaramente separata la partita della programmazione da quella
della gestione la partecipazione rischia una deriva “clientelista” perché
diverrebbe strumentale discriminatoria e, per certi versi manipolatoria e
dunque non consentirebbe un apporto significativo al lavoro.
3. Deriva “clientelista”
Questo rischio è legato al fatto che frequentemente abbiamo sentito da
parte di partecipanti (per lo più del terzo settore) affermare che: “il
tavolo tematico è un’esperienza deludente perché manca di potere
decisionale, infatti le decisioni si prendono al livello politico”.
Di fatto si è lasciato una notevole ambiguità rispetto alle aspettative di
tali soggetti.
Dove questa ambiguità non è stata sufficientemente chiarita e affrontata
sono prevalse aspettative illusorie nel terzo e quarto settore che poi, nel
corso del lavoro, sono andate deluse.
4. Deriva “illusoria”
Per arginare questo rischio appare cruciale una chiara distinzione dei diversi tipi di
coinvolgimento degli attori nei processi partecipativi. Quella fra partecipazione
“decisionale” con attribuzione di potere di scelta fra alternative a tutti i soggetti
coinvolti e partecipazione “consultiva” è pertanto una distinzione
metodologicamente e anche sostanzialmente importante, che è opportuno
considerare, esplicitare e contrattare. Nel secondo caso infatti anche se non si
attribuisce al tavolo un vero e proprio potere decisionale nel merito della
programmazione, i partecipanti al tavolo sono però comunque considerati parti
essenziali di un processo decisionale complesso e articolato. Il partecipante al tavolo è
infatti un esperto, testimone privilegiato e attore territoriale il cui parere è prezioso ai
fini della programmazione, anche se la decisione finale viene presa da altri, in una
sede diversa da quella della consultazione (tavolo politico).
4. Deriva “illusoria”
� “Si tratta di distinguere fra la funzione di advocacy e protezione sociale che il non profit svolge in autonomia e la funzione gestionale che svolge per conto degli enti pubblici che finanziano quei servizi.
� Il diritto – dovere a essere rappresentati nel processo dei Piani di zona discende dalla advocacy, che racchiude in se la capacità di evidenziare i bisogni, di delineare nuove opzioni di intervento, di mettere in rete proprie risorse professionali e strutturali in aggiunta a quanto disponibile con investimento pubblico.”
� Battistella, De Ambrogio, Ranci Ortigosa 2004, Il Piano di zona,Carocci Faber
Definizione del termine Advocacy
� “Attività di supporto all’esplicazione dei bisogni e di tutela dei diritti, svolta da organizzazioni di volontariato formali e informali, in favore di gruppi sociali soggetti a processi di marginalitàsociale o di utenti dei servizi sociali e sanitari”
� Battistella, De Ambrogio, Ranci Ortigosa 2004, Il
Piano di zona, Carocci Faber
DA WELFARE STATE…
In tutto l’occidente lo Stato non ha più l’obiettivo di garantire tutti i servizi ai suoi cittadini “dalla culla alla bara”
PERCHÉ NON HA � le risorse,� la flessibilità gestionale, � la capacità di cogliere e di rispondere alle esigenze
ovunque si manifestino
Viene chiamato ad interpretare il ruolo di controllore della qualità e della spesa (verifica di efficienza)
… A WELFARE COMMUNITY
Ruolo attivo dei cittadini e delle loro aggregazioni(es.famiglia): non solo ricevono i servizi ma possono
proporre ed erogare un servizioUna vera e propria partnership con la Regione o con gli Enti Locali
che vengono affiancati come gestori dei servizi, o addirittura sostituiti, come prevede la politica della Lombardia.
Le Istituzioni (regionali, ma anche statali e locali) devono avere l’esclusivo ruolo di garante dell’equità , qualità e controllo dei servizi, coordinatore e promotore di tutte le forze disponibili nella società
� Le Istituzioni Pubbliche vengono chiamate sempre più ad interpretare il ruolo di programmazione acquisto e controllo
SERVIZI A UNA NUOVA POPOLAZIONE
In Lombardia, siamo fra i primi in Italia a far fronte ad una situazione che si sta generalizzando in tutti i paesi cosiddetti “ricchi”.
Non abbiamo specifici termini di confronto,
UNA DEFINIZIONE DI ACCREDITAMENTO
� Provvedimento amministrativo che consente ad un gestore pubblico o privato di esercitare un servizio per conto dell’ente pubblico
� Può essere il presupposto necessario per poter accedere ad un contratto ed ottenere la remunerazione delle prestazioni da parte dell’ente pubblico
accreditamento istituzionale : effettuato da o per conto di governi, senza il quale un’organizzazione pubblica non è autorizzata a operare e una privata a convenzionarsi col sistema pubblico
accreditamento volontario o di eccellenza : promosso all’interno del mondo sanitario con scopo di formazione e di continuo miglioramento della qualità organizzativa
Morosini e Perraro
Un’importante differenziazione…
� ACCREDITAMENTO CERTIFICATORIOorientato unicamente a certificare il possesso di requisiti qualificanti l’offerta , ulteriori rispetto a quanto richiesto per l’autorizzazione al funzionamentoNon connesso a voucherAttenzione è posta sull’identificazione e valutazione della qualità da garantire
� ACCREDITAMENTO EQUIPARATORIO o GESTIONALEconnesso al principio di libera scelta e introduce l’equiparazione tra servizio pubblico-privato a parità di requisiti di qualità posseduti. Introduce cambiamenti significativi sul fronte gestionaleE’ connesso al ricorso alla voucherizzazione
Altre importanti differenziazioni…
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Processo di valutazione sistematico e periodico svolto da un’agenzia esterna o da un altro
organismo, il cui obiettivo è quello di verificare il possesso da parte dei servizi sanitari di requisiti predeterminati relativi alle condizioni strutturali, organizzative e di funzionamento che si ritiene
influiscono sulla qualità dell’assistenza (Celin, Wienand )
Accreditamento nel sociale
La procedura di accreditamento è comparsa sulla scena
=> la Legge quadro sui servizi sociali :
� ha esplicitato il valore del contributo dato al sistema sociale dal terzo settore (art.5 ex l. 328/00)
� ha previsto tra gli strumenti utilizzabili la concessione, su richiesta dell’interessato, di titoli validi per l’acquisto di servizi sociali dai soggetti accreditati del sistema integrato di interven ti e servizi sociali (art. 17 ex l. 328/00)
=> A livello regionale� L.r. n.34 del 2004 che attribuisce a comuni, in forma associata, le
funzioni di autorizzazione e accreditamento delle unità di offerta sui minori
� Circolare n.35 del 2005 da primi indirizzi in materia di autorizzazione e accreditamento
� Diverse dgr del 2005 con i criteri di accreditamento dei diversi servizi
Regione Lombardia - 1
Principi guida della Regione Lombardia
1. Libertà di scelta2. Sostegno alla famiglia nei compiti di cura (sostegno
domiciliarità)3. Equiparazione pubblico-privato nella logica della
promozione della sussidiarietà
Atti normativi
Prima tornata Pdz: � nell’impiego FPSN vincolo 70%-30% sui titoli sociali
Seconda tornata Pdz:� riduzione del vincolo a 50%-50% ma obbligo di avviare
voucher in ogni distretto
- Regione Lombardia - 2
Quale strategia perseguita…a. Progressivo finanziamento della domanda e
non più dell’offerta
b. Spostamento della funzione pubblica da erogazione diretta a regolazione (regia) del sistema dei servizi
c. Variazione del mercato � rompere mercati protetti che hanno affievolito la tensione al miglioramento continuo e introdurre maggior competitività
Sul “come” attuare ciò la Regione ha lasciato ampia scelta…e l’impiego dell’accreditamento in effetti ha mostrato applicazioni molto differenziate
a partire dalle ragioni/motivi di introduzione- Adempimento normativo - Rottura di monopoli locali e flessibilizzazione del
mercato- Miglioramento della qualità delle prestazioni- Ampliamento dell’offerta- …
Non è solo una procedura amministrativa…soprattutto se connessa ai voucher implica una trasformazione delle relazioni tra le parti in gioco che devono trovare nuove forme di regolazione (Acd misto o puro, patti, strumenti di valutazione ...)
- Regione Lombardia - 3