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La storia della Festa della Repubblica

I l 2 giugno di ogni anno si ce-lebra la Festa della Repubbli-ca Italiana, per r icordare il referendum del 1946 che, dopo la Seconda Guerra Mondiale,

ha sancito la fine della monarchia e la nascita della repubblica. Nel 1977, con la legge numero 54 del 5 marzo, a causa di una situazione economica difficile, la Festa della Repubblica era stata spostata alla prima do-menica di giugno, ma nel 2001, con la legge numero 336 del 20 novem-bre 2000, è stata reintrodotta la festi-vità del 2 giugno. In questa giorna-ta viene organizzata la tradizionale parata in Via dei Fori Imperiali a Roma. Il protocollo della cele-brazione prevede che venga deposta una corona d'alloro al Milite Ignoto all'Altare della Patria e poi si svolga la parata militare, alla quale partecipano le cariche più alte dello stato. LA NASCITA DELLA REPUBBLICA ITALIANA

Fino al 1946 l'Italia era una monarchia costituzio-nale, regolata dallo Statuto Alber tino. Il 2 e il 3 giugno 1946 si è tenuto il referendum istituzionale indetto a suffragio universale e tutti gli italiani, com-prese le donne che votavano per la prima volta, sono stati chiamati alle urne per scegliere la forma di go-verno preferita: monarchia o repubblica. Con 12.718.641 voti contro 10.718.502 gli elettori hanno scelto la repubblica e la famiglia Savoia, fino ad allora al comando della monarchia, è stata esilia-ta. Il 2 giugno gli elettori hanno scelto anche i componenti dell'Assemblea Costituente, a cui è stato affidato il compito di redigere la nuova costitu-zione. I votanti sono stati 24.947.187, l'89% degli aventi diritto al voto. La percentuale di voti favore-voli alla repubblica è stata del 54,3%, mentre quel-la dei voti favorevoli alla monarchia del 45,7%. Ma l'Italia risultava divisa in due: al nord aveva vinto la repubblica con il 66,2% dei voti, mentre al sud le preferenze erano andate alla monarchia con il 63,8% dei voti. Eventi che hanno portato alla nascita della Repubblica Nel luglio del 1943 Vittorio Emanuele III aveva fatto arrestare Mussolini, affidan-

do il governo al maresciallo Pietro Badoglio. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, l'Italia era precipi-tata nel caos e Vittorio Emanuele III era fuggito ver-

so il Sud Italia. In questo clima dif-ficile, si iniziò a delineare l'idea di un cambiamento radicale nella forma governativa del paese. La monarchia e Vittorio Emanuele III erano considerati come i principali responsabili della situazione at-tuale, per aver appoggiato il fa-scismo e aver permesso l'entrata in guerra dell'Italia. Nel 1944 Palmiro Togliatti propose di aspettare la fine della guerra per discutere della questione istituzionale, tro-vando così un accordo tra i vari partiti, in base al quale Vittorio Emanuele III venne sollevato dal suo incarico ed i suoi poteri passa-

rono momentaneamente ad Umberto di Savoia, principe di Piemonte ed erede al trono. La scelta di rimandare qualsiasi decisione alla fine della guerra è stata ufficializzata con il decreto luo-gotenenziale numero 151 del 25 giugno 1944, in base al quale si stabiliva che, terminato il conflitto, sarebbe stata indetta una consultazione per scegliere la forma dello stato ed eleggere un'assemblea costi-tuente. Il 31 gennaio 1945 il Consiglio dei ministri ha poi emanato un decreto che riconosceva il dirit-to di voto alle donne. Il 16 marzo 1946 il pr incipe Umberto ha decretato ufficialmente di organizzare un referendum per decidere la forma istituzionale dello stato. Un mese prima del referendum, Vittorio Emanuele III ha abdicato in favore di Umberto II, sperando così di poter attirare il consenso del popolo per far continuare la monarchia. La sera del 10 giugno 1946 sono stati resi noti i risultati del referendum, ma la proclamazione della repubblica è stata rimandata al 18 giugno per analizzare le varie proteste, relative soprattutto alla minima differenza di voti tra chi aveva scelto la re-pubblica e chi aveva votato per la monarchia. il 18 giugno la Corte di Cassazione ha confermato la vittoria della Repubblica.

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Enrico De Nicola. Eletto dall’Assem-blea Costituente in seguito all’accordo raggiunto tra De Gasperi, Nenni e To-gliatti. Dal 1946 al 1948 svolge la fun-zione di Capo provvisorio dello Sta-to. Poi, dal primo gennaio 1948, per cir-ca 4 mesi, è a tutti gli effetti presidente della Repubblica sulla base delle disposi-zioni transitorie della nuova Costituzione repubblicana. 71 anni. Napoletano, libe-rale, conservatore, di idee giolittiane.

Luigi Einaudi. Primo presidente nomi-nato dal parlamento. Eletto al quarto scrutinio verso la metà di maggio nel 1948. 74 anni. Piemontese, senatore libe-rale, giurista e giornalista.

Giovanni Gronchi. Eletto nel 1955 al quarto scrutinio con una vastissima maggioranza. 68 anni. Toscano, fu uno dei fondatori del Partito popo-lare e poi della Democrazia Cristiana.

Antonio Segni. Eletto nel 1962 al nono scruti-nio, grazie ai voti dei monarchici e dei missini. 71 anni. Sardo, democristiano, già presidente del Con-siglio e ministro. Nell’estate 1964, un ictus improv-viso lo costringe a rassegnare le dimissioni.

Giuseppe Saragat. Eletto nel 1964 al ventunesimo scrutinio, su proposta delle sinistre e grazie ai voti di una parte della DC. 66 anni. Torinese, fondatore con Pietro Nenni del Partito socialista d’unità proletaria poi, dopo contrsti con lo stesso Nenni, fondò il Psd.

Giovanni Leone. Eletto nel 1971 al ventitreesimo scrutigno, su proposta della Dc e grazie ai voti del Msi. 63 anni. Si dimise nel 1978 sei mesi prima del-la scadenza naturale. Napoletano, avvocato, parla-mentare democristiano, senatore a vita, già presiden-te del Consiglio.

Sandro Pertini. Eletto nel 1978 al sedicesimo scru-tinio ma a grande maggioranza: 832 voti su 995. 82 anni. Ligure, socialista, partigiano e simbolo dell’antifascismo.

Francesco Cossiga. Eletto nel 1985 al primo scruti-nio. Il più giovane presidente, di soli 57 anni. Sardo, democristiano di ferro, già ministro e presidente del Consiglio.

Oscar Luigi Scalfaro. Eletto nel 1992 al sedicesimo scrutinio. 74 anni. Novarese, magistrato, democri-stiano, già presidente della Camera.

Carlo Azeglio Ciampi. Eletto nel 1999 al primo scrutinio. 79 anni. Livornese, economista, già gover-natore della Banca d’Italia, ministro e presidente del Consiglio.

Giorgio Napolitano. Eletto nel 2006 al quarto scru-

tinio. 81 anni. Comunista, già presidente della Ca-mera e ministro.

Sergio Matarella. 12º Presidente della Repubbli-ca Italiana dal 3 febbraio 2015 .

Dal 1948 i dodici presidenti della Repubblica

IL SIMBOLO DELLA REPUBBLICA ITALIANA Il 5 maggio 1948 l'Italia repubbli-cana ha il suo emblema, al termi-ne di un percorso creativo durato ventiquattro mesi, due pubblici concorsi e un totale di 800 boz-zetti, presentati da circa 500 citta-dini, fra artisti e dilettanti. L'emblema della Repubblica Italiana è caratter izzato da tre elementi: la stella, la ruota denta-

ta, i rami di ulivo e di quercia. Il ramo di ulivo simboleggia la volontà di pace della nazione, sia nel senso della concordia interna che della fratellanza internazionale. Il ramo di quercia che chiude a destra l'emblema, incarna la forza e la dignità del popolo italiano. En-trambi, poi, sono espressione delle specie più tipiche del nostro patrimonio arboreo. La ruota dentata d'acciaio, simbolo dell'attività lavorativa, traduce il primo articolo della Carta Co-stituzionale: "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro". La stella è uno degli oggetti più antichi del nostro patrimonio iconografico ed è sempre stata associata alla personificazione dell'Italia, sul cui capo essa splende raggiante. Così fu rappresentata nell'icono-grafia del Risorgimento e così comparve, fino al 1890, nel grande stemma del Regno unitario (il fa-moso stellone); la stella caratterizzò, poi, la prima onorificenza repubblicana della ricostruzione, la Stella della Solidarietà Italiana e ancora oggi indica l'appartenenza alle Forze Armate del nostro Paese.

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T ra i documenti più importanti che descrivono il Prodigio c’è una me-moria scritta da un certo Macchi nel 1730, in cui si racconta che il 14 ago-

sto del 1730, alcuni ladri riuscirono ad entra-re nella chiesa di San Francesco a Siena, e ru-barono la pisside contenente 351 Particole consacrate. Dopo tre giorni, il 17 agosto, nel-la cassetta delle elemosine del Santuario di Santa Maria in Provenzano, in mezzo alla polvere, furono ritrovate le 351 Ostie intatte. Tutto il popolo accorse a festeggiare il ritro-vamento delle sante Ostie, che furono subito riportate in solenne processione, nella chiesa di San Francesco. Il trascorrere degli anni non causò alcun segno di alte-razione nelle Particole. Più volte, uomini illustri le esaminarono con ogni mezzo e le conclusioni fu-rono sempre le stesse: «Le sacre Particole sono an-cora fresche, intatte, fisi-camente incorrotte, chimicamente pure e non presentano alcun principio di corruzio-ne». Nel 1914, il Papa San Pio X autorizzò un esame a cui parteciparono numerosi profes-sori di bromatologia, igiene, chimica e farma-ceutica, fra cui vi era anche il noto Professore Siro Grimaldi. La conclusione finale del ver-bale che redassero diceva: «Le Sante Parti-cole di Siena sono un classico esempio della perfetta conservazione di Particole di pane azzimo consacrate nell’anno 1730, e costi-tuiscono un fenomeno singola-re, palpitante di attualità che inverte le leggi naturali della conservazione della materia or-ganica. […] È strano, è sorpren-dente, è anormale: le leggi della natura si sono invertite, il vetro è diventato sede di muffe, il pa-

ne azzimo è stato invece più refratta-rio del cristallo. […] È un fatto unico consacrato negli annali della scien-za». Altre analisi fu-rono compiute nel 1922, in occasione del trasferimento delle Particole in un cilindro di puro cri-stallo di rocca, nel 1950 e nel 1951. Il Papa Giovanni Paolo

II, nel cor-so della visita pastorale effettuata alla città di Siena il 14 settembre 1980, così si espresse di fron-

te alle Ostie prodigiose: «È la Presenza!». Il Miracolo permanente delle Santissi-me Particole si custodisce nella cappella Piccolomini nei mesi estivi, e nella cappella Martinozzi nei mesi invernali. Numerose sono le iniziative che indicono i cittadini di Siena in onore del-le Sante Ostie: l’omaggio delle Contrade, l’ossequio dei bambini della prima Comu-nione, la solenne processione nella festa del

Corpus Domini, il Sette-nario Eucaristico di fine settembre, la giornata di adorazione eucaristica il 17 di ogni mese a ricor-do del ritrovamento av-venuto il 17 agosto 1730

Nella Basilica di San Francesco a Siena, si conservano intatte da 276 anni, 223 Ostie. L’Arcivescovo Tiberio Borghese fece chiudere per dieci anni in una sca-tola di latta sigillata alcu-ne ostie non consacrate. La commissione scientifi-ca preposta quando ria-prì la scatola vi trovò so-lo vermi e frammenti pu-trefatti. Il fatto è contro ogni legge fisica e biologi-ca, lo stesso scienziato Enrico Medi così si espresse al riguardo: «Questo intervento diret-to di Dio, è il Miracolo […], compiuto e mante-nuto tale miracolosamen-te per secoli, a testimo-niare la realtà perma-nente di Cristo nel Sacra-mento Eucaristico».

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Anche in orbita si può pregare. A dirlo l’a-stronauta cattolico Mike Hopkins che si è portato la comunione in missione spaziale, ma anche ebrei e musulmani che non rinun-ciano ai loro riti tradizionali nemmeno a bor-do dello space shuttle.

Forse sarà perché in cielo ci si sente più vicini a Dio, o forse è solo merito del panorama altrimenti inspie-gabile ma – comunque sia – portare il pro-prio credo fin nello spazio non è affatto una rarità. A differenza di tempi passati infatti quando religio-ne e scienza sembravano aspetti tra loro inconcilia-bili, oggi sono tanti gli astronauti che pregano in orbita senza farne mistero.

L’americano Mike Hopkins, per esempio, che dal settembre 2013 ha passato sei mesi in missione sul-la Stazione Spaziale Inter-nazionale, ha dichiarato: «Quando vedi la Terra da questo punto di vista privile-giato e osservi le bellezze naturali, è difficile non pen-sare che c’è un potere più grande che ha fatto tutto ciò».

Proprio per questo Hopkins, di famiglia metodista ma convertitosi al cattolice-simo a 45 anni poco prima della partenza per lo spa-zio, ha ritenuto indispensabile trovare un modo per non sospendere le proprie pratiche religiose anche a 400 chilometri dal pianeta Terra.

Innanzitutto l’astronauta – grazie a una particolare dispensa ottenuta dall’arcivescovo di Gaveston-Houston – nel suo risicatissimo bagaglio spazia-le ha infilato una pisside con sei ostie consacrate divise in quattro pezzi ciascuna, sufficienti per fare la comunione una volta a settimana per tutta la dura-ta della missione. Poi, una volta a bordo della Sta-zione, si è persino scelto una cappella spaziale: un atrio a vetrate detto la «Cupola» che offre un pano-rama cosmico. Il rigido programma di lavoro degli astronauti sull’ISS infatti prevede anche qualche ora di tempo libero, che permette di pregare o leggere la Bibbia.

«I miei colleghi sapevano che avevo l’eucarestia con me. – ha detto alla Catholic News Service – Infatti ne ho dovuto parlare con i miei superiori russi. Sa-pevano esattamente cosa facevo, anche se non ho mai cercato di parlarne troppo o di pubblicizzare la cosa. Da parte loro, rispettavano la mia fede e il

mio desiderio di seguire questo credo anche in orbita».

D’accordo con un funzionario della Nasa, Hop-kins per tutte le 24 settimane della missione ha persino ricevuto via e-mail l’omelia del suo par-roco:«È stato essenziale per me. Camminare nello spazio (cosa che Hopkins ha fatto due volte

per sostituire un modulo pompa della stazione, ndr) è una cosa stressante. Sapere che Gesù era con me mentre uscivo dalla porta e mi lanciavo nel vuo-to è stato molto importante».

Ma Hopkins non è il primo credente che si porta la fede nello spazio. Già nel 1994 Sid Gutierrez, Tho-mas Jones e Kevin Chilton celebrarono la messa su uno space shuttle in volo a 125 miglia sopra l’O-ceano Pacifico. Nel 1968, invece, in piena era da febbre spaziale, l’equipaggio dell’Apollo 8 in orbita intorno alla luna lessero brani della Genesi in diretta tv e diventarono un’icona della corsa americana nel-lo spazio. Sette mesi dopo, Buzz Aldrin – dopo un atterraggio sulla luna – celebrò il rito della comunio-ne grazie a un kit da viaggio proveniente dalla sua parrocchia.

Non fecero niente di tutto ciò Mike Good e Mike Massimino, entrambi astronauti in pensione e reduci

da “brevi” voli su navicelle spa-ziali tra gli anni Novanta e il Duemila, che, però, prima del lancio vollero confessarsi: «Tenti di essere nella migliore condizio-ne possibile perché partire è mol-to pericoloso» dice sempre alla CNS Massimino, cui fa eco Good. «Essere sulla rampa di lancio è come stare in trincea. Non credo ci siano molti atei in trincea, come non credo ci siano

molti atei sulla rampa di lancio».

Non è un caso che tra i tre chili di bagaglio che sono concessi a ogni astronauta, spesso ci siano an-che crocifissi, santini, icone e oggetti religiosi. Massimino, al suo primo volo, portò addirittura una bandiera del Vaticano che – una volta atterrato sulla Terra – regalò a papa Giovanni Paolo II.

Nel 2011 anche papa Benedetto XVI ebbe il suo contatto con lo spazio in una lunga telefonata all’e-quipaggio della Stazione Internazionale; mentre du-rante la sua prossima missione nel maggio 2017 l’a-stronauta cattolico Mark Vande Hei vorrebbe ri-chiedere una video-conferenza con papa Francesco.

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E venne Colui che si prende cura

G esù prese a parlare di Dio e a gua-rire quanti avevano bisogno di cu-re. C'è tutto l'uomo in queste paro-le; il suo nome: creatura-che-ha-

bisogno, di Dio e di cure, di pane e di assolu-to. C'è tutta la missione di Gesù: accogliere, dare speranza, guarire. C'è il nome di Dio: Colui-che-si-prende-cura. La prima riga di

questo vangelo la sento come la prima riga della mia vita: sono io uno di quegli uomini, ho bisogno di cure, di qualcuno che si accorga di me e poi mi sospinga oltre. Ma il giorno declina, bisogna pensare alle cose pratiche, gli apostoli intervengono: mandali via perché possano andare a cercarsi da mangiare.

Ma Gesù non ha mai mandato via nessuno. Il Signore non manda via perché lui per primo ha bisogno di comunione, con ogni dolore, con ogni peccato, ogni sorriso. Vive di comunione, vive donandosi. Gesù replica invece con un ordine che inverte la direzione del racconto: date loro voi stessi da mangiare.

«Date»: un ordine che attraversa i secoli, che arriva fino a me, che echeggerà nel giorno del Giudizio: a-vevo fame e mi avete dato da mangiare...

Dio che lega la nostra salvezza a un po' di pane donato, lega la sconfitta della storia al pane negato. Non abbiamo che cinque pani e due pesci... è poco, quasi niente. Ma la sorpresa di quella sera è che poco pane condiviso tra tutti è sufficiente; che la fine della fame non consiste nel mangiare a sazietà, da solo, vora-cemente, il tuo pane, ma nel condividerlo, spartendo il poco che hai, due pesci, il bicchiere d'acqua fresca, olio e vino sulle ferite, un po' di tempo e un po' di cuore. Noi siamo ricchi solo di ciò che abbiamo dona-to. Sulle colonne dell'avere troveremo solo ciò che abbiamo dato ad altri.

Dal pane al corpo. La festa del Corpo di Cristo, offerto come pane, dice che «né a noi né a Dio è bastata la Pa-rola. Troppa fame ha l'uomo e Dio ha dovuto dare la sua carne e il suo sangue» (Divo Barsotti). «Ecco il mio corpo», ha detto Gesù, e non, come ci saremmo aspettati: «ecco la mia anima, il mio pensiero, la mia divinità, ecco il meglio di me», semplicemente, pove-ramente: «ecco il corpo». La cosa più vicina a noi, ca-sa della fatica, volto modellato dalle lacrime e levigato dai sorrisi, sacramento di incontri, luogo dove è detto il cuore. Cristo dà il suo corpo, perché vuole che la no-stra fede si appoggi non su delle idee, ma su di una Persona, assorbendone storia, sentimenti, piaghe, gioie, luce; dà, perché dare è la legge della vita, unica strada per una felicità che sia di tutti.

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"Quando in Romania dicevamo

messa la notte"

GENTE VENETA 34/2006 | Attualità

Venerdi, 15 Settembre 2006 | Intervista

D urante il giorno era un operaio che lavorava duro - «praticamente come uno schiavo» - in una cava di pietra. Di notte era il sacerdote che portava l'Eucaristia nelle case, di na-scosto, nei villaggi di campagna.

*PPQRS TSUVWXP L’ordinazione sacerdotale in una cantina. Chi non venne imprigionato fu costretto a vivere la propria fede nella clandestinità, a rinunciare - se sacer-dote - a professare il proprio ministero. S.B. Muresan fu uno di questi: nel 1948 aveva 17 anni e il seminario greco-cattolico era chiuso, ma sentiva dentro di sé la vocazione. Fu accettato nel seminario romano solo nel 1954, dal vescovo latino appena ritornato dal carcere. Era al quarto anno quando per ordine del Dipartimento dei culti fu costretto a lasciare il seminario e la città, in quanto greco-cattolico. Fu ordinato sacerdote nel 1964, l'anno in cui i vescovi e tutti gli altri car-cerati furono liberati su pressione dell'Occidente. L'ordina-zione avvenne in una cantina. Da quel momento Lucian Muresan, operaio (e poi impiegato) durante il gior-no, clandestinamente era un sacerdote. La messa a notte fonda, dopo ore di confessioni. «Andavamo a cele-brare la messa nei villaggi. Ogni volta in un posto diverso, perché eravamo seguiti dalla polizia. Si entrava in una casa del villaggio e qui, di nascosto, si riuniva tutta la gente. Iniziavamo con le confessioni, di solito eravamo due o tre sacerdoti. Si andava avanti a confessare per ore, si arrivava a confessare anche 500 per-sone in una notte. Intanto gli altri fedeli recitavano il rosario. Finite le confessioni, intorno alle 4 del matti-no, iniziava la messa». Durante il giorno, invece, sempre sorvegliato, Lucian Muresan lavorava come operaio in una cava di pietra. Lo ha fatto per 19 anni: «Lavoravo anche 12 ore al giorno, ero sorvegliato. Praticamente ero come uno schiavo». Il martirio, un dono e un dovere di testimonianza. Il martirio di que-gli anni viene vissuto oggi dai greco-cattolici «come un dono». Non vogliono che esso appaia come motivo di vanto o di rivendicazione nei confronti dei fratelli ortodossi (con i quali i rapporti sono oggi discreti), ma avvertono il dovere della testimonianza. Soprattutto perché la fede oggi non si affievolisca, mentre la Ro-mania si avvicina pian piano all'Occidente. «Come nei primi secoli sono stati scritti gli Atti dei primi marti-ri, così afferma S.B. Muresan - noi raccontiamo ciò che abbiamo vissuto, con semplicità e serenità. Deside-

riamo che questo messaggio di martirio arrivi, soprattutto ai più giova-ni, perché ritrovino lì le loro radici». Il ricordo di allora, spiega infatti l'arcivescovo, «è vissuto diversamente a se-conda delle età. Gli adulti e i più anziani ri-cordano con pietà quegli anni difficili. I più giovani ricordano quelle notti così particolari nelle quali venivano catechizzati. Nonostante fossero educati nelle scuole comuniste, in loro la catechesi in clandestinità ha fatto crescere una fede viva». La fede di oggi, passati quegli anni così tragici ma anche così intensi, forse sta subendo una lieve flessione: «E' forte an-cora, ma non come allora. Però vediamo con piacere che ai giovani è stata trasmessa una fede con grande responsabilità da parte dei genitori. I ragazzi sono consapevoli di essere greco-cattolici e lo vivono apertamente. Sia-mo una minoranza in Romania, ma motivata, con una fede viva. Il rapporto con gli ortodossi - aggiunge S.B. Mure-san - è tutto sommato buono. Ci sono molte famiglie miste che vivono questo senza problema».

Il Cardinale Lucian Muresan , arcivescovo maggiore della Chiesa

Greco-cattolica in comunione con Roma, racconta i

tempi della repressione comunista.

PARTE 2.a

Cattedrale Greco Cattolica di Blaj,

Patriarchia greco-cattolica

Icona miracolosa

venerata a Blaj

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LaLaLaLa località ed il Monastero Carta sono situati a 43 km da Sibiu sulla strada verso Brasov. Qui si possono visita-

re le rovine di un monastero cistercense, uno dei più vecchi e importanti monumenti in stile gotico della Transilvania. I Cistercensi erano un ordine monastico originario di Francia e diffusosi in mol-ti paesi. Il Monastero cistercense di Carta nella zona di Fa-garas, attualmente chiesa evangelica della comu-nità locale tedesca, è situato sulla riva sinistra del

fiume Olt, tra i municipi di Sibiu e Fagaras e nelle immediate vici-nanze delle localitò di Carta e Cartisoara. Il monastero fu fonda-to negli anni 1205-1206 dal re Andrea II d'Ungheria , e chiuso il 27 febbraio 1474 dal Re Mattia Corvino. L' Abbazia cistercense di Carta ha avuto un ruo-lo importante nella vi-ta politica , economica e culturale della Tran-

silvania medievale ed anche per l'introduzione e la diffusione dell'arte gotica nei Carpazi.

Le parti in pietra del monastero furono poste tra il 1220 ela fie 1230. La costruzione del monastero fu eseguita in due momenti principali intercalati dalla grande invasione tartara del 1241

Il Monastero Il Monastero Il Monastero Il Monastero Cistercense di CartaCistercense di CartaCistercense di CartaCistercense di Carta----

Albota (Sibiu)Albota (Sibiu)Albota (Sibiu)Albota (Sibiu)

CIJK LM LNOPLO L’OQQORRLO SLTNKUSKMTK

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Il rischioso mestiere del prete

B asta guardare le statistiche per rendersi con-to che, almeno alle nostre latitudini, oggi quella del prete è una vocazione. Non ci so-no altre ragioni che spingono un giovane a

entrare in seminario se non quella che generalmente viene detta “chiamata di Dio”. Non ci sono ragioni né di ordine economico né di prestigio sociale o perso-nale, né di carriera: tutto questo può avvenire ma succede dopo, quando si diventa giocoforza più disil-lusi. Ma da giovani non è così. Si fanno le cose con slancio e entusiasmo. Anche il prete.

Ci troviamo di fronte a una scelta dettata esclusiva-mente dalla fede. Occorre evidenziare però che, a differenza di un tempo, c’è una maggiore varietà di opzioni e una notevole libertà di scelta per chi voglia vivere la propria fede in maniera più radicale: ci sono monaci, laici consacrati, appartenenti a movimenti ecclesiali, coppie con molti figli, single al servizio dei poveri, affiliati a qualche comunità. Insomma, ci sono molti modi per essere bravi cristiani.

Diventare sacerdote è tutto un altro discorso. Il celi-bato, la solitudine, la fatica di una vocazione che spesso fa rima con professione cioè con la burocratica appartenenza alla Chiesa, vista più come società di servi-zi che come comunità di fedeli, diventa una scelta rischiosa appannaggio di pochi.

Il prete come funzionario, come buro-crate, come esperto del sacro. Senza però avere nessun tipo di autorità, se non su anziani. Questo è il timore più grande anche per i credenti, come te-stimonia quel personaggio di Pirandello che aveva lasciato la tonaca proprio per non perdere la fede. Questa paura riecheggia nelle parole dei preti intervi-stati.

Inoltre i giovani sacerdoti si trovano di fronte a un quadro religioso in perenne mutazione e a spinte contraddittorie e centrifughe. Perché mai è necessario il celibato se preti di rito greco cattolico (che sono in tutto e per tutto uguali ai cattolici romani) vengono dall’Europa dell’est con la moglie e magari i figli per guidare le sempre più numerose par-rocchie popolate da ucraini, moldavi e rumeni? Perché diventare preti se i lai-ci avranno sempre più spazio nella vita della Chiesa?

Esistono però anche tentativi centripeti volti a ridare al prete un’aura sacrale, un’autorità perduta e uno status cleri-cale ben definito. Le vocazioni prove-nienti dal sud del mondo non danno

impulso a una Chiesa innova-trice, bensì sono formidabili truppe per una Restaurazione fuori tempo massimo. Il rap-porto con la Chiesa gerarchica non è un problema solo per i fedeli laici ma per gli stessi sacerdoti che lavorano “in cura d’anime”: si evince facilmente, soprattutto dal non detto degli intervistati, la fatica della relazione con i superiori. Un fatto sempre accaduto, ma che si acuisce visti i numeri molto bassi di nuovi preti. Da qui il timore di essere riconosciuti quando si racconta-no anonimamente le proprie perplessità, il desiderio di occuparsi di aspetti più importanti delle diatribe di Curia, la difficoltà di coltivare lo spirito critico.

Eppure chi compie questa scelta dimostra un grande coraggio, come è per chiunque decide di seguire, no-nostante tutto, i propri ideali. Piergiorgio Cattani (2010/QT Questo Trentino)

27 Giugno27 Giugno27 Giugno27 Giugno

S.Cuore di GesuS.Cuore di GesuS.Cuore di GesuS.Cuore di Gesu Giornata della Giornata della Giornata della Giornata della santificazione santificazione santificazione santificazione sacerdotalesacerdotalesacerdotalesacerdotale

COME E’ DIFFICILE

ACCONTENTARE TUTTI! Se predica per più di dieci minuti: "Non finisce mai!" Se fa una predica breve: "Ha solo improvvisato qualcosa" Se parla della contemplazione di Dio: "Sta delirando!" Se abborda problemi terreni: "Si sta immischiando in politica!" Se tratta temi sociali: "È di sinistra!" Se tratta temi morali: "È di destra!" Se rimane nella parrocchia: "Non s'impegna con la realtà!" Se esce: "Non lo si trova mai in parrocchia!" Se si lascia i capelli lunghi: "'Sti preti rivoluzionari!" Se li mantiene corti: "Quanto è antiquato!" Se battezza e sposa tutti quanti: "Spreca i sacramenti!" Se chiede un minimo di preparazione: "Fa il difficile!" Se non organizza incontri o pellegrinaggi: "In questa parrocchia non succede mai nulla!" Se lo fa: "È un iperattivo incorreggibile!" Se fa riparazioni nella Chiesa: "Butta via i soldi!" Se non li fa: "Ha lasciato rovinare tutto!" Se crea un Consiglio parrocchiale: "Si lascia dominare da chiunque!" Se non lo fa: "È un individualista!" Se è bello: "Che spreco!" Se non lo è: "Non ha trovato nessuna da sposare!" Se pratica sport: "È un vanitoso!" Se non lo fa: "Dovrebbe rimettersi in forma!" Se è amabile con la gente: "Ha problemi affettivi!" Se è riservato: "È un represso!" Se è giovane: "Non ha esperienza!" Se è vecchio: "Dovrebbe andare in pensione!" Ma se dovesse andarsene o morire: Ma se dovesse andarsene o morire: Ma se dovesse andarsene o morire: Ma se dovesse andarsene o morire: Era davvero insostituibile!"Era davvero insostituibile!"Era davvero insostituibile!"Era davvero insostituibile!"

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C. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. A. Amen C. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. A. E con il tuo spirito. C. Prima di partecipare al ban-chetto imbandito da Cristo, che si dona a noi come cibo che nutre per la vita eterna, chiediamo al Signore il perdono dei nostri pec-cati. (Breve pausa di riflessione) C. Signore, che ci vuoi commen-sali al banchetto di comunione con te, abbi pietà di noi. A. Signore, pietà. C. Cristo, che ci hai amati fino a dare la vita per noi, abbi pietà di noi. A. Cristo, pietà. C. Signore, che ti fai dono offren-doti a noi come cibo e come bevan-da, abbi pietà di noi. A. Signore, pietà. C. Dio Onnipotente abbia mi-sericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eter-na. A. Amen. GLORIA a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benedicia-mo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del Cielo, Dio Padre Onnipotente. Signore, Figlio unigenito, Gesù Cristo, Signo-re Dio, Agnello di Dio, Figlio del Pa-dre, tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i pecca-ti del mondo, accogli la nostra sup-plica; tu che siedi alla destra del Pa-dre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spi-rito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen.

COLLETTA C. C. Signore Gesù Cristo, che nel mirabile sacramento dell'Eucaristia ci hai lasciato il memoriale della tua Pasqua, fa' che adoriamo con viva fede il santo mistero del tuo Corpo e del tuo Sangue, per sentire sempre in noi i benefici della redenzione. Tu sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre... A. Amen LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura Dal Libro della Genesi

In quei giorni, Melchìsedek, re di Salem, offrì pane e vino: era sa-cerdote del Dio altissimo e bene-

disse Abram con queste parole: «Sia benedetto Abram dal Dio al-tissimo, creatore del cielo e della terra, e benedetto sia il Dio altis-simo, che ti ha messo in mano i tuoi nemici». E [Abramo] diede a lui la decima di tutto. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio.

SALMO RESPONSORIALE R. Tu sei sacerdote per sempre, Cristo Signore. Oracolo del Signore al mio signore: «Siedi alla mia destra fin-ché io ponga i tuoi nemici a sga-bello dei tuoi piedi». R/. Lo scettro del tuo potere stende il Signore da Sion: domina in mezzo ai tuoi nemici! R/. A te il principato nel giorno della tua potenza tra santi splen-dori; dal seno dell’aurora, come rugiada, io ti ho generato. R/. Il Signore ha giurato e non si pente: «Tu sei sacerdote per sem-pre al modo di Melchìsedek». R/.

Seconda Lettura Dalla lettera di S.Paolo ai Corinti Fratelli, io ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmes-so: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, do-po aver reso grazie, lo spezzò e dis-se: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni vol-ta che ne bevete, in memoria di me». Ogni volta infatti che mangiate que-sto pane e bevete al calice, voi an-nunciate la morte del Signore, finché egli venga. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio

SEQUENZA [Sion, loda il Salvatore, la tua guida, il tuo pastore con inni e cantici. Impegna tutto il tuo fervore: egli supera ogni lode, non vi è canto che sia degno. Pane vivo, che dà vita: questo è tema del tuo canto, oggetto della lode. Veramente fu donato agli apostoli riuniti in fraterna e sacra cena. Lode piena e risonante, gioia nobile e serena sgorghi oggi dallo spirito. Questa è la festa solenne nella quale celebriamo la prima sacra cena. È il banchetto del nuovo Re, nuova Pasqua, nuova legge; e l'antico è giunto a termine. Cede al nuovo il rito antico, la realtà disperde l'ombra: luce, non più tenebra. Cristo lascia in sua memoria ciò che ha fatto nella cena:

noi lo rinnoviamo. Obbedienti al suo comando, consacriamo il pane e il vino, ostia di salvezza. È certezza a noi cristiani: si trasforma il pane in carne, si fa sangue il vino. Tu non vedi, non comprendi, ma la fede ti conferma, oltre la natura. È un segno ciò che appare: nasconde nel mistero realtà sublimi. Mangi carne, bevi sangue; ma rimane Cristo intero in ciascuna specie. Chi ne mangia non lo spezza, né separa, né divide: intatto lo riceve. Siano uno, siano mille, ugualmente lo ricevono: mai è consumato. Vanno i buoni, vanno gli empi; ma diversa ne è la sorte: vita o morte provoca. Vita ai buoni, morte agli empi: nella stessa comunione ben diverso è l’esito! Quando spezzi il sacramento non temere, ma ricorda: Cristo è tanto in ogni parte, quanto nell’intero. È diviso solo il segno non si tocca la sostanza; nulla è diminuito della sua persona.] Ecco il pane degli angeli, pane dei pellegrini, vero pane dei figli: non dev’essere gettato. Con i simboli è annunziato, in Isacco dato a morte, nell'agnello della Pasqua, nella manna data ai padri. Buon pastore, vero pane, o Gesù, pietà di noi: nutrici e difendici, portaci ai beni eterni nella terra dei viventi. Tu che tutto sai e puoi, che ci nutri sulla terra, conduci i tuoi fratelli alla tavola del cielo nella gioia dei tuoi santi.

Canto al Vangelo R. Alleluia,Alleluia Io sono il pane vivo, disceso dal cie-lo, dice il Signore, se uno mangia di questo pane vivrà in eterno. .Alleluia

VANGELO C. Il Signore sia con voi A. E con il tuo spirito. C. Dal Vangelo secondo Luca A. Gloria a te o Signore. In quel tempo, Gesù prese a parlare alle folle del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla perché vada nei villaggi e nelle campagne dei dintor-ni, per alloggiare e trovare cibo: qui siamo in una zona deserta». Gesù disse loro: «Voi stessi date loro

LITURGIA EUCARISTICA

LETTURE:Gen 14,18-20 Sal 109 1Cor 11,23-26 Lc 9,11-17

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da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gen-te». C’erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai suoi discepoli: «Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa». Fecero così e li fecero sedere tutti quanti. Egli prese i cinque pani e i due pe-sci, alzò gli occhi al cielo, recitò su di essi la benedizione, li spezzò e li da-va ai discepoli perché li distribuisse-ro alla folla. Tutti mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: dodi-ci ceste. Parola del Signore. A. Lode a te o Cristo OMELIA (seduti) Credo in un solo Dio, Padre onnipo-tente, creatore del cielo e della ter-ra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cri-sto, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mez-zo di lui tutte le cose sono state crea-te. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incar-nato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepol-to. Il terzo giorno è risuscitato, se-condo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuo-vo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cattolica e apo-stolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

PREGHIERA DEI FEDELI C. Inseriti in Cristo, anche la nostra esistenza può diventare un continuo rendimento di grazie al Padre, nello Spirito. Fatti voce della lode che sale da tutto il creato, ringraziamo il Si-gnore Gesù per aver voluto stare con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Preghiamo insieme e diciamo: Gesù, fonte della vita, ascoltaci. Rendi la tua Chiesa pellegrina nel mondo un segno di benedizione e di comunione per tutti i popoli, pre-ghiamo. Dona a tutti i credenti di parte-cipare con animo rinnovato al ban-chetto pasquale: possano sperimen-tare la vera libertà dall’egoismo e dal peccato, preghiamo. Ascolta il grido di tanti fratelli che muoiono per la fame, per la sete,

per la malattia e per la guerra. Guari-sci la nostra freddezza e rendici soli-dali con tutti, preghiamo. Concedi a tutti noi di essere perseveranti nell’ascolto della tua Parola e di essere pane spezzato e donato per coloro che incontriamo sul nostro cammino, preghiamo. Dona a chi crede in te di com-piere la tua volontà e di essere fedeli discepoli per giungere un giorno a partecipare al banchetto eterno del cielo, preghiamo. C. Signore Gesù, tu non cessi di nu-trirci nel cammino della vita e sem-pre effondi su di noi il tuo Spirito di santità. Aiutaci a percorrere vie di comunione e rendi credibile la no-stra testimonianza nel donare la vita per i nostri fratelli. Tu che vivi e re-gni nei secoli dei secoli. A. Amen.

LITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci dispo-niamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi)

SULLE OFFERTE C. Concedi benigno alla tua Chie-sa, o Padre, i doni dell'unità e della pace, misticamente significati nelle offerte che ti presentiamo. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. PREGHIERA EUCARISTICA

C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. A. Sono rivolti al Signore. C. Rendiamo grazie al Signore nostro Dio. A. È’ cosa buona e giusta. C È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Pa-dre santo, Dio onnipotente e mi-sericordioso, per Cristo nostro Signore. Sacerdote vero ed eter-no, egli istituì il rito del sacrificio perenne; a te per primo si offrì vittima di salvezza, e comandò a noi di perpetuare l’offerta in sua memoria. Il suo corpo per noi im-molato è nostro cibo e ci dà for-za, il suo sangue per noi versato è la bevanda che ci redime da ogni colpa. Per questo mistero del tuo amore, uniti agli angeli e ai santi, cantiamo con gioia l’inno della tua lode: Santo, Santo, Santo . DOPO LA CONSACRAZIONE C. Mistero della fede A. Annunciamo la tua morte, Si-gnore, proclamiamo la tua risurre-zione nell’attesa della tua venuta.

DOPO LA PREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cri-sto, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen C.A. P A D R E NO S T R O che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà così in cielo come in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano e ri-metti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debi-tori e non ci indurre in tentazio-ne ma liberaci dal male. C. Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la po-tenza e la gloria nei secoli

R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli A. Amen C. La pace del Signore sia sempre con voi. A. E con il tuo spirito. C Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. A. Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono de-gno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una pa-rola e io sarò salvato.

DOPO LA COMUNIONE C Donaci, Signore, di godere pienamente della tua vita divina nel convito eterno, che ci hai fatto pregu-stare in questo sacramento del tuo Corpo e del tuo Sangue. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. A. Amen. C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipoten-te, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: anda-te in pace. A. Rendiamo grazie a Dio

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VONO VL MOTSLNO: WLIZKV[ 2 WL\WMI 1904 (112 OMML ]O) VONO JIUNK: ZKMKUV[ 20 WKMMOLI 1984 (32 OMML ]O) • Johnny Weissmuller: «Come può un tizio arrampicarsi sugli al-beri, dire "Io Tarzan, tu Jane" e guadagnare milioni? Il pubblico per-dona il mio modo di recitare perché sa che sono stato un atleta. San-no che non sono un impostore.» Nato a Freidorf (allora nell'Impero austro-ungarico, oggi nei pressi di Timișoara, in Romania) e morto ad Acapulco (Messico) nel 1984, è stato un nuotatore e attore statunitense. Negli anni Venti è stato tra i migliori nuotatori, stabilendo ben 67 record mondiali e

vincendo 5 ori olimpici (Parigi 1924 e Amsterdam 1928) e 52 titoli statu-nitensi. Ma la sua fama arriva nel terzo millennio per aver interpretato al cinema, con notevole successo, a partire dal 1932, il personaggio di Tarzan, l'uomo della giungla.

B������: Preasfantul Mantuitor (Biserica italiana), Domenica ore 11:15; Adresa: b-dul. Nicolae Balce-scu, nr. 28, sector 1, Bucureşti tel./fax: 021-314.18.57, don Roberto Po-limeni, Tel:0770953530 mail: [email protected]; [email protected]; Tel 0040 756066967. Trasmessa in diretta su www.telestartv.ro Sabato, prefestiva alle ore 18,00 a: Centrul "Don Orione", Sos. Eroilor 123-124 Voluntari.

*°* I��+: Cattedrale "vecchia" Iaşi - Adormirea Maicii Domnului Bd. Stefan cel Mare, 26, Iasi: Domenica ore 11,00 Monastero S. Luigi Orione –Iasi, Don Alessandro Lembo Tel 0749469169 Mail: [email protected]

*°* C7�8: Chiesa romano-cattolica dei Piari-sti. Strada Universitatii nr. 5, conosciuta anche come „Biserica Universitatii” din Cluj-Napoca. Don Veres Stelian, tel 0745 386527 Mail: [email protected] Domenica alle ore 12,00 *°*

A7:� I�7+�: Domenica ore 11:00 nella Chie-sa di Sant'Antonio-Piata Maniu Iuliu nr. 15. Don Horvath Istvan , tel 0745 020262 *°* T+<+�=���: Chiesa Sfanta Fecioara Maria Regi-na Timisoara II (Fabric). Str Stefan Cel Mare 19. Domenica ore 18:00. Don Janos Kapor Tel 0788 811266 Mail:[email protected]

*°*

29292929 D������� Corpus DominiCorpus DominiCorpus DominiCorpus Domini

30303030 L���� s. Giovanna D’Arcos. Giovanna D’Arcos. Giovanna D’Arcos. Giovanna D’Arco

31313131 M����� Visitazione BV MariaVisitazione BV MariaVisitazione BV MariaVisitazione BV Maria

01010101 M������� s. Giustinos. Giustinos. Giustinos. Giustino

02020202 G����� Festa della Repubblica I.Festa della Repubblica I.Festa della Repubblica I.Festa della Repubblica I.

03030303 ������ s. Cuore di Gesù.s. Cuore di Gesù.s. Cuore di Gesù.s. Cuore di Gesù.

04040404 S����� s. Francesco Caracciolos. Francesco Caracciolos. Francesco Caracciolos. Francesco Caracciolo

I SANTI DELLA

SETTIMANA

JOHNNY WEISSMULLERJOHNNY WEISSMULLERJOHNNY WEISSMULLERJOHNNY WEISSMULLER