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Jiri Kolar6-24 aprile 1996mostra organizzata dall’aabcon la collaborazione degli Assessorati alla culturadel Comune e della Provincia di Brescia

esposizione a cura di Fausto Lorenzitesti di Fausto Lorenzie Fernand Fournier

coordinamento e allestimentoBeppe Bonetti, Sabina Melesi

Di questo catalogo sonostate stampate 500 copie

Fotocomposizione, impianti e stampa:F. Apollonio & C. - Brescia

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Ci può essere una poesia fatta da tutti, che compare dove non èaspettata, fuori delle pagine dei libri, come un pulviscolo di segni chenon si sedimenta, ma sciama qua e là e si offre a ognuno con intelligibi-lità un po' enigmatica, sottile e delicata, contro la prepotenza, il potered'ingiunzione con cui abitualmente ci opprimono le parole e le immagi-ni?

La "poesia concreta" di Jiri Kolar è questo gioco di rifrazioni e tra-sparenze che parla con voce discreta e ostinata, fino a farsi ascoltare. Evedere. Kolar immagina un linguaggio plastico della poesia, un'"eviden-za" che non rifiuti nessun corpo alle parole, in una dimensione di tota-le disponibilità, di libertà. Perciò d'anarchia: così pericolosa per il pote-re che Kolar fu incarcerato per nove mesi nel 1953, nella Praga stalini-sta, per "scritti sovversivi". Basta quest'aneddoto personale (e fino al1964 gli fu interdetta ogni pubblicazione), o il fatto che già dal 1942, sot-to l'occupazione nazista, "cospirasse", con altri poeti e intellettuali delGruppo 42, semplicemente per il fatto di testimoniare la vita quotidia-na, ciò che si ripete ogni giorno banale, evidente, comune come un tes-suto ritmico, un rumore di fondo da tramandare (di contro, allora, allaviolenza della guerra e degli oppressori), per dire dell'intima serietà delgioco di Kolar.

Il rumore di fondo dell'esistenza quotidiana? Kolar ne ha fatto una lin-gua gratuita, apparentemente indecifrabile, trattando le parole come pu-ri segni grafici e le immagini come scritture leggibili in più direzioni, inuna sedimentazione di ritmi e calligrafie visive in cui un tema entra den-tro l'altro, in gioco di rifrazioni multiple. Ne ha fatto cose da guardare tracomplicità e distacco, come paradossi dell'impossibilità di fare tutt'unotra arte e vita, nella totale arbitrarietà del segno. Le immagini sono infattiincanalate in strutture "retoriche" molto strette, a volte rigidissime.

Il poeta Kolar ben si presta a osservazioni tra strutturalismo, semio-logia e archeologia, nel suo percorso entro la moltiplicazione incon-trollata delle cose e delle immagini, nell'universo del quotidiano. Egli cidice che la nostra memoria disperde il passato in una serie di espe-rienze isolate, frammentate e insensate: non resta che immaginarci unordine come "progetto di ricordare", sapendo che parola e immaginetravestono, tradiscono, trasformano. Ma la strada è quella di trascriverei modi in cui la vita si manifesta nei codici della scrittura e della visua-lità: un inventario, in cui l'artista ci affidi le sue "intenzioni". Tocca a noifar vivere i suoi testi. Tra le sue intenzioni c'è una "rivoluzione perma-nente": la critica all'ordine costituito, alla cultura egemone della parolae dell'immagine.

C'è molto dell'enigmistica nei collages di cui Kolar è ormai considera-to tra i grandi maestri del secolo: il momento felice della soluzione, quan-do tutte le caselle sono completate, i pezzi del puzzle si sono perfetta-mente incastrati. E c'è molto dell'esistenza, in cui si aprono sempre sma-gliature o buchi da riempire. Si scopre così un artista "barocco", che perònon s'affida all'eccesso, ma alla rarefazione geometrica per rendere con-vertibile ogni cosa nel proprio contrario. Si è tentati subito di proiettar-lo nel cuore di quella Praga magica della città vecchia, StarI Mesto, tra pas-saggi misteriosi, finestre cieche, bettole rumorose, vicoli degli alchimisti eangoli medianici. E, indietro nei secoli, fino a quella Corte bizzarra di Ro-dolfo II, alle soglie del Seicento, nel culto della bellezza lambiccata e arti-ficiosa, manieristico crogiuolo di stili e d'arte, scienza e occultismo.

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Kolar, patriotaed esule dellapoesia visiva

Fausto Lorenzi

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La "poesia evidente" di Kolar come un vivaio di fantasmi, o un'ar-chitettura sapienziale d'un rabbino cabbalistico? Eppure l'acrobaziadell'immagine, tra sortilegi e chimere, fate morgane e allucinazioni, èil suo versante felice, giocoso, lieve: tanto più felice, sotto un segnofantasmagorico, quanto programmatico e ossessivo, di bizzarra pe-danteria e vertiginoso movimento meccanico è il suo intento classi-ficatorio. Uno scrittore come Georges Perec, con la sua ossessionedi nominare tutte le cose del mondo, potrebbe dire che Kolar "bec-chetta come un piccione per terra alla ricerca di briciole di pane":l'arte di enumerare, di inventariare, dove, più che il repertorio di in-tere iconografie, se ne recupera un frammento, un ritmo, un'eco alunga distanza.

Che strana lotta contro il potere, questa con forbici e colla, contro l'im-perio di un gergo poetico, di una convenzione iconografica, valendosi diuna metrica rigorosa, ortodossa. Ma Kolar è erede prossimo di avanguar-die (cubofuturiste, dadaiste, surrealiste) che nacquero in odio a ciò che siintende artisticamente istituzionalizzato. Certo non ha paura di degrada-zioni e contaminazioni di linguaggi, e la sua lingua gratuita, come parlòcontro il totalitarismo burocratico, parla oggi contro il gergo pubblicita-rio, consumistico, utilitario: in una parola, contro tutto ciò che è omolo-gante. Una scrittura illeggibile da un punto di vista utilitaristico, perciòeversiva, ma ben comunicabile come lirica ricostruzione dei frammentid'un'identità perduta, struggimento del tempo che non tornerà, e comeabbraccio con il mondo attraverso una parola eletta e nello stesso tem-po popolare, che si offre sempre "fuori posto". La poesia del resto è pro-prio questo "scarto" dalla norma, quel qualcosa di sfuggente, quella diffe-renza che l'arte porta sempre in sé.

Kolar da molti decenni viaggia tra i ca-polavori della pittura, quelli che dal Ri-nascimento in qua hanno fondato i ter-mini di paragone della storia dell'arte,ma tagliandoli in striscioline orizzontalio verticali, sottoponendoli ad accosta-menti a prima vista incongrui, li ricollo-ca sul confine tra regni diversi, ove siscambiano racconti e intenzioni di rac-conto pronti a transitare in ogni dire-zione. È come se anche nei capolavori,oltre il modello consolidato, esplorassealtre forme perdute, scartate e irrecu-perabili, che il mondo avrebbe potutoprendere e non ha preso, ma che sonopossibili e ricostruibili con evidenza pa-lese. Per questo lo spirito sistematico,enumeratore e classificatore, è fatto li-brare leggero e mobile, arguto e volati-le come una farfalla (che non a caso èdiventata un "emblema" dell'artista ce-co) che tenti di filtrare tra le griglie d'u-no spazio dilatato e sfuggente.

12 Sindaci, 1967cm. 21,8x18,7

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Una lottacon forbici e colla

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Il battito d'ali di farfalla, il bisbiglio: chi è vissuto nel circuito clan-destino del "samizdat", della letteratura proibita tramandata con fati-coso esercizio da amanuensi di mano in mano, o magari mandata amemoria per una catena orale del sapere, ben sa come già il nominarle cose allusivamente spalanchi spazi baluginanti d'ammicco e sogno,miraggi d'esperienza e d'interpretazione del tutto, infinite combina-zioni e moltiplicazioni di sensi. Chi è vissuto col precetto delle "trescimmiette" (non vedo, non sento, non parlo) sotto il dominio d'unGrande Fratello burocratico, si è trovato naturalmente in un filone diricerca "intraverbale", a sfruttare valenze, echi, risonanze che si spri-gionano dentro i singoli vocaboli, a tendere tutte le fibre e nervatu-re delle immagini. È così che Kolar ha scoperto le per-versioni dellapoesia concreta, la possibilità di rivoltare l'ordine consueto delle pa-role, di sprizzarne figure. C'è sempre un momento giocoso, nella di-varicazione del meccanismo combinatorio, ma c'è anche un impegnodrammatico, dentro la condizione dell'uomo.

Un grande storico, Eugenio Battisti, che ci ha aiutato a "vedere"anche l'Altro Rinascimento, quello magico, alchemico, esoterico chenon si può annettere alla nitida razionalità della gabbia prospettica,individuò un'analogia tra l'automa, che ripete meccanizzati i moti delreale, e l'anamorfosi, cioè quell'artificio visivo introdotto in età ma-nierista che fa apparire deformata un'immagine percepita da un pun-to di vista frontale, ma perfettamente normale se colta da un puntodi vista laterale o radente. L'anamorfosi meccanizza la visione, ne ri-manda come in uno specchio cilindrico un'incorreggibile instabilità.Se una forma, anche la più codificata, non è che un "caso" dell'im-magine, l'anamorfosi perpetua inseguita da Jiri Kolar è il tentativo di"confondere" diverse arti - diverse forme - in uno spessore fisicoche tenta di valere per sé, comunicando nel suo stesso impianto

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I battelli innamorati, 1966cm. 17,5x23,7

Le per-versionidell’ordinecostituito

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Pigmalione in viaggio, 1983cm. 55x40

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strutturale l'ossessione labirintica della transitorietà ambigua di pa-role e immagini.

Oggi la gran macchina della propaganda commerciale e politica fagrande uso della pratica linguistico-iconica: se un artista insegue la stes-sa percezione multipla di scrittura e immagine, come può sottrarsi allaconfusione coi "mostri", i portenti suscitati dai persuasori dell'apparatopubblicitario? Tentando di tornare all'unità primigenia di verbo e imma-gine. Se la parola è irrimediabilmente compromessa, vessata e ricattata,se scritta, può essere riscattata nella sua vocazione grafica. Kolar sa chec'è un tessuto interno della civiltà, che fa percepire il sentimento for-tissimo delle connessioni tra dipinti, foto, monumenti, libri, musiche chesorregge il suo territorio di parole e immagini. Nel suo "Dizionario deimetodi", Kolar esprime la sua aspirazione a "diventare una metafora vi-vente".

L'artista che fu costretto a prendere la via dell'esilio a Parigi, e vi-de tutti i suoi beni confiscati in patria, più di altri sa che il linguaggioè la nostra vera patria, perché ci fa appartenenti ad una comunità, unatradizione, una storia. Il linguaggio della parola si logora, il linguaggiodelle immagini si ottunde, è la poesia che deve restituire al linguaggiol'evidenza, la concretezza: la meraviglia di fronte alle cose. Alla Bien-nale di Venezia del 1990, nella sala che sanciva la riconciliazione dellanuova Repubblica Ceca col suo artista, c'era la prima opera della"Poesia a nodi" del 1963, assemblaggio con spago, filo, passamaneria,cartone: la dimostrazione più evidente che la poesia è un artificio, mache riannoda nella sua struttura la verità di idee ed emozioni. E un al-tro collage del 1974 era titolato con un verso poetico ("Il nostropensiero avanza senza tener tanto conto delle parole, esponendosicosì alle sorprese"). "Scelsi la forma del collage - ha detto una voltaKolar, riferendosi ad alcune esperienze giovanili in teatro - per cam-biare la forma del dramma, far vibrare contemporaneamente tantestorie, tanti destini".

Un sognatore che senza tregua attraversa i confini del reale. Fu unmotivo che ebbero caro i cubofuturisti russi e boemi, così come i da-daisti, quello della rivolta delle cose, che non sopportano più di restareinchiodate a un'attitudine immutabile, in eterno. Quel mondo dell'Euro-pa centro-orientale che per tanti secoli ha ascoltato i racconti dei"chassidim", i pii ebrei che han tessuto la speranza della diaspora confulminei accorciamenti delle distanze tra la terra e il cielo, con prodigidi illusionismo, ha coltivato anche la percezione di un'essenza ibrida ecolloidale delle figure che dalle avanguardie è confluita, come una piog-gia di schegge d'arcobaleno, nel linguaggio sfaccettato e lamellare, diaberrazioni e sfasature, di Kolar.

Una giocolieria metafisica interprete della fluidità del tempo e delpunto di vista, ma in uno stile vitreo. La parola che cerca l'incrociocol documento, l'"oggetto trovato"; l'ordine immobile che si ribaltain peripezia, che più circoscrive il campo dell'esperienza - in un det-taglio, un frammento - più apre prospettive vertiginose al proprio in-terno, come se in ogni punto si aprisse un varco sull'infinito. Ogniparola presuppone una presenza iconica, e l'annota, come ogni pre-senza iconica presuppone la definizione o spiegazione di una parola:un dizionario criptico del mondo, in un inestricabile intrico di signi-ficati polivalenti.

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Forse il praghese Bohumil Hrabal aveva in mente il concittadino Ko-lar, per il protagonista del suo romanzo "Una solitudine troppo rumo-rosa". Un operaio che macera libri alla pressa meccanica, ricavandoneperfetti parallelepipedi sigillati, ma che ogni giorno sottrae una citazio-ne, una frase, un rigo appena dalla distruzione, per un suo interminabi-le "libro del sottosuolo", laddove il mondo dei libri vuol combaciare collibro del mondo.

Le "corrispondenze" di Baudelaire, le sinestesie di Mallarmé, le paro-libere futuriste di Marinetti che si ribellavano alla punteggiatura, i calli-grammi di Apollinaire che prendevano forma di orologi, cravatte, pipe e

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Il segretodel Paradiso, 1988cm. 50x35,collage su tavola

Un interminabile«Libro delsottosuolo»

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cannoni, i fonemi di Majakovskij che si illudevano di restituire innocen-za alla creazione verbale; le scritture automatiche surrealiste che face-vano emergere libere associazioni dell'inconscio; gli assemblaggi dadai-sti di materiali eterocliti di Arp e Schwitters che già coglievano la deca-denza irreversibile di significati nei mezzi di comunicazione di massa econsumo, ma insieme sapevano che anche un pezzo di spago, un bi-glietto del tram, un'etichetta merceologica trattengono qualcosa dellaschiuma dei giorni. Sono state tutte "lezioni" fondanti per Kolar, nell'il-lusione di scambio continuo fra opera e vita quotidiana, nel privilegiodegli aspetti compositivi, dell'opera-processo.

Chissà se l'arte del nostro secolo non ha deciso di inalberare la ban-diera "eversiva" del collage ispirandosi alle lettere di riscatto dei gang-sters, con le sillabe ritagliate dai giornali? Picasso cominciò ritagliandoda un giornale "Un coup de théatre" che diventò "Un coup de thé"; Ko-

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Senza titolo, 1991cm. 50x40, collage su tavola

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Quando laPrimavera arriva, 1987cm. 40x30,collage su tavola in rilievo

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lar ha scritto che "la prima idea mi nacque dalle frange che guarnivanole vecchie tovaglie, poi venne il desiderio di penetrare l'impenetrabile".Le frange: e infatti la sua è pittura - anche se non usa il pennello, è tut-ta dipinta con ritagli, fotografie, oggetti - con piedi e con ritmi (è statosottolineato che nel dialogo tra le immagini si avverte la scansione deltempo e "persino la rigida forma del sonetto classico").

"L'arte evidente" di Kolar nacque nel clima epigono del Poetismo pra-ghese degli anni Venti, nel sogno della "poesia liberata". Karel Teige, chevergò il manifesto del Poetismo praghese, scrisse che la civiltà contem-poranea affinava e rendeva più elastica la vista per merito di fotografiae cinema, sicché indicava alla poesia "la via di una progressiva otticizza-zione". Vitezslav Nezval aprì la strada di una nuova poesia figurata, met-tendo in versi il suo "Alfabeto". Il sogno dell'identificazione tra poeta epittore, d'un'arte che commuovesse tutti i sensi. Nel manifesto del Poe-tismo si abbandonava il tradizionale concetto di arte in nome della poe-sia nel suo primordiale significato greco: "poiesis, creazione sovrana". "Sipuò poetare con la vita" diceva Teige, nella sua ansia di palingenesi uto-pica, che fondeva vitalismo e costruttivismo.

Kolar s'è nutrito d'una cultura catalizzatrice di metafore e meta-morfosi, avvezza ad aprire, come nella topografia della Vecchia Praga, go-tica e barocca, spazi misteriosi e magici, uno dentro l'altro. Si inscenavaanche un teatro ironico e bislacco, clownesco e d'avvolgente ritmo ma-rionettistico. Ma si prenda il titolo d'un romanzo d'anni recenti a tuttinoto, "L'insostenibile leggerezza dell'essere", del praghese Milan Kunde-ra: un ossimoro, che immette in una vertiginosa esplorazione del possi-bile, in un incastro illusivo. Un ritmo irresistibile, come Kolar raccontaincalzante il diario della sua scoperta della "poesia trovata", allo stessomodo degli "oggetti trovati" presi dalla vita e immessi nelle opere d'ar-te dai cubisti e dai dadaisti:

"Il 15 novembre 1961 tra le inserzioni di "Zlatà Praha" ho trovato l'annun-cio della casa editrice Otto per il romanzo "Zumri" di Mrstik nella forma di unannuncio mortuario. È stata la prima poesia che ho trovato. Il 16 novembre hofatto la prima poesia-rebus. Il 18 dicembre, un mese dopo aver parlato con ilpittore Fremund della possibilità di creare alfabeti personali colorati, ho fatto l'u-signolo di Rimbaud con le vocali colorate. Il 19 dicembre la poesia "Violino conmelodia di fusione". Il 20 dicembre ho incollato la prima poesia di immagini. Il21 dicembre ho fatto la prima poesia colorata. Il 22 dicembre la prima poesia-copertina. Il 24 dicembre ho fatto il primo analfabetogramma e ho designatoquesta poesia con tre croci al posto del titolo...Il 25 dicembre ho scritto il pri-mo balengogramma (poesia dell'uomo con la mente sconvolta)...Verso la mez-zanotte del 30 gennaio sono stato colto da un pensiero: la poesia cieca...guar-dare il cielo illuminato da un pezzetto di luna e inaspettatamente riflettere suciò che sa un cieco della disposizione delle stelle. E al mattino del 31 gennaiole prime poesie cieche dell'immagine della volta celeste. Nuova follia, quella vol-ta con un punteruolo in mano, in seguito con gli strumenti di incisore più di-sparati. Il 4 febbraio ho concluso questo ciclo scoprendo le poesie cinetiche. Piùtardi seguirono le poesie-nodo, le poesie-lametta, le poesie-chiave e le poesie diprofondità. Un anno dopo le poesie-oggetto e così via..." (da un'intervista diVladimir Burda, 1968, tradotta da Annalisa Cosentino, nel catalogo dellamostra di Kolar ai Musei civici di Lecco, febbraio-marzo 1993).

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Il sognodella poesialiberata

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Poesie che fossero immediatamente manifeste a chiunque. La parolascritta si è fatta un tessuto di segni infinitesimali, o un firmamento distelle lontanissime, da cui promana un rombo sordo, un bisbiglio inces-sante; l'immagine è restituita come frammento di figura sforbiciata, fat-ta balenare e subito inghiottita dal brusìo di segni grafico-iconici. Tuttala cultura praghese si è rivelata spesso un'epica di cose e gesti appa-rentemente minimi e minimali, ma in cui far balenare il senso più au-tentico dell'esperienza minacciata dalla violenza della storia: un'ironica,grottesca, funambolica resistenza contro l'alienazione, le astrazioni ideo-logico-burocratiche che rendono irreali le cose intorno a noi.

Già il celebre "Soldato Svejk" di Hasek difendeva la vita dal basso, nel-la sua fisicità semplice ed elementare. Un bisogno di abbraccio col mon-do, annotandone i framenti. Per Kolar dunque il collage non nasce co-me bizzarria e artificio, pur certo accogliendo uno spirito di squisita gio-cosità: nasce come simbolo d'una situazione tipica del nostro tempo. EKolar è riuscito a creare alcune delle più ironiche, ammonitrici immagi-ni del nostro tempo, attualizzando "relitti" del passato e immobilizzan-do elementi e attimi del quotidiano, prima che siano per sempre sciol-ti nel flusso del tempo. Mentre finge di andare verso il gioco evasivo, faimplodere, talora esplodere, la riflessione (letteralmente: nelle sfaccet-

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Duccio, 1991cm. 40x40, collage su tavola

Il collage«proletario»

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tature, nella griglia ottica) sull'imballaggio dello spazio e del tempo. L'ar-te è tenuta proprio a questo, a lasciare una "visibilità che resti".

Forse ha ragione Janus che, nella monografia dedicata nel 1981 a Ko-lar, gli ha attribuito un esercizio di trasmutazione sociale della fruizionedell'arte, da aristocratica a proletaria: solo gli scarti sono in grado di pro-vare che c'è davvero una fruizione massiccia, mentre si evidenzia la de-cadenza irreversibile di significati, nei mezzi di comunicazione di massa,nel consumo di parole e immagini come in un caleidoscopio incessante.È un salutare esercizio di igiene mentale, quello di smontare i meccani-smi combinatori della parola e le convenzioni della visione, e di costrui-re un museo ideale di specchi, compresenze, assonanze, ma il tutto av-viene entro uno spessore fisico, plastico, di "letteratura iconica". In un'e-poca in cui l'elaborazione digitale delle immagini non rappresenta ma si-mula la realtà, la finge in un mondo virtuale, che ha sempre meno biso-gno di referenti esterni, l'opera d'arte è sempre più il processo che dàvalore alle immagini attraverso il contesto, l'ambiente.

Già negli anni Trenta Kolar spiazzava le parole e le ricomponeva di-slocandole in un nuovo contesto verbale e visuale. Poi, pur attingendoalle avanguardie futurista e dadaista, nell'introdurre anche immagini diriproduzione fotografica, ridotte a pezzi, bande e strisce, non vi ha as-segnato una funzione distruttiva, ma d'una dilatazione magica, d'un'allu-cinazione onirica, e insieme di rovello intellettuale, se la ripetizione non

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Senza titolo, 1989cm. 40x40

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sia una forma di sopravvivenza in una società che tutto usa come "og-getto trovato", che tutto consuma. Una "macchina del tempo": nei col-lages bidimensionali, i ritagli del primo strato formano profili che fannoaffiorare altre immagini recuperate dal passato. In realtà Kolar setacciaun affollamento eccessivo, fa emergere quel che ancora risponde, nellastratificazione di collages e strutture tridimensionali, alla drammaticaperdita di senso di ogni altra espressione, di ogni linguaggio in sé.

Il rigoroso senso etico è espresso dallo stesso artista nel 1991, quan-do spiegando il suo ennesimo metodo, "apollinaria", in omaggio a unverso di Apollinaire ("Alla fine sei stanco di questo mondo antico") am-mette che quello scacco "è anche mio. Ho anch'io il mio posto tra levittime delle illusioni poetiche, d'un'era grande e bella ma indebitata fi-no al collo, che non ha saputo distinguere l'ebbrezza del cuore dalla feb-bre della ragione". Nato nel 1914 da un panettiere ed una lavandaia, fa-legname dopo la scuola, poeta già a vent'anni, nel 1937 alla prima mo-stra nel teatro Burian di Praga (scalcinato, ma tempio dell'avanguardia),dal 1945 lettore in una casa editrice, nel 1953 arrestato, dalla fine deglianni '60 alla grande ribalta internazionale (il '68 a Kassel, il '69 premia-to alla Biennale di S. Paolo, il '75 in mostra al Guggenheim di New York,il '90 alla Biennale di Venezia), dal 1980 a Parigi, dal 1984 cittadino fran-cese, Kolar ha attraversato quasi tutto il secolo detestandone l'enfasi,avendo l'ansia della bellezza che "presto non ci sarà più" e d'una realtàlà fuori sempre minacciosa, che concede solo brandelli di parole e im-magini, strappati a una pioggia dilavante.

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La favola di una Singerche aveva sposatol’organettoe ha avuto un piccoloorganetto da cucire, 1989cm. 67x89,collage su tavola in rilievo

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Tutti potremmo tentare di cucire quei brandelli in una trama, avendouna mano felice nello scegliere, ritagliare, incollare soggetti di quadri ce-lebri, paesaggi di cartoline, oggetti vari, dai nodi alle pipe, dalle mele ailibri, dalle cravatte alle farfalle. Il gusto dell'inventario, come elementareesercizio di memoria, di biografia personale e collettiva. Per ricordarec'è bisogno d'un appiglio ritmico: ecco tutta la strumentazione nient'af-fatto stravagante di metriche e rimerie, in collage, rollage, prollage, chia-smage, intercalage, anticollage, confrontage-rapportage, multiplo, rebus,oggetto interiorizzato, nodo, stratificazione, poesia oggettuale... È servi-to un dizionario intero, per illustrare i metodi, ma l'obiettivo è davveroquello d'una poesia in forme evidenti, manifeste a tutti.

Negli anni tra le due guerre in cui Kolar maturava a Praga la sua pla-stica del collage, l'ebreo-polacco Bruno Schulz immaginava che il prota-gonista del suo "Trattato dei manichini" si crucciasse per il dolore del-la "materia oppressa", condannata a un'orribile ingiustizia, inchiodatasempre al medesimo destino. Non è solo un torneo alfabetico e iconi-co, quello di Kolar, come fu nei "lettristi" parigini del secondo dopo-guerra, in un puro, incalzante assemblaggio di segni: è il modo come larealtà del mondo si mostra, forma visibile di principi che operano in es-sa, sull'orlo di un "visibile parlare". Più si moltiplicano le figure, più oc-corrono parole per esprimerle, e viceversa, in un trascinamento reci-proco.

Per millenni si sono scritte poesie che avevano forma di oggetti: i tae-chnopaegna alessandrini, i calligrammi, i palindromi, gli acrostici, i protei,i lipogrammi, gli anagrammi...: scritture alfabetiche che delineassero unafigura, una chiave grafica riassuntiva d'una verità. Per Kolar non è veroche la realtà si riduce a quella che si vede, c'è sempre un'ulteriore di-mensione, uno spazio di libertà. È proprio quello sfondo comune diframmenti di caratteri a stampa, di ideogrammi, carte celesti e geogra-fiche, carte da musica, banconote, tavole logaritmiche che si proponecome un palinsesto indecifrabile, ma anche come una rete di solidarietà,di percorsi imprevedibili, contro ogni parola e immagine imposta "unavolta per tutte", aggressiva e violenta, arbitraria e normativa. La poesiaè davvero questo mettere il mare in un bicchiere, mettendo alla provadella "disparizione" l'idea della catalogazione, nel piacere di stupirsi, at-traversando la varietà delle immagini e delle parole come si attraversauna città. O come si attraversa una vita.

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La metricadella libertà

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Senza titolo, 1972cm. 45x33, collage su cartone

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Omaggio ad Antonello da Messina, 1981cm. 75x125, collage su tavola

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Ciclo della gelosiaMademoiselle Rivière, 1981cm. 40x30, collage su tavola

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Senza titolo, 1972cm. 45x33, collage su cartone

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Racconto d’inverno, 1984cm. 50x65, collage su tavola

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Cinque salutidal labirinto, 1976

cm. 27x20, tecnica mistasu cartone

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Un giovane uomosolitario, 1990cm. 32x22

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Se non sta attenta, l’arte corre il rischio di sparire. L’industria cul-turale di massa, nel suo sviluppo, potrebbe, infatti, essere la sua rovi-na. Lungi da promuore la democratizzazione dell’accesso alle operenel rispetto della loro aura, quest’industria le accetta solamente nel-la forma sofisticata di prodotti commerciali standardizzati, la cui uni-ca finalità è quella del divertimento. Qualsiasi opera che lascia intui-re una provenienza poetica e una ricerca di significato, che apparten-ga al passato o che sia contemporanea, deve subire, come se fosse unrito d’iniziazione, gli assalti di una banalizzazione che è resa terribil-mente efficace ricorrendo alle tecniche moderne della riproduzionee della diffusione. Le analisi di Adorno su questo preciso punto, ben-ché già datate, non hanno perso nulla della loro validità; al contrario:l’influenza sempre più grande dei mercati finanziari su tutte le attivitàche rientrano nel campo della creazione e della comunicazione deisimboli, non fanno altro che rinforzare il dinamismo mortifero delprocesso di reificazione (1) delle opere umane denunciato dal filo-sofo stesso.

In che modo l’arte, se vuole conservare la sua autonomia, il suo spa-zio di libertà, può opporsi a quest’impresa insidiosa di castrazione? Lasoluzione del “ritorno al mestiere perso” di cui Levi-Strauss ne è di-ventato il teorico è tutta un’illusione. Sarebbe come un ritorno al “déjàvu” e l’arte sprofonderebbe rapidamente nella mediocrità, cedendocosì il posto a nuove forme di comunicazione più competitive ma dacui sarebbe certamente esclusa la ricchezza dell’esperienza intersog-gettiva.

Di fronte ad un nemico così deciso, l’arte contemporanea non puòindietreggiare davanti alla necessità della sperimentazione. Deve assu-mere dei rischi e passare all’attacco. L’opera di J. Kolar ne dà la testi-monianza. La si capisce solo a condizione di inserirla in rottura con lafase crepuscolare di una civiltà nella quale gli oggetti quotidiani, le pa-role, le opere, e le loro immagini sono stati privati della loro umanità.L’artista plastico che Kolar è diventato, nasce nell’esperienza, dolorosa,per un poeta, della cancellazione della funzione simbolica del linguag-gio. Le parole sono state spogliate della loro consistenza, e il loro ca-rico espressivo si è indebolito. Il verbo non canta più, si accontenta didisegnare. Una ragione strumentale, il cui principio è l’utilità tecnica,stende ormai il suo dominio sull’insieme della società. Generata dairapporti commerciali e dalla comunicazione di massa, costringe il lin-guaggio a ripiegare sulla sua funzione semiotica.

Come potrebbe sopravvivere la poesia in questa situazione, lei cheper tradizione, si sforza di fare entrare le cose in relazione le une conle altre? Già dagl’inizi di questo secolo, nella nota lettera di Lord Chan-dos, Hofmannsthal aveva espresso le stesse angosce; ma forse perché idanni dell’industria culturale ai suoi tempi non avevano ancora rag-giunto il livello insopportabile di oggi, lo scrittore viennese si era ac-contentato di abbandonare definitivamente la poesia e di collocare alsuo posto l’intuizione mistica che, si sa bene, ignora qualsiasi forma dimeditazione.

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(1) Si chiama reificazione, l’oggettivazione d’un rapporto o di una attività nella forma d’una cosa.

Jiri Kolar o latrasgressionepermanente

Fernand Fournier

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Campionati mondialidi calcio, Spagna 1982cm. 32x22, collage su cartone

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La pratica creatrice di Kolar è un rifiuto della disperazione. Consistenell’organizzare la sovversione e di portarla sul campo stesso occupa-to dagli oggetti e dalle opere che la reificazione ha condannato al si-lenzio; poiché, se la poesia verbale, la cui missione è di ascoltare il mon-do reale, è coniata d’impotenza, è perché principalmente gli oggetti ele opere che circolano sotto forma di mercanzie non parlano più al-l’uomo. Bisogna dunque, perché rinasca la poesia, farli uscire dal loroletargo, sottoporli, se è necessario, con la violenza a manipolazioni di-verse per provocare l’incidente che smuova il sistema della banalitàquotidiana. Si tratta, dice Kolar, “di guardare sotto sotto alle cose”. Laviolazione delle apparenze è un atto salutare; infrange la crosta dellareificazione. Era già il senso della lezione che ricevette da un amicoche, rendendogli la copia del manoscritto di poesia, aveva stimato chefosse necessario lacerarne le pagine con un rasoio perché si realizzas-sero le promesse del testo. Quest’amico aveva ragione: rinchiuso in unoggetto materiale (il libro), rispondendo alle norme del mercato, i ver-si rimanevano lettere morte: solo l’intervento diretto e brutale sulsupporto poteva obbligare quest’ultimo, iniettandogli un’intenzione, amostrare ciò che aveva per sua stessa funzione confiscato.

La sperimentazione, come la intende Kolar, si appropria di tutti glioggetti che popolano il mondo degli scambi umani, che si tratti di co-se, d’immagini o di parole. Per lui la sperimentazione s’identifica in unatrasgressione permanente che mira a tracciare tra gli oggetti del-le vie nuove, a rivelare l’esistenza di corrispondenze o analogie rifiuta-

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La marea delle primavere, 1990cm. 35x50, collage M su tavola

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Maggio, 1982cm. 100x70, collage su tavola

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te o ricacciate dalle istituzioni dominanti. Ecco la ragione per la qualeniente conviene meglio a Kolar, per giungere al suo traguardo, che il“collage” che è il luogo per eccellenza degli incontri più insoliti. “Quan-do per la prima volta (dice nel Dizionario dei metodi) ho inserito dueriproduzioni l’una nell’altra, non riuscivo a crederci. La mia testa hacorso il rischio di scoppiare vedendo le variazioni che si moltiplicava-no tra le mie mani... Il mondo intero è diventato permeabile, permet-tendo un linguaggio nuovo. Il tempo poteva essere ritagliato a piacere.”

Questi propositi di Kolar indicano chiaramente ciò che separa ilsuo concetto del “collage” da quello dei cubisti, e forse anche daquelli dei surrealisti ai quali però è molto più vicino. Nei primi, il “col-lage” ha un valore tra quelli più realistici. Significa l’introduzione vi-gorosa nel quadro degli elementi della vita reale, una volontà decisadi lasciare il campo delle speculazioni formalistiche e di sfuggire alletentazioni della pittura astratta. Con il surrealismo, il “collage” diven-ta un processo poetico. Max Ernst, specialmente, permette di “dirot-tare ogni oggetto dal suo senso per stimolarlo ad una realtà nuo-va”(2). Marx Ernst è un mago. Ricrea delle apparenze richiamandodegli oggetti che, nell’operazione di trasferimento, perdono la loroidentità, a tal punto che ci si chiede se tutto non è illusione. Il “colla-

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Senza titolo, 1988cm. 40x30

(2) Aragon, I collages, Parigi, Hennann 1980 p. 30.

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ge” di Max Ernst invita alla riflessione metafisica. Kolar è tutt’un altracosa. Non vi ritroviamo né la ricerca d’un “effetto” di realtà, né l’a-pertura sull’insondabile, ma la volontà di rendere manifesta la densitàdelle cose che la vita quotidiana, regolata dalla ragione strumentale,ha sottratto ai nostri sguardi. Kolar vuole ricostruire il reale in tuttoil suo spessore, non dissolverlo; svelarlo ed esplorarlo, non ridurlo aduna fantasmagoria.. È qui che risiede il fine della sua arte. Le varie tec-niche (e qui non ne faremo la lista) che mette in opera nei suoi col-lages si giusticano solo col riferimento a detta finalità: scoprire, spe-rimentando, delle affinità tra le cose perché si possa affermare piena-mente la loro unicità. Non c’è contraddizione in questa posizione.L’affinità (o l’analogia) non è identità; suppone peraltro sempre l’esi-stenza di differenze. Kolar non le dimentica. La cosa rimane ciò cheè, ma si potrebbe dire, che il suo peso ontologico dipende dai rap-porti di analogie, di corrispondenze che può esercitare con le altrecose. È l’alterità che la costituisce: “ogni antagonismo,” dice, “ha unpunto in comune”. Il “collage”, è la dialettica divenuta arte; un’armacontro la reificazione che minaccia.

Le ricerche di Kolar fanno pensare a quelle di un archeologo. Comequest’ultimo, cerca empiricamente di recuperare un reale scomparso,di decifrare sul volto chiuso o morto delle cose, riavvicinando le unealle altre, a volte per caso, le tracce delle relazioni vive e di attività dicui non sono altro che la cristallizzazione. Ma contrariamente all’ar-cheologo che deve rispettare le leggi della realtà spazio-temporale, Ko-lar si comporta, avendo l’iconografia mondiale a sua disposizione, co-

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L’orodel Nilo,1989cm. 35x50

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me un passeggiatore che percorre le epoche e si prende gioco dellefrontiere. Il suo mondo di affinità e confronti non ha limiti.

“Cerco ovunque”, dice, “questi amanti involontari, incompatibili, con-traddittori”.

Solo il presentimento di aver a che fare, làddove lo sguardo si posa,con le orme mute d’una cultura sul punto di dileguarsi, permettereb-be di spiegare questa deambulazione così particolare, e questo deside-rio ardente di salvare dalla catastrofe tutto quanto può essere salvato.Lavoro di archeologo, certamente; ma di una archeologia della fine deitempi, per la quale ogni riferimento storico o geografico non avrebbepiù alcun interesse, tanto sarebbe grande la lontananza dalle civiltà.

Il suo rapporto con la storia dell’arte è sotto questo aspetto moltoistruttivo. In questo campo, il materiale sul quale esegue gli sperimentiè costituito da immagini di opere d’arte, che le tecniche di riproduzio-ne e dell’industria culturale hanno finito per fissare nella coscienza col-lettiva. Sono immagini di grande comunicazione, hanno perso, per ef-fetto della banalizzazione, il loro potenziale simbolico, ciò che Benjaminchiama l’”aura”. Intorno a queste opere conservate in un museo im-maginario, Kolar tesse una sintesi nuova che rigetta le categorie tradi-zionali della storia dell’arte, le classifiche della critica ufficiale in stili,tendenze e scuole, e la nozione stessa di periodizzazione. I “prollages”sorti dalla tecnica del chiasma, ne indicano lo spirito. Sono scene tea-trali dove le opere convocate dall’artista, senza avere preconcetti, s’in-crociano, si sfiorano, si compenetrano, si accavallano, si lacerano l’una

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Pietra preziosadi un tempo, 1989cm. 35x50

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Un verso del canticodei cantici, 1990cm. 40x30

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con l’altra e infine si fecondano. L’operazione produce senso, un fer-mento di opere, in qualche maniera, che sottrae quest’ultime al domi-nio della ragione strumentale e alla positività dell’epoca.

Kolar così ci mostra che le opere vogliono ignorare la tirannia deltempo e dello spazio, che vi sono in gestazione , per esprimere co-me dice Benjamin “uno spazio scuro dell’avvenire”, e che solo un ap-proccio non-storico dell’arte può rendere giustizia alla loro capacitàdi anticipazione. Il “collage” non è per niente un’offesa all’opera; ma-nipolandola, la serve. Apre una gabbia dove stavano strette le profe-zie: “So”, dice Kolar, “che rendo agli artisti... ciò che ho preso loro inprestito”. Il cammino labirintico del passeggiatore nel territorio del-l’arte, si presenta dunque come una pedagogia di risveglio della co-scienza estetica.

Adorno voleva estrarre dall’opera d’arte una seconda bellezza e far-la accedere ad un contenuto di verità “mortificandola” con un com-mento critico. La pratica del “collage” offre a Kolar la possibilità, cosìsembra, di giungere allo stesso obiettivo. Mentre per Adorno “salvare”l’opera è come incatenarla alla sua epoca, per Kolar salvarla è comedarle il potere di scavalcare i secoli. Il “collage” esalta l’autonomia del-le opere d’arte di cui ne fa il suo materiale. Ci riesce poiché sconvol-ge dall’interno il mondo delle immagini e s’ingegna a confondere letracce consacrate.

Per questo motivo è egli stesso (ciò che non è il commento di Ador-no) in quanto traccia del gesto dello sperimentatore, opera d’arte au-tonoma, strappandosi così, e in questo gesto, alla reificazione. Un taleconcetto dell’arte è esigente, poiché la reificazione è in agguato di qual-siasi opera incompiuta e corre il rischio di distruggere l’intenzione del-l’artista. È dunque necessario, onde evitare la caduta nella banalità, chela sperimentazione si estenda anche sui propri prodotti. Il “collage” ècosì portato a considerarsi egli stesso come materiale.

Consequenza: ciò che chiamiamo “l’avanguardia” deve essere ripen-sata, e Kolar se ne è accorto:

“.... tra tutti gli avanguardisti più fanatici,” dice, “tra tutti quelli chetrovavano che nulla era abbastanza rischioso... nessuno di mia cono-scenza, ha osato, il gesto più rabbioso... “rovinare” i ritratti e le imma-gini delle loro opere, mandare all’aria con un buffetto l’aureola con laquale sono stati ricoperti.”

Nelle mani di Kolar, il “collage” è divenuto capace di mantenere lepromesse che l’arte a volte ha dimenticato, quella di essere trasgres-sione permanente del mondo reificato delle apparenze. In que-sto senso, è portatore di una forma di spirito di cui questo fine secoloha gran bisogno e che ordina di non riposare mai sul morbido cuscinodelle certezze stabilite. Se l’arte ha l’ambizione di rispondere all’aspira-zione degli uomini alla conoscenza del reale, il suo primo lavoro - e Ko-lar l’ha ben capito - deve consistere nel distruggere le illusioni.

E qui bisognerebbe riferirsi a Descartes o meglio a Nietzsche in quan-to filosofo del sospetto. Come loro, Kolar dà fastidio. Non si adatta alleforme date, alle mitologie o ideologie dominanti. Manipolando con la pra-tica del collage le cose nelle quali s’investe la sensibilità umana, mette incrisi quest’ultima, allo stesso modo quando il filosofo si adopera, per mez-zo della critica dei concetti a destabilizzare la ragione istituita. L’arte è au-tentica solo nella misura in cui impedisce al pensiero di girare a vuoto.

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Senza titolo, 1989cm. 40x40, collage su tavola

A UN DESTINATARIO IGNOTO

Gentile SignoreDopo aver letto e valutato i lavori di tuttiColoro che si considerano maestri e creatori dell’arte poeticaPoiché le opere e la perfezione di quell’arte in nullaSi distinguono da ciò che è universalmente notoFarò del mio meglioSenza per questo voler sminuire altriPer ottenere udienza da LeiSvelarLe i miei segretiE offrirglieli al momento propizio perché li utilizzi a Suo piacereE mi applicherò inoltre per lavorare con successo a tutte le coseQui di seguito parzialmente elencate:

(Nucleo di 10 poesie estratte da “Opere postume del sig. A”di Juri Kolar, scritto nel 1956)

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Collage del macchinista, 1982cm. 40x30, collage su tavola

1.Posso scrivere la poesia più sublime e concisafacile da ricordareaccessibile a tuttie nello stesso tempo insondabileso scrivere in egual modo poesie facili fino all’incomprensibilecome quelle incomprensibilmente semplicicui non si può togliere una parola o una virgolasenza che di entrambe non si senta la mancanzae al contempo conosco il mododi scoprire il vuoto e la fatuità di opere apprezzate

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2.In caso di necessità socome scrivere poesie che incitano alla lottacon la stessa sinceritàdella cosiddetta poesia liricaspirituale filosofica descrittiva religiosa alchimistica artificiale o puraconosco il modo di scrivere varianti infinite di poesie d’amorecelebrative d’occasione elegiacheho dimestichezza con la scrittura di poesia autostilizzantenon illusoria mitologica multidimensionalee di tutte le altre forme che si associano a quelle sopraelencate

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Dialogo di caccia, 1984cm. 40x30,

tecnica mista su tavola

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Stella abbandonata, 1987cm. 40x30,collage su tavola in rilievo

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L’insegna della casa, 1989cm. 40x55

3.Nondimeno riesco a scrivere poesie in qualsiasi quantitàdai contenuti e dalle forme più disparatenon esclusa la maniera dei maestri delle scuole moderneconservando intatto il valore so scrivere tutto ciò di cui è capace

un bambino o un primitivoriempire i crogiuoli di tutte le forme ritenute ancora classiche e di

quelle dimenticateso come ridicolizzare o al contrario decantarepresupponendo naturalmenteche questa o l’altra cosaevento uomo o azione senza esclusionisiano all’altezza della dignità della parola

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Scoperta, 1983cm. 55x40, collage su tavola

4.Allo stesso modo posso creare proverbiadagi slogan ariette testi che si impongono all’orecchio e alla memoriacome anche la satira ed epigrammi rispondenti alle esigenze del casosenza dimenticare tutte le analogie e le poesie adatte alla musica

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Musica celeste-terrestre, 1982cm. 55x40, collage su tavola

5.Se dovessimo pubblicare una rivistasarei in grado di dirigerla e avviare rubricheconcepite brillantementeper condurre la lotta contro ogni idea ipotizzabilecreando al contempo uno scudo invincibile contro ogni attaccoe con l’aiuto di tutte le arti figurative produrresolo turbamento nel campo nemico

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L’assolo di una lira a cordesu un tema di F.K., 1979cm. 100x70, collage su tavola

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Bersaglio = viso, 1989cm. 40x40, collage su tavola

6.Inoltre sono capace di fondare una casa editricee portarla avanti senza badare a limitazioni contingentidirigere collanegiornali e redigere sia le pubblicazioni più specialistiche sia quelle dilargo consumostampare dépliant con i programmimanifesti monografie eccezionali nella curanel contenuto e all’avanguardiaimpegnarmi in una distribuzione perfettae rendere popolari i temi e le soluzioni grafiche

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7. Allo stesso modo so scrivere novelleracconti schizzi elzeviri corsivi sicuramente originalifedeli come fotografie anche musicali e miracolosichesulle pagine di qualunque rivistao letti a qualunque pubbliconon dovranno mai vergognarsi della criticané temere concorrenzain più sono abile nello scrivere efficacie meditate didascalie per documentiimmagini di ogni tipoe specialmente di corredare d’introduzioni o postfazioni opere

letterarie di ogni generecomporre discorsi per vernissage concerti celebrazioni manifestazioni

commemorazionitrattati sulle opere d’artee sugli artistiresoconti su tutti i settori della culturadella retorica del film dell’architettura ecc.

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Il vino delloscrittore di fiabe, 1990

cm. 40x30, collage su tavola

8.E poi se necessarioscriverò saggi studi analisi riflessioniin uno stile insolitamente bellodal linguaggio puro e completamente diversi da quelli generalmente

in uso

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Maternità, 1990cm. 40x55

9.Dove non si potrà impiegare la liricacreerò epos cicli canti di efficacia stupefacentediversi da tutti quelli vecchi o nuovi abitualiin una parolasempre in accordo con il carattere del soggettosvariate e innumerevoli odi per celebrare la vita e la morte

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Un quadro miticodi origine misteriosa, 1990

cm. 40x40

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La Primavera verrà, 1986cm. 100x70, collage su tavola in rilievo

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10.Nei tempi propizi spero di soddisfare pienamente le aspettativenel dramma nei progetti di manifesti delle scuole e dei movimentinel fondare laboratori della parolacattedre di poesianell’inventare soggetti o relazioni per ogni occorrenzascrivere tesiconfessioni e corrispondenza di ogni genere e in ogni forma desiderataoltre a ciò produrrò ogni possibile prosa e poesia per giovani per

ragazzi o per fanciullee romanzi d’avventura con intrecci precisi e sorprendentifantastici o utopici a sceltae poi racconti con una formidabile carica di immaginazione

e di intellettoo anche opere di pura densità ed ebrezza di realtà o di sognie così facendo mi voglio misurare con tutticon chiunquepotrei anche iniziare un romanzo avente per protagonista

il signor Suo padreche servirà per ricordarlo nel tempoe alla Sua famiglia procurerà onore e gloria immortale

E se una solaDelle cose sopraelencateDovesse sembrare a qualcuno impossibile o inattuabileSono disposto a …una controprova nel Suo studioO in un altro posto a Lei graditoporgendoLe i miei più umili e rispettosi ossequi

Suo A.

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Omaggio a Van Gogh

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1937Teatro D37, Mozarteum, Praga

1962Club Manes, Praga

1963Galleria Arthur Jeffress, Londra; Museo di Arte Moderna Miami, Florida, USA;Europäisches Forum, Alpbach, Austria; Galleria Oblastni, Liberec, Cecoslovacchia

1964Galleria Gravura, Lisbona; Galleria Mestska, Louny, Cecoslovacchia

1965Galleria Die kleine, Vienna; Club Manes, Praga; La Carabaga club d’arte, Genova

1966Galleria Riquelme, Parigi; Galleria M.E. Thelen, Essen; Galleria “h”, Hannover; Centroproposte, Libreria Feltrinelli, Firenze; Studio di informazione estetico, Torino

1967Klub pratel vytvarneho umeni, Usti nad Orlici, Cecoslovacchia; Galleria Seyfried eGalleria Alte Neuhaus, Monaco

1968Galleria Vaclav Spala, Praga; Istituto di Arte Moderna, Norimberga

1969Kestner-Gesellschaft, Hannover; Galleria Junge - Ernst Hühn Buchhandlung, Kassel;Overbeck-Gesellschaft, Lubecca; Museo Städtisches, Ulm; Kunstverein München,Monaco; Galleria Kleine Grafik, Brema; Das weisse Haus, Baden-Baden; Galleria amKolosterstern, Amburgo; Galleria Hansjörg Mayer, Stoccarda; Galleria Willard, NewYork

1970Pamatnik Petra Bezruce, Opava, Cecoslovacchia; Galleria Ursula Wendtorf + FranzSwetec, Düsseldorf; Galleria Gmurzynska, Aix-la-Chapelle

1971Galleria La Hune, Parigi; ARC, Museo di arte moderna della città di Parigi, Parigi;Galleria “K”, Mayence; Hofer galerie-haus Weinelt, Hof; Städische Kunstpavillon -Theodor-Heuss-Park, Soest

1972Galleria Schwarz, Milano; Galleria Kleine Grafik, Brema; Galleria Marisa Goebels,Kaiserslautern; Aktionsgalerie, Berna; Galleria Dierks, Aarhus, Danimarca

1973Galleria La Boétie, New York; Kunstverein Schranne, Laupheim bei Ulm; Museo HausLange, Krefeld; Galleria R.-Johanna Ricard, Norimberga, al Museo Lange Haus, Krefeld;Museo Boymans-van-Beuningen, Rotterdam; Galleria Gunter Sachs, Amburgo

1974Unione delle arti plastiche, Saint-Etienne-du-Rouvray; Galleria Suzanne Bollag, Zurigo;Galleria R.-Johanna Ricard, Norimberga; Galleria Städtische, Siegen

1975Galleria Werner Kunze, Berlino; Museo Solomon R. Guggenheim, New York; JacquesKaplan, Champlain Art Center, New York; Galleria Harriet Griffin, New York; GalleriaWillard, New York; Galleria Karsten Greve, Galeriehaus, Colonia

1976Jasa Fine Art, Monaco; Galleria Wendtorf + Swetec (Hubertus Schoeller), Düsseldorf;Halvat Huvit, Cheap Thrills, Helsinki; Galleria Löwenadler, Stoccolma

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Esposizionipersonali

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1977Galleria Fairweather Hardin, Chicago; La nuova città, Galleria d’arte contemporanea,Brescia; Università di Ginevra, Ginevra; Galleria Yves Jaubert, Parigi; Galleria Rebus,Firenze; Galleria Schreiner, Basilea; Galleria d’Arte Moderna, Zurigo

1978Museo Solomon R. Guggenheim, New York; Galleria Isy Brachot, Bruxelles; Galleriad’arte Allbright-Knox, Buffalo, USA; Galleria d’arte dell’Ontario, Toronto; Museo d’Artedella Georgia, Georgia, USA; Galleria Schoeller, Düsseldorf; Centro internazionale diGrasse, Grasse; Palazzo Madama, Torino; Galleria Oben, Hagen; Galleria 44, Kaarst

1979Centro d’Arte di Flaine, Parigi; Galleria “C”, Parigi; Galleria Candela, Cannes; GalleriaR.-Johanna Ricard e Galleria in Schmidtbank, Norimberga

1980Galleria Gunzenhauser, Monaco; Städtische Kunsthalle, Recklinghausen; Centro d’azioneculturale di Montbéliard, Montbéliard; Galleria Städtische, Schloss Oberhausen,Oberhausen; Galleria Prints, Georges Fall, Parigi; Museo Gutenberg, Mayence;Kunstverein, Wolfsburg; Neuer Berliner Kunstverein e Berlin Künstlerprogramm desDAAD, Berlino; Galleria Zellemayer Lorenzen, Berlino; Lützowstrasse Situation Büro,Berlino; Kunstmuseum, Düsseldorf; Atelier rue Sainte-Anne, Bruxelles; Galleria IngeBaecker, Bochum, Repubblica Federale Tedesca

1981Geneviève e Serge Mathieu, Besançon; Kasseler Kunstverein, Kassel; Metronom,Espaidel C.D.A.A., Barcellona; Castillo de Maya, Pamplona; Museo Folkwang, Essen;Galleria Jöllenbeck, Colonia; Galleria Eberwein, Friburgo; Galleria Osper, Colonia;Galleria Maeght, Parigi; Galleria d’Orsay, Parigi

1982Galleria Die Welle, Iserlohn; Galleria Schiessel, Monaco; Galleria Maeght, Barcellona;Galleria Primo Piano, Roma; Galleria Maeght, Fiera Internazionale d’Arte, Chicago;Galleria Peccolo, Livorno; Centro Georges Pompidou, Parigi; Galleria The Meadows,Meadows Scuola d’Arte, Southern Methodist University, Dallas, Texas, USA; PACPadiglione d’arte contemporanea, Milano; Galleria Hokin, Palm Beach, Florida, USA

1983Galleria Slavia, Galleria Kunsthandlung Roche e Istituto francese, Brema; EdizioniGalleria Zarathustra, Milano; Galleria Kraus, Pfäffikon; Galleria Städtische Villa Zanders,Bergisch Gladbach; Galleria Maeght-Lelong, Parigi

1984Galleria Praxis, Essen; Stamparte Libreria + Galleria, Bologna; Kunsthalle, Norimberga;Galleria d’arte Vancouver, Vancouver; Museo d’Arte Moderna, Oxford; GalleriaSchoeller, Düsseldorf

1985Museo Lepold-Hoesch, Düren; Kunstverein Heilbronn e Kunsthalle in der Harmonie,Heilbronn; Galleria Rafay, Kronberg; Galleria Svetlana, Monaco; Centro d’artecontemporanea, Siracusa; Rupertinum, Salzbourg; Museo Solomon R. Guggenheim,Collection Gallery, New York

1986Galleria Maeght-Lelong, Parigi; Galleria Grita Insam, Wien; Libreria “Comestibles”,Ginevra; Galleria Ariete, Lecco

1987Haus am Checkpoint Charlie, Berlino; Galleria Zellermayer, Berlino; Galleria Albemarle,Londra; Municipio di Saint-Etienne-du-Rouvray

1988Galleria Lelong, Parigi; Museo Kulturgeschichtliches, Osnabrück; Galleria Schoeller,Düsseldorf; Galleria The Katonah, Katonah, USA

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1989Galleria Municipale, Vitry-sur-Seine; Galleria Tega, Milano; Museo Kulturgeschichtliche,Osnabrück, Repubblica Federale Tedesca; Dum Pánu z Kunstátu, Brno, Cecoslovacchia

1990Galleria Kettle’s Yard, Cambridge; Galleria Free Art, Torino; Museo Bommel van Dam,Venlo, Olanda; Istituto d’Arte Contemporanea, Londra; Arte Centro, Milano; GalleriaAlbemarle, Londra; Galleria Kaj Forsblum, Helsinki; Galleria Sincron, Brescia; GalleriaAriete, Lecco; Zvony z Dílny Dytrychu, Sovinec, Cecoslovacchia

1991Maluvany Dum, Trebíc, Cecoslovacchia; Galleria d’Arte Elleni, Bergamo; Galleria duPont-Neuf, Parigi

1992Istituto francese di Praga, Praga; Galleria Lelong, Parigi; Galleria 60/70, Praga; MuseoComenius, Naarden, Olanda; Galleria Isy Brachot, Parigi

1993Studio d’arte contemporanea Pino Casagrande, Roma; Musei Civici di Lecco, VillaManzoni, Lecco; Galleria Nazionale, Praga; Galleria Hollar, Praga; Espace des Arts,Colomiers; Museo Práchenské, Písek; Galleria Krajská, Hradec Králové; Tauro Arte,Torino; Centro Internazionale della Poesia, Marsiglia; Malmö Konsthall, Malmö; Galleriad’Arte, Zd’ár nad Sázavou; Galleria Melesi, Lecco; Circolo culturale “Il Gabbiano”, LaSpezia; Fondazione Joan Miró, Barcellona

1994Visconti Fine Art, Lubiana; Galleria Paul Sties, Kronberg; Galleria Colussa, Udine; MuseoStedelijk, Schiedam; Dum umení mesta Brna, Brno; Malovany Dum, Trebíc

1995Le salon d’art, Bruxelles; Museo Jihovychodní Moravy, Zlín; Galleria Schüppenhauer,Colonia; Galleria Franz Swetec, Düsseldorf; Galleria Graham-Dixon Francis, Londra;Galleria Mesta Bratislavy, Bratislava; Museo Umení, Olomouc; Galleria Ve Vezi, Planá;Galleria Franz Swetec, Griesheim; Galleria Vytvarnych Umení, Litomysl; GalleriaVychodoceská, Pardubice

1996Couvent des Cordeliers, Châteauroux; Galleria Anhaltische Gemälde, Dessau; GalleriaAab, Associazione artisti bresciani, Brescia; Museo Nazionale, Centro d’Arte ReinaSofia, Madrid

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