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CENTRO DI STUDI SULLA CIVILTA' DEL TARDO MEDIOEVO SAN MINIATO Collana di Studi e Ricerche 1 REINHARD ELZE Istituto Storico Germanico in Roma LA SIMBOLOGIA DEL POTERE NELL'ETA' DI FEDERICO II Estratto da: POLITICA E CULTURA ATELL'ITALIA DI FEDERICO II PACINI EDITORE PISA 1986

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CENTRO DI STUDI SULLA CIVILTA' DEL TARDO MEDIOEVO SAN MINIATO

Collana di Studi e Ricerche

1

REINHARD ELZE Istituto Storico Germanico in Roma

LA SIMBOLOGIA DEL POTERE NELL'ETA' DI FEDERICO II

Estratto da: POLITICA E CULTURA ATELL'ITALIA DI FEDERICO II

PACINI EDITORE PISA 1986

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REINHARD ELZE Istituto Storico Germanico in Roma

LA SIMBOLOGIA DEL POTERE NELL'ETA DI FEDERICO II

«Symbolum est collatio formarum visibilium ad invisibi- lium demonstrationemU 1. Un simbolo e la collezione di forme visibili per la rappresentazione di cose invisibili. Quando parlo di simbologia del potere io penso a tutto ciö che era ed e adatto a dimostrare la sovranitä, il potere, la potenza legittima, che come tali si percepiscono sensibilmente, per mezzo di se- gni, gesti e azioni sensibili, quindi visibili, udibili, tangibili. Questa non e una definizione del concetto di «Simbologia del poterev bensi solo un'ipotesi di lavoro. >� certo, infatti, che ogni sovrano, ogni signore, (anche quando questi sia un «comu- neu e non la singola persona) deve mostrare il suo potere ai subalterni in modo tangibile ma non solo con punizioni e costrizioni (quindi in negativo), bensi proprio in tutte -le occa- sioni possibili in cui intercorrono buoni rapporti z. Altrettanto i sudditi hanno il dovere di esprimere la loro fedeltä e devozio- ne in modo visibile e sensibile.

>r merito di uno storico tedesco Paver fatto della simbolo- gia del potere una disciplina della Medievalistica: Percy Ernst Schramm, che dal 1927 ha trattato questo tema in molti saggi e libri, che io non. posso e non voglio enumerare in questa

I Huco DE S. VICTORE, Conunentarius in Hier. Cael. S. Dion Aeropag., Mi- gne Patr. lat. 175,941.

2 Il libro di MARC Bt. octi, Les rois thaumaturges. ztudes sur le caractere - surnaturel attribue ä la puissance royale particulierement en France et en Angle- terre (Publications de la Faculte des Lettres de l'Univ. de Strasbourg fasc. 19,1924, trad. ital. Torino 1973) e ancora oggi pregevole per il nostro tema. Esso e talmente buono the evidentemente nessuno ha osato seguire Tautore sulla strada intrapresa. Le stosse traduzioni in altre lingue, pubblicate relativa- mente tardi, non hanno avuto un seguito. Sembra die nessuno dei numerosi allievi di Bloch in Francia, in Italia e altrove si sia sentito stimolato da questo libro; e to stesso P. E. Schramm (v. N. 3) non se n'e servito molto, canto the lo cita solo di rado.

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sede 3. Egli separö e collegö «segni del potere e simbologia dello Stato» 4. Ma nell'articolo sui metodi di questa nuova di-

sciplina ristampato nella raccolta di saggi «Kaiser, Könige und Päpste» 5 si chiarisce il fatto the lo storico in questo caso deve ricorrere non di rado all'aiuto dello storico dell'arte, par- ticolarmente nel caso dei segni del potere e della «architettura politica». Ciö non e altrettanto valido per i gesti, le azioni e le cerimonie, di cui vorrei trattare in questa sede. Io le

considero come espressione della simbologia del potere e non della simbologia dello Stato, e porterö alcuni, pochi esempi di simbologia del potere, atti a chiarire the simbologia del

potere e simbologia dello Stato non sono dei sinonimi. Comincerö con il viaggio dell'imperatrice Isabella, la terza

moglie di Federico II, sorella del re inglese Enrico III, in Ger-

mania, ove, il 15.7.1235 a Worms si sposö con l'imperatore. Federico aveva mandato diversi legati di riguardo in Inghilter-

ra, questi dovevano chiedere la mano della sposa e concordare il contratto di matrimonio. Loro portavoce era Pier delle Vi-

gne 6, il quale - come si usava allora - ricevette doni pre- ziosi dal re, dei quali uno e conosciuto poiche si trova nei conti del «guardaroba» reale 7. Piero e altri sette di cui si fa il nome ricevettero inoltre del tessuto di colore scarlatto per farsi un abito da festa: due ne ricevettero dodici braccia

e sei solo undici e mezzo, tra questi anche Piero. Ciö fa sup- porre the lui non fosse molto alto e molto grosso. Ma ciö sia detto solo di sfuggita. Purtroppo non esistono altre notizie sull'aspetto esteriore del Magister Petrus. Ma torniamo alla dote dell'imperatrice inglese: «per lei era stata preparata una

3 Cfr. J. BAK, Medieval Simbology of the State: P. E. Schranüiº's Contribu- tion, in: Viator 4 (1973) pagg. 33.63.

4 P. E. Scaiuº. ttt, Herrschaftszeichen und Staatssymbolik, 3 volumi, Stutt-

gart 1954-1956. 5 P. E. ScttRAMM, 11 simbolismo dello stato nella storia del medioevo, in:

La Storia del diritto ne! quadro delle scienze storiche. Atti del I Congresso Internaz. della Societit ital. di Storia del diritto, Firenze 1966, pp. 247-265,

ediz. tedesca ampliata in: P. E. SCHRAMM, Kaiser, Könige und Päpste vol. 1 (Stuttgart 1968) pagg. 30.58 con numerose indicazioni bibliografiche.

6 Cfr. E. H. KANTOROw1CZ, Selected Studies, Locust Valley, N. Y., 1965 pag. 224 e segg.

7 P. E. ScIRAMM"Ft.. Mt1THmucu, Denkmale der deutschen Könige und Kai-

ser, München 1962 (2° Ed. 1981) p. 108 a n. IV 1-8, cfr. IV, 57,58.

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corona d'oro, con molte pietre preziose e con 1'effigie di quat- tro re inglesi santi, qui a rege ad sue sororis anime custodiam sunt specialiter assignati» 8, come speciali patroni protettori dell'imperatrice. Il cronista inglese inoltre annovera: monete d'oro ed anelli, gioielli e pietre preziose, vestiti di seta ed altri variopinti, coperte, cuscini di seta, ecc. Anche i «recipienti per le bevande e per i cibi erano d'oro puro e d'argento e addirittura tutto il vasellame, le pentole grandi e quelle piccole erano d'argento, cosa che sembrava superflua a tutti». Faceva- no parte del seguito della sposa imperiale molti nobili e gentil- donne e giovinette, cos! come i domestici. E molti «cavalli con seile dorate lavorate finemente, con morsi e filetti dorati e con briglie artisticamente decorate) >9. Furono infine 3000 ca- valieri che scortarono la principessa ed il suo seguito, sulla strada che da Westminster passa per Canterbury arrivando fino al mare. Ricchezza e pompa, mostrate in quest'occasione, ave- vano lo scopo di rendere manifesto a tutti che la sorella del re meritava di diventare imperatrice. E fin qui per quanto riguarda la parte inglese della storia, ed ora passiamo a quella tedesca.

Dopo la traversata la principessa inglese ed il suo seguito, assieme ai legati che 1'accompagnavano, approdarono presso Anversa. Cito di nuovo: «Andarono loro incontro una quantitä di nobili armati,... andö anche il clero della zona in processione solenne con suoni di campane e canti di gioia, ed insieme a loro tutti i maestri e compositori di ogni tipo di musica con i loro strumenti» 10. In gran festa ci si avviö alla volta di Colonia, ove la fidanzata dell'imperatore fu ricevuta, giä fuori della cittä, da migliaia di cittadini in abiti eleganti con fiori e rami di alberi e diversi tipi di giochi. Di-nuovo si parla espressamente della musica 11, e cito: «Arrivarono anche - un capolavoro particolarmente ben escogitato - delle bar- che che apparentemente remavano sul terreno asciutto e che venivano trainate da cavalli nascosti sotto delle coperte di seta.

8 ROGER \VES: DOVER, ed. H. G. Hewlett, vol. 3 (1889) pag. 109. P. E. SCHRAMM, Kaiser Friedrichs 11. Herrschaftszeichen (Abb. d. Akad. d. Wiss. in Göttingen Phil. -hist. i: L 3. F. 36,1955) pag. 137 e seg.

9 ROGER WENDOVER 3 pag. 110. 10 ROGER WE DOVER 3 pag. 109. 11 Cfr. S. ZAK, Musik als »Ehr und Zier», Neuss 1979 pag. 239.

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Su queste barche il clero, per la gioia dei presenti, suonava su strumenti melodiosi, soavi e fin'ora mai sentite melodie» 12. Da fine maggio ai primi di luglio Isabella rimase a Colonia

«ma abitava fuori dalla cittä a causa del disordine e dei rumo- ri» 13. Trascorreva le serate in compagnia di dame che canta- vano e suonavano strumenti. Il cronista non da molte informa- zioni sul matrimonio a Worms. Vi assistettero comunque «quat- tro re, undici duchi e trenta conti e marchesi, senza contare i principi della Chiesa» 14. E cerco di riassumere. Il re d'In-

ghilterra dette in dote a sua sorella, la futura imperatrice, una corona d'oro e tesori e vestiti preziosi e perfino del vasel- lame d'argento e un seguito e delle guardie d'onore numerose. La sposa doveva essere ricca, e la sua ricchezza si doveva vedere, ed in Germania fu debitamente ammirata in quanto tale. Ad Anversa ed a Colonia l'imperatrice fu salutata da molti ecclesiastici e da molti laici, con suoni di campane, canti e musiche, con fiori e palme (rami freschi), con giochi e barche che si muovevano sul terreno asciutto, tanto da far pensare al Carnevale i cui festeggiamenti, perö, non si conoscevano ancora nel 13° secolo. Musica durante il ricevimento, musica su quelle splendide barche e musica per le serate... anche alIo- ra, come oggi, la musica faceva parte di ogni corteo festivo e di ogni festivitä pubblica. Per questo essa puö far parte della simbologia del potere, ma a tale riguardo le ricerche sono ancora agli inizi 15.

Segni di potere e di sovranitä erano anche gli animali feroci o esotici, che il sovrano possedeva, dei quali disponeva, e che certamene nessuno ha messo in mostra in modo piü coerente, come segno di pompa e di potenza, di Federico II. Quando appariva nei cortei solenni egli era accompagnato da elefanti, dromedari, cammelli, pantere, leoni, linci, orsi bianchi, leopardi, girifalchi, falchi bianchi ed altri animali esotici che destavano l'ammirazione degli spettatori. I leopardi ed i falchi servivano per la caccia, come anche i cani dei quali vengono nominati espressamente alcuni molto grandi e feroci come an-

322. 12 MATTJI. PARISIENSIS, Chronica maiora, ed. H. R. Luard, vol. 3 (1876) pag.

13 ROGER WENDOVER 3 pag. 111, cfr. Zak (cit. N. 11) pag. 239 e seg. 14 MATTH. PAR. 3 pag. 324.

15 S. ZAR, Musik (cit. N. 11) passim.

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che quelli da salotto estremamente piccoli. I guardiani degli animali erano spesso Saraceni, che in Alta Italia come in Ger- mania, venivano osservati con stupore non inferiore a quello che si aveva per gli animali esotici 16. L'imperatore stesso era un ottimo cacciatore. L'arte venatoria e la zoologia di altissimo livello sono testimoniate dal suo famoso libro «De arte venandi cum avibus». Ma evidentemente l'interesse scientifico per gli animali non gli impediva di farne un uso anche estremamente massiccio per scopi politici. Egli lo fece piü dei suoi avi e piü dei suoi contemporanei. A suo cognato, il re Enrico III di Inghilterra, aveva regalato tre leopardi scelti, gli animali araldici dei Plantageneti 17. In un secondo tempo il re inglese ottenne in dono da Luigi il Santo, re di Francia, un elefante. -Anche alcune cittä erano potenti e ricche e lo avevano mostrato pubblicamente. Per questo alcuni comuni, nel corso del Duecen- to, si procurarono tali animali, anch'essi senza dubbio dei se- gni. Ricordo tra questi il Marzocco, il leone di Firenze. Dopo la sconfitta di Montaperti, nel 1260, Guittone d'Arezzo scrisse tra 1'altro ai Fiorentini «Non ardite ora di tenere leone, che voi giä non pertene, e se 'I tenete, scorciate over cavate lui coda e oreglie e denti, e unghi' e '1 depelate tutto, e in tal guiza porä figurare voi» 18. Per Guittone il leone fiorentino era piü che un animale: era un segno del potere comunale.

Ma il segno piü importanete del potere della cittä nel 13° secolo, era il carroccio, emblema dell'autoritä cittadina. Nel '400 si sapeva di piü del carroccio che non oggi. Permette- temi dunque di citare Collenuccio e quindi di aggiungervi qual- cosa. «Il carroccio che allora si usava in Italia era un carro molto grande, menato da molte para di bovi concio a gradi intorno in forma di tribunale e di pulpito, molto ben lavorato e coperto e carico di ornamenti, sopra il quale si portavano gli stendardi e le bandiere del popolo, di chi era il carroccio, e de le comunitä che allora in lega si trovavano. Ed era il

16 Cfr. P. ScHHEFR- BOICHORST, Zur Geschichte des XII. und XIII. Jahr- hunderts (Berlin 1897) pag. 282,286 e seg. E. KANTOROWICZ, Kaiser Friedrich II, Berlin 1927 pagg. 286 c 422, e volume di supplemento, ibid. 1931 pag. 136 e seg., 186. Trad. ital di Gianni Pilone Colombo (1976) pag. 281 e seg., 365.

17 ROGER \Ve DovmR (cit. - N. 8) 3 pag. 112. IS E. AIONACI, Crestontazia italiana dei pritni secoli, nuova ed. per cura

di F. Arese (1955) pag. 214.

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carroccio ne li eserciti come il pretorio ed il tribunal comune ove si riduceano gli soldati come a la corte e capo de l'esercito

ove tutti gli magistrati e tutta la forza e la miglior parte del campo stavano a guardia, e allora veramente si tenea rotto e sconfitto il campo quando il carroccio si perdeva» 19. Fin

qui Collenuccio, che ha dimenticato il grande albero che spesso sorreggeva una croce, come la campana (o le campane) ed i trombettieri; quindi gli elementi udibili accanto a quelli visibili.

Nella battaglia di Cortenuova, nel 1237, Federico II si era impossessato del carroccio di Milano. In tutte le guerre contro Federico Barbarossa e Federico II, Milano aveva perso il suo carroccio solo due volte: nel 116220 e 75 anni piü tardi a Cortenuova. L'imperatore non si lasciö sfuggire 1'occasione per dimostrare la sua potenza vincitrice. Portö trionfalmente i suoi trofei a Cremona. Cito da una lettera di Pier delle Vigne o meglio dalla sua raccolta epistolare 21: al'albero del carro era stato piegato ignominiosamente fino a terra e vi era stato lega-

to vergognosamente il Podestä, e, con l'approvazione della folla

circostante, il carro era stato trainato a Cremona da un elefan- te che portava sul dorso una torre di legno e dei suonatori di flauto ei gonfaloni dell'Impero, a lode e gloria dell'impera- tore». >r certamente lo stesso elefante di cui un altro contempo- raneo dice: «in questo esercito l'imperatore aveva un elefante e sul dorso dell'animale vi era una cassa piena di armi, con tutti i gonfaloni, e nel centro sedeva un gonfalonit; ai quattro lati si trovava sempre un gonfalonjer-4; ed in questa cassa sede- vano saraceni e cristiani molto ben armati» 22. In altre occa- sioni erano trombettieri che sedevano su un elefante conciato a modo di carroccio. Matthaeus Parisiensis ei ha lasciato un disegno di questo elefante 23; si riconoscono una dozzina di

persone, una campana, due trombe, un timpano ed un flauto. Ma torniamo al carroccio dei milanesi. L'imperatore lo mandö a Roma, ove venne consenato sul Campidoglio 2i essendo sta-

19 P. COLLENUCCIO, Compendio delle historie del regno di Napoli, a cura di Alfredo Saviotti, Bari 1929, pag. 127.

20 Cfr. ZAK, Alusik (cit. N. 11) pag. 53 e seg. 21 J. L. A. HUILLARD-BREttOLLES, Historia diplonlatica Friderici II, vol. 5,1

(1857) pagg. 137-139. 22 Monumenta Gennaniae Historica, Scriptores 31 p. 512. 23 ZAK, Musik (cit. N. 11) pag. 64 e seg. con fig. 2. 24 Cfr. KANTOROWICZ (cit. N. 16) pag. 408 e segg., volume di supplemento

pag. 180 e seg. Trad. ital. pag. 433 e segg., 444 segg., 510 e seg.

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to trainato fin 1! da muli, ad onta degli sconfitti, come era stato per il carroccio dei Cremonesi, the fu trainato a Parma dagli asini 25.

Ma non solo i carrocci erano simbolo della sovranitä, bens! anche gli edifici di rappresentanza dei comuni 26. All'epoca di Federico II si costruirono il Broletto nuovo a Milano (1233), il Broletto di Brescia (1230), il Palazzo del Comune a Cremona (1246), il Palazzo dei Trecento a Treviso (1227), il primo Palazzo della Ragione a Padova (1218/19), il Palazzo della Ragione a Verona, in Toscana per esempio il Palazzo dei Priori, a Volter- ra ' (1208-54), il Palazzo del Podestä di S. Gimignano (1239), il Palazzo Pretorio a Massa Marittima (circa 1230). Questi sono solo alcuni esempi the si riferiscono all'Italia. Ne aggiungo uno tedesco. I cittadini di Worms, contrariamente al volere del vescovo signore delle cittä e contro il divieto imperiale, avevano costituito un Consiglio. Furono sconfitti e dovettero

«sacrificare 1'emblema della loro indipendenza, il municipio» 27. Cos! nel 1230 fu dato alle fiamme il «piü bel palazzo del mondo» come lo definisce il cronista t8. Dovrei ancora men- zionare le chiese e le torri, ma soprattutto le porte e le mura della cittä. Nel Trecento il famoso giurista Baldo osservö per inciso the le porte e le mura delle cittä servivano «aut ad ornatum - auf ad necessitatem» e riteneva the le spese per costruire le mura servissero «ad expensas supervacuas vel ho-

noris causa sicut esset silicare plateam» 29. Le piazze lastrica- te erano un segno ulteriore della potenza cittadina.

Nell'ambito di questa relazione posso occuparmi solo bre-

vemente di cib the si definisce «architettura politica». 11 cele- bre arco di trionfo di Federico II a Capua con la statua del- I'imperatore, o Castel del Monte che, come una corona di for-

ma ottagonale, domina il paesaggio, e non voglio enumerare in questa sede le molte altre fortezze ei castelli the Federico II ha costruito o dovrebbe aver costruito. Giovanni Villani the

25 COLLENUccIO, ann. 1248 (cit. N. 19) pag. 140 e seg. Cfr. anche SALIMBE- NE, Monum. Germ. Historica Scriptores 32 p. 203; ed. G. Scalia, vol. 1. Bari 1966, p. 292 c seg.

26 J. HEEIts, Partiti e vita politica nellOccidente medioevale (Milano 1983) pag. 86 e segg., 169.

27 H. Boos, Gesch, d. rhein. Städtekultur 1,1897, pag. 409. 28 J. F. BÖHMER, Fontes reruttt gernmnicanun vol. 2 (1845) pag. 161 c seg. 29 Baldus gl. numitionibus civitatum a De pace Constantiae, in: Corpus

inns civilis vol. V: Volumen legum parvum, Venetiis 1581, pag. 127 b.

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ne dä notizia termina con le seguenti parole: ue piü altre nota- bili cose fece fare: it castello di Prato e la rocca di Samminiato» 30.

Schramm ha trattato in modo cos! approfondito i vari segni del potere di Federico II, the io qui ne voglio parlare solo succintamente. Egli ha dimostrato allo stesso tempo, ((co- me nelle insegne del potere dello Svevo le tradizioni normanno- germanica, bizantino-siciliana e islamica si affianchino a quella del Sacrum Imperium Romanum e come inoltre si risalga fino

al modello degli imperatori romani. In ciö si rispecchia la multiformitä dell'ereditä storica incarnata ancora una volta nel- l'imperatore (che fu d'honor si degno» 31. Sono normanni it mantello e la dalmatica di Ruggero II e 1'alba di Guglielmo II, le calze rosse, come pure it cinturone per la spada, conser- vati nel Tesoro di Vienna insieme alle insegne the Federico aveva ereditato da suo padre, la corona imperiale, la Sacra Lancia, la croce e la spada imperiale. Nel Tesoro di Vienna inoltre si trovano ancora una spada, dei guanti e delle scarpe, the aveva fatto fare Federico II. La corona, it Kamelaukion, trovata nel sarcofago di Costanza d'Aragona a Palermo ed ivi esposta nel Tesoro del Duomo, si rifä ai modelli bizantini. Un'altra corona, quella the l'imperatore aveva posto sulla tom- ba di S. Elisabetta, oggigiorno orna un reliquiario the si trova nel Museo Nazionale Storico di Stoccolma. Nel 1248, presso Parma, i nemici si impossessarono di un'altra corona sempre dell'imperatore, grande come una pentola, -_ come gran parte dei sovrani del tempo Federico possedeva piü di una corona, corone the potevano anche avere forme diverse. Sulle monete d'oro fatte coniare da Federico nel 1231, egli non e riprodotto con una vera e propria corona, ma con una corona d'alloro, seguendo it modello dell'imperatore Augusto. II riferimento al- l'imperatore romano era del tutto evidente anche per quanto riguarda it nome delle monete: Augustales 32. Inoltre egli pos-

30 GIOVANNI VIELANI, Cronica 1.6. c. 1, ed F. G. Dragomanni vol. 1. (Firenze

1844) pag. 224. Cfr. anche' E. Dur TuESEIDEtt, Federico 11 ideatore di castelli

e cittä, Arch. stor. pugliese 26 (1973) pagg. 25-40.

31 P. E. ScuRA11ht, Le insegne di potere di Federico I1. in: Atti del Conve-

gno di sittdi su Federico 11 (Iesi, 28-29 maggio), Icsi 1976, pag. 82. 32 C. A. WILLEMSEN, Die Bildnisse der Staufer. Versuch eitler Bestandsauf.

nahtne, Göttingen 1977. pag. 25 e seg. con figg. 66-71: sei augustali, dei quali cinque mostrano I'imperatore con la corona d'alloro, e uno con una corona d'oro.

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sedeva diversi tipi di troni, di questi due erano fissi, quello nella Cappella regia di Palermo e quello imperiale nel Duomo di Aquisgrana. Ma anche troni trasportabili d'oro di gran valo- re ed ornati di pietre preziose e di perle appartenevano al Tesoro dell'imperatore.

Cie per quanto riguarda i segni del potere nel senso stret- to della parola. Aggiungo ancora 1'aquila imperiale 33. Essa ser- viva da blasone e da insegna dell'esercito: «victrix aquila», «vic- trices aquilae», ed ornava il retro degli Augustales.

Il 13 dicembre 1250 l'imperatore Federico II morl in Pu-

glia, «il piü grande fra i principi della terra, colui che comp! miracoli e trasformö il mondo, che venne assolto dalla scomu- nica che lo aveva colpito, dopo che, come si narra, aveva preso la veste di monaco cistercense ed aveva fatto penitenza in

contrizione, umiliandosi» IN. Trentacinque anni prima, dopo 1'in-

coronazione reale ad Aquisgrana, aveva pregato i Cistercensi di volerlo accogliere nella loro confraternita di preghiera 3s, Due papi furono suoi acerrimi nemici, Gregorio IX e Innocenzo IV, e lui li combatte aspramente - ma non combatte mai la Chiesa. Il sovrano che morendo si umilia e si fa mettere 1'abito da frate, e uno schema letterario tipico. Perciö questa notizia potrebbe essere stata inventata. Se s!, allora il cronista pensava che essa si addicesse al defunto, e comunque lo pen- siamo anche noi. Non da frate, ma vestito con un mantello reale e con la corona imperiale, 1'imperatore defunto fu tra-

sportato a Taranto in corteo solenne ed infine sepolto in un sarcofago di porfido 36 nel Duomo di Palermo, che oggigiorno ancora ammiriamo come segno tangibile della pompa imperia- le 37, accanto ai suoi genitori ed alla sua prima moglie. Cos!

33 J. DEER in: P. E. ScnRAatn, Herrschaftszeichen Friedrichs II. (cit. N. 8) pag. 88 e segg., specialmente 111 c segg., inoltre ScnRANni, Le insegne (cit. N. 31) pag. 76 e seg. N. 8. - Fenno restando il facto the le due aquile esaminate da Deer non sono originarie del 13° secolo, ciii the Deer scrisse sulle aquile di Federico II, vale ancora.

34 MATTB. PARISIENS, Cltron. Alai., cd Luard, 5 (1880) pag. 109. 35 E. WViNKELMANN, Acta imperii inedita vol. 1, Innsbruck 1880, pag. 110

e seg. Nr. 131. 36 KANTORowIcz (cit. N. 16) pag. 627, trad. ital. pag. 682. 37 J. DEER, The Dynastic Porphyry Tombs of the Norman Period in Sicily,

Dumbarton Oaks Studies 5, Cambridge Mass. 1959, specialmente pag. 46 e

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ancora oggi si pub vedere the Federico II, nipote dell'imperato- re Federico Barbarossa e del re normanno Ruggero II, fu il «piü Brande fra i Principi della terra.

I

i

segg. J. DEER, Das Grab Friedrichs II in: Probleme um Friedrich 11., a cure di J. Fleckenstein, Vorträge und Forschungen 16, Sigmaringen 1974, pag. 361 C segg.