val vibrata life - ottobre 2014

56
V al LIFE VIBRATA WWW.VALVIBRATALIFE.COM TERRITORIO CULTURA ECCELLENZE AMBIENTE SOCIETÀ LAVORO è PROFONDO ROSSO 1649 Pellizza da Volpedo Il Quarto Stato 1898-1902 olio su tela cm 283x550 esposto al Museo del Novecento di Milano OTTOBRE 2014 MENSILE A DISTRIBUZIONE GRATUITA

Upload: val-vibrata-life-free-press

Post on 05-Apr-2016

230 views

Category:

Documents


8 download

DESCRIPTION

VAL VIBRATA Life è un giornale Free Press dedicato al territorio della Val Vibrata e dintorni.

TRANSCRIPT

Page 1: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

life

Val

TERRITORIO CULTURA ECCELLENZE AMBIENTE SOCIETA’

LIFEVIBRATA

WWW.VALVIBRATALIFE.COM TERRITORIO CULTURA ECCELLENZE AMBIENTE SOCIETÀ

LAVOROè PROFONDO ROSSO16

49 P

elliz

za d

a Vo

lped

o Il

Qua

rto

Stat

o 18

98-1

902

olio

su te

la

cm 2

83x5

50 es

posto

al M

useo

del

Nov

ecen

to d

i Mila

noO

TTO

BRE

2014

MEN

SILE

A D

ISTR

IBU

ZIO

NE

GRA

TUIT

A

Page 2: Val Vibrata Life - Ottobre 2014
Page 3: Val Vibrata Life - Ottobre 2014
Page 4: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

edito

riale

SO

VR

AP

PE

NS

IER

O Se non fosse perché vilipende, gli italiani terrebbero tutto il giorno il dito medio alzato. Davanti alla tv mentre ascoltano i politici o se li vedessero passare. Viene anche spontaneo pen-sare di farlo- quando no lo si fa per davvero- sostando davanti ai palazzi dello Stato. Non ci viene certamente spontaneo nem-meno di spargere petali di rosa alle passerelle di vip strapagati e ai signori in odore di corruzione. Peggio ancora, mineremmo volentieri il campo al transito degli evasori fiscali mentre spo-gliano l’Italia della sua ricchezza che coincide spesso con quella da noi prodotta, portando liquidità e società nei paradisi fiscali o in Stati a minore tassazione. Dito medio alzato anche a que-gli imprenditori che sfruttano i lavoratori e che si fanno pagare dagli italiani il costo di ammortizzatori sociali delle false crisi. E se dico Europa? Si, quella disunita a cui tutti stiamo pensando che ci chiede doveri ma nega diritti e che pretende di dirci an-che come ci dobbiamo vestire la mattina e che per colazione anziché d’arancia, metterebbe nel bicchiere una spremuta di italiani. Non ci viene di inginocchiarci davanti ai palazzi di giu-stizia. Forse un segno di Croce sì, lo faremmo, per quel senso di insoddisfazione del diritto e della incertezza della pena che fa santi, spesso, i delinquenti e martiri gli onesti.

VAL VIBRATA LIFE Anno III Numero 25

DIRETTORE RESPONSABILEAlex De Palo

HANNO COLLABORATOAlfonso Aloisi, Marvin Angeloni, Marco Calvarese, Martina Di Donato,

Noemi Di Emidio, Alessandra Di Giuseppe, Francesco Galiffa, Giordana Galli, Virginia Maloni, Stefania Mezzina, Michele Narcisi,

Nando Perilli, Cinzia Rosati, Paride Travaglini

EDITOREDiamond Media Group s.r.l.

Via Carlo Levi, 1- Garrufo di Sant’Omero (TE)Tel. 0861 887405 - [email protected]

VAL VIBRATA LIFEReg. Trib. di Teramo n° 670\2013

GRAFICADiamond Media Group s.r.l.

STAMPAArti Grafiche Picene s.r.l.

PUBBLICITA’[email protected]

FACEBOOKVal Vibrata Life Free Press

TWITTER@VALVIBRATALIFE

RESPONSABILE TRATTAMENTO DATI Dlgs 196/03Alex De Palo

Riservato ogni diritto e uso. Vietata la riproduzione anche parziale

IL DITO MEDIO DEGLI ITALIANI

ALEX DE PALO

Page 5: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

42 45

L’ORO ROSSO DI GIULIANOVA

AL CAPEZZALE DEL LAVORO PERDUTO

LA RUA: DA ASCOLI A MTV

GLI ANTICHI TRABOCCHI GIULIESI

MUSICA MAESTRO

LA CASA MUSEO DI MAURO CROCETTA

PEPPER & JELLIES A SUON DI BLUES & JAZZ

08

06

12

14

40

SOMMARIOOttobre 2014

20

11

52

2732

47

38

44

16

24

26

48

34

INTORNO A UN CHICCO DI GRANO

LE VACANZE TORTORETANE DEI VIP

LUPINI, ARACHIDI E COZZE FRITTE

VAL VIBRATA BABY

IL PICCOLO GENIO DEGLI SCACCHI

STREET ART: LA NUOVA FORMA DI COMUNICAZIONE

COLOGNA HA LA SUA OASI MARINASATIRA DI PERILLI

IL SANTUARIO DI SAN GABRIELE

GLI SPLENDIDI GIOIELLI DI ARGILLA

“FA’VOLÁ” PER TUTTI

LA TERAPIA DEI SENSICON LO SHIATSU

PMI E GLOBALIZZAZIONE

Page 6: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

Lo tsunami della crisi economica internazio-nale si è infranta sull’Italia con un delay di qualche anno rispetto ai Paesi d’oltreoceano, e solo ora si avverte il suo ritirarsi, lasciando

però dietro di sé le macerie e le evidenti colpe di una politica economica decennale assolutamente inadeguata. Un’ondata che si è prolungata più del previsto, con un annaspare continuo da parte del-le istituzioni che trovano difficoltà nell’affrontare le emergenze di una disoccupazione crescente e di una perdita esponenziale del numero di indu-strie ed investimenti su tutti i settori. Più delle sen-sazioni, risultano prove inconfutabili i numeri che danno dimostrazione di dove l’onda si è infranta.Il nostro territorio non è esente da questo mare-moto ed i dati raccolti e le testimonianze da parte dei responsabili dei Centri per l’impiego confer-mano come il problema economico rischia di ave-re una deriva di esasperazione sociale.

La disoccupazione in provincia

Dalla provincia di Teramo ci arrivano i dati sul no-stro territorio riguardante la disoccupazione delle due fasce d’età sensibili (fino ai 29 anni compresi e quelle oltre il ventinovesimo anno di età), nell’am-bito del lavoro nel periodo 2011 - 2014, ovvero dall’inizio della crisi sulle banche e le imprese ita-liane. Tra il 2011 ed il 2014 il numero dei disoccu-pati è quasi raddoppiato per entrambe le fasce di età (8.424 unità per la fascia entro i 29anni, 15.298 unità per gli over 29) con un allarme maggiore per quanto riguarda le persone di età superiore ai 29 anni che vedono ancora più dei giovani le dif-ficoltà non solo di mantenere il proprio tenore di vita, ma di sopravvivere e garantirsi quantomeno la propria dignità. In aggiunta va segnalato che i numeri sull’esercito di disoccupati sono “gonfiati” anche dalla crescente immigrazione sul territo-rio, anche se gli stranieri, soprattutto provenienti dalla Repubblica cinese, difficilmente utilizzano le strutture istituzionali per la richiesta e sommini-strazione di lavoro. Inoltre le imprese che coinvol-gono l’agricoltura e la pesca si dimostrano in uno

stato di immobilità mentre il manifatturiero crolla insieme agli investimenti su sanità, scuola e fonti di energia.Ferme al palo anche le attività turistiche che, per-fino durante gli scorsi quattro mesi, hanno abbas-sato notevolmente le richieste di manodopera ag-gravando ulteriormente il numero di disoccupati che trovavano nella stagione estiva una boccata d’aria indispensabile. Tutto questo è stato confermato dai responsabi-li dei Centri per l’Impiego, in particolare dal dott. Quarchioni, dell’ufficio di Giulianova e dalla diri-gente provinciale del settore, Renata Durante, che sottolineano come gli sportelli lavoro siano oggi più che mai delle trincee per quella che rischia di diventare una guerra tra poveri.

I Centri per l’Impiego come “trincee”

Parafrasando le parole della dirigente Renata Du-rante e seguendo il discorso di Quarchioni, possia-mo tranquillamente definire i Centri per l’Impiego

TERR

ITO

RIO

6

IN FILA AL “SANTUARIO” DEL COLLOCAMENTO

NOSTRA INCHIESTAIn provincia di Teramo cresce la disoccupazione, i Centri per l’impiego scoppiano, giù l’offerta anche nel turismoE’ coma-lavoro

MARVIN ANGELONI

Page 7: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

come il territorio di confine e l’ultimo approdo dove le persone disorientate della crisi si recano sperando di avvistare da lì e per primi la “terra pro-messa” della ripresa. La parola “trincea” non è affatto abusata in questo caso.Quarchioni: “Abbiamo certamente riscontrato un grande aumento di disoccupati nel periodo 2011-2014, dunque i numeri sono reali, e come dicevo, anche le attività stagionali hanno avuto un decre-mento di unità sia per la crisi che ovviamente per i problemi climatici che hanno afflitto la stagione“.

La percezione da parte degli addetti ai lavori è si-curamente più genuina di semplici cifre o percen-tuali, anche perché è superficiale ridurre individui a numeri quando, in uno stato di crisi, il rischio maggiore dell’impoverimento è quello di una cre-scente esasperazione sociale. A questo punto le “trincee” danno ragione a questo pesante sopran-nome perché svolgono non soltanto il lavoro di consulenza e mediazione lavoro, ma diventano il “vomitorium” di quelle persone che giornalmente si presentano allo sportello.

“Prima alcune persone venivano ogni tanto e non con una frequenza abituale, ora invece mi capita di vederli quotidianamente e spesso le loro richieste sono lontane dalle nostre competenze ma sia per umanità che per professionalità cerchiamo di ac-contentarli - continua Quarchioni. Io ed i miei colla-boratori sentiamo ora più che mai di avere anche e sopratutto una funzione sociale perché l’ansia è au-mentata. L’utenza si è comunque mantenuta educa-ta e con un atteggiamento costruttivo ma il fattore d’ansia data da una crisi prolungata che non sem-bra finire li ha segnati. Credo che il loro andirivieni sia appunto per segnalare quello che è non solo una questione economica ma un problema sociale.”

TERR

ITO

RIO

7

Oltre la trincea

Allargando il discorso sui segnali di ripresa, gli ad-detti ai lavori hanno notato una flebile luce alla fine del tunnel soprattutto nell’ultimo mese di set-tembre con un movimento positivo di richiesta di manodopera da parte di aziende del territorio. E’ però prematuro e fin troppo ottimistico dire che questo possa diventare un trend che permetta alla percentuale di disoccupati abruzzesi di scen-dere quantomeno ai livelli del 2010. D’altronde alcuni progetti di mediazione lavorativa sono sta-ti abbandonati soprattutto per quanto riguarda la componente di stranieri in regola che affronta problematiche maggiori rispetto ad un qualsiasi italiano nel momento della ricerca di un impiego.Per i giovani invece viene fatto troppo poco, con un progetto a finanziamento europeo chiama-to GaranziaGiovani (tutte le informazioni sul sito www.garanziagiovani.gov.it) che intende recupe-rare quei ragazzi tra i 16 ed i 29 anni che non stu-diano, non lavorano e non hanno e fanno forma-zione alcuna attraverso un bonus occupazionale per le aziende che si offrono di assumerli passando per l’INPS. L’incidenza non è però decisiva perché si tratta in ogni caso di una piccola parte di utenza demotivata che bisogna andare a prendere quasi a casa. E’ necessario ora più che mai un potenzia-mento delle strutture che affrontano sul campo il problema lavoro, quantomeno per riconoscergli quella plusvalenza sociale che contribuisce ad evi-tare derive pericolose.

2011 2012 2013 20140

10000

20000

30000

40000

50000

60000

70000

80000

90000

100000

0

3580339226

44054

51101

0

9988 1217315103

18412

Disoccupazione Provincia di Teramo 2011-2014

fonte: Provincia di Teramo

Disoccupati dai 16 ai 29 anni

Disoccupati oltre oltre i 29 anni

Page 8: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

TERR

ITO

RIO

8

Tito Rubini appartiene ad una famiglia di orafi presente con la propria attività a Ne-reto da diversi decenni. Parlando dell’arte orafa abruzzese, lo stesso Tito Rubini de-

dica molta attenzione alla lavorazione del corallo riservandole una serie di appunti di carattere stori-co e non solo. Il suo esordio è proprio incisivo: “Un capitolo a parte merita il corallo”. Ne traccia l’evo-luzione che ci riguarda sottolineando che in Italia, tra il XIX e XX secolo, si erano affermate tre grandi aree di lavorazione del corallo. Le città cui faceva capo tale attività erano Livorno in Toscana, Torre del Greco in Campania e Giulianova in Abruzzo. In provincia di Teramo, a Giulianova, i fratelli Migliori avviarono un grosso e qualificato laboratorio de-stinato alla produzione di articoli artigianali in co-rallo di eccellente qualità. Famose le collane sfac-cettate a mano denominate appunto “millefacce” per la particolare lavorazione che trasformava il corallo allo stato puro in un poliedro geometrica-mente perfetto. Tale tipo di lavorazione era prati-cata a Livorno già nel 1700. Tito Rubini ricorda che nella villa dei Migliori denominata “alla Monta-gnola”, ubicata nella parte alta della Città, esisteva nel salone delle feste una volta in mattoni con la scritta molto poetica: “Giù nel mare profondo, per mani operose, vai corallo del mondo a adornare le spose”. Ritornando al corallo non possiamo non ri-cordare che in Val Vibrata il rito della “collana rossa” era molto seguito. La futura suocera, cingendola al collo della prossima nuora, pronunciava la frase propiziatoria: “Ije te l’appenne, ije te l’allacce, a la

fine dell’anne nu fije maschie”. Altra colorita fila-strocca viene dalla reminiscenza della famiglia Ru-bini (orafi dal 1850): “Nghe la cullane rosce e gros-se te vasce cchiù che posse, nghe la cullane rosce e grosse te leve pure l’osse, nghe la cullane rosce e grosse te porte là la fosse”. I fratelli Migliori, come ricorda lo storico Pasquale Rasicci, erano discen-denti di quell’Ernesto Migliori nato nella cittadina giuliese il 22 dicembre 1867 da Vincenzo e Maria Concetta Braga, sorella del violoncellista Gaetano. Ernesto fu il primo ad approdare nel mondo del corallo. Da commerciante frequentava Livorno ed il suo attivissimo porto. Nella città toscana sposò una ragazza con cui iniziò a condividere la passio-ne per il corallo. Di li a poco Ernesto Migliori di-venne raffinato orafo, abile e ricercato intenditore nella lavorazione del prezioso materiale degli abis-si. In brevissimo tempo, grazie anche all’aiuto dei fratelli più giovani, la sua azienda corallifera diven-ne una delle più rinomate. Alla fine del XIX secolo Ernesto Migliori frequentava con successo, gra-zie anche all’alta qualità della sua produzione, le piazze di Londra e Milano ed i relativi mercati. Ben presto il commercio del corallo di Giulianova si at-testò su livelli molto interessanti tanto da condivi-dere la supremazia nazionale con le più blasonate città di Livorno, Torre del Greco ed in parte Geno-va. Nei laboratori di viale dello Splendore, sede appunto della ditta Migliori, erano impiegati fino a 150 dipendenti e quasi tutte donne. La materia prima proveniva a Livorno dal Mar del Giappone. Il corallo rosso e rosa veniva largamente impiega-to per la creazione di grosse e pesanti collane che, come già abbiamo sottolineato, nei tempi andati rappresentavano il più ambito ornamento per la sposa. I coralli del Giappone venivano utilizzati anche per creare eleganti orecchini, anelli, me-daglioni e bracciali. La seconda guerra mondiale segnò la fine della lavorazione del corallo a Giulia-nova. Intensi rapporti commerciali intercorrevano a quei tempi tra gli orafi neretesi Tito e Raffaele Rubini, considerati dei veri e propri maestri d’arte nella provincia teramana, ed i fratelli Migliori. Ad un certo punto il corallo perse un po’ del suo inte-resse e così gli eredi Rubini (Peppino e Francesco

L’ORO ROSSO DEGLI ABISSIC’è un po’ di Abruzzo nella cesellatura del corallo e nella cultura popolare, come racconta l’orafo RubiniALFONSO ALOISI

Page 9: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

TERR

ITO

RIO

9

detto Checchino) divennero i più grossi acquirenti e raccoglitori di collane di corallo della Val Vibrata. Attorno al corallo, nel XIX seco-lo, si affollavano anche credenze popolari che trovavano albergo soprattutto nella vanità femmini-le. Nel teramano fu lanciata un’ap-posita linea di tipici esemplari a “bottoncino” chiamati “lupine” per la forma lenticolare del corallo, come l’omonimo seme di legume. I monili tondeggianti erano molto diffusi e venivano indossati parti-colarmente dalle ragazzine nella convinzione che il corallo potesse preservarle dagli sguardi invidiosi e, quindi, dal cosiddetto “maloc-chio” o “fattura” che dir si voglia. A Nereto vennero realizzati dall’ora-fo Raffaele Rubini. In una teca del museo Liverino di Torre del Greco, a perenne testimonianza della considerazione incassata dall’a-zienda Migliori, è custodita una parure composta da collana ed orecchini “Sardegna”, creata dalle sa-pienti mani degli incisori giuliesi. Grazie all’abilità di operaie ed operai ed alla qualità del corallo im-piegato, per lo più il “Rosso Sardegna” ed il “Rosa Nipponico”, il valore dei monili creati a Giulianova eguaglia in breve tempo quello dei centri più bla-sonati, come Trapani, Livorno, Genova e Torre del Greco conquistando spazi ragguardevoli del mer-cato nazionale ed estero. Nei primi anni del 1940, a seguito del conflitto mondiale, il settore del co-rallo entra in crisi, ma giuliesi veraci come Antonio

Belfiore, Bruto e Attilio Di Michele continuano per diversi anni a produrre bellissimi cammei, collane e rosari richiestissimi dalla clientela locale. L’arte dell’intaglio e dell’incisione di estrazione giuliese ha continuato a vivere nelle mani di nuove gene-razioni di corallari toscani. Sottolinea Tito Rubini: “Mi piacerebbe sviluppare un progetto tra Giulia-nova e Nereto che riproponga la lavorazione e la commercializzazione del corallo tenendo presenti i fasti di quella “avventura del corallo” che nei pri-mi anni del XX secolo creò nella nostra regione un polo di eccellenza straordinario”.

Page 10: Val Vibrata Life - Ottobre 2014
Page 11: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

Essendo una città con particolari caratteri-stiche- dire di élite ci sembra un po’ troppo - a Tortoreto (e nella vicina Alba Adriatica) d’estate sono venuti, e continuano a veni-

re, personaggi famosi. Tra i principali ricordiamo Mandelli, grande dirigente di associazioni e grup-pi industriali; Raule, già esponente di primo piano della Lega Calcio e della Lazio. L’editore Signorelli. Il direttore del Corriere Adriatico (un tempo “La voce Adriatica”) Dario Beni Jr.; l’attore Lovelock; l’ex calciatore-medico Boranga; i fratelli Ossicini, professori universitari e politici di spessore. Inoltre, i coreografi e ballerini Steffen, Galietti, Scarpa. Paul Steffen aveva il suo quartier generale estivo al Mar-coni di Gigino Marconi, scomparso da poco, uno dei titolari di chalet più umani della costa vibratia-na insieme a Mimì Dezi, Vittorio Ferretti e Gigino Vagnozzi. Veniva spesso pure il grande penalista milanese Alberto Dall’Ora, protagonista di proces-si che hanno fatto storia e titolare, per anni, di una seguitissima rubrica su “Epoca”. E, di tanto in tanto, l’allora esponente socialista (area “lombardiana”) Fabrizio Cicchitto, poi approdato alla corte di Ber-lusconi e, di recente, in quella di Alfano. E ancora i fratelli Bracardi, Franco (scomparso) e Giorgio, an-cora vivente, protagonista delle trasmissioni di Ar-bore-Boncompagni. Poi ci sono i tortoretani illustri come Alberto “Bibì” Capanna, fratello del medico Renato (anche lui professionalmente irreprensibi-le e umano in massimo grado). Alberto Capanna è stato alto dirigente di aziende statali come l’Italsi-der e la Finsider, gruppo Iri (direttore e presidente a più riprese), bravo ed onesto, un dato, quest’ulti-

mo, che vale sottolineare visti i tempi. Altro uomo di spicco, padre Natale Cavatassi, un passionista di elevato spessore culturale cui si deve, tra l’altro, una accurata ricerca su san Gabriele dell’Addolora-ta, il santo dei giovani. Quanto a Grazia Scuccimar-ra, la nota e brava attrice di teatro, più e più volte ha ribadito di avere Tortoreto nel cuore. Capitolo a parte merita il Sayonara, che ha ospitato tanti personaggi dello spettacolo famosi, in particolare cantanti. Merito senza alcun dubbio della famiglia Muscella, del compianto Giovannino, di Renato e dei rispettivi genitori. Mina, Cocciante, Califano, Ornella Vanoni e tanti altri big della canzone ita-liana e non solo. Tanti i ricordi di quel tempo or-mai lontano. Uno si riferisce ad un Renato Zero all’inizio della carriera, quando non era nessuno sul piano della popolarità. Ci trovavamo dentro al locale e, alla vista di questo stravagante perso-naggio, peraltro sempre coerente fino ad oggi, che indossava una tutina attillata scura, piena lustrini e pennacchi, Giovannino Muscella, che ne aveva intuito il talento, disse: “Vedrete, questo Renato Zero diventerà un fenomeno”. Un episodio nega-tivo legato al Sayonara? La sera che un gruppo di romani, fuori dal locale, si mise a canticchiare, con intenti canzonatori: “Lo sai che i papaveri son alti alti alti e Cocciante è piccolino, Cocciante è picco-lino...”. L’ottimo cantautore di origini vietnamite, in-dispettito ed esasperato, ad un certo punto smise di cantare e di suonare il pianoforte. E così la serata finì male. Alla fine, ci sembra doveroso ricordare la figura dell’ingegner Ricci, uno degli artefici princi-pali della realizzazione del nostro bel lungomare (Alba Adriatica- Tortoreto), della passeggiata che costeggia, nella parte lidense, viale Sirena.

PEO

PLE

11

LA DOTATA TORTORETO CHE PIACE TANTO AI VIPDecine di star di ogni tempo almeno una volta hanno raggiunto la perla teramana. Ecco chi sono

MICHELE NARCISI

Page 12: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

PEO

PLE

12

“Non sono positivo alla normalità”, canta La Rua, un gruppo “nu-folk” nato nel 2004 nella provincia di Ascoli Piceno, dove è iniziata l’asce-

sa. Grazie all’incontro con Dario Fini (autore anche di brani per Francesco Renga, Emma Marrone e altri) La Rua ha rimodellato il suo progetto e così i cinque ragazzi marchigiani sono sbarcati sulle reti nazionali conquistando tutti. La band è formata da Daniele Incicco (voce e chitarra), William D’Angelo (chitarre), Davide Fioravanti (pianoforte, fisarmo-nica), Nacor Fischietti (batteria) e Alessandro Ma-riani (banjo e chiatarre) ed è entrata nel panora-ma musicale italiano. Dopo aver vinto il progetto AreaSanremo nel 2012 la band è stata scelta per aprire il concerto milanese del gruppo Imagine Dragons e successivamente è stata protagonista di Mtv New Generation: il videoclip della band è andato in onda per un mese. Abbiamo incontrato

quelli de La Rua per scoprirne il talento.

Come è iniziato il vostro progetto? L’immaginario del progetto è nato dal sodalizio artistico tra Daniele e il nostro produttore, Dario Faini, sviluppando poi, insieme alla band, il mondo sonoro che caratterizza il gruppo.

Dopo aver vinto il progetto AreaSanremo nel 2012 e il premio MEI come miglior band al festi-val di Castrocaro, avete aperto il concerto degli Imagine Dragons a Milano, cosa si prova ad esi-birsi su un palco di rilievo?Dire di essere onorati di aver aperto il concerto di una band di tale spessore - peraltro nella loro pri-ma e unica data italiana - forse è anche riduttivo, rispetto alle emozioni provate su quel palco. D’al-tra parte, nel momento in cui “entri in scena”, pen-si unicamente a dare tutto te stesso e creare quel

Quelli del “Nu folk” spopolano e raccontano il successo made in Ascoli

GIRA “LA RUA” MARTINA DI DONATO

Page 13: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

PEO

PLE

13

legame simbiotico e unico con il pubblico, che in quell’occasione - seppur non ci conoscesse – ha ri-sposto veramente alla grande.

Nella scorsa estate siete entrati in lizza per il premio Mtv New Generation con il brano “ Non sono positivo alla normalità” il cui video è stato trasmesso da Mtv. Vi siete divertiti a girare un vi-deoclip che poi è stato visto da tutta la nazione?Come si vede nello stesso videoclip ci siamo spinti a spogliarci integralmente! Dopo un iniziale imba-razzo, ci siamo semplicemente lasciati andare, sal-tando e divertendoci sulle note del brano. E’ stato un modo per trasmettere la volontà di uscire dagli schemi, in maniera gioiosa, scherzosa e diverten-te, senza prendersi troppo sul serio. Lo spogliarsi in tutto e per tutto indica il voler negare l’apparte-nenza alla routine che la società di oggi ci impone e rivendicare uno scambio di emozioni ed espe-rienze con “l’altro” più genuino e impermeabile a pregiudizi di qualsiasi tipo.

Come siete approdati ad Mtv?Mtv è stata una fortuna e una sorpresa veramen-te inaspettata. E’ stato inviato il nostro video ed è piaciuto subito. Prima ci hanno scelto come artisti della settimana, poi come artisti del mese, infine, candidati agli Mtv Awards per la categoria “Best New Generation”. Il 20 giugno ci siamo esibiti a Firenze, al Parco delle Cascine insieme ad altri tre

bravissimi artisti. Sfortunatamente non è andata, ma sicuramente è stata una grande soddisfazione per noi essere entrati nelle nominations.

Il vostro genere è definito “Nu folk”, potete spie-garci questa denominazione?Potremmo definirlo come una rivisitazione del folk, secondo gli odierni canoni della canzone po-polare. Riguardo ai nostri brani, la matrice rimane sostanzialmente pop, ma poi la caratterizziamo sperimentando e prendendo spunto dal sound di band e artisti nufolk nord-europei, dove questo genere è già molto affermato (Mumford&Sons, Ko-daline, Lumineers, Of Monsters And Men). Dunque il nostro genere è più un pop/folk, non un folk nel-la sua accezione autentica, ma ripensato secondo le caratteristiche della canzone pop italiana.

Progetti?Abbiamo da poco terminato le date estive e rac-colto un’energia positiva enorme, grazie a tutte le persone che hanno cantato e saltato con noi sotto il palco. Convoglieremo tutta questa energia nella scrittura e registrazione dei brani, i quali andran-no a formare il nostro primo album. Vedrà la luce indicativamente a marzo prossimo. Non vogliamo svelarvi altro, per ora!!

foto di Simone Alessandrini

Page 14: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

TERR

ITO

RIO

14

Quando alla fine degli anni Trenta si ebbe una vera e propria rivoluzione nel set-tore della pesca con l’avvento della motorizzazione, si crearono conseguen-

temente più moderne occasioni favorevoli per il comparto ittico. Ma la cosiddetta modernizzazio-ne non ha indebolito l’entusiasmo per il “trabocco” e per il “saliscendi”. Anzi, durante l’ultimo conflitto mondiale, a causa della requisizione delle barche per motivi militari, i titolari delle “bilance” hanno assicurato alla popolazione la possibilità di procu-rarsi il pescato di giornata quando l’Adriatico, tra l’altro, era molto più generoso di oggi. Nel giugno del 1940, allo scoppio della Seconda Guerra Mon-diale, l’attività portuale risentì sensibilmente degli effetti del conflitto. Tutte le barche a motore con stazza lorda superiore alle trenta tonnellate, tra cui il Vittorio Veneto, il San Vincenzo, il Fedel Franco, il Santa Lucia ed il Gildamadre, vennero letteral-mente trasformate ed impiegate come posamine. Sulla scorta di tali scelte obbligate, la paranza, la sciabica, la lampara ed il saliscendi hanno vissuto all’epoca una seconda giovinezza diventando di nuovo i protagonisti del mare, ormai unica scel-ta per rifornire di pesce la provincia teramana. Il

“saliscendi”, da qualcuno chiamato erroneamente “ca-liscendi”, con la sua incon-fondibile struttura a bilancia protesa verso il mare, ap-partiene alle tradizioni del-le genti che vivevano sulla costa. Questa macchina da pesca da sempre ha porta-to con sé un fascino molto particolare caratterizzato da stati dell’animo molto particolari e visioni sugge-stive sprigionando intime atmosfere. Del resto proprio il paesaggio, costituito qua-si esclusivamente dal mare fino all’orizzonte, tende co-munque alla immediata po-esia. Il “trabocco” per certi versi costituisce la memoria del vissuto ed è nel contem-po custode di quell’ambien-te di cui l’uomo è sempre più alla ricerca affannosa. Il “sali-scendi” sopperisce ad un’al-tra funzione e cioè si trasforma in luogo di aggre-gazione, di socializzazione e punto irrinunciabile di ritrovo per appassionati pescatori, ma anche per semplici curiosi spettatori. Queste ed altre ra-gioni hanno indotto il legislatore a prevedere una vera e propria normativa per i “trabocchi da molo” presenti lungo la costa abruzzese a Giulianova, Pe-scara, San Vito Chietino e Vasto. Infatti, con la leg-

DALLA RETE DA POSTA A PALAFITTA AL PRIMO MOLO

Anche Giulianova ricorda i suoi trabocchi e il primo braccio a mare

ALFONSO ALOISI

Page 15: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

15

TERR

ITO

RIO

ge regionale numero 38/2010 è stata disciplinata l’equiparazione dei “saliscendi da molo” ai “traboc-chi” della costa frentana, questi ultimi già discipli-nati da una legge abruzzese precedente (93/1994) che prevedeva un piano di riqualificazione e con-servazione degli stessi. Del resto, il loro impiego da tempo immemorabile ha consentito in passato di far affermare un’attività artigianale rilevante per l’economia locale. I “saliscendi” o “caliscendi” furo-no realizzati quasi immediatamente dopo l’inizio della costruzione del porto che avviene nel 1913, circa cinquanta anni dopo l’unità d’Italia. Fu l’allo-ra sindaco di Giulianova Giuseppe de’ Bartolomei che, grazie all’appoggio dell’onorevole Roberto de Vito, realizzò i primi 180 metri dell’attuale molo sud verso il largo in direzione nord-est. L’opera si rese necessaria per contrastare l’avanzata conti-nua della ghiaia trasportata dal fiume Tordino so-prattutto nei periodi di piena. Già con la realizza-zione del primo tratto di molo iniziò l’occupazione del versante meridionale, e successivamente an-che settentrionale, da parte dei saliscendi. Pescare era diventato molto più facile e tranquillo: tutto avveniva dalla terraferma e senza l’onere di affron-tare il mare aperto con i rischi che l’attività di ma-rinaio comportava. Significativa una cartolina del 26 agosto del 1923 inviata a tale Lina Sartori di Vit-torio Veneto raffigurante due eleganti signori che passeggiano proprio sul neonato porto tra due ali

di saliscendi. Successivamente il porto si sviluppò ulteriormente fino a costituire l’attuale ampio ba-cino. Ovviamente al consolidamento portuale in termini di estensione seguì anche la veloce occu-pazione da parte dei titolari delle bilance da pesca soprattutto in direzione del mare aperto. Col tem-po i saliscendi diventarono delle vere e proprie “dependance” per gli appassionati ed i loro amici.

E dunque, man mano, non solo pesca, ma anche una partita a tresette o a briscola per ammazzare il tempo od anche un succulento pranzetto a base di pesce per addomesticare l’appetito generato dalla brezza marina. Attorno alle macchine da pesca a posto fisso è fiorita una certa letteratura legata a fatti, avvenimenti, storie personali e passioni per il mare e la sua immensa poesia. Una delle tante è legata ad un noto personaggio giuliese che da giovane, per lavoro, ha dovuto girare il mondo per poi, una volta tornato in patria, rifugiarsi nel suo “saliscendi” circondato da pace, tranquillità, amici, curiosi di passaggio e ovviamente dall’azzurro del mare. Parliamo di Emilio Di Carlo detto Gino e co-nosciuto anche come “il greco”. Esperto di realizza-zioni di nuove linee per il trasporto dell’elettricità, è stato in quasi tutti i continenti ad iniziare dalla permanenza in Sud Africa (regione Virginia) per circa undici anni a partire dal 1969. Poi in Tunisia, ad Hammamet e Sfax per altri tre anni ed in Messi-co per un anno. Ancora in Arabia Saudita (Jedda), poi una breve parentesi in Sicilia e quindi la Grecia (Atene e Salonicco), sempre alle dipendenze del-la Società Anonima di Elettrificazione come capo cantiere. Proprio nell’ultimo periodo lavorativo, tra un viaggio e l’altro verso l’estero, Gino Di Car-lo decide di coronare il suo sogno con l’acquisto del “saliscendi” con annessa struttura di supporto. Ogni giorno, con qualsiasi tempo, Gino Di Carlo è lì. Torna a casa solo per la pausa pranzo ed all’im-brunire. Il Comune di Giulianova, dopo l’appro-vazione della legge regionale “Ruffini-Rabbuffo” dell’estate 2010, a febbraio scorso ha recepito l’im-portanza del provvedimento teso al recupero, alla salvaguardia e alla valorizzazione dei trabocchi da molo della costa abruzzese. La Giunta comunale, oltre a tutelare il patrimonio storico-culturale che da sempre ha caratterizzato il porto di Giuliano-va, ha inteso recuperare anche i “saliscendi” a suo tempo demoliti, conferendo mandato specifico al dirigente competente al fine di effettuare un cen-simento globale, tra passato e presente, includen-do anche i trabocchi realizzati tanti anni or sono sugli scogli del molo nord non più in vita.

Page 16: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

TERR

ITO

RIO

16

Attesa ormai da oltre 40 anni, da quando cioè iniziarono i primi lavori, il 21 settem-bre è una data storica per il popolo dei fe-deli: la solenne cerimonia di Dedicazione

del nuovo Santuario di San Gabriele non passerà come un evento di cristianità qualunque. Un mo-mento molto partecipato e sentito dalla comunità della Diocesi di Teramo-Atri ma anche dal resto d’I-talia e del mondo, visto che numerose sono state le persone giunte a Isola del Gran Sasso da luoghi lontani. Il lungo rito, testimoniato a memoria in una targa ricordo della consacrazione scoperta all’interno del Santuario, è stato presieduto dall’in-viato speciale di Papa Francesco, il Cardinale Ennio Antonelli, già arcivescovo di Firenze e presidente emerito del pontificio Consiglio per la famiglia, mentre per l’occasione Papa Francesco ha voluto far sentire la sua vicinanza attraverso una lettera speciale che è stata letta all’inizio della Messa.L’intitolazione del nuovo Santuario di San Gabrie-le dell’Addolorata è stato un momento a lungo atteso da tutta la Diocesi di Teramo-Atri e dalla comunità di passionisti che cura quotidianamen-te quegli spazi e li ha visti crescere; forse non dal principio, quando già nel 1954 si iniziava a proget-tare l’ampliamento, certamente però alcuni ricor-dano quando nel 1969 è stato approvato il proget-to che ha permesso l’apertura del primo cantiere il 26 febbraio 1970. Il progetto portava la firma degli architetti milanesi Buttura, Massoni, Pelizza, Casati e Ponzio, dell’ingegner Maggi di Vicenza e la direzione dell’ingegner Rossi di Bologna, ed i lavori vennero affidati prima all’impresa di costru-zioni B. Di Pietro & C. di Roma e poi alla ditta Valeri di Montorio al Vomano. Il nuovo Santuario di San Gabriele dell’Addolorata è un’opera ancora oggi guardata con stupore da fedeli e tecnici; infatti conta circa 12mila mq complessivi di costruzione nella quale si evidenziano le travi in acciaio cor-ten, lunghe 32 metri. D’ispirazione ecumenica, la nuova basilica protende le braccia ai quattro pun-ti cardinali e nella sezione richiama la sagoma di una grande nave con la sua stiva (cripta del santo solennemente benedetta da papa Giovanni Paolo II, in visita al santuario, il 30 giugno 1985), che in estate ne ospita l’urna; la tolda (4 navate per la ce-lebrazione) e le 4 vele pandirezionali, come simbo-lo della Chiesa in cammino nel mondo. Lunga 90 metri e larga 30, la grandiosa struttura in cemento bianco, acciaio corten e vetro, può contenere 10 mila persone, di cui 6/7 mila nelle navate. Gli inter-venti di completamento della basilica, a partire dal 1981, sono stati progettati dall’architetto romano Eugenio Abruzzini, mentre le opere artistiche (ve-trate, mosaici, bronzi) sono state realizzate dall’ar-tista cappuccino Ugolino da Belluno. Scandiscono il tempo le 14 campane (25 tonnellate di bronzo finemente lavorato), fuse dalla ditta Marinelli di Agnone negli anni’62-64; ricordano il Concilio Vaticano II e il primo centenario della morte del Santo. Fra tutte, si distingue la campana ecume-nica che pesa 40 quintali che, come architettura, si ispira al duomo di Spoleto mentre intorno alla

campana sono scolpite sette scene che racconta-no i fatti salienti della vita del santo e vi risalta il bassorilievo dello storico abbraccio tra Paolo VI e il patriarca Atenagora I, avvenuto a Gerusalemme il 5 gennaio 1964; sul lato opposto sono raffigura-ti Giovanni XXIII e J. Kennedy, grandi operatori di pace scomparsi nel 1963.Il santuario di San Gabriele dell’Addolorata, ai piedi del Gran Sasso, in provincia di Teramo, è tra i più conosciuti in Italia e in Europa. Una recente classifica lo colloca tra i primi quindici santuari più frequentati del mondo. Due milioni di pellegrini vi arrivano ogni anno per pregare sulla tomba del giovane studente passionista San Gabriele dell’Ad-dolorata. La sua fama non conosce confini. Sono almeno un migliaio le chiese a lui dedicate nei vari continenti. Un casello autostradale, ponti, viadot-ti, piazze, parcheggi, strade, scuole, ospedali por-tano il suo nome. Migliaia di persone nel mondo si chiamano Gabriele o Gabriella in suo onore. Il santuario di San Gabriele si trova al centro di un triangolo sacro che racchiude tre tra i più celebri santuari d’Europa: Loreto, San Gabriele, San Gio-vanni Rotondo. In questi tre santuari ogni anno ar-rivano circa tredici milioni di pellegrini. Già da vari anni i pellegrini, spontaneamente, hanno scoper-to questo itinerario e lo percorrono dal nord al sud e viceversa.

IL GIORNO PIU’ BELLO NELLA CASA DEL SANTO PIU’ AMATOMigliaia di pellegrini da tutto il mondo accolgono l’invito di San Gabriele dell’Addolorata alla “dedicazione” del santuario

MARCO CALVARESE

Page 17: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

17

TERR

ITO

RIO

Page 18: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

TERR

ITO

RIO

18

Alla Dedicazione di uno dei più grandi santuari moderni d’Europa, hanno partecipato il Vescovo di Teramo-Atri, Michele Seccia, il Vescovo di Sanggau (Indonesia) Monsignor Giulio Mencuccini, il supe-riore generale dei Passionisti padre Joachim Rego, il consiglio generale dei Passionisti, il superiore provinciale dei Passionisti del settore centro-adria-tico padre Piergiorgio Bartoli, oltre a numerosi sa-cerdoti, religiosi, autorità civili (tra cui il presidente della Regione Abruzzo D’Alfonso, l’assessore della Regione Abruzzo Pepe, il presidente della Provin-cia di Teramo Catarra, il presidente della Provincia di Chieti Di Giuseppantonio, il prefetto di Teramo Crudo, il questore di Teramo Febo, vari sindaci) e autorità militari. Al rito sono stati presenti alcuni parenti di San Gabriele provenienti da Roma e Jesi. Sono arrivate anche alcune delegazioni di associa-zioni di emigrati da Philadelphia (Usa), Melbourne e Brisbane (Australia) e Dour (Belgio). Al rito di consacrazione hanno partecipato oltre 5mila fe-deli, ma il santuario durante l’intera giornata ne ha accolto non meno di 10mila. “Sua Eminenza, tutta la comunità la ringrazia”, sono state le prime parole del Vescovo Seccia che ha dato il benvenuto al Car-dinale Antonelli e anche a tutta la comunità che ha affollato il Santuario attorno ad un altare dove “ci si sente raccolti in un’aura liturgica e il celebrante, pur tra migliaia di persone, si sente vicino e in dia-logo con tutti”. Forte il messaggio lanciato dal Ve-scovo della Diocesi di Teramo-Atri che ha invitato tutti a “diventare pietre vive dell’unico Tempio vivo che è Cristo”. Parole ripercorse anche dal Cardina-le Ennio Antonelli che, senza usare mezzi termini, ha sottolineato con forza “Dio vuole l’offerta della vita”. Una vita che può essere una croce da acco-gliere come ha fatto San Gabriele dell’Addolorata, rappresentante di una Chiesa che parla al popolo di Dio e di una persona diventata “Tempio Vivo di Dio”, “...per farsi uno con gli altri occorre farsi umile, farsi nulla ...solo ...con o per gli altri ...con o per Dio”. Un grande sacrificio più volte ricordato dal Cardi-nale Antonelli che ha rammentato la gioia che si prova ad essere, per questo, amati da Dio e dai fratelli, “il testimone è San Gabriele che non ha fatto im-prese ma è stato eroico nel quoti-diano ...San Gabriele, come anche altri Santi, è la testimonianza che Gesù mantiene le promesse”.

foto di Marco Calvarese

Page 19: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

Il futuroappartienea chi credealla bellezzadei propri sogni.

Page 20: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

TERR

ITO

RIO

20

INTORNO A UN CHICCO DI GRANOLa paglia, da scarto a risorsa!

FRANCESCO GALIFFA

La paglia (dal latino “palea”) è quel prodotto agricolo costituito dai culmi (i fusti dei cere-ali) alla fine della maturazione della pianta. Se i semi costituiscono la parte nobile del

raccolto, spesso la paglia oggi non viene raccolta, in quanto non risulta economicamente conve-niente. In questo caso è interrata con le lavora-zioni di preparazione del terreno per la successiva

coltura, contribuendo ad aumentare la sostanza organica dello stesso. Nel passato, invece, il con-tadino custodiva con molta cura questo “scarto” di lavorazione perché rappresentava una risorsa indispensabile nella gestione delle stalle dei vari animali, (bovini, equini, ovini e suini), dei quali costituivano il giaciglio, in dialetto “lu jacce”, la cui

derivazione dal latino “iacĕre” (giacere) è più che evidente. Era abitualmente mescolata al fieno, nei mesi invernali, e all’erba, in quelli primaverili ed estivi, fungendo da alimento integrativo. Quella sparsa per terra, poi, assieme agli escrementi delle bestie, finiva nel letamaio, dove si trasformava in concime; riprendeva, sotto questa veste, la via dei campi, ai quali conferiva rinnovate energie, che

permettevano la nascita e lo sviluppo di nuove piantine di grano, dalle quali si ricavava ancora paglia. Il ciclo con-tinuava. Oggi la paglia è raccolta in balle o in grandi rotoloni, mentre una volta, come accennato nei precedenti arti-coli, si serbava in serre e mucchi, all’a-perto. Per l’utilità di cui sopra, era una risorsa che andava preservata dalle in-temperie e, pertanto, immediatamen-te dopo la trebbiatura, il contadino se ne prendeva cura con accorgimenti idonei. Copriva i mucchi e le serre ado-perando steli di paglia lunghi e canne. Per ricavare i primi ricorreva alla bat-titura delle spighe contro una tavola posta a novanta gradi, antico metodo di trebbiatura, di cui abbiamo parlato nel numero di febbraio 2014 di questa rivista. Le seconde erano preparate durante l’inverno, periodo dell’anno in cui la campagna richiedeva meno impegni e il contadino aveva il tempo per dedicarsi a lavori più “artigianali”. Ogni campagna era normalmente do-tata di un canneto da cui l’agricoltore attingeva la materia prima. Utilizzava le canne più spesse e più lunghe per tessere la tramatura; per fissarle sul mucchio, da quelle più sottili ricavava una specie di forchette, chiamate “li

‘mbrizze”, un termine non traducibile in italiano; esso è il corrispettivo del verbo “‘mbrizzà”, azione che nella nostra lingua è indicata con verbo infil-zare. Se li predisponeva nelle giornate di cattivo tempo, quando il terreno era troppo bagnato per poter essere praticato; prendeva le canne dello spessore simile a quello di un ditino e le riduceva

Cope

rtur

a di

un

muc

chio

con

pagl

ia lu

nga.

(Col

lezi

one U

mbe

rto

Pom

pilii

)

Page 21: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

TERR

ITO

RIO

21

in pezzi della lunghezza di 140-150 cm; le ripuli-va dalle foglie e le aguzzava da ambedue le parti, colpendole dall’alto verso il basso con una ronca; piantava poi per terra tre paletti che formavano un triangolo isoscele con la base di una decina di centimetri; accendeva il fuoco, le riscaldava nel-la parte centrale e poi le piegava intorno al pio-lo fissato al vertice del triangolo; infine fissava le due parti, le cui dimensioni differivano di cir-ca 25 centimetri, all’interno degli altri due pioli; ripeteva l’operazione per di-verse volte e infine sollevava la catasta di questa specie di forchette, le legava a mazzi, ben strette tra loro perché ri-massero curve, e le appendeva ad una trave della rimes-sa, per riprenderle al momento della copertura dei muc-chi. Chi non aveva le canne, realizzava questi attrezzi con pezzi di giunco; in tal caso i lati poteva-no essere più corti perché la presenza di nodi evi-tava che si sfilassero dalla paglia.A trebbiatura ultimata, recuperato il materiale predisposto, il contadino si apprestava a posarlo in opera, con l’ausilio di una lunga scala, che gli permetteva di raggiungere il culmine della ser-ra; di norma, operavano in due perché si faceva prima e si penava di meno: uno stava sulla scala e realizzava la copertura, l’altro, da terra, svolge-va opera di manovalanza, badando a rifornirlo dell’occorrente. Il primo cominciava a disporre in modo uniforme la paglia, con le punte rivolte verso il basso, lungo il pendio della serra per una larghezza di una settantina di centimetri; la reg-geva pressandola con una lunga e robusta canna disposta orizzontalmente e fissata alla serra con alcune ‘mbrizze; saliva di qualche piolo e ripeteva l’operazione facendo sovrapporre parte del man-to superiore a quello inferiore, fino a coprire il pri-mo ordine di canne; così fino al colmo; solo l’ulti-mo strato di paglia era fissato con due o più file di canne per difenderlo meglio dalla forza del vento. Scendeva, spostava la scala e andava su con lo stesso procedimento, facendo avanzare le canne orizzontalmente; quando queste stavano per rag-giungere il fine corso ne aggiungeva altre. Ultima-ta la copertura di un versante, spostava la scala dall’altra parte e ricominciava daccapo, seguendo lo stesso procedimento; solo l’ultimo strato usciva oltre la linea di colmo per andarsi ad accavallare

a quello dell’altro fianco. Prima di scendere dava un ultimo sguardo alla sua opera e c’era anche qualcuno che, vedendo fili di paglia fuori posto, li tagliava con le forbici da potatura.La stessa tecnica era seguita per coprire il muc-chio: le canne, però, dovevano essere schiacciate con un mazzuolo di legno per poterle piegare

meglio lungo la circonferenza del cono; inoltre, la distribuzione della paglia era a ventaglio e oc-correva molta attenzione per distribuirla in modo uniforme.Una copertura realizzata a regola d’arte limitava efficacemente l’infiltrazione dell’acqua piovana, che scivolava lungo gli steli, proteggendo così gli strati interni della serra; inoltre rappresentava un vanto per chi l’aveva curata. Sempre per rimanere nell’abito dell’aia, con qual-che tavola, delle canne e la paglia lunga il contadi-no costruiva piccole rimesse ed anche il gabinetto esterno alla casa, normalmente posto in un ango-lo del letamaio, il cui nome dialettale, “la pajara”, indicava il genere del materiale usato.Anche al di fuori del mondo agricolo, la paglia tro-vava, e in parte continua a trovarlo ancora oggi, un ampio impiego. Alcune industrie la usavano per ricavarne la car-ta di cellulosa, mentre, dopo un procedimento a base di zolfo, la paglia schiarita era intrecciata ed impiegata per la fabbricazione di borse e di cap-pelli, come quelli famosi di Firenze e di Signa; in quest’ultima città operano ancora industrie che li producono. Una volta i cappelli di paglia erano il simbolo dei braccianti agricoli, che li usavano per proteggere la testa dal sole durante la mieti-tura; oggi, rivisitati da celebri stilisti (Gucci, Dolce e Gabbana), sono passati dai campi coltivati alle passerelle e poi nelle spiagge e nei locali cool del

Cappello di paglia.

Page 22: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

momento. Nell’arredamento la paglia era adope-rata soprattutto per l’impagliatura delle sedie. Nel-la selleria costituiva l’imbottitura di selle e collari per cavalli. Nell’imbalsamazione degli animali era impiegata per restituire loro la forma originale. A titolo di curiosità segnaliamo che dalla paglia di riso, fino all’avvento della plastica, si ricavavano le cannucce per bere.Parlando di questo prodotto povero del ciclo del grano, di solito s’ignora il suo impiego nella costru-zione delle case destinate a ospitare contadini e animali. Impastando accuratamente la terra con paglia sminuzzata, brecciolino e sterco di mucca, si realizzavano i “massulli” o i “massoni” per le case di terra. La paglia secca, senza la parte camosa, aveva una duplice funzione: agiva come ossatura che aumentava la resistenza del materiale e pro-teggeva molto dalle infiltrazioni d’acqua poiché le fibre vegetali favorivano l’evaporazione dell’u-midità in eccesso. La Val Vibrata e le aree collinari abruzzesi erano costellate da queste costruzioni, ampiamente documentate da Pasquale Rasicci in una bellissima pubblicazione. Nella seconda metà dell’Ottocento, l’invenzione della macchina imballatrice ha aperto una nuo-va frontiera nell’uso della paglia nell’edilizia, con tecniche assolutamente innovative. I colonizzatori dell’America del Nord cominciarono a usare le bal-le di paglia come mattoni giganti; legandoli l’uno all’altro realizzavano i muri portanti delle case, so-pra i quali venivano poi appoggiati direttamente i tetti. Questa tecnica si diffuse in particolare nel-lo Stato del Nebraska ed era è passata alla storia come “stile Nebraska”.I coloni scoprirono ben presto che queste case

offrivano vantaggi maggiori rispetto a quelle tradiziona-li. Gli spessi muri in paglia mantenevano il calore inter-no durante i freddi inverni come anche il fresco durante le estati calde. Oltretutto, l’i-solamento acustico era ecce-zionale e permetteva di non sentire all’interno della casa i forti venti, che soffiavano esternamente. Le prerogati-ve positive di questo mate-riale andavano anche oltre; esso garantiva una grande traspirabilità, una resisten-za quasi assoluta alle azioni sismiche ed anche una buo-na resistenza al fuoco. Deci-sero, quindi, di continuare a costruire case stabili con la stessa tecnica; molte di esse sono ancora esistenti ed abitate. Intorno agli anni ‘40

del ventesimo secolo, a cau-sa della forte espansione demografica, del boom economico e dell’utilizzo del cemento, questa tecnica fu abbandonata e, col passare del tempo, dimenticata. Negli anni ‘70 però, Judi Knox e Mat-ts Myhrman, riscoprendone alcune, si convinsero della loro eccezionalità e cercarono di raffinare la tecnica per adeguarla alle esigenze moderne; pas-sarono poi la loro conoscenza acquisita ad alcuni ambientalisti entusiasti. Sotto la spinta di questi ultimi e nel contesto della permacultura furono costruite molte case con questa tecnica.In Europa, le prime case di paglia furono costrui-te, sotto la guida di Barbara Jones, in Gran Breta-gna nel 1994 e in Irlanda nel 1996. In Italia il pri-mo edificio costruito con questa tecnica si trova a Pramaggiore (Venezia) ed è stato realizzato in autocostruzione sotto la guida della Jones, di Bee Rowan e di Stefano Soldati. Nel mondo si costruiscono circa 1000 edifici nuovi all’anno e stanno nascendo sempre più associa-zioni che studiano, sperimentano, condividono e realizzano case in paglia. Esperienze del genere si stanno vivendo anche in Italia, in particolare sulle alture di Voltri (Genova), per iniziativa dell’asso-ciazione ambientalista “Terra! Onlus”, e a Conse-lice (Ravenna), dove l’“Associazione Rete Italiana Aucocostruttori”, da anni impegnata nella speri-mentazione di edilizia con paglia e con legno, ha aiutato due giovani a costruire una casa con muri in paglia. Ci piace, infine, segnalare l’iniziativa dell’Amministrazione Comunale di Vaiano (Prato) che sta costruendo, all’interno dell’Ecoparco dell’I-sola, edifici con strutture portanti in legno, tampo-nature con balle di paglia e intonaci in biocalce e terra cruda.

Casa in costruzione nell’Ecoparco di Vaiano; dettaglio della muratura in paglia.

TERR

ITO

RIO

22

Page 23: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

• CUCINA 2,55 mt• DIVANO LETTO• SOGGIORNO L. 180 cm• TAVOLO 140 cm allungabile• 4 sedie• CAMERA da LETTO completa• CAMERET• CAMERETTA COMPLETA

ARREDA LA TUA CASA

A SOLI € 2.990

Page 24: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

PEO

PLE

24

Monteprandone - Un’arte che si è tra-mandata di padre in figlio, espressione dell’ingegno e della capacità di creare con semplici strumenti manufatti di

grande pregio artistico.È l’antica arte della ceramica che racchiude in sé i quattro elementi fondamentali ( terra, acqua, aria, fuoco) e che a Monteprandone sopravvive grazie all’estro e la manualità di Gianfranco Neve ed al ta-lento artistico di Aristea Fioravanti uniti nel lavoro e nella vita.Tutto nasce nel 1970 quando il padre di Gianfran-co, Gino, bravo torniante, nativo di Montottone, si trasferisce a Faenza patria della ceramica per per-fezionare la sua tecnica. Dopo alcuni anni di gavet-ta, torna a San Benedetto del Tronto, dove apre un laboratorio realizzando il suo sogno.E’ l’inizio di una storia e di un marchio “Ceramiche Neve” conosciuto ed apprezzato in tutta Italia e non solo, anche perché ben presto, oltre alle ce-ramiche artistiche, dopo il trasferimento a Cento-buchi, l’azienda diventa leader nella produzione di accessori per il bagno.Gianfranco fin da piccolo, dimostra una spiccata propensione per il tornio ed affianca il padre nella sua grande passione.Una passione che oggi porta avanti assieme alla moglie Aristea, nel laboratorio artigianale allesti-

MANI DI NEVE SU MORBIDA ARGILLAL’arte ceramista di Monteprandone tramandata di padre in figlioPARIDE TRAVAGLINI

foto di Paride Traviglini

Page 25: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

PEO

PLE

25

to in Via U. Foscolo, 14 a Centobuchi, realizzando pezzi unici modellati su misura e personalizzati nei decori.Bomboniere, vasi, brocche, boccali, piatti, anfore, orci, pannelli, pavimenti, fontane… escono come per incanto dalle abili mani del giovane maestro vasaio.

Gianfranco, come da un pezzo di creta riesci a dar vita ad una tua opera?Prima dell’argilla, arriva il committente che osser-va con attenzione i lavori esposti e le foto di quelli già realizzati. A ciò, si aggiungono la sua idea e la sua esigenza. Cerco di unirle alla mia creatività, facendole passare attraverso l’esperienza e la fat-tibilità.A questo punto inizia il lavoro vero e proprio. Pren-do la giusta quantità di argilla che arriva dall’Um-bria sotto forma di pani da 25 kg e la faccio passare attraverso una degassatrice che la rende morbida e priva di impurità. La “palla” viene sbattuta sul tor-nio. È questa la fase della forgiatura che è costata tanti sacrifici e tante notti per apprenderla. È si-curamente la parte più affascinante, direi magica: vedere nascere un vaso dalle mie mani , sempre bagnate, che con dolce fermezza plasmano quel fango vecchio di milioni di anni, non ha prezzo…Terminata questa fase dove terra ed acqua sono protagoniste, è il momento dell’aria, fondamen-tale per far asciugare il pezzo. Un’operazione che dura alcuni giorni durante i quali il manufatto va custodito, girato più volte al giorno come fosse una forma di parmigiano. Completamente secco e rimpicciolito del 10 % circa, segue la levigatura con una speciale spugna bagnata d’acqua.Siamo giunti al momento cruciale: la prova del fuoco.Il manufatto viene messo in un forno a piani re-frattari. Ci vogliono almeno 14 ore per far salire gradualmente la temperatura al fine di evitare rot-ture. Stazionamenti stabiliti favoriscono lo spurgo mentre la permanenza a 1020° per circa mezz’ora, garantisce la resistenza del pezzo.L’indomani, il forno viene aperto ed il pezzo è lì con

la sua colorazione rossa. Lo batto con un cucchiaio per sentirne il suono sempre nuovo e diverso. Da fragile, verdastro e privo di musica, ha preso vita.Segue la smaltatura: il manufatto viene immerso in un mastello dove gira sempre lo smalto. Mo-vimenti omogenei e rotatori, ne permettono un omogeneo assorbimento. Ricordo da bambino che lo vedevo fare da mio padre, ma non ne capi-vo il motivo.Ora il pezzo bianco, viene pulito sul fondo per impedire che si attacchi nella cottura successiva, quindi cambia stanza e si presenta così “nudo” so-pra ad un tornello per farsi ammirare in tutta la sua forma ed eleganza.

A questo punto inizia il lavoro di tua moglie Ari-stea…Si, inizia il suo lavoro fatto di pazienza sensibilità e passione…Con ossidi minerali e pennelli di pelo di bue, co-mincia abbozzando con tocchi leggeri che man mano diventano contorni, sfumature, superfici piene di colore.Lei sa come sarà l’effetto finale ed una volta termi-nato il tutto, il pezzo viene messo in forno a 950° per una fusione garantita capace di rendere bril-lante una superficie prima polverosa.Anche in questo caso, il forno viene aperto il gior-no dopo ma questa volta l’ansia, mista a preoc-cupazione, è maggiore poiché potrebbero essere vanificate ore di lavoro. Se il fuoco dice no, bisogna ricominciare con pa-zienza, senza mai rassegnazione, tutto da capo.Quando il forno si apre, i colori brillano insieme a parti lasciate bianco-avorio e quando tra le mani senti il calore e vedi tanta bellezza, pensi che nes-sun mestiere possa regalarti tanto…

Quali sono i vostri punti di forza?L’attenzione, l’impegno, l’amore ma soprattutto la curiosità nella sperimentazione affinché la ripetiti-vità e la monotonia, non prendano mai il soprav-vento, ma ogni lavoro diventi una creazione unica ed irripetibile.

Page 26: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

TERR

ITO

RIO

26

Un festival per ragazzi davvero unico, che riesce a unire il divertimento alla cultura e ad avvicinare il mondo dei bambini a quello degli adulti: è il Piceno d’Autore

Junior & FàVolà, che va in scena a San Benedetto del Tronto. Lo fa utilizzando gli stessi pensieri stu-pendi che consentono ancora a Peter Pan di riu-scire a volare e portare bambini e adulti nell’Isola che non c’è. Pensieri stupendi che altro non sono che la fantasia, e il desiderio di stimolare i bambini all’uso dell’immaginazione, attraverso le favole; un desiderio e un obiettivo che sono lo spirito della nove giorni di festival. E’ organizzato dall’Associa-zione “I Luoghi della Scrittura”, realtà di San Bene-detto del Tronto che è presieduta da Mimmo Mi-nuto, frutto di una idea della ex presidente, Cinzia Carboni, che ne è anche il direttore artistico, che condivide il suo impegno con Mimma Tranquilli e Letizia Guidi. Una realtà nata sulla scia del Festival Letterario Piceno d’Autore, che a primavera, a San Benedetto del Tronto, ospita il fior fiore del pano-rama nazionale nel campo della scrittura e dell’e-ditoria. Piceno d’autore Junior & FàVolà, ogni anno è dedicato a una grande favola internazionale: ha preso il via con Pinocchio, nel 2013, in occasione del 130° anniversario dalla prima edizione del libro ed è proseguito a settembre 2014, con un magnifi-co volo, che ha fatto tappa tra la Palazzina Azzurra e il Paese di FàVolà. La prima ha offerto la mostra “Peter Pan e la magia delle Fate”, tramite la mostra

disegni dell’illustratore Paolo Ghirardi, che disegna storie a fumetti su Collana Eroica, Monello e Corrier Boy, oltre ad illustrare li-bri di narrativa e didattica per le maggiori case editrici. Ghirardi è autore di libri, l’ulti-mo proprio su Peter Pan; inoltre, alla Palaz-zina c’erano un percorso di pannelli descrit-tivi sull’autore di Peter Pan, James Matthew Barrie, il galeone pirata, sculture, edizioni antiche e recenti di libri, giocattoli d’epo-ca, collezioni di personaggi, francobolli e tantissime curiosità a tema, e l’allestimento sulle fate, in un ambiente magico e sugge-stivo. Il secondo, il Villaggio dei Bambini allestito alla Rotonda Giorgini, ha offerto incontri, animazioni, caccia al tesoro, labo-

ratori, musica, cori, danza e letture, il tutto accom-pagnato dai personaggi della favola, per la gioia dei più piccoli. Tra questi, la presentazione del Peter Pan di Paolo Ghirardi e il concerto originale, simpatico e coinvolgente, dal titolo “Little Pier e le storie ritrovate”, inventato dal giovane musicista, cantautore e produttore artistico, Pier Cortese. Ci sono stati anche incontri serali, che hanno tratta-to il tema degli eterni bambini che sembrano non voler crescere, con specialisti del settore. Ulteriore evento importante, la presentazione del libro Mar-garet Ogilvy, che racconta la storia del tenerissi-mo rapporto tra l’autore di Peter Pan, J.M. Barrie e sua madre; la traduzione è stata edita per la pri-ma volta in Italia dall’Associazione I Luoghi della Scrittura. Il libro contiene anche la traduzione di “To the five”, la dedica ai cinque fratellini Llewelyn Davies, che accesero in James Barrie la scintilla che lo portò a creare Peter Pan. Anche il musical “Peter Pan 3D”, ha offerto uno spettacolo dalle splendide scenografie: recitato, cantato e danzato da oltre 30 attori, capaci di offrire due ore dense di emozioni, per un allestimento che ha rispolverato l’opera teatrale in versione musicale moderna, a 110 anni dalla sua prima messa in scena. Il Festival è organizzato con la collaborazione della Regione Marche, Comune di San Benedetto del Tronto, As-sessorato alla Cultura, Provincia di Ascoli Piceno e di numerosi partner, che hanno reso possibile la gratuità a tutti gli eventi allestiti.

SAN BENEDETTO DI MARZAPANE“FA’VOLÁ”L’IMMAGINAZIONEUna fiabesca Riviera delle Palme per il Piceno D’Autore Junior

STEFANIA MEZZINA

Page 27: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

ILLUSTRAZIONI DI GIORDANA GALLI

Page 28: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

l sole giallo d’ottobre

m’è così dolce! Non scalda quasi: lo cerco tremando.

Ferisce obliquo le cave volte dei boschi ingialliti;

ardono d’oro, divampano violentemente al tramonto.

Mi par che l’aria sia anch’essa più tenue e rara.

(E. Thover)

Page 29: Val Vibrata Life - Ottobre 2014
Page 30: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

RITAGLIA E COLORA

Page 31: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

Val Vibrata Life - e-mail: [email protected] - Tel: 0861.887405 - Sito web: www.valvibratalife.com

ValVIBRATAlife

TERRITORIO CULTURA ECCELLENZE AMBIENTE SOCIETA’

1720 persone h a n n o g i à c l i c c a t o

s u l l a n o s t r a p a g i n aMi Piace

Val Vibrata Life ** Free Press **

FacebookFallo anche tu!

Page 32: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

PEO

PLE

32

Nel gioco degli scacchi di regole ce ne sono molte, è un gioco complesso e richiede un’elevata concentrazione, oltre a molte ore di allenamento. Nicolò Orfini ha da

poco compiuto dodici anni ed è già alla sua trenta-cinquesima coppa. E’al quarto posto tra i giocatori under 12 italiani e tra gli under 16 abruzzesi, è pre-sente nella classifica europea e mondiale e aspira a divenire Grande Maestro, traguardo a cui è molto vicino. Il suo percorso è iniziato due anni fa e da allora ha ottenuto un successo dopo l’atro.Colpisce subito il suo sorriso da bambino attento e curioso. E’ facile entrare subito in sintonia con lui e ci confessa quali sono le sue materie scolastiche preferite e quali no; da buon giocatore di scacchi dice che ama la matematica, ma in generale un po’ tutte le materie.

Come ti sei avvicinato al gioco degli scacchi?Mi sono avvicinato al gioco degli scacchi a nove anni grazie a mio padre. Vedevo spesso una scac-chiera di marmo che apparteneva a lui e mi sono incuriosito: ho iniziato a chiedergli cosa fosse, come si utilizzasse, così lui mi ha iniziato a spiega-

re le prime mosse. Ho scoperto che il gioco degli scacchi era interessante, mi piaceva. Poi a scuola tra le varie attività extracurriculari mi sono ritrova-to a dover scegliere tra il corso di teatro e quello di scacchi. Mia madre voleva facessi il corso di teatro, ma io ho scelto l’altro e ho iniziato a fare i primi tornei studenteschi.

Quante ore al giorno ti alleni?Mi alleno una volta a settimana per quattro ore con il mio maestro Angelo D’Angelo, ma gioco a scacchi ogni volta che posso. Qual è stata la partita più lunga che hai giocato?La partita più lunga che ho giocato è stata di 116 mosse ed è durata 6 ore. Durante questi tornei ci sono delle regole da rispettare, puoi alzarti mentre l’avversario gioca la sua mossa ma non puoi allon-tanarti dalla sala.Nicolò spiega con molta naturalezza alcune delle regole da seguire mentre si svolgono le partite, come ad esempio non avere con sé il cellulare, op-pure stare in silenzio,non poter mangiare e confes-sa che non c’è una regola la cui osservanza gli pesi: “Il cellulare l’ho perso quindi non è un problema

L’ALFIERE CHE DÀ SCACCO MATTO AL RE I prodigiosi successi sulla tavola quadrata di Nicolò Orfiniil dodicenne già adulto

MARTINA DI DONATO

Page 33: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

PEO

PLE

33

per me non averlo” dice con molta franchezza.

Qual è stata invece la partita più bella?Sicuramente quella che si è svolta a Civitanova Marche. Quell’occasione è stata bella perché era un memorial dedicato a Gino Serafini, presidente del circolo cittadino degli scacchi “L’Alfiere Nero”. In quella occasione Andrea Rebeggiani, presiden-te del circolo Scacchi Fisher Chieti ha ricordato l’importanza di una figura come Gino Serafini, so-prattutto per la sua volontà di avvicinare i giovani a questo sport e questo è importante.

In torneo ti scontri sempre con ragazzi della tua età?No, spesso accade di giocare anche contro avver-sari più grandi di me che hanno un punteggio più basso del mio.Parlando con Nicolò viene da dimenticare che non ha ancora 12 anni e questo perché il suo modo di pensare è piacevolmente diverso da quello che ci si aspetta da un ragazzino che frequenta la secon-da media. Citando Boniperti secco e deciso dice che “vincere non è importante, è l’unica cosa che conti”.

Cosa provi dopo una sconfitta?Non amo perdere, ma questo può succedere. Al termine del gioco cerco di rivedere tutte le mosse che avrei dovuto evitare e cerco di non ricommet-tere lo stesso errore. Inizialmente quando perde-vo con avversari più grandi, dopo la partite, que-sti cercavano di farmi capire quale fosse l’errore; adesso sono io che spiego agli altri i loro.Quest’anno nella scuola di Nicolò organizzeranno delle giornate dedicate agli scacchi e il suo compi-to sarà quello di seguire gli altri ragazzi nelle parti-te. Assicura che sarà paziente con chi non dovesse recepireInfondo, devo utilizzare la stessa pazienza che hanno utilizzato con me. Alla fine della chiacchierata, si capisce come il gio-co degli scacchi aiuta ad acquisire il senso della le-altà e della correttezza, oltre che del rispetto delle regole e degli avversari. Lo lasciamo con una stret-ta di mano e di nuovo appare quel sorriso curioso che lo rende unico.

Foto gentilmente concesse da Giorgio Orfini, papà di Nicolò

Page 34: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

IMPR

END

ITO

RIA

34

L’internazionalizzazione d’impresa rappre-senta una strategia aziendale fondamentale per le imprese: rafforza la crescita e aumen-ta la competitività, consente di accedere ad

una più ampia base di clienti.L’estero rappresenta ancora un passo difficile per le piccole imprese che spesso non dispongono delle risorse e dei contatti adeguati per conoscere le opportunità di affari.Internazionalizzazione non significa soltanto esportazione, ma è necessario un sostegno indivi-dualizzato alle Pmi.Il processo di globalizzazione è stato lento, pro-gressivo e negli anni si sono formate figure alta-mente professionali strettamente connesse al commercio internazionale, che fanno da suppor-

to alle imprese che iniziano ad allacciare legami affaristici con Paesi esteri.Molti imprenditori hanno pensato di adeguarsi inserendo nel proprio organico una risorsa sele-zionata sulla base del mero requisito linguistico, ma non è sufficiente per competere nel mondo globale del’economia. Altri elementi vanno affian-cati alla mera conoscenza della lingua straniera: project management, marketing internazionale, studi di fattibilità e business planning, customer relationship, innovazione (vendite online etc.), fisco e finanza (iva intracomunitaria, procedure doganali, pagamenti internazionali, pax planning, controllo di gestione e rischio cambio, logistica ( trasporti internazionali), legale (marchi, brevetti e trasferimento know- how, normativa per gli appal-

LA GLOBALIZZAZIONE VIAGGIA SUI BINARI DELL’INTERNAZIONALIZZAZIONE DELLE PMI ALESSANDRA DI GIUSEPPE

Page 35: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

IMPR

END

ITO

RIA

35

ti internazionali, contrattualistica internazionale e legislazione europea).I contratti esteri sono una materia molto delicata; un contratto internazionale redatto da un giurista competente che sappia affrontare qualsiasi tipo di mercato, che abbia la conoscenza delle clausole internazionali adatte a qualsiasi tipo di affare, sem-plificherebbe e renderebbe più sicuro il percorso verso i mercati globali di una impresa. La redazio-ne del contratto necessita di grande accortezza e competenza poiché le clausole in esso inserite regolamenteranno ogni aspetto del rapporto, in primis la legge applicabile e la giurisdizione com-petente in caso di controversie.Le problematiche connesse al processo di interna-zionalizzazione impongono il ricorso a figure pro-

fessionali competenti e qualificate, come il giurista d’impresa, in grado di supportare l’imprenditore in qualsiasi scelta; figure non necessariamente strutturate all’interno dell’impresa; spesso sono le Camere di Commercio più lungimiranti ad occu-parsi di formazione professionale e supporto alle imprese in questo settore. Gli incentivi economici all’internazionalizzazione d’impresa sono piuttosto frammentari, dipende dalla politica economica regionale che ovviamen-te varia da Regione a regione, così può accadere che due imprenditori italiani si incontrino ad una fiera internazionale in un Paese estero e uno abbia il voucher regionale che gli copre tutte le spese e l’altro no. Un altro aspetto fondamentale del processo di internazionalizzazione è rappresentato dagli in-vestimenti che l’azienda deve realizzare per il suo sviluppo e dalle garanzie e assicurazioni del cre-dito volte a tutelare l’impresa dai rischi legati alla scarsa conoscenza della clientela dei mercati inter-nazionali.L’operatore principale che si occupa della gestione delle assicurazioni sui rischi commerciali è la Sace, l’ente pubblico economico sottoposto alla vigi-lanza del Ministero dell’Economia e delle Finanze. L’ente si rivolge a tutti gli operatori nazionali, agli esportatori ed investitori italiani all’estero e alle banche italiane e estere ed alle finanziarie non na-zionali.Recentemente la Sace ha creato un nuovo fondo per l’internazionalizzazione delle Pmi: “Fondo svi-luppoexport” che oltre alla garanzia in favore di intermediari creditizi, anche attraverso formule finanziarie innovative: sottoscriverà, titoli obbli-gazionari emessi da imprese non quotate ma con vocazione all’export e allo sviluppo internaziona-le. Il fondo ha una dote di 350 milioni di euro che potranno essere stanziati anche dal Fondo stesso come investitore diretto.

Page 36: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

vinibiagi.com

Azienda Agricola F.lli Biagi - C.da Civita, 93 - Colonnella (TE) - Tel. 0861 714066 www.aziendaagricolabiagi.com

Page 37: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

vinibiagi.com

Azienda Agricola F.lli Biagi - C.da Civita, 93 - Colonnella (TE) - Tel. 0861 714066 www.aziendaagricolabiagi.com

Page 38: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

TERR

ITO

RIO

38

La buona intesa fra Comuni, Provincia di Tera-mo e Istituto Zooprofilattico ha consentito di realizzare dieci anni or sono, tra il mare di Giulianova e di Roseto degli Abruzzi, l’o-

asi marina di Cologna. La terza in ordine di tem-po messa a punto lungo la costa teramana dopo quelle di Martinsicuro e Silvi. L’oasi sommersa, posizionata a tre miglia dalla costa ad una profon-dità media di tredici metri ed estesa per circa due miglia di lunghezza e mezzo miglio di larghezza, ha tracciato una nuova cultura della pesca, soprat-tutto per ciò che riguarda il settore relativo alla cosiddetta “piccola pesca”. In pratica è stata lancia-ta, attraverso l’operazione “oasi marine”, una nuo-va filosofia sulla gestione delle risorse del mare anche come patrimonio ambientale e biglietto di presentazione in ambito turistico. Si è avviato

anche un rapporto nuovo con le marinerie locali, coinvolte direttamente nei progetti di ripopola-mento anche attraverso la realizzazione futura di allevamenti di acquacoltura. Così poco distante dal porto di Giulianova è nata l’oasi per il ripopola-mento della fauna marina. Come accennato, le pri-me due sono ubicate tra Martinsicuro e Villa Rosa e l’altra fra Pineto e Silvi. Esperienze multiple che pongono il territorio costiero teramano all’avan-guardia nell’ambito mare Adriatico. La vita nelle oasi viene costantemente monitorata dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise, grazie al suo Centro biologico delle acque sotto la direzione di Carla Giansante responsabi-le del progetto. Le strutture sottomarine - costate circa 500 mila euro, finanziate in buona parte dalla Regione con fondi Docup - nascono per proteg-

UNA CASA PER SPONGEBOB ANCHE IN ADRIATICOL’ oasi marina di Cologna è una riserva biologica vitale dove abiterebbe volentieri anche il personaggio dei cartoonsALFONSO ALOISI

Page 39: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

TERR

ITO

RIO

39

gere e sviluppare le risorse del mare, migliorare l’ecosistema, stimolare la biodiversità e proteg-gere la fauna stanziale dalla pesca a strascico. “Incrementando varietà e quantità di specie nelle zone dove vengono realizzate – ha spiegato Car-la Giansante che è biologa del Centro delle acque dell’Istituto Zooprofilattico – le oasi finiscono per rappresentare un valido supporto per l’economia di settore. In prossimità delle barriere artificiali le catture delle specie aumentano da 10 a 42 volte; si registra, quindi, un concreto incremento della quantità di pesce disponibile nella zona esterna a quella protetta”. Dunque, le oasi sono un vero e proprio rifugio per sogliole, capponi, triglie, cicale di mare, naselli che sono le specie autoctone che

nell’oasi trovano le condizioni ideali per riprodur-si, protette dalle barriere di questo ampio rifugio sottomarino. I tecnici dell’Istituto hanno registrato anche la presenza diffusa di pesci tipici e pregiati dei fondali rocciosi: ombrine, mormore, saraghi e scorfani. All’interno di questa immensa casa su-bacquea si forma una naturale catena alimentare: la flora e la microfauna delle rocce e dei massi si-stemati nel fondale diventano cibo per i pesci che hanno nei pressi il loro habitat. Blocchi di calce-struzzo e massi naturali costituiscono la struttu-ra delle oasi marine ed il loro posizionamento in forma piramidale impediscono la pesca a strascico che, pur essendo vietata nella zona dell’oasi mari-na, in realtà viene normalmente praticata. Dal mo-nitoraggio effettuato sembrerebbe che almeno 24 persone che praticano la piccola pesca possono

trarre un buon reddito dalla vita e dallo sviluppo di ciascuna oasi. Nella relazione a suo tempo pre-disposta dalla dottoressa Carla Giansante si pone l’accento sui vantaggi prodotti dalle barriere artifi-ciali: protezione dalla pesca a strascico, protezione e sviluppo delle risorse acquatiche, compreso il ripopolamento, l’effettivo incremento della quan-tità di pesce disponibile anche nella zona esterna intorno alle barriere, protezione della biodiver-sità e della genetica delle popolazioni anche a garanzia delle future generazioni soprattutto in zone depauperate per l’eccessivo sforzo di pesca, possibilità di concessione della zona di mare ad associazioni di pescatori dediti alla piccola pesca differenziata per la raccolta o l’allevamento di spe-cie ittiche, di molluschi bivalvi e di molluschi ga-steropodi, possibilità di utilizzo della zona di mare a scopo ricreativo per i pescatori sportivi e per i subacquei. Chi frequenta spesso l’oasi marina po-sta tra Giulianova e Cologna è sicuramente l’Asso-ciazione “Up and Down” che ha seguito da vicino la nascita e lo sviluppo del progetto. Giuseppe Di Filippo, presidente dei subacquei giuliesi, afferma che flora e fauna si sono impossessate alla gran-de delle strutture sommerse arricchendosi così di varietà tipiche del mare Adriatico con presenze insperate anche di aragoste. Lo stesso Di Filippo sottolinea anche i vari controlli effettuati: subac-quei e di superficie, questi ultimi attraverso l’utiliz-zo di reti per la cattura di esemplari da catalogare secondo le dimensioni. La zona non è presidiata e quindi sono consentite attività varie come la pesca sportiva ed attività subacquea con studio dell’habitat, riprese fotografiche e filmati. Proprio l’Associazione “Up and Down” svolge attività didat-tica subacquea grazie alla presenza di tali barrie-re. Dice Di Filippo: “Ovviamente siamo alla mercé del moto ondoso e della visibilità, ma è per noi l’unico sito utile tenuto conto del fondale noto-riamente sabbioso dell’Adriatico”. Ma lo stesso Di Filippo pone l’accento su un altro aspetto molto importante: “L’Abruzzo sul versante “ambiente” offre tantissimo al turismo. Il mare, in particolare, rappresenta un grande volano per l’economia of-frendo notevoli opportunità di lavoro con la nota accoglienza sulle spiagge sabbiose e ben attrez-zate, producendo in allevamenti pesce pregiato e mitili, oltre alla raccolta delle vongole. In questo scenario l’unico vuoto è l’assoluta mancanza di luoghi idonei per svolgere attività sportiva subac-quea. Non va dimenticato che nel 2012 la Regione Abruzzo ha emanato un bando per il rafforzamen-to della barriera di Cologna tramite affondamento di relitti preventivamente bonificati. Purtroppo la gara è andata deserta più volte ed il relativo finan-ziamento perduto. Nonostante ciò –conclude Di Filippo- numerose associazioni subacquee sono sorte nella nostra regione sopperendo all’assenza di idonee infrastrutture, con nuove idee ed adat-tamenti, dettati da sola passione e voglia di fare”.

Page 40: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

PEO

PLE

40

Sergio Capoferri e il suo amore per i due

strumenti del folck

Sergio Capoferri, 45 anni e 41 di musica: il suo sogno da bambino era di imposses-sarsi della musica, di farla

sua, principalmente suonando la fisarmonica; poi è arrivato il corno, ma le sue mani e la sua anima sono padroni di qualunque strumento e quel bambino ha trasformato passione e sogno nella sua pro-fessione. Oggi realizza progetti e concerti nel nome della melodia popolare e della grande tradizione classica, nelle Marche, in tutta Italia e in Europa, affinché il suo suono, la sua musica, l’espressione della sua arte, possano raggiungere il pubblico.Una passione nata a 4 anni, sui campi di proprietà del Conte Sa-ladini Pilastri, a San Benedetto del Tronto, coltivati dal padre France-sco proseguita nell’impegno come autodidatta, tra i concorsi di paese, sino ai Corsi di Perfezionamento con il M° Fisarmonicista Frederic Gerueot, e con il M° Salvatore Ac-cardi.

Da cosa prende spunto la tua pas-sione per strumenti così inusuali tra i giovani, come la fisarmonica e il corno?“Nella mia famiglia erano patiti di musica popolare; mia nonna e mio zio suonavano il cembalo e quest’ultimo era anche appassio-nato di organetto. Loro suonavano nei momenti di aggregazione con-tadina, alla vendemmia e ai raccolti in genere: io avevo 3 anni, quando chiesi a mio padre di suonare alla festa dell’uva di Spinetoli. Ricordo sempre con piacere, ma all’epo-ca per me si trattò di uno scherzo che mi fece disperare, quando i miei zii, convinti che il mio fosse

un capriccio di bimbo, mi illusero di aver commissionato per me un organetto alla ditta Armando Ian-ni di Giulianova. Fu proprio la mia disperazione che convinse mio padre ad assecondare la mia reale volontà di suonare.

Una passione che hai coltivato con un lungo impegno negli stu-di?“Il mio primo insegnante è stato un autista innamorato dell’organetto e della fisarmonica. A 4 anni mi esi-bii in piazza a Fermo: suonavo l’or-ganetto e siccome il pubblico non mi vedeva, mi fecero salire sopra un tavolo. A 7 anni ho iniziato gli studi classici, sempre con la fisar-monica, con la professoressa Anna Maria Pirozzi, all’Istituto Bozzoni di San Benedetto del Tronto, l’attuale Vivaldi, e suonavo con i gruppi, tra gli adulti, alle gare di organetto. A 8 anni ho iniziato a partecipare con successo ai concorsi di fisarmonica. A quei tempi lo studio della fisar-monica non era riconosciuto e così mi consigliarono di frequentare un corso di strumenti antichi, cioè il corno; nel frattempo avevo impa-rato a suonare da solo la tromba. Con il suono del corno è culminato il mio amore per la musica”.

L’amore per il corso ti fece sceglier di non andare in Francia a suona-re la fisarmonica? “A 13 anni e per 3 anni ho frequen-tato corsi di perfezionamento or-ganizzati dal Conservatorio “Santa Cecilia” presso l’istituto della Scuo-la di Norcia, con il M° Fisarmonici-sta Gerueot: fu lui a chiedermi di andare a suonare in Francia, ma io lo feci sporadicamente, in quanto mi ero già appassionato al corno.

FISA E CORNO DEL MAESTRO CHE MUOVE L’ARIASTEFANIA MEZZINA

Page 41: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

PEO

PLE

41

Uno strumento studiato a Roma, con il M° Accardi (1° Corno Solista dell’ Orchestra del Accademia Nazionale Santa Cecilia).

Cosa vedi nel tuo presente e nel tuo futuro?“Il presente è un passato recentis-simo, il mio impegno in Germania, per quattro concerti nel territorio di Colonia, con il quartetto “Mantice”, fiati e chitarra, dove abbiamo propo-sto un originale mio arrangiamento del Concerto per corno e orchestra di Mozart, e dove abbiamo suonato anche musica barocca con le fisar-moniche. In passato ho suonato an-che in Danimarca, Francia, Austria e Cecoslovacchia. Il mio futuro è il pro-getto che ho in animo di sviluppare con l’Orchestra Riviera delle Palme fondata a San Benedetto del Tron-to e con questo obiettivo ho avuto un primo approccio al Ministero dei Beni culturali, a Roma. Se andrà in porto, l’orchestra composta da 34 elementi, secondo i fondi disponibili, con formazioni tipo Decimino, Ottet-ti, farà parte di un progetto che coin-volgerà 22 comuni. Un progetto che si svilupperà con un ulteriore concer-to dell’Orchestra Riviera delle Palme nel 2015, a San Benedetto: il primo, come solista, mi ha visto in scena con Edda Dell’Orso, cantante scelta da Ennio Morricone, e con il marito Giacomo, pianista e compositore dell’Orchestra Kramer. Inoltre, per ac-crescere la sensibilità verso lo studio di questi strumenti eccezionali inten-do organizzare una serie di concerti

per solista: voglio trasmettere ai più piccoli la stessa passione suscitata in me dalla musica”.

Il tuo sogno nel cassetto?“Organizzare una orchestra sinfonica provinciale, che coinvolga anche gli archi, e mettere in scena nuovamen-te, con l’Orchestra Riviera delle Pal-me, il concertone già allestito a San Benedetto in occasione dei 150 anni dell’Unità di Italia”.

Il maestro Capoferri svolge anche attività didattica, presso l’Istituto Materno “Divino Amore” a San Be-nedetto, collabora con la Corale “Ri-viera delle Palme ed è Direttore di esecuzione e responsabile del pro-getto con la Tekne Junior Orchestra di Ascoli Piceno, oltre a scrivere brani per i bambini.

Page 42: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

TERR

ITO

RIO

42

Figure scarne, esili, allungate, in continua tensione verso un infinito tanto desiderato quanto irraggiungibile. Le sculture di Mauro Crocetta sono la rappresentazione visiva di

un mondo i cui tratti sofferti e controversi l’artista ha descritto anche attraverso i versi poetici e i testi teatrali, in una vastissima produzione sottoposta alla più autorevole critica nazionale (da Giorgio Barberi Squarotti a Carlo Bo, da Vittorio Sgarbi ad Armando Ginesi, sono numerosi gli autori che si sono interessati all’artista pugliese). A Martinsicuro, Crocetta ha vissuto l’ultima parte della sua vita, ed è proprio qui che, dopo la sua scomparsa nel 2004, ha lasciato gran parte del suo vasto patrimonio artistico, umano, ideologico, conservato in quella che fu la sua casa, il suo la-boratorio, il suo studio e che oggi è un museo per volere della moglie, Maria Rosaria Sarcina. Conoscere Mauro Crocetta è compiere un percor-so intellettuale nell’abitazione in località “case Fe-riozzi”, uno degli insediamenti urbani più antichi di Martinsicuro, dove l’artista, a fine anni 80, inizio ’90, scelse di vivere con la sua famiglia: un antico palazzo in cui secoli di storia locale si intrecciano con l’arte e la cultura di Crocetta, raccontandosi reciprocamente in un’atmosfera carica di pathos. L’amore per la poesia è elemento caratterizzante della sua intera produzione artistica: i primi com-ponimenti risalgono all’età di 16 anni, e i versi saranno poi presenti anche nei romanzi e nei te-sti teatrali, fino ad assumere forma plastica nelle sculture, secondo quella che è stata definita dallo stesso artista la “Poesia della forma” e la “Forma poetica”: «La necessità di toccare con mano i miei pensieri – afferma lo stesso artista in uno dei suoi scritti - di rendere tangibili le emozioni, di espri-mere compiutamente ciò che la parola a volte, dimostrandosi inadeguata non può, è stata la ra-gione primaria della mia passione per la scultura». E l’essenzialità dei suoi versi, scarni, netti, essenzia-li, puri, viaggia di pari passo con le sculture, che assumono nello spazio forme allungate e filifor-mi, in una continua tensione verso l’assoluto, in un tentativo (vano) di allontanarsi o estraniarsi da una realtà spesso dolorosa, ingiusta, opprimente. Quelle stesse forme, apparentemente così fragili, sono eppure solide nello spazio e nel tempo, con le nodosità delle giunture e l’aspetto rugoso dei corpi, a ricordare gli alberi di ulivo tanto cari all’ar-tista pugliese.Nella produzione artistica di Crocetta sono pre-

senti riferimenti classici che si fanno estrema-mente attuali: nei Miti, ad esempio, la scultura e la poesia si fondono in maniera indissolubile e i vari personaggi della mitologia classica raccon-tano storie di estrema attualità: l’incoscienza gio-vanile e ardimentosa di Icaro, l’amore struggente di Cadmio ed Armonia, il sentimento tormentato ed incestuoso di Mirra, la drammatica ambiguità del corpo di Ermafrodito. Pubblicazioni in versi e rappresentazioni scultoree che si completano vi-cendevolmente. La sensibilità dell’artista e il dolore che avverte verso una realtà cruda e spietata, fatta di violenze e soprusi, viene esternata anche attraverso opere di denuncia sociale, quali “Desolazione”, “Lager”, “1991 Guerra del Golfo”, “Fuga dal nucleare”, “Dia-spora”. L’autore però lascia sempre intravedere uno squarcio di speranza proiettata verso un’esistenza migliore, di riscatto dagli errori ed orrori terreni. Una produzione artistica dunque vasta e comples-sa, quella di Mauro Crocetta, che spazia dalla poe-sia ai romanzi, dai saggi ai testi teatrali, passando dalla scultura e che la Fondazione Mauro Crocetta, istituita qualche anno fa a Martinsicuro per volere della moglie dell’artista, si prefigge di promuovere e divulgare grazie a numerose iniziative culturali organizzate sul territorio.La casa museo è visitabile su prenotazione con-tattando il numero 0861796921 o l’indirizzo mail [email protected]

L’ARTISTA MULTIFORME PROTESO ALL’INFINITOMauro Crocetta rivive nella casa museo di Martinsicuro che ospita le sue migliori produzioni

CINZIA ROSATI

1. 2.

1-2 foto di Cinzia Rosati

Page 43: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

“Un pessimista vede la difficoltà in ogni opportunità;un ottimista vede l'opportunitàin ogni difficoltà.”Winston Churchill

Diamond Media Group s.r.l. comunicazione - concessione pubblicitaria - editoria

Via C.Levi, 1 64027 Sant’ Omero (TE) Tel 0861.887405 mail: [email protected]

Page 44: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

LA SATIRADI PERILLI

Page 45: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

PEO

PLE

45

All’inizio era il Jazz. Come la storia insegna, la musica - anche la più moderna - affon-da le sue radici nel jazz. Siamo negli anni Venti, negli stati del Sud degli Stati Uni-

ti. La popolazione è mista, frammentata: ci sono i bianchi e ci sono le minoranze nere afroamericane che si sentono ai margini della società, senza valo-ri, criminali e portatori del peccato, che si muovo di notte in quell’ambiente periferico e suburbano che tanto spaventa gli statunitensi bianchi. Pro-prio in quei locali malfamati e di poco conto na-sce una dei movimenti musicali più importanti di tutti i secoli: il jazz. Nomi importanti come Sidney Bechet, Duke Ellington e Louis Armstrong saranno complici dell’esplosione del jazz, che nel corso del ventesimo secolo ha visto assumere una valenza sempre più di rilevo. Dalla voglia di revocare gli anni ‘20 parte il proget-to di quattro ragazzi che insieme formano i “Pep-per and The Jellies”. In loro c’è la voglia di riportare le espressioni tipiche del movimento e farle cono-scere al pubblico, attraverso l’utilizzo di strumenti tipici della musica jazz, come il kazoo o il washbo-ard che regalano così quelle sonorità inconfondi-bili che accompagnano la straordinaria voce della cantata Ilenia.

Quando è nato il progetto e perché avete deciso di dedicarvi alla musica jazz?Il progetto è nato nel 2013, inizialmente eravamo in tre, poi si è aggiunto un nuovo elemento come il contrabbasso. Il nostro progetto è mirato alla mu-sica blues, jazz, soul dei primi del Novecento, per-ché è da lì che arrivano tutte le influenze musicali che poi convergono in qualsiasi genere, anche in quello più moderno. C’è stato un percorso di ricer-ca dei canoni estetici della musica jazz.

Da quanti elementi è composta la band?Siamo in quattro: Ilenia Appicciafuoco alla voce e al washboard, Marco Galiffa alla chitarra e al benjo, Andrea Galiffa alle percussioni e Emiliano Macrini al contrabbasso. Ognuno di noi ha una formazione musicale diversa e all’inizio di questo progetto ab-biamo dovuto trovare un punto d’incontro, ma sia-mo riusciti nell’intento e il tutto funziona perché ognuno ha un suo ruolo ben definito. Abbiamo deciso di aggiungere alcuni strumenti particolari che riportino le sonorità tipiche dell’epoca, come il washboard, ad esempio, tenendo sempre presen-te che al centro di tutto c’è il ritmo, lo swing.

In Italia oltre voi ci sono pochi altri gruppi di mu-sica jazz anni ’20. Avete partecipato a festival in-ternazionali come il “ Birmingham Jazz Festival”. Come ha risposto il pubblico inglese alla vostra presenza?Il pubblico è stato straordinario, erano tutti entu-siasti e siamo rimasti molto colpiti. Abbiamo suo-nato per più date e abbiamo visto che c’erano per-sone che tornavano tutti i giorni ad ascoltarci. Poi in Inghilterra, come un po’ in tutta l’Europa, il jazz è uno stile di musica molto seguito e amato da tutti.

Progetti futuri?Iniziare a scrivere dei nostri pezzi basati sui temi nodali della musica Jazz e poterli presentare al nostro pubblico. Qualcosa è già uscito, come ad esempio il brano blues “Bouble River Blues”.

E per chi volesse ascoltarli può vistare la loro pa-gina fb Pepper and The Jellies e sul sito internet: http//pepperandthejellies.weebly.com/

IL QUARTETTO BIANCO CHE FA MUSICA NERAI Pepper and the Jellies ripercorrono il jazz degli anni Venti

MARTINA DI DONATO

Page 46: Val Vibrata Life - Ottobre 2014
Page 47: Val Vibrata Life - Ottobre 2014
Page 48: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

BELL

EZZA

48

Il massaggio, qualsiasi esso sia, ha effetti benefi-ci polisensoriali e fisiologici importanti, una lun-ga carica di energia per il corpo e la mente, una vera e propria terapia dei sensi che fa riscoprire

corpo e mente come un’entità unica.Il massaggio shiatsu fa parte della categoria dei massaggi orientali, ha origini giapponesi nei primi decenni del Novecento. Il termine shiatsu è composto da due vocaboli “shi” che in giapponese significa “dita” e “atsu” che inve-ce vuol dire “pressione”. E’ una forma di terapia ma-nuale che sfrutta la pressione benefica delle dita in specifici punti del corpo, caratterizzato da una tecnica di massaggio tradizionale giapponese, che prevede una pressione statica, da una parte di tec-nica occidentale che prevede una mobilizzazione articolare e alcune tecniche utilizzate in terapia ri-abilitativa e chiropratica.Grazie alla sua potente azione benefica, lo shiatsu offre un efficace contributo per la cura, la preven-zione e il mantenimento della salute. Il massaggio shiatsu sfrutta alcuni principi base dell’agopuntura. La sua teoria prevede che il nostro corpo è at-traversato da meridiani che trasportano l’energia; dodici meridiani ognuno dei quali è collegato alle funzioni di un organo o gruppi di organi. Quando a causa di uno squilibrio fisico o mentale, di una malattia o un trauma, l’equilibrio energetico del

corpo si altera, nel massaggio vengono esercitate diverse pressioni su specifici meridiani in modo di riequilibrare l’energia che scorre su di essi. In ogni trattamento si effettua un riequilibrio completo di tutto il sistema di meridiani, indipendentemente dalla zona del corpo in cui si verifica il problema.Il trattamento shiatsu dona un benessere psicofi-sico generale, stimolando positivamente le perso-ne, rafforzando la mente e il corpo.Ha effetti rilassanti: combatte lo stress, migliora il metabolismo, ha effetti positivi sul nostro sistema immunitario, migliora la capacità degli individui sul lavoro e lo sport, favorendo l’apprendimento e la concentrazione. E’adatto a tutti: giovani e an-ziani.Per potenziare le azioni benefiche dello shiatsu possono essere d’aiuto lo stretching e lo yoga, due discipline che agiscono positivamente sui canali energetici.Il massaggio shiatsu è particolarmente indicato in caso di mal di testa, mal di schiena, problemi dige-stivi o intestinali, ma anche per contratture, distor-sioni, stiramenti. Inoltre allevia il dolore in caso di reumatismi o gambe pesanti. Per questi trattamenti bisogna affidarsi sempre a professionisti altamente qualificati.

*(estetista)

SHIATSU, SALUTE!Dal Giappone la tecnica curativa che passa dalle dita

NOEMI DI EMIDIO*

Page 49: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

DIA

LOG

O

49

QUELLI CHE IL MURETTO E’ UN FOGLIO A3

La Street Art come

estensione del sè

VIRGINIA MALONI*

Quando si parla di ”Arte di strada” ci si riferisce a tutte quelle forme di comunicazione artistica che si rendono note nei luoghi pubblici, il più delle volte illecitamente, attraverso vari stru-

menti e tecniche: adesivi murali, lattine spray, maschere normografiche, proiezioni video, sculture ecc. Ogni artista di strada ha le proprie motivazioni persona-li, che possono essere molto varie. Alcuni la eseguono come forma di ribellione, di disapprovazione; altri lo fan-no unicamente per esprimere se stessi ed esporre il pro-prio modo di vivere nella città e nel proprio territorio ed essere cosi riconosciuti da un vasto numero di persone.Ma da dove proviene tale pratica?Le sue origini sono spesso legate al degrado urbano ed alla scelta di utilizzare grandi spazi vuoti da parte di mol-ti artisti.Il graffitismo sboccia negli Stati Uniti alla fine degli anni 60, per poi espandersi nei quartieri più degradati di New York e arrivare in Europa negli anni 70 diventando espressione di un mondo giovanile all’insegna del triba-lismo moderno, della ritualità legata a stili di vita specifi-ci e ai movimenti giovanili, ma dagli anni 90 assume di-verse declinazioni, diventando sempre più un fenomeno di contestazione politica.Questo fenomeno segnala oggi un desiderio di identità? E’ una riflessione rispetto all’enorme sviluppo che tale manifestazione sta avendo in questo periodo storico, in cui spesso non riusciamo a definirci in un’identità ben circoscritta e soprattutto i giovani la vedono sempre più sfumata, con un bisogno importante di ri-marcarla. In-fatti, gli obiettivi dei cosi chiamati writers sono di rag-giungere una certa considerazione non solo all’interno del proprio ambiente ma far conoscere le proprie opere e la loro firma (tag) a chiunque. Tra gli artisti di strada vi-gono anche delle regole, infatti, è fondamentale il rispet-to e il non sovrastare il lavoro di un altro writer. Quando ciò avviene, possono esserci degli scontri tra di loro. L’ar-te su strada è soprattutto espressione di se stessi, della propria interiorità. Un’interiorità che non sempre corri-sponde ad intenzioni armoniose per cui ci sono delle dif-ferenze in ciò che si vuole esprimere, poiché c’è chi lo fa per sfregio e quindi come atto di vandalismo e chi inve-ce lo fa con il proposito di migliorare un paesaggio che si ama e che non si vuole vedere degradato, inserendo dei colori, anche se questo poi provoca effettivamente invasioni di edifici pubblici e privati. Il soggetto, le cui intenzioni sono poco armoniose, agi-sce in maniera impulsiva ed è dipendente, in altre paro-le pur sapendo il rischio a cui va incontro macchiando i beni della comunità, non può astenersi dall’agire. Le cause che portano tali soggetti ad intraprendere questi tipi di comportamenti sono da ricercarsi nella solitudine, noia, senso di vuoto. I dati evidenziano la presenza in tali giovani di uno spiccato tratto eccitatorio-compulsivo e modalita’ legate al bisogno urgente di gratificazione im-mediata in opposizione al senso di vuoto, di noia, alla

solitudine, alla mancanza di riferimenti interiori. Alcuni esempi di sculture sui muri, le cui intenzioni di chi le ha generate ha migliorato l’ambiente e la sua percezio-ne, sono invece quei graffiti che hanno riqualificato aree degradate come il quartiere Isola di Milano, dove un intero tunnel ospita favolosi esempi di Street Art e Street Poetry. Secondo una visione psicoa-nalitica, nell’azione creativa dell’artista è coinvolta tutta la sua personalità, in un processo in cui campo cognitivo e cam-po affettivo si fondono dando vita ad una unicità di linguag-gio personale che diventa sociale e condiviso da molti a vari livelli. Secondo molti i writers imbrattano e non cre-ano niente di positivo, ma in alcune città, come Torino, esi-ste la possibilità di iscriversi ad un progetto molto particolare, ossia avere a disposizione un muro assegnato dove dare sfogo e libertà alla propria portata artistica, a patto che si rispetti la correttezza e non si disegnino soggetti volgari o si facciano scritte offensive. Come ogni forma d’arte credo che la vera essenza delle Street Art, debba essere lontana da atti vandalici o dall’intenzio-ne di sporcare edifici pubblici a scopo denigratorio, quanto invece di abbellire zone ren-dendole colorate ed originali soprattutto se questo parte da una richiesta di un progetto o di proprietari privati o pubbli-ci. La cultura delle Street Art non riguarda sporcare in giro le pareti ma colorare artisti-camente e dare simbolismo comunicativo a strutture che altrimenti rappresenterebbero un degrado sociale e che inve-ce acquistano un significato particolare.

Psicoterapeuta *

BibliografiaBORGNA E., Come se finisse

il mondo. Boringhieri. Torino, 1995.

ECO U., I limiti dell’interpre-tazione. Bompiani, Milano,

1990.

FORNARI B., FORNARI F. Psicoanalisi e ricerca let-

teraria, Principato, Milano 1997

Page 50: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

EVENTI IN VAL VIBRATA

ASCOLI PICENOLo stadio De Luca è lieto di ospitare l’incontro di rugby Italia- Samoa che si terrà sabato 8 novembre, alle ore 15.

CONTROGUERRADomenica 9 novembre si terrà la 18esima corsa di San Martino, divenuta un evento di rilievo per ap-passionati e professionisti. Il numero dei partecipanti, infatti, aumenta di anno in anno. Quest’anno saranno introdotte delle interessanti novità come la presenza dei pacemaker, la collaborazione con la maratona di Firenze e la presenza di Franco Bragagna come ospite d’onore.Il ritrovo è previsto per le ore 8.30 presso la piazza del Commercio (Controguerra)

CIVITELLA DEL TRONTOContinuano le viste guidate Wild con il falconiere Giovanni Granati e i suoi lupi, falchi e gufi. L’incontro di novembre si terrà domenica 16 novembre, alle ore 10.30.Ingresso a pagamento.

Venerdi 31 ottobre presso la Fortezza di Civitella del Tronto si svolgerà l’annuale festa di Halloween. Si inizia alle ore 17 con l’animazione per bambini e so prosegue alle ore 21 con la musica del dj Maga fino alle ore 3. Saranno presenti stands enogastronomici . Entrata con consumazione 5 euro. Largo Vinciguerra,ingresso dalle scale mobili.

SANT’EGIDIO ALLA VAL VIBRATAIl 31 ottobre presso il Dejavu drinkandfood si svolgerà una serata all’insegna della buona musica. Si esibiranno, infatti, tre gruppi di rilievo nel panorama musicale come: i Kutso, La Rua e i Rainska. La serata è organizzata all’interno dell’edizione invernale del progetto Onirico Festival.Inizio ore 22. Ingresso gartuitoIl 7 novembre, invece, sarà la volta del gruppo pugliese La Fame di Camilla.

SANT’OMEROIl 26 ottobre si terrà l’annuale passeggiata “Itinerari di…vino”. L’incontro è previsto per le ore 8.30 pres-so la piazza XXV Aprile di Garrufo di Sant’Omero e da lì si proseguirà per le cantine garrufesi e toranesi.

Il 31 ottobre alle ore 18 presso la Sala Marchesa di Sant’Omero, si svolgerà la serata conclusiva del progetto culturale “Mondo d’autore”. Ospite di questa conferenza sarà il filosofo ed economista Serge Latouche, sostenitore della teoria della decrescita felice.

MARTINA DI DONATO

Page 51: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

BUONI A NULLADATA USCITA: 23 ottobre 2014GENERE: CommediaANNO: 2014REGIA: Gianni Di GregorioSCENEGGIATURA: Giovanni Di GregorioATTORI: Gianni Di Gregorio, Marco Marzocca, Valentina Lodovini, Daniela Giorda-no, Gianfelice Imparato, Marco Messeri, Camilla Filippi, Anna Bonaiuto

Quante ingiustizie deve ancora subire il povero Gianni? Dai colleghi d’ufficio, alla vicina di casa pestilenziale, fino alle pretese impossibili della ex moglie, le angherie

quotidiane sono infinite. Marco invece é un uomo buono, gentile, indifeso. Innamorato di Cinzia la giovane collega che lo schiavizza e lo illude. Bisognerebbe arrabbiarsi e imparare a farsi rispettare, ma come si fa? Da soli è difficile ma forse unendo le forze...

THE JUDGEDATA USCITA: 23 ottobre 2014GENERE: DrammaticoANNO: 2014REGIA: David DobkinSCENEGGIATURA: Nick Schenk, David Seidler, Bill DubuqueATTORI: Robert Downey Jr., Robert Duvall, Leighton Meester, Billy Bob Thornton, Da-vid Krumholtz, Vera Farmiga, Melissa Leo, Vincent D’Onofrio, Sarah Lancaster, Dax Shepard, Balthazar Getty, Emma Tremblay, Jeremy Strong, Grace Zabriskie, Ian Nel-son,Ken Howard

Hank Palmer è un affermato avvocato difensore di criminali. Quando torna nella piccola città d’origine per i funerali della madre, ad attenderlo trova il padre Joseph, stimato e onesto giudice, e i suoi due fratelli. Il rapporto con il padre è freddo e conflittuale, ma quando l’uomo viene accusato di omicidio, Hank decide di restare e aiutarlo difendendolo in tribunale. Il criminine di cui è accusato riguarda un omicida che lui stesso aveva condannato vent’anni prima. Il giudice non ricorda nulla e Hank è l’unico che crede nella sua innocenza.

GUARDIANI DELLA GALASSIADATA USCITA: 22 ottobre 2014GENERE: Azione, FantascienzaANNO: 2014REGIA: James GunnSCENEGGIATURA: James GunnATTORI: Chris Pratt, Zoe Saldana, Bradley Cooper, Vin Diesel, Lee Pace, Dave Bauti-sta, Benicio Del Toro, John C. Reilly, Djimon Hounsou, Glenn Close, Michael Rooker,

Ophelia Lovibond, Peter Serafinowicz, Gregg Henry, Ralph Ineson, Sean Gunn, Lloyd Kaufman

L’audace esploratore Peter Quill è inseguito dai cacciatori di taglie per aver rubato una misteriosa sfera ambita da Ronan, un essere malvagio la cui sfrenata ambizione minaccia l’intero universo. Per sfuggire all’ostinato Ronan, Quill è costretto a una scomoda alleanza con quattro improbabili personaggi: Rocket, un procione armato; Groot, un umanoide dalle sembianze di un albero; la letale ed enigmatica Gamora e il vendicativo Drax il Distruttore. Ma quando Quill scopre il vero potere della sfera e la minaccia che costituisce per il cosmo, farà di tutto per guidare questa squadra improvvisata in un’ultima, disperata battaglia per salvare il destino della galassia.

COMING SOON

CIN

EMA

51

Page 52: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

RICE

TTE

DEL

LA M

EMO

RIA

52

Nei precedenti articoli mi sono interessato della storia dei sei legumi che più comu-nemente compaiono sulle nostre tavole; non posso esaurire l’argomento senza un

cenno sugli altri tre membri della famiglia delle Fabaceae, il lupino, l’arachide e la soia, i quali, per molti versi, narrano storie interessanti e intriganti. Il lupino (Lupinus albus) è una leguminosa da gra-nella nota e diffusa fin dalla più remota antichità nel Bacino del Mediterraneo e nel Medio Oriente per la sua notevole adattabilità agli ambienti più ingrati, acidi e magri, dove ogni altra legumino-sa fallisce. Esso era seminato, anche nelle nostre regioni, per il suo potere di ingrassare i campi, migliorando, così, la fertilità del terreno, come ri-marcavano i nostri “amici” Berardo Quartapelle e Vincenzo Tanara, il quale nel XVII secolo, scriveva: «Ingrassa meglio, che qual si voglia cosa, e mas-sime, le Vigne, perché non porge morbidezza, né calore, ma l’odore alle viti. Ingrassa ancora mira-bilmente posto alle radici de gli arbori, & i frutti difende da infermità, e con la sua amarezza da ani-mali nocivi, oltre che spegne ogni trist’herba, che vicina ci naschi».Questo legume era altresì coltivato per la sua capacità di produrre una granella ricchissima di proteine (fin al 35%), anche se non priva di vari inconvenienti. Infatti, i semi di lupino contengo-no alcaloidi amari e/o velenosi. Per eliminare il problema, Tanara consigliava di far bollire i semi nell’acqua e Quartapelle di tenerli a mollo per lungo tempo, affinché diventassero dolci, meto-do valido ancora oggi. Sottoposti al trattamento, essi rappresentavano una sana e buona «nutritura ai buoi, ai cavalli, alle pecore, ed ai porci»; Quar-tapelle consigliava anche di disseccarli al forno, di macinarli e di somministrarne a questi animali una certa quantità mattina e sera. Sempre secondo il Nostro, questo cibo rendeva sode le loro carni e li

ingrassava «prontamente».Meno comune era l’uso dei lupini nell’alimenta-zione umana, ma «In caso di gran penuria sono di gran sollevamento alla povertà», come scrive Vincenzo Tanara, il quale specifica anche che «Si mangiano, ancorché dolci, aspersi di Sale, per ren-derli più gustosi». Sono passati secoli, ma il modo migliore di gustare i lupini rimane sempre quello appena riportato! La farmacopea popolare del suo tempo, poi, rite-neva che la farina di lupino rendesse «la pelle, e la carne morbidissima» e che il suo decotto debellas-se la rogna. In Italia la coltura del lupino è crollata a seguito dello spopolamento delle aree svantaggiate e oggi “resiste” solo in poche regioni: Calabria, Lazio, Puglia e Campania.I lupini sono stati da sempre il passatempo gastro-nomico delle feste di paese, un cibo di strada per eccellenza al pari delle arachidi, la cui storia inizia in tutt’altra parte del Mondo.

L’arachide (Arachis hypogaea), meglio conosciu-ta come nocciolina americana, è una pianta ole-aginosa di importanza mondiale, originaria del Brasile, da cui si è diffusa negli altri continenti, in particolare in Asia e in Africa, dove si registrano le produzioni maggiori. In Italia la sua coltivazione, introdotta per la prima volta nel 1870 nei dintor-ni di Valenza (AL), ha avuto alterna fortuna, senza

LI LIPÌ E LI NECELLEFRANCESCO GALIFFA

Page 53: Val Vibrata Life - Ottobre 2014

RICE

TTE

DEL

LA M

EMO

RIA

53

mai assumere vaste proporzioni; oggi è seminata in alcune zone del Veneto e della Campania. La pianta delle arachidi presenta una curiosa par-ticolarità perché i suoi fiori, dopo essere stati fe-condati, si allungano fino ad introdursi nel terre-no, dove crescono e maturano. Ne viene fuori un frutto dal colore giallo paglia, contenente gene-ralmente due o tre semi, di forma ovale irregolare, ricoperti da una sottile pellicina rossiccia.Dopo la raccolta, le arachidi vengono fatte sec-care al sole e poi sottoposte a una tostatura, che può essere più o meno forte, generando un gusto più o meno intenso. Le arachidi sono vendute con guscio, oppure sgusciate, e possono essere più o meno salate in superficie. Le arachidi salate sono più facilmente reperibili e più pratiche da con-sumare, ma vanno assunte con moderazione in quanto, essendo molto appetibili, è facile abusar-ne, eccedendo in calorie e sodio. Le arachidi in gu-scio sono molto più vantaggiose per la salute per l’assenza del sale e, soprattutto, perché, dovendo-le sgusciare, si rallenta la velocità di assunzione, prolungando il piacere con una quantità più limi-tata. In quest’ultima versione, sono le regine indi-scusse delle feste paesane, dalle più grandi alle più piccole. Si acquistano ancora calde, richiamati da-gli slogan di esperti tostatori, come i famosi Gior-gini di Giulianova, e sono condivise con gli amici, passeggiando tra le bancarelle, sostando davanti al palco dove è in atto lo spettacolo o stando più comodamente seduti intorno ad un tavolo, stimo-

lati dalla voglia di accompagnare il loro consumo con un buon bicchiere di birra fresca.Esse, infine, entrano nel circuito delle industrie di trasformazione, le quali, dalla loro lavorazione ri-cavano interessanti prodotti come il burro di ara-chidi, e soprattutto l’olio di arachidi, tra i più ap-prezzati della categoria.

Per dovere d’informazione, infine, è necessario for-nire delle sintetiche informazioni sulla soia (Glyci-ne hispida), la produzione agricola più antica della Cina, considerata, negli scritti di migliaia di anni fa, una delle cinque divinità vegetali, insieme a frumento, miglio, papavero e riso. La sua coltiva-zione è in costante crescita per la grande duttilità del prodotto; per questo motivo i semi di questo legume sono diventati monopolio delle grandi multinazionali del settore, come la Monsanto, la quale recentemente ha ottenuto dalle competenti autorità europee il via libera per la vendita, anche nel nostro continente, di varietà ogm. Nel mondo oggi si coltivano diverse varietà, dalle quali si ot-tengono svariati prodotti alimentari e derivati in-dustriali. Nell’alimentazione umana della soia si usano i ger-mogli come insalata, i semi come contorno o in va-rie preparazioni, la farina, ricavata dai semi sgras-sati, nella confezione di pani e dolci e di alimenti dietetici. In Cina si prepara anche il latte di soia, dal quale si può ricavare un formaggio particolare.

COZZE FRITTE *

Con un coltellino a lama sottile apri-re le cozze, togliere i molluschi dal-le valve, lavare in acqua corrente e asciugare su un telo da cucina. Infarinare i molluschi, setacciarli al fine di eliminare la farina ecceden-te, passarli nelle uova sbattute e poi nel pangrattato. Friggere il tutto in una padella colma d’olio bollente. Ritirare con la paletta bucata, asciu-gare su carta assorbente da cucina, insaporire con un po’ di sale e servire all’istante per non perdere l’aroma.

* ricetta di Emidio Carusi

ALFONSO ALOISI

Page 54: Val Vibrata Life - Ottobre 2014
Page 55: Val Vibrata Life - Ottobre 2014
Page 56: Val Vibrata Life - Ottobre 2014