universitÀ degli studi di cagliari facoltÀ di ingegneria

108
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA MECCANICA Il raffreddamento delle pale di turbina; modello di calcolo mediante le funzioni di Bessel Relatore: Tesi di laurea di: Prof. Francesco Floris Fabrizio Pau Anno Accademico 2003-2004

Upload: others

Post on 27-Oct-2021

5 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI

FACOLTÀ DI INGEGNERIA CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA MECCANICA

Il raffreddamento delle pale di turbina;

modello di calcolo mediante le funzioni di Bessel

Relatore: Tesi di laurea di: Prof. Francesco Floris Fabrizio Pau

Anno Accademico 2003-2004

Page 2: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

I

Si desidera sentitamente ringraziare:

il Prof. Francesco Floris, per aver reso possibile la

realizzazione di questa tesi, per il fondamentale

apporto, la costante presenza, l’assoluta

disponibilità e competenza;

la dottoressa Monica Marras, per i preziosi

suggerimenti forniti nella risoluzione del modello

matematico e per la fattiva collaborazione;

l’ingegnere Pier Francesco Orrù, per le utili

indicazioni sul lavoro da svolgere.

Page 3: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

I

INDICE

Premessa Introduzione

Capitolo 1: Perché refrigerare?

1.1 Introduzione

1.2 Espressione del rendimento reale del ciclo joule della turbina a gas

1.3 Problematiche relative all’aumento della temperatura

1.3.1 Problemi connessi con la resistenza termica e meccanica dei

materiali

1.3.2 Scorrimento viscoso

1.3.3 Problemi di natura corrosiva

1.3.4 Materiali utilizzati nelle palettature

1.3.5 Utilizzo di materiali ceramici

1.3.6 Rivestimenti particolari

1.4 Modalità di scambio termico sulla pala

1.4.1 Modalità di scambio termico

1.4.2 Trasmissione del calore per conduzione

1.4.3 Trasmissione del calore per convezione

1.4.4 Irraggiamento

1.4.5 Descrizione dello scambio termico

1.5 Modalità di refrigerazione delle palettature

1.6 Sistemi di refrigerazione a liquido

1.7 Refrigerazione ad aria

1.7.1 Refrigerazione per convezione interna

1.7.2 Impingement

1.7.3 Film cooling

1.7.4 Raffreddamento per traspirazione

1.8 Soluzioni realizzative

Page 4: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

II

Capitolo 2: Modello matematico quasi 2-D sulla trasmissione del calore su

una pala di turbina a gas

2.1 Ipotesi di partenza e condizioni al contorno

Capitolo 3: Soluzione analitica del modello

3.1 Risoluzione

Capitolo 4: soluzione esatta del modello

4.1 Soluzione numerica

4.2 Conclusioni

Bibliografia

NOTA REDAZIONALE: Questa tesi si compone di 108 pagine

Page 5: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

1

Premessa

Nello studio dei problemi fisici, i modelli matematici garantiscono un’indubbia

eleganza formale nella presentazione delle soluzioni. Inoltre danno la possibilità di

studiare un fenomeno senza la necessità di avere a disposizione costose

apparecchiature sperimentali, con i vantaggi economici che ne conseguono.

D’altro canto, essendo affetti da imprecisioni causate dalle semplificazioni

indispensabili, per la risoluzione, e dall’utilizzo di costanti numeriche empiriche,

necessitano del supporto della ricerca sperimentale.

Nondimeno, l’utilizzo di tali strumenti, affiancati alla ricerca sperimentale, assume

una notevole rilevanza, al fine di una chiara comprensione ed interpretazione dei

fenomeni.

Il lavoro di tesi che segue, completato con l’ausilio del software MATLAB, si

colloca in quest’ottica, nella speranza di essere utile agli eventuali approfondimenti

che seguiranno.

Page 6: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

2

Introduzione

La turbina a gas riveste attualmente un ruolo sempre più importante nell’ambito

della produzione d’energia, mentre nella propulsione aerea il suo impiego perdura

incontrastato già da parecchio tempo. Sebbene il principio di funzionamento fosse

noto da moltissimo tempo (risale, infatti, al XVII secolo una prima proposta di John

Barber), solo in tempi relativamente recenti (si parla degli anni ’20) si sono riuscite

ad ottenere installazioni effettivamente funzionanti. Da allora gli sviluppi sono stati

continui ed incessanti, sia per le turbine aeronautiche che per gli impianti terrestri per

la produzione di energia elettrica (impianti heavy duty), con molteplici innovazioni,

dapprima studiate e successivamente introdotte nel campo dell’aeronautica militare

per essere poi estese all’aviazione civile ed infine agli impianti per la generazione di

potenza e agli altri molteplici settori, quali la trazione navale, in cui si trovano ad

operare tali apparecchiature.

Una delle problematiche di maggiore interesse ed al contempo difficile soluzione

per i progettisti, nel campo delle turbine a gas è stata e rimane quella inerente al

raffreddamento delle pale, in special modo quelle del primo stadio che "vedono" la

camera di combustione. La ricerca sempre più esasperata di elevati valori del

rendimento del ciclo Joule-Brayton della turbina a gas, ha spinto i costruttori ad

innalzare sempre di più i valori di temperatura in camera di combustione e di

conseguenza di ingresso in turbina, incrementando cioè la temperatura del gas che

viene elaborato dalle palette.

Tali temperature, al giorno d’oggi ormai raggiungono e talvolta superano i

1650÷1700 K, e le moderne superleghe che costituiscono le pale non riescono da

sole a resistere al terribile cimento termico e meccanico che si viene a creare

all’interno dello stadio di turbina. Sono stati ideati a tal guisa vari metodi di

raffreddamento per le pale, più o meno complessi tra i quali possiamo citare il

raffreddamento per “film cooling”, per impingement, per traspirazione. Accanto a

tali tecniche, le quali adottano l’aria come fluido refrigerante, si possono annoverare

anche delle metodologie che fanno uso di vapore o miscele liquide ma il loro

impiego non è frequente. Per le moderne turbine a gas è ormai invalso l’uso dei

sopraccitati sistemi di raffreddamento in cui il fluido refrigerante è costituito da aria.

Page 7: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

3

Tali tecniche ne prevedono lo spillamento di una certa portata (nell’ordine del

5÷8%) dal compressore e il conseguente inoltro all’interno delle pale della turbina

(che, infatti, presentano una struttura cava), le quali provvedono poi ad espellerla

attraverso dei minuscoli fori praticati sul mantello. Al termine del suo utilizzo come

refrigerante l’aria stessa viene miscelata con la portata di gas combusti. E’ evidente

però che il processo di miscelazione dà luogo a perdite, che tuttavia possono essere

ridotte minimizzando il quantitativo d’aria richiesta. Appare chiaro, allora che per

ottenere impianti sempre più efficienti occorre realizzare efficaci sistemi di

refrigerazione per le turbine. In tal senso diventano essenziali per i progettisti, una

previsione accurata dello scambio di calore e del campo di temperatura che vengono

ad instaurarsi per i già citati componenti, i quali si trovano ad operare in condizioni

di funzionamento estremamente rigide.

Il presente lavoro si prefigge di esaminare tali particolari condizioni, ossia si

propone di ricavare una forma analitica capace di descrivere, pur con molta

approssimazione, il fenomeno di trasmissione del calore nel caso che un flusso

termico vada ad investire una singola pala di turbina. Pertanto, esso si articola nella

maniera seguente: dapprima nel capitolo 1, vengono analizzate le motivazioni che

impongono la refrigerazione nei gruppi turbogas, a cui segue un esame sulle

modalità di trasmissione del calore sulle palette, quindi si mostrano e vengono

analizzate le più diffuse tecniche di raffreddamento dei gruppi palari. Nel capitolo 2

viene presentata e discussa la proposta di trattazione analitica, relativa al campo di

temperatura che viene ad agire su una singola pala di turbina; mentre nei capitoli 3 e

4 si presentano le soluzioni e i grafici ottenuti dallo sviluppo del modello succitato.

Page 8: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

4

CCAAPPIITTOOLLOO 11

PERCHÉ REFRIGERARE?

1.1 Introduzione

In senso lato viene generalmente chiamato turbina a gas l’intero impianto di

produzione d’energia meccanica che utilizza il calore comunicato a masse gassose,

impianto di cui fanno parte con funzioni essenziali compressori, camere di

combustione, scambiatori di calore, mentre a rigore il nome di turbina a gas

dovrebbe competere alla sola motrice. Nelle moderne installazioni di turbine a gas si

raggiungono valori del rendimento globale che oscilla tra 0.36÷0.39 (un discorso a

parte meritano gli impianti combinati in cui il rendimento si attesta su valori di

0.50÷0.55 ed è ormai prossimo a 0.60). È indubbio che dalla loro introduzione siano

stati fatti dei giganteschi passi in avanti, considerando che nei primi esemplari

d’impianto tale valore era circa pari al 2%. Ci si chiede ora, quali siano i parametri

significativi per il rendimento delle TG. Per poter rispondere al quesito dobbiamo

entrare brevemente nel dettaglio sul funzionamento di un impianto, sia esso per uso

terrestre, atto cioè alla generazione di potenza, sia nel caso di turbina aeronautica.

Cominciamo con l’esaminare il ciclo termodinamico di un impianto con turbina a

gas per applicazioni terrestri, nella sua accezione attualmente più consueta,

l’allestimento a combustione interna, vale a dire a circuito aperto. Beninteso, il

processo termodinamico analizzato non è ciclico. Onde evitare complicazioni ci

limitiamo ad esaminare il circuito elementare (in altre parole privo di dispositivi

scambiatori di calore atti alla rigenerazione termica), costituito da un compressore

(solitamente assiale, in maniera tale da garantire elevate portate d’aria), da una

turbina, sede del processo d’espansione e da una camera di combustione.

Compressore e turbina sono collegati tra loro meccanicamente tramite un albero.

Inoltre la turbina è connessa ad un utilizzatore solitamente preposto alla generazione

d’energia elettrica, Ci si interroga ora, su come sia possibile incrementare il valore

del rendimento dell’impianto.

Page 9: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

5

C.C.

1

2

4

3

turbinacompressore

Lc Lu

fig. 1.1 schema funzionale del circuito elementare TG.

Facendo riferimento al piano h-s, consideriamo lo pseudociclo termodinamico 1-2-

3-4. Il compressore aspira una certa portata d’aria alla pressione atmosferica

dall’esterno (1), e la comprime pressoché adiabaticamente fino alla pressione p2, tale

trasformazione viene messa in atto mediante la spesa del lavoro di compressione Lc.

L’aria compressa viene quindi inviata alla camera di combustione, in cui viene

introdotto del combustibile (in fase liquida, gassosa o solida) in opportuno rapporto

con la portata d’aria e dove si realizza un processo di combustione pressoché isobaro

(2-3) (in realtà si hanno delle perdite di carico tra ingresso ed uscita). Il prodotto

della combustione è gas ad elevata pressione e temperatura, pronto per subire

un’espansione adiabatica (3-4) in turbina, da cui verrà infine espulso in atmosfera,

con una pressione all’incirca uguale alla pressione iniziale. Durante l’espansione si

ha la produzione del lavoro Lt, ovviamente maggiore del lavoro richiesto dal fluido

per essere compresso, pertanto avremo del lavoro utile Lu disponibile all’albero

dell’utilizzatore.

Page 10: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

6

1.2 Espressione del rendimento reale del ciclo joule della turbina a gas

Come noto l’espressione del rendimento reale del ciclo TG si può scrivere nella

maniera sotto riportata

11 QLL

QL ctu

r−

==η

se si desiderano, come vorrebbe la logica elevati valori del rendimento, il lavoro

fornito dalla turbina dovrà essere di molto superiore al lavoro da spendere in fase di

compressione, dovrà altresì valere:

ct LL >

h

s

p2

p1

2

3

4

LT

Lc

1

4s2s

fig. 1.2 ciclo Joule sul piano h-s per impianto TG con andamenti reali

dei processi di compressione(1-2) ed espansione(3-4).

È utile aver presente che uno dei limiti principali del ciclo turbogas (semplice o

rigenerato) è il lavoro specifico relativamente ridotto (difficilmente superiore a 200

kJ/kg di fluido di lavoro). Ciò risulta principalmente dovuto al fatto che (a differenza

di quanto avviene nei cicli a vapore nei quali il lavoro specifico supera facilmente i

1200 kJ/kg) il lavoro di compressione costituisce una parte rilevante del lavoro

d’espansione della turbina (tipicamente nell’ordine del 30÷60%), di modo che il

lavoro utile Lu è ridotto. È per questo che non è stato possibile realizzare un impianto

turbogas funzionante, finché non si sono sviluppati compressori dinamici ad elevato

Page 11: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

7

rendimento (assiali o centrifughi), anche se il principio operativo del ciclo era noto

dal 1800.

In ogni modo, vediamo ora come esprimere in maniera più comoda tali quantità.

Siano: ηt rendimento della turbina, ηc rendimento del compressore, ∆ht,is salto

entalpico isoentropico in turbina, ∆hc,is salto entalpico isoentropico di compressione.

Allora, come noto potremo scrivere:

tistt hL η⋅∆= , e ⋅∆

=c

iscc

hL

η,

per cui con semplici passaggi

c

isctist

hh

ηη ,

,

∆>⋅∆

( )( )

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−

=−

−=

∆∆

>⋅

3

43

1

21

43

12

,

,

1

1

TTT

TTT

TTcTTc

hh

p

p

ist

iscct ηη

ricordando la relazione che lega pressione e temperatura lungo una trasformazione

adiabatica (in cui viene indicato con k l’esponente della trasformazione)

εβ=⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛==

−k

k

pp

TT

TT

1

1

2

4

3

1

2

e definendo il rapporto τ tra le temperature estreme del ciclo T1 e T3 , mentre con β

viene indicato il rapporto di compressione

τβηη

ε

>⋅ ct

Analizziamo ora separatamente i termini a primo e secondo membro: il rendimento

di espansione ηt si è ormai da tempo attestato su valori prossimi all’unità, difatti si ha

ηt=0.90÷0.95. Inoltre le cadute entalpiche (di modesta entità se confrontate con

quelle a cui deve far fronte una turbina a vapore) che devono essere elaborate dalla

turbina, consentono di realizzare macchine aventi pochi stadi, talvolta appena due o

tre. Si hanno allora delle macchine abbastanza compatte, e ciò contribuisce

senz’altro a limitare le perdite. Ben altro discorso si dovrebbe fare per quanto

riguarda il rendimento di compressione ηc, che per un lungo periodo è stato il reale

freno allo sviluppo delle TG. Come noto la realizzazione di efficienti condotti

Page 12: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

8

diffusori, che a differenza dei condotti acceleranti presentano elevate perdite di

carattere fluidodinamico, è molto complicata, per due principali motivi. Innanzitutto

il fenomeno del controrecupero nella compressione ostacola il raggiungimento di

elevati valori di ηc, ed inoltre come poco anzi accennato, nei vani palari di un

compressore dinamico ha luogo la diffusione del fluido, caratterizzata da strati limite

(sedi di rilevanti fenomeni dissipativi) di notevole spessore. D’altra parte i continui

progressi tecnologici e scientifici hanno permesso la realizzazione di compressori

capaci di garantire rendimenti e portate adeguatamente elevati e al giorno d’oggi il

rendimento di compressione raggiunge valori pari a circa ηt=0.90÷0.91.

Da quanto detto si deduce allora che, essendo sia il rendimento di espansione che

di compressione ormai prossimi all’unità, ulteriori incrementi del rendimento

dell’impianto vanno ricercati attraverso la variazione degli altri parametri che

influenzano il rendimento del ciclo, a tal fine si riprende in esame la relazione

ricavata in precedenza

τβηη

ε

>⋅ ct

Risulta che nel caso del ciclo reale, esiste per il rendimento una condizione di

rapporto di compressione ottimale, che andrà determinata caso per caso in funzione

degli altri parametri, ed in special modo il rapporto tra le temperature estreme τ.

E' possibile inoltre dimostrare che -nel caso di ciclo semplice- il valore ottimale

del rapporto di compressione, βmax(η) per il rendimento risulta superiore al valore

βmax(Lu) per il lavoro specifico (Ciò spiega perché oggi i propulsori aeronautici più

moderni presentano rapporti di compressione fino a 30, sacrificando il lavoro

specifico per ottenere un rendimento più elevato nel funzionamento a ciclo semplice,

e quindi consumi più bassi). Si comprende allora che nuovi progressi del rendimento

si possono ottenere mediante l’aumento del rapporto tra le temperature estreme del

ciclo, di conseguenza spingendosi verso temperature T3 d’ingresso in turbina sempre

più elevate. Più precisamente con l'aumento di tale temperatura, il lavoro specifico

aumenta in maniera considerevole, in virtù del fatto che le isobare sono curve a

pendenza crescente (l'intercetta verticale tra due isobare sul piano h-s aumenta

spostandosi verso le alte temperature od entropie; a tale proprietà si fa

impropriamente riferimento con il termine "divergenza delle isobare").

Page 13: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

9

È possibile sviluppare il discorso in maniera analoga per le turbine aeronautiche,

tenendo ben presente la differente impostazione concettuale ed il diverso peso che

hanno i vari parametri, quali possono essere ad esempio la necessità di minor

consumo di carburante e di maggiore leggerezza per i componenti nel caso delle

turbine aeronautiche, o un tempo di vita utile dei componenti accettabile per i gruppi

turbogas adibiti alla generazione di potenza. Se ci si riferisce per semplicità, come

fatto in precedenza ad uno schema funzionale di massima si vede che, a differenza

degli impianti terrestri, è presente a monte del compressore un diffusore D che

costituisce la presa dinamica dell’apparecchio, sede di una prima compressione

dinamica dell’aria. In tale maniera si ottiene uno sgravio di lavoro del compressore e

di conseguenza della turbina.

C.C.

1'

2

4*

3

TC 4D U1

fig. 1.3 schema funzionale di un turbogetto.

La turbina aeronautica non possiede un generatore, inoltre essa non porta a termine

l’espansione, bensì come viene mostrato nella figura sottostante, l’ammontare

rimanente di entalpia viene adoperato ai fini della propulsione del mezzo. In effetti,

la caduta entalpica nel tratto dell’espansione adiabatica (3-4*) conferisce alla turbina

soltanto la potenza necessaria per azionare il compressore e per sopperire alle perdite

meccaniche, mentre la cospicua caduta entalpica del tratto (4*-4) è in grado di

accelerare il fluido di scarico ad elevatissima velocità nell’ugello U.

Page 14: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

10

h

s

p2

p1

1

2

3

4

Lt

Lc

4*

Lc

fig. 1.4 ciclo Joule sul piano h-s per turbogetto, nel tratto 4*-4,

il gas espande permettendo la propulsione.

Le turbine per jet lavorano a temperature maggiori di quelle per impieghi terrestri,

che al giorno d’oggi operano alla stessa temperatura massima con cui operavano i jet

militari vent’anni fa. Un ulteriore aspetto di netta differenziazione, strettamente

correlato con quanto appena affermato, per le turbine aeronautiche consiste nella

durata: un impianto turbogas per generazione di potenza viene progettato con

l’intento di avere una vita utile di 100000 ore, vale a dire circa 11÷15 anni, mentre

per una turbina aeronautica è possibile che la vita prevista dei componenti possa

essere anche di 100÷500 ore. Inoltre per gli impianti terrestri si opta per un β di

massimo lavoro utile, in quanto a parità di potenza è possibile ottenere una macchina

avente dimensioni più compatte, come si desume, infatti, dalla relazione

uLmP ⋅=

ovvero, se si massimizza il lavoro utile a parità di potenza, è possibile lavorare con

portate massiche inferiori. A sua volta, la turbina a gas di tipo aeronautico lavora in

condizioni di massimo rendimento, ed essendo

)max()max( uLββ η >

si ha quindi un rapporto di compressione di ottimizzazione molto maggiore,

nell’ordine di 25÷30, difatti nel caso della turbina aeronautica è conveniente

ottimizzare il consumo di carburante.

Page 15: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

11

1.3 Problematiche relative all’aumento della temperatura

Come ribadito in precedenza, è possibile ottenere un incremento del lavoro

specifico, a parità di ogni altra condizione, tramite l’aumento della temperatura di

ingresso in turbina (TIT turbine inlet temperature). Per effetto di tale aumento però,

si presentano problemi legati alla resistenza dei materiali che vanno a costituire i vari

componenti della turbina, in special modo per le palette dei primi stadi. Siffatti

problemi possono essere suddivisi in due grandi aree:

• Problemi di natura termica e meccanica, di cui fanno parte i fenomeni di

plasticizzazione del materiale, quelli di scorrimento a caldo e di fatica

termica del materiale, elevati carichi termici causati da rapidi cambiamenti di

temperatura e da elevatissimi gradienti, nonché elevati stress meccanici

impatti puntuali, stress da contatto e carichi vibrazionali a bassa ed alta

frequenza

• Problemi di natura corrosiva, dovuti soprattutto alle rigide condizioni

termiche a cui si trovano ad operare le schiere palari, nonché alle condizioni

chimico fisiche dell’ambiente, spesso soggetto a forte presenza di solfuri e

nitrati dovuti ai processi che hanno luogo in camera di combustione.

Questa situazione ha indotto progettisti e costruttori del settore a studiare possibili

sistemi che consentissero il raggiungimento di elevate prestazioni delle turbine

(aumentandone la vita utile e riducendone il consumo di combustibile), a fronte della

conservazione delle caratteristiche strutturali dei materiali, ed in tal senso la sfida è

considerevole.

1.3.1 Problemi connessi con la resistenza termica e meccanica dei materiali

Le particolarità operative dei gruppi turbogas hanno posto sin dalle loro prime

costruzioni una serie di problemi fino ad allora sconosciuti all’ingegneria meccanica,

in quanto si trattava di macchine il cui funzionamento era fortemente condizionato

dalle caratteristiche del ciclo termico utilizzato, che comportavano sollecitazioni

termomeccaniche estremamente elevate in molti dei suoi componenti, nonostante

l’utilizzo non presentasse limiti particolari ad ingombri e pesi. Nacque pertanto

Page 16: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

12

l’esigenza dell’introduzione del concetto di durata, da affiancare a quello di

resistenza funzionale degli organi della macchina. L’idea di durata e strettamente

connessa con la temperatura alla quale i gas combusti attraversano la turbina, tale

valore di temperatura, per esigenze legate al rendimento deve necessariamente

superare il limite oltre il quale sia gli acciai legati che le superleghe a base di Ni e Co

non sopportano le sollecitazioni connesse alle velocità di rotazione cui sono

sottoposti i componenti del rotore, se non per un breve lasso di tempo.

1.3.2 Scorrimento viscoso

Il grosso problema che si presenta nella turbina è il cosiddetto scorrimento viscoso

a caldo o creep.

zona di max sollecitazione ω

fig. 1.5 zona di maggior sforzo, all’attacco della paletta con il disco.

Come esemplificato in maniera drastica nella figura suesposta, all’attacco della

pala sussiste uno sforzo dovuto alle forze centrifughe, che si vengono a creare a

causa delle elevate velocità di rotazione, inoltre come più volte ribadito il gas

elaborato dalla turbina si trova ad una temperatura molto elevata, per cui la

deformazione della paletta non è elastica bensì plastica. È opportuno allora ricordare

gli aspetti fondamentali riguardo il comportamento dei materiali che vengono a

trovarsi nelle condizioni sopraccitate. È noto che un provino di materiale metallico a

temperatura ambiente, sottoposto ad un carico di trazione entro i limiti della

deformazione elastica dopo un iniziale allungamento, mantiene invariata la propria

lunghezza anche con il protrarsi nel tempo del carico. Tuttavia per ogni dato

Page 17: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

13

materiale esiste una temperatura al di sopra della quale il prolungarsi del tempo di un

carico anche non particolarmente elevato, non soltanto provoca una deformazione

plastica iniziale, ma comporta un continuo allungamento che inevitabilmente

conduce alla rottura del provino. Il fenomeno del creep può essere suddiviso in tre

fasi: nella prima (creep primario) la velocità di deformazione inizialmente molto

elevata, diminuisce nel tempo, se la temperatura non è eccessivamente alta, la

deformazione si arresta e la curva relativa assume un andamento sostanzialmente

parallelo con l’asse dei tempi. Se tuttavia la temperatura (o la sollecitazione) supera

un certo valore, dipendente dalla natura del materiale in esame, subentra la fase del

cosiddetto creep secondario, in cui velocità di incrudimento e velocità di riassetto

delle dislocazioni si mantengono in equilibrio, da cui ne consegue una velocità di

deformazione costante nel tempo, che si definisce come velocità minima del creep.

La fase di creep secondario può anche protrarsi per un periodo di tempo molto lungo

se la velocità minima del creep si mantiene entro un limite sufficientemente basso.

Tuttavia dopo un periodo di tempo più o meno prolungato, dipendente dalla

temperatura e dal carico applicato, si ha un forte aumento della velocità di

deformazione in cui il materiale giunge rapidamente al punto di rottura (creep

terziario).

Il fenomeno è rappresentato qualitativamente nel diagramma che riporta le

deformazioni a carico σ costante in funzione del tempo ed al variare della

temperatura.

t

ll∆

tr

T3

vita utile

costante=σ

fig. 1.6 andamento della deformazione nello scorrimento viscoso a caldo.

Page 18: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

14

In sintesi, se ci riferiamo alle condizioni presenti nel primo stadio della turbina, si

nota chiaramente che esiste una correlazione tra l’aumento della temperatura T3 di

ingresso in turbina e la vita del componente tr, che tende a ridursi, mentre viceversa

aumenta la velocità di deformazione. Ciò può essere riassunto dalla relazione

seguente:

( ) ( )σftT r =+ 20log3

si comprende che i valori più elevati di T3 come quelli raggiunti in campo

aeronautico compromettono la vita dei componenti e richiedono una costosa

manutenzione programmata e la sostituzione frequente delle parti calde (anche ogni

500 ore). Alle temperatura massime di funzionamento a regime di un turbogas, i

materiali impiegati per la realizzazione delle parti mobili della turbina operano in

regime plastico; a differenza di quanto avviene per la progettazione di organi

operanti a temperatura ambiente, si deve quindi necessariamente considerare come

parametro la deformazione massima compatibile con un regolare funzionamento

dell’apparecchiatura in questione. In altre parole si ha la necessità di prevedere una

durata della palettatura, equivalente al tempo necessario al recupero dei giochi che

ne impediscano l’interferenza con la cassa.

Inoltre, si capisce chiaramente che nasce pure un freno alla potenza massima

ottenibile, dovuta alla necessità di limitare gli sforzi σ, e di conseguenza le velocità

ru ⋅= ω . Da ciò risulta quindi una restrizione al diametro della turbina e dunque alla

portata massica.

1.3.3 Problemi di natura corrosiva

L’altra seria questione per lo sviluppo dei turbogas riguarda la corrosione, difatti le

condizioni termiche estremamente rigide in cui si trovano ad operare gli elementi

della turbina, in concomitanza con l’ambiente chimicamente molto aggressivo, che

viene di conseguenza ad instaurarsi possono comportare un rapido deterioramento

dei componenti. Si noti che la resistenza alla corrosione è richiesta in maggiore

misura per i distributori perché in essi la temperatura è più elevata, mentre per la

palettatura mobile ha prevalente importanza la resistenza meccanica. La corrosione è

in primo luogo dovuta al tipo ed alla qualità del combustibile, difatti tra i prodotti

Page 19: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

15

della combustione, i residui del combustibile sono responsabili delle polverosità che

si accumulano sulla superficie degli organi investiti dal flusso dei gas combusti,

quale può essere il bordo d’attacco della paletta. L’impatto di tali gas porta alla

formazione di depositi corrosivi, in quanto conduttori di correnti galvaniche.

É possibile osservare che, con l’incremento della temperatura varia anche la

tipologia dei vari agenti aggressivi per le palettature. Nel momento in cui si

raggiungono temperature dell’ordine di 600 °C, cominciano a sorgere i primi

problemi. Difatti i combustibili fossili contengono vanadio, presente in termini di

concentrazione nell’ordine di 50÷100 ppm (in pratica un tenore tra 0.0005÷0.001%)

per i greggi africani, per arrivare nei greggi americani fino a 200 ppm. Durante la

reazione di combustione, il vanadio va a reagire con la molecola organica R di

combustibile, provocando la formazione dei prodotti della combustione P come

segue

PORV ⎯→⎯++ 2

si ha, in cotale maniera la formazione degli ossidi V2O3 e V2O4, inerti, la cui

temperatura di fusione vale 1971 °C. Nell’eventualità in cui, disgraziatamente il

vanadio, ossidandosi formi il pentossido V2O5 altresì detto vanadina, emergono i

problemi. Trattasi difatti di un composto fortemente corrosivo per i materiali, in

quanto si ha la formazione di composti chimici aggressivi in fase liquida, oltretutto i

sali vanadil vanadati presenti in fase solida che si vengono a produrre secondo le

reazioni

5242252 / OVOVONaOVNaCl ⋅⋅⎯→⎯+

524225242 115/ OVOVONaOVSONa ⋅⋅⎯→⎯+

aventi rispettivamente le temperature di fusione Tf=625 °C e Tf=535 °C, aderiscono

alla superficie del materiale delle pale in maniera tale da formare dei depositi

incrostanti di natura coibente, e nella pratica non asportabili, che vanno a modificare

il profilo della palettatura stessa compromettendo le prestazioni ed in ultima istanza

la funzionalità stessa dell’impianto.

La temperatura del pentossido di vanadio vale Tf=690 °C; occorre tenere presente

difatti, che l’effetto corrosivo è preponderante quando l’agente si trova in fase

liquida (in tale circostanza la vanadina che va ad ossidare i componenti metallici è

una “pompa d’ossigeno”), purtuttavia le basi sodio e potassio sempre presenti nelle

Page 20: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

16

ceneri che contribuiscono alla formazione dei sali doppi succitati, agiscono da

fondenti portando di fatto la temperatura di fusione delle ceneri a 600 °C.

Tale temperatura massima ha costituito per anni un limite allo sviluppo dei gruppi

turbogas heavy duty, difatti con siffatte condizioni di esercizio non si poteva

garantire una vita utile adeguata. Una possibile soluzione consiste nell’impiego di

combustibili poveri di vanadio, è inoltre possibile intervenire mediante degli

additivi, che abbiano la capacità di neutralizzare i sali di vanadio. Adatti allo scopo

sono l’ossido di magnesio MgO e l’ossido di calcio CaO, aggiunti in quantità

dell’ordine delle decine di ppm. Per il pentossido di vanadio è possibile adoperare

sali a base di idrazina che portano il vanadio ad uno stato di ossidazione inferiore.

Infine si possono alimentare le TG con frazioni bassobollenti del combustibile,

quindi naturalmente devanadizzate in fase di distillazione, quali gasolio o kerosene.

È frequente inoltre il ricorso a combustibili più pregiati come il gas naturale.

I meccanismi di corrosione sono in ogni modo molto complessi, solitamente

coinvolgono lo zolfo, il sodio ed il potassio, che sono gli elementi più dannosi. Si

hanno ad esempio reazioni del tipo −−−− +⎯→⎯+ SOFeSOFe 434

3

HClSONaOHOSONaCl 2212 42222 +⎯→⎯+++

Tra i 600 °C e gli 800 °C il fenomeno viene denominato corrosione a bassa

temperatura o di tipo 2 e si caratterizza per essere abbastanza uniforme , mentre

nell’intervallo tra gli 800 °C ed i 1000 °C, i solfati di sodio e calcio, per effetto della

combustione condensano nei componenti della turbina, aggredendo rapidamente il

metallo; questo fenomeno viene denominato corrosione a caldo o di tipo 1. Il danno

causato da questi sali liquefatti appare sotto forma di cavità ben definite e

localizzate. Intorno alla temperatura di 1000 °C lo zolfo evapora con formazione di

placche ossidanti che corrodono i materiali. In queste condizioni, lo "sfagliamento"

dovuto all’azione dell’ossigeno aumenta rapidamente, inducendo ulteriori cricche e

rotture, aumentando ancor più la fragilità della struttura metallica del componente.

Per limitare la corrosione ad alta temperatura è da evitare la presenza di metalli

alcalini, Na e K in quanto responsabili della formazione di ceneri appiccicose.

Page 21: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

17

1.3.4 Materiali utilizzati nelle palettature

Le pale della parte ad alta pressione della turbina sono gli elementi maggiormente

sollecitati dei gruppi turbogas in quanto, come precedentemente asserito, oltre ad

essere sottoposte alla temperatura massima del ciclo termico, risentono

contemporaneamente di alti carichi centrifughi, di vibrazioni meccaniche, di

sollecitazioni a fatica di natura fluidodinamica e di azioni erosive e di corrosione da

parte dei gas combusti.

Poiché il carico centrifugo σ agente sulle pale della girante dipende dalla densità ρm

del materiale con cui vengono costruite, il confronto tra materiali che possono essere

impiegati deve essere attuato a parità del rapporto tra sollecitazione e densità. È

difatti possibile esprimere la sollecitazione σ in funzione della densità del materiale,

assimilando la paletta ad un corpo prismatico, tramite la relazione

Dlum

22ρσ =

in cui compaiono anche l’altezza della paletta l, la velocità periferica u, il diametro

della girante D. Appare di conseguenza chiaro che il parametro densità del materiale

assume fondamentale importanza per la scelta del materiale medesimo.

Le superleghe a base di Ni e Co sono tra le più conosciute tipologie di materiali

adoperati nella costruzione dei componenti dei turbogas e sono stati tra i primi

materiali, in ordine di tempo, ad essere adoperati, invero permane l’interesse della

ricerca verso di esse, in quanto permettono la realizzazione di materiali di pregevole

fattura e ragguardevole resistenza. Vengono riportate in tabella 1.1 le composizioni

di alcune di queste leghe, mentre in tabella 1.2 si riportano i valori di resistenza ad

alta temperatura di superleghe ampiamente adoperate.

Page 22: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

18

C Cr Ti Al Co Mo Fe Ni Zr Nb V B W Ta ρ [kg/dm3]

nimonic 90 0,10 20,0 2,4 1,2 16,0 - - q.b - - - - - - 8,2 nimonic

105 0,20 13,5-16,0 0,9-1,5

4,2-4,8 18,22 4,5-5,5 1,0 q.b - - - - - - 8,0

nimonic 115 0,15 15,0 4,0 5,0 15,0 3,5 - q.b - - - - - - 7,9

udimet 700 0,07 15,0 3,2 4,3 17,0 5,3 - q.b 0,04 - - 0,02 - - 7,9

G 70 0,15 13-17 3,4 3,5 17,5-20,5 - q.b - - - tr. - - 8,0

G 64 0,12 11,0 6,0 6,0 - 3,0 - q.b - 2,0 - 0,250 4,0 - 8,1

713 LC 0,05 2,0 5,9 5,9 - 4,5 - q.b 0,100 2,0 - 0,012 - 8,0

IN 100 0,18 10,0 5,5 5,5 15,0 3,0 - q.b 0,06 - 0,9 0,014 - - 7,8

M 228 0,13 5,7 6,3 6,3 - 2,0 - q.b 0,5 - - 0,02 11,0 3,0 8,6

MM 200 0,08 9,0 5,5 5,5 10,0 - - q.b 0,050 1,0 - 0,025 12,5 - 8,5

G 104 0,08 5,0 6,0 6,0 15,0 3,5 - q.b 0,050 - - 0,1 8,0 8,0 9,0

M 313 - 30,0 0,9 0,9 - - - q.b 0,050 - - 0,003 - - 8,1

IN 738 0,17 16,0 3,4 3,4 8,5 1,75 - q.b 0,1 0,9 - 0,01 2,6 1,75 8,1

MM 322 1,0 21,5 - - q.b - - - 2,25 - - - 9,0 4,5 8,9

Tabella 1.1 composizione (% in massa) di leghe per palettature

di turbine a gas (da Acton-Caputo).

per forgiatura per fusione T [°C] tempo [h] Ni 90 Ni 105 Ni 115 713 NC IN 100

1·103 434,5 531,1 - - - 650 1·104 335,2 409,7 - - -

1·103 310,4 424,9 - - - 700 1·104 195,9 300,7 - - -

1·103 205,5 302,1 - - - 750 1·104 111 211,1 - - -

1·103 92,4 180,7 - - 317,3 815 1·104 37,2 93,1 - - -

rottura 1·103 458,7 618 - - - 650

1·104 347,6 471,8 - - - 1·103 333,8 463,5 - - - 700

1·104 206,9 370,4 - - - 1·103 234,5 364,6 448,3 455,2 542,2 750

1·104 134,5 262,8 275,9 372,4 400 1·103 117,3 217,9 293,1 331,1 379,3 815

1·104 52,4 134,5 165,5 248,3 234,5

Tabella 1.2 resistenza alla trazione di superleghe per palettature.

(N/mm2) (da Acton-Caputo).

%5.0=∆l

l

Page 23: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

19

Da tempo si sperimentano sulle anzidette leghe a base di nichel nuove tecniche di

fabbricazione, in maniera tale da incrementarne la resistenza, tuttavia il fatto che la

loro temperatura di fusione sia attorno ai 1200÷1300 °C costituisce in limite

obbiettivo al loro utilizzo in costruzioni che raggiungano altissime temperature.

Anche le leghe a base di Co (data l’elevata resistenza alle altissime temperature del

cobalto), continuano a rimanere oggetto di ricerca, sebbene le loro caratteristiche

non si discostino dai materiali a base di nichel.

Sono inoltre allo studio leghe a base di cromo che potrebbero permettere, almeno

in teoria una maggiore resistenza alla corrosione. Oggetto di indagine sono anche le

leghe basate sul niobio (che dovrebbero consentire un incremento della temperatura

massima tollerabile di circa 150÷200 K rispetto alle leghe a base di Ni e Co), che

però presentano il duplice svantaggio di avere la necessita di un adeguato

rivestimento che eviti l’azione corrosiva dei gas combusti, e avere una densità

maggiore rispetto ai materiali già citati. Per gli elementi che costituiscono gli ugelli

distributori della turbina di alta pressione i materiali prescelti devono presentare una

più elevate resistenza alla corrosione ad alta temperatura (la quale può superare di

100 K la temperatura di ingresso nel rotore della turbina), a fronte di minori

sollecitazioni meccaniche.

La tendenza è di adoperare leghe di Ni e Co, le quali sebbene più costose

forniscono prestazioni superiori. È possibile utilizzare allora leghe resistenti anche a

1300 °C, tenendo presente la necessità di appositi rivestimenti atti a proteggere dalla

corrosione.

Il campo di utilizzo di tali superleghe viene naturalmente esteso ai componenti

strutturali più sollecitati delle macchine in cui il peso è un fattore determinante,

quali i propulsori aerei.

Nella tabella che segue si riportano le temperature di fusione e la densità di

materiali frequentemente utilizzati nei turbomotori a gas.

Page 24: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

20

materiale punto di fusione [°C] densità [kg/dm3] magnesio 850 1,75 allumino 660 2,7 titanio 1668 4,52 berillio 1277 1,86 ferro 1536 7,95 nichel 1455 8,92

nimonic 75 1390 8,1 nimonic 115 1210 7,89

EPK 24 1295 7,79 TD nichel 1455 8,92

cobalto 1492 8,71 cromo 1850 7,2 niobio 2468 8,62

molibdeno 2610 10,42 tantalio 2996 16,7

tungsteno 3410 19,3 fibre

boro 2030 2,59 carburo di silicio 2690 3,19

carbonio 3730 1,99 Si fuso 1660 2,2 vetro 840 2,5

whiskers allumina - 3,96

nitruro di Si 1900 3,24

Tabella 1.3 temperatura di fusione e densità di materiali e sostanze

utilizzati nelle turbine a gas (da Acton-Caputo).

Un altro settore di ricerca è quello relativo ai materiali compositi, per i quali sono

oggetto di esperimenti fibre di tungsteno e di molibdeno, che consentono un

significativo incremento di resistenza della matrice a base di nichel, mentre fibre di

carbonio e carbonato di silicio non sono adatte a causa della loro reattività con il

nichel. In sostanza si tenta tramite l’inserimento in una matrice a base di nichel di

fibre di tungsteno e molibdeno di ottenere pale resistenti ad una temperatura

superiore di 80 K a quella massima tollerabile dalla lega base.

Page 25: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

21

1.3.5 Utilizzo di materiali ceramici

In prospettiva un'altra tipologia di materiali di notevole interesse fa riferimento ai

materiali ceramici anche se storicamente, sin dagli anni '40÷'50, furono oggetto di

valutazione per il loro potenziale impiego nei componenti delle turbine. Composti

non metallici di varia natura (carburi, nitruri, ossidi) godono infatti di un complesso

di favorevoli proprietà alle alte temperature che le rendono atti ad un utilizzo nei

gruppi turbogas. Il carburo o il nitruro di silicio, ad esempio, hanno una resistenza

alla trazione, alla compressione, allo scorrimento a caldo, all'ossidazione, alla

corrosione e all'erosione superiore a quella delle superleghe; hanno costi intrinseci

modestissimi, e potrebbero consentire la realizzazione di turbine non raffreddate a

temperature massime del ciclo di 1500÷1800 K. Il loro impiego inoltre,

scongiurerebbe la paventata carenza di metalli strategici cui si andrà inevitabilmente

incontro con la diffusione di turbine in superlega . A fronte di tanti aspetti positivi i

materiali ceramici sono caratterizzati da una rottura fragile: non si manifestano in

essi quei processi di plasticizzazione localizzata che, nei metalli, attenuano gli effetti

negativi dei fenomeni di intaglio. Gli inevitabili difetti interni, a livello

microscopico, possono condurre ad una rottura catastrofica molto al di sotto delle

sollecitazioni che, mediamente, il materiale è in grado di sopportare. Alcuni

ceramici hanno una buona resistenza meccanica e all’ossidazione, ma non resistono

agli shock termici imposti dai motori ed in tal senso suscitarono un notevole

interesse i nuovi materiali della famiglia dei nitruri e carburi di silicio sviluppati

negli anni '60: questi materiali hanno una migliore resistenza agli shock termici

dovuta alla combinazione di bassa espansione termica, elevata resistenza meccanica

e moderata conducibilità termica. I primi promettenti nitruri e carburi di silicio

furono fabbricati mediante il processo di sinterizzazione. Maggiori sforzi sono stati

profusi fin dai primi anni '70 per migliorare le proprietà ad alta temperatura del

nitruro di silicio. Il primo obiettivo è stato sviluppare un processo che riuscisse a

produrre a bassi costi complessi componenti delle turbine con il minimo di

lavorazione meccanica in maniera tale da ridurre gli sprechi. I carburi e nitruri di

silicio diventarono i principali candidati per le turbine perché hanno delle resistenze

intermedie, ma possono essere fabbricati con poche lavorazioni e quindi a costi

competitivi. Attualmente la nuova frontiera è costituita dai materiali ceramici

Page 26: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

22

strutturali avanzati (MCSA), i quali mostrano di avere i requisiti tecnologici

fondamentali per essere impiegati in componenti ad alta temperatura. Se l’alto

coefficiente di dilatazione termica ed il basso coefficiente di conducibilità termica

rendono i ceramici ossidi (allumina e zirconia) inadatti in applicazioni strutturali

quali parti calde di turbine a gas, le condizioni di progetto ed operative sono invece

soddisfatte dalle caratteristiche dei ceramici non ossidi, quali SiC e Si3N4 pressato a

caldo. Infine, se la tenacità e l’affidabilità ad altissime temperature sono i requisiti

fondamentali richiesti, bisogna scegliere i costosissimi compositi ceramici-ceramici

quali C-C, C-SiC, SiC-SiC.

1.3.6 Rivestimenti particolari

Siffatta metodologia consiste nell’applicare dei sottili strati protettivi costituiti da

materiali aventi ridotta conduttività termica, ai componenti soggetti al flusso di gas

caldi in maniera tale da proteggere la superficie dei materiali dai fumi aggressivi che

si sviluppano per combustione ad alta temperatura. Tali rivestimenti sono a base di

metalli nobili, quali cobalto, nickel ed alluminio, tra loro mescolati e ricoperti da uno

strato finale ceramico. L’applicazione di questi strati consente di raggiungere

temperature più elevate dei gas, senza un contestuale aumento della temperatura

superficiale del componente.

Si comprende che tali rivestimenti provocano un aumento dei gradienti di

temperatura attorno allo strato di isolante, ed al contempo provocano l’incremento

della massa delle pale e delle sollecitazioni agenti su di esse, ed inoltre comportano

una maggiore fragilità delle stesse palette.

Page 27: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

23

1.4 Modalità di scambio termico sulla pala

Nel caso di pseudociclo a combustione interna, lo scambio termico superiore

risulta realizzato da una reazione di combustione tra l'aria compressa alla mandata

del compressore, ed una opportuna portata di combustibile (tipicamente gas naturale,

gasolio, kerosene; ma anche olio pesante, gas d'altoforno). Tale reazione avviene

nella camera di combustione, che è al solito un sistema aperto (a pressione costante)

ma viene anche considerato approssimativamente adiabatico, in quanto le uniche

perdite di calore sono quelle radiative verso l'esterno (che sono molto contenute in

virtù delle piccole dimensioni e delle elevate portate coinvolte).

Come noto la reazione di combustione è esotermica, si ha in altre parole una forte

generazione di calore. Le particelle che bruciano infatti, vibrano violentemente ed

emettono una radiazione molto forte nel campo del visibile. Ogni generica reazione

di combustione coinvolge un generico combustibile F e l’ossigeno, dando luogo ai

prodotti della combustione P.

raturaalta Tempe

POXF↓

⎯→⎯+

Più precisamente un qualsiasi combustibile è costituito da carbonio ed idrogeno,

come sotto riportato

24 222 OHnmCOOnmHC nm +⎯→⎯⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛ ++

la combustione tende ad essere completa in quanto i suoi prodotti sono stabili,

mentre risulta più difficile trasformare in calore tutta l’energia chimica contenuta nel

combustibile, e veicolarla attraverso i gas combusti in modo da ottenere la potenza

richiesta. Lo scambio termico nelle turbine risulta dal passaggio dei gas combusti ad

elevata pressione e temperatura che abbandonano il bruciatore e attraversano la

turbina. La temperatura dei fumi di combustione dipende dal tipo di combustibile

adottato. Tali gas sono composti da una miscela di CO2, H2O, CO, NO, N2, O2,

particolato solido. Pertanto, a causa dei forti gradienti termici presenti si ha una

notevole propagazione del calore per scambio convettivo, ed al contempo si ha

passaggio di calore per irraggiamento gassoso. L’irraggiamento delle sostanze

succitate è dovuto alle asimmetrie delle molecole, poste in vibrazione. Pertanto la

Page 28: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

24

distribuzione di temperatura sulla paletta risulta dagli effetti combinati dello scambio

termico convettivo, esterno da parte dei gas combusti e interno da parte del fluido

refrigerante, dallo scambio di radiazione ad opera della fiamma e dei gas di

combustione, ed infine dalla conduzione attraverso il materiale costituente la paletta.

Di seguito vengono presentate le principali prerogative dei suddetti fenomeni.

1.4.1 Modalità di scambio termico

Lo scambio termico può essere definito come la trasmissione di energia da una

regione all’altra in seguito ad una differenza di temperatura; tale fenomeno non è

regolato da una sola relazione, bensì da una combinazione di diverse leggi fisiche. In

letteratura si distingue tra tre modalità di scambio termico

1. conduzione

2. convezione

3. irraggiamento

mentre la conduzione e l’irraggiamento dipendono esclusivamente da una differenza

di temperatura, per la conduzione si ha l’influenza del trasporto di materia. Nella

maggior parte dei fenomeni naturali, lo scambio termico è frutto della combinazione

di tali meccanismi, che agiscono contemporaneamente. Si riporta di seguito la

descrizione delle tre modalità di scambio termico.

1.4.2 Trasmissione del calore per conduzione

La conduzione è un processo mediante il quale fluisce da una area a temperatura

maggiore verso una superficie a temperatura minore attraverso uno o più mezzi posti

a contatto fisico diretto, il quale permette la trasmissione di energia senza che le

molecole si spostino sensibilmente. Secondo la teoria cinetica la temperatura di un

elemento materiale risulta proporzionale alla propria energia interna. Quando le

molecole di una regione acquistano una energia cinetica media maggiore (e quindi

una temperatura più elevata) di quella delle molecole di una regione ad essa

adiacente, esse cedono parte di tale energia alle molecole della regione a temperatura

minore. Lo scambio di energia può avvenire per urto elastico (nei fluidi) o per

Page 29: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

25

diffusione di elettroni (nei metalli). La conduzione è il solo meccanismo mediante il

quale può aversi propagazione del calore nei solidi opachi, mentre nei fluidi è

associato alla convezione ed all’irraggiamento. Il fenomeno della conduzione agisce

in accordo con la legge di Fourier, la quale indica che se tra due corpi esiste un

gradiente di temperatura, si verifica un flusso di calore.

y

x

L k A

0T

1T

fig 1.7 conduzione in regime monodimensionale.

Nel caso di conduzione monodimensionale in regime permanente si ha con

riferimento alla figura, che la potenza termica per unità di superficie, trasferita dalla

parete a temperatura a temperatura T1 maggiore, verso la parete a temperatura

T0 <T1, tra cui è interposto un materiale di spessore L e conducibilità termica k, vale:

( )yTkTT

Lkq

∂∂

−=−−= 10

in cui il segno meno sta ad indicare che, in accordo con il secondo principio della

termodinamica il flusso termico passa spontaneamente da punti a temperatura

maggiore verso punti a temperatura meno elevata, per cui la potenza termica è

positiva quando il gradiente termico è negativo. La conducibilità termica è una

proprietà del materiale e rappresenta la potenza termica che passa attraverso un

superficie di area unitaria con un gradiente di temperatura unitario. Tale grandezza

viene espressa in accordo con il SI in [W/m·K]. Di seguito viene riportato l’ordine di

grandezza della conducibilità per diversi materiali. I materiali aventi una elevata

conducibilità, quali i metalli vengono detti conduttori, viceversa vengono chiamati

isolanti quei materiali con basso valore di conducibilità.

Page 30: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

26

fig 1.8 ordini di grandezza della conducibilità termica per vari materiali.

In generale la conducibilità varia con la temperatura, ma in molti casi di interesse

ingegneristico essa può essere considerata, con ragionevole approssimazione,

costante. Nella tabella sottostante vengono riportati i valori della conducibilità k per

alcune sostanze.

sostanza T [°C] k [W/mK] Acciaio 20 52

Alluminio 20 220 Argento 20 420 Ghisa 20 50 Oro 40 296

Piombo 20 35 Platino 20 70 Rame 20 380

Mercurio 10 8 Potassio 500 37

Sodio 500 66 Amianto sfuso 0 0,15

Ghiaccio 0 2,2 Lana di vetro 0 0,035

Acqua 0 0,57 Ammoniaca 0 0,57

Aria 0 0,024 Azoto 0 0,024

Idrogeno 0 0,16 Ossigeno 0 0,025

Vapor d'acqua saturo 200 0,034

Tabella 1.4 conducibilità termica per varie sostanze.

Page 31: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

27

Per molti casi di interesse pratico, quando il contorno di un sistema non è regolare,

o la temperatura lungo il contorno non è uniforme, spesso la trattazione

monodimensionale non è sufficiente, in tali casi la temperatura risulta funzione di

due o più coordinate. Occorre allora fare ricorso ad altri metodi di analisi. Di seguito

si riporta un metodo di analisi per un caso semplice.

dx

dz

dyx

z

y

dxxqq x

x ∂∂

+

xq

dzz

qq y

y ∂

∂+

dzzqq z

z ∂∂

+

yq

zq

fig 1.9 conduzione per un elementino di volume infinitesimo.

Facendo riferimento alla figura suesposta, si consideri un piccolo elementino di

materiale appartenente ad un corpo solido, di spigoli infinitesimi, paralleli agli assi

coordinati. Per un sistema semplice come quello rappresentato in figura, è possibile

dedurre dal bilancio di energia interna e dei flussi termici entranti e uscenti

nell’elementino, che vale l’equazione generale della conduzione, nella forma

tT

akq

zT

yT

xT

∂∂

=+∂∂

+∂∂

+∂∂ 1

2

2

2

2

2

2

in cui la costante a è chiamata diffusività termica. Tale equazione governa la

distribuzione di temperatura ed il flusso termico di conduzione in un solido con

proprietà fisiche uniformi. Se nel sistema non sono presenti sorgenti di calore, si

ricava l’equazione di Fourier

Page 32: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

28

tT

azT

yT

xT

∂∂

=∂∂

+∂∂

+∂∂ 1

2

2

2

2

2

2

mentre se il sistema si trova a regime permanente si ottiene l’equazione di Poisson

02

2

2

2

2

2

=+∂∂

+∂∂

+∂∂

kq

zT

yT

xT

se poi valgono entrambe le condizioni, cioè sistema in assenza di sorgenti di calore e

regime permanente, si ottiene l’equazione di Laplace

02

2

2

2

2

2

=∂∂

+∂∂

+∂∂

zT

yT

xT

si comprende chiaramente che il caso di conduzione monodimensionale a regime sia

un caso particolare di tale equazione.

1.4.3 Trasmissione del calore per convezione

Nella trasmissione del calore per convezione, al contributo della diffusione

(movimento casuale delle molecole), che è sempre presente, si sovrappone quello

dovuto al movimento macroscopico di aggregati molecolari. Questo ultimo può

essere imposto da un agente meccanico esterno (come nel caso dei gas combusti in

ingresso nella turbina) o derivare dalle forze di galleggiamento (convezione

naturale).

∞Tw ,A

dA

fig 1.10 corpo investito da una corrente fluida.

Page 33: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

29

Si consideri la situazione in figura in cui un fluido a velocità w e temperatura T∞

investe un corpo (quale può essere una paletta di turbina) di area A e temperatura T.

Il flusso termico locale unitario qc scambiato per convezione può essere espresso in

accordo con la legge di Newton

( )∞∞ −= TThqc

dove h∞ è il coefficiente di convezione locale, il quale dipende da vari fattori, quali

le proprietà del fluido scambiante, e come si vedrà meglio in seguito, essenzialmente

dalla turbolenza:

( )∞∞ = TwkLfh ,,,,, µρ

Tale grandezza viene espressa in accordo con il SI in [W/m2·K]. Per fissare le idee,

di seguito si riporta l’ordine di grandezza del coefficiente di scambio termico

convettivo per gas, liquidi e sostanze durante il cambio di fase.

fig 1.11 ordini di grandezza coefficiente di scambio convettivo.

Poiché le condizioni di moto cambiano da punto a punto anche qc e h∞ assumono

valori variabili lungo la superficie. Il flusso totale si ottiene integrando sull’intera

superficie:

( ) ( )∞∞∞∞ −=−== ∫∫ TTAhdATThdAqqAA c

con

∫ ∞∞ =A

dAhA

h 1

Page 34: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

30

fig 1.12 strato limite su lastra piana.

Si introduce ora il concetto di strato limite prendendo in considerazione il deflusso

parallelo su una lastra piana. All’interfaccia solido-fluido le particelle, per effetto

delle forze di adesione e di attrito, non scivolano sulla piastra, ma sono immobili,

( ) 00,0 =u In conseguenza dell’attrito interno del fluido, che si manifesta attraverso

degli sforzi resistenti di taglio τ, la velocità delle particelle sovrastanti tende ad

aumentare con gradualità fino a raggiungere asintoticamente la velocità della

corrente u∞. Un valore prossimo a, convenzionalmente 0.99 u∞, ad una distanza finita

δ=y che dipende da x. La curva δ(x) individua lo spessore dello strato limite di

velocità e divide il campo di velocità in due regioni:

• lo strato limite di velocità caratterizzato dalla presenza di forti gradienti della

velocità e degli sforzi viscosi

• il campo di moto potenziale caratterizzato da velocità e sforzi trascurabili.

Man mano si procede verso l’interno della piastra gli effetti della viscosità

interessano sempre di più la corrente di fluido con conseguente aumento di.

Lo sforzo tangenziale viscoso è dato, per i fluidi newtoniani, dalla seguente

relazione:

yu

∂∂

= µτ

dove µ è la viscosità dinamica, la quale si misura in Pa·s.

Lo sforzo all’interfaccia solido-fluido assume il suo massimo valore:

0max

=∂∂

==y

s yuµττ

Page 35: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

31

Nella pratica corrente si usa introdurre un coefficiente di attrito definito come:

2

2∞

=u

C sf

ρ

τ

Come si forma uno strato limite di velocità così si forma anche uno strato limite

termico se tra superficie e fluido sussiste una differenza di temperatura. Al bordo

della piastra il profilo di temperatura è uniforme ( ) ∞= TyT ,0 ; mentre all’interfaccia,

per l’equilibrio termico ( ) sTxT =0, . In conseguenza dello scambio termico con le

particelle sovrastanti, che si trovano a temperatura inferiore, si formano dei gradienti

termici che tendono asintoticamente a zero a distanza infinita. Indicando con:

∞−−

=ΘTTTT

s

s

ad una distanza finita la temperatura adimensionale assume il valore convenzionale

di 0.99. Penetrando all’interno della piastra gli effetti termici s’intensificano e δt(x)

cresce. Tale profilo individua lo strato limite termico, che divide il campo termico in

una regione adiacente alla piastra ( )xy δ< , in cui i gradienti termici risultano

significativi, e la seconda sovrastante lo strato limite in cui risultano trascurabili.

Il bilancio energetico relativo all’interfaccia solido fluido fornisce:

( )∞∞=

−=∂∂

− TThxTk s

y 0

da cui risolvendo rispetto a h∞ :

( )∞

=∞ −

∂∂

−=

TTxTk

hs

y 0

Poiché cresce con x il gradiente all’interfaccia diminuisce nella direzione del moto

e quindi sia il flusso convettivo qc sia il coefficiente h∞ diminuiscono al crescere di x.

Il potenziamento della convezione rispetto allo scambio conduttivo viene espresso

dal rapporto tra lo scambio convettivo

( )∞∞ −= TThq sc

ed uno scambio puramente conduttivo riferito convenzionalmente ad uno spessore L

di fluido supposto immobile

Page 36: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

32

( )L

TTkq s ∞−

=

Tale rapporto adimensionale è noto come numero di Nusselt

( )L

TTkyT

kLhNu

s

y

=∞

∂∂

== 0

ed esprime anche il rapporto tra il gradiente di temperatura all’interfaccia solido

fluido e gradiente termico di riferimento.

Il problema della convezione è quello di trovare delle relazioni che consentono

caso per caso di determinare il coefficiente di convezione e quindi il flusso termico.

Un passaggio preliminare ed essenziale per trattare quantitativamente il problema è

di stabilire se il regime di moto è laminare o turbolento. Sempre con riferimento al

caso del moto su lastra piana, si ha moto laminare, quando le particelle di fluido

mantengono la velocità parallela alla piastra, w=u, mentre in regime turbolento è

presente anche la componente trasversale v, responsabile del rimescolamento delle

particelle. Nel regime laminare il moto del fluido si mantiene ordinato con le

particelle che si muovono senza rimescolamenti secondo linee di corrente

chiaramente individuabili, mentre il regime turbolento pur mantenendo il suo moto

d’insieme è caratterizzato da moti caotici (vortici) responsabili del rimescolamento

del fluido. La presenza di fluttuazioni causate dall’irregolarità del moto potenzia il

trasferimento di quantità di moto e di energia nella direzione normale alla piastra.

Piccoli disturbi sempre presenti nella corrente fluida vengono smorzati dalle forze

viscose, mentre penetrando nella piastra da un certo punto in poi le forze d’inerzia

prevalgono sulle forze viscose amplificando i disturbi fino a rompere la regolarità

del moto laminare. Si crea dunque una regione di transizione tra regime laminare e

regime turbolento, altamente instabile, al di là della quale s’instaura un regime

completamente turbolento. Nelle immediate vicinanze della piastra si forma sempre

un sottostrato laminare anche nel regime turbolento dove il trasporto è regolato da

processi diffusivi che comportano profili delle velocità quasi lineari.

Page 37: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

33

fig 1.13 variazione del coefficiente di scambio convettivo in relazione al flusso.

Tra il sottostrato laminare e la zona turbolenta sovrastante si forma una zona

intermedia in cui diffusione e turbolenza producono effetti comparabili. Nella

regione completamente turbolenta crescono significativamente gli spessori degli

strati limite e quindi i coefficienti di attrito e di convezione come mostra la figura.

La transizione tra regime laminare e turbolento è controllata da un parametro

adimensionale noto come numero di Reynolds

νµρ xuxu ∞∞ ==Re

dove x è la distanza dal bordo di attacco e ν è la viscosità cinematica. Al crescere di

x aumenta Rex fino a raggiungere un valore critico che segna la transizione. Per una

piastra il valore critico varia tra 105 e 3·106

in relazione alla scabrosità della

superficie e all’entità delle fluttuazioni preesistenti nella corrente libera. Un valore

rappresentativo è:

5, 105Re ⋅== ∞

νxu

cx

Il numero di Reynolds può essere interpretato come rapporto tra le forze d’inerzia e

le forze di attrito viscoso. Gli strati limite sono diversi ma tra loro legati da un

secondo parametro adimensionale noto come numero di Prandtl (Pr):

=Pr

L’interpretazione fisica di Pr è immediata partendo dalla sua definizione: la

viscosità cinematica esprime un’attitudine al trasporto diffusivo nello strato limite di

Page 38: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

34

velocità della quantità di moto, la diffusività termica un’attitudine al trasporto

diffusivo nello strato limite termico dell’energia. Ne segue che:

n

t

Pr=δδ

Per i metalli liquidi Pr << 1 per cui δ<< δt, mentre, al contrario, per il liquidi

Pr>>1. Per i gas Pr varia tra 0.67÷1 per cui gli strati limite sono tra loro

paragonabili. In definitiva Pr lega tra loro gli strati limite. Le equazioni che

descrivono il moto del fluido ed il trasporto di energia mettono in evidenza che per

sistemi geometricamente simili in convezione forzata, l’uguaglianza dei numeri di

Reynolds (uguali rapporti tra forze d’inerzia e forze viscose) implica profili di

velocità simili. L’ulteriore uguaglianza dei numeri Prandtl implica similitudine dei

profili della temperatura adimensionale Θ in quanto Pr lega tra loro i campi di

velocità a quelli di temperatura. Infine, se esiste similitudine termica anche i

rispettivi numeri di Nusselt saranno uguali tra loro in quanto Nu esprime il rapporto

tra gradienti d’interfaccia e gradienti di riferimento. E’ lecito dunque concludere che:

( )PrRe,fNu =

che è possibile porre nella forma

cbakLhNu PrRe== ∞

1.4.4 Irraggiamento

La propagazione di calore, da un corpo a temperatura più alta ad un corpo a

temperatura più bassa per irraggiamento ha caratteristiche notevolmente diverse

rispetto alle due modalità precedenti: si tratta, infatti, di un fenomeno essenzialmente

elettromagnetico, senza l’intervento di mezzi materiali, che lo conducano o lo

trasportino con moto convettivo, non richiede il contatto diretto tra i corpi e può

avvenire anche nel vuoto. In tal caso la trasmissione del calore sotto forma di onde

elettromagnetiche, ciò mediante radiazioni emesse dalla sorgente termica. Per il solo

fatto di trovarsi ad una temperatura superiore a 0 K tutti i corpi emettono verso lo

spazio che li circonda energia in forma di onde elettromagnetiche in modo

proporzionale alla quarta potenza della temperatura a cui si trovano Se le radiazioni

Page 39: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

35

elettromagnetiche incidono sulla superficie esterna di un corpo materiale l’energia

che trasportano può essere parzialmente assorbita determinando conseguenze che

sono del tutto analoghe a quelle che si avrebbero se fosse fornita una pari quantità di

energia termica per conduzione o convezione. In questo senso si parla di trasporto di

calore per irraggiamento. Poiché tutti i corpi si trovano a temperature superiori a 0 K,

ne consegue che se sono affacciati in una posizione opportuna nello spazio, tra di

essi si ha un reciproco scambio di energia nella forma di onde elettromagnetiche.

La legge di Stefan-Boltzmann afferma, come poco anzi accennato, che l'energia

totale irradiata da un radiatore perfetto, altresì detto corpo nero (in altre parole un

corpo ideale che assorbe completamente la radiazione incidente sulla sua superficie)

è direttamente proporzionale alla superficie del corpo e alla quarta potenza della sua

temperatura assoluta. Se ci si riferisce ad un corpo di superficie A, avente

temperatura assoluta T

][ 4 WATqirr σ=

quindi il poter emissivo totale unità di superficie vale:

⎥⎦⎤

⎢⎣⎡= 2

4 mW T

Aqirr σ

in cui σ è una costante dimensionale che, in accordo con il SI vale 5.67·10-8

[W/m2K4], chiamata costante di Stefan-Boltzmann. Mentre l’intensità di emissione

non dipende dall’ambiente circostante, lo scambio termico netto richiede una

differenza tra le temperature superficiali dei corpi tra i quali avviene lo scambio. Se

il corpo nero avente temperatura T1, irraggia in una cavità chiusa anch’essa nera che

lo circonda completamente e avente la temperatura T2, la potenza termica scambiata

è

( ) 42

411 TTAqirr −= σ

I corpi reali emettono in misura minore dei corpi neri, e vengono detti grigi

quando, trovandosi ad una certa temperatura, emettono per ogni lunghezza d’onda

una frazione costante dell’energia emessa dal corpo nero alla stessa temperatura. La

potenza termica scambiata tra un corpo grigio ed un radiatore perfetto che lo

circonda, rispettivamente alle temperature T1 e T2 è

( ) 42

4111 TTAqirr −= σε

in cui ε1 è l'emittenza della superficie grigia, definita dalla relazione

Page 40: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

36

0

0

∫∫

=λε

λεε

λ

λλ

d

dE

essendo il poter emissivo totale

4

0TdE σλλ =∫

1.4.5 Descrizione dello scambio termico

L’entità dello scambio termico all’esterno della superficie della paletta individua le

condizioni al contorno, relative al problema della refrigerazione. Inoltre assume

notevole rilevanza, la determinazione dell’entità dello scambio nelle regioni della

paletta sottoposte alle maggiori sollecitazioni, ovverosia le pareti e l’apice. Si

comprende chiaramente allora, l’importanza fondamentale che rivestono gli studi

riguardo le modalità di trasmissione del calore per i profili palari delle turbine a gas.

Come si vede dall’ampia letteratura a riguardo, gli sforzi per comprendere i

fenomeni di scambio termico nei profili palari delle turbine spesso sono stati

subordinati a studi di carattere fluidodinamico. Questo è dovuto alla difficoltà

intrinseca nel problema di scambio termico, che diventa un fattore spesso

eccessivamente complicato, al crescere della temperatura di ingresso in turbina. Gli

odierni modelli fisici per lo scambio termico tridimensionale, di un moderno profilo

palare richiedono significativamente più informazioni di quante ne siano richieste

per un modello di calcolo aerodinamico, ed al contempo richiedono calcoli

maggiormente complessi. Al pari dei calcoli aerodinamici, necessitano della

definizione dei parametri relativi al flusso in ingresso ed in uscita oltre alle

caratteristiche del flusso ed al grado di turbolenza. Un’ulteriore condizione al

contorno per i problemi di scambio termico riguarda la conoscenza della

distribuzione delle pressioni sulla superficie del profilo palare. L’approssimazione

dello strato limite presuppone una pressione costante all’interno dello strato limite

stesso, ma la temperatura nello strato limite non rimane costante. Per questo, fino a

quando di recente, non si sono raggiunte precisioni di ordine apprezzabile per la

distribuzione delle pressioni sulla superficie del profilo palare, è stato molto difficile

calcolare lo scambio termico.

Page 41: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

37

Molti dei modelli di calcolo di cambio termico si basano su delle relazioni

puramente empiriche, da cui è pratica comune riportare i risultati sotto forma dei

numeri di Nusselt o di Stanton. Il numero di Nusselt (Nu) può essere inteso come il

rapporto tra lo scambio termico convettivo e quello conduttivo in una porzione di

fluido di spessore L, e generalmente viene riportato nella forma che segue

kLhNuL

∞= .

mentre il rapporto adimensionale

PrReNuSt =

è noto come numero di Stanton, identificato dal simbolo St, e si può esprimere come

∞==u

hNuStL

LL ρPrRe

Per il calcolo dei coefficienti di scambio tra pala, refrigerante e fumi sono presenti

in letteratura molti studi. Per il coefficiente di scambio interno tra pala e refrigerante,

facendo riferimento con Tmr e Tmp alle temperature massiche medie del refrigerante e

della paletta, si riporta la correlazione proposta da Humble: 55.0

8.01.0

4.0 RePr034.0 ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛==

mp

mrr

ir

irmr T

TDl

kDh

Nu

con l lunghezza della pala

rr

ir

r

irrmr A

DmDuµµ

ρ==Re

e

r

ri S

AD 4=

nelle quali Ar è la sezione dei condotti di passaggio del refrigerante, aventi perimetro

Sr, mentre µr, ur, kr si riferiscono sempre al refrigerante. Per condotti di

refrigerazione abbastanza lunghi (rapporto 10025 ÷=iD

l ) la relazione precedente

può essere scritta nella forma: 55.0

8.0Re02.0 ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛=

mp

mrrmr T

TNu

Page 42: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

38

Per il coefficiente di scambio lato gas, di determinazione certamente molto più

complicata, è stata proposta (Ainley) la correlazione che segue 14.0

Re ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛==

mp

gxmg

g

gmg T

TK

kLh

Nu

in cui

( )xmg

NuK

5102 ⋅=

∗mg

Nu rappresenta il numero di Nusselt medio per un numero di Reynolds di 2·105 e

1>mpG TT , valori tutti riferiti alla corda L del profilo palare.

Il problema relativo al computo dello scambio termico va di pari passo con i

calcoli fluidodinamici, poiché quantificare la distribuzione delle pressioni sui profili

palari è essenziale per calcolare la corrispondente distribuzione di temperatura.

Tuttavia il problema rimane complesso in quanto le condizioni al contorno,

specialmente quelle del gas in uscita dal bruciatore non sono note con accuratezza.

Invero, la descrizione delle condizioni dinamiche dei gas combusti che fuoriescono

dalla camera di combustione ed attraversano la turbina di alta pressione, è tutto

fuorché semplice, in quanto il flusso all’ingresso in turbina include profili di

temperatura radiali e circonferenziali non uniformi, nonché moti turbolenti alquanto

irregolari, inoltre tali fenomeni sono correlati tra loro. I risultati utilizzati per i

codici di calcolo derivano da modelli sperimentali basati su studi su lastra piana, per

cui non è stato dimostrato che i risultati siano coerenti con le condizioni presenti

all’interno dello stadio di una turbina. Comunque tali modelli sperimentali sono stati

recentemente sostituiti con dei modelli di prova di stadi completi di turbina, in

maniera tale da ottenere dati molto più rappresentativi delle reali condizioni di

lavoro della macchina. Difatti all’interno della turbina il flusso è completamente

tridimensionale, può essere transonico e soggetto a forze molto intense e non è mai

stazionario.

Per ciò che concerne lo scambio di radiazione da parte dei fumi di combustione

con gli organi della turbina quali le palette, è noto che i gas non seguono il

comportamento dei corpi grigi. La superficie dei profili palari invece è un corpo

grigio, vale a dire si ha emittenza ed assorbanza. I fumi cedono la potenza termica

Page 43: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

39

4GGW

WGirr TAQ εεσ=

con GW εε , rispettivamente emittenza della superficie della paletta ed emittenza dei

fumi, A area della paletta a contatto con i fumi, TG temperatura dei fumi. A sua volta

la parete irraggia la potenza termica 4

WGWGW

irr TAQ αεσ=→

essendo ( )TGG αα = l’assorbanza del gas alla temperatura TW della parete che

irradia. Pertanto la potenza termica scambiata per irraggiamento tra i fumi e la

superficie della paletta vale

( )4,

4WWGGGW

WGirr TTAQ αεεσ −=

come accennato in precedenza l’irraggiamento dei gas, causato dalle asimmetrie

delle molecole che vibrano, è dovuto principalmente CO2, H2O e particolato solido.

I relativi spettri di emissione sono di seguito riportati

spettro di emissione [µm]

CO2 2,64 2,84 4,13 4,5 13,17 -

H2O 2,55 2,84 5,6 7,6 12 25

Tabella 1.5 spettri di emissioni di CO2 e H2O.

L’emittenza globale del gas si trova tramite la relazione:

( ) ( ) ..22 spOHCOG TT εεεε ++=

oppure si possono utilizzare valori empirici dell’emittenza come 95.0=Gε per l’olio

combustibile, o 4.0=Gε per il gas naturale.

Page 44: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

40

1.5 Modalità di refrigerazione delle palettature

Le prestazioni delle turbine a gas, come gia ribadito precedentemente, in generale

vengono incrementate con l’aumento della temperatura d’ingresso in turbina. Nei

moderni impianti di potenza, le temperature che si raggiungono in ingresso alla

turbina d’alta pressione sono spesso superiori ai 1500 K. In ogni modo la continua

ricerca di innalzare i valori delle massime temperature tollerabili dai componenti

strutturali ed in special modo le palette ed i vani palari dei primi stadi delle turbine

va a scontrarsi con la resistenza alle elevatissime sollecitazioni termiche e

meccaniche cui sono sottoposti i materiali di tali elementi, in tal senso la

refrigerazione è stata il metodo fondamentale sin dagli anni ’60, per poter sviluppare

impianti efficienti.

Attraverso l’utilizzo dei combustibili fossili correntemente adoperati è

teoricamente possibile una TIT massima nell’ordine di circa 2500 K, mentre le

attuali temperature di ingresso sono

• per gli impianti atti alla generazione di potenza, TIT vale circa 1650 K

• per l’aviazione civile TIT nell’ordine di 1650÷1750 K

• per l’aviazione militare TIT supera i 1800 K

La tendenza odierna confermata è di salire di circa 12 K ogni anno, sicché nell’arco

di una decina d’anni dovrebbero aversi macchine con una TIT superiore di circa

100÷120 K, un trend che ha portato le attuali turbogas che lavorano negli impianti

industriali ad operare alla stessa TIT di esercizio dei jet militari di vent’anni or sono.

fig. 1.14 incremento della TIT con o senza refrigerazione.

Page 45: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

41

La figura mostra come la temperatura massima del ciclo abbia subito un maggiore

aumento per la soluzione refrigerata, a fronte di un aumento molto più contenuto in

assenza di refrigerazione. Tale aumento, come viene mostrato nel diagramma che

segue, è stato difatti reso possibile in questi ultimi anni soltanto in virtù di tecniche

sempre più sofisticate di raffreddamento delle pale della turbina, in quanto i

materiali adoperabili nonostante i continui miglioramenti con il passare del tempo,

hanno goduto un incremento limitato per quanto riguarda la loro resistenza alle

elevate temperature.

fig. 1.15 incremento della TIT mediante le tecniche di refrigerazione.

Attualmente, mediante l’utilizzo delle più evolute soluzioni di raffreddamento è

possibile raggiungere, nel caso di gruppo turbogas a ciclo semplice, per la

palettatura del primo stadio di turbina una temperatura media superficiale della

paletta dell’ordine di circa 1300 K, ben oltre il limite metallurgico dei materiali

comuni da costruzione. Le strategie mediante cui progettisti e costruttori hanno la

possibilità di ottenere tali risultati seguono due direttrici principali: da un lato si

tenta sempre di individuare nuovi materiali atti a resistere a temperature sempre

maggiori e trattamenti superficiali di tipo avanzato (come esposto in precedenza,

superleghe a base Nichel, coperture in alluminio e/o metalli nobili depositate per

Page 46: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

42

plasma-spray o diffusione oppure rivestimenti ceramici a bassa conduttività, in

maniera da avere una sorta di barriera termica), dall’altro si studiano efficaci

sistemi di raffreddamento in maniera tale da

• ridurre la temperatura media degli organi della macchina

• ridurre i gradienti termici all’interno dei condotti palari

• mantenere entro valori accettabili la temperatura del mantello delle pale

• cercare di usare la minima portata di fluido refrigerante

Ad ogni modo, oltre agli organi più sollecitati dagli stress termici e meccanici

(palettamento mobile e dischi) occorre refrigerare adeguatamente ogni componente

della turbina nel primo stadio, ossia palette statoriche, dispositivi di tenuta e così via.

Si comprende che tale operazione comporta delle complicazioni nello schema

d’impianto della macchina, causate dalla presenza di un complesso sistema di

veicolazione del flusso di refrigerante. Il raffreddamento della turbina diventa allora

la parte maggiormente sofisticata nonché complessa del sistema meccanico del

gruppo turbogas.

In linea di principio i vari organi possono essere refrigerati mediante diverse

modalità, e difatti negli anni sono state proposte molteplici tecniche di

raffreddamento: Possiamo darne una prima catalogazione in base in base al fluido

refrigerante adottato:

• liquido

• aria

• vapore

La prima tipologia, che è stata anche la prima in ordine di tempo ad essere

adottata, consiste nel far circolare un’emulsione d’aria e olio dentro le pale; questo

metodo è oggi in disuso, giacché necessita di tutto un circuito dedicato che porta il

fluido nelle pale, con relativa pompa di circolazione. Successivamente è stata

proposto l’utilizzo dell’acqua, in virtù della sua elevata capacità refrigerativa, ma le

anche in questa evenienza, le complicazioni impiantistiche ne limitano fortemente

l’impiego, inoltre l’installazione è possibile solo per gli impianti terrestri. La

refrigerazione facente uso di vapore come fluido di lavoro per il ciclo di

refrigerazione, risulta essere l’ultima proposta in ordine di tempo; si tratta ancora di

una metodologia sperimentale, che infatti abbisogna di ulteriori ricerche, adottata in

Page 47: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

43

genere per le moderne turbomacchine dei cicli combinati. Parte del fluido elaborato

dalla turbina a vapore viene spillato per la refrigerazione delle pale e quindi

recuperato; avendo già a disposizione –come nel caso dei cicli combinati- una

notevole quantità di vapore, questo metodo risulta più semplice dei due suesposti,

inoltre. Mediante l’uso di vapore, si ha la possibilità di aumentare notevolmente la

capacità di asportare calore, ma presenta degli inconvenienti; difatti tale tecnologia

comporta l’eventuale insorgere di problemi durante i transitori (avvio e

spegnimento), problemi di natura corrosiva, e per le tenute. Inoltre presenta lo

svantaggio di poter essere adottato solo per la refrigerazione interna.

Ovviamente tale sistema (oggetto di studio da parte di GE, Siemens/Westinghouse)

è di scarso interesse per quanto riguarda le turbomacchine aeronautiche.

Page 48: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

44

1.6 Sistemi di refrigerazione a liquido

Tali metodi sono stati i primi in ordine di tempo, in special modo quelli che

adoperavano acqua come fluido refrigerante. Come noto i liquidi e molti gas godono

rispetto all’aria, di una maggiore conducibilità termica, superiore calore specifico e

densità più elevata, malgrado spesso a fronte di una maggior viscosità. Inoltre, a

quanto detto si aggiunge il fatto che i liquidi possiedano un valore molto elevato del

calore latente di vaporizzazione. Tuttavia la semplicità costruttiva nella

refrigerazione ad aria spesso basta per bilanciare tali vantaggi. I benefici

nell’utilizzo di sistemi alternativi di refrigerazione per le turbine a gas ad alta

temperatura sono:

• conseguimento di valori molto elevati del coefficiente di scambio convettivo

senza la necessità di ricorrere a sistemi addizionali di pompaggio

• una vasta possibilità di scelta di potenziali fluidi refrigeranti, in special modo

per sistemi di raffreddamento a ciclo chiuso

• controllo indipendente dello stato termodinamico del fluido refrigerante

• maggiore libertà nella lavorazione delle superfici preposte allo scambio

termico

• assenza di perdite di carattere aerodinamico causate dal miscelamento

dell’aria refrigerante con il flusso dei gas di combustione, tipiche del

raffreddamento per film e per traspirazione

i principali svantaggi si possono riassumere nei seguenti:

• considerevoli sollecitazioni termiche cui sono sottoposte le palette. Tali

stress sono dovuti agli elevati gradienti termici necessari per ottenere una

efficace asportazione del calore dalla superficie della paletta

• la necessità per alcune configurazioni, di un scambiatore secondario,

possibilmente avente una superficie di scambio minore della paletta stessa, a

cui trasferire il calore che viene asportato dalla pala

• la diffusione del liquido all’interno della macchina in caso di rottura,

problema che non sussiste nel caso di refrigerazione ad aria

Esistono vari metodi di refrigerazione, sia a ciclo aperto che chiuso, che utilizzano

processi con fluidi sia monofase che bifase. Solitamente i sistemi caratterizzati dalle

forze di galleggiamento vengono detti a termosifone; quelli facenti uso di fluidi

Page 49: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

45

bifase vengono chiamati sistemi a heat pipe, mentre quelli che adoperano sistemi di

circolazione esterna sono semplicemente chiamati sistemi a convezione forzata.

outq

inq

campo diaccelerazione

riserva

0T

1T

1

3

2

4

g

ciclo aperto ciclo chiuso

fig. 1.16 principio del sistema a termosifone.

Nel sistema a termosifone il fluido viene veicolato all’interno di un canale radiale

attraverso il nucleo, procede fino ad un passaggio cieco ed infine sale lungo una

regione anulare adiacente alla parete, a causa delle forze di galleggiamento. Anche la

tecnica degli heat pipe può essere applicata ai canali radiali come mostrato in figura.

evaporatore

condensatore

capillare

outq

inq

d

fig. 1.17 schema di heat pipe.

Page 50: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

46

Infine nel sistema di convezione mista a ciclo chiuso, la circolazione del fluido può

essere indotta dalla convezione naturale e dai gradienti di pressione che ne derivano,

fornendo così un adeguato scambio termico.

Page 51: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

47

1.7 Refrigerazione ad aria

La tecnica di refrigerazione delle pale mediante aria compressa si è ormai

affermata da tempo specialmente nel campo delle turbine aeronautiche, e risulta al

giorno d’oggi, la soluzione costruttivamente più facile e pertanto più diffusa. Il

raffreddamento é attuato al giorno d'oggi attraverso la derivazione di una portata di

aria che viene prelevata dal compressore, come mostrato nello schema sottostante.

fig. 1.18 schema di impianto di raffreddamento mediante aria.

Gli organi del primo stadio della turbina si trovano ad una pressione analoga a

quella presente in camera di combustione, quindi l’aria refrigerante dovrà come

minimo possedere un valore simile della pressione. La portata di refrigerante per il

primo stadio viene dunque spillata all'uscita del compressore prima dell'ingresso in

camera combustione. L’aria viene quindi inviata, mediante un circuito indipendente

sia all’interno del combustore, che all’interno del disco rotorico del primo stadio

della macchina, il quale e certamente l’organo sottoposto alle maggiori sollecitazioni

termiche. La portata é in genere limitata al 5÷8% (anche se può raggiungere il 20%

nelle più spinte e sofisticate applicazioni aeronautiche), mentre per il raffreddamento

degli stadi a bassa pressione, occorre aria refrigerante ad una pressione inferiore, che

viene di conseguenza spillata da uno stadio intermedio del compressore. Al termine

del suo utilizzo come refrigerante - dopo uno o più passaggi in organi da raffreddare

- l'aria stessa viene miscelata con la portata di gas combusti, recuperando così,

almeno in modo parziale, sia l'energia di compressione che quella termica sottratta

Page 52: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

48

nelle parti più calde. E' evidente però che il processo di miscelazione dà luogo a

perdite di carattere sia fluidodinamico che termodinamico: il recupero non può

perciò essere che parziale. La differenza di temperatura tra gas caldi e refrigerante é

in genere compresa tra i 600 ed i 1000 K; un tale gradiente di temperatura consente

la realizzazione di diversi schemi di refrigerazione.

Il raffreddamento ad aria può essere classificato come segue suddividendolo in due

categorie principali, distinguendo tra sistemi che non prevedono la miscelazione del

refrigerante esausto con lì flusso dei gas combusti e quelli che invece la

contemplano, sa parla allora di:

• refrigerazione interna (per temperature del flusso esterno dei gas combusti

del valore di circa 1300÷1600 K): per convezione e urto (impingement)

• raffreddamento esterno (per temperature superiori a 1600 K): refrigerazione

per convezione con fessure praticate in corrispondenza del bordo di fuga,

refrigerazione per film cooling e traspirazione.

fig. 1.19 schemi concettuali delle principali modalità di raffreddamento.

La refrigerazione interna non è efficiente come quella esterna, così il suo utilizzo

viene limitato ad un range di temperatura di 1300÷1600 K.

Page 53: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

49

1.7.1 Refrigerazione per convezione interna

Il metodo più semplice ed economico per adoperare l’aria estratta dal compressore,

consiste nello sfruttare la convezione fra il fluido refrigerante ed il metallo sulla

faccia interna della pala. La refrigerazione per semplice convezione è un sistema

privo di miscelazione, o tuttalpiù essa si realizza in prossimità del bordo d’uscita

della pala. Le prime applicazioni di tale sistema prevedevano l’utilizzo di canali

radiali praticati all’interno della paletta. Tuttavia tale soluzione presenta una limitata

efficienza a fronte di elevate portate di aria refrigerante.

direzioneradiale

ingressorefrigerante

fig. 1.20 schema di refrigerazione mediante canali radiali.

Sono state allora introdotte innovazioni per potere migliorare l’efficacia del

metodo a canali radiali: si tenta di aumentare la lunghezza del percorso del fluido

refrigerante, veicolandolo attraverso un circuito a serpentina, passante dal mozzo

dell’albero della turbina e formato da canali sagomati in maniera opportuna, in

modo da aumentarne la turbolenza, fino all’apice della pala e quindi espulso dal

bordo di fuga (trailing edge) della stessa ma a causa del moderato coefficiente di

scambio per convezione, l'effetto refrigerante si mantiene sempre modesto. Per

ovviare a tale inconveniente, i percorsi all’interno delle pale sono molto tortuosi, in

maniera tale da incrementare ulteriormente il coefficiente di scambio, e di accrescere

nello stesso tempo la superficie interna di scambio. Un’altra possibilità verso cui

Page 54: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

50

propende attualmente la tecnologia, consiste nell’incrementare il numero dei canali

di refrigerazione.

Altri accorgimenti adoperati sono i cosiddetti pin fin ovvero, come si capisce dal

nome delle vere e proprie alettature a spillo, che vengono disposte lungo file. Le

schiere di pin fin costituiscono un metodo comune per incrementare il coefficiente di

scambio termico relativo al refrigerante all’interno delle pale, in quanto tali sistemi

permettono l’aumento della turbolenza del flusso di refrigerante.

fig. 1.21 principio di funzionamento della refrigerazione per convezione, con l’utilizzo di pin fin.

Chiaramente la superficie -investita dal flusso del refrigerante- capace di scambiare

calore, aumenta con l’altezza dell’aletta. Inoltre tali alette fungono da supporto

strutturale tra superficie della paletta in depressione (suction side) ed in pressione

(pressure side), e vengono utilizzate in special modo lungo la stretta sezione del

bordo di fuga, in cui a causa di ostacoli costruttivi non trovano spazio altri sistemi di

refrigerazione, che verranno illustrati dinnanzi, chiamati turbolatori e canali di

impingement .

A causa delle attuali limitazioni dovute alla metodologia costruttiva per fusione,

possono esser utilizzate solamente schiere di pin fin aventi un’altezza molto limitata

(tali cioè da avere un rapporto tra altezza e diametro compreso tra ½ e 4) ciò è

dovuto al fatto che le alette possono solamente essere costruite con un diametro

massimo di 1mm. In ogni modo, continuano ad essere oggetto di studio gli effetti

dell’altezza, della forma, della disposizione di tali dispositivi sul coefficiente di

scambio.

Sempre al fine di aumentare la turbolenza, vengono anche utilizzate delle altre

particolari alettature, dette turbolatori.

Page 55: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

51

fig. 1.22 schema di turbolatore.

Questa soluzione è adottata solo negli ultimi stadi refrigerati, in quanto presenta

un’efficienza relativamente scarsa e, soprattutto, non consente di proteggere le

palette dalle bruciature superficiali dovute al contatto diretto con i gas caldi,

provenienti dalla camera di combustione. È inoltre previsto l’utilizzo, nella quasi

totalità dei casi per le pale rotoriche del primo stadio, di promotori di turbolenza

detti ribs, posti nelle cavità interne del naso della pala, zona maggiormente

sottoposta a forti ed improvvisi stress termici, essendo la prima regione che viene a

contatto con il flusso caldo dei gas combusti.

Nei moderni profili palari sono collocati promotori di turbolenza ripetuti sulle due

facce opposte dei canali refrigeranti per incrementare lo scambio termico. I

summenzionati canali interni assumono perlopiù una forma quadrata o rettangolare.

La capacità refrigerativa di tali condotti dipende da rapporto di forma del canale,

dalla disposizione dei ribs, dal numero di Reynolds relativo al flusso. generalmente,

i ribs sono di sezione quadrata are con una altezza pari al 10% del diametro idraulico

del canale, e una spaziatura variabile tra 5 e 15 volte l’altezza. Attualmente

comunque, i profili palari dispongono di ribs aventi configurazioni maggiormente

complesse.

fig. 1.23 schema di pala, con promotori di turbolenza e turbolatori.

Page 56: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

52

1.7.2 Impingement

Si ottiene una maggiore efficacia mediante la refrigerazione per urto

(impingement), la quale fra tutti i metodi di raffreddamento per convezione interna,

fornisce il coefficiente locale di scambio termico significativamente più elevato.

Questa tecnica può essere impiegata direttamente sulla superficie da refrigerare

mediante un modello molto semplice, in cui l’aria "fresca" proveniente da una

schiera o più schiere di getti va ad impattare in direzione normale alla superficie

sulla parete interna della pala, aumentando così lo scambio termico, e riducendone di

conseguenza la temperatura. In tale applicazione il refrigerante oltre che essere

scaricato al bordo di fuga della pala, viene convogliato anche al bordo d’ingresso

(leading edge), dove va a formare una sorta di film all’interno della paletta,

sicuramente più efficace della semplice refrigerazione convettiva. Sono possibili vari

allestimenti, e sono da considerare svariati aspetti per poter ottenere una

refrigerazione efficace. Alla base della refrigerazione per impingement sta un

meccanismo molto efficace. Il termine "impingement" significa propriamente

"collisione", in altre parole l’urto del getto di fluido refrigerante che va ad impattare

con la parete a cui deve essere asportato calore. Tale getto garantisce un sottile velo

di fluido refrigerante a contatto con la superficie calda della paletta capace di

garantire un elevato coefficiente di scambio termico. La figura sottostante mostra

che il coefficiente convettivo decresce con l’aumentare del diametro del getto

fig. 1.24 meccanismo del raffreddamento per urto.

Page 57: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

53

Come mostrato in figura per un singolo getto, il flusso d'aria del refrigerante scorre

attraverso un diffusore e urta direttamente la parete che deve essere refrigerata. La

velocità del flusso d'aria del getto è molto elevata, con conseguente flusso turbolento

non appena si ha l’urto. Prima dell’urto, il flusso è libero, mentre dopo, il flusso

segue il profilo della parete. Il relativo profilo di velocità decade velocemente vicino

alla parete. Il flusso è estremamente turbolento, con notevoli fluttuazioni di velocità,

in maniera tale da aumentare considerevolmente la miscelazione locale. Di

conseguenza il coefficiente di scambio convettivo risulta incrementare

significativamente. Il più alto coefficiente di scambio convettivo h lo si ha all’interno

della zona di ristagno e diminuisce oltre il punto di ristagno stesso. Tuttavia, quando

il getto è molto vicino alla parete, si ha la presenza di un secondo picco nel

coefficiente di scambio termico. Un altro fattore rilevante è quello relativo alla

disposizione geometrica dei getti, che viene descritta da dei parametri adimensionali,

dati dal rapporto tra una dimensione caratteristica xn, yn, zn,ed il diametro del

diffusore D. In tal senso sono state presentate molteplici correlazioni, che

rappresentano gli effetti dei tre parametri geometrici per differenti configurazioni di

allineamento dei getti, in special modo per allineamenti normali. Un altro parametro

importante oltre questi tre fattori è quello relativo al flusso incrociato, cioè flusso

controcorrente che si viene a creare dopo l’urto sulla superficie. Questo ultimo

fenomeno che non si può evitare, è indesiderato, in quanto contrasta la corrente d'aria

stemperando in tal modo l'intensità del getto. Tuttavia, per bassi valori di velocità del

flusso incrociato l’efficacia dello scambio termico aumenta. Oltre all’influenza del

flusso incrociato sullo scambio termico sono inoltre oggetto di studio altri fattori

quali, l'effetto della direzione del flusso principale, o la presenza di fori sulla parete

della pala in maniera tale da ridurre l'effetto del flusso incrociato ed incrementare di

conseguenza lo scambio termico. È ragionevolmente evidente che i parametri

geometrici adimensionali non sono sufficienti per esprimere le disposizioni

complicate dei fori realmente presenti nella paletta di una turbina a gas. In tal senso

l'industria sarebbe molto avvantaggiata se esistessero correlazioni per geometrie

complesse. Poiché queste correlazioni non esistono e gli esperimenti sono molto

costosi, i progettisti si avvalgono delle correlazioni relative alle disposizioni

geometriche semplici presenti in letteratura. Di conseguenza, si tende ad usare più

Page 58: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

54

refrigerante ed a praticare più fori di quanto sia realmente necessario, oppure a

limitare le condizioni di progetto.

fig. 1.25 schema di refrigerazione per impingement applicata al bordo d’attacco della paletta.

Nella refrigerazione della turbina a gas, il metodo di raffreddamento per urto ben si

adatta alla refrigerazione del bordo d’attacco delle palette del rotore, in cui il carico

termico è più alto e una sezione trasversale più spessa permette una agevole

configurazione e sistemazione dei getti attraverso cui viene eiettata l’aria

refrigerante. Questa tecnica viene inoltre impiegata per il raffreddamento delle

palette del distributore, caso in cui si rivela più adatta.

fig .1.26 Schema di refrigerazione per impingement per il distributore del primo stadio.

Page 59: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

55

La figura illustra la maniera in cui viene impiegato il raffreddamento per urto nel

profilo alare della paletta del distributore di una turbina a gas. Questa, costituita da

due vani separati da una parete perforata può essere considerata una configurazione

tipica. Si nota che un alloggiamento è pressurizzato con l'aria del refrigerante.

Attraverso la parete perforata, la parete opposta all'altro vano avverte l'effetto

refrigerante. Tipicamente tale metodo viene adoperato nei profili palari per

proteggerli dal surriscaldamento. Un’altra possibile situazione in cui viene applicata

la tecnica di raffreddamento per impingement è nella camera di combustione.

Come precedentemente affermato, si tratta di una tecnologia che ben si presta alla

refrigerazione in corrispondenza del bordo d’attacco, dove si rivela molto efficace.

Questa metodologia, come la precedente per convezione, tuttavia, consente solo di

refrigerare la zona interna della pala, il che comporta delle bruciature sulla superficie

esterna della stessa ed inoltre si presentano rilevanti perdite d’energia connesse alla

notevole compressione richiesta per il fluido refrigerante. Per questo, si è sentita la

necessità di un nuovo sistema di refrigerazione che consenta la protezione anche

delle zone della pala esposte direttamente al contatto con i gas combusti; si adotta

pertanto il metodo del cosiddetto "film cooling".

1.7.3 Film cooling

Ideato da Weigart intorno agli anni '40, inizialmente come metodo atto ad impedire

la formazione di ghiaccio sulle ali degli aerei ed adoperato gia dagli anni ’60 nel

settore delle turbogas, si è immediatamente imposto quale tecnologia chiave per la

refrigerazione, in virtù della sua elevata efficienza. Tale sistema sfrutta la

convezione fra il fluido refrigerante, il metallo della pala e i gas caldi che

lambiscono la superficie esterna. Le tecniche di raffreddamento del tipo "film

cooling" prevedono l’iniezione attraverso file di piccolissimi fori o fessure, di un

sottile strato di aria relativamente fresca (beninteso , si parla sempre di temperature

nell’ordine di 300÷450 °C a seconda del rapporto di compressione), che aderisce

uniformemente alla parete della paletta, isolandola dal flusso dei gas caldi in special

modo in prossimità del bordo d’attacco dove si hanno le temperature più elevate. In

tal modo lo strato limite termico costituisce una efficace barriera allo scambio

Page 60: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

56

termico per convezione tra gas e parete proteggendo in siffatta maniera la superficie

esterna della paletta dall’azione diretta dei gas combusti. Una tecnica efficace in

misura ancora maggiore è il cosiddetto raffreddamento a film esteso (full-coverage

film cooling), il quale utilizza un numero ancora maggiore di cavità disposte a

distanza molto ravvicinata. Il campo di temperatura in cui viene impiegata tale

tecnica è di 1560÷1800 K. Le aperture per la refrigerazione sono praticate soprattutto

nelle regioni ove essa è più difficoltosa, come nelle zone d’attacco delle palette al

rotore. Il foro sul bordo d’uscita della pala, risulta essere sempre presente, giacché la

zona terminale è impossibile a refrigerarsi internamente tramite convezione, a causa

delle ridotte dimensioni che la sezione trasversale che la pala assume in quella zona.

Al giorno d’oggi i condotti per la refrigerazione vengono realizzati attraverso l’uso

di tecniche molto precise, quali la foratura tramite laser. Affinché l’aria di

raffreddamento generi una pellicola che si frapponga fra il metallo e i gas combusti,

l’inclinazione dei fori sulla superficie della pala dovrà essere tale da permettere al

refrigerante di poter fuoriuscire tangente al bordo della paletta.

fig. 1.27 raffreddamento per film cooling.

Allo stato attuale della tecnica il film cooling è il sistema più funzionale, in virtù di

una elevata efficienza refrigerativa associata ad una considerevole riduzione del

fabbisogno di aria refrigerante, la portata d’aria necessaria è difatti circa il 30%

inferiore rispetto alle soluzioni precedentemente esaminate.

Notiamo che, in generale, si cercano di adottare contemporaneamente in sinergia

le varie tecniche menzionate. Difatti un tipico allestimento di una moderna paletta

rotorica prevede l’utilizzo della refrigerazione per impingement nel bordo d’attacco,

Page 61: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

57

mentre il sistema di raffreddamento con pin-fin viene adoperato per il bordo di fuga

ed infine si raffredda la sezione mediana tramite l’utilizzo di ribs. È possibile inoltre

adoperare contemporaneamente tutti i sistemi di refrigerazione dianzi indicati, in

modo da ottenere la maggiore efficienza possibile dal sistema, come nei sistemi

misti convezione-film cooling mostrati in figura.

fig. 1.28 esempi di pale raffreddate per convezione e film.

Bisogna inoltre sottolineare un aspetto estremamente importante che riguarda i

profili palari dei gruppi rotorici, in cui sono presenti dei moti non stazionari. Difatti

lo scambio termico all’interno di canali refrigeranti posti in rotazione è alquanto

differente da quello dei canali in regime stazionario, in quanto si ha la formazione di

correnti tridimensionali molto complesse. Sia la forza di Coriolis che le forze di

galleggiamento possono alterare significativamente il flusso ed il profilo di

temperatura nei canali refrigeranti, in special modo nella regione della pala avente

curvatura maggiore, e di conseguenza influire sulla distribuzione di temperatura sui

gruppi palari. Riveste allora importanza fondamentale la determinazione dello

scambio termico locale all’interno dei summenzionati condotti.

Una ulteriore questione di notevole rilevanza, è costituita dalla scelta dei

combustibili usati per alimentare le macchine, difatti l’impiego di un combustibile di

un certo tipo, va direttamente ad influire sulle opzioni delle metodologie di

raffreddamento. Ad esempio l’utilizzo un combustibile scadente impedisce di usare

una tecnica quale il film cooling.

Page 62: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

58

1.7.4 Raffreddamento per traspirazione

Riportiamo inoltre il sistema potenzialmente più efficace -in quanto consente

l'iniezione teoricamente uniforme del fluido refrigerante attraverso la superficie- ma

ancora ad uno stadio embrionale, la refrigerazione per traspirazione, nella quale uno

strato di aria fresca si deposita sulla superficie della pala, costituita da materiale

poroso. Tale tecnica consiste in sostanza, nel trasformare la pala in una membrana

traspirante (ovvero con un numero di fori molto elevato). Siffatta metodologia si

rivela molto utile per temperature di ingresso in turbina superiori ai 1800 K. I

problemi tecnologici di realizzazione di una pala porosa sono però rilevanti, e le

caratteristiche aerodinamiche meno favorevoli rispetto al caso del film cooling. Le

soluzione più utilizzate per mettere in atto il raffreddamento per traspirazione sono:

formatura della pala per sovrapposizione di numerosi strati di rete fine metallica, e

stampaggio ad alta pressione. I limiti sono costituiti dai requisiti di tolleranza

dimensionale sulla forma della palettatura. L’altra soluzione adottata consta

nell’utilizzo di materiali ceramici sinterizzati naturalmente porosi. Questi materiali

sono però fragili e di difficile lavorazione.

fig. 1.29 riepilogo delle principali tecniche di refrigerazione mediante aria.

Per ciascuna delle tecniche di refrigerazione suddette, è possibile definire

un'efficienza di raffreddamento nella forma: 0TT

TT−−

=∞

∞ε

Page 63: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

59

dove T∞ è la temperatura del gas caldo, T la temperatura della superficie metallica e

T0 la temperatura di ingresso del refrigerante. ε è definito in analogia con gli

scambiatori di calore convenzionali in termini di rapporto tra calore scambiato e

calore massimo potenzialmente trasferibile ed inoltre risulta funzione del metodo di

raffreddamento prescelto, nonché di un parametro adimensionale B, detto parametro

di portata massica, cosi definito

Ahcm

B p

= 00

in cui 0m e cp0 sono la portata ed il calore specifico del refrigerante, mentre A è l'area

investita dal gas ed h∞ il coefficiente di scambio.

fig. 1.30 efficienza di refrigerazione per le tecniche suesposte, in funzione del parametro B.

Mediante la stima di ε, è possibile confrontare le prestazioni dei turbogas non più

a parità di temperatura massima T3, bensì a parità di temperatura T delle parti calde

(che rappresenta il vero limite tecnologico). Occorre però includere nel calcolo del

ciclo reale le perdite fluidodinamiche conseguenti al raffreddamento della turbina.

La refrigerazione per convezione, per impingement e per film cooling sono le

soluzioni attualmente più diffuse, mentre il metodo di raffreddamento per

Page 64: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

60

traspirazione rappresenta il limite verso cui si orienta principalmente la ricerca. Si

comprende chiaramente che l’introduzione di un sistema di refrigerazione ha delle

implicazioni sul comportamento globale della turbina, difatti tutte le sopraindicate

tecniche di raffreddamento causano un aumento delle perdite di natura aerodinamica,

che vanno a detrimento dell’efficienza del ciclo. Le perdite associate alla

refrigerazione della turbina includono: il lavoro perso del flusso di refrigerante,

accresciute perdite di profilo, interazione del film di refrigerante con lo strato limite

della pala, perdite di miscelamento tra i flussi principale ed il flusso di refrigerante.

Sono inoltre da considerare maggiori costi di produzione per palette, vani palari e

per il combustore.

Come già ribadito in precedenza, la portata del refrigerante può costituire una

frazione considerevole (fino al 20÷25%) del flusso principale della macchina,

quindi nell’ottica di limitare tale portata e conseguentemente le perdite

summenzionate occorre:

• limitare le superfici da raffreddare, ovvero realizzare palettature aventi un

elevato carico aerodinamico, in maniera tale da ottenere l’espansione nel

minor numero possibile di stadi

• realizzare condotti di raffreddamento atti a garantire un elevato scambio

termico in modo da realizzare sistemi di refrigerazione efficienti.

Alla luce di quanto appena esposto, appare chiaro che le tecniche di refrigerazione

anzidette non si rendono in genere necessarie a valle del primo stadio (ugelli di

distribuzione e primo rotore), essendo in genere, per i motivi suesposti, le turbine a

gas realizzate in 2÷3 stadi. Di conseguenza, un notevole raffreddamento per cessione

di lavoro si ha già dopo il primo di essi.

Page 65: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

61

1.8 Soluzioni realizzative

Nella configurazione più semplice, la turbina a gas si presenta monoalbero e senza

geometria variabile per compressore e turbina. Secondo tale allestimento, si

realizzano motori di peso molto contenuto, idonei in particolar modo per la

propulsione aeronautica (propulsione a getto, turboelica con ingranaggio di

riduzione, motori per elicotteri). A seconda della taglia, si può avere per i turbogas di

piccola potenza un compressore centrifugo, solitamente realizzato con uno o due

stadi, altrimenti un compressore assiale, adatto per elaborare portate più rilevanti e

mantenere ridotti ingombri frontali.

fig. 1.31 Piccolo turbogas aeronautico con compressore centrifugo.

fig. 1.32 Turbogetto monoalbero per propulsione aeronautica con compressore assiale.

Per ottenere un migliore accoppiamento tra compressore e turbina mantenendo

velocità periferiche relativamente ridotte anche con grandi diametri degli stadi del

compressore, è pratica comune nelle applicazioni aeronautiche ricorrere a soluzioni

con alberi multipli concentrici. In particolare si realizzano in tal modo i motori

cosiddetti turbofan ,nei quali una parte considerevole della portata al primo stadio

del compressore (che è di grandi dimensioni e viene esercito a velocità di rotazione

relativamente bassa) non attraversa gli stadi successivi e la camera di combustione,

Page 66: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

62

ma lambisce esternamente il gruppo turbina-camera di combustione-compressore,

per miscelarsi poi con i gas caldi allo scarico della turbina.

Con la soluzione turbofan è possibile realizzare una spinta molto elevata alle

velocità di crociera caratteristiche della navigazione aerea subsonica ad alta quota,

conseguendo la massima economia di carburante.

fig. 1.33 motore turbofan per propulsione aerea (Rolls Royce).

La soluzione turbofan ha sostituito in gran parte i motori turboelica, caratterizzati

da un costoso ingranaggio di potenza e da limiti di esercizio più bassi.

fig. 1.34 motore turbogetto con postcombustione.

Sempre nel campo della propulsione aerea, la navigazione supersonica richiede

l'adozione di un motore turbogas con post combustione; tale seconda combustione

viene direttamente effettuata in un ugello di scarico, utilizzando l'energia cinetica dei

gas a fini propulsivi.

Le macchine di derivazione terrestre hanno una tipologia costruttiva diversa,

legata alla tradizione mutuata dalle turbine a vapore e meno condizionata dal fattore

peso rispetto al caso della propulsione aeronautica.

Page 67: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

63

fig. 1.35 turbogas industriale (GE).

fig. 1.36 turbogas industriale (Siemens).

Si comprende chiaramente che vi sono differenze anche per ciò che concerne la

refrigerazione. Paragonando difatti le caratteristiche costruttive dei sistemi di

raffreddamento delle pale per le turbine per la produzione di potenza con quelle dei

motori aerei, si vede che differiscono per alcuni aspetti. Forse la differenze più

importanti consistono nel fatto che in primo luogo le palette delle turbine terrestri, a

causa delle loro maggiori dimensioni, sono soggette a valori più elevati del numero

di Reynolds, all’interno dei canali di raffreddamento. Inoltre la maggior taglia delle

palette, e di conseguenza dei canali di refrigerazione consente una più ampia libertà

nel realizzare di efficaci sistemi di raffreddamento all’interno delle palette. D’altro

canto, la vita utile delle turbine heavy-duty dell’ordine di 50000÷100000 ore di

esercizio, richiede una progettazione accurata che permetta una corrispondente vita

dei gruppi palari. Viene spesso utilizzato per i vani palari, il raffreddamento per

Page 68: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

64

impingement con l’ausilio di alette e turbolatori, mentre per le pale rotoriche, si

predilige l’utilizzo di turbolatori, in modo da ottenere una più efficiente

refrigerazione. Entrambi i sistemi prevedono in aggiunta l’utilizzo del film cooling

se la temperatura dei gas combusti è troppo elevata per poter refrigerare la pala

tramite la sola convezione interna.

Page 69: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

65

CCAAPPIITTOOLLOO 22

MODELLO MATEMATICO QUASI 2-D SULLA

TRASMISSIONE DEL CALORE SU UNA PALA DI

TURBINA A GAS 2.1.Ipotesi di partenza e condizioni al contorno

Ci proponiamo ora di analizzare le modalità di trasmissione del calore all’interno

di una singola pala di turbina, ossia tenteremo di ottenere una espressione analitica

del campo di temperatura presente nella paletta investita dal flusso dei gas combusti.

Il modello fisico in considerazione è per forza di cose semplificato in maniera

drastica, sia nella descrizione della geometria (altezza e spessore) della pala che

nell’ipotesi che i vari coefficienti rimangano costanti in ogni punto della paletta

stessa.

Verranno adoperate le seguenti ipotesi esemplificative:

1. si suppone che la paletta sia costituita da materiale omogeneo e isotropo, vale

a dire che le sue proprietà fisiche si mantengono costanti in tutte le direzioni

2. quasi-bidimensionalità del campo termico. Tale presupposto risulta

accettabile e giustificato se le dimensioni relative allo spessore della paletta

siano trascurabili rispetto alle altre due.

3. condizioni stazionarie: il campo di temperatura non dipende dal tempo,

vengono trascurati gli eventuali transitori.

4. si considera uniforme su tutta la superficie della pala il coefficiente di

scambio termico convettivo

5. si presume uniforme e costante la conducibilità termica del materiale

costituente la paletta.

6. Si suppone la paletta assimilabile ad un corpo prismatico – sebbene in realtà

le pale presentino una rastremazione dalla radice verso l’apice – e che lo

spessore in corrispondenza del bordo di fuga sia nullo, anche se chiaramente

ciò non trova riscontro nella pratica.

Page 70: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

66

Si ipotizza inoltre che la pala sia raffreddata (per convezione, adoperando acqua

come fluido refrigerante) alla base e riceva dai gas di combustione caldi un flusso

radiativo e uno convettivo, mentre la parete superiore all’apice della paletta è isolata,

più precisamente non scambia calore essendo l’apice della pala praticamente a

contatto con la cassa, tranne che per un piccolo gioco tale da permetterne la

rotazione e la dilatazione termica. Si schematizza inoltre la paletta assimilandola ad

un corpo prismatico, come mostrato nella figura 1.

l

y

zx

b

L

∞∞ Th ,

∞∞ Th ,

∞∞ Th ,

00 ,Th

"2q

"2q

"1q

fig. 2.1 schematizzazione della paletta.

Considerando un riferimento cartesiano all’apice della pala, si osserva come già

accennato,che la dimensione z è piccola rispetto a x,y. Indicata ora con )(xgg = la

variazione dello spessore del bordo della pala al variare di x, si ammette che )(xg

sia funzione quadratica di x, espressa come segue: 2

)( ⎟⎠⎞

⎜⎝⎛⋅=

Lxbxg

si tratta dunque la direzione z come nel caso di superfici estese nelle quali è presente

un gradiente di temperatura trascurabile attraverso lo spessore ristretto )(xg .

Page 71: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

67

Pertanto in virtù di questa ulteriore semplificazione si ha che al bordo di attacco

della pala la profondità vale b, mentre la lunghezza viene espressa dall’arco di

lunghezza L e l’altezza vale l.

b

L

fig. 2.2 distribuzione di spessore g(x) della paletta.

Innanzitutto occorre impostare un’equazione di bilancio dell’energia per un

elementino di volume all’interno della pala. Lo scambio termico avviene secondo le

modalità sotto riportate

1. conduzione secondo la legge di Fourier: nTkqn ∂

∂⋅−=

2. radiazione termica: "1q e "

2q

3. convezione in accordo con la legge di Newton: Thqc ∆⋅=

nella presente trattazione "1q e "

2q si presentano rispettivamente come

l’irraggiamento luminoso della fiamma proveniente dalla camera di combustione, e

l’irraggiamento gassoso dei gas combusti. Come noto, l’irraggiamento gassoso è

inferiore a quello luminoso: in altre parole vale "2

"1 qq >

Assunto ora che T, temperatura agente sulla pala non dipenda dalla coordinata z

ma solamente da x e y, in altre parole si suppone che T sia esprimibile nella forma

T=T(x,y). Si ipotizza cioè che la temperatura non vari attraverso lo spessore b

(b<<L,l) ma dipenda solamente dall’altezza della paletta e dalla posizione lungo la

corda. Si può sostenere di essere di fronte ad un problema di scambio termico quasi

bidimensionale, anche se in realtà tale problema è schiettamente tridimensionale.

Non possiamo usare il laplaciano, vale a dire l’equazione che regge la distribuzione

di temperatura in un sistema bidimensionale senza generazione di calore. Non vale

dunque la scrittura:

Page 72: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

68

02

2

2

2

=∂∂

+∂∂

yT

xT

non essendo quello in esame un problema di scambio termico propriamente 2D,

inoltre occorre considerare i contributi dovuti alla convezione ed all’irraggiamento.

Si considera pertanto un elementino di volume g(x)dxdy come riportato nella figura

che segue:

g(x)

dy

dx yx

z

fig. 2.3 elementino di volume.

attraverso di esso si calcolano le variazioni del flusso di Fourier qn e la convezione

qc, nonché il flusso radiativo, occorre allora un’equazione di bilancio di energia per

l’elemento. I flussi termici in questione vengono di seguito riportati:

• flusso termico conduttivo entrante attraverso l’area g(x)dy dell’elemento

( )dyxgxTk

∂∂

• flusso termico conduttivo uscente attraverso l’area g(x+dx)dy

( ) ( ) dxdyxgxTk

xdyxg

xTk ⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛

∂∂

∂∂

−∂∂

• flusso termico conduttivo entrante attraverso l’area g(x)dx dell’elemento

( )dxxgyTk

∂∂

• flusso termico conduttivo uscente attraverso l’area g(x+dx)dx

( ) ( ) dydxxgyTk

ydxxg

yTk ⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛∂∂

∂∂

−∂∂

Page 73: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

69

• abbiamo così che il flusso netto di conduzione è pari a

dxdyLxb

yTk

ydxdy

xT

Lxkb

x ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛∂∂

∂∂

−⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛∂∂

∂∂

− 2

2

2

2

con k si è indicata la conducibilità termica del materiale costituente la paletta

• mentre il flusso convettivo netto in uscita dalle due facce di area dxdy

dell’elementino vale

( )dxdyTTh ∞∞ −2

• altresì il flusso di radiazione in ingresso sulle due facce vale

dxdyq"22

dx

dy

g(x)

yq

dxxq +

xq

dyyq +

fig. 2.4 flusso di conduzione attraverso l’elementino di volume g(x)dxdy.

Con riferimento all’elementino di volume rappresentato in figura si ha che,

applicando il primo principio della termodinamica e considerando i contributi sopra

citati si ricava, in forma più generale

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) 022 "2 =+−−−+− ∞∞++ dxdyqdxdyTThdyxgqdyxgqdxxgqdxxgq dxxxdyyy

( ) ( ) ( )( ) ( )

( ) ( )( ) ( ) 022 "2 =+−−⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛

∂∂

+−

++⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛∂∂

+−

∞∞ dxdyqdxdyTThdxdyxqx

dyxgq

dyxqdxdyxqy

dxxqdxxq

xx

xyyy

da cui si ottiene la seguente espressione

( )( ) ( )( ) ( ) 022 "2 =+−−

∂∂

−∂∂

− ∞∞ dxdyqdxdyTThdxdyxgqx

dxdyxgqy xy

Page 74: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

70

ossia

( ) 022 "22

2

2

2

=+−−⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛∂∂

−∂∂

−⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛∂∂

−∂∂

− ∞∞ dxdyqdxdyTThdxdyLxb

xTk

xdxdy

Lxb

yTk

y

in altre parole, fatte le debite semplificazioni, otteniamo

( ) 022 "2

222

22

2 =+−−⎟⎠⎞

⎜⎝⎛

∂∂

∂∂

+∂∂

∞∞ qTThxTx

xLbk

yTx

Lbk

avendo stabilito con ∞T e ∞h rispettivamente la temperatura e il coefficiente di

scambio convettivo dei gas che investono la paletta.

Si definisce ora l’escursione termica Θ tra la paletta ed il gas come ∞−=Θ TT ,

arrivando così alla forma seguente:

nmx

xxy

x −=Θ−⎟⎠⎞

⎜⎝⎛

∂Θ∂

∂∂

+∂

Θ∂ 222

22 (1)

avendo la cura di porre

bkLhm

22 2 ∞= e

bkLqn

2"22=

Vediamo ora le condizioni al contorno;

• L’escursione termica sul bordo di fuga della pala vale

( ) finito valore,0 =Θ y (c.c. 1)

essendo infatti 0,0

=∂Θ∂

yx. Questa è una condizione al contorno omogenea.

• Sul bordo d’attacco sono presenti convezione da parte dei gas combusti ed

irraggiamento luminoso da parte della fiamma in camera di combustione, in

conseguenza delle convenzioni dei segni sulla trasmissione del calore si ha la

condizione 0"1 =−+ cn qqq che permette di scrivere:

LL

LL

hqx

khx

kq Θ−=∂Θ∂

⇒=Θ−∂Θ∂

− ∞∞"1

"1 0 (c.c. 2)

avendo indicato con la quantità ΘL l’escursione ( )∞−=Θ TTLL

• Per 0=y la pala non scambia calore, giacché per evitare trafilamenti di gas

l’apice della pala si trova quasi a contatto con la cassa, distanziata da essa

Page 75: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

71

solamente da un piccolo gioco; la paletta è allora sostanzialmente isolata. Si

può esprimere tale condizione nella forma:

( ) 00, =∂Θ∂ xy

(c.c. 3)

• Alla radice della pala (in altre parole, per ly = ) si ha solamente convezione

da parte del fluido preposto alla refrigerazione della paletta, che in questa

sede si suppone sia acqua ad una temperatura T0=100 °C, avente

h0=5000÷10000 [W/m2·K]. In altre parole, la potenza termica scambiata per

conduzione deve uguagliare quella trasferita mediante convezione; quindi la

condizione 0=− cn qq , che porta a scrivere

( ) ( ) 0, 00 =−−∂Θ∂

− TThlxy

k l

da cui si ottiene

( )00 Θ−Θ=∂Θ∂

− ll

hy

k (c.c. 4)

avendo posto

∞−=Θ TT00 ; ∞−=Θ TTll

come già detto, si è indicato con h0 il coefficiente di scambio convettivo dell’acqua

refrigerante, mentre T∞ e T0 sono rispettivamente la temperatura dei gas combusti e

del fluido refrigerante, e ovviamente Tl indica la temperatura della paletta alla radice.

Page 76: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

72

y

x

( ) 1,0 ccy Θ=Θ

y

x

y

x

y

x

( ) 00, =∂Θ∂ xy

c.c.3 y=0, tutti gli x c.c.4 y=l tutti gli x

( )00 Θ−Θ=∂Θ∂

− ll

hy

k

LL

hqx

k Θ−=∂Θ∂

∞"1

c.c.1 x=0, tutti gli y c.c.2 x=L tutti gli y

fig. 2.5 riepilogo delle condizioni al contorno.

Page 77: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

73

CCAAPPIITTOOLLOO 33

SOLUZIONE ANALITICA DEL MODELLO

3.1 Risoluzione

Dopo avere esaminato le condizioni al contorno si passa alla risoluzione

dell’equazione (1), che si ricorda essere della forma sotto indicata.

nmx

xxy

x −=Θ−⎟⎠⎞

⎜⎝⎛

∂Θ∂

∂∂

+∂

Θ∂ 222

22

L’equazione (1) non è omogenea, ci si appresta di conseguenza a risolverla sotto

le condizioni (c.c. 1), (c.c. 2), (c.c. 3) e (c.c. 4) tramite un artificio consistente nello

scomporre l’escursione ( )yx,Θ=Θ nella somma delle due funzioni siffatte:

( ) ( ) ( )xyxyx φψ +=Θ ,,

ossia si assorbe il termine non omogeneo in una soluzione 1D nel modo che segue:

( ) ( ) ( ) nmx

xxy

x −=+−⎟⎠⎞

⎜⎝⎛

∂+∂

∂∂

+∂

+∂ φψφψφψ 222

22

ovvero

nmmxx

xxy

x −=−−⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡⎟⎠⎞

⎜⎝⎛

∂∂

+∂∂

∂∂

+∂∂ φψφψψ 222

2

22

ottenendo infine

nmmx

xxx

xxy

x −=−−⎟⎠⎞

⎜⎝⎛

∂∂

∂∂

+⎟⎠⎞

⎜⎝⎛

∂∂

∂∂

+∂∂ φψφψψ 2222

2

22 (1')

ammettiamo pertanto, come detto dianzi che il termine non omogeneo sia relativo

alla sola x

nmdxdx

dxd

−=−⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ φφ 22 (2)

in modo che la restante parte dei termini a primo membro nella (1') si annulli come

sotto riportato:

0222

22 =−⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛

∂∂

∂∂

+∂∂ ψψψ m

xx

xyx (3)

Page 78: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

74

(si è sostituito il simbolo di derivata parziale con quello di derivata ordinaria

nell’equazione inφ , in quanto dipendente solamente da x ).

Dobbiamo ancora considerare le condizioni al contorno per le nuove variabili φ e ψ

• Sul bordo in ( )y,0 è possibile scrivere la relazione ( ) 00,0 ψφ +=Θ y i cui due

termini a secondo membro diventano rispettivamente le condizioni (c.c. 1') e

(c.c. 1").

• Sul bordo d’attacco vale la condizione (c.c. 2)

( )φψφψ+−=⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛ +

∂∂

∞hqdxd

xk "

1

da cui si deducono le condizioni seguenti in ( )yL,

φφ∞+−=− hq

dxdk

L

"1 (c.c. 2') e ψψ

∞=∂∂

− hx

kL

(c.c. 2").

• Come già affermato in precedenza, per 0=y la pala non scambia calore.

Dalla condizione (c.c. 3) si conclude allora

00,

=∂∂

xyψ (c.c. 3")

• Per la condizione (c.c. 4), valida alla radice della pala:

( )00 Θ−+=∂∂

− φψψ hy

kl

(c.c. 4")

Passiamo ora a risolvere separatamente le due equazioni in φ e ψ , iniziando con

l’integrare la relazione in φ (equazione differenziale del secondo ordine a

coefficienti costanti) per la quale è necessario cercare la soluzione come somma

dell’integrale generale dell’omogenea associata, più un integrale particolare, come

sotto riportato

ph φφφ += .

Si è dunque tenuti ad integrare l’equazione:

nmdxdx

dxd

−=−⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ φφ 22 (2)

con le seguenti condizioni al contorno:

• (c.c. 1') ( ) 00 φφ = valore finito

Page 79: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

75

• (c.c. 2') φφ⋅−=⋅ ∞hq

dxdk

L

"1 per Lx = , tutti gli y

Un integrale particolare sarà

==hq

mn

p

"2

2φ in tal caso, infatti 0=dxdφ .

Mentre per l’integrale generale dell’omogenea associata:

02 22

22 =−+ h

hh mdx

dx

dxd

x φφφ

esiste la famiglia di equazioni differenziali della forma

02 =+⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ yx

dxdyx

dxd βα γ

che per 02 =+− αβ hanno soluzioni del tipo ( ) rBxxy = , con

( ) 01 22 =+−+ γα rr . Per il problema in esame si osserva che, essendo:

⎪⎩

⎪⎨

==

−=

02

22

βαγ m

si ricade nella situazione di cui sopra, vale a dire una soluzione omogenea della

forma ( ) rBxxy = . Nel caso in considerazione si ha che 022 =−+ mrr , di cui si è

in grado di calcolare le radici dall’equazione algebrica:

2411 2

2,1mr +±−

=

da cui si ricava:

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

++−=

+−−=

2411

2411

2

2

2

1

mr

mr

si è tenuti a scartare il valore negativo di r, in quanto farebbe pervenire ad una

forma indeterminata del tipo

( )⎥⎥⎥

⎢⎢⎢

⎡=

⎟⎟

⎜⎜

⎛ +−−2

411 2m

Bxxy

Page 80: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

76

che non ha validità per x=0, essendo r1 negativo.

È possibile dunque concludere che l’integrale generale dell’omogenea associata

vale:

( ) ⎥⎦⎤

⎢⎣⎡ −+

=114

21 5.02m

h Bxφ

per cui

( ) ⎥⎦⎤

⎢⎣⎡ −+

+=114

21

2

5.02mBx

mnφ (2')

si passa ora alla determinazione della costante di integrazione B, tramite la

condizione al contorno (c.c. 2') sul bordo d’attacco della pala:

LL

hqdxdk φφ

∞+−=− "1 (c.c. 2')

posto

( ) 5.02 14 += ma

si riscrive

( )121

2

−+=

aBx

mnφ

che in (L,0) varrà

( )121

2

−+=

a

L BLmnφ

si procede ora nel derivare in (L,0):

( )( ) ⎥⎦

⎤⎢⎣⎡ −−

−=11

21

121 a

Bxadxdφ ( )

( ) ⎥⎦⎤

⎢⎣⎡ −−

−=⇒11

21

121 a

L

BLadxdφ

sostituendo ora i valori trovati di Lφ e Ldx

dφ nella condizione al contorno (c.c. 2')

come sotto riportato

( )( ) ( )

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛++−=

⎥⎥⎦

⎢⎢⎣

⎡−−

⎥⎦⎤

⎢⎣⎡ −− 1

21

2"1

1121

121 aa

BLmnhqBLak

Page 81: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

77

( ) ( ) ( )2

"1

1211

21

21

mnhqBLhL

Lak aa

−+−=⎥

⎤⎢⎣

⎡+

−−

( ) ( )2

"11

21

12

1mn

hq

BLLhak a

−=⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡+

si ottiene in definitiva:

( ) ( )⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡+

−=

−⋅

12

1121

2

"1

LhakL

mn

hq

Ba

conoscendo il valore di B, si è in grado di rappresentare la soluzione completa

della (2):

( ) ( )( ) ⎥⎦

⎤⎢⎣⎡ −+

⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡+

−+=

11421

121

2

"1

2

5.02

12

1

m

ax

LhakL

mn

hq

mnφ (2")

inoltre se ricordando le assunzioni fatte prima per m2, n e a:

bkLhm

22 2 ∞= ,

bkLqn

2"22= , ( ) 5.02 14 += ma

se ne ricava

⎥⎥

⎢⎢

⎡−⎟

⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛+

⎥⎥

⎢⎢

⎡−⎟

⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛+

∞∞

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

+⎥⎥⎦

⎢⎢⎣

⎡−⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛+

−+=

11821

5.02

11821

"2

"1

"2

5.02

5.02

12

118

bkLh

bkLh

x

Lh

bkLhk

L

hq

hq

hqφ

è altresì possibile notare che nel caso particolare in cui il valore dell’irraggiamento

luminoso "1q uguagli il valore dell’irraggiamento gassoso "

2q l’equazione precedente

si riduce a

Page 82: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

78

=hq"

viene di seguito mostrato a titolo indicativo l’andamento grafico della funzione

( )xφ .

0 0.01 0.02 0.03 0.04 0.05 0.06 0.07 0.08 0.09 0.1200

250

300

350

coordinata x della pala [m]

soluzione φ(x) escursione termica [K]

fig. 3.1 grafico della soluzione 1D.

Si è risolta solamente una parte della (1'), mentre bisogna ancora ricavare la

soluzione in ψ della:

0222

22 =−⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛

∂∂

⋅∂∂

+∂∂ ψψψ m

xx

xyx (3)

con le seguenti condizioni al contorno:

• (c.c. 1") ( ) 0,0 ψψ =y valore finito

• (c.c. 2") ψψ∞=

∂∂

− hx

kL

• (c.c. 3") 00,

=∂∂

xyψ

• (c.c. 4") ( )00.

Θ−+=∂∂

− φψψ hy

klx

in maniera tale da arrivare ad ottenere la soluzione cercata nella forma:

( ) ( ) ( )xyxyx φψ +=Θ ,,

Page 83: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

79

si procede dunque nella ricerca delle soluzioni della (3), svolgendo innanzitutto le

derivate parziali:

02 22

22

2

22 =−

∂∂

+∂∂

+∂∂ ψψψψ m

yx

xx

xx

proseguendo poi, mediante la separazione delle variabili

( ) ( )yYxX ⋅=ψ

pervenendo così all’espressione:

02 2"2"2' =−++ XYmXYxYXxYxX

dividendo ora per XY e successivamente per x2 si ottiene

0202 2"

2'"

22"

2"

2'

=−++⇒=−++ mYYx

XXx

XXx

XYXYm

XYXYx

XYYXx

XYYXx

022

2"'"

=−++xm

YY

XX

xXX (3')

Esiste una direzione omogenea e una non omogenea; la si individua attraverso le

condizioni al contorno.

• La y è direzione non omogenea

( )

( )⎪⎪⎩

⎪⎪⎨

Θ−+=∂∂

=

00,

potenzialenon finito valore,

φψψ

ψ

hy

k

lx

lx

• La x invece è una direzione omogenea, infatti si ha finito, valore),0( =Θ y in

altre parole 0,0 =∂Θ∂

yx, oppure 0),0( ≅Θ y cioè 0),0( =− ∞TyT , da cui si

trova che vale 0finito valore),0(,0

=∂∂

⇒=yx

y ψψ .

Riprendendo in esame l’equazione (3'), se ora si pone

2"

λ=YY 02" =−⇒ YY λ

è possibile esprimere la relazione anzidetta nella maniera seguente:

22

2'" 2 λ−=−+xm

XX

xXX

Page 84: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

80

per cui si perviene ad un ulteriore sistema di due equazioni da risolvere

separatamente

( )

( )⎪⎪⎩

⎪⎪⎨

−=−+

=−

5 2

4 0

22

2'"

2"

λ

λ

xm

XX

xXX

YY

si ha la possibilità di elaborare per la (4) delle soluzioni del tipo

( ) ( )yCyCY λλ coshsinh 21 +=

facendo riferimento alle condizioni al contorno sopra riportate per Y si ottiene la

forma

( )yCY λcosh=

infatti si può osservare dalla (c.c. 3") della (3) che vale

00,

=∂∂

xyψ

per cui

( ) ( )[ ]yCyCxXyYxX

yλλψ sinhcosh)()( 21 +⋅=

∂∂

⋅=∂∂

( ) ( )[ ] 00)(0sinh0cosh)( 11210,

=⇒=⋅=+⋅=∂∂ CCxXCCxX

y x

λλλψ

da cui si ottiene la soluzione sopra riportata.

Rimane da cercare una soluzione per la (5), che possiamo scrivere sotto un’altra

forma, ossia

02 222'"2 =+−+ XxXmxXXx λ ( ) 02 222'"2 =−++⇒ XmxxXXx λ

assumendo poi

( )xXxX 5.0* = da cui 5.0**

−== xXx

XX

si eseguono le derivate prima e seconda

23**

21

23

**

2211 −−−

−=⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−+= xX

dxdXxxX

dxdX

xdxdX

Page 85: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

81

*25*

23

2

*221

25**

23

2

*221*

23

2

2

43

23

221

21 Xx

dxdXx

dxXdxxX

dxdXx

dxXdx

dxdXx

dxXd −−−−−−−

+−=⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛+−+−=

sostituendo ora i rispettivi termini e procedendo alle debite semplificazioni

( ) ( ) ( ) ( ) 02

243 *2

1222*

23

'*21

*25

'*23

"*21

2 =⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−+

⎥⎥⎥

⎢⎢⎢

⎡−+⎥

⎤⎢⎣

⎡+−

−−

−−−−XxmxXxXxxXxXxXxx λ

( ) ( ) ( ) ( ) 0243 *2

1222*2

1'*2

1*2

1'*2

1"*2

3

=⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−+−++−

−−−XxmxXxXxXxXxXx λ

( ) ( ) 041 *2222

1'*2

1"*2

3

=⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ +−++

−XmxxXxXx λ

041 *222

*

2

*222

1

=⎭⎬⎫

⎩⎨⎧

⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ +−++

−Xmx

dxdXx

dxXdxx λ

pervenendo ad una ulteriore equazione differenziale alla derivate ordinarie:

041 *222

*

2

*22 =⎥

⎤⎢⎣

⎡⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ +−++ Xmx

dxdXx

dxXdx λ (6)

appartenente alla famiglia delle equazioni di Bessel.

Nel caso da noi preso in considerazione, come in molti altri problemi fisici, spesso

le soluzioni matematiche non possono essere espresse in termini di funzioni

elementari, è allora necessario definire un’altra categoria di funzioni, che vengono

chiamate funzioni speciali, definite sotto forma di integrale (come nel caso della

funzione Γ) oppure come soluzioni di una particolare equazione differenziale, caso

nel quale rientrano le funzioni di Bessel, le quali si presentano spesso nei problemi

relativi alla trasmissione del calore.

Le equazioni di Bessel di ordine ν a coefficienti costanti, sono equazioni

differenziali esprimibili nella maniera seguente, che ne rappresenta la forma

standard.

( ) 02222

22 =−+⋅+⋅ yx

dxdyx

dxydx νλ

le equazioni anzidette presentano una soluzione del tipo:

( ) ( )xJCxJCy λλ νν −⋅+⋅= 43

con Jν funzione di Bessel di ordine ν, che si ricorda godere delle seguenti proprietà

Page 86: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

82

• J0(0) = 1, J1 (0) = J2 (0)= …= Jn (0)= 0

• Jν(x)→ 0 se x→∞

• Jν(x), ha un numero infinito di zeri positivi ζ, così definiti:

0 < ζ1 < ζ2 < …< ζn

Tanto per fissare le idee, nel diagramma sottostante si rappresentano alcune

funzioni di Bessel.

0 5 10-1

-0.5

0

0.5

1

x

J n(x)

J0(x)J1(x)

0 5 10-1

-0.5

0

0.5

1

x

J ν(x)

J0.5(x)J1.5(x)

0 5 10-1

-0.5

0

0.5

1

x

Yn(x

)

Y0(x)Y1(x)

0 5 10-1

-0.5

0

0.5

1

x

(x)

funzioni di Bessel di prima e seconda specie

Y0.5(x)Y1.5(x)

fig. 3.2 funzioni di Bessel di prima e seconda specie.

Nel caso in esame si è dinnanzi ad una equazione di Bessel di ordine ν non intero,

essendo difatti definito come:

21

2

41

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ += mν

Dalla letteratura a riguardo, si trova che quando ν è un numero reale si perviene

alla soluzione della forma sotto riportata

)()(21

221

2

41

4

41

3* xJCxJCX

mm

λλ⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ +−⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛ +

+=

dove Jν (x) può essere definito dalla serie seguente:

( ) ( ) ( )( ) ⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛+

++⋅+

+−

+Γ= ...

4222422221

12)(

42

ννννν

ν

νxxxxJ

Page 87: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

83

oppure nella forma più generale

( )( )( )∑

=

+

++Γ−=

0

2

1!21)(

r

r

r

rr

xxJ

ν

ν

ν

mentre si definisce la funzione fattoriale generalizzata (o di Eulero), Γ nella maniera

che segue

( ) dxxe x νν ∫∞

−=+Γ0

1

esprimibile anche come

( ) ( )ννν Γ⋅=+Γ 1

con ν reale, ν>-1 per la convergenza dell’integrale in (0,∞). Nel nostro caso ν>0,

numero frazionario. L’andamento della funzione Γ è riportato in figura.

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 100

100

200

300

400

500

600

700

800

900

1000

ν

y

Γ(ν)

fig. 3.3 grafico della funzione Γ.

Poiché per x=0, si ha che )()( yYxX ⋅=ψ ha un valore finito, la funzione J-ν (0)

sarebbe indeterminata, di conseguenza deve essere C4=0. Pertanto la soluzione della

(6) si presenta nella forma seguente:

)(21

2

41

* xCJXm

λ⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ +

=

da cui avendo presente le assunzioni precedenti si deduce

Page 88: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

84

)(1)(21

2

41

21 xJC

xxX

m

λ⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ +

⋅= (7)

e tenendo a mente che la soluzione completa dell’equazione (3) si presenta come

)()( yYxX ⋅=ψ , con )cosh()( yyY λ=

si giunge alla soluzione anzidetta, esprimibile tramite la relazione che segue

)cosh()(121

2

41

21 yxJC

x m

λλψ ⋅⋅=⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ +

(8).

È necessario ricavare ancora gli autovalori λ e la costante di integrazione C. Gli

autovalori si trovano dalla (c.c. 2") della (3)

ψψk

hx yL

∞−=∂∂

,

richiamando le regole di derivazione delle funzioni di Bessel:

( )[ ] ( ) ( )xJx

xJxJdxd λνλλλ ννν +−= +1 .

Si tenti ora di derivare la (7) secondo la (c.c. 2"), tenendo presente che 5.0

2

41

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ += mν

( ) ( )LxLx

xCJx

kh

xCJx

dxd

=

=

⎥⎥

⎢⎢

⎡−=

⎥⎥

⎢⎢

⎡λλ νν

21

21

11

( ) ( ) ( ) ( )⎥⎥

⎢⎢

⎡−=⎥⎦

⎤⎢⎣⎡ +−+− ∞

+

−−LCJ

Lk

hLJ

LLJCLLJCL λλνλλλ νννν

211

21

23 1

21

si semplifica dividendo per C e 21

−L , in maniera tale da ottenere

( ) ( ) ( ) ( )LJk

hLJL

LJLJL

λλνλλλ νννν∞

+ −=+−− 121

( ) ( )LJk

hLL

LJ λλνλ νν 121

+∞ −=⎥⎦

⎤⎢⎣⎡ −−

si rileva che λ compare anche come argomento della funzione Jν, non è dunque

possibile esplicitarlo in maniera diretta, bensì è necessario ricavare tutti i valori di λ

che soddisfino l’equazione sopra riportata, esprimibile anche nella forma che segue:

Page 89: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

85

( )( ) p

LJLJ

=+

λλλ

ν

ν 1 (9)

dove Lk

hL

p21

−+= ∞ν

si ottengono di conseguenza infiniti lambda, λ1, λ2,……tali che ( )

( ) pLJ

LJ

n

nn =+

λλλ

ν

ν 1 .

La relazione sopra riportata può anche essere espressa nella forma che segue

( )( ) 0

1

=−+

nn

n

LJLJp λ

λλ

ν

ν

Si osserva che per descrivere la soluzione ψ sono necessarie ancora le infinite

costanti Cn che vanno a formare l’equazione indicata

( ) ( ) ( )yxJx

CXY nnnnn λλψ ν cosh1

21==

Mediante l’analisi di Fourier si cerca ora di ottenere i coefficienti di Fourier Cn,

sfruttando l’ortogonalità delle funzioni di Bessel Jν, e la condizione al contorno

(c.c. 4") che si ricorda essere:

( )00.

Θ−+=∂∂

− φψψ hy

klx

da cui, sostituendo i valori di precedentemente desunti è possibile ricavare

( ) ( ) ( ) ( ) ( )

⎥⎥

⎢⎢

⎡Θ−++=

⎥⎥

⎢⎢

⎡− ∑∑

=

= 00

121"

2

210

0 21 cosh1sinh

n

a

nnnn

nnn

n Bxhq

lxJx

ChlxJx

Ck λλλλλ

νν

pertanto si procede come segue: si moltiplica la sommatoria per ( )xJ mλν al primo

ed al secondo membro, in seguito si integra tra gli estremi di esistenza della

coordinata x, vale a dire nell’intervallo [ ]L,0

( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )⎥⎥

⎢⎢

⎡Θ−++

=−

∑∞

=

=

00

121"

2

210

0 21

cosh1

sinh

nmm

a

mnmnn

nnmn

nn

xJxJBxxJhqlxJxJ

xCh

lxJxJx

Ck

λλλλλλ

λλλλ

ννννν

νν

ricordando la proprietà di ortogonalità delle funzioni di Bessel, secondo la quale

Page 90: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

86

( ) ( )( )

⎪⎪⎩

⎪⎪⎨

=

=

∫∫

mndxxJx

mn

dxxJxJxn

Lmn

L

per

per 0

2

0

0 λλλ

ν

νν

e moltiplicando per 23

x al primo ed al secondo membro, in maniera tale da

ricondurci alla forma mostrata

( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( ) ⎥⎥⎥⎥⎥

⎢⎢⎢⎢⎢

Θ−++

+⎟⎟⎟

⎜⎜⎜

=

=−

∫∫∫

∑ ∫

∑ ∫

=

=

dxxJxdxxJxxBdxxJxhq

dxxJxJxx

lCh

dxxJxJxx

lCk

m

L

m

L a

m

L

nmn

L

nn

mnn

L

nnn

λλλ

λλλ

λλλλ

ννν

νν

νν

0

23

023

0

121

0

23"

2

0

23

0 21

0

23

0 0 21

1cosh

1sinh

tenendo presente che 5.0

2

41

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ += mν e di conseguenza ( ) ν214 5.02 =+= ma , si ha

che vale

( ) ( ) 12312

21

231

21

+=+−=+− ννa

è possibile di conseguenza scrivere

( ) ( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡+⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛Θ−+=

=−

∑ ∫∫∫

∑ ∫∞

=

+

=

0 0

1

0

23

0

"2

00

0 0

cosh

sinh

n

L

mm

LL

mnnn

n

L

mnnnn

dxxJxBdxxJxhqdxxJxxJlCh

dxxJxxJlCk

λλλλλ

λλλλ

νν

ννν

νν

e avendo presente la summenzionata proprietà di ortogonalità, si osserva che

scompaiono i termini di sommatoria, in quanto sopravvivono solamente quelli per

cui mn = :

( ) ( )

( ) ( ) ( ) ( ) ⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡+⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛Θ−+=

=−

∫∫∫

∫+

L

nn

LL

nnn

L

nnnn

dxxJxBdxxJxhqdxxxJlCh

dxxxJlkC

0

1

0

23

0

"2

0

20

0

2

cosh

sinh

λλλλ

λλλ

νν

νν

ν

procedendo infine

Page 91: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

87

( ) ( )[ ] ( ) ( ) ( )⎥⎥⎦

⎢⎢⎣

⎡−⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛−Θ=+ ∫∫∫ +

L

nn

LL

nnnnn dxxJxBdxxJxhq

hdxxxJlhlkC0

1

0

23"

200

0

20 coshsinh λλλλλλ ν

ννν

si perviene alla costante Cn esprimibile mediante la relazione

( ) ( )

( ) ( )[ ] ( )∫

∫∫

+

⎥⎥⎦

⎢⎢⎣

⎡−⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛−Θ

=

+

L

nnnn

L

nn

L

n

dxxxJlhlk

dxxJxBdxxJxhq

hC

0

20

0

1

0

23"

20

0

coshsinh λλλλ

λλ

ν

νν

ν

(10)

si è certamente in grado di esplicitare gli integrali presenti nella (10), infatti dalla

letteratura riguardo le funzioni di Bessel si trova che gli integrali di cui sopra sono

riconducibili alle due forme di seguito riportate:

• ( ) ( )[ ] ( )[ ]22

22'

1

0

2 121

21

nn

nn JJdxxxJ λλνλλ ννν ⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛−+=∫ (11)

• ( )

( ) ( ) ( )

( ) ( )

⎥⎥⎥⎥⎥⎥

⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ +−Γ

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ ++Γ

+−

++−+

=−

−−

−−∫ν

νλλλ

λλλαν

λλ αναν

ναν

αν

α

21α

21

21

21α

21

21

2

1

,1

1,1

11

0 nnn

nnn

nn SJ

SJ

dxxJx (12)

con

( )[ ]1Re 0 −>+> ναλ e

( )( )

( )pp

mm

m

zOm

z

mzzS 2

1

0

1,

21α

21

21

21α

21

21

21α

21

21

2

21α

21

211

−−

=

− +⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ −−Γ

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ +−−Γ

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ +−Γ⎟

⎠⎞

⎜⎝⎛−

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ ++−Γ−

= ∑ αανα

ν

ν

ν

ν

si procede analizzando uno per volta ciascun degli integrali definiti summenzionati:

dunque si inizia con lo svolgere l’integrale definito

( )∫L

n dxxxJ0

2 λν

che deve essere ricondotto alla forma (11) tramite la sostituzione e derivazione

seguenti

Lxt = con 10 ≤≤ t e ,

Ldxdt =

Page 92: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

88

difatti si osserva che

⎩⎨⎧

=⇒=

=⇒=

1

00

tLx

tx

è pertanto possibile ottenere la relazione cercata

( ) ( )

( ) ( )[ ]( )

( )[ ]⎪⎭

⎪⎬⎫

⎪⎩

⎪⎨⎧

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−+==

==

∫∫2

2

22'

21

0

22

1

0

2

0

2

12

LJL

LJLdtLttJL

LdtLtLtJdxxxJ

nn

nn

n

L

n

λλνλλ

λλ

ννν

νν

(11')

che può essere ulteriormente semplificata ricordando la relazione

( )[ ] ( ) ( )xJx

xJxJdxd λνλλλ ννν +−= +1

per cui

( ) ( )[ ]( )

( )[ ]

( )[ ]( )

( )[ ]

( ) ( )( )

( )[ ]

( )[ ] ( )[ ] ( ) ( ) ALJLJL

LJLJL

LJL

LJLJL

LJL

LJL

LJL

LJLdxxxJ

nnn

nnn

nn

nnn

nn

nn

nn

n

L

n

=⎭⎬⎫

⎩⎨⎧

−+=

=

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎪⎪⎪

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−+−

++

=

=⎪⎭

⎪⎬⎫

⎪⎩

⎪⎨⎧

⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

⎛−+=

++

+

+

λλλ

νλλλ

λλνλλ

λν

λλνλλ

λλνλλ

νννν

ννν

νν

ννν

122

12

2

22

2

1

22

22

12

2

22

22'

2

0

2

22

122

12

Ci si comporta in maniera analoga per i due integrali presenti al numeratore nella

(10), entrambi riconducibili alla forma (12); si osserva che per l’integrale espresso

come:

( )dxxJx n

L

λν∫0

23

tramite la sostituzione vista in precedenza, si ricava

( ) ( ) ( ) ( )∫∫∫ ==1

0

23

251

0

23

0

23

dtLtJtLLdtLtJLtdxxJx nn

L

n λλλ ννν

per cui, si giunge all’espressione riportata di seguito

Page 93: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

89

( ) ( )

( ) ( )

( ) ( )

⎥⎥⎥⎥⎥⎥⎥

⎢⎢⎢⎢⎢⎢⎢

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ +−Γ

⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ +Γ

+−

++⎟⎠⎞

⎜⎝⎛ +

=

==

∫∫

ν

νλλλ

λλλν

λ

λλ

νν

νν

νν

21

41

21

45

2

21

23

,231

1,21

25

1

0

23

25

0

23

LSLLJ

LSLLJ

dtLtJtLdxxJx

nnn

nnn

n

nn

L

(12')

ed analogamente per l’integrale

( )∫ +L

n dxxJx0

1 λνν

si trova

( ) ( )

( )( ) ( )( ) ( ) ( )

( ) ⎥⎥

⎢⎢

Γ+Γ

+−

++=

==

++−

−+−

+++ ∫∫

012

21

,11

1,2

1

0

12

0

1

νλλλ

λλνλλ

λλ

νννν

νννν

ννν

νν

LSLLJ

LSLLJ

dtLtJtLdxxJx

nnn

nnn

n

nn

L

(12")

in definitiva si è adesso in possesso di tutti gli elementi necessari alla descrizione

quantitativa del campo di temperatura T presente sulla paletta, con

( ) ( ) ( )xyxyx φψ +=Θ ,,

( ) ∑∞

=

=1 2

1 )cosh()(1,n

nnn yxJCx

yx λλψ ν (8')

( ) ( )1221"

2 −

+=ν

φ Bxhqx (2')

essendo ∞−=Θ TT

Page 94: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

90

CCAAPPIITTOOLLOO 44

SOLUZIONE ESATTA DEL MODELLO

4.1 Soluzione numerica

Allo scopo di ricavare la soluzione esatta si è fatto uso del software della

Mathworks MATLAB 5.2, un potente linguaggio di programmazione per il calcolo

tecnico, che integra all’interno del proprio ambiente di lavoro, gli strumenti atti sia al

calcolo che alla visualizzazione grafica dei risultati. Per arrivare alla soluzione su

procede nella maniera sottoesposta: innanzitutto si riprende in esame l’equazione

(9), espressa come segue:

( )( ) 0

1

=−+

nn

n

LJLJ

p λλλ

ν

ν

rappresentando la relazione precedente nella forma ( ) ( )LJLpJf nnnn λλλλ νν 1)( +−=

0 50 100 150 200 250 300 350-100

-80

-60

-40

-20

0

20

40

60

80

100

λn

f(λn)

fig. 4.1 grafico della funzione f(λn).

quindi si studia la funzione )( nf λ , di cui è mostrato il grafico. Si deduce che una

soluzione è certamente quella banale 0=λ (essendo infatti ( ) 00 =νJ ). Ma questa

Page 95: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

91

non è l’unica soluzione, bensì esistono infiniti λn che annullano l’equazione (9),

occorre dunque ricavare tali autovalori λn. Dallo studio di tale relazione, si ha la

chiara conferma che gli autovalori λn sono in numero infinito, e che la loro

periodicità è variabile. Si riportano di seguito i grafici relativi a tali autovalori ed il

loro valore numerico, relativi a dei parametri di input di tentativo.

0 100 200 300-100

0

100

f(λn)

λ0

0 100 200 300-100

0

100

f(λn)

λ1

0 100 200 300-100

0

100

f(λn)

λ2

0 100 200 300-100

0

100

f(λn)

λ3

0 100 200 300-100

0

100

λn

f(λn)

λ4

0 100 200 300-100

0

100

λn

f(λn)

λ5

fig. 4.2 autovalori λn della funzione f(λn).

i valori numerici di tali autovalori e dei rispettivi coefficienti di Fourier sono

mostrati in tabella

n λn Cn

0 0 non definito

1 24,8445 -183,2815

2 62,0224 0,3857

3 94,0662 -0,0253

4 126,5617 6,9163·10-4

5 158,2985 -4,8168·10-4

Tabella 4.1 autovalori e corrispondenti coefficienti di Fourier.

Si è ora in grado di scrivere la soluzione completa in quanto, si sfrutta il fatto che

solo i primi termini sono significativi. Difatti incrementando il valore di λn, il

Page 96: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

92

corrispondente coefficiente di Fourier Cn decresce rapidamente, ed al contempo si

ha l’effetto sinergico del fatto che elevati valori di λn appiattiscono la curva ψ verso

valori nulli. Si ha pertanto la possibilità di troncare lo sviluppo in serie ai primi

termini, senza incorrere in gravi imprecisioni, anche se in questa sede si prosegue lo

sviluppo a i primi 5 termini. Operando in questo modo si ottiene una espressione del

tipo

( ) ∑=

=5

121 )cosh()(1,

nnnn yxJC

xyx λλψ ν

con le costanti Cn espresse come:

( ) ( )

( ) ( )[ ] ( )∫

∫∫

+

⎥⎥⎦

⎢⎢⎣

⎡−⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛−Θ

=

+

L

nnnn

L

nn

L

n

dxxxJlhlk

dxxJxBdxxJxhq

hC

0

20

0

1

0

23"

20

0

coshsinh λλλλ

λλ

ν

νν

ν

in cui B vale

( ) ( )⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡+

−=

−⋅

∞∞

12

121221

"2

"1

LhkL

hq

hq

Bνν

per cui si ottiene

( )

( )( ) ( )

( )

( ) ( )[ ] ( )∑

∫∫

=

+

−⋅

∞∞

+

⎥⎥⎥⎥⎥

⎢⎢⎢⎢⎢

⎪⎪⎭

⎪⎪⎬

⎪⎪⎩

⎪⎪⎨

⎥⎦

⎤⎢⎣

⎡+

−+⎟⎟

⎞⎜⎜⎝

⎛Θ−

−=5

1

0

20

0

1

1221

"2

"1

0

23

0

"2

021 )cosh()(

coshsinh

12

121,

nnnL

nnn

L

nn

L

yxJdxxxJlhlk

dxxJx

LhkL

hq

hq

dxxJxhq

hx

yx λλλλλλ

λν

λ

ψ ν

ν

νν

νν

come dati di input di default, cui si riferiscono i diagrammi sotto riportati, sono stati

utilizzati:

• k=40 ⎥⎦⎤

⎢⎣⎡

⋅ KmW ; h∞=100, h0=5000 ⎥⎦

⎤⎢⎣⎡

⋅ KmW2 ;

• q1”=100000, q2

”=20000 ⎥⎦⎤

⎢⎣⎡

2mW Θ0=-1000 [K].

Page 97: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

93

Mentre per quanto riguarda le dimensioni della paletta si considera un rapporto lL

pari a

Caso 1 Caso 2 Caso 3 Caso 4

lL 0.9 1.0 1.1 1.2

Fissato L=0.1, e b=0.02 [m]. In base a tale sviluppo si ha una soluzione ψ(x,y) con

il corrispondente grafico delle curve di livello isoterme, come riportato di seguito:

fig. 4.3 grafico 3D e curve isoterme della soluzione ψ(x,y) caso 1.

mentre la soluzione completa Θ(x,y), e le corrispondenti curve di livello isoterme

sono come mostrato in figura:

fig. 4.4 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y) caso 1.

Page 98: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

94

Supponendo ora che, in corrispondenza del bordo d’attacco la paletta, invece di

ricevere un flusso radiativo luminoso, venga raffreddata per convezione mediante

acqua, con una sottrazione di calore pari a q1”=-100000 [W/m2], si ottiene:

fig. 4.5 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y) caso 1

nel caso di refrigerazione sul bordo d’attacco.

In maniera analoga per come fatto sopra si opera variando i parametri geometrici

d’ingresso, ed in particolare il rapporto L/l, ricavando così la tabella seguente:

Caso 1 Caso 2 Caso 3 Caso 4 0,9 1,0 1,1 1,2

n λn Cn Cn Cn Cn 1 24,8445 -183,2815 -143,3873 -112,0468 -87,4945 2 62,0224 0,3857 0,2074 0,1116 0,0600 3 94,0662 -0,0253 -0,0098 -0,0038 -0,0015 4 126,5617 6,9163·10-4 1,9509·10-4 5,5027·10-5 1,5521·10-5 5 158,2985 -4,8168·10-4 -9,8919·10-6 -2,0314·10-6 -4,1717·10-7

Tabella 4.2 autovalori e coefficienti di Fourier per i casi considerati.

Di seguito si riportano le soluzioni relative ai casi succitati, in presenza

rispettivamente di irraggiamento luminoso sul bordo d’attacco, o di refrigerazione,

localizzata sempre sul bordo d’attacco.

lL

Page 99: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

95

fig. 4.6 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y), caso 2.

fig. 4.7 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y) caso 2

nel caso di refrigerazione sul bordo d’attacco.

Page 100: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

96

fig. 4.8 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y), caso 3.

fig. 4.9 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y) caso 3

nel caso di refrigerazione sul bordo d’attacco.

Page 101: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

97

fig. 4.10 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y), caso 4.

fig. 4.11 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y) caso 4

nel caso di refrigerazione sul bordo d’attacco.

di seguito si riporta una ulteriore serie di prove, ottenute dimezzando i flussi termici radiativi.

Caso 1 Caso 2 Caso 3 Caso 4 0,9 1,0 1,1 1,2

n λn Cn Cn Cn Cn 1 24,8445 -167,5562 -131,0849 -102,4333 -79,9876 2 62,0224 0,3499 0,1882 0,1012 0,0544 3 94,0662 -0,0231 -0,0090 -0,0035 -0,0014 4 126,5617 6,3114·10-4 1.7802·10-4 5.0214·10-5 1.4164·10-5 5 158,2985 -4,4052·10-5 -9,0465·10-6 -1,8578·10-6 -3,8152·10-7

Tabella 4.3 autovalori e coefficienti di Fourier per i casi considerati.

lL

Page 102: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

98

inoltre si riportano, come fatto in precedenza, le soluzioni relative all’irraggiamento

luminoso, ed alla refrigerazione sempre sul bordo d’attacco.

fig. 4.12 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y), caso 1.

fig. 4.13 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y) caso 1

nel caso di refrigerazione sul bordo d’attacco.

Page 103: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

99

fig. 4.14 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y), caso 2.

fig. 4.15 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y) caso 2

nel caso di refrigerazione sul bordo d’attacco.

Page 104: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

100

fig. 4.16 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y), caso 3.

fig. 4.17 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y) caso 3

nel caso di refrigerazione sul bordo d’attacco.

Page 105: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

101

fig. 4.18 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y), caso 4.

fig. 4.19 grafico 3D e isoterme della soluzione Θ(x,y) caso 4

nel caso di refrigerazione sul bordo d’attacco.

Page 106: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

102

4.2 Conclusioni

La tendenza, da parte dei costruttori, di innalzare la temperatura estrema del ciclo

joule di turbina a gas, ha portato ad esasperare le già estremamente severe condizioni

in cui si trovano ad operare le palette di turbina.

Nell’ottica dello studio di tali particolari condizioni, s’inserisce l’elaborato di tesi,

incentrato sullo studio del campo di temperatura nelle palette di turbogas.

1. È stata individuata una soluzione esatta del campo di temperatura nelle palette

di turbogas, ricorrendo solamente a minori semplificazioni quasi 2-D.

2. È stato realizzato un codice di calcolo semplice con il software MATLAB,

che consente di valutare T(x,y) assegnate diverse geometrie e condizioni al

contorno di flusso termico radiativo e convettivo.

3. l’approccio seguito consente uno studio preliminare della T della lega

metallica qualora si voglia ricorrere a soluzioni costruttive di barriera termica

del tipo:

barriera termica

fig. 4.20 possibili soluzioni costruttive di barriera termica.

4. se il ∆T all’interno della pala supera i 50 °C, o la geometria delle soluzioni

studiate per il raffreddamento (canalizzazioni interne) è molto complessa, è

necessario ricorrere a soluzioni ottenute mediante codici di calcolo

approssimati agli elementi finiti o alle differenze finite.

Per la sua stessa natura di "work in progress", il lavoro di tesi in oggetto è dunque

passibile di notevoli sviluppi, miglioramenti e/o complicazioni.

Page 107: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

103

Bibliografia

[1] O. Acton, C. Caputo: "Macchine a Fluido – 2.1, Impianti Motori"; Torino:

UTET, 1992.

[2] C. Caputo: "Gli Impianti Convertitori d’Energia"; Milano: Masson, 1997.

[3] F. Kreith: "Principi di trasmissione del calore"; Napoli: Liguori, 1975.

[4] von Karman Institute: "Lecture Serie 83 – Turbine Blade Cooling" ; Rhode Saint

Genese Belgium, 12-16 gennaio 1976.

[5] R.S. Abhari: " Turbine Cooling " ; Politecnico Federale Svizzero di Zurigo. www.lsm.ethz.ch/d/teaching/Downloads/ss2002/aerospaceW6.pdf

[6] Fabrizio Cecconi: " La Refrigerazione Palare dei Turbogruppi a Gas"; Facoltà di

Ingegneria, Latina 2003. dma.ing.uniroma1.it/STAFF/corsini/FCecconi-TG.pdf

[7] J.C. Han, S. Dutta: "Recent developments in turbine blade internal cooling";

Department of Mechanical Engineering, Texas, A&M University. www.ichmt.org/abstracts/Turbine2000-paplist.html

[8] M. G. Dunn "Convective Heat Transfer and Aerodynamics in Axial Flow

Turbines"; Proceedings of ASME 2001-GT-0506. gtl.eng.ohio-state.edu/documents.html

[9] K. Kusterer, D. Bohn: "Facing the Future in Component Design: Turbine

Internal Flows"; 3rd CAME-GT Workshop, Brussels, 11th April 2002 www.came-gt.com/third-orkshop/1%20Turbomachinery/05%20Karsten%20Kusterer.pdf

[10] T. v. Karman, M. A. Bìot: "Metodi Matematici nell’Ingegneria"; Torino:

Edizioni scientifiche Einaudi, 1951.

Page 108: UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI CAGLIARI FACOLTÀ DI INGEGNERIA

104

[11] V. S. Arpaci: "Conduction Heat Transfer"; Pearson Custom Pub., 1991.

[12] I. S. Gradshteyn, I. M. Ryzhik: "Table of integrals, series, and products"; San

Diego: Academic Press, Inc., 1996.

[13] C. Moler: "Numerical Computing with MATLAB"; Society for Industrial

and Applied Mathematics, 2004. www.mathworks.com/moler/

[14] M. Ciaburro: " Manuale Matlab". xoomer.virgilio.it/gciabu/matlab