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S O M M A R I O

L’iperattività, disattenzione e impulsività degli studenti DDAI sono all’origine di una varietà di comportamenti problematici che incidono negativamente sia sul loro successo scolastico che sulle attività e sulla vita in classe in generale. Vengono qui presentate numerose strategie che l’insegnante può appli-care agevolmente a questo riguardo — tra cui la valutazione funzionale del comportamento problematico, gli interventi basati sugli antecedenti e sulle conseguenze — e che si sono dimostrate efficaci per rispondere ai bisogni educativi degli studenti con DDAI.

Un approccio pratico per la gestione dei comportamenti problematici degli studenti con DDAI

LAUREL M. GARRICK DUHANEYState University of New York

Edizioni Erickson TrentoDisturbi di attenzione e iperattivitàVol. 1, n. 2, aprile 2006 (pp. 195-212)

ESPERIENZE E RIFLESSIONI

In quasi tutte le classi c’è uno studente disattento e/o iperattivo. Poiché il comportamento di questi alunni è predittivo di insuccesso scolastico, è necessario che l’insegnante conosca e applichi interventi specifici per gestirne l’iperattività, la disat-tenzione e l’impulsività.1 Questo articolo si pone lo scopo di fornire agli insegnanti un repertorio di strategie per gestire i comportamenti problematici degli studenti con DDAI e per aiutare questi ultimi a raggiungere un maggior successo scolastico.

Come condurre una valutazione funzionale del comportamento

Per identificare i comportamenti problematici messi in atto da studenti con DDAI, l’insegnante può usare la Valutazione Funzionale del Comportamento (VFC, dall’inglese Functional Behavioral Assessment).2 La VFC è un tipo di valutazione centrato sulla persona e sul processo di risoluzione del problema che richiede di raccogliere infor-

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mazioni sul comportamento dello studente, di determinare perché quello studente ha messo in atto quel particolare comportamento e di identificare le variabili educative, sociali, affettive, ambientali e contestuali che inducono e mantengono quel determinato comportamento.3

Ricerche hanno mostrato che la VFC può essere usata per ridurre l’iperattività, la frequenza di comportamenti distruttivi e per limitare gli atti di aggressività.4

Partendo dal presupposto che i comportamenti provocatori o di disturbo svolgono una funzione per la persona che li emette, la VFC fornisce una base per la pianificazione e la realizzazione di interventi volti a modificare il comportamento problematico dello studente attraverso:

– la raccolta di informazioni per la valutazione del comportamento;– lo studio del perché, del dove e del quando uno studente usa quel particolare

comportamento;– l’identificazione delle variabili sociali, culturali e/o ambientali che possono

predire e mantenere il comportamento;– l’analisi dei dati finali.5

Salend6 suggerisce una serie di linee guida, qui riassunte nella tabella 1, utili per condurre una buona VFC, che tenga anche conto delle eventuali differenze culturali e linguistiche degli studenti.

TABELLA 1 Linee guida per la Valutazione Funzionale del Comportamento

Linee guida Domande da porsi

1. Identificare il comportamen-to problematico

Cosa, di ciò che lo studente fa, causa un pro-blema?

Come incide questo comportamento sull’ap-prendimento?

C’è una relazione tra il comportamento e il background culturale e linguistico dello stu-dente?

2. Definire il comportamento Ho definito il comportamento in termini osser-vabili e misurabili?

3. Registrare il comportamento usando un sistema di registra-zione delle osservazioni

Come registro le mie osservazioni del compor-tamento?

(continua)

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4. Raccogliere ulteriori informa-zioni sullo studente e sul com-portamento problematico

Conosco le risorse, i punti di forza e quelli di de-bolezza, gli interessi, le idee, le attitudini, la cultu-ra, il linguaggio e le esperienze dello studente?

5. Analizzare antecedenti e con-seguenze del comportamen-to (A - B - C)

Ho considerato gli eventi, gli stimoli, gli oggetti e le attività che precedono e attivano il com-portamento?

Ho considerato i comportamenti che seguo-no e mantengono quello target?

6. Analizzare le informazioni e sviluppare delle ipotesi

Ho esaminato le informazioni raccolte per determinare quando, dove, con chi e in qua-li condizioni il comportamento si verifica con maggiore e minore probabilità?

A quale funzione serve il comportamento?Il comportamento target è connesso alla diffi-coltà dello studente?

7. Considerare i fattori sociocul-turali

Il comportamento dello studente è riconduci-bile al suo background linguistico-culturale?

8. Sviluppare un programma di intervento comportamentale

Ho identificato specifici obiettivi che siano mi-surabili e che si focalizzano sul comportamen-to dello studente, sulle sue caratteristiche e sui suoi bisogni?

Questi obiettivi considerano gli antecedenti e le conseguenze del comportamento dello studente?

9. Valutare il programma Ho continuato a raccogliere informazioni per determinare se il programma di gestione del comportamento ha dato dei risultati?

Il programma deve essere rivisto?

È il caso di utilizzare interventi diversi?

Tratto e adattato da S.J. Salend (2001), Creating inclusive classrooms: Effective and reflective practices, Upper Saddle River, NJ, Prentice Hall.

La VFC può aiutare l’insegnante a sviluppare un intervento ad hoc per gestire il comportamento inappropriato in classe di studenti con DDAI. Attraverso la VFC, l’insegnante è in grado di:

– raccogliere informazioni per individuare le cause e le funzioni del comportamento problematico dello studente;

– eliminare, modificare o controllare gli antecedenti e le conseguenze del com-portamento problematico;

– rinforzare i comportamenti desiderabili.7

(continua)

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La VFC permette all’insegnante di costruire un intervento basato sulla precisa relazione tra il comportamento problematico e il suo contesto.8 Per effettuare una valu-tazione funzionale e le relative analisi si utilizzano diverse strategie, tra cui:

– strategie per la raccolta di informazioni da persone, come le interviste, i que-stionari, le scale di valutazione;

– analisi descrittive come le schede di rilevazione ABC e l’osservazione diretta; – l’analisi sperimentale, come la manipolazione dei fattori ambientali e l’uso di

disegni sperimentali.9

Le strategie per la raccolta di informazioni da persone sono generalmente inter-viste scritte o questionari compilati da familiari, insegnanti, educatori e talvolta dallo studente stesso. Secondo O’Neil e colleghi,10 all’intervistato, che conosce lo studente, può essere chiesto di:

– identificare i comportamenti provocatori che lo studente manifesta, descrivendone intensità e frequenza;

– descrivere quando, dove e con chi è più probabile che lo studente manifesti il comportamento;

– descrivere in quali condizioni è, rispettivamente, più e meno probabile che lo studente manifesti il comportamento;

– elencare le conseguenze che sono solite verificarsi dopo che lo studente ha manifestato il comportamento target;

– indicare i possibili rinforzi che ottiene.

All’intervistato si può anche chiedere di descrivere come l’ambiente culturale, il linguaggio, il background di esperienze e lo stile di apprendimento possano contribuire al comportamento problematico manifestato dallo studente.11

Come detto precedentemente, una VFC solitamente include l’osservazione diretta, spesso condotta usando tecniche di registrazione del comportamento. Tra queste, la forma più diffusa è la scheda ABC, che consta di 3 componenti: lo stimolo o l’antecedente (A), il comportamento o la risposta (Behavior – B) e la conseguenza (C) o il rinforzo dell’evento.

Gli antecedenti sono quegli eventi o condizioni che precedono immediatamente il comportamento problematico.12 Si raccomanda all’insegnante di annotare per iscritto eventuali pattern ricorrenti che rileva riguardo agli antecedenti, ossia quando, come e in quali condizioni il comportamento problematico è solito manifestarsi. L’analisi degli antecedenti di un determinato comportamento serve a poterlo anticipare e prevedere con precisione. Ad esempio, l’insegnante potrebbe notare che lo studente manifesta il comportamento solo in certe circostanze, ad esempio immediatamente prima o im-mediatamente dopo uno specifico evento. Di conseguenza, potrà risolvere il problema, completamente o in parte, modificando tale antecedente.

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Ugualmente importante è osservare le conseguenze del comportamento problema-tico, cioè cosa succede dopo di esso. L’insegnante dovrebbe chiedersi: «Cosa ottiene lo studente da quel comportamento?».

Riassumendo quanto detto finora, per aiutare uno studente con DDAI a modifica-re il suo comportamento è necessario analizzare gli antecedenti, ossia gli eventi o gli stimoli che provocano il comportamento problematico, e le conseguenze o i rinforzi che seguono ad esso. Ecco un esempio di questi tre momenti: l’insegnante dice all’alunno: «Marco, ti do il compito. Devi risolvere questi cinque problemi in dieci minuti». Que-sto è l’antecedente (o l’evento stimolo – A). Il comportamento o, meglio, la risposta di Marco è una parolaccia e la seguente frase: «Io non lo faccio!» (B). La conseguenza del comportamento è che l’insegnante, arrabbiata, dice a Marco: «Non si dicono parolacce in questa classe! Adesso risolvi i problemi, e se non li finisci adesso, li farai durante la ricreazione!» (C).

Interventi sugli antecedenti

Esistono diverse strategie per promuovere i comportamenti positivi in classe da parte di studenti con DDAI; tra queste, ci sono gli interventi basati sugli ante-cedenti che verranno descritti qui di seguito. Tali interventi hanno lo scopo di agire sulle circostanze, gli stimoli, gli oggetti e le attività che precedono il comportamento problematico.

Organizzare la classe per promuovere l’attenzione

La disattenzione è uno dei principali sintomi del DDAI.13 Perciò, più un insegnante è originale, accattivante e dinamico nel presentare un argomento più è probabile che l’alunno con DDAI, prevalentemente inattento (ma questa è una tendenza che in classe possono presentare anche gli altri), non si «perda nel suo mondo». Tuttavia, poiché gli studenti con DDAI sono attratti dalle condizioni ambientali nuove, poco familiari o inaspettate, gli eventi che accadono in classe possono portarli a distrarsi.14 Tenendo presente tutto ciò, l’insegnante può gradualmente introdurre routine e attività ben pre-cise, anche esaminando la classe per verificare se gli arredi e la struttura siano consoni alle esigenze degli studenti.15

Poiché i cambi dell’ora sono solitamente momenti in cui molti studenti si distraggono, l’insegnante può pianificare anticipatamente delle attività per gestire i comportamenti dello studente con DDAI in questo momento della giornata. I cambi dell’ora possono essere resi più agevoli attraverso varie attività (ad esempio permettere allo studente di suonare la campanella) e gratificando i «cambi tranquilli».

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Per molti studenti la disattenzione è dovuta anche al rumore presente nell’ambiente circostante; infatti, benché generalmente abbiano un udito acuto, molti incontrano diffi-coltà in classe perché la loro attenzione viene distratta automaticamente dai suoni più forti provenienti da fuori. Zentall (come citato in Carbone),16 tuttavia, fa notare che, sebbene gli insegnanti debbano essere coscienti del bisogno di minimizzare le distrazioni sonore, non tutto il rumore ha effetti negativi. Infatti, se i suoni forti tendono a far distrarre gli studenti, determinano disattenzione e aumentano il numero di errori durante compiti complessi o poco familiari, livelli moderati di rumore in classe favoriscono l’attenzione al compito più del silenzio assoluto.

La componente affettiva dell’apprendimento

La componente affettiva dell’apprendimento o i sentimenti che l’insegnante suscita negli studenti possono influenzare il modo in cui i ragazzi con DDAI si comportano in classe.17 Se gli studenti stimano e rispettano il loro insegnante, e se questo riesce a creare un clima cordiale e positivo in classe, è più probabile che rispondano all’ap-provazione, alla disapprovazione sociale o all’indifferenza usati dall’insegnante per regolare il loro comportamento. Al contrario, se l’insegnante viene percepito scostante e sgarbato, sarà più difficile che reagiscano positivamente ai suoi tentativi di modificare i loro comportamenti problematici.

Ci sono vari modi per stabilire un rapporto positivo tra insegnante e studenti e per promuovere un ambiente socioemozionale «caldo» e sicuro. Per esempio, l’insegnante può seguire le seguenti indicazioni:

– festeggiare il compleanno degli studenti, i rientri dopo una malattia e i successi, e dare speciali riconoscimenti o gratificazioni all’inizio o durante la giornata scolastica;

– quando si ha una classe nuova, cercare di imparare i nomi di tutti gli studenti già dopo la prima settimana di scuola;

– impegnarsi a interagire con gli studenti ogni giorno e a concludere positivamente ogni giornata;

– preparare accuratamente le lezioni e trattare gli studenti con professionalità e gentilezza;

– promuovere e mantenere un atteggiamento positivo verso tutti gli studenti, con e senza disabilità e appartenenti a culture, etnie e classi sociali differenti;

– mantenere alte le aspettative riguardo al comportamento degli studenti e fornire sostegno a questo proposito (ad esempio sorridendo e usando un tono di voce cordiale e tranquillo anche quando mettono a dura prova la sua pazienza);

– organizzare piccole feste per la fine dell’anno scolastico o per altre occasioni.

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L’insegnante può creare dei contesti di classe che favoriscano lo sviluppo di ami-cizie proponendo attività socializzanti come giochi da fare tutti insieme, canzoni sul tema dell’amicizia o attività artistiche di vario genere.18 Possono essere usate, insomma, tutte quelle attività di gruppo che promuovono un senso di coesione nella classe e che fanno sentire gli studenti come parte di un insieme.19

Interventi per studenti impulsivi

Gli studenti impulsivi sono delle vere e proprie sfide per gli insegnanti: interrom-pono parlando senza rispettare i turni, esprimendo commenti o domande non pertinenti, scherzando o facendo battute in momenti inopportuni o introducendo argomenti diversi da quelli discussi. Per aiutare questi ragazzi a frenare la loro tendenza all’impulsività, può essere usata una strategia chiamata «discorso autodiretto», il cui scopo è insegnare a usare il dialogo interno per regolare il proprio comportamento.20 Il training di solito consiste nell’insegnare allo studente inizialmente ad abbinare il proprio comportamento alla verbalizzazione di un altro, e poi a darsi da solo delle istruzioni verbali sulle quali adeguare il proprio comportamento. Per esempio, si può insegnare allo studente a uti-lizzare alcune frasi chiave che lo guidino in situazioni o in compiti difficili, da ripetere a se stesso all’occorrenza. Più specificamente, allo studente possono essere insegnate delle frasi che egli può ripetere una o più volte, del tipo: «Ascolta prima di parlare», «Pensa prima di parlare» o «Rifletti prima di agire». Lo si può anche incoraggiare a creare da sé queste frasi, che saranno così più significative per lui e più facili da me-morizzare. Armstrong21 evidenzia 4 momenti del training che servono per sviluppare il discorso autodiretto:

1. chiedere allo studente di pronunciare le frasi a voce alta;2. chiedere allo studente di pronunciare le frasi sottovoce;3. chiedere allo studente di pronunciare le frasi muovendo solo le labbra;4. chiedere allo studente di ripetere la frase mentalmente.

Questo processo di internalizzazione del linguaggio è considerato essenziale per lo sviluppo del discorso autodiretto.

Organizzare l’ambiente di insegnamento-apprendimento per aiutare gli studenti iperattivi

Una delle strategie più efficaci che l’insegnante può impiegare per aiutare lo stu-dente iperattivo consiste nel dargli delle opportunità per consumare il suo eccesso di energie attraverso attività fisiche da svolgere durante le lezioni stesse.22 Ad esempio, può assegnare dei ruoli come pulire la lavagna, dare acqua alle piante, distribuire i fogli per i compiti in classe, ecc. creando quindi delle occasioni che consentono allo studente di

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spostarsi all’interno della classe o della scuola. Dare agli studenti la possibilità di muo-versi durante la giornata organizzando opportunamente le attività in classe può aiutare lo studente iperattivo a scaricare l’energia in eccesso;23 ad esempio, si può far lavorare gli studenti a più postazioni di lavoro, in modo che possano (debbano) spostarsi tra di esse, proporre attività di role-playing o giochi didattici che coinvolgono il movimento e così via. Un esempio di gioco da fare in classe è «Davide dice…». In questo gioco, l’insegnante chiede agli studenti di svolgere alcuni movimenti ben precisi attraverso frasi del tipo: «Davide dice: toccati il naso» o «Davide dice: alza il ginocchio destro» e così via. Quando uno studente compie l’azione prima che l’insegnante completi la frase, viene eliminato. Questo tipo di gioco può aiutare lo studente a incanalare la propria energia fisica e mentale in una direzione ben precisa, ad apprendere l’autocontrollo e il rispetto dei tempi e a migliorare la coordinazione fisica. Oltre a questo, è opportuno incoraggiare lo studente iperattivo a praticare sport (tennis, nuoto, ecc.).

È inoltre importante che l’insegnante tenga presente che lo studente iperattivo trae beneficio da un frequente monitoraggio esterno.24 A questo scopo, occorre prestare particolare cura alla scelta del posto che l’alunno con DDAI occupa in classe; soluzioni efficaci sono quelle di farlo stare nei banchi di fronte alla cattedra o vicino a un com-pagno tranquillo, in modo da favorire le interazioni positive, e tenerlo lontano da aree di potenziale distrazione come la finestra o la porta.

I programmi

I programmi servono a seguire le molte attività che si susseguono nel corso della giornata, ma molti studenti con DDAI hanno difficoltà a rispettarli. Per aiutarli, l’inse-gnante può incoraggiarli a sviluppare dei programmi personali che pianifichino le loro attività giornaliere; in particolare, occorre insegnare a:

– identificare gli specifici obiettivi da raggiungere;– assegnare tempo sufficiente alle varie attività, come studio, svago, ecc.;– pianificare i momenti di studio tenendo conto dei tempi di attenzione;– organizzare i compiti scolastici in base alla loro importanza e difficoltà e alle

scadenze.25

Se pensati con cura, i programmi possono migliorare il comportamento degli studenti. L’insegnante può contribuire definendo tempi specifici per i compiti, il gioco, l’intervallo e il pranzo, verificandone sistematicamente il rispetto; per permettere allo studente di sviluppare iniziativa e autocontrollo, all’interno di questa strutturazione ben definita è necessario fornire opportunità di scelta. Poiché gli studenti con DDAI lavorano meglio quando conoscono la sequenza delle attività da svolgere, i programmi andranno modificati solo in caso di reale necessità e dandone preventivamente comu-nicazione e spiegazione.

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Infine, è opportuno collocare le lezioni e le attività più pesanti nelle prime ore del mattino e quelle più ludiche o sociali nel pomeriggio.26

Evidenziare l’importanza delle regole di classe

Poiché è risaputo che la presenza di regole di classe favorisce un ambiente di apprendimento positivo ed efficace, è importante che gli insegnanti definiscano e insegnino le regole e ne verifichino sistematicamente il rispetto. Generalmente, i comportamenti attesi dagli alunni sono quelli di seguire le istruzioni, stare seduti, alzare la mano per intervenire e presentarsi preparati per la lezione. Per aiutare gli studenti a comprendere e rispettare queste aspettative, studenti e insegnante possono sviluppare insieme un piano di gestione dei comportamenti (presentato, ad esempio, su un cartellone) che specifichi che cosa è accettabile in classe e cosa non lo è. A questo scopo è necessario:

– scrivere il piano utilizzando frasi concise e linguaggio comprensibile agli stu-denti, posizionandolo poi in un punto ben visibile a tutti;

– formulare le regole in termini positivi (ad esempio, una regola per ricordare agli studenti di rimanere seduti al proprio banco potrebbe essere: «Lavora al tuo posto» piuttosto che «Non alzarti dal banco»);

– nei confronti delle regole, l’insegnante deve mostrarsi risoluto, imparziale e coerente;

– discutere le conseguenze per la violazione della regola, gratificare i comportamenti appropriati e spiegare le ragioni per cui esistono quelle regole nella classe;

– somministrare il più possibile tempestivamente le punizioni e le gratificazioni concordate;

– reagire ai comportamenti inappropriati con tono calmo e lento;– evitare di mostrare irritazione, perché questo potrebbe compromettere gli effetti

della punizione;– guardare in faccia lo studente quando gli si parla, in modo che possa imparare

a comprendere e utilizzare il linguaggio del corpo;– evitare di farsi intrappolare in discussioni sterili e senza uscita.27

Interventi sulle conseguenze

Gli interventi basati sulle conseguenze agiscono sugli eventi, sugli stimoli e sulle attività che seguono un determinato comportamento e lo mantengono. Molte di queste strategie — tra cui la token economy, i contratti educativi, le tecniche cognitivo-comportamentali, il costo della risposta, l’intervento mediato da pari, gli interventi sulle

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abilità sociali, il coinvolgimento della famiglia e il time-out — favoriscono comportamenti positivi nei bambini con DDAI.

La token economy

La tecnica della token economy implica «l’assegnazione e il ritiro sistematico di gettoni (token) o punti ai bambini, in relazione al loro comportamento appropriato o inappropriato».28 L’alunno «guadagna» i gettoni (che possono essere dischetti di plastica, francobolli, faccine o altri oggetti piccoli e semplici) quando manifesta comportamenti appropriati; successivamente, potrà scambiarli con premi, come la possibilità di svolgere un’attività particolarmente gradita, dolcetti o altro. La tecnica della token economy può essere utilizzata per intervenire sia su una varietà di comportamenti inappropriati sia su un comportamento specifico, come l’aggressività.29 Per la sua applicazione, Salend30 propone un approccio in 10 passi:

1. collaborare con gli studenti e la loro famiglia per definire le regole e i com-portamenti che permettono di guadagnare gettoni;

2. scegliere il tipo di gettoni da usare considerando fattori come la durabilità e il costo del materiale, la facilità d’uso da parte di insegnanti e studenti;

3. identificare i rinforzi desiderabili per gli studenti e stabilire il numero di gettoni necessario per ottenere ciascun premio;

4. acquistare il materiale necessario per applicare il sistema, come un tabellone dove segnare i gettoni guadagnati dai ragazzi e dei contenitori per ognuno di loro;

5. organizzare lo spazio della classe per l’uso efficiente del sistema; 6. introdurre e spiegare il sistema agli studenti; 7. applicare il sistema con coerenza; 8. determinare come trattare i comportamenti inappropriati; 9. monitorare e rivedere il sistema per risolvere eventuali problemi;10. cessare gradatamente l’applicazione il sistema (per esempio quando tutti o

la maggior parte degli studenti della classe non hanno più bisogno di aiuti esterni per il comportamento appropriato).

I contratti educativi

È stato rilevato che i contratti educativi sono efficaci per modificare una grande varietà di comportamenti, inclusi quelli dei ragazzi con DDAI e di diverse fasce di età.31

Nei contratti educativi viene preso un impegno del tipo «se… allora», per cui lo studente riceve un determinato rinforzo se manifesta un certo comportamento. Questi

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contratti si basano sulla «legge della nonna»: «Prima mangi la carne e le verdure» (comportamento poco frequente e poco gradito) «e poi avrai il dolce» (comportamento frequente e molto gradito). Di conseguenza, i comportamenti molto frequenti o graditi sono usati come rinforzo per comportamenti poco frequenti o poco graditi e la conse-guenza, positiva o negativa, che uno studente riceve è contingente (cioè immediatamente successiva) al comportamento manifestato. La combinazione di rinforzare comportamenti poco frequenti e di ignorare o «punire» comportamenti inappropriati molto frequenti si è dimostrata una strategia efficace per la gestione del comportamento di studenti con DDAI.32

Alcuni ricercatori hanno evidenziato i seguenti principi per un uso efficace del contratto educativo:33

– la gratificazione deve essere somministrata il più tempestivamente possibile, subito dopo il comportamento;

– i rimproveri devono essere espliciti e devono seguire immediatamente il com-portamento inappropriato;

– rimproveri coerenti, dati con calma e fermezza, sono più efficaci dei richiami troppo carichi emotivamente e dati tardivamente.

Studenti e insegnante possono collaborare per sviluppare contratti formali e in-formali; quelli formali sono solitamente documenti scritti in cui viene specificato quali comportamenti non sono permessi e quali devono essere mostrati per guadagnare i rinforzi. I termini del contratto devono essere negoziati tra le parti, devono essere equi ed espressi in un linguaggio che lo studente può leggere e capire. I contratti informali sono verbali e sono, ad esempio, quelli con cui si concorda con lo studente quanto tempo deve rimanere seduto al suo posto prima di poter usare il computer.

Tecniche cognitivo-comportamentali

Le tecniche cognitivo-comportamentali possono essere usate sia per insegnare comportamenti funzionali che per modificare pattern disfunzionali di pensiero. La principale premessa di questo approccio è che i comportamenti inappropriati sono il frutto di un apprendimento e una cognizione errati, per cui vengono insegnate stra-tegie cognitive come l’automonitoraggio e l’autovalutazione per migliorare il proprio comportamento.34

L’automonitoraggio è il processo attraverso il quale la persona osserva sistematica-mente il proprio comportamento problematico allo scopo di diminuirne la frequenza;35 la sua efficacia a questo scopo è dimostrata.36 L’insegnante può aiutare lo studente con DDAI ad acquisire consapevolezza del proprio comportamento, nell’ottica di miglio-rarlo, e a tenere nota delle sue performance. Perché l’automonitoraggio sia efficace, è

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necessario che il comportamento adeguato da tenere sia ben definito; durante le attività in classe, ad esempio, lo studente può imparare ad automonitorarsi se sa esattamente che il comportamento appropriato «sul compito» è «stare seduto al posto e svolgere il compito assegnato».37

Nell’autovalutazione, lo studente osserva il proprio comportamento e lo valuta secondo uno standard e/o un obiettivo predefinito. Ai fini dell’autovalutazione, Smith, Young, Nelson e West38 raccomandano di insegnare allo studente a:

1. osservare e valutare il proprio comportamento in relazione a uno specifico standard;

2. confrontare la propria valutazione con quella esterna dell’insegnante;3. stabilire le conseguenze per i comportamenti appropriati;4. ridurre gradualmente la necessità di rinforzi esterni.

Ad esempio, lo studente può valutare il suo comportamento sul compito con una scala che va da 0 (inaccettabile) a 5 (eccellente) e l’insegnante può gratificarlo in rela-zione al comportamento tenuto e all’accuratezza della sua autovalutazione.

Il costo della risposta

Il costo della risposta è un’altra tecnica che l’insegnante può usare per modificare il comportamento dell’alunno con DDAI e consiste nel togliere o revocare i rinforzi positivi quando lo studente esibisce comportamenti inappropriati. I rinforzi persi possono essere i più vari, dagli elogi verbali alla possibilità di svolgere attività gradevoli, a piccoli premi tangibili. Per applicare il costo della risposta, occorre in primo luogo che l’insegnante discuta del comportamento problematico con lo studente, decidendo insieme a lui il tipo di rinforzo da utilizzare, l’ammontare della «sanzione», e il modo in cui essa verrà comunicata; bisogna inoltre che si accerti che il rinforzo sia più «appetibile» del com-portamento inappropriato. Kauffman e colleghi39 avvertono che il costo della risposta, come le altre tecniche punitive, rischia di trasformarsi in abuso, se viene applicato in maniera eccessiva o incoerente. Per evitare questo rischio, gli autori suggeriscono di porsi regolarmente le seguenti domande:

– Ho fatto tutti i tentativi di usare procedure positive per gestire il comportamento dello studente?

– In generale sono positivo verso i miei studenti? Do loro frequenti lodi e altre forme di attenzione positiva, quando manifestano comportamenti appropriati?

– Sono capace di somministrare punizioni in maniera neutra, senza sfogare la mia rabbia e senza essere asfissiante, minacciare o fare il moralista (cercando di indurre sensi di colpa con prediche o biasimi)?

– La punizione è immediata, giusta e coerente?

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– La punizione produce un cambiamento immediato del comportamento?– Ho comunicato le mie procedure di punizione a tutte le parti coinvolte?

L’intervento mediato da pari

Questo tipo di intervento, che serve a risolvere i problemi di comportamento che si verificano in classe, è mediato dai pari e può assumere diverse forme, come la me-diazione o i gruppi (o «comitati») di sostegno.40 In ogni caso, gli studenti affrontano e gestiscono le divergenze discutendone faccia a faccia e ascoltandosi.

Nella mediazione tra pari, gli studenti si incontrano per discutere il problema; nella discussione, dove ognuna delle parti coinvolte è invitata a esporre la sua versione della storia, devono rispettare alcune regole di base, come ad esempio non interrompere e non usare espressioni offensive. La sessione è aperta dal mediatore, che ha anche il compito di aiutare a chiarire i punti principali che hanno causato il conflitto, incorag-giare i disputanti a proporre delle soluzioni e a valutarle, mettere l’accordo per iscritto e concludere la sessione.41 È importante che il ruolo di mediatore sia svolto da alunni con buone abilità di pensiero critico, di comunicazione e di risoluzione dei problemi.42 La mediazione ha successo quando gli studenti in disaccordo abbandonano le loro posizioni per accettare la soluzione concordata.

Il gruppo (o «comitato») di sostegno tra pari viene generalmente utilizzato nella scuola secondaria, e serve ad affrontare i conflitti che coinvolgono uno o più compagni di classe sviluppando strategie per risolverli.43 Ad esempio, se uno studente ha difficoltà di interazione con i pari e ha bisogno di sviluppare le sue abilità sociali, il gruppo può decidere di affiancargli uno o più compagni che lo aiutino in questo senso durante il pranzo, la ricreazione o le attività extracurricolari. Il gruppo di amici serve come modello o esempio da imitare: osservando le conseguenze positive ottenute dai comportamenti appropriati dei coetanei, lo studente con difficoltà tenderà a adottarli a sua volta.

L’intervento sulle abilità sociali

Gli alunni con problemi di disattenzione e iperattività spesso non leggono i messaggi non verbali — come il tono della voce, le espressioni facciali, il linguaggio del corpo — e si rendono sgraditi ai compagni interrompendo le conversazioni o dando spintoni durante i giochi. Poiché questi deficit nelle abilità sociali possono avere effetti deleteri (per qualsiasi studente, non solo per quelli con DDAI), è essenziale che l’insegnante insegni esplicitamente queste competenze indispensabili nelle relazioni con i pari e con gli adulti.44 A tale scopo, è utile aiutare lo studente ad acquisire consapevolezza delle aspettative altrui, delle possibilità a disposizione per rispondere a queste aspettative e dei probabili esiti delle diverse scelte.

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Inoltre, è fondamentale che l’insegnante crei in classe un clima di rispetto e ap-prezzamento per le differenze individuali, di imparzialità e giustizia; a questo scopo è necessario che sia il docente, in primo luogo, a mostrare questo comportamento nell’in-terazione di ogni giorno con gli studenti, esigendo altrettanto da loro. Un clima in classe improntato alla tolleranza e al rispetto diminuisce la probabilità che il ragazzo con DDAI sia vittima di bullismo e di esclusione perché manca di competenze sociali.

Una strategia utile per insegnare le abilità sociali è il role-playing, che riguar-derà situazioni che si verificano in classe, a ricreazione, durante la pausa pranzo, ecc. Perché sia efficace, è necessario che venga spiegato esplicitamente il comportamento più funzionale da tenere, perché è importante e quando va utilizzato; per favorirne il consolidamento è utile ripetere il role-playing in un contesto naturale. Il role-playing può anche essere usato proattivamente per prepararsi a incontri sociali futuri.

Coinvolgimento della famiglia

Comunicare e collaborare con la famiglia nell’intento comune di aiutare lo studente con DDAI è una prassi generalmente raccomandata,45 che richiede però molta attenzione, soprattutto quando si ha a che fare con famiglie di background culturale e linguistico differente. Per esempio, nella tradizione asiatica si dà grande importanza all’orgoglio e alla vergogna e si privilegiano le modalità indirette di comunicazione; quindi, se la famiglia segue la tradizione di valori asiatica, parlare apertamente delle difficoltà del figlio e richiedere esplicitamente il contributo dei familiari può essere estremamente umiliante per i genitori.46

Per ottenere e mantenere il coinvolgimento della famiglia nella gestione del com-portamento del bambino, sia a scuola che a casa, l’insegnante può usare diverse strategie. Per iniziare, può guadagnarsi la fiducia della famiglia acquisendo informazioni sulle sue esperienze e sulla sua cultura e interagendo sempre con rispetto.47 Inoltre, per favorire una comunicazione e una collaborazione sistematiche ed efficaci, può pianificare degli incontri ad hoc, fissati in date e orari convenienti sia per il docente che per la famiglia. Durante tali incontri, è importante facilitare una comunicazione serena ed efficace a partire dalla disposizione delle sedie, da mettere in cerchio attorno a un tavolo o co-munque in un modo che suggerisca parità e disponibilità. Durante e alla fine di ogni incontro, è utile che l’insegnante dia rilievo ai commenti dei famigliari, risponda in maniera appropriata alle loro domande e alle emozioni che esprimono, ponga domande pertinenti e riassuma i principali punti discussi.

Il time-out

Quando i metodi meno invasivi non sono efficaci, l’insegnante può prendere in considerazione l’uso del time-out.48 Il time-out, che consiste nell’allontanare dalle attività

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di classe lo studente che manifesta comportamenti distruttivi, è uno strumento efficace che può essere messo in atto ad almeno 4 livelli: esclusione contingente, osservazione contingente, esclusione e isolamento. Nell’esclusione contingente, l’insegnante ignora lo studente e non gli fornisce rinforzi per un breve periodo di tempo. Nell’osservazione contingente, lo studente sta seduto fuori dal gruppo osservando gli altri che parteci-pano alle attività e ricevono rinforzi positivi. L’esclusione, invece, prevede il completo allontanamento dello studente dal contesto rinforzante. Sebbene questo possa signi-ficare portarlo fuori dalla classe, non implica un completo isolamento sociale. Infine, l’isolamento significa che lo studente viene spostato in un ambiente dove non può avere alcuna interazione sociale.

Occorre tenere presente che l’esclusione e l’isolamento non sono efficaci con gli studenti che preferiscono stare da soli. Inoltre l’uso del time-out è controverso, sia perché, se applicato in maniera eccessiva, può diventare una forma di abuso,49 sia perché viene considerato psicologicamente dannoso o potenzialmente inefficace per quegli studenti che lo percepiscono come un rinforzo.50 Gli insegnanti che intendono usare il time-out in generale, e in particolar modo l’esclusione e l’isolamento, dovrebbero:51

– considerare attentamente le conseguenze culturali, psicologiche ed emotive che il suo uso può comportare;

– fare dei time-out brevi, da 1 a 10 minuti, specie con i bambini più piccoli;– registrare il numero di time-out effettuati e la loro efficacia.

Gli studenti di lingua e cultura diverse

La presenza in classe di studenti appartenenti a culture diverse è sempre più fre-quente e questo fenomeno appare destinato a crescere. Nel caso di studenti «stranieri», conoscerli significa — tra l’altro — essere consapevoli del fatto che le differenze tra l’esperienza che vivono a casa e nella loro comunità e quanto viene invece richiesto loro a scuola possono dare origine a difficoltà di apprendimento e di comportamento.52 Quando i comportamenti di uno studente creano disagio agli insegnanti, prima di considerarli e trattarli come comportamenti problematici è importante accertarsi che non dipendano da ragioni culturali. Lo si può verificare consultando lo studente stesso, i suoi familiari o dei colleghi che abbiano esperienza di lavoro con allievi di altre culture. In ogni caso, bisogna tenere presente che non tutti gli studenti stranieri incontrano difficoltà di questo genere nell’integrazione scolastica e che non sempre le loro famiglie usano pratiche educative molto diverse da quelle vigenti a scuola.53

Poiché la diversità di valori culturali influisce sia sui comportamenti degli studenti sia sul modo in cui l’insegnante li interpreta, è necessario assicurarsi attivamente di gestirli in maniera appropriata. Oltre alle differenze che ci possono essere, tra culture

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diverse, riguardo alle modalità di lavoro privilegiate (ad esempio, cooperativa o compe-titiva), di gestione del tempo, ecc., ci sono alcuni aspetti più immediati ed evidenti dei quali occorre tenere conto come possibile causa di difficoltà sul piano comportamentale, come il grado di conoscenza della lingua e la discrepanza tra lo stile d’insegnamento e quello di apprendimento dello studente.54

Infine, è importante informarsi sulle pratiche educative in uso nelle famiglie appartenenti a culture diverse, che non sempre coincidono con le nostre. Ad esempio, alcune pratiche educative considerate dannose nella nostra cultura potrebbero non esserlo per la cultura d’origine dello studente. È solo con la conoscenza che si possono evitare situazioni potenzialmente difficili e imbarazzanti.

Titolo originale

A practical approach to managing the behaviors of students with ADD. Tratto da «Intervention in School and Clinic», vol. 38, n. 5. © 2004, Pro-ed. Pubblicato con il permesso dell’Editore. Traduzione italiana di Anna M. Re, Università degli studi di Padova.

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33 Abramowitz A.J. e O’Leary S.G. (1991), op. cit.

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Wallace G. e Kauffman J.M. (1986), op. cit.52 Friend M. e Bursuck W. (2002), op. cit.53 Garrick Duhaney L.M. (2000), op. cit.54 Banks J.A. (2002), An introduction to mul-ticultural education, Boston, Allyn & Bacon.