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Master di Primo livello in
“Posturologia e Terapie Manuali” Anno Accademico 2013-‐2014 Direttore Prof. Zaffagnini
TITOLO TESI:
“L’APPROCCIO POSTUROLOGICO: MANUALE TEORICO – PRATICO”
Fabio Marino Sara Baccaro
Relatore: Dott. Alfredo Marino
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INTRODUZIONE In questo elaborato abbiamo cercato di riportare il meglio, in termini di essenzialità teorica e praticità operativa, al fine di creare una sorta di tassonomia delle informazioni raccolte durante il percorso accademico. Una delle difficoltà comuni riscontrate durante il corso è stata la notevole laboriosità nel tradurre e comprendere in breve tempo i concetti di base che, secondo noi, un posturologo che muove i primi passi nello studio della posturologia così come la intendiamo oggi, deve sapere. L’obiettivo di questo operato è dunque quello di rendere la vita studentesca dei futuri colleghi il più semplice possibile nella comprensione dei concetti chiave, pilastri di questa posturologia, fondata su una storicità di studi fuori discussione. Purtroppo ad oggi queste teorie sono ancora poco conosciute e molto difficili da capire in quanto la mente di chi legge è “sporcata” da false idee su ciò che è la postura e la posturologia. La nostra speranza è quella di essere riusciti a creare un manuale d’istruzione quanto più completo e di rapida comprensione.
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INDICE
1-‐ IL SISTEMA POSTURALE FINE pg. 5
1.1 LE ENTRATE DEL SPF pg. 6 -‐ Le esoentrate
Orecchio interno Occhio Superficie cutanea plantare
-‐ Le endoentrate L’oculomotricità La propriocezione
1.2 LA SCATOLA NERA pg.8 1.3 L’USCITA DEL SPF pg.9
2-‐ SINDROME DA DEFICIT POSTURALE pg.10
2.1 COME DIAGNOSTICARE UNA SDP pg.10 2.2 TEST PERCETTIVI pg.11 2.3 LA MANOVRA DI CONVERGENZA PODALICA pg.12
3-‐ I RIFLESSI MOTORI pg.13 3.1 TEST DEI RIFLESSI pg.13 -‐ Il riflesso nucale -‐ Il riflesso oculo-‐motore -‐ Il riflesso mandibolare -‐ Il riflesso linguale -‐ Il riflesso podalico 3.2 CORREZIONE DEI RIFLESSI pg.15 -‐ Correzione del riflesso nucale -‐ Correzione del riflesso oculo-‐motore -‐ Correzione del riflesso mandibolare -‐ Correzione del riflesso linguale -‐ Correzione del riflesso podalico 3.3 LA BOCCA COME MODULATORE DEL TONO pg.18 3.4 CICATRICI ATTIVE pg.18
4-‐ LA VISITA POSTUROLOGICA pg.20
4.1 ANEMNESI O COLLOQUIO INIZIALEpg.23 4.2 IL QUESTIONARIO DI SDP pg. 25 4.3 SINTOMATOLOGIA DI SDP pg.25 4.4 I TEST pg.26 -‐ L’estensione – rotazione del capo -‐ La posturodinamica -‐ L’ armonia podo-‐pelvica -‐ Il test di Maddox
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5-‐ LA CLASSIFICAZIONE DEI SOGGETTI pg.32
6-‐ LE CORREZIONI pg.34
6.1 I PRISMI POSTURALI pg.34
-‐ Le correzioni prismatiche -‐ Il sinottoforo -‐ Linee guida per l’occhiale prismatico
6.2 LE ALPH pg.41
-‐ Regole di applicazione delle Alph -‐ Applicazione e regolazione utilizzando il test di Maddox -‐ Regolazione delle Alph con i prismi -‐ Regolazione delle Alph con il tono
6.3 I PLANTARI PROPRIOCETTIVI pg. 44
-‐ Spina irritativa -‐ Disfunzione propriocettiva -‐ Le ortesi plantari posturali
7-‐ GLI ESERCIZI DI RIPROGRAMMAZIONE POSTURALE ATTRAVERSO I RIFLESSI pg. 51
-‐ Riflesso di Moro -‐ Riflesso di Galani -‐ Riflesso di Perez -‐ Riflesso tonico asimmetrico del collo -‐ Riflesso di Babinski -‐ Riflesso della camminata dinamica -‐ Riflesso di strisciamento -‐ Riflesso palmo-‐mentoniero -‐ Riflesso del Palmo -‐ Gli occhiali stenoscopici -‐ La corda di Brock
8-‐ COME STRUTTURARE LO STUDIO DI POSTUROLOGIA pg.59
8.1 CARATTERISTICHE TECNICHE pg.60 8.2 STRUMENTAZIONE NECESSARIA pg.61 8.3 FIGURE PROFESSIONALI LEGATE AL POSTUROLOGO pg.64 -‐ L’ osteopata e il posturologo -‐ Il dentista e il posturologo -‐ L’optometrista e il posturologo -‐ Il podologo e il posturologo
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Capitolo 1 IL SISTEMA POSTURALE FINE Fin dagli inizi del XIX secolo Charles Bell aveva espresso la domanda che avrebbe portato alla nascita del concetto di sistema posturale. Gli studiosi di quel secolo, cercando il “senso” che mantenesse l'uomo in piedi, avevano in mano tutti gli elementi per dare risposta. Romberg la propriocezione podale e la vista, Flourens il vestibolo, Lomget la propriocezione dei muscoli paravertebrali, De Cyon la propriocezione oculo-‐motrice e Magnus la pianta del piede. Il loro sbaglio è stato quello di non unire tutte le loro scoperte che si sono cosi contrapposte nel cercare questo particolare “senso”. Successivamente Vierdot cambia strategia d'analisi, osservando l'uomo in piedi. Ronquet costruisce la piattaforma posturologica per la registrazione delle oscillazioni e infine Gagey, Bizzo e co. diedero un'interpretazione posturologica efficace con creazione di norme. L'insieme di queste lunghe ricerche della scuola di posturologia ci permette oggi di sapere che l'uomo sta in piedi non grazie ad un senso specifico, ma grazie all'organizzazione di tutti i sensi in un sistema. Il semplice mantenimento della postura ortostatica entro certi limiti di stabilizzazione è quindi regolata da una funzione particolare specifica: il sistema posturale fine. La stabilizzazione del nostro corpo va intesa come uno dei meccanismi che, secondo criteri quali la minimizzazione del consumo energetico e la massimizzazione della velocità, della forza e della precisione di movimento, contribuiscono alla realizzazione di azioni efficaci. L’espressione “controllo posturale” si riferisce all’insieme dei processi «statici» e dinamici che condizionano la posizione del corpo nello spazio e quella delle sue parti mobili le une in rapporto alle altre, con conservazione della caratteristica orientazione rispetto alla gravità. Questo sistema viene definito “fine” perché le registrazioni su piattaforma stabilometrica hanno dimostrato quanto il fenomeno dell’equilibrio sia preciso e sottile; infatti qualsiasi individuo in fisiologia mantiene la sua verticale di gravità all’interno di un cilindro, la cui sezione non raggiunge nemmeno un centimetro quadrato (circa 92 mm2), che naturalmente si trova all’interno del poligono di sostentamento formato dall’appoggio plantare. Nel corso delle oscillazioni posturali di scarsa ampiezza, che caratterizzano la postura ortostatica, la coppia meccanica di forze muscolari più potente si rileva a livello delle caviglie; per questo motivo l’uomo viene associato ad un pendolo invertito che ruota intorno all’asse dell’articolazione tibio-‐tarsica, con oscillazioni che vanno da 0 a 4°. Il sistema posturale fine (S.P.F.) può essere comparato a un sistema di regolazione che possiede un’entrata, una scatola nera e un’uscita. Le entrate sono gli organi di senso che rilevano e trasmettono le informazioni relative al mondo interno ed esterno; la scatola nera, riconoscibile nel sistema nervoso centrale, integra ed elabora le informazioni sensoriali; e le uscite, insieme delle strategie messe in atto dopo l’elaborazione delle informazioni con il
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compito di mantenere la linea di gravità nelle vicinanze di una posizione di equilibrio. 1.1 LE ENTRATE DEL S.P.F. Esistono due tipi di entrate del S.P.F.: le eso-‐entrate e le endo-‐entrate. Gli eso-‐recettori sono i recettori sensoriali che captano le informazioni che provengono dall'ambiente e le inviano alla scatola nera del S.P.F. Tre recettori sono universalmente riconosciuti: l'orecchio interno, la retina e la pianta del piede. Queste vengono definite eso-‐entrate in quanto sono in relazione direttamente con il mondo esterno, riconoscendo le variazioni di posizione del corpo rispetto ad esso. Gli endo-‐recettori sono i recettori sensitivi che informano la scatola nera di quello che succede all'interno dell'individuo. Permettono al sistema di riconoscere la posizione di ogni osso, muscolo legamento e organo in rapporto con l'equilibrio. Riconosciamo dunque l'oculomotricità, la propriocezione del rachide e degli arti inferiori. Essi informano sulla posizione dei recettori cefalici (occhio e orecchio interno) in rapporto agli esorecettori plantari. Per esempio, bisogna conoscere la posizione dell'occhio all'interno dell'orbita e la posizione dei piedi rispetto alla testa affinché le informazioni siano integrate tra loro. LE ESOENTRATE L'orecchio interno L'orecchio interno informa sul movimento e sulla posizione della testa in rapporto alla verticale attraverso degli accelerometri. L'entrata vestibolare comprende un sistema semicircolare e un sistema otolitico. Il sistema semicircolare comprende tre canali situati in tre piani perpendicolari tra loro, sensibili alle accelerazioni angolari. Questi canali non partecipano alla regolazione fine dell'equilibrio in quanto la loro soglia di sensibilità è superiore alle accelerazioni oscillatorie del sistema posturale fine. Essi intervengono invece nell'equilibrio dinamico. Il sistema otolitico invece, contenuto in sacculo e utricolo è sensibile alle accelerazioni lineari e dunque partecipe della regolazione posturale fine. Affinché le informazioni provenienti dall'orecchio interno possano essere integrate dalla “scatola nera” devono essere comparate con le informazioni propriocettive che permettono di conoscere la posizione della testa in rapporto al tronco e agli arti inferiori. L'occhio L'occhio, ha la duplice funzione di eso ed endo-‐recettore. L'organo deputato alla funzione di eso-‐recettore è la retina, divisa in due parti: la macula, con al centro la fovea, sede dell'acuità visiva, e la periferia. La retina e la propriocezione dei muscoli oculari sono due sistemi che lavorano insieme. Quando un oggetto mobile entra nel campo recettoriale della retina provoca dei movimenti oculari di circa 2° o 3° e la testa si ruota in quella direzione. Il collicolo, considerato il cervello posturale della via visiva, riceve le informazioni dalla retina e attiva immediatamente uno schema motorio che consente di girare occhi e corpo per fissare l'oggetto in questione. È interessante sottolineare come la via dorsale del sistema afferente,
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che rileva il “dove sono” le cose, sia ricca di cellule magnocellulari mieliniche che trasmettono più velocemente le informazioni sensitive, rispetto alla via ventrale, che ci indica “cosa sono”. Per il controllo della postura è infatti molto più importante sapere dove sono le cose piuttosto che riconoscere cosa sono. La superficie cutanea plantare Il piede, essendo il punto fisso delle oscillazioni posturali, rappresenta un recettore di fondamentale importanza perchè è l'unica parte del corpo stabile rispetto all'ambiente. La pianta del piede rappresenta una vera e propria piattaforma stabilometrica incaricata di analizzare le variazioni di appoggio al suolo, fondamentali per la regolazione dell'equilibrio. Le funzioni del piede nel sistema posturale sono tre: recettore (entrata), effettore (uscita) e organo di riflesso. Per quanto riguarda l'entrata, il piede si comporta sia come un esorecettore che endorecettore. Il piede come esorecettore plantare è l'insieme degli organi sensitivi che ci permettono di relazionarci con il mondo esterno, rilevando le variazioni di posizione del corpo rispetto all'ambiente. Questi organi sono: a livello dell'epidermide i nocicettori e i meccanocettori (dischi di Merkel e corpuscoli di Meissner); a livello del derma i termorecettori (corpuscoli di Krause e Ruffini); a livello dell'ipoderma i barocettori (corpuscoli di Golgi e Pacini). I meccanocettori della superficie cutanea plantare sono sensibili ad una deformazione di 5 micron, una pressione di 300 mg e una capacità di discriminazione di 2 mm. LE ENDOENTRATE L'oculomotricità Permette di integrare le informazioni di posizione fornite dalla vista con quelle fornite dall'orecchio interno grazie ai muscoli oculomotori. Dell'apparato motore dell'occhio fanno parte sei muscoli estrinseci: quattro muscoli retti e due obliqui. I quattro muscoli retti nascono dal fondo della cavità orbitaria da un tendine comune e si inseriscono sulla sclera. Anche il muscolo obliquo inferiore nasce dal fondo della cavità orbitaria ma prende origine dal bordo del foro ottico. L'obliquo superiore invece, non nasce dal fondo dell'orbita, bensì dalla parte inferiore mediale dell'apertura anteriore dell'orbita. I movimenti dei due occhi sono solitamente solidali e sincroni in quanto all'azione di un determinato muscolo si affianca quello di altri tre muscoli: dell'antagonista omolaterale, del sinergista controlaterale e dell'antagonista controlaterale. Per cercare un oggetto nel campo visivo uso principalmente i quattro retti. Una volta trovato l'oggetto devo poi capire a che distanza è posto e con che angolo. Integrando le immagini dei due occhi, si deduce la distanza a cui questo oggetto è posto. Perché l'oggetto venga
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identificato l'immagine deve cadere sulla macula e rimanerci anche quando il corpo è in movimento. Per questo devo mettere in atto i riflessi posturali e allora entrano in gioco i muscoli obliqui. Sono soprattutto i muscoli obliqui dell'occhio, infatti, a determinare problemi posturali. Un’altra considerazione importante è il fatto che l'evoluzione dell'uomo ha frontalizzato gli occhi ma è presente ancora un angolo di rotazione verso l'esterno. Per guardare dritto avanti a me, i globi oculari non sono dritti rispetto alle orbite, ma devo mantenere un certo tono muscolare affinché questo sia possibile. Quando si dorme, infatti i globi oculari ruotano esternamente ricentrandosi nelle orbite. Un muscolo di fondamentale importanza è l'obliquo superiore dell'occhio. Esso passa dentro la puleggia ossea, non ha tendine ed è il muscolo oculare con le fibre più forti. Un’asimmetria dell’orbita e quindi della posizione delle pulegge determinerà un’asimmetria anche di questi muscoli. Se una persona ha un’asimmetria facciale è evidente come gli occhi avranno un ruolo importante dal punto di vista posturale. Il muscolo obliquo inferiore abbassa gli occhi ed è un intrarotatore. L'obliquo superiore invece alza gli occhi ed è un extrarotatore. Un capo protratto può essere causato da un ipertonia dell'obliquo inferiore, al contrario un capo retratto può essere il risultato di un’ipertonia dell'obliquo superiore. Entrambi gli obliqui sono degli abduttori. La propriocezione L'entrata propiocettiva rachidea e degli arti inferiori mette in continuità i recettori cefalici e podalici e permette dunque di mettere in rapporto occhio e orecchio interno con il recettore fisso dei piedi. Questo consente una codificazione delle informazioni spazio-‐temporali. L'endorecettore plantare è costituito da tutti i recettori presenti nelle articolazioni e nei muscoli della gamba e del piede. Essi sono i recettori articolari (corpuscoli di Pacini e Ruffini) che informano sull'angolazione; i recettori muscolari (organi tendinei del Golgi e fusi neuromuscolari) che danno informazioni su lunghezza e tensione; e i recettori di pressione, attivati dalla compressione del muscolo. 1.2 LA SCATOLA NERA Tutte le informazioni in entrata vengono trasmesse, attraverso vie ascendenti del sistema extrapiramidale, alle strutture sottocorticali del sistema nervoso centrale, “scatola nera” in cui le informazioni vengono integrate per elaborare una risposta motoria complessa, basata su strategie principalmente non coscienti, solo in modesta entità volontarie. In questa integrazione sensoriale sono implicate strutture come il sistema reticolo-‐endoteliale, il sistema vegetativo (orto e parasimpatico) e il sistema limbico (emozionale) che può rappresentare esso stesso una spina irritativa o un compenso della dispercezione. Solo grazie ad un confronto tra le diverse interazioni sensoriali il sistema posturale può decidere la reazione più adatta alle perturbazioni/stimoli provenienti dal mondo esterno. In ogni istante il SPF si serve di tutte le informazioni in entrata, ognuna delle quali ha
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un’importanza differente che varia da soggetto a soggetto. Ora viene più facile comprendere come, se a livello di tutti gli organi periferici deputati al ricevere e trasmettere le informazioni, non ci sono alterazioni funzionali, il problema sarà a livello centrale ovvero nell’integrazione sensoriale. In questa ottica anche il dolore non fisico, ma mentale e la depressione possono essere un compenso e non la causa. 1.3 L'USCITA DEL S.P.F L'uscita del sistema posturale fine si concretizza nel controllo posturale della stazione eretta, realizzata essenzialmente grazie a variazioni di tono muscolare organizzate e controllate dalla scatola nera. La maggior ampiezza delle oscillazioni toniche antero-‐posteriori si rileva attorno all’articolazione tibiotarsica, mentre a livello dell'articolazione sottoastragalica avvengono le oscillazioni laterali.
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Capitolo 2 SINDROME DA DEFICIT POSTURALE La SDP può essere definita come un insieme di disfunzioni la cui eziologia medica tradizionale non è in grado di spiegare. I sintomi sono noti, ma l’analisi classica delle strutture e delle relative funzioni non rileva alcun tipo di deficit. Nonostante ciò il paziente può manifestare segni e sintomi sul piano fisico e / o cognitivo. Per esempio può manifestare difficoltà nel mantenersi in stazione eretta, avere cefalee, limitazioni articolari, bruxismo, o sensazioni vertiginose dalle cause ignote e apparentemente inspiegabili, dolori nel suo asse corporeo o disturbi dell’apprendimento e del linguaggio. Se è vero che il sistema posturale, nel farci mantenere la stazione eretta, si muove entro gradi di libertà che stanno al di sotto della coscienza, l’eziologia di questo malessere e del senso di instabilità può essere ricondotta ad una disfunzione del sistema di controllo posturale, in cui gli esami medici specialistici non possono esserci d’aiuto se non nella misura in cui accertano che non vi sono deficit strutturali. In quest’ottica la sindrome da deficit posturale è caratterizzata da fattori sempre presenti come l’assenza di una patologia dall’eziologia riconoscibile, l’esistenza di asimmetrie toniche fuori norma e valori anormali dello statokinesigramma1 in un test su piattaforma. In questo approccio globale alla persona, diventa importante considerare anche i fattori psichici, emotivi ed intellettuali, per il momento non misurabili con alcuno strumento diagnostico. Il malato posturale è perfettamente in grado di spiegare i suoi disturbi, ma non esprime le sue difficoltà nel relazionarsi con l’ambiente esterno in quanto il sistema posturale è automatico, non ne ha coscienza e quindi non ne parla. Grateau ha sviluppato un fumetto, raffigurante attività della vita quotidiana, che può aiutare il paziente a spiegare cosa e come è cambiata la sua capacità di svolgere gesti apparentemente semplici, che ha sempre eseguito con facilità fino a prima di manifestare il disagio che lo ha condotto da noi.
1 STATOKINESIGRAMMA: Detto “gomitolo”, in stabilometria rappresenta lo spostamento reale del centro di pressione.
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Questo strumento ci consente di capire se il malato ha o meno difficoltà a relazionarsi con il proprio ambiente fisico. 2.1 COME DIAGNOSTICARE UNA SDP: La SDP può essere:
• Innata: tale per cui sarà destinato ad averla per tutta la vita.
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• Acquisita: in questi casi il posturologo potrà adoperarsi per togliere le cause.
La SDP è caratterizzata da 3 alterazioni funzionali sempre presenti che sono: • L’asimmetria del tono.
• Deficit di propriocezione.
• La localizzazione spaziale atipica.
2.2 TEST PERCETTIVI: 1. “Mano/penna”: Inl terapista con la penna in mano si appresta a fare un segno sulla mano del paziente tra indice e pollice, prima di posizionarsi con la penna in mano davanti al paziente ad una distanza comoda e consona all’esecuzione del test. Successivamente il soggetto, con il gomito leggermente flesso, dovrà inforcare la penna tenuta in mano dal terapista, sul punto esatto del segno (tra indice e pollice).
2. “Mano/piede”:
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Il terapista chiederà al soggetto in piedi davanti a lui, di indicare con le mani come sente posizionati i piedi, senza guardarli.
Il tono è il testimone a cui ci affideremo per capire come il sistema nervoso centrale si sta esprimendo. Il nostro obiettivo sarà quello di far ritrovare all’assistito una simmetria di tono con la più bassa tensione possibile. La simmetria tonica, la percezione e la localizzazione adeguata sono le tre funzioni di base che bisogna raggiungere. Le alterazioni morfologiche come una scoliosi, un piede piatto ecc. sono solo le uscite del sistema e non le entrate da prendere in considerazione. Se poi, a seguito del nostro intervento ci dovesse essere un riallineamento morfologico sarebbe solo una soddisfazione in più, ma di secondaria importanza funzionale. 2.3 LA MANOVRA DI CONVERGENZA PODALICA Questo test prevede che il terapista si posizioni ai piedi del paziente con gli arti inferiori larghezza bacino e leggermente flessi, adeguando il lettino ad un’altezza per lui comoda. Questa postura operativa non è la regola, ma facilita l’esecuzione del test migliorando la sensibilità del professionista nell’ ascolto del tono. Attraverso la manovra di convergenza podalica è possibile testare il tono di base e le modificazioni del tono in seguito all'innesco di riflessi posturali o modificazioni delle entrate sensoriali. Il test di manovra di convergenza podalica si effettua con il paziente disteso sul lettino, le braccia lungo i fianchi e gli occhi in posizione neutra. La manovra si effettua afferrando le caviglie del paziente all'altezza dei malleoli e ruotandole progressivamente verso l'interno. Si vanno a testare i muscoli rotatori esterni dell'anca apprezzando la resistenza che offrono all'allungamento. Inizialmente si valuta il tono di base. La maggior parte delle persone ha un tono di base maggiore a destra per cui si noterà il piede sinistro ruotare maggiormente.
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Una volta annotato il tono di base si procede testando i riflessi.
Capitolo redatto da Marino Fabio
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Capitolo 3 I RIFLESSI MOTORI 3.1 TEST DEI RIFLESSI I riflessi posturali sono costituiti da circuiti nervosi di tipo sensitivo e motorio che modificano in modo non casuale il tono muscolare. Questi circuiti sensitivo-‐motori partono dai recettori sensoriali che, tramite le vie ascendenti, forniscono informazioni al midollo spinale, al cervelletto e al tronco dell’encefalo. Dal tronco encefalico, parte di queste informazioni sensoriali raggiungono la corteccia somato-‐sensoriale e verranno utilizzate per programmare i movimenti volontari. Altre informazioni rimarranno a livello sottocorticale e, facendo sinapsi direttamente con motoneuroni, daranno luogo ad una risposta tonica non volontaria. Queste risposte riflesse posso essere di tipo fisiologico, ovvero quando ci si aspetta una risposta tonica coerente con il movimento che è stato richiesto al paziente, o disfunzionale se la risposta tonica non avviene o se addirittura è contraria a quella fisiologica. I riflessi che fanno parte della batteria di test posturali sono:
• Riflesso nucale.
• Riflesso oculo-‐motore.
• Riflesso linguale.
• Riflesso mandibolare.
• Riflesso podalico.
Tutti questi riflessi verranno valutati con il paziente supino sul lettino, utilizzando il test dei rotatori esterni di anca (manovra di convergenza podalica). Il riflesso nucale Ruotando la testa a destra o sinistra si dovrà osservare un aumento di tono omolaterale alla rotazione del capo. Per cui, utilizzando la manovra di convergenza podalica, se il paziente ruota il capo verso destra, si dovrebbe osservare un aumento di tono degli extra-‐rotatori d’anca di destra, mentre se ruota il capo verso sinistra, l’aumento del tono si dovrebbe osservare negli extra-‐rotatori d’anca di sinistra. Il riflesso oculo-‐motore Mantenendo la testa in posizione neutra, alla rotazione degli occhi verso destra o sinistra si avrà un aumento di tono controlaterale. Il riflesso mandibolare: traslando la mandibola a destra o sinistra si avrà un aumento di tono omolaterale. Il riflesso linguale: spostando la lingua fuori dalle labbra verso destra o sinistra, mantenendo
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la mandibola in posizione neutra, si avrà un aumento di tono controlaterale. Il riflesso podalico: una stimolazione lieve a livello dei primi cuneiformi aumenta il tono dei muscoli rotatori esterni della gamba omolaterale. Una stimolazione a livello dello stiloide del V° metatarso, aumenta il tono dei muscoli rotatori esterni della gamba controlaterale. Il test del riflesso podalico ci permette di valutare la funzionalità di tutto l'arto inferiore. Sarà indispensabile ripristinare la via sensoriale dell'arto disfunzionale per poter valutare, in seguito, l'efficacia di stimolazioni correttive plantari. Se le risposte motorie non sono fisiologiche, il riflesso testato ci informa già su quali distretti bisogna lavorare per sbloccare il riflesso stesso che non parte, a causa di una interferenza di tipo propriocettivo o osteo-‐articolare.
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3.2 CORREZIONE DEI RIFLESSI Qualora uno o più riflessi non fossero fisiologici è necessario ripristinarli prima di iniziare ad agire sulle entrate del SPF in modo che il sistema sia pronto ad integrare gli stimoli correttamente. La correzione del riflesso nucale: Il paziente si sdraia su un fianco con le gambe semi flesse. L'operatore con la mano craniale sostenendo il capo dell’assistito farà passivamente delle flesso-‐estensioni. SI chiederà al paziente di espirare durante la flessione passiva, e di inspirare durante l’estensione. Il terapista con la mano caudale ascolterà il tessuto su tutto il rachide soffermandosi con una lieve pressione dove sente più resistenza. La correzione del riflesso oculomotore: Il paziente è sdraiato supino, l'operatore dietro di lui poggia gli indici nell'angolo superiore interno dell'occhio (o di entrambi) in corrispondenza della puleggia del muscolo obliquo superiore ed esercita una lieve pressione per qualche minuto. In alternativa è possibile usare la siderazione, un reset propriocettivo che riprogramma a livello midollare il circuito alfa-‐gamma permettendo di ristabilire la giusta tensione. Si esegue esercitando una lieve pressione sul muscolo obliquo superiore con rotazione, seguita da una trazione veloce. L’obiettivo del terapista è percepire un rilasciamento dei tessuti sotto le dita. La correzione del riflesso mandibolare: Per la correzione del riflesso mandibolare si può utilizzare la riprogrammazione attraverso il riflesso palmo-‐mentoniero. Il paziente è sdraiato supino e porta un braccio verso l'alto con il palmo della mano rivolto in direzione caudale. L'operatore poggia una mano sulla mandibola del paziente e l'altra a livello del polso omolaterale esercitando delle lievi spinte della durata di circa 7 secondi, ripetendo l'operazione fin tanto che il paziente non risponda con una resistenza in modo rapido e coordinato con mento e braccio.
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Un’altra tecnica che nel percorso accademico ha dato risultati soddisfacenti è la correzione fasciale manuale. Il terapista poggia la mano a livello dell’articolazione temporo-‐mandibolare e, con una lieve pressione, ascolta le rigidità del tessuto sottostante. In seguito all’ascolto inizia ad assecondare tali tensioni per poi mobilizzare il tessuto dolcemente in tutte le direzioni. Correzione del riflesso linguale: Durante il percorso accademico non abbiamo imparato alcuna correzione manuale di questo riflesso in quanto i risultati migliori si possono ottenere grazie all’applicazione delle Alph. Tuttavia durante la stesura di questa ricerca, nel corso di prove pratiche, abbiamo constatato che la stimolazione manuale del corpo della lingua fa ripartire il riflesso linguale. Nello specifico, il terapista dovrà porre il pollice e l’indice alla base del corpo linguale e, con una leggera pressione (simile a quella utilizzata per le altre correzioni) dovrà compiere micro mobilizzazioni della lingua verso destra e verso sinistra rispettando le rigidità fasciali. La manovra, che potrà durare qualche minuto, si conclude quando l’operatore percepisce sotto le dita un buon grado di rilasciamento tissutale. Questa ipotesi potrebbe essere avvalorata dal fatto che i due terzi anteriori della lingua sono innervati dal nervo mandibolare (trigemino) che trasmette le informazioni propriocettive dei muscoli linguali.
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La correzione del riflesso podalico: Per correggere il riflesso podalico ci si avvale di tutte le mobilizzazioni propriocettive di piede, ed eventualmente ginocchio ed anca descritti nel capitolo inerente alle disfunzioni propriocettive degli arti inferiori. Una volta effettuate le manovre di correzione si esegue nuovamente la manovra di convergenza podalica per accertarsi che i riflessi siano stati ripristinati. Se questo non accade è opportuno inviare il soggetto da un osteopata o fisioterapista per valutare altre problematiche e rivederlo in un secondo momento. Con la manovra di convergenza podalica verranno testate anche le variazioni del tono in seguito ad altri tipi di stimolazioni, ad esempio quelle che derivano dalla bocca o da cicatrici attive.
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3.3 LA BOCCA COME MODULATORE DEL TONO La bocca, non si colloca tra le entrate deputate al controllo del sistema posturale fine, ma gioca un ruolo chiave nella modulazione del tono posturale. Le problematiche dell’apparato stomatognatico possono essere infatti le responsabili dell’inefficacia di un trattamento posturologico. Per verificare se la bocca ha influenza sul sistema andremo a ripetere il test di convergenza podalica chiedendo al paziente di pronunciare: “sessanta sassolini”, “tutto tatto” o “buffo”. Una volta che il paziente avrà pronunciato una di queste parole non dovranno passare più di una manciata di secondi prima dell’esecuzione del test. Una variazione di tono starà a significare che la bocca ha un’influenza sul sistema. Se il tono rimane invariato, la bocca rimane un elemento neutro. Per valutare invece se uno stimolo orale può essere positivo sul sistema si ripeterà il test chiedendo al paziente di:
• Appoggiare la punta della lingua alle papille retro-‐incisive superiori (denominazione: lingua alta).
• Appoggiare la punta della lingua sul versante linguale degli incisivi inferiori (denominazione lingua bassa).
• Labbro superiore e inferiore introflessi contro i denti (denominazione: labbra strette). La posizione della lingua o delle labbra dovrà essere mantenuta per tutta la durata del test. Se con una di queste stimolazioni il tono si abbassa e simmetrizza si può considerare l'eventualità di applicare delle Alph e usare la bocca come modulatore del sistema. 3.4 CICATRICI ATTIVE Una cicatrice che ha formato aderenze con il tessuto sottostante si manifesta come una spina irritativa per il sistema nervoso centrale. Infatti, i meccanocettori presenti lungo l’epidermide trasmettono continui segnali nocicettivi al S.N.C. il quale attuerà meccanismi compensativi per “sfuggire al dolore”. Utilizzando la manovra di convergenza podalica è possibile valutare se il soggetto possiede cicatrici attive che vanno ad interferire con il sistema posturale. Si può dunque eseguire la manovra chiedendo al soggetto di posizionare un dito sopra la cicatrice in esame, oppure si può utilizzare del ghiaccio spray o una stimolazione vibratoria. Se durante il test si osserva una variazione di tono significa che la cicatrice è un nocicettore che, con le informazioni che trasmette al SNC, perturba l’integrazione sensoriale ovvero la fase di elaborazione di tutte le informazioni in entrata. Il risultato finale sarà una risposta in uscita (output) “sporcata” dall’informazione proveniente dalla cicatrice. Per inibire definitivamente una cicatrice la si può far vibrare per qualche minuto ed eventualmente ripetere l’operazione anche nelle settimane seguenti. È indispensabile accertarsi che la cicatrice stimolata non provochi variazioni di tono perché rappresenterebbe un disturbo costante a tutte le eventuali correzioni/stimolazioni sensoriali che si vorrebbero utilizzare. Addirittura, con le
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informazioni che trasmette potrebbe portare il terapista a scegliere delle stimolazioni errate che lavorano su una situazione compensata.
Vibratore posturale. Esistono in commercio vari tipi di vibratori. La cosa importante è che abbiano una frequenza maggiore di 70 cicli al secondo. In particolare quello mostrato in foto è acquistabile sul sito www.vosmedisch.nl o www.sportstek.net al costo di circa €35,00.
Capitolo redatto da Baccaro Sara
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Capitolo 4 LA VISITA POSTUROLOGICA 4.1 ANAMNESI O COLLOQUIO INIZIALE L’anamnesi è un atto medico che consiste in un colloquio iniziale basato su domande e risposte che servono a raccogliere dati al fine di rendere il più mirata possibile la diagnosi. Essendo un atto medico, chi non è medico non può utilizzare questo termine. Vero anche che la prima volta che ci si confronta con il nuovo assistito, qualche domanda bisognerà pur farla per capire i reali obiettivi della persona ed impostare un percorso terapeutico adeguato. Non essendo noi dei medici sostituiremo il termine anamnesi con il termine “colloquio iniziale”. Il colloquio iniziale rappresenta la prima fase della valutazione clinica che permetterà di inquadrare la persona. Dando come prerequisito la preparazione e formazione del professionista, nel primo incontro con il nuovo assistito si deve creare subito un rapporto di fiducia reciproca e stima. In questo primo incontro bisognerà accogliere la persona guardandola dritta negli occhi come per dirle “sono qui per te con tutto me stesso”. Stringerle la mano con fermezza senza stritolarla, non è una prova di forza, e neanche con la mano moscia sinonimo di indecisione. Il sorriso è fondamentale, lasciare fuori i problemi personali e godersi la bellezza di incontrare una persona nuova che ha qualcosa da dire su argomenti di cui non ne siamo mai sazi. Questi mezzi comunicativi, basati su un dialogo tonico, sono la base per costruire un rapporto di fiducia duraturo nel tempo. In questi primi momenti d’incontro non bisogna dimenticare che la persona che si ha davanti si sta facendo molte più domande rispetto a quelle che il terapista farà a lei.
• Ascoltare quello che la persona ha da dire. Quasi sempre la persona che si ha davanti ha molto chiaro il discorso che vuole fare, i suoi eventuali problemi e gli obiettivi che vuole raggiungere. Nel caso in cui la persona sembra non avere ben chiare le motivazioni che la portano da noi non bisogna avere il timore di chiedere chiaramente: “…cosa si aspetta da me? Come potrei aiutarla?”. • Porre domande semplici e lasciare il tempo di rispondere senza mettere fretta. • Parlare anche di noi: quanto basta per creare un ponte emotivo su un eventuale inte-‐
resse comune, senza tediarlo con i nostri racconti. Non dimenticarsi che noi siamo lì per lui e non il contrario. Non è piacevole recarsi a fare una visita e all’uscita avere la percezione di aver ascoltato il professionista e non il con-‐trario. La sensazione è quella di aver perso tempo e denaro. Evitare questo tipo di com-‐portamento, ascoltare e comprendere il più possibile quello che l’assistito ha da dire. Entrare nella psicologia della persona e dimostrare di averlo ascoltato è la premessa per
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poi essere ascoltati e seguito. Il linguaggio che utilizzerà il Terapista deve essere comprensibile e alla portata di chi ha da-‐vanti. Il “medicalese”, linguaggio utilizzato dai professionisti, non va utilizzato con chi non è esperto del settore. Soprattutto nell’ambito della posturologia, in cui anche i pochi addetti ai lavori faticano a comprendere certi messaggi teorici, non si può pretendere di usare lo stesso linguaggio tecnico con chi non ha mai sentito parlare di integrazione sensoriale. Un assistito non ha bisogno di sentire parole tecniche per capire se siamo preparati, meglio usare un lin-‐guaggio semplice, con esempi che fanno passare il messaggio. Per comprendere questi con-‐cetti si possono usare i simulatori anatomici, tavole o disegni che ne facilitano la compren-‐sione. La visione di come funziona il corpo umano è sempre più comprensibile che la parola astratta per chi non ha proprio idea di cosa stiamo parlando. Domande da porre durante il primo colloquio: Attività lavorativa:
• Ci serve per capire le sue abitudini posturali. Se lavora seduto, in piedi, in flessione o estensione, se viaggia molto in macchina e per quante ore al giorno o ancora se lavora davanti ad un pc con possibile sovraccarico e affaticamento della vista e della muscolatura oculo-‐motrice. Obiettivi: Ascoltare che obiettivi vorrebbe raggiungere la persona per poi, alla fine della prima visita, decidere insieme gli obiettivi realizzabili a breve, medio e lungo termine. Gli obiettivi realizzabili sono il compromesso tra gli obiettivi che vorrebbe raggiungere la persona e gli obiettivi che secondo il Terapista può raggiungere sulla base di ciò che è stato visto, valutato e sentito dalle sue parole. Patologie: Bisogna conoscere l’eventuale quadro clinico della persona:
o Eventuali operazioni chirurgiche. o Traumi distorsivi articolari. o Colpi di frusta. o Problemi cardiocircolatori. o Patologie psichiche diagnosticate. o Ansia, depressione, attacchi di panico.
Livello di stress da 0 a 10: Conoscere questo dato consente di intuire il livello di tensione mentale, emotiva e somato-‐muscolare alla quale la persona è giornalmente sottoposta. Lo stress inoltre induce la produzione di ormoni e neurotrasmettitori che favoriscono il catabolismo muscolare, abbassano la soglia del dolore e di sopportazione dei sintomi.
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Sport praticato in passato: Ci permette di conoscere qual’ è il suo background sportivo, quali schemi motori, di base e specifici, ha maggiormente automatizzato e quali catene muscolare può avere iper o ipotrofiche. Questo dato è indispensabile anche perché maggiore è il bagaglio motorio, maggiori saranno le strategie di controllo volontarie e involontarie che il soggetto potrà mettere in atto durante la posturo-‐dinamica o l’analisi stabilometrica. Valutazione posturale sui tre piani: Osservare la persona in piedi possibilmente con meno indumenti possibili addosso, sul piano frontale, nella visione anteriore e posteriore, e sul piano sagittale guardandolo a destra e poi a sinistra:
o Valutare eventuali asimmetrie muscolari tra la parte destra e sinistra. o Asimmetrie tra la muscolatura anteriore e quella posteriore. o Asimmetrie di sviluppo delle masse muscolari tra la parte alta e quella bassa del cor-‐
po. o Se i segmenti ossei sono allineati secondo i criteri canonici.
Test di flessibilità: • Banding test (flessione anteriore del busto).
Per valutare l’elasticità della catena muscolare posteriore. • Bassani test o test dei pollici ascendenti (per valutare eventuali blocchi osteo-‐
articolari e rigidità muscolare del rachide). In questo test il terapista si posiziona alle spalle del paziente con i pollici paralleli appena poggiati sul rachide a diverse altezze andando dal piatto sacrale fino alla linea occipitale. Si invita la persona ad effettuare una flessione anteriore di capo e collo o dell’intero busto, valutando se in alcuni punti i pollici non seguono in modo simmetrico lo spostamento cutaneo. Ci si può annotare in quali zone si rilevano i maggiori blocchi eventualmente meritevoli di valutazione osteopatica.
Terminato l’incontro è importante rassicurare e motivare la persona. L’eventuale garanzia del risultato, non sarà campata in aria, ma frutto dell’esperienza maturata nel tempo. È
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importante lasciarsi al primo appuntamento con un messaggio positivo, di accoglienza e di aiuto che è ciò che contraddistingue il nostro operato. Questo messaggio scatena nella mente della persona un approccio favorevole alle terapie e una cascata neuro-‐trasmettitoriale con effetti immediati in tutto il corpo. È come se, ancora prima di aver iniziato il percorso, la persona si sentisse già più sollevata o comunque più ottimista. 4.2 IL QUESTIONARIO di SDP
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Il questionario che viene utilizzato per diagnosticare una SDP è costituito da una serie di domande alle quali l’assistito dovrà dare un valore da 1 a 3 a seconda che riconosca più frequentemente (3) o meno frequentemente (1) i sintomi esposti. Questi sintomi sono legati a quattro possibili aree deficitarie, responsabili del malessere che hanno portato il paziente a chiedere il nostro intervento. Queste cause possono essere prevalentemente o concomitanti a problematiche di tipo:
• Cognitivo.
• Orientamento spaziale.
• Muscolare.
• Orale.
A seconda del punteggio che si otterrà in ciascuna di queste aree il terapista potrà già farsi un’idea su quali entrate del sistema dovrà iniziare a porre la sua attenzione.
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4.3 SINTOMATOLOGIA di SDP È importante anche raccogliere una serie di informazioni a riguardo di segni e sintomi che potrebbero aiutarci nella comprensione del malessere e rendere il nostro approccio il più mirato possibile.
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4.4 I TEST
TEST DI ESTENSIONE E ROTAZIONE DEL CAPO
POSTURO -‐ DINAMICA
DX SX
ESTENSIONE SEDUTO
ROTAZIONE SEDUTO
DX SX
ESTENSIONE IN PIEDI
ROTAZIONE IN PIEDI
P.D. SX DX CERVICALE
DORSALE
LOMBARE
PODO -‐ PELVICA
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TEST DEI RIFLESSI
TEST DI MADDOX
SX DX
NUCALE
MANDIBOLARE
OCCHI
LINGUALE
LINGUA SU
LINGUA GIU LABBRA SERRATE
MADDOX SEDUTO
SX DX
NORMALE INSPIRAZIONE LINGUA SU LINGUA GIU LABBRA SERRATE PERTURBATO CON MOUSSE CON PRISMI
MADDOX IN PIEDI
SX DX
NORMALE INSPIRAZIONE LINGUA SU LINGUA GIU LABBRA SERRATE PERTURBATO CON MOUSSE CON PRISMI
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Estensione-‐rotazione del capo Durante l’estensione del capo il terapista posizionerà le ultime quattro dita di entrambe le mani alla base del collo del paziente scalzo. A questo punto gli chiederà di effettuare una lenta estensione del capo immaginando di seguire con lo sguardo una linea retta davanti a lui fino ad arrivare a guardare il soffitto. Al termine dell’estensione il terapista dovrà notare se il capo risulta più esteso da un lato oppure simmetrico. Nel caso in cui l’estensione si presentasse asimmetrica il terapista segnerà nella cartella clinica una croce dalla parte meno estesa, sinonimo di lato maggiormente tonico. Durante la rotazione del capo il terapista sempre davanti al paziente con le mani poggiate sulle spalle per evitare compensazioni, chiederà di effettuare una lenta rotazione verso destra, e dopo aver notato la posizione di arrivo, verso sinistra immaginando di seguire con gli occhi una linea orizzontale al piano visivo. Anche in questo caso dovrà annotarsi il lato in cui si presenta il maggior limite funzionale in rotazione. Queste situazioni prese in esame da in piedi verranno poi comparate con le stesse situazioni prese in esame da seduto così che il posturologo potrà farsi un’idea sulla bontà delle informazioni plantari per il controllo posturale fine, o se queste rappresentano una spina irritativa o disfunzione propriocettiva che ne altera il funzionamento. La posturo dinamica La posturo-‐dinamica è un esame del tono che viene eseguito da stazione eretta, in attivo e in situazione dinamica. Si basa sul principio che il corretto funzionamento del sistema tonico posturale dà delle risposte che sono visibili durante movimenti lenti, che la persona compie senza prestare alcun tipo di strategia di movimento. In soldoni, il paziente non deve sapere quale è il movimento corretto, perché altrimenti sarebbe in grado di accentuarlo anche se il suo sistema tonico l’avrebbe portato da tutt’altra parte. Nell’inclinazione laterale del capo il terapista si posizionerà dietro al paziente con indice e pollice di entrambe le mani leggermente poggiate ai lati del capo che seguiranno durante l’intero range di movimento; così facendo avrà una maggior sensibilità senza influenzare il movimento stesso. Durante questo test il capo dovrebbe eseguire una lateroflessione pura senza alcuna rotazione. Nel caso in cui fosse presente una rotazione, il terapista dovrà anno-‐tare in cartella clinica una croce dalla parte in cui si presenta la rotazione. Eventualmente anche da entrambe le parti. Nell’inclinazione laterale di spalla il terapista sempre dietro al paziente con le mani leggermente poggiate all’altezza delle scapole, chiederà di effettuare una lenta inclinazione laterale, facendo scivolare la mano sulla coscia, partendo con l’inclinare il capo come nel test precedente. In questo caso, se il movimento è fisiologico si dovrà apprezzare una rotazione della spalla verso l’avanti, sinonimo di rotazione controlaterale delle vertebre dorsali. Se non si dovesse apprezzare questa rotazione o, se si riscontra una rotazione omolaterale (spalla
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che viene indietro), si annoterà il lato o i lati deficitari. A questo punto il posturologo posizionerà le mani sul bacino del paziente in modo tale di avere i pollici sul terzo posteriore della cresta iliaca e chiederà di effettuare le stesse inclinazioni di capo e spalle precedenti, continuando il movimento fino ad apprezzare una rotazione del bacino. Come per la spalla, il bacino dovrà ruotare verso l’avanti, sinonimo di rotazione controlaterale delle vertebre lombari. Si annota la croce dalla parte in cui non si rileva il movimento fisiologico. L’armonia podo-‐pelvica (pp) In questo test passivo si chiede al paziente, sempre scalzo, di rimanere con le gambe tese larghezza bacino. A questo punto il terapista, che dovrà aver sviluppato una buona sensibilità nel percepire i segnali corretti da quelli mediati da un controllo volontario, darà degli input traslatori sul bacino portandolo verso destra e verso sinistra. Anche in questo caso dovrà apprezzare una rotazione controlaterale di bacino (SIPS verso l’avanti). Croce dalla parte in cui non si rileva tale movimento fisiologico. A questo punto si posizionerà il paziente sul lettino e con la manovra di convergenza podalica si valuterà il tono di base, si testeranno i riflessi e si effettueranno le opportune correzioni, come descritte nel capitolo precedente, prima di proseguire con il Maddox test. Il test di Maddox Maddox fu un oculista del 1890, la figlia fu la prima ortottista della storia. Il MADDOX TEST POSTURALE è diverso da come viene svolto dagli ortottisti e dagli oculisti. In posturologia viene utilizzato per rivelare eteroforie e problemi cognitivi dovuti ad un’anomala localizzazione spaziale. Il Maddox viene eseguito con l’omonima paletta e una luce costituita da un singolo diodo. La paletta è costituita da un manico e uno schermo formato da cilindretti conici iper-‐rifrangenti, quando il raggio luminoso incontra i cilindretti viene rifratto e l’occhio percepirà, anziché la luce puntiforme una sottile riga rossa con orientamento perpendicolare all’asse dei cilindretti. Nel soggetto con Sindrome da Deficit Posturale la modificazione di un input sensoriale, essendo un soggetto dall’equilibrio “labile”, cambierà la posizione della linea rispetto alla luce, facendola percepire sopra o sotto la luce. Non si può usare il Test in caso di:
-‐ Strabismo.
-‐ Miopia (vedrebbe una specie di “palla” al posto della luce).
-‐ Astigmatismo vedrebbe una specie di “stella” al posto della luce).
-‐ Bambini troppo piccoli.
-‐ Un occhio non vedente.
-‐ Problemi ottici.
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Paletta Maddox. Acquistabile sul sito www.coivision.com o www.medicalvision.it ad un prezzo di circa 20 €.
Luce puntiforme. È possibile utilizzate qualunque dispositivo che emetta una luce bianca puntiforme o in alternativa richiederla fatta su misura.
ASPETTI TECNICI: Il soggetto deve porsi a 3 metri di distanza dalla luce. La paletta deve essere posta davanti all’occhio con i cilindretti in posizione verticale, senza toccare ciglia e sopracciglia. Ogni prova si esegue con un occhio e poi con l’altro prima di passare alla prova successiva. Gli occhi devono essere aperti perché un occhio vedrà la riga rossa e l’occhio senza paletta la luce. L’obiettivo sarà di arrivare all’ortolocalizzazione ovvero di vedere la riga rossa al centro della luce. Il soggetto, mentre esegue il test, dovrà indicare con la mano dove vede la linea rossa rispetto alla luce. Non gli sarà permesso parlare durante l’esecuzione per evitare che l’attivazione del recettore stomatognatico possa influenzarne l’andamento. Gli obiettivi che si cercheranno di ottenere attraverso l’utilizzo del Maddox sono:
-‐ L’ortolocalizzazione (vedere la linea rossa, con entrambe gli occhi, al centro della lu-‐ce).
-‐ La normalizzazione del Tono muscolare.
Prima di iniziare il test, si mostreranno al paziente queste figure e gli si spiegherà che dovrà indicare con il pollice verso l’alto se vedrà la linea rossa passare sopra la luce, oppure dentro la luce ma spostata verso l’alto; con il pollice verso il basso se vedrà la linea rossa sotto la luce oppure dentro ma spostata verso il basso, mentre dovrà indicare con il pollice orizzontale se vedrà la linea rossa passare esattamente in mezzo alla luce.
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E’ di fondamentale importanza spiegare al paziente come eseguire il test correttamente per avere una risposta il più preciso possibile. PROTOCOLLO ESECUTIVO: Il protocollo esecutivo prevede la ripetizione del test nelle seguenti situazioni:
-‐ Da seduto con i piedi che non toccano terra: serve per testare i recettori oculari senza in-‐terferenza podalica.
-‐ Da seduto con schiena diritta: utilizzato per testare i recettori rachidei.
Se il risultato non cambia vuol dire che il recettore rachideo non aiuta e non peggiora la si-‐tuazione. Se invece la linea si centra nella luce, probabilmente il rachide influenza la rispo-‐sta.
-‐ Punta della lingua dietro la radice degli incisivi superiori (PALATINO).
-‐ Punta della lingua in basso dietro la radice degli incisivi inferiori (BRATBLASKI).
-‐ Labbra serrate con lingua libera: stimola il nervo facciale e diminuisce l’influenza trigemina-‐le.
-‐ Inclinazione laterale del capo (perturbato): l’inclinazione del capo crea una perturbazione vestibolare in cui, se il soggetto che ortoforizzava con il capo eretto recidiva, sarà destinato a tornare in poco tempo in disfunzione propriocettiva.
-‐ In piedi senza scarpe: per verificare se il recettore podalico modifica la risposta tonica.
-‐ Con mousse morbida sotto ai piedi: la mouse morbida serve ad eliminare l’interferenza di una spina irritativa podalica.
Se da in piedi i risultati non rimangono uguali ci potrebbe essere la necessità di apportare uno stimolo plantare, oppure ipotizzare la presenza di una spina irritativa o di un problema propriocettivo. Se si riscontrano eteroforie dovranno essere “labili”, ovvero modificabili con stimoli sensoriali. La labilità è sinonimo di dis-‐percezione, differente per esempio dallo strabico in cui non si potrà parlare di labilità. Se con il Maddox il paziente non ortoforizza bisognerà partire dal correggere i riflessi motori ed eventualmente mandare il paziente dall’osteopata per rimuovere blocchi strutturali che alterano il funzionamento del sistema.
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Capitolo redatto da Marino Fabio e Baccaro Sara
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Capitolo 5 CLASSIFICAZIONE DEI SOGGETTI
MISTO PURO DESTRO
DX SX
ROT X
EXT X
Il misto puro è un soggetto che manifesta principalmente problematiche antero-‐posteriori e poco in torsione. I principali disturbi del misto puro sono di tipo cognitivo. Il 95% dei misti puri ha una postura “ipocrita” (testa avanti) o di tipo “saccente” (testa indietro). Le problematiche del soggetto predominante sono prevalentemente di tipo torsionale e poco antero-‐posteriori. Il predominante ha sempre problematiche imputabili ad un colpo di frusta o ad una disfunzione orale. Una volta trattato il soggetto predominante diventa un misto puro. In questi soggetti prima di mettere i prismi è opportuno togliere il colpo di frusta o sistemare la bocca (problematiche primarie). Una volta diventato un misto puro si inizierà a testare con i prismi. I puri rappresentano il 5% -‐ 10% della popolazione e, una volta trattati diventano misti puri.
MISTO PURO SINISTRO
DX SX
ROT X
EXT X
PREDOMINANTE DX o SX
DX SX
ROT X
EXT X
PREDOMINANTE DX o SX
DX SX
ROT X
EXT X
PURO DX o SX
DX SX
ROT X
EXT X
PURO DX o SX
DX SX
ROT X
EXT X
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Questi soggetti soffrono solo di problematiche torsionali e poco di disturbi cognitivi, sviluppando così forti dolori muscolo scheletrici che aumentano con l’aumentare delle torsioni. Per capire se il soggetto è un predominante o un puro ci si potrà servire dello sinottoforo, strumento utilizzato in ortottica che permetterà di capire se gli occhi lavorano in ugual modo e se il cervello fonde in modo adeguato le due immagini.
GENERALIZZATO
SX DX
CERVICALE X X
DORSALE X X
LOMBARE X X
Questi soggetti presentano alterazioni posturo-‐dinamiche in modo generalizzato rilevabili sia a destra che a sinistra, ma non per forza presenti a tutti i livelli come nell’esempio sopra e-‐sposto. Non sono né lateralizzate in un’emi-‐corpo, né localizzate ad un certo livello. Generalmente su questi soggetti, prima di agire con stimoli per le entrate sensoriali, si dovrà effettuare un lavoro di “pulizia” ovvero di correzione dei riflessi o correzioni osteopatiche. Il generalizzato, nella maggior parte dei casi, dopo le correzioni diventa un lateralizzato.
Il
late-‐raliz
zato manifesta la maggior parte delle alterazioni posturo-‐dinamiche in uno dei due emi-‐corpi. Come negli esempi sopra esposti, si potranno avere tutte le croci in un solo lato even-‐tualmente accompagnate da una croce anche nel lato opposto.
LATERALIZZATO SINISTRO
SX DX
CERVICALE X
DORSALE X
LOMBARE X
LATERALIZZATO DESTRO
SX DX
CERVICALE X
DORSALE X
LOMBARE X X
LOCALIZZATO
SX DX
CERVICALE X X
DORSALE
LOMBARE
LOCALIZZATO
SX DX
CERVICALE X
DORSALE
LOMBARE X
LOCALIZZATO
SX DX
CERVICALE
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Il localizzato manifesta un’alterazione posturo-‐dinamica rilevabile bilateralmente ad un certo livello o monolateralmente su uno o più livelli.
Capitolo redatto da Baccaro Sara Capitolo 6 LE CORREZIONI 6.1 I PRISMI POSTURALI Il prisma è una superfice ottica costituita da due superfici non parallele tra loro. La luce entra e viene proiettata verso la parte più spessa del prisma chiamata base, avendo come effetto finale la capacità di modificare l’attività muscolare oculo-‐motrice spostando l’occhio verso il vertice del prisma. Esistono due tipi di prismi: a bassa e ad alta potenza. Il prisma ottico di bassa potenza o prisma attivo modifica la posizione dell’immagine sulla retina fino a quattro gradi; sopra ai quattro gradi si parla di prismi ad alta potenza. Modificando la proiezione dell’immagine retinica fino a quattro gradi si crea una modificazione assiale del tono che sopra ai quattro gradi non si verifica, in quanto lo stimolo percettivo è troppo grande e poco specifico. I prismi attivi dunque sono concepiti come mezzo per entrare nel sistema propriocettivo. La loro funzione è di informare correttamente i centri propriocettivi cerebrali modificando le risposte in uscita. Intervengono ampliando la visione periferica e hanno lo scopo di variare il tono di uno o più muscolo oculomotori. Quindi in un’ottica di riprogrammazione posturale i prismi di grande potenza non sono funzionali perché lo stimolo percettivo non viene assorbito dall’occhio uscendo così dal concetto di rieducazione propriocettiva. La variazione del tono che si verifica a seguito di una stimolazione prismatica non è casuale. Il muscolo su cui va ad agire il prisma, producendo un rilassamento tonico, è quello che ha la direzione d'azione diametralmente opposta alla sua base. Per esempio, il rilassamento del muscolo obliquo superiore dell'occhio, che è un rotatore esterno, produce un rilassamento di tutti i muscoli collegati ad esso dal sistema propriocettivo, ovvero tutti i rotatori esterni del corpo. Un prisma posizionato davanti all'occhio destro, con la base a 0° (base interna e perpendicolare al terreno) abbasserà il tono del muscolo retto esterno dello stesso occhio.
DORSALE
LOMBARE X
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Occhiali prismatici. Acquistabili on line sul sito www.coivision.com. Costo approssimativo 60,00€. Prismi ottici da due e tre diottrie. Acquistabili on line sul sito www.coivision.com. Costo approssimativo 45 €.
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CORREZIONI PRISMATICHE Misto puro sinistro Si applicheranno due prismi obliqui con base a 55° per l'occhio sinistro e 125° per l'occhio destro. Il prisma più potente (3 diottrie) sarà posto a sinistra, mentre quello meno potente (2 diottrie) a destra. Misto puro destro Si applicheranno due prismi obliqui con base a 125° per l'occhio destro e 55° per l'occhio sinistro. Il prisma più potente (3 diottrie) sarà posto a destra, mentre quello meno potente (2 diottrie) a sinistra. Predominante sinistro Si applicherà un prisma obliquo con base a 55° solamente sull'occhio sinistro con potenza di 2 o 3 diottrie. Predominante destro Si applicherà un prisma obliquo con base a 125° solamente sull'occhio destro con potenza di due o tre diottrie. Puro sinistro Si applicherà un prisma orizzontale con base a 0° solamente sull'occhio sinistro con potenza di 3 diottrie. Puro destro Si applicherà un prisma orizzontale con base a 180° solamente sull'occhio destro con potenza di 3 diottrie. Nel caso in cui, con l'applicazione dei prismi, compare diplopia, significa che il prisma non è stato completamente assorbito ed è dunque necessario abbassarne la potenza. L' unico modo per valutare se un soggetto sia predominante o puro, è l'esame con il sinottoforo. IL SINOTTOFORO Il sinottoforo è uno strumento usato in oftalmologia che potrà essere utilizzato dal posturologo per avere indicazioni riguardo all'utilizzo di prismi attivi. Attraverso questo strumento l'ortottista è in grado di quantificare l'angolo di deviazione degli assi oculari, presenza di strabismo o eteroforie e valutare il grado di fusione delle immagini retiniche e di convergenza oculare. Nel campo della posturologia viene utilizzato per valutare la comparsa di pseudoscotomi direzionali; questi ultimi sono disturbi di percezione del campo visivo che si presentano nel momento in cui si determina una deviazione degli occhi verso destra o verso sinistra.
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Il sinottoforo consente al soggetto di guardare con l'occhio destro un’immagine diversa da quello sinistro. Il fatto di dover guardare le immagini con entrambi gli occhi attraverso il sinottoforo determina la fusione di queste. Per esempio viene mostrata ad un occhio l’immagine di un leone, mentre all’altro l’immagine di una gabbia. Il risultato finale della visione binoculare sarà un leone in gabbia. Lo strumento ha la capacità di costringere uno spostamento sia a destra che a sinistra degli occhi ed accade che in latero deviazione scompare un tratto di figura: al leone manca una parte del corpo o alla gabbia mancano delle parti di sbarre. Questi fenomeni di soppressione percettiva di parte del campo visivo vengono chiamati pseudoscotomi direzionali e possono presentarsi da entrambi i lati agli stessi gradi, a gradi diversi, o unicamente da un lato. L'interpretazione di questo fenomeno non è da ricercare in un difetto organico o in patologie strutturali, ma in alterazioni delle informazioni propriocettive, trasmesse dai muscoli oculomotori al sistema nervoso centrale. Durante l'esame al sinottoforo si parte con i bracci inclinati di pochi gradi e si arriva ad indagare la comparsa di pseudoscotomi fino ad un massimo di 40.
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CLASSIFICAZIONE Soggetto misto puro sinistro Test estensione-‐rotazione Piedi con appoggio più sentito a sinistra Prismi: Soggetto misto puro destro Test estensione-‐ rotazione
Piedi con appoggio più sentito a destra Prismi: Soggetto Predominante sinistro Test di estensione-‐ rotazione Pseudoscotoma direzionale a 20° in versione sinistra e a 30° in versione destra oppure pseudoscotoma direzionale a 30° in versione sinistra e a 40° in versione destra.
dx sx
E X
R X
dx sx
E X
R X
dx sx
E X
R X
dx sx
E X
R X
125° 55°
2∆ 3∆
125° 55°
2∆ 3∆
o
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o
Piede destro più divergente del sinistro e carico sentito maggiore a sinistra. Prismi: Soggetto predominante destro Test di estensione-‐rotazione Pseudoscotomi direzionali a 20° in versione destra e 30° in versione sinistra oppure pseudoscotomi direzionali a 30° in versione destra e 40° in versione sinistra. Piede sinistro più divergente del destro e carico percepito maggiore a destra. Prismi: Soggetto puro sinistro Test estensione-‐rotazione Pseudoscotomi direzionali a 20° e 30° in versione destra e nessuno in versione sinistra. Piede destro più divergente del sinistro e carico percepito maggiore a sinistra. Prismi:
dx sx
E X
R X
dx sx
E X
R X
dx sx
E X
R X
dx sx
E X
R X
2 o 3∆
55°
o
2 o 3∆
125°
2 o 3∆
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o
Soggetto puro destro Test di estensione rotazione Pseudoscotomi direzionali a 20° o 30° in versione sinistra e nessuno in versione destra. Piede destro più divergente del sinistro e carico percepito maggiore a sinistra. Prismi:
dx sx
E X
R X
dx sx
E X
R X
2 o 3∆
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Linee guida per l'occhiale prismatico Per confezionare un occhiale prismatico per prima cosa occorre sapere la distanza inter-‐pupillare o distanza asse visuale (D.A.V.). Per fare ciò esiste uno strumento chiamato pupillometro a riflesso corneale; uno strumento che permette di rilevare l'asse visuale. Ciò che occorre sapere è la semi-‐distanza, ovvero la distanza dalla pupilla alla radice del naso. Questa distanza è fondamentale per centrare bene la lente sul prisma. La misura viene effettuata con il soggetto in piedi (senza occhiali da vista se li porta). Il pupillometro è sorretto dal soggetto che guarderà all'interno. Attraverso l'apposita rotellina muoverà i cursori fino a centrare il riflesso della luce emessa dal pupillometro alla linea che compare. A questo punto lo strumento darà il valore numerico della semi-‐distanza. Secondo il metodo portoghese, successivamente si dovrà sommare le due semi-‐distanze e dividere la risultante per due. Il metodo francese invece mantiene i valori delle due semi-‐distanze. Il profilo delle lenti deve essere perpendicolare al suolo, ovvero non devono essere inclinate in avanti o indietro (angolo pantoscopico = 0). Successivamente si dovrà prestare attenzione alla scelta della montatura che non dovrà essere in acetato di cellulosa (plastica). Meglio optare per la montatura in metallo, più facilmente deformabile, che permetterà l’incurvata sul viso secondo l'angolo di avvolgenza adeguato. La montatura, una volta calzata sul viso, bisognerà assicurarsi che segua il profilo delle sopracciglia, soprattutto nella parte più esterna, dato che l'azione del prisma si basa principalmente sulla visione periferica. Per lo stesso motivo le lenti dovranno essere ampie e non stringersi all'esterno per garantire il campo visivo periferico attivo. L'altezza minima è di 33 mm di lente (senza considerare la montatura). Successivamente l'angolo pantoscopico dovrà essere modificato di 10-‐15° (lente inclinata verso il basso) secondo il metodo francese; il metodo portoghese preferisce 20°, facendo attenzione che la montatura non tocchi le guance. Con l’inclinometro fissato sull’astina si potrà valutare la bontà dell’angolo pantoscopico. Durante la misura dell'angolo, bisogna fare attenzione che la persona sia in piedi con la testa in posizione neutra e rilassata e che lo sguardo sia rivolto lontano, possibilmente fuori dalla finestra. Se il soggetto guarda vicino, l'assetto della testa potrebbe cambiare, dando un valore errato dell’angolo pantoscopico. É opportuno che la montatura venga controllata a distanza di tempo in modo da assicurarsi che gli angoli impostati durante la visita rimangano tali. Un metodo efficace e poco costoso è quello di fare una fotocopia degli occhiali poggiati a testa in giù. In questo modo sarà facile misurare l'angolo di avvolgenza e controllare nel tempo che sia rimasto tale. Nel caso di soggetti con viso asimmetrico, l'angolo di avvolgenza delle lenti deve essere comunque regolato sul profilo delle sopracciglia. Se il soggetto ha necessità di avere la lente anche con la correzione visiva, oltre che prismatica, occorre far attenzione che il centro ottico, piccola zona di circa un millimetro, sia posizionata sotto il centro pupillare, rispettando l'altezza dell'occhio destro e di quello sinistro, con il soggetto in visione da lontano. Sul centro ottico della lente l'effetto prismatico è nullo.
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Si raccomanda inoltre il nasellino unico in silicone, laddove il nasello anatomico non avvolga bene i profili del naso. Il nasellino unico abbraccia tutto il profilo del naso e permette all'occhiale di non scivolare, in questo modo il centro ottico verrà rispettato. Questo fatto dipende dalla forma del naso, è quindi opportuno fare delle prove. La lente deve essere obbligatoriamente di forma sferica, non asferica, anche se sarebbe più sottile, e la curvatura esterna della lente o curva base deve essere di 4,5 diottrie perché tutto il protocollo testato è con questo tipo di direttive. Come ultima cosa consigliare la lente antiriflesso e la protezione UV. Nel caso di lenti progressive, è necessario che queste vengano ordinate senza i prismi di alleggerimento che renderebbero la lente più sottile, ma allo stesso tempo andrebbero ad interferire con il prisma. In commercio esiste inoltre il “prisma press on” da 1 a 4 diottrie prismatiche; questo è un prisma flessibile che si può tagliare a forma di lente e attaccare sulla parte interna di essa. La lente perde in qualità ottica ma è un modo facile ed economico per capire se la persona sopporta bene il prisma o meno. 6.2 LE ALPH Le Alph sono dei micro rilievi a forma semisferica di materiale composito, un tipo di materiale che comunemente viene usato dai dentisti per le otturazioni. Possono essere di colore del dente oppure di colore azzurro per essere più facilmente identificate una volta posizionate. Vengono applicate sugli incisivi sia dalla parte interna che esterna con una procedura tipicamente odontoiatrica non invasiva e in modo che siano rimovibili facilmente. Una volta applicate le Alph, vengono percepite dalla lingua o dalle labbra e fungono da stimolazioni sensoriali che, attraverso il nervo trigemino, arrivano al sistema nervoso centrale con lo scopo di andare a modificare il tono di alcuni gruppi muscolari. A seconda dei gruppi muscolari su cui si vuole agire, verranno applicate le Alph grazie all'esame preliminare effettuato. Regole di applicazione delle Alph Per applicare correttamente le Alph e successivamente regolarle possiamo utilizzare diverse metodiche di lavoro. Lo scopo è quello di regolare il sistema di controllo posturale abbassando il tono rendendolo il più possibile simmetrico. Applicazione e regolazione utilizzando il test di Maddox: Utilizzare il test di Maddox in ambito dell'apparato orale è importante per tutti quei pazienti con dislessia evolutiva e per verificare l'influenza dell'apparato stomatognatico. Il test di Maddox fa parte di una serie di test che devono risultare regolati contemporaneamente. Il paziente è seduto in posizione rilassata per eliminare qualsiasi influenza podalica e propriocettiva dei muscoli assiali.
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Si chiede al paziente di adottare alcune posizioni con la lingua o con le labbra e si esegue il Maddox test su entrambi gli occhi, per valutare se uno di questi stimoli rende ortoforici:
• Punta della lingua alle papille retro incisive superiori (denominazione: lingua alta) • Punta della lingua appoggiata contro il versante linguale degli incisivi inferiori
(denominazione lingua bassa) • Labbro superiore e inferiore introflessi contro i denti (denominazione: labbra strette)
Dopo ogni test è buona regola far eseguire al paziente una deglutizione forzata. Nel caso di lingua bassa non è necessaria la deglutizione forzata in quanto non determina una permanenza d'informazione. (Nel nostro uso personale, lingua bassa e deglutizione forzata danno la stessa indicazione topografica di applicazione delle Alph). Applicazione
• Nel caso in cui il paziente ortoforizzi con lo stimolo “lingua alta”, si applicheranno 4 o 2 Alph sul versante linguale (interno) degli incisivi superiori (Alph linguali superiori).
• Nel caso in cui il paziente ortoforizzi con lo stimolo “lingua bassa”, si applicheranno 4 o 2 Alph sul versante linguale (interno) degli incisivi inferiori (Alph linguali inferiori).
• Nel caso in cui il paziente ortoforizzi con lo stimolo “labbra strette”, si applicheranno 4 o 2 Alph sul versante vestibolare, ovvero labbiale degli incisivi superiori (Alph vestibolare).
Una volta applicate, le Alph devono essere regolate in spessore andandole a limare dal lato in cui si vogliono ottenere Alph meno spesse (è più rapido limare le Alph piuttosto che andare ad aggiungere materiale). Preponderanza: differenza di spessore
• In un soggetto classificato come misto puro destro si dovranno ottenere 2 o 1 Alph più spesse a destra; si andranno dunque a limare le 2 (o 1) Alph di sinistra (Alph dx +).
• In un soggetto classificato come misto puro sinistro dovremo ottenere 2 (o 1) Alph più spesse a sinistra; si andranno dunque a limare le 2(o 1) Alph meno spesse a destra (Alph sin +).
Le Alph sono state, per il momento, codificate solo nel caso di un soggetto misto puro, anche se a livello clinico, ma non ancora protocollate, possono essere posizionate anche nei soggetti predominanti o puri. Per verificare che la preponderanza, ovvero lo spessore delle Alph, sia regolata correttamente si ripeterà il Maddox test:
• In posizione seduta rilassata. • In posizione seduta prossimale (busto eretto). • In posizione seduta prossimale perturbata (capo latero-‐flesso). • In posizione seduta prossimale parlando.
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• In posizione seduta prossimale parlando perturbato. • In posizione supina con il test sonoro. • In piedi. • In piedi perturbato.
Se in una di queste condizioni il soggetto diventa eteroforico occorre modificare nuovamente lo spessore delle Alph con uno dei seguenti metodi:
• Regolazione delle Alph con i prismi. • Regolazione delle Alph con il tono.
Regolazione delle Alph con i prismi Nel caso di un soggetto misto puro destro, dunque con Alph applicate più spesse a destra, si posiziona sull'occhio destro un prisma obliquo a 125° con potenza di 3 diottrie e sull'occhio sinistro un prisma obliquo a 55° con potenza di 2 diottrie. A questo punto si effettua il Maddox test sull'occhio destro. Se per ottenere l'ortoforia si deve ruotare il prisma verso angoli più alti (la potenza del prisma diminuisce) si dovrà diminuire la differenza di spessore tra le Alph di destra e sinistra, andando dunque a limare le Alph di destra. Se per ottenere l'ortoforia si deve ruotare il prisma verso angoli più bassi (la potenza del prisma aumenta) si dovrà aumentare la differenza di spessore, andando dunque a limare le Alph di sinistra. Nel caso di un soggetto misto puro sinistro, dunque con Alph applicate più spesse a sinistra, si posiziona sull'occhio sinistro un prisma obliquo a 55° con potenza di 3 diottrie e sull'occhio destro un prisma obliquo a 125° con potenza di due diottrie. Si effettua il Maddox test sull'occhio sinistro. Se per ottenere l'ortoforia si deve ruotare il prisma verso angoli più bassi (la potenza del prisma diminuisce) si dovrà diminuire la differenza di spessore tra le Alph di destra e sinistra, andando a limare le Alph di sinistra. Se per ottenere l'ortoforia si dove ruotare il prisma verso angoli più alti (la potenza del prisma aumenta) si dovrà aumentare la differenza di spessore andando a limare le Alph di destra. Regolazione delle alph con il tono Nel caso in cui non si avessero a disposizione i prismi per la regolazione delle Alph, è possibile utilizzare la manovra di convergenza podalica. Lo scopo è quello di ottenere un tono muscolare il più possibile basso e simmetrico. Nel caso di Alph linguali, superiori o inferiori, si chiede al soggetto di posizionare la lingua sulle Alph, prima da una parte e poi dall’altra, in alternativa l’operatore può usare una stimolazione manuale delle Alph andandole a toccare con un dito. Subito dopo la stimolazione si esegue la manovra di convergenza podalica, se una delle stimolazioni linguali o manuali, rendono il tono più basso e simmetrico si regoleranno le Alph andando a variarne
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la preponderanza (differenza di spessore); si limeranno dalla parte opposta alla stimolazione positiva. Si ripete il test fino a quando non ottengo la simmetria tonica desiderata. Nel caso di Alph vestibolare la stimolazione può essere effettuata chiedendo al soggetto di stringere asimmetricamente le labbra verso destra o sinistra, oppure stimolando manualmente le Alph, di destra o di sinistra, con un dito. 6.3 I PLANTARI PROPRIOCETTIVI Per individuare la presenza di disfunzioni propriocettive dell'arto inferiore o spine irritative si utilizza il test della podopelvica; quando nel test si riscontra un movimento non fisiologico nella traslazione verso destra, sinistra o da entrambe le parti, è possibile che sia presente una, o tutte e due le perturbazioni. Spina irritativa Se con l'interposizione di uno strato di mousse il test podopelvico diventa disfunzionale, saremo in presenza di una spina irritativa pura (anteriore, posteriore o entrambe), senza quindi alcuna disfunzione propriocettiva. Per localizzare una spina irritativa si chiede al soggetto di rimanere in punta di piedi per qualche secondo, se la podopelvica migliora la spina irritativa sarà posteriore. Se invece la podopelvica migliora dopo essere stato qualche secondo sui talloni, la spina irritativa sarà anteriore. In alternativa, per localizzare la spina irritativa, posso ripetere la podopelvica posizionando il soggetto con i piedi sulla mousse nella metà anteriore o posteriore del piede, mentre l'altra metà è poggiata su un materiale duro, dello stesso spessore della mousse. La spina irritativa sarà localizzata nella metà dei piedi, poggiata sulla mousse, in cui il test risulta fisiologico. Allo stesso modo posso ripetere il test per localizzare la spina nel piede destro o sinistro. Un altro metodo per localizzare una spina irritativa è con il test di Maddox. Nel caso in cui il paziente perde l'ortoforia passando dalla posizione seduta a quella in piedi posso ripetere il test posizionando il soggetto con i piedi sulla mousse nella metà anteriore, posteriore, a destra o a sinistra con le stesse modalità sopra descritte e notare se in una di queste condizioni ortoforizza. Disfunzione propriocettiva Se il test della podopelvica non migliora con l'interposizione della mousse, ma anzi si riscontra un peggioramento, potremmo essere in presenza di una disfunzione propriocettiva dal lato in cui si è riscontrato il movimento non fisiologico. Per confermare la disfunzione propriocettiva da trattare a paziente supino si può controllare la presenza o meno del riflesso cutaneo plantare: Si testa con la manovra di convergenza podalica e lo scopo è quello di esaminare il circuito podo-‐lombare alla ricerca della disfunzione. Si esegue con il paziente supino, facendo due
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leggere stimolazioni a livello dei barocettori della faccia cutaneo-‐plantare di un piede. Una a livello dei primi cuneiformi, che dovrebbe aumentare il tono dei muscoli rotatori esterni dell'anca omolaterale alla stimolazione e una a livello del processo stiloideo del quinto metatarso, che dovrebbe aumentare il tono dei rotatori esterni dell'anca controlaterale allo stimolo. L'assenza di uno di questi riflessi conferma la presenza di una disfunzione propriocettiva dal lato deficitario. Una volta accertata la presenza di una disfunzione si può eseguire il test di trazione-‐compressione, per individuare il livello della disfunzione propriocettiva. Test di trazione Il test si esegue con il soggetto in posizione supina, esercitando una trazione dolce a livello del retropiede. Quando c'è un “blocco”, i tessuti resistono e non si lasciano stirare, provocando una sensazione di rigidità, percepita sotto le mani del terapista ad un certo livello del segmento anca-‐piede. Se non vi è alcun blocco si avrà invece una sensazione di elasticità ed allungamento omogeneo di tutto il segmento. Test di compressione Questo test si esegue applicando una compressione dolce, che aumenta progressivamente sulla zona da testare. Questo permette di apprezzare la resistenza offerta dall’ articolazione presa in esame. Quando c'è un blocco i tessuti resistono e non si lasciano comprimere, altrimenti si avrà una sensazione di graduale rilascio tessutale omogeneo in tutte le direzioni. Sull'articolazione coxofemorale il test si esegue a paziente supino con le ginocchia flesse a 90°. L'operatore si pone al bordo del lettino e con le braccia tese lungo l'asse del femore e le mani sui condili femorali esercita una pressione sui tessuti e valuta se c'è un lato che offre maggior resistenza. Sull’articolazione femoro-‐rotulea il test si esegue a paziente supino. L’operatore pone una gamba sotto il ginocchio del paziente e le mani sopra la rotula esercitando una leggera compressione dei tessuti in tutte le direzioni valutando se una di queste offre una resistenza maggiore. Sull' articolazione tibiotarsica il test si esegue con il paziente supino e le ginocchia flesse di 90°. L'operatore pone le mani in corrispondenza del terzo distale di tibia e perone con dita in corrispondenza dei malleoli interno ed esterno della caviglia ed esercita una pressione verso l'avanti. Una resistenza anomala sarà il segno di un blocco tibiotarsico. Una volta individuata l'articolazione che presenta un’alterazione si effettuano tutte le manovre riabilitative per ripristinare la massima funzionalità. Test di mobilità tibiotarsica e trattamento Paziente in decubito supino, l'operatore in piedi dal lato della lesione, in appoggio sulla gamba caudale, pone la gamba craniale sotto il ginocchio del soggetto per detendere i gemelli; così posizionato, con una mano impugna la caviglia a livello dei malleoli, mentre con
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l’altra il calcagno. In un primo momento fa punto fisso a livello della pinza bi-‐malleolare e testa l'astragalo in rapporto alla tibia in un movimento antero-‐posteriore; successivamente, con punto fisso sull'astragalo, testa la tibia e il perone in rapporto con quest'ultimo. Se uno dei movimenti risulta bloccato si porterà il segmento interessato nel senso della facilità cercando un graduale rilasciamento dei tessuti. Test mobilità sotto-‐astragalica e trattamento Soggetto e operatore posizionati come nel test precedente. La mano cefalica dell'operatore impugna la tibiotarsica, mentre la mano caudale il calcagno. In un primo momento l'operatore fa punto fisso sulla tibiotarsica e mobilizza il calcagno nel senso della prono-‐supinazione; se il movimento è bloccato in un senso andrà nella direzione più facile e recupererà mobilità articolare ad ogni graduale rilascio di tessuti. Test di tensione delle catene muscolari anteriori e mobilità delle articolazioni tarso-‐metatarsali il soggetto è in decubito supino con i piedi leggermente fuori dal lettino. Per testare le articolazioni dell’avampiede l'operatore a bordo del lettino, poggia le mani a diverse altezze sul dorso dei piedi ed effettuando una leggera pressione verso il basso, la mantiene finché non percepisce sotto le mani uno “srotolamento” dei tessuti. Si possono trattare cosi anche altre zone del segmento gamba-‐piede, per esempio si può eseguire uno “srotolamento” dei tessuti mediali, con un movimento di abduzione e flessione plantare. Test di mobilità femoro-‐rotulea e trattamento L’operato a lato del lettino con una gamba sotto il ginocchio del soggetto supino. Il palmo di una mano ricopre una rotula ed è recettrice, mentre l'altra è incrociata sulla prima ed è motrice. Si esercita una leggera compressione, e ascoltando lo scorrimento dei tessuti, si mobilizzano in tutte le direzioni. Test di mobilità e trattamento coxo-‐femorale e del dorso del piede Il soggetto è supino con l'arto da testare flesso di 90°. L'operatore è a lato del soggetto con il palmo della mano cefalica sulla rotula mentre la mano caudale si posiziona sul dorso del piede. Si effettua un movimento di adduzione e abduzione della coxo-‐femorale ascoltando il rilascio tissutale offerto da rotula e dorso del piede. Riaccompagnando l'arto del soggetto in posizione stesa si ascolta la resistenza offerta dal tendine rotuleo. É di fondamentale importanza ripristinare le disfunzione propriocettive che perturbano il S.P.F causate da “colpi di frusta”, contratture a livello di coccige o di origine podalica; la valutazione e la terapia con eventuali stimolazioni sensoriali verranno effettuate solo dopo aver rimosso le cause con trattamenti osteopatici o fisioterapici.
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Le ortesi plantari posturali Le ortesi plantari utilizzate in posturologia, a differenza dei plantari biomeccanici, con funzione di sostegno, si basano sul principio della stimolazione sensoriale. Esse forniscono al sistema posturale informazioni che modificano l'influenza dell'entrata plantare. Tali stimolazioni non devono superare lo spessore di 3 mm altrimenti il recettore podalico viene “saturato” e si entrerà nella sfera meccanico-‐strutturale, ottenendo una modificazione non gestibile del tono posturale. Per avere una stimolazione efficace è necessario che il soggetto non presenti disfunzioni propriocettive o eventuali aderenze cicatriziali. Le stimolazioni plantari utilizzate sono di due tipi: -‐le barre: micro rilievi che si estendono trasversalmente alla pianta del piede ed agiscono sul piano antero-‐posteriore. Lo spessore delle barre varia da 1 a 3 mm. -‐gli elementi: micro rilievi puntiformi posizionati sia sulla parte esterna che interna del piede. Agiscono sul piano antero-‐posteriore ma anche su quello laterale. Anche lo spessore degli elementi varia da 1 a 3 mm. Barre: -‐ barra sottopulpare (bpu) -‐ barra sottocapitale (bsc) -‐ barra anteriore (ba) -‐ barra mediana (bm) -‐ barra posteriore (bp) -‐ barra sotto tuberositaria (bst)
• La barra sottopulpare applicata unilateralmente produce una rotazione omolaterale, applicata bilateralmente una retropulsione dell'asse corporeo.
• La barra sottocapitale applicata unilateralmente produce una rotazione omolaterale o una retropulsione dell'asse corporeo se applicata bilateralmente.
• La barra anteriore, dietro le teste metatarsali, se applicata unilateralmente, produce una rotazione omolaterale, bilateralmente una retropulsione dell'asse corporeo.
• La barra mediana viene applicata a metà della pianta del piede, tra la barra anteriore e quella posteriore; unilateralmente produce una leggera rotazione omolaterale e
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stimola i muscoli della respinta. Si utilizza in caso di insufficienza della catena stabilizzatrice sotto il piede dell'arto portante. Bilateralmente stimola i muscoli della respinta. (test delle catene stabilizzatrici)*.
• La barra posteriore è posizionata perpendicolarmente allo stiloide del quinto metatarso fino alla linea malleolare. Applicata unilateralmente produce una rotazione controlaterale dell'emisoma, bilateralmente un’antepulsione dell'asse corporeo.
• La barra sotto-‐tuberositaria è posizionata dietro l'asse malleolare fino al bordo posteriore del contorno plantare. Applicata unilateralmente produce una rotazione controlaterale dell’emisoma, bilateralmente un’antepulsione dell'asse corporeo.
*Il test delle catene stabilizzatrici: Il soggetto è in piedi e l’operatore dietro di lui mette le mani sul bacino con i pollici sulle SIPS. Si chiede al soggetto di sollevare un arto. Se si nota una caduta dell’emibacino omolaterale è indice di insufficienza della catena stabilizzatrice dell’arto in appoggio. Se invece si osserva un innalzamento del emibacino omolaterale la catena stabilizzatrice dell’arto portante è funzionale. Gli elementi:
-‐elemento sotto capitale interno (ESCEI)
-‐elemento sottocapitale esterno (EAE) -‐elemento anterointerno (EAI) -‐elemento antero esterno (EAE) -‐elemento medio interno (EMI) -‐elemento medio esterno (EME) -‐elemento postero interno (EPI) -‐elemento postero esterno (EPE) -‐elemento sottotuberositario interno (esti) -‐elemento sottotuberositario esterno (este)
• L'elemento sottocapitale interno è posizionato dietro all'appoggio pulpare delle prime due dita e si estende fino a dietro le teste dei primi due metatarsi. Produce una consistente rotazione e traslazione omolaterale se applicato unilateralmente, una retropulsione e rotazione esterna globale se applicata bilateralmente (catena di chiusura).
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• L'elemento sottocapitale esterno è posizionato al limite dell'appoggio pulpare delle ultime due dita e si estende fino al limite delle teste dei metatarsi. Applicato unilateralmente produce una consistente rotazione e traslazione controlaterale, applicato bilateralmente produce un’antepulsione e una rotazione interna globale (catena di apertura).
• L'elemento antero esterno è posizionato dietro le ultime due teste metatarsali e produce, applicato unilateralmente, una rotazione controlaterale (meno consistente rispetto all'elemento sottocapitale esterno) e una traslazione controlaterale. Applicato bilateralmente un’antepulsione e rotazione interna globale (catena di apertura).
• L'elemento antero interno è posizionato dietro le prime due teste metatarsali e produce, se applicato unilateralmente, una rotazione omolaterale (meno consistente rispetto all'elemento sottocapitale interno) e una traslazione omolaterale. Bilateralmente produce una retropulsione e rotazione esterna globale (catena di chiusura).
• L'elemento medio interno è posizionato tra l'articolazione di Lisfranc e l'articolazione di Chopart. Se applicato unilateralmente produce una consistente traslazione e una leggera rotazione omolaterale. Bilateralmente produce una rotazione esterna e una retropulsione (catena di chiusura).
• L'elemento medio esterno è posizionato sempre tra l'articolazione di Lisfranc e l'articolazione di Chopart, più esternamente rispetto all'elemento medio interno. Applicato unilateralmente produce una consistente traslazione e una modesta rotazione controlaterale. Applicato bilateralmente una rotazione interna e antepulsione (catena di apertura).
• L'elemento postero interno è posizionato tra il bordo interno dell'articolazione di Chopart fin sotto il malleolo interno. Posizionato unilateralmente produce una rotazione e traslazione omolaterale. Posizionato bilateralmente una rotazione esterna e retropulsione (catena di chiusura).
• L'elemento postero esterno è posizionato tra il bordo dell'articolazione di Chopart fino al malleolo esterno. Se posizionato unilateralmente produce una rotazione e traslazione controlaterale, se posizionato bilateralmente una rotazione interna e antepulsione (catena di apertura).
• L'elemento sottotuberositario interno è posizionato dietro il malleolo interno fino alla metà interna del bordo posteriore della pianta del piede. Produce una rotazione controlaterale e traslazione omolaterale applicato unilateralmente. Applicato bilateralmente produce una rotazione esterna e antepulsione.
• L'elemento sottotuberositario esterno è posizionato dietro il malleolo esterno fino al bordo della metà esterna del contorno dell'impronta della pianta del piede. Applicato unilateralmente produce una rotazione omolaterale e una traslazione controlaterale, bilateralmente una rotazione interna e antepulsione.
Ricapitolando gli elementi esterni utilizzati unilateralmente producono:
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Rotazione controlaterale
Traslazione controlaterale
Sottocapitale esterno +++ +
Antero esterno ++ +
Postero esterno ++ +
Medio esterno + +++
Eccezione fatta per l'elemento sottotuberositario esterno che produce rotazione omolaterale. Gli elementi interni utilizzati unilateralmente producono:
Rotazione omolaterale
Traslazione controlaterale
Sottocapitale interno +++ +
Antero interno ++ +
Postero interno ++ +
Medio interno + +++
Eccezione per l'elemento sottotuberositario esterno che produce rotazione controlaterale.
• Tutti gli elementi esterni utilizzati bilateralmente producono una rotazione interna (chiusura).
• Tutti gli elementi interni utilizzati bilateralmente producono una rotazione esterna (apertura).
Le stimolazioni utilizzate non rispondono a leggi meccanico-‐morfologiche, ma devono essere valutate ed utilizzate rispetto ai test posturali per riportare sempre il tono in simmetria. Nel caso di spine irritative, nell'ortesi plantare si aggiunge una mousse di scarico selettivo. Una volta eliminate le spine irritative la mousse deve essere rimossa altrimenti creerà un effetto anestetizzante. Per realizzare l'ortesi si può utilizzare una carta calante per contornare la pianta del piede e segnare i punti di repere che serviranno per posizionare barre ed elementi. Il plantare propriocettivo è fatto con salpa di sughero o resina plastica ricoperta in pelle ed ha uno spessore che varia da 0,8 ai 2 mm. Le stimolazioni invece sono solitamente realizzate in sughero. Una volta confezionati i plantari si verifica se il sistema posturale del paziente è in simmetria tonica con i test di rotazione-‐estensione e posturodinamica e se ortoforizza con il test di Maddox. L'ortesi plantare deve essere controllata a circa due mesi di distanza e successivamente ogni 3-‐4 mesi. Nel momento in cui la posturodinamica risulterà fisiologica ed il soggetto rimarrà ortoforico anche da perturbato, senza ortesi plantari, queste possono essere tolte e il soggetto
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ricontrollato a distanza di sei mesi. É importante eseguire tutti i test sia a piedi nudi con sotto le ortesi, ma anche con quest’ultime posizionate nelle calzature per accertarsi che queste non perturbino l’equilibrio del sistema.
Capitolo redatto da Baccaro Sara
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Capitolo 7 GLI ESERCIZI DI RIPROGRAMMAZIONE POSTURALE ATTRAVERSO I RIFLESSI Si utilizzano gli esercizi di riprogrammazione posturale per agire sulle alterazioni della statica e della “programmazione del movimento”. Questa serie di esercizi proposti sono volti a ripristinare il funzionamento dei recettori sensoriali. La sensorialità, in condizioni di fisiologia, deve essere integrata nel sistema nervoso centrale per disporre di una sua capacità di auto adattarsi grazie ad una serie di risposte neuromuscolari. Gli esercizi di seguito proposti vengono effettuati per cercare di “sbloccare” riflessi neonatali non del tutto superati che, nel processo ontogenetico della motricità, non si sono evoluti in una motricità dapprima volontaria e in seguito in schemi motori automatizzati. In tutti gli esercizi riportati l’operatore applicherà delle leggere spinte a cui il paziente deve rispondere con una resistenza. Le spinte devono essere applicate con circa il 20% della forza massima, per un tempo di circa 7-‐8 secondi. Si ripete l’esercizio per circa 7 volte, o comunque fin quando l’operatore non percepisce che il paziente risponde in modo coordinato e rapido. Riflesso di Moro Il paziente è supino con anca e ginocchio di un arto flessi a 90°, spalla e gomito dell’arto controlaterale flessi a 90°. L’operatore pone le mani a livello di ginocchio e gomito chiedendo al paziente di contrapporsi alle seguenti spinte:
-‐ Chiudo/chiudo: spinta sopra il ginocchio e sotto il gomito. -‐ Apro/apro: spinta sotto il ginocchio e sopra al gomito.
Alternandole per circa 7 volte. -‐ Sopra/sopra: spinta sopra il ginocchio e sopra il gomito. -‐ Sotto/sotto: spinta sotto il ginocchio e sotto il gomito.
Alternandole per circa 7 volte.
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Riflesso di Galani Il paziente è sdraiato sul fianco con anche e ginocchia semiflesse. L’operatore pone le mani a livello del bacino e della spalla del paziente, chiedendo di contrapporsi alle seguenti spinte:
-‐ Avanti/avanti: spinta anteriore alla spalla e anteriore al bacino. -‐ Dietro/dietro: spinta posteriore alla spalla e posteriore al bacino.
Alternandole per circa 7 volte. -‐ Apro/apro: spinta da sopra la spalla e sotto il bacino. -‐ Chiudo/chiudo: spinta da sotto la spalla e sopra al bacino.
Riflesso di Perez Il paziente è prono, l’operatore pone le mani posteriormente ad una spalla e alla tibia distale controlaterale chiedendo al soggetto di contrapporsi alle spinte portando la spalla verso l’alto e la tibia in flessione su coscia. Alternare i due lati per circa 7 volte.
Riflesso tonico asimmetrico del collo Il paziente è supino con una spalla abdotta e gomito flesso, con anca omolaterale abdotta e ginocchio flesso, il capo ruotato controlateralmente agli arti flessi. L’operatore pone le mani a livello del gomito e della coscia distale ed esercita le seguenti spinte:
-‐ In apertura: spinta sopra il gomito e sotto la coscia. -‐ In chiusura: spinta sotto il gomito e sopra la coscia.
Alternandole circa 7 volte. -‐ Sopra/sopra: spinta sopra il gomito e sopra la coscia. -‐ Sotto/sotto: spinta sotto il gomito e sotto la coscia.
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Alternandole circa 7 volte.
Riflesso di Babinski Il paziente è supino e l’operatore esercita le spinte sui piedi a livello delle teste dei metatarsi.
-‐ Dorso/dorso: spinte a livello delle teste metatarsali dorsali. -‐ Pianta/pianta: spinte a livello delle teste metatarsali plantari.
Alternandole circa 7 volte. -‐ Dorso/pianta: una spinta dorsale e una plantare alternate per circa 7 volte. -‐ Rotazione interna/rotazione interna: spinte medialmente alle teste dei primi
metatarsi. -‐ Rotazione esterna/rotazione esterna: spinte lateralmente alle teste dei quinti
metatarsi. Alternandole per circa 7 volte.
-‐ Rotazione interna/rotazione esterna: una spinta mediale e una laterale alternate per circa 7 volte.
-‐ Inversione/inversione: spinte a livello delle teste dei primi metatarsi dorsali verso l’inversione.
-‐ Eversione/eversione: spinte a livello delle teste degli ultimi metatarsi dorsali verso l’eversione. Alternandole per circa 7 volte.
-‐ Inversione/Eversione: una spinta verso l’inversione e una verso l’eversione alternandole per circa 7 volte.
-‐ Antiorario piede dx / antiorario piede sx. Antiorario piede dx / orario piede sx.
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Riflesso della camminata dinamica: Il paziente è in piedi con un ginocchio semiflesso e il braccio opposto in avanti. L’operatore esercita delle spinte sulla gamba semiflessa e sul braccio in avanti, all’altezza del polso, nelle seguenti direzioni:
-‐ Avanti/avanti. -‐ Indietro/indietro. -‐ Abduzione di braccio/Abduzione di gamba. -‐ Adduzione di bravvio/adduzione di gamba.
Prima di ripetere la sequenza con gli altri due arti. Riflesso di strisciamento Il paziente è prono con una spalla abdotta, gomito flesso e capo ruotato omolateralmente, la gamba controlaterale con anca abdotta e ginocchio flesso. L’operatore pone le mani a livello del gomito e della coscia flessa esercitando le seguenti spinte:
-‐ Apro/apro: spinta sopra il braccio e sotto la coscia. -‐ Chiudo/chiudo: spinta sotto il braccio e sopra la coscia.
Alternandole per circa 7 volte.
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-‐ Sopra/sopra: spinta sopra il braccio e sopra la coscia. -‐ Sotto/sotto: spinta sotto il braccio e sotto la coscia.
Alternandole per circa 7 volte. Tutta la sequenza va riproposta sostituendo le spinte di coscia con spinte effettuate sul
piede.
Riflesso palmo-‐mentoniero Il paziente è supino con un braccio flesso a 90° l’operatore esercita le spinte sul dorso della mano e sulla mandibola omolaterale per circa 7 volte. Ripete l’esercizio dalla parte controlaterale.
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Riflesso del palmo Il paziente è supino, l’operatore, intraponendo le sue dita a quelle del paziente, esegue dapprima uno stretching del palmo e successivamente chiede al paziente delle spinte verso la chiusura delle dita e del palmo per poi aprirle nuovamente. Questo test deve essere seguito dal riflesso palmo mentoniero e dal riflesso tonico asimmetrico del collo omolaterale, prima di passare al lato controlaterale.
Gli occhiali stenoscopici Gli occhiali stenoscopici sono un particolare tipo di occhiali con lenti nere in plastica. Queste particolari lenti sono concave e presentano dei piccoli fori tondi distribuiti a nido d’ ape. I raggi luminosi, che attraversano i fori, raggiungono la retina paralleli fra di loro e non necessitano di accomodazione per cadere direttamente sulla fovea. Consentono così una migliore acuità visiva. Questi occhiali obbligano inoltre l’occhio a cercare la luce attraverso i fori stimolando l’oscillazione saccadica continua e costituiscono un’ottima ginnastica oculare ai fini della riabilitazione e del rilassamento della muscolatura oculomotrice. Non devono essere usati in alternativa agli occhiali da vista, ma si possono indossare inizialmente per 10-‐15 minuti al giorno, fino ad arrivare a 1 o 2 ore al giorno non continuate.
Occhiali stenopeici. Acquistabili on-line sul sito www.coivision.com al costo di circa €20.00
La corda di brock La corda di Brock è una corda con lunghezza compresa tra 1 e 3,5 metri di lunghezza e un diametro di 5 millimetri con inserite 4 o 5 palline colorate dal diametro di circa 2 cm che scorrono sulla corda. Gli esercizi da eseguire con la corda di Brock sono finalizzati a migliorare l’abilità oculare nel saltare da un oggetto all’altro. Devono essere eseguiti scalzi e con le lenti per la correzione
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dell’acuità visiva se si ha necessità.
Corda di Brock. Acquistabile on-‐line sul sito www.mfseriate.it o www.Coivision.com con una spesa approssimativo tra gli €.8,00 e €.13,00 o facilmente costruibile.
Procedura esecutiva degli esercizi: Agganciare la corda ad un qualsiasi sostegno, tenderla orizzontalmente e collocarla appros-‐simativamente all’altezza del naso del soggetto. Posizionare la pallina rossa all’estremità più lontana della corda e la pallina gialla ad una distanza di circa 20 cm dal naso del soggetto. Osservando la pallina rossa, all’estremità più lontana della corda si dovrebbero vedere due corde che originano da questa e si dipartono formando una V. Nel caso in cui il soggetto ve-‐da una corda sola è segno del non uso di un occhio. Se così fosse si chiederà al soggetto di occludere alternativamente gli occhi fino a percepire la V. Quando il soggetto sarà in grado di vedere due corde noterà anche la presenza di due palline gialle. Osservando invece la pallina gialla posta vicino al naso, si dovranno vedere due corde che su di essa si incrociano formando una X e due palline rosse all’estremità delle corde. Saltando poi alternativamente e ritmicamente con lo sguardo dalla pallina gialla a quella ros-‐sa il soggetto dovrà mantenere la consapevolezza della contemporanea apparenza delle due corde. Il ritmo con cui il soggetto sposterà lo sguardo deve essere circa di due secondi e scandito con la voce, con il piede o con lo schiocco delle dita. Quando sarà diventato abile nel compiere questa oscillazione, si sposterà la pallina rossa dall’estremità lontana della corda ad una posizione intermedia fra l’aggancio della corda e la pallina gialla. Il soggetto ora compirà delle oscillazioni dalla pallina gialla alla pallina rossa e dalla pallina rossa all’estremità della corda, mantenendo sempre la consapevolezza della contemporanea apparenza delle due corde che formeranno una X quando osserverà la pallina rossa o gialla e formerà una V quando osserverà l’estremità lontana della corda. Successivamente si può va-‐riare l’esercizio inserendo altre palline. Si eseguirà l’esercizio per 5-‐7 minuti. È importante, durante l’esecuzione degli esercizi avere consapevolezza dell’oggetto “puntato” con lo sguardo, ma anche di ciò che lo circonda (corda e ambiente) e contemporaneamente “sentire il movimento degli occhi” ed il loro comportamento.
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La tavoletta propriocettiva
Figura 3. Tavoletta propriocettiva. Questa particolare tavoletta permette un oscillazione di soli 4°. Non esiste in commercio ma è possibile richiederla ad un falegname di fiducia.
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Capitolo redatto da Marino Fabio
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Capitolo 8 COME STRUTTURARE LO STUDIO DI POSTUROLOGIA Se è vero che il posturologo deve essere una figura professionale con delle nozioni ben definite ed un bagaglio tecnico-‐culturale multidisciplinare, è anche vero che la veridicità e l’attendibilità della sua analisi aumenta se supportato da strumentazione adeguata in un contesto ambientale idoneo. Innanzitutto per strutturare al meglio lo studio di posturologia sarebbe buona cosa immedesimarsi nella parte di chi si sta affidando a noi per il nostro consulto. Aprire la porta e immaginare cosa noi vorremmo vedere, trovare e sentire all’interno dello studio di posturologia. Prima cosa che viene percepita ancora prima di ciò che vediamo, è l’odore. Lo studio deve avere sempre un profumo di pulito, non nauseabondo, bensì un profumo neutro, come quello dei disinfettanti, possibilmente che non rimanda ad alcuna profumazione specifica del tipo lavanda, rosa o quant’altro. Un profumo particolare che può essere buono per noi, potrebbe essere percepito dal paziente in modo negativo e riportare alla mente ricordi ansiogeni che lo metterebbero in condizione di disagio. La luce dovrebbe essere il più possibile naturale. Sarebbe meglio evitare la luce al neon poiché sprovvista delle frequenze più calde che caratterizzano la luce del sole. Il neon è una luce fredda e la mancanza delle basse frequenze affatica la vista. Il campo uditivo dell’ambiente circostante non deve essere rumoroso per evitare di distogliere l’attenzione o alterare lo stato di vigilanza che influenzerebbe a sua volta lo stato tonico del soggetto. La musica, come il profumo potrebbe rievocare stati d’animo o ricordi che destabilizzano il paziente, tale per cui sarebbe meglio evitarla. Anche la temperatura deve essere adeguata, possibilmente regolabile nel luogo in cui il paziente dovrà eventualmente spogliarsi. Ottimizzando la temperatura si riduce la probabilità di assistere a posture rigide che altererebbero, per esempio, lo statokinesigramma. Anche il colore delle pareti merita le dovute attenzioni. Il colore è un elemento fondamentale della nostra esistenza. Il nostro quotidiano è contrassegnato da un rapporto profondo con il mondo dei colori. Ogni colore ha sulla psiche e sul nostro "sentire" un particolare effetto. Il rosso stimola il sistema nervoso, aumenta la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa e respiratoria. Il blu ha invece un effetto contrario, diminuisce frequenza cardiaca e respiratoria e abbassa la pressione sanguigna2. Il verde sortirebbe invece un effetto antibatterico, motivo per il quale le sale mediche hanno le pareti di questo colore. Queste risposte fisiologiche alla percezione dei colori, non sono liberamente controllabili e avvengono a prescindere dalla volontà dell'uomo. I colori sono autonomi e si regolano da sé inducendo delle risposte fisiologiche che meriterebbero le dovute attenzioni per garantire il massimo confort e la minor interferenza possibile con le procedure terapeutiche messe in
2 Max Lüscher "IL TEST DEI COLORI" Casa editrice Astrolabio, edizione 1976
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atto.
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8.1 CARATTERISTICHE TECNICHE Nello studio del posturologo libero professionista devono essere presenti: -‐ Locale adibito all'attività di posturologo avente superficie minima di 10 mq, di cui una lunghezza minima di 3 metri idonea a garantire un corretto svolgimento del Maddox Test. -‐ Pavimenti e murature lavabili e disinfettabili fino a 1,80 metri da terra. -‐ All'interno del medesimo locale devono essere assicurate illuminazione e ventilazione naturale, escluso ripostiglio e sgabuzzino. -‐ Uno spazio destinato a sala d'attesa adeguato per volume di persone presenti in contemporanea nello studio. -‐ Spazio, eventualmente anche interno alla sala di attesa, destinato alle attività amministrative e di accettazione. -‐ Servizio igienico facilmente accessibile ai pazienti trattati. Il bagno deve avere un antibagno che può essere ricavato anche da un bagno con superfice di 10 mtq. Se lo studio è di nuova destinazione ad attività produttiva, deve prevedere il bagno per disabili, con metratura minima di 1,80x1,80 più antibagno, volendo da destinarsi ad entrambi i sessi. -‐ Locale adibito a spogliatoio per il professionista. -‐ Deve anche essere predisposta una zona con schedari per la conservazione dei documenti del paziente nel rispetto della normativa vigente in materia di protezione dei dati personali (D. Lgs. 196/2003). -‐ I corridoi devono avere una larghezza minima di 90 cm e le porte con larghezza minima di 80 cm per garantire il passaggio alle carrozzine. Lo studio deve essere riservato esclusivamente ad uso professionale (categoria catastale A10) in ambienti appositamente adibiti, oppure può essere inserito in un appartamento di civile abitazione, con locali specificatamente dedicati all’attività professionale. Deve possedere i requisiti strutturali e tecnologici generali previsti dalle normative vigenti, comprese quelle in materia di igiene e sicurezza e devono conformarsi alla disciplina in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro ove applicabile (D. Lgs. 81/2008)3. Questi sopra elencati sono i requisiti minimi richiesti per aprire un proprio studio. La normativa al quale ci siamo rifatti per questo elaborato è quella riguardante l’attività del fisioterapista, ma anche l’attività del posturologo con una laurea Scienze Motorie dubitiamo fortemente che possa differenziarsi da questi criteri di base. Il nostro consiglio è comunque quello di prestare attenzione alle normative locali vigenti in quanto ogni distretto Asl può avere normative differenti. Per tanto sarebbe buona cosa consultare l’Asl territoriale per un incontro con i responsabili dell’ufficio tecnico e chiedere loro un parere preventivo prima di presentare la dichiarazione di inizio attività (DIA).
3 Bollettino Ufficiale n. 15 del 16 / 04 / 2009
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8.2 STRUMENTAZIONE NECESSARIA PER AVVIARE LO STUDIO STRUMENTI DIAGNOSTICI
• Paletta Maddox con relativa luce a led (fascio luminoso sottile e intenso). • Applicazione di frequenze sonore per tablet o smartphone. • Occhiali per la prova prismatica. • Lenti prismatiche 2D e 3D. • Stimolazioni propriocettive plantari.
STRUMENTI DIAGNOSTICI FACOLTATIVI
• Pedana stabilometrica. • Pedana baropodometrica. • Filo a piompo.
STRUMENTI TERAPEUTICI
• Vibratore frequenza 70 Hz. • Tavola propriocettiva 4 gradi massimi di oscillazione. • Corda di Brock. • Occhiali stenopeici.
8.3 FIGURE PROFESSIONALI LEGATE AL POSTUROLOGO Affinché il posturologo possa svolgere al meglio il proprio ruolo chiave nel riequilibrio del SPF, nel rispetto della deontologia professionale dettata dalla laurea di base, è indispensabile che si avvalga della stretta collaborazione con altre figure professionali. Questi professionisti dovrebbero, almeno in parte, aver appreso i concetti che stanno alla base della posturologia sensoriale, di gran lunga differente dalla “posturologia” che si limita al riequilibrio posturale di un asse bisacromiale o bisiliaco non allineato. Le figure minime indispensabili sono:
• Osteopata
• Dentista
• Optometrista
• Podologo
L’osteopata e il posturologo Se è vero che la sola terapia manuale non è sufficiente a risolvere definitivamente un problema, è anche vero che la terapia posturologica non potrà essere efficace ed avere un effetto su pazienti in cui è presente un’alterazione funzionale di una o più articolazioni, in particolare del rachide. Valutato il caso specifico e la reale necessità, la manovra osteopatica può essere indispensabile per rimuovere blocchi funzionali e permettere al posturologo di
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rivalutare e ottimizzare il sistema posturale fine. Il ruolo dell’osteopata sarà quello di creare un campo di lavoro idoneo, “permeabile” alle correzioni propriocettive messe in atto successivamente dal posturologo. Condizione “sine qua non” affinché le correzioni abbiano delle risposte funzionali. Dentista e posturologo Il dentista collabora col posturologo, non per creare una modificazione meccanica dell’occlusione, ma per mettere stimolazioni sensoriali (palline Alph) che possano ottimizzare il funzionamento del SPF. I punti dove mettere le Alph vengono decisi dal posturologo sulla base dei test che ha precedentemente effettuato durante la prima visita. Posturologo e dentista dovrebbero lavorare in simbiosi trasmettendo al paziente il messaggio che i lavori in bocca non devono essere solo belli esteticamente da vedere, ma devono sposarsi perfettamente con il corretto funzionamento dell’articolazione temporo-‐mandibolare, con l’armonia dei muscoli masticatori e con risposte fisiologiche durante i test tonici del posturologo. L’avere i “denti storti”, nell’ottica posturologica, è l’espressione di ciò che il SPF è riuscito a compensare attraverso questo sintomo. I denti non sono finiti in quella posizione per caso, ma sono un sintomo al pari di una sciatalgia, di una sensazione vertiginosa ecc… Correggere solo l’allineamento dei denti, sarebbe semplicemente come spostare il problema da un’altra parte del corpo con la comparsa di nuovi sintomi. Nulla vieta di integrare le pratiche puramente ortodonziali alle stimolazioni posturologiche; meglio ancora sarebbe, rimanendo sull’esempio dei denti storti, affrontare prima la problematica con un approccio posturologico che potrebbe di per sé risolvere il problema. L’optometrista e il posturologo L’optometrista ha il fondamentale compito di garantire la corretta centratura delle lenti sia per chi è già portatore di occhiali sia per chi necessita di una correzione con lenti prismatiche. È il principale responsabile delle problematiche che possono avere gli occhiali in termini di centratura delle lenti o asse di astigmatismo sbagliato. Podologo e posturologo Il podologo di fiducia, in accordo col posturologo, è indispensabile per creare delle solette plantari propriocettive sulla base delle stimolazioni plantari che hanno dato una risposta posturo-‐dinamica positiva durante la visita posturologica. Le solette propriocettive non hanno niente a che vedere con le solette plantari biomeccaniche dall’azione squisitamente meccanica, non sensoriale, o meglio troppo sensoriale al punto che il sistema posturale fine non è in grado di codificare lo stimolo sensoriale adeguato. L’obiettivo comune, su indicazione del posturologo che assume il ruolo di direttore d’orchestra delle figure professionali, sarà quello di creare una o più stimolazioni che lavorano per lo stesso obiettivo; per esempio solette propriocettive e Alph. Il trattamento posturale mira, attraverso la manipolazione di una o più entrate, a rieducare il sistema posturale fine “giocando” con la plasticità neuronale per degli effetti a breve e lungo
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termine. Il creare una ridondanza di segnale, attraverso le stimolazioni sopra citate, favorisce la destrutturazione di circuiti nervosi, la formazione di nuovi circuiti neuronali più funzionali e la scomparsa dei sintomi sul piano psico-‐somatico e motorio. Possiamo definire completato un percorso terapeutico quando il soggetto, ad ogni controllo, avrà mantenuto la simmetria di tono, senza la comparsa di nuovi sintomi, avvertendo comunque il paziente che non siamo in grado di prevedere la durata di un buon trattamento.
Capitolo redatto da Marino Fabio Bibliografia:
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-‐Posturologia-‐Regolazione e perturbazione della stazione eretta. 2° edizione Pierre-‐Marie Gagey Marrapese editore – Roma.2000 -‐Lezioni di Posturologia A. Marino e P. Bresson Associazione Francese di Posturologia -‐Esercizi di riporogrammazione posturale P. Quercia, O. Alves da Silva,A. Marino -‐Materiale acquisito durante le lezioni