terra - quotidiano - 15/03/2011

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FERMATEVI In fondo Cara ministro Prestigiacomo: si fermi. Anzi, fermatevi: lei, il suo collega del retro-Sviluppo, Pao- lo Romani, l’amministratore de- legato dell’Enel, Fulvio Conti (che ieri in Borsa non ha pian- to quanto i suoi omologhi tede- schi e francesi solo perché, for- tunatamente, l’azienda di cui è al vertice non ha ancora cen- trali atomiche), il neo paladino dell’atomo sicuro, Chicco Testa (al quale siamo persino pron- ti a perdonare un nuovo ripen- samento), il vate del nucleare senza rischi, Umberto Verone- si (di cui avevamo stima, come scienziato). FERMATEVI! Scu- sate se usiamo le maiuscole e il punto esclamativo, ma il nostro vuole essere un appello accora- to al buon senso. Qui non c’en- trano le ideologie, le scelte po- litiche, la diversità di opinio- ni, tutte legittime. E non è una questione di tatticismi, o peg- gio ancora, come qualcuno ha paventato, di «macabre stru- mentalizzazioni». Quanto è ac- caduto e sta ancora accaden- do in Giappone deve costringe- re tutti a una pausa, vera, di ri- flessione. Non è certo sull’onda dell’emotività che Angela Mer- kel e la sua maggioranza hanno deciso di “fermare le macchi- ne” del rilancio nucleare. O che il germe del dubbio si diffonda in Francia come in Polonia. Pos- sibile che soltanto a noi ecologi- sti “settari”, davanti a quella fo- to del bambino a braccia aperte che dopo aver vissuto la trage- dia dello tsunami deve sotto- porsi al test di radioattività, sia venuto spontaneo chiederci: ma che senso ha? Può davvero il “costo dell’energia”, ammesso che con il nucleare si risparmi (e non è vero), giustificare un’im- magine come quella? Ci sem- bra già di ascoltare le repliche: in Italia si costruiranno centrali più sicure; il terremoto in Giap- pone è stato un evento eccezio- nale; da noi non potrà mai acca- dere. Ne siete davvero certi? Sie- te pronti a scommettere anche sul futuro dei vostri figli? Liberi di farlo, ma non in nostro nome. Almeno consentite agli italiani di votare sul referendum nucle- are nello stesso giorno in cui si svolgeranno le elezioni ammini- strative. Facciamo in modo che il popolo sovrano possa decide- re davvero del suo futuro ener- getico, e non solo. Senza ingan- ni e senza trucchi. Sele, un fiume di veleni Da mesi dalla discarica di macchia Soprana nel salernitano viene sversato il percolato direttamente nel corso d’acqua. Allarme per le campagne circostanti. Nonostante gli esposti, nulla è ancora cambiato. Le foto in esclusiva Io ho paura Nuove esplosioni a Fukushima, Barre a rischio di fusione. Cresce l’incubo radiazioni. E in Europa i governi ripensano la scelta nucleare. Tranne l’Italia L’inchiesta Le guardie ambientali del Wwf denunciano: «In corso un disastro ambientale». Bertolaso aveva promesso la bonifica Giappone Mottola a pagina 5 Anno VI - n. 62 - martedì 15 marzo 2011 - E 1,00 Nordest Belluno, la Procura indaga su un impianto di bitume sul Piave pagine 8 e 9 Segue a pagina 3 Enrico Fontana Luca Bonaccorsi Paolo Tosatti Nuove esplosioni a Fukushima, un allarme per barre di combu- stibile atomico rimaste comple- tamente esposte, due violente scosse di assestamento. E anco- ra morti, sfollati e distruzione. A cinque giorni dal devastante ter- remoto di venerdì, il Giappone continua a combattere contro la furia della natura e il pericolo nucleare, mentre la paura di una nuova Chernobyl supera i confini dell’arcipelago nipponico e fa tre- mare borse e mercati. Nella mattinata di ieri, due de- flagrazioni hanno fatto salta- re una parte del tetto della gab- bia di contenimento dei reatto- ri nell’impianto di Fukushima 1 e causato il ferimento di almeno undici persone. Subito dopo le esplosioni la società che gestisce l’impianto, la Tepco, ha reso noto che nel reattore numero 2 il livello dell’acqua di raffreddamento che circonda le barre di combustibi- le nucleare è sceso drasticamen- te a causa di un problema al siste- ma di pompaggio, lasciandole del tutto esposte. lex Sorokin, ingegnere nucleare, russo, ha la- vorato per decenni dentro le centrali nucleari e da giorni analizza le informazioni che arri- vano dal Giappone producendo previsioni che finora si sono dimostrate drammaticamente accurate. Dott. Sorokin qual’è, secondo le informazioni in suo possesso, la situazione nella centrale nucle- are di Fukushima? Ci sono un numero di reattori con il nocciolo par- zialmente fuso per mancanza del liquido di raffreda- mento. Perchè manca il liquido di raffreddamento? Perchè intorno al reattore, in seguito al terremoto, lo tsunami e le esplosioni è tutto danneggiato. Ca- vi, tubature, valvole, comandi, connessioni, pro- babilmente è tutto distrutto e i tecnici non con- trollano più il reattore. Come stanno cercando di interve- nire ? Pompando acqua di mare nel reat- tore per raffreddare le barre con i mezzi dei vigili del fuoco. «Le centrali non si spengono. È il loro tallone d’Achille» A L’intervista Luca Bonaccorsi 9 7 7 2 0 3 6 4 4 3 0 0 7 1 0 3 1 4 Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB - Roma Rivolte Dalle città Cinema 7 In Libia i ribelli schiacciati dall’aviazione di Gheddafi. Sangue e violazioni in Yemen e Bahrain. E anche la Palestina inizia a sollevarsi 10-11 Milano: i nuovi affari della ‘ndrangheta e la battaglia per accorpare amministrative e referendum sull’ambiente. Napoli: è allarme smog 16 A colloquio con il regista Marco Bellocchio che presenta il suo ultimo film Sorelle mai, domani in tutte le sale Segue a pagina 3 © WALLY SANTANA/AP

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Page 1: TERRA - quotidiano - 15/03/2011

FERMATEVIIn fondo

Cara ministro Prestigiacomo: si fermi. Anzi, fermatevi: lei, il suo collega del retro-Sviluppo, Pao-lo Romani, l’amministratore de-legato dell’Enel, Fulvio Conti (che ieri in Borsa non ha pian-to quanto i suoi omologhi tede-schi e francesi solo perché, for-tunatamente, l’azienda di cui è al vertice non ha ancora cen-trali atomiche), il neo paladino dell’atomo sicuro, Chicco Testa (al quale siamo persino pron-ti a perdonare un nuovo ripen-samento), il vate del nucleare senza rischi, Umberto Verone-si (di cui avevamo stima, come scienziato). FERMATEVI! Scu-sate se usiamo le maiuscole e il punto esclamativo, ma il nostro vuole essere un appello accora-to al buon senso. Qui non c’en-trano le ideologie, le scelte po-litiche, la diversità di opinio-ni, tutte legittime. E non è una questione di tatticismi, o peg-gio ancora, come qualcuno ha paventato, di «macabre stru-mentalizzazioni». Quanto è ac-caduto e sta ancora accaden-do in Giappone deve costringe-re tutti a una pausa, vera, di ri-flessione. Non è certo sull’onda dell’emotività che Angela Mer-kel e la sua maggioranza hanno deciso di “fermare le macchi-ne” del rilancio nucleare. O che il germe del dubbio si diffonda in Francia come in Polonia. Pos-sibile che soltanto a noi ecologi-sti “settari”, davanti a quella fo-to del bambino a braccia aperte che dopo aver vissuto la trage-dia dello tsunami deve sotto-porsi al test di radioattività, sia venuto spontaneo chiederci: ma che senso ha? Può davvero il “costo dell’energia”, ammesso che con il nucleare si risparmi (e non è vero), giustificare un’im-magine come quella? Ci sem-bra già di ascoltare le repliche: in Italia si costruiranno centrali più sicure; il terremoto in Giap-pone è stato un evento eccezio-nale; da noi non potrà mai acca-dere. Ne siete davvero certi? Sie-te pronti a scommettere anche sul futuro dei vostri figli? Liberi di farlo, ma non in nostro nome. Almeno consentite agli italiani di votare sul referendum nucle-are nello stesso giorno in cui si svolgeranno le elezioni ammini-strative. Facciamo in modo che il popolo sovrano possa decide-re davvero del suo futuro ener-getico, e non solo. Senza ingan-ni e senza trucchi.

Sele, un fiume di veleniDa mesi dalla discarica di macchia Soprana nel salernitano viene sversato il percolato direttamente nel corso d’acqua. Allarme per le campagne circostanti. Nonostante gli esposti, nulla è ancora cambiato. Le foto in esclusiva

Io ho paura

Nuove esplosionia Fukushima, Barre a rischio di fusione. Cresce l’incubo radiazioni. E in Europa i governi ripensano la scelta nucleare. Tranne l’Italia

L’inchiesta Le guardie ambientali del Wwf denunciano: «In corso un disastro ambientale». Bertolaso aveva promesso la bonifica

Giappone

Mottola a pagina 5

Anno VI - n. 62 - martedì 15 marzo 2011 - E 1,00

NordestBelluno, la Procura indaga su un impianto di bitume sul Piave

pagine 8 e 9

Segue a pagina 3

Enrico FontanaLuca Bonaccorsi

Paolo Tosatti

Nuove esplosioni a Fukushima, un allarme per barre di combu-stibile atomico rimaste comple-tamente esposte, due violente scosse di assestamento. E anco-ra morti, sfollati e distruzione. A cinque giorni dal devastante ter-remoto di venerdì, il Giappone continua a combattere contro la furia della natura e il pericolo nucleare, mentre la paura di una nuova Chernobyl supera i confini dell’arcipelago nipponico e fa tre-mare borse e mercati.Nella mattinata di ieri, due de-flagrazioni hanno fatto salta-re una parte del tetto della gab-bia di contenimento dei reatto-ri nell’impianto di Fukushima 1 e causato il ferimento di almeno undici persone. Subito dopo le esplosioni la società che gestisce l’impianto, la Tepco, ha reso noto che nel reattore numero 2 il livello dell’acqua di raffreddamento che circonda le barre di combustibi-le nucleare è sceso drasticamen-te a causa di un problema al siste-ma di pompaggio, lasciandole del tutto esposte.

lex Sorokin, ingegnere nucleare, russo, ha la-vorato per decenni dentro le centrali nucleari e da giorni analizza le informazioni che arri-

vano dal Giappone producendo previsioni che finora si sono dimostrate drammaticamente accurate. Dott. Sorokin qual’è, secondo le informazioni in suo possesso, la situazione nella centrale nucle-are di Fukushima? Ci sono un numero di reattori con il nocciolo par-zialmente fuso per mancanza del liquido di raffreda-mento.Perchè manca il liquido di raffreddamento?

Perchè intorno al reattore, in seguito al terremoto, lo tsunami e le esplosioni è tutto danneggiato. Ca-vi, tubature, valvole, comandi, connessioni, pro-babilmente è tutto distrutto e i tecnici non con-trollano più il reattore.Come stanno cercando di interve-nire ?Pompando acqua di mare nel reat-tore per raffreddare le barre con i mezzi dei vigili del fuoco.

«Le centrali non si spengono. è il loro tallone d’Achille»

AL’intervistaLuca Bonaccorsi

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Rivolte Dalle città Cinema7In Libia i ribelli schiacciati dall’aviazione di Gheddafi. Sangue e violazioni in Yemen e Bahrain. E anche la Palestina inizia a sollevarsi

10-11Milano: i nuovi affari della ‘ndrangheta e la battaglia per accorpare amministrative e referendum sull’ambiente. Napoli: è allarme smog

16A colloquio con il regista Marco Bellocchio che presenta il suo ultimo film Sorelle mai,domaniin tuttele sale

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martedì 15 marzo 20112 >>Primo piano>>

L’intervista

Analisi

dopo che hai “spento” il reattore il combustibile produce calore che ho calcolato in circa 140MW, co-me se uno bruciasse 12 mila litri di benzina l’ora. Questo calore scema ogni giorno, ma è altissimo nei pri-mi 5-6 giorni. Quindi: arriva il ca-taclisma (il terremoto per es.), fai in tempo a spegnere il reattore ma il problema ce l’hai lo stesso. Se il terremoto ti distrugge l’infrastrut-tura di raffreddamento o elettri-ca, parliamo di tubi e cavi, ti ritrovi con un reattore che tende a riscal-darsi sempre più, sciogliere il com-bustibile e, potenzialmente, spac-care la struttura di contenimento in cui è racchiuso. Per questo non si può dire che è una tecnologia “sicura”.Dicono che i nuovi reattori pos-sono resistere 48 ore in assenza di raffreddamento. Sarei davvero curioso di vedere una dimostrazione! In Europa molti Paesi riconside-rano i loro piani nucleari. Stan-do alle prime reazioni invece il governo italiano ribadise l’in-tenzione di costruire le 4 cen-trali progettate. Cosa ne pensa.Non voglio entrare nel dibattito politico. Ma da tecnico direi che mi sembra assai probabile che lo faranno presto i nostri partner eu-ropei. L’Italia è il Paese geologica-mente più instabile d’Europa. Non mi meraviglierebbe se fossero pro-prio i tedeschi o i francesi a chie-dere all’Italia di riconsiderare i suoi piani nucleari.

Funzionerà?È possibile. Intanto però l’acqua che pompano produce vapore che devono scaricare in atmosfera. So-no vapori altamente radioattivi. I tecnici ne sono investiti. E così l’ambiente circostante, per fortuna il vento og-gi tira verso il mare. La portaerei americana, sul luogo per i soccor-si, si è dovuta allonta-nare infatti. Il problema è che domani si preve-de che il vento giri por-tando la nube radioatti-va verso sud, dove c’è la terraferma e Tokio, una città con 15 milioni di persone. Quali sono i rischi per la salute umana?Dipende dagli eventi delle pros-sime ore. È fondamentale che la struttura di contenimento, che è molto robusta, tenga. Se così non fosse e il nucleo di combustibi-le fondesse completamente e ri-uscisse a fuoriuscire sarebbe un

«Il nucleare? Non è una tecnologia sicura»Bonaccorsi dalla prima

L’intervista Parla l’ingegnere Alex Sorokin: «I reattori non si spengono, il problema è il calore di decadimento. è questo il tallone d’Achille delle centrali quando saltano i sistemi»

disastro. Diverso il discorso per i tecnici. Quelli sono degli eroi. Re-stano li per salvare il salvabile ma stanno assorbendo grandi quanti-tà di radioattività. Probabilmente sono condannati a morte. Sanno cosa gli sta succedendo?Penso di si.

Dopo lo Tsunami i media ave-vano diffuso un messaggio ras-sicurante: i reattori sono stati spenti.Alla gente bisogna dirlo: un reatto-re non si spegne. O meglio, si può spegnere ma c’è comunque il pro-blema del “calore di decadimento”.

È un problema notissimo ai tecni-ci ma che non è stato ben spiega-to. Nessuno si è chiesto come mai la sequenza degli incidenti è ugua-le in tutte le centrali?Ce lo spieghi ancoraIl tallone d’Achille della tecnolo-gia nucleare è questo qui. Anche

no degli argomenti uti-lizzati dai nuclearisti no-strani è che il reattore giapponese interessato

dall’evento è di seconda genera-zione. Questo argomento dovreb-be implicare un giudizio negativo sulla sicurezza d’esercizio di tali reattori, e quindi la chiusura del-la loro quasi totalità, considerato che sono di seconda generazione. Quelli di terza, quasi tutti ad ac-qua leggera (usano acqua norma-le per il raffreddamento e mode-

Erasmo Venosi*

U

Le centrali italiane Eprnascono già vecchie

Analisi Gli impianti che il governo ha deciso di installare nel nostro Paese useranno una tecnologia che prevede l’uso flessibile del Mox, un combustibile potenzialmente molto pericoloso

I tecnici che restano al loro posto per salvare il salvabile sono eroi. Ma sono condannati

rare la reazione a catena), in pres-sione come l’AP 1000 (Advanced Pressurized Reactor da un milio-ne di Kw), il System 80, l’EPR, e ad acqua bollente come l’ABWR (Ad-vanced Boiling Water Reactor), il SWR 1000 (Siede Wasser Reac-tor), il BWR 90 (Boiling Water Re-actor), attualmente ne sono in co-struzione nel mondo 61. I principi di sicurezza cardinali sono comu-ni a tutti i reattori: ridondanza, di-versità, separazione fisica, princi-pio “fail-safe”. Ridondanza equiva-le all’installazione di più compo-nenti. La diversità vuol dire pro-

gettazione diversa di uno o più si-stemi. La separazione fisica si re-alizza separando sistemi e parti che svolgono funzioni analoghe. Infine il “fail-safe” dovrebbe de-terminare la condizione di sicu-rezza dell’impianto. Dopo Cher-nobyl e Three Mile Island, fu det-to che i reattori di seconda gene-razione non dovevano esser più utilizzati. Lo diceva il Prof Lester, docente d’ingegneria nucleare nel MIT di Boston. Come spiegare l’aumento dell’operatività di que-sti reattori di circa dieci punti per-centuali ( fattore di carico) o della

potenza di targa? Tutte impazzi-te le Autorità di Sicurezza Nazio-nale? A Pittsburgh, nel 1979, una bolla di gas si formò sopra il noc-ciolo. Si surriscaldò al punto che lo zirconio della camice dell’ele-mento del combustibile reagì con l’acqua provocando un’emissio-ne d’idrogeno. La miscela d’idro-geno e ossigeno poteva scoppiare distruggendo la vasca del reatto-re, proiettando i prodotti in atmo-sfera. Va anche osservato che la formazione della bolla d’idroge-no non era prevista in alcuno de-gli scenari d’incidente immagina-

ti dalle autorità americane. Do-po 32 anni a seguito di un even-to naturale grave assistiamo ad un’esplosione nel reattore cau-sato dall’idrogeno nella struttu-ra metallica che sovrasta il reat-tore. Un progettista di centrali nucleari ha detto che nel reatto-re a rischio 3, è usato come com-bustibile il Mox, un composto d’uranio misto a plutonio (100 grammi d’uranio e un grammo di plutonio contengono l’ener-gia equivalente di una tonnella-ta di petrolio), e che, in caso di fusione del nocciolo, le ricadute di radioattività potrebbero esser molto peggiori. I primi 4 reattori italiani (EPR) saranno ad acqua in pressione, e riducono del 17% il consumo d’uranio e del 15 gli attinidi per 1000 Kwh prodotti, ma usano in maniera flessibile il MOX. Resta infine il potenziale rischio per i sistemi di controllo che presidiano la sicurezza.

*fisico nucleare

Arcore. “Berlusconi dimettiti” su un enorme striscione. Ad accompa-gnarlo le sagome di agenti della Polizia trafitti da coltelli e la scritta “Ci hanno pugnalato alle spalle”. Questa l’accoglienza riservata a Ber-lusconi dai sindacati delle forze dell’ordine in agitazione per i forti ta-gli subiti. Alle 10:30, il premier è uscito dall’abitazione, con indosso un giubbotto della polizia di Stato e si è impegnato a presentare nel pros-simo CdM un provvedimento per recuperare i fondi.

Silvio assediato dalle forze dell’ordine

ContestatiLe Pen e Borghezio

Arcore Lampedusa

La centrale nucleare di Fukushima

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martedì 15 marzo 2011 3>>Primo piano>>

Giappone

La testimonianza

In base a quanto riferito dall’agenzia di stampa Kyodo, una volta esposte le barre avreb-bero dato inizio a un processo di fusione, rilasciando isotopi ra-dioattivi; una squadra di tecnici sarebbe però intervenuta utiliz-zando acqua di mare come refri-gerante, bloccando il processo e riportando la situazione a un li-vello definito non pericoloso. Se-condo le comunicazioni ufficia-li, finora le dosi di radiazioni re-gistrate al di fuori della centrale di Fukushima 1 sono al di sotto della soglia di allarme: il valore di 1557,5 microsievert registrato ieri infatti è mille volte più bas-so della dose a cui si riscontra-no danni biologici acuti. Secon-do le tabelle internazionali, i pri-mi effetti sulla salute si hanno con un’ora di esposizione tra 0,1 e 0,5 sievert, che causa una dimi-nuzione temporanea dei globu-li bianchi. Da 1 a 2 sievert si ha invece un avvelenamento radio-attivo lieve, con nausea, vomi-to e depressione del sistema im-munitario. L’avvelenamento gra-ve si ha con un’esposizione di 3 sievert, che comporta la morte del 50 per cento dei pazienti en-tro 30 giorni. Sopra i 6 sievert, in assenza di terapie drastiche co-me il trapianto di midollo osseo, la mortalità è del 100 per cento. Nel vicino stabilimento di Fu-kushima 2, intanto, la situazio-

Fukushima, allarme fusione nel reattore 2

Tosatti dalla prima

Giappone L’impianto è stato colpito da due nuove esplosioni. Un guasto al sistema di pompaggio ha lasciato esposte le barre di combustibile atomico, poi raffreddate grazie all’impiego di acqua di mare

ne si sarebbe stabilizzata, anche se uno dei tre reattori presen-ti continua ad avere problemi di raffreddamento. Nelle altre due centrali che domenica avevano destato preoccupazione, Onaga-wa e Tokai, gli impianti refrige-ranti sarebbero invece perfetta-

mente funzionanti. Oltre all’allarme nucleare, le au-torità giapponesi stanno fron-teggiando in queste ore anche una grave emergenza umani-taria. Nel Nord Est dell’arcipe-lago strade, ferrovie, porti e in-frastrutture sono stati pesan-

temente danneggiati, renden-do in molti casi estremamen-te problematici i soccorsi. Nel-la regione sono milioni le per-sone rimaste senza un riparo, senza energia elettrica e senza acqua, in quella che il premier giapponese Naoto Kan ha defi-

iromi mi parla dalla ca-sa di suo fratello alla pe-riferia di Sendai, prefet-tura di Miyagi, la regio-

ne più colpita dal disastro. Sedu-ta al computer mi racconta con apprensione il peggior terremoto che il Giappone ricordi, quei mi-nuti terribili con gli oggetti che volavano fuori dai mobili e tutto intorno che ballava come su una nave in tempesta. D’improvviso si blocca nel suo inglese approssi-mativo, appena sufficiente a far-si capire. «Trema ancora. Proprio adesso! Fa paura» Subito dopo la prima scossa, venerdì scorso, si è diretta al rifugio più vicino e am-massata con tanti altri sul pavi-mento di una scuola, nel fred-do invernale che ancora morde il Nord dell’isola di Honshu, ha sa-puto dello tsunami che devasta-va la costa fin nei pressi del suo quartiere, che spazzava via case,

Bruno Picozzi

H Paura a Sendai: «Spero che il vento non cambi»

La testimonianza A colloquio con Hiromi, prigioniera di una terra devastata a pochi chilometri dalla centrale nucleare di Fukushima. «Non so cosa fare, non so dove scappare»

strade e migliaia di vite umane. Si portava via la casa di sua non-na, costruita a poche centinaia di metri dalla costa. E anche quel-la della sua migliore amica, della quale non ha più notizie. Adesso Hiromi è prigioniera tra la costa devastata a circa 30 km e la cen-trale nucleare di Fukushima ap-pena più lontano. Le scosse di as-sestamento si ripetono una die-tro l’altra, «sembra che non smet-ta mai di tremare», dice. «Non esce acqua dai rubinetti, non c’è gas per cucinare e l’elettricità va e viene». Ogni tanto si sparge la

voce di un nuovo tsunami in arri-vo. La televisione trasmette sen-za sosta le immagini del disastro e manda gli ultimi aggiornamenti sulle esplosioni negli impianti vi-cini. «Dicono che non è perico-loso, che dobbiamo stare calmi. Dobbiamo tenere la pelle coper-ta e proteggere il capo». Le chie-do per quale ragione deve proteg-gersi se non c’è pericolo. «Per pre-cauzione», risponde citando le raccomandazioni delle autorità. I giapponesi sono un popolo ub-bidiente fin nel profondo e, se il capo dice di fare una cosa, la fan-

no e basta. Le faccio presente che gli americani hanno fatto allonta-nare la Settima flotta che incro-ciava a 160 km dalla costa e che i francesi raccomandano ai lo-ro concittadini di lasciare Tokyo, 240 chilometri più a Sud. «Non so cosa fare. Non so dove scappare», risponde confusa. Hiromi sa so-lo che deve rimanere dov’è, lei, il fratello e i genitori, in una piccola casa tutta dinoccolata con scor-te di acqua e cibo che basteran-no forse per una settimana. Con questa minaccia invisibile che scende dal Nord, da Fukushima.

«Dicono che il vento soffia verso il mare e quindi non è pericoloso. Ma se il vento dovesse comincia-re a soffiare da Est, allora potreb-be arrivare fin qui». Fin quando l’elettricità lo permette rimango-no tutti incollati al computer e al-la televisione, a seguire le notizie che potrebbero cambiare la lo-ro vita. «Mi ha fatto bene parlare con te», mi dice infine, come se io potessi in qualche modo aiutar-la. Poi ci salutiamo con un sorri-so, più di preoccupazione che di speranza. «Speriamo che il vento non cambi».

Il crocifisso è l’unico simbolo religioso ammesso nelle aule di italia-ne. A stabilirlo è stata ieri la Corte di cassazione, secondo la quale, per esporre negli uffici pubblici altri simboli religiosi, sarebbe neces-saria «una scelta discrezionale del legislatore, che al momento non sussiste». La sentenza è quella che ha portato alla rimozione dall’or-dine giudiziario Luigi Tosti, giudice di pace di Camerino che si era ri-fiutato di tenere udienza alla presenza del crocifisso.

A Lampedusa ieri sono sbarcati 64 migranti, ma anche Marine Le Pen, presidente del Fronte nazionale francese, e Mario Borghezio, europarlamentare della Lega Nord, in visita istituzionale al centro di accoglienza per i rifugiati. «Provo molta compassione per voi, ma l’Europa non può accogliervi», ha detto la leader di estrema destra, contestata da alcuni cittadini siciliani, che hanno intonato slogan antifascisti e a sostegno degli immigrati.

Aule giudiziarie,il crocifisso detta legge

Diritti

nito la più grave crisi dalla Se-conda guerra mondiale. I media locali riferiscono di 2.000 cada-veri rinvenuti ieri in due citta-dine lungo la costa nella prefet-tura di Miyagi. Un numero che, sommato a quello dei corpi tro-vati nei giorni scorsi nella peni-

sola di Ojika e a Mina-miasnriku, porterebbe la stima parziale delle vittime a 5.000, mentre restano decine di mi-gliaia i dispersi. A complicare ulterior-mente la situazione del Giappone sono i timo-ri sul fronte economi-

co: la Borsa di Tokyo è crollata ieri di oltre il 6 per cento, bru-ciando tutti i guadagni realizza-ti dall’inizio dell’anno. Per tenta-re di arginare la crisi la Bank of Japan (BoJ) ha deciso di aumen-tare di 5.000 miliardi di yen (cir-ca 44 miliardi di euro), le risor-se per l’acquisto di asset garan-titi, in modo da incrementare la liquidità sui mercati e cercare di stabilizzare l’economia.

Nel Paese intanto è emergenza umanitaria. I dispersi sono ancora decine di migliaia

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martedì 15 marzo 20114

Nucleare

i connazionali che si tro-vano in Giappone, i go-verni europei consigliano il ritorno in patria. L’Eu-

ropa evacua, in reazione al cre-scente allarme radioattività. E so-spende i programmi nucleari at-tivi sul proprio territorio. L’incu-bo contaminazione si è fatto im-mediatamente apprezzare nei 14 Paesi Ue che da anni utilizza-no l’atomo per l’approvvigiona-mento energetico, con decisioni d’urgenza che in alcuni casi han-no bloccato l’operatività degli im-pianti meno sicuri e in altri hanno invalidato provvedimenti pro nu-cleare adottati mesi prima. La riu-nione attesa per oggi a Bruxelles dei principali esperti sulla sicu-rezza nucleare, dei direttori degli impianti e delle aziende che li ge-stiscono, cercherà di far il punto sulle misure da adottare. Secondo quanto preannunciato dal com-missario Ue all’Energia, Guen-ther Oettinger, lo scopo del mee-ting sarebbe di raccogliere «infor-mazione di prima mano sui piani di sicurezza predisposti, compre-si i controlli effettuati dalle auto-rità nazionali». Ciò che è accadu-to a Fukushima in Giappone «ha cambiato il mondo», ha osserva-to Oettinger, «e molto di ciò che nelle società industriali riteneva-

L’incubo Fukushima spegne i reattori europeiDina Galano

A

Nucleare La Cancelliera Merkel decide per una sospensione di 3 mesi del prolungamento della vita delle centrali. Anche la Svizzera è per lo stop. Austria, Belgio e Finlandia avviano una riflessione

a crisi nucleare della cen-trale di Fukushima fa tre-mare il mondo corpora-tivo dell’energia atomi-

ca. «Questo sarà, senza ombra di dubbio, un grande passo indie-tro per il cosiddetto rinascimen-to nucleare: l’immagine in tele-visione di una centrale nucleare che esplode è destinata a rima-nere nella mente della gente.» A parlare è Peter Bradford, ex re-sponsabile della Commissione statunitense per la Regolamen-tazione nucleare, nota come Nrc.

Emanuele Bompan da Washington

L

Così l’effetto Chernobylsi abbatterà sul dollaro

>>Primo piano>>

«Questo disastro non potrà esse-re di aiuto a sviluppare un setto-re dell’industria che sta cercando voti al Congresso». Il movimen-to antinuclearista ha già inizia-to a battere i pugni sul tavolo e il tema è rimbalzato in tutti i di-batti politici della domenica sul-le reti americane. Il parlamenta-re democratico Ed Markey sug-gerisce con una moratoria sulla produzione di energia nucleare «dobbiamo essere sicuri che non si possano verificare incidenti si-mili in futuro». Per Greenpeace «bisogna fermare la costruzio-ne di nuove centrali subito». So-spettoso anche il nuclearista Joe

Liebermann, intervenuto su Cbs: «Bisogna capire cosa è successo in Giappone, prima di prosegui-re». Secondo l’Nrc, gli impianti americani rimangono però fuori da ogni rischio «essendo pianifi-cati in modo da assorbire even-tuali fenomeni naturali catastro-fici, in zone non sismicamen-te sensibili». Obama, che fin dai tempi della sua campagna elet-torale si è sempre detto un so-stenitore dell’energia atomica, al momento non ha rilasciato di-chiarazioni in proposito, prefe-rendo concentrare l’attenzione sull’emergenza in Giappone. Nel budget per il 2012 il presidente

ha inserito 36 miliardi di dolla-ri di prestiti per costruire nuove centrali nucleari e sperimentare nuovi tipi di reattori, investimen-ti che secondo un analista finan-ziario di Washington, «ora po-trebbero fermarsi. Siamo all’ini-zio di un nuovo effetto Chernob-yl per il settore industriale del nucleare». A Pechino, intanto, a pochi mesi dalla pubblicazione del piano energetico quinquen-nale, Xie Zhenhua, responsabile per la Commissione Sviluppo, ha dichiarato che l’incidente a Fu-kushima influirà limitatamente sulla strategia energetica cinese. «Rinforzeremo le misure di sicu-

rezza», ha dichiarato Zhenhua, «ma nessun passo indietro». La Cina infatti sta costruendo cen-trali nucleari più di ogni altro pa-ese al mondo - ben 27 nuove - per sostenere il fabbisogno ener-getico. Dave Dai, analista finan-ziario di Hong Kong, intervista-to da Reuters, ha confermato che «nessun incidente fermerà gli in-vestimenti. Al massimo Pechino spenderà di più in misure di si-curezza». Intanto emergono det-tagli inquietanti sui controlli del-la centrale Fukushima. Secondo Ishibashi Katsuhiko, professore della Kobe University «Avrem-mo potuto prevenire il disastro di Fukushima». Nel 2007 si sa-peva già che 55 centrali nuclea-ri erano esposte a terremoti ad alta intensità. In quell’anno Kat-suhiko in un articolo scientifico sulla sicurezza dei reattori, scris-se: «se non si prendono misure di precauzione il Giappone potreb-be doversi confrontare nel breve periodo con una catastrofe nu-cleare».

mo sicuro e sotto controllo, ades-so è rimesso in discussione». Prima a tornare sui suoi passi è stata la Germania, con la decisio-ne di sospendere per tre mesi il prolungamento della vita delle 17 centrali stabilito nell’ottobre del 2010. La moratoria, ha spiegato il cancelliere Angela Merkel, servirà a effettuare «senza tabù un’ampia verifica della sicurezza degli im-

pianti», i quali, ha specificato, so-no «una tecnologia ponte in at-tesa del passaggio alle rinnovabi-li che è la massima priorità». Sol-tanto sabato scorso, nel sud del Paese, circa 50mila persone han-no manifestato per dire no al nu-cleare creando una catena umana lunga 45 chilometri. La pressione dell’opinione pubblica si è abbat-tuta anche sul governo francese,

secondo tra i Paesi industrializza-ti dopo gli Stati Uniti per nume-ro di reattori. Ieri, l’eurodeputa-to di Europe Ecologie, Daniel Co-hn-Bendit, ha rilanciato l’ipote-si di un referendum per uscire dal nucleare contraddicendo le paro-le rassicuranti of-ferte dal governo, affinché «non si lasci in eredità al-

ProtestaProtesta Negli Stati Uniti il movimento antinuclearista fa sentire la propria voce. Il tema rimbalza da una rete televisiva all’altra e Obama, da sempre sostenitore dell’energia atomica, tace

La catena umana di fronte alla centrale nucleare di Neckarswestheim in Germania

le generazioni future un sistema che non si può controllare al 100 per cento». La Svizzera, inoltre, per bocca del ministro dell’Am-biente e dell’Energia Doris Leu-thard, ha deciso di «sospendere le tre procedure relative alle doman-de di autorizzazione per le nuove centrali nucleari finché non sarà fatta un’analisi approfondita de-gli standard di sicurezza e non si sarà proceduto a loro eventuale adeguamento». Non sono rima-ste in silenzio né l’Austria, che ha chiesto la dismissione delle cen-trali in Slovenia e Slovacchia, né il Belgio, il cui ministro dell’Inter-no, Annemie Turtelboom, ha av-

viato «la riflessio-ne sull’estensione o meno» della dura-ta dei sette reatto-ri presenti. Maggio-re prudenza, invece, dal governo italiano che di fronte alla tra-gedia nipponica non vuole rinunciare

all’opzione nuclearista; così il mi-nistro degli Esteri Franco Frattini ieri ha parlato «di un dibattito ri-aperto in modo sbagliato, che na-sce dall’emozione». La società ci-vile italiana, d’altro canto, ha invo-cato «il ripensamento sulla scelta nucleare e il blocco dell’iter del-la legislazione in Parlamento». Le associazioni Legambiente, Gre-enpeace e Wwf hanno poi chie-sto «le dimissioni dei componen-ti dell’Agenzia per la sicurezza nu-cleare, finora preoccupata di fare propaganda». Tutte le forze poli-tiche, dai Verdi all’Idv, hanno ri-lanciato l’opportunità dell’accor-pamento dei referendum abroga-tivi, denunciando «la troppa su-perficialità con cui si afferma che il nucleare è sicuro».

In Francia gli ecologisti lanciano l’idea di un referendum. I Verdi italiani: «Si fermi la follia dell’atomo»

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martedì 15 marzo 2011 5

Il caso

e prima veniva sversato in mare, oggi finisce diretta-mente nel fiume. Il perco-lato delle discariche cam-

pane è sempre più fuori control-lo. A Serre, piccolo comune del-la provincia di Salerno in cui sor-ge l’invaso di Macchia Soprana, è piena emergenza. Da mesi, il li-quido nocivo dei rifiuti filtra at-traverso il terreno della discari-ca e arriva dritto nel fiume Sele. L’acqua contaminata dal perco-lato scorre per circa cinquecen-to metri e viene quindi raccolta in una diga, per poi essere uti-lizzata nell’irrigazione dei cam-pi della pianura. Al danno si ag-giunge però la beffa. Il punto in cui il rifiuto liquido entra nel fiu-me rientra in un territorio pro-tetto. Siamo infatti nel cuore dell’Oasi del Wwf di Persano.Quando lo scorso novembre le piogge sono state particolar-mente intense, il rigagnolo di percolato, che quasi ininter-rottamente scende a valle dal-la collina su cui è stato costru-ito l’invaso, si è trasformato in un fiume nero. L’affluente co-lor pece del Sele non ha porta-to, e non porta, alcun beneficio. Secondo quanto scrivono i ma-gistrati della Procura di Napoli nelle carte dell’inchiesta “Ma-rea Nera”, il percolato di Mac-chia Soprana sarebbe infatti «il più nocivo della Campania». Al suo interno è stata riscontrata la presenza di amianto, azoto ammoniacato e metalli pesanti. Una vera e propria bomba eco-logica, ancor più complicata da gestire se ci si trova in piena emergenza rifiuti. Per questo, nel 2007 i dirigenti del Commis-sariato di governo e i gestori della discarica di Serre avevano deciso di accorciare illegalmen-te la filiera dello smaltimen-to. Il rifiuto liquido di Macchia Soprana veniva portato nel de-puratore di Nola, e qui sversa-to nel Mar Tirreno senza alcun pretrattamento. Una situazio-ne che è andata avanti per anni. L’ex prefetto Corrado Catenac-ci e la vice di Guido Bertolaso, Marta De Gennaro, sono sta-ti arrestati nell’ambito dell’in-chiesta, coordinata dal sostitu-to procuratore Aldo De Chiara, e il direttore dell’impianto sa-lernitano Michele Marino risul-ta invece indagato.

L’impianto però continua a non funzionare. La dimostra-zione è tutta nelle foto a fian-co, alcune delle quali scattate

Emergenza percolato a SerreCosì avvelenano il fiume SeleGiorgio Mottola

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Il caso Dalla discarica di Macchia Soprana, in provincia di Salerno, fuoriesce il rifiuto liquido che contamina il corso d’acqua. L’impianto è finito a febbraio nell’inchiesta “Marea Nera”

la scorsa settimana. Il percolato continua a fuoriuscire da Mac-chia Soprana senza alcuna in-terruzione. Attraversa il terri-torio dell’Oasi di Persano, entra in contatto con la fauna e con-tamina l’acqua utilizzata dagli agricoltori della Piana del Se-le. Le guardie ambientali del Wwf hanno denunciato più vol-te il disastro ambientale, che si sta verificando, con segnalazio-ni ed esposti in Procura. Ma no-nostante ci siano stati molti so-pralluoghi delle forze dell’ordine, non è stato finora adottato alcun provvedimento.La ragione sta forse nella fun-zione strategica che Serre rico-pre nei Piani del governo. Nono-stante l’invaso sia stato dichiara-to esaurito da tempo, il ministe-ro dell’Ambiente ha annunciato fin dallo scorso settembre l’in-

tenzione di riaprire l’impianto per consentire lo sversamento di almeno altre 120 mila tonnella-te di rifiuti. Ma se la magistratu-ra intervenisse, mettendo i sigil-li all’invaso, la Prestigiacomo do-vrebbe rinunciare alla soluzione più semplice. Eppure il fiume ne-ro di percolato dimostra che in quell’impianto c’è qualcosa che non va. Il liquido nero rappresenta in-fatti una pericolosa anoma-lia che non dovrebbe verificar-si in una discarica funzionan-

Sopra il “fiume nero” di percolato nelle vicinanze del Sele. A destra una rana morta in mezzo al rifiuto liquido. A destra uno sversatoio di percolato

Secondo i magistrati i reflui liquidi dello stabilimento sono i più nocivi di tutta la Campania: dentro c’è anche amianto

>>Rifiuti>>

te. Ma quello di Macchia Sopra-na non è certamente uno stabili-mento modello. Nel 2007 Guido Bertolaso ne ha decretato la ria-pertura e l’ampliamento. Più vol-te l’ex capo della Protezione civi-le è venuto persino a rassicurare gli abitanti di Serre sull’efficien-za dell’impianto. Fino allo scor-so dicembre, però, la discarica era completamente sprovvista dei pozzi spia. Si tratta di buchi nel terreno, fatti a monte e a val-le, indispensabili per monitorare i contatti con la falda acquifera. Tengono dunque sotto control-

lo il percolato. L’Arpac, l’agenzia regionale per l’ambiente, solo lo scorso dicembre si è accorto che a Serre mancavano. Il Consorzio di Bacino Salerno 2, che gestisce lo sversatoio, in seguito all’impo-sizione dell’ente di controllo re-gionale, ha provveduto alla co-struzione di quattro pozzi.Il sindaco di Serre Palmiro Cor-netta ha per questo ingaggiato una battaglia contro la riaperu-ra: «Un impianto del genere non dovrebbe esistere. È uno degli scandali della gestione di Guido Bertolaso».

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martedì 15 marzo 20116

Il caso

vato il tunnel di 3,5 km della trat-ta B che ha attraversato l’encla-ve di Latrun nella West Bank, un territorio dove l’occupazione ci-vile della colonia ebraica di Mevo Horon s’affianca da tempo a quel-la militare dell’Idf. La beffa è che i 530 mila metri cubi di terra già estratti e i molti che s’estrarran-no nella zona C grazie alle turbi-ne fornite dalla Pizzarotti spa, po-tranno essere venduti. I ricavi andranno nelle casse dell’amministrazione civile israe-liana e potrebbero servire per le edificazioni di nuove colonie, co-me quella di Har Hadar che fron-teggia e soffoca Beit Surik ben ol-tre la Linea Verde. Agli abitan-ti di questo villaggio, già privati dei campi dove coltivavano ulivi e prugne, non è consentito neppu-re il pendolarismo verso Gerusa-

>>Esteri>>

Palestina, cresce la protesta per le trivelle made in Italy

azienda italiana Pizza-rotti spa insieme all’israe-liana Shapir (con la sigla Shapir-Pizzarotti Rail-

ways) sta avviando gli scavi della zona “C” della linea ferroviaria su-perveloce Tel Aviv-Gerusalemme. Un’opera gigantesca, anche co-me business, per la quale si pre-vede un costo complessivo di 1,67 miliardi di dollari. La realizzazio-ne della nuova linea ferroviaria ha sollevato negli ultimi mesi le forti e accorate proteste delle co-munità palestinesi di Beit Surik e Beit Iksa, che contestano l’illega-lità dell’infrastruttura: i cantieri, in sostanza, sarebbero stati aperti violando quanto prevede la quar-ta Convenzione di Ginevra sulle occupazioni militari di territori. Alcuni chilometri della ferrovia, dei ponti già realizzati, dei tunnel scavati e da scavare, infatti, vanno ben oltre la Linea Verde e insisto-no in terra cisgiordana, creando un impianto per legge inammissi-bile nei luoghi occupati che sarà usato esclusivamente dai cittadi-ni dello stato di Israele. L’enclave di Latrun, la valle dei Cedri, i terri-tori dei due villaggi di Beit Surik e Beit Iksa verranno stravolti, come la loro microeconomia agricola, senza contare l’impatto ambien-tale già causato dall’imponente attività di movimentazione ter-ra. Il progetto avviato quindici an-ni fa dall’Amministrazione civile israeliana - frenato dalle proteste pacifiste ed ecologiste oltre che da difficoltà tecniche, giuridiche e politiche - è proseguito nonostan-te un pronunciamento contrario della Corte Suprema d’Israele sul-la questione dello sconfinamento. Ma le modifiche a un primo trac-ciato a ridosso di colonie ebrai-che hanno prodotto dal 2005 l’at-tuale piano, sostenuto dallo stes-so esercito di Tel Aviv. Una parte della tratta “C” in cui è impegnata Shapir&Pizzarotti Railways si sviluppa, infatti, a ri-dosso della Linea Verde in una no man’s land dove Tsahal ha per-messo comunque l’esecuzione dei lavori. Soltanto l’ultimo tratto dei 30 km del tunnel sotterraneo (sa-rà il più lungo di Israele) della zo-na “C” entra nel territorio palesti-nese fra Beit Surik e Beit Iksa, ma è quanto basta per chiamare in causa anche l’impegno dell’azien-da italiana, che ha sostituito nella partnership con Shapir l’austriaca Voestalpine, ritiratasi nell’ottobre scorso. Le altre società coinvolte nella realizzazione dell’opera so-no la Deutsche Bahn e la Moscow Metrostroy. Quest’ultima ha sca-

Enrico Campofreda

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Il caso L’impresa Pizzarotti nega: «I nostri cantieri non interessano i territori in questione». Ma i lavori per la linea ferroviaria superveloce minacciano i villaggi di Beit Surik e Beit Iksa

La società lavora per un tratto contestato del megatunnel lungo 30 km, che ha già causato seri danni. L’appello perché rinunci all’appalto sulla Tel Aviv-Gerusalemme

Qui sopra: uno dei viadotti della linea ferroviaria ad alta velocità

Tel Aviv-Gerusalemme. A destra: l’impatto ambientale dei lavori di

movimentazione terra. Accanto: il cantiere della Pizzarotti, impegnata

in partenariato con la società Shapir nei lavori di un tratto del megatunnel

contestato dalle comunità palestinesi

lemme, dove alcuni di loro lavora-no. Anche per queste ragioni, da tempo viene sollecitato, da parte delle associazioni che sostengono la causa palestinese, la rinuncia all’appalto da parte della Pizza-rotti. Sollecitazioni e richieste di chiarimenti, rilanciate anche da Terra, che finora hanno prodotto solo una lettera dell’ufficio stam-pa del gruppo. Dopo avere rifiu-tato una richiesta d’intervista, in quella nota si afferma che il dinie-

go «non è frutto di reticenza a for-nire dettagli, quanto la conferma che la Pizzarotti svolge nell’ambi-to del progetto un ruolo assoluta-mente secondario (…) che la no-stra impresa è mandante in un gruppo temporaneo di imprese, contrattate per la sola esecuzio-ne di un tratto, esclusivamente in galleria, pertanto con impatto ambientale pressoché nullo. Inol-tre il nostro lotto con mandataria un’impresa locale non passa per

il territorio palestinese». Peccato che un dettagliatissimo report di “The Coalition of women for pea-ce” affermi ben altro. Il documen-to comprensivo di foto, mappe, e resoconti evidenzia come l’ultimo tratto della zona C, in cui Pizza-rotti è impegnata insieme al part-ner israeliano Shapir, si muoverà nel sottosuolo della West Bank, presso il villaggio di Beit Iksa. Per realizzare quella tratta so-no indispensabili sia il know-out dei tecnici italiani sia i macchi-nari di cui la Pizzarotti (come la Deutsche Bahn e la Moscow Me-trostroy) dispone: le Tbm, le tal-pe capaci di scavare fori da 1 a 16 metri di diametro senza recare grande disturbo al terreno. Nessuna impresa israeliana pos-siede questi costosissimi macchi-nari e il governo di Tel Aviv, per re-alizzare l’imponente infrastruttu-ra, deve fare necessariamente ri-corso a cordate internazionali. Nasce da qui la richiesta, rinnova-ta alla Pizzarotti da parte delle as-sociazioni impegnate accanto al-le comunità palestinesi: verifichi meglio le mappe del progetto, se necessario, e una volta accerta-to che, effettivamente, quel trat-to di tunnel interessa anche i ter-ritori della West Bank, a differen-za di quanto affermato nella no-ta dell’ufficio stampa, ritiri le sue trivelle. Potrebbe ancora impedi-re che i 4.000 abitanti di Beit Su-rik finiscano come quelli di Beit Nuba a Latrun: sfrattati dalla loro stessa terra, per fare spazio a un treno super veloce.

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martedì 15 marzo 2011 7

ne della piazza. E non solo. Ieri un documento desecretato è fi-nito su internet grazie al centro per i Diritti umani del Bahrain: era una richiesta indirizzata dal governo a un’agenzia di con-tractor pachistani per arruola-re più uomini. Nelle scorse set-timane più di 800 ex-soldati so-no approdati nel Golfo per con-to del re. In Yemen, dove l’esercito ha continuato a sparare contro la folla concentratasi introno al campus dell’università di Sanaa per chiedere la deposizione del presidente Ali Abdullah Saleh,

sono cominciate le deportazioni di giornalisti: i primi due a farne le spe-se sono stati due cittadini britanni-ci. E se in Egitto, dove piazza Tahrir è stata sgomberata con la forza e i casi

di tortura contro i manifestanti si moltiplicano, le cose sembra-no volgere al peggio, vale la pe-na ricordare che oggi è il gior-no della Palestina: anche i Ter-ritori occupati hanno deciso di provare a sollevarsi. Col rischio di ritrovarsi fra due fuochi: la repressione israeliana da una parte, e quella delle milizie di Fatah e Hamas dall’altra.

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>>Esteri>>

La delusione libica e il contagio palestinese

otrebbe cadere da un momento all’altro Ajda-biya, ultima roccaforte degli insorti prima che

sia Benghasi a cadere. una cit-tà “vitale”, secondo il leader del governo provvisorio Abel Fat-tah Younes, ma probabilmente prossima a cedere sotto i bom-bardamenti dell’aviazione del regime – benché non si riporti-no per ora vittime dell’artiglie-ria. Secondo al Jazeera, i ribel-li starebbero comunque com-battendo per ri-prendersi Zawi-ya e Brega, ma è ormai chiaro che dopo gior-ni di svantaggio, ormai il colon-nello Muammar Gheddafi ha ca-povolto il gioco riconquistando quasi tutta la Cirenaica. una svolta che alcu-ni imputano all’arrivo di mer-cenari ivoriani e nigeriani dalla parte di Gheddafi (la paga sa-rebbe 2mila dollari al giorno), mentre c’è chi la giustifica con l’esaurimento e chi con l’im-possibilità di opporre la guerri-glia all’aviazione. Per chi ha in-vestito ogni speranza nella ri-

Annalena Di Giovanni da Beirut

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Rivolte I ribelli, impotenti di fronte all’aviazione e ai contractor di Gheddafi, stanno per perdere anche Ajdabiya, ultima roccaforte prima di Benghasi. La comunità internazionale prende tempo

Militanti pro Gheddafi in una manifestazione a ras Lanuf

volta, a cominciare dai diser-tori dell’esercito per finire con gli abitanti di Benghasi, si trat-ta di rischiare tutto nelle pros-sime ore. ormai l’attenzione è tutta rivol-ta all’istituzione di una no-fly zone. La Francia preme da gior-ni, la Lega Araba l’ha chiesta formalmente nel fine settima-na, ma è all’onu che spetta l’ul-tima parola, prima che la NA-To possa agire. Ieri dal regno unito, il primo ministro David Cameron ha fatto sapere ieri che Londra non vuole restare coinvolta nell’ennesima guerra;

di fatto però è pro-prio quanto com-porterebbe l’istitu-zione della no-fly zone non appena le potenze occiden-tali dovessero de-cidere di attaccare un velivolo libico. La comunità in-

ternazionale insomma sem-bra prendere ancora tempo, pur continuando a condannare l’operato di Gheddafi. Nessun appello invece per il Bahrain, dove la maggioranza sciita, sce-sa in strada per protestare con-tro il regime di apartheid su ba-se religiosa messo in piedi dal-la Casa reale, sta subendo pe-santissime violazioni. Nelle set-

timane precedenti, la brutali-tà dell’esercito e delle truppe speciali, “importate” dai monti del Balucistan per fare il lavo-ro sporco contro chi protesta, non avevano risparmiato nes-suno, neanche le dottoresse – minacciate di stupro se tenta-vano di soccorrere i feriti – o il personale paramedico – ai gui-datori delle ambulanze era sta-ta puntata la pistola alla testa in caso di intervento. Immagi-ni strazianti di bambine uccise nel sonno durante i sit-in non violenti avevano avuto ben po-co impatto in una comunità in-ternazionale pre-occupata dall’in-fluenza che l’Iran trarrebbe giova-mento – secon-do gli analisti – nel caso in cui l’isola che ospi-ta la Quinta flot-ta statunitense cedesse il potere alla maggio-ranza sciita. Ieri, ben mille uf-ficiali delle forze armate saudi-te hanno percorso la mezz’ora di autostrada che collega l’Ara-bia alla minuscola isola, co-struita proprio per quest’eve-nienza: è il contributo di riya-dh per assicurarsi che il re del Bahrain, protetto dal Paese del petrolio, non ceda alla pressio-

Il re del Bahrein non cede alla pressione della piazza. Nuove pesanti violazioni dell’esercito sui manifestanti sciiti

Nello Yemen si spara contro la folla nel campus di Sanaa. E anche i Territori occupati provano ora a sollevarsi

un attentatore suicida si è fatto saltare ieri in aria vi-cino ad un Centro di reclu-tamento della polizia nel-la provincia settentrionale afghana di Kunduz. Le 37 vittime (e i 40 feriti) sareb-bero tutti giovani intenzio-nati ad arruolarsi nell’eser-cito. un reporter ha riferito di avere sentito dei colpi di arma da fuoco dopo la de-tonazione. Il tragico atten-tato segue quello di quattro giorni fa, in cui sono morti il capo della polizia loca-le, Abdul rahman Sayed-khili e altre quattro perso-ne, e testimonia come l’on-data di violenza si sta pro-pagando rapidamente nel nord del Paese.

Kamikazefa 37 vittime

Afghanistan

Anche se i risultati non so-no ancora definitivi, i me-dia russi sottolineano che il partito russia unita del premier Vladimir Putin, pur dominando in molte delle dodici regioni, è an-dato male alle elezioni am-ministrative di questo we-ekend, ultima prova gene-rale prima del voto legisla-tivo di dicembre. Mentre il capo del governo ha defini-to i risultati «più che sod-disfacenti», avanza il ric-co oligarca roman Abra-movich, che è stato rielet-to con un consenso di oltre il 90 per cento nel parla-mento regionale della Ciu-kotka.

Russia

Dopo le stragi causate in gennaio, le forti piogge tor-renziali tornano a colpire il Brasile, messo in ginocchio da inondazioni e smotta-menti. Al momento, sono isolati gli stati rio Grande do Sul, Santa Catarina e Pa-ranà. Il bilancio, che è sali-to in quattro giorni a undi-ci morti e circa 21mila sfol-lati, è particolarmente gra-ve in quest’ultimo Stato, dove sono in totale 16mila le persone colpite, la mag-gior parte residente nella zona di Morretes. Il porto di Paraguanà, importante centro commerciale bra-siliano, è attualmente rag-giungibile solo via mare.

Brasile

Elezioni, Putin vince a metà

Alluvioni, è emergenza

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martedì 15 marzo 20118

Una notte con i senza fissa dimoraVenezia La Cooperativa Caracol rappresenta un’esperienza unica in una regione in cui dominano i tagli alle politiche sociali

l polverone scatenato nell’ul-tima settimana sull’ex boc-ciodromo di Vicenza è l’api-ce di una storia che parte

da lontano. Una polemica che continua a fasi alterne da alme-no un anno. A gennaio del 2010 l’intero gruppo consiliare del Pdl di Vicenza aveva denunciato la presunta realizzazione in cit-tà di «centri sociali maschera-ti». In quell’occasione il centro-destra, capitanato dal consiglie-re Valerio Sorrentino e con la co-lorita partecipazione dei ragaz-zi di “Giovane Italia” fra il pubbli-co, in Consiglio comunale aveva scagliato un duro attacco al sin-daco Achille Variati chiedendo l’apertura di un immediato dibat-tito sul «pericolo di un nascente centro sociale occulto». Placate le polemiche l’amministrazione comunale di Vicenza ha indetto una gara aperta a tutti per deter-

Marco Maschietto

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ultimo treno della notte parte alle 12 e 47. Il primo treno è alle 4 e 24. In mez-zo c’è solo freddo e dispe-

razione. La sala d’aspetto, l’unico locale riscaldato della stazione, ha chiuso alle 9:30 e la trentina di senza dimora che vi aveva trovato rifugio si è trascinata davanti alla biglietteria. Non c’è impianto di ri-scaldamento qui, ma è comunque un luogo riparato. L’inverno e il ge-lo assassino rimangono al di là del-le grandi vetrate. Ma con l’ultimo treno della notte anche quest’ul-tima trincea cade. Gli agenti della Polfer sgomberano la sala e tocca accomodarsi fuori, sul marciapie-de, con un cartone come lenzuo-lo. I più fortunati con una coper-ta lisa. Ed è a questo punto che al-la stazione di Mestre arriva il fur-goncino dei ragazzi della Caracol. Un nome che sventola come una bandiera. Caracol, che in castiglia-no significa “chiocciola”, è l’appel-lativo con il quale gli zapatisti del Messico indicano i loro munici-pi liberati. Tra i dodici ragazzi che compongono questa cooperativa cui il Comune di Venezia ha ap-paltato i servizi di prima linea nel campo del disagio sociale, non se ne trova uno che non abbia tra-scorso perlomeno un paio di esta-ti nel Chiapas con le carovane so-lidali di Ya Basta. Alla Caracol è stato affidato il compito più du-ro sul fronte dell’assistenza socia-le del Comune lagunare. «Quan-do scende l’inverno il nostro lavo-ro è principalmente quello di con-tattare i senza dimora – mi spiega Vittoria Scarpa – cercandoli nei luoghi dove si rifugiano e di indi-rizzarli ai servizi di ospitalità e ac-coglienza che offre la città. Rima-ne comunque sempre uno zocco-lo duro composto generalmente dai casi più disperati spesso vitti-me dell’alcolismo, della tossicodi-pendenza, con problemi psichi-ci o tutto insieme. Quando arriva il grande freddo andiamo a pren-derli col furgoncino e li portiamo al centro sociale Rivolta dove pos-siamo mettere a disposizione sei stanze da 24 posti letto. Purtrop-po non sempre bastano a coprire il bisogno. è capitato che trovassi-mo in stazione anche un’ottantina di persone bisognose. In questi ca-si diamo la precedenza alle donne o ai malati. Gli altri cerchiamo di arrangiarli con coperte e termos di tè bollente». Caracol fa parte del tavolo di coordinamento del progetto “Senza fissa dimora” del Comune di Venezia che raggrup-pa una dozzina di associazioni e che fu istituito una quindicina di anni fa dall’allora assessora Luana Zanella e in seguito portato avanti da altri assessori verdi come Bep-pe Caccia e Gianfranco Bettin. At-tualmente, sommando le varie potenzialità messe a disposizio-

Riccardo Bottazzo

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La destra e l’ex bocciodromoVicenza Pdl e Lega si scagliano contro la nuova gestione a vocazione sociale della struttura di via Rossi

minare a chi concedere la strut-tura dell’ex-bocciodromo di via Rossi. A vincere il bando è stato un raggruppamento di associa-zioni private di promozione so-ciale che hanno subito firmato una convenzione con il Comune. Web Lab, Giovani dei Ferrovie-ri, Pensionati per la Pace e Poli-sportiva Jackie Tonawanda han-no cominciato immediatamen-te degli intensi lavori di ristruttu-razione riuscendo con uno sfor-zo collettivo a ridare vita ad uno spazio sottraendolo all’incuria e al degrado. Il tutto senza inta-scare nemmeno un centesimo di finanziamenti pubblici. Saba-to 5 marzo il Bocciodromo di Via Rossi era pronto per essere ri-aperto ed inaugurato, e con lui una serie di progetti in divenire come palestre, aule studio, labo-ratori artistici e auditorium.A pochi metri dallo stabile, men-tre la struttura apriva le sue por-te al quartiere, un gruppo di ra-

gazzi riconducibile ad organiz-zazioni giovanili di Pdl, Lega e la Destra, si è avvicinato per tenta-re di entrare. Sono seguiti attimi di concitazione ed è partito qual-che spintone sedato dall’arrivo di un paio di agenti della Digos. Immediati sono arrivati i chiari-menti da parte delle associazio-ni che gestiscono la struttura: «Il Bocciodromo non è un pubbli-co servizio, è una sede associati-va aperta a coloro i quali condivi-dono le finalità e gli obiettivi del-le associazioni che lo gestiscono. L’antirazzismo, la lotta all’esclu-sione sociale, la solidarietà, l’an-

ne dai vari componenti del tavo-lo come la Caritas e i frati cappuc-cini, nel Comune di Venezia i posti letto per indigenti sono circa 400 e le mense popolari possono fornire almeno il doppio dei pasti. Voglia-mo fare un raffronto con la leghi-sta Treviso che ha 12 posti letto e una mensa da 30 pasti al giorno feste escluse? «è tutta una que-stione di scelte politiche – mi spie-ga Davide Mozzato, meglio cono-sciuto come Momo, responsabile della Caracol-. A Treviso la Lega e la destra hanno smantellato tut-to quel che c’era. Semplicemen-te occuparsi di questa gente non

fa parte del loro programma po-litico. La crisi non centra. Dicono che vogliono pensare alle sicurez-za. Magari spendendo denaro nel-le ronde padane. Eppure, mi chie-do, questa cha facciamo noi non è forse sicurezza? Se tutti, anche i più poveri, hanno un posto letto e qualcosa da mangiare non stiamo meglio tutti? Altrimenti che deve fare un disgraziato se non rubare? Dicono che bisogna pensare al de-coro, che i poveri non son belli fa vedersi per le strade. Beh, io pre-ferisco vedere loro che tante facce di m... incravattate che si vedono nei telegiornali». Momo, lo avrete

capito, è uno che va senza paura controcorrente. Così come con-trocorrente è la politica sociale del Comune di Venezia in un Ve-neto dove la Lega la fa da padro-na a casa nostra. Crisi o non cri-si, i tagli della Regione cadono tut-ti qua. Dai 200 mila euro stanziati nel 2007 per gli interventi sociali siamo arrivati agli attuali 54 mila euro. Non è un settore questo che cattura voti come le politiche a fa-vore dei cacciatori. E perché poi la Regione dovrebbe aiutare una città da sempre schierata a sini-stra, le cooperative dell’area dei centri sociali e una politica che è

Un raggruppamento di quattro associazioni ha vinto la gara per lo spazio. Obiettivo: realizzare palestre, aule studio, laboratori artistici e un auditorium

Terra Nord Est A cura di Riccardo Bottazzo e Giannandrea Mencini

la dimostrazione pratica di come si ottengano più risultati con l’ac-coglienza che con la cosiddetta “tolleranza zero”? «Il Comune sta facendo i salti mortali per man-tenere gli standard – conclude Momo – ma è sempre più dura. Guarda i miei ragazzi che distri-buiscono le coperte e il tè. Sono tre mesi che non ricevono i con-tributi e sono ancora tutti qua. Adesso per fortuna la primavera sta arrivando e chiudiamo anche noi. Per le cento notti più fredde dell’anno la Caracol ha presidia-to le strade e a Venezia nessuno è morto di freddo».

tifascismo, sono i nostri pun-ti cardine. I soggetti che propu-gnano e rivendicano ad ogni oc-casione la loro vicinanza e con-tiguità ideologica con il fascismo e la xenofobia, non sono graditi ed accettati dentro l’ex Boccio-dromo». I giovani di Pdl, Lega e la Destra hanno trovato invece il sostegno del consigliere Valerio Sorrentino e dell’assessore regio-nale Elena Donazzan. Quest’ul-tima in un comunicato stampa ha chiesto l’immediata sospen-sione delle attività delle associa-zioni beneficiarie dello spazio. Il sindaco di Vicenza Achille Varia-ti ha richiamato tutti alla respon-sabilità e ha sottolineato che «cercare di forzare la mano ha il sapore della provocazione. è co-me se un gruppo di cacciatori si presentasse in pelliccia e armati di trofei nella sede di un’associa-zione animalista, pretendendo di poter accedere solo perché è di proprietà pubblica».

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NSA

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martedì 15 marzo 2011 9Terra Nord Est

Bitume nell’oasi, la Procura indagaBelluno Un impianto per la produzione di conglomerato sul Piave, in un’area vincolata e riconosciuta d’interesse comunitario

razie alla volontà del Consorzio Zona indu-striale di Padova (Zip) e della sezione Scout del

Corpo nazionale giovani esplo-ratori italiani, è nata nel 2005 a Padova la Fondazione Fenice onlus per promuovere la didat-tica ambientale e la sperimenta-zione di sistemi ecocompatibili con il supporto della Fondazio-ne Cassa di Risparmio di Pado-va e Rovigo. Educazione e ricer-ca si sviluppano all’interno dei 50mila metri quadrati, in zona industriale, del Parco delle ener-gie rinnovabili gestito con suc-cesso dalla Fondazione. Noti-zia di questi giorni è che l’espe-rimento padovano è stato inse-rito tra i “case study” nell’ambito del progetto ManagEnergy del-la Direzione per l’Energia del-la Commissione europea. Un ri-conoscimento e una visibilità

Giannandrea Mencini

G

n impianto per la produ-zione di conglomerato di bitume sulla riva de-stra del Piave. E la magi-

stratura di Belluno che indaga. è a Busche, nel Comune di Cesio-maggiore (venti minuti di strada da Belluno), che la società Ascon sta realizzando un “meccano” di ferro, tubi, polmoni di acciaio, na-stri trasportatori, capace di cam-biare la cartolina che caratteriz-za questa zona. A ridotto dell’area industriale, che si sta costruendo, esiste una oasi, un bacino d’acqua

Nic Perle

U

Nasce il Parco delle rinnovabiliPadova La Fondazione Fenice onlus promuove educazione e ricerca nell’area di 50mila metri quadri vicino alla zona industriale

importanti che s’inseriscono in un’iniziativa della Direzione ge-nerale per l’Energia e i trasporti della Commissione europea vol-ta a sostenere il lavoro dei sog-getti attivi nel settore delle fon-ti di energia rinnovabili e della gestione della domanda ener-getica a livello locale e regiona-le. «Si tratta – commenta Mar-co Toniolli, presidente di Fon-dazione Fenice onlus – di un ri-sultato importante, che ricono-sce la bontà di un progetto che punta a promuovere a tutti i li-velli una nuova cultura energeti-ca». Il riconoscimento è arriva-

to grazie alla capacità dei pro-motori di lavorare in più setto-ri. Si va dalla catalizzazione di buone pratiche all’interno del-la zona industriale padovana, in cui anche grazie al contribu-to di Fondazione Fenice cresco-no giorno dopo giorno i kW pro-dotti in modo green, al recupe-ro ambientale grazie alla pian-tumazione di migliaia di nuove piante nell’area del parco. Fon-damentale il lavoro con le scuo-le, che solo negli ultimi due an-ni ha visto 10mila ragazzi in vi-sita, ma anche la proposta for-mativa per la preparazione e certificazione di tecnici specia-lizzati. Fino agli appuntamen-ti culturali, come l’annuale festa “Green Love”. All’indirizzo in-ternet http://managenergy.net/resources/1396 si può consulta-re il profilo e la scheda (in ingle-se) che ripercorrono la storia, gli obiettivi e i traguardi del Parco e della Fondazione Fenice.

formato dallo stesso Piave. è ric-co di salici, pioppi, canneti. Ci so-no varietà di pesci e piante acqua-tiche dove svernano e nidificano, a secondo delle stagioni, popola-zioni di uccelli. L’oasi è Sito di in-teresse comunitario, è nell’elenco delle zone umide d’interesse inter-nazionale ed è sottoposta a vinco-li di natura idraulica e geologica. E allora, ci si chiede, come è pos-sibile che una società privata rie-sca ad ottenere le concessioni per insediare un impianto per la pro-duzione di bitume? «La risposta - osserva Roberta Zancanaro, por-tavoce di un comitato di cittadini

è complessa. Va detto che la dit-ta Ascon è subentrata ad una so-cietà che già esisteva e che è fallita dopo 40 anni di attività». Appro-fittando del “passaggio di testi-mone” i nuovi imprenditori han-no presentato progetti industriali di ampliamento: «Ci hanno detto in assemblee pubbliche che tute-lano l’oasi preservandola e realiz-zando addirittura percorsi cicla-bili lungo il Piave». In realtà, si te-me che tutto questo rimanga sul-la carta perché l’Ascon ha già otte-nuto il via libera dalla Sovrinten-denza ai beni ambientali (incredi-le!) e quello del Genio civile di Bel-

di Cesiomaggiore. Va detto, prima di “incorniciarlo” che quella di Ce-siomaggiore è un’amministrazio-ne che si distingue per avere auto-rizzato la costruzione in Val Can-zoi di una discutibile passerella per disabili, in mezzo al bosco (ne abbiamo parlato in queste pagi-ne lo scorso novembre) e per aver “favorito” l’insediamento di frut-teti trattati a pesticidi in una area vocata alla coltivazione bio. Dun-que: il sindaco di Cesio Gianni De Bastiani riceve le carte dall’Ascon per la realizzazione dell’impianto e firma la concessione- autoriz-zazione dopo 15 giorni. «Non ab-biamo mai avuto accesso ai do-cumenti - osserva Roberta Zan-canaro - tanto che siamo rimasti stupiti per come la Amministra-zione ha trattato la questione. Il sindaco ha firmato l’autorizzazio-ne praticamente appena le car-te sono arrivate in Comune. Non ha preso tempo, e non si è oppo-sta alla realizzazione di un im-pianto (con pochissimi occupa-ti), che produce inquinamento. Il via vai di camion sarà continuo, ci sarà un sacco di rumore e l’emis-sione di fumi nell’aria,nonostante una torre alta più di trenta metri, sarà particolarmente forte». Sulla vicenda indaga la Procura di Bel-luno perché i cittadini si sono ri-volti ad un avvocato che ha pre-sentato un esposto. Si vuol capire com’è possibile che un’industria possa insediarsi in una area Sic e senza presentare una Valutazione di incidenza ambientale.

L’esperimento è stato inserito tra i “case

study” nell’ambito del progetto ManagEnergy

della Direzione per l’Energia della

Commissione europea

luno che avrebbe suggerito si spo-stare “solo” l’impianto di decina di metri rispetto all’oasi. In questa vicenda, e nel passaggio del piano industriale, da progetto cartaceo alla realizzazione, gioca un ruolo non secondario l’amministrazione

La società che vuole costruire lo stabilimento ha ottenuto il via libera dalla Sovrintendenza ai Beni ambientali e quello del Genio civile di Belluno

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martedì 15 marzo 201110

I nuovi affari della ‘ndrangheta Criminalità Operazione contro le cosche in Lombardia. Colpite le famiglie Romeo e Flachi. Nel mirino rifiuti, droga e pizzo

are in modo che i mila-nesi possano esprimere il proprio parere sui cinque quesiti referendari sull’am-

biente (estensione di Ecopass, il raddoppio degli alberi e del ver-de pubblico, la conservazione del futuro parco dell’area Expo, il ri-sparmio energetico e la riduzio-ne dell’emissione dei gas serra e la riapertura del sistema dei Na-vigli) in concomitanza con le ele-zioni amministrative in calenda-rio per la metà di maggio. È la “battaglia” intrapresa dal Par-tito Democratico e condivisa dal candidato sindaco del centro si-nistra Giuliano Pisapia. La pro-posta di modifica di legge, già de-positata alla Camera da Emanue-le Fiano e al Senato da Marile-na Adamo, dovrebbe passare at-traverso la semplice abrogazione di un unico comma. «Se ci fosse l’accordo dei capigruppo baste-

Erica Sirgiovanni

F

è anche lo smaltimento illecito dei rifiuti tra le accuse che hanno por-tato ieri alla disposizio-

ne da parte della Procura di Mi-lano di 35 ordinanze di custo-dia cautelare nei confronti di al-trettanti affiliati alla ‘ndranghe-ta operanti ai piedi della Madon-nina. A meno di una settimana dall’allarme lanciato dalla Di-rezione Nazionale Antimafia in merito al radicamento delle or-ganizzazioni malavitose in Lom-bardia, gli arresti delle ultime 24 ore non fanno che confermare la forte presenza sul territorio mi-lanese di un’organizzazione cri-minale che, come ha sottoline-ato il procuratore aggiunto Ilda Boccassini, coordinatrice delle indagini, «dispone di un esercito di più di 500 persone». Le com-ponenti ‘ndranghetiste coinvol-te nell’operazione “Redux-Capo-saldo”, frutto di una stretta col-laborazione tra Guardia di fi-nanza, Carabinieri e Polizia Lo-cale, sono due: la prima, di ma-trice africota, faceva capo a Giu-seppe Romeo, da tempo inserito nell’attività del movimento ter-ra; la seconda, di matrice reggi-na, controllata da Giuseppe Fla-chi, boss lombardo ben noto al-le autorità giudiziarie, e da Paolo Martino, storico esponente della cosca De Stefano di Reggio Cala-bria. Gli arrestati avevano assun-to il controllo di interi settori im-

Anna Pellizzone

C’

Un comma per accorpareProposte Basterebbe abrogare una breve norma per unificare referendum e amministrative

rebbe una breve seduta in ciascu-na delle due camere e la modifica entrerebbe in vigore». Pochi gesti che, secondo il Pd, porterebbero l’amministrazione ad un rispar-mio di circa 3 milioni di euro. A Milano si torna a discutere di ambiente in maniera bipartisan, i vertici del centro destra si sono riuniti per ascoltare il parere del comitato dei saggi, ovvero i cin-que esperti incaricati dal sinda-co di redigere una relazione sul possibile sviluppo di ecopass. Un incontro atteso da settima-ne che avrebbe dovuto definire il capitolo sulle politiche ambien-tali del programma elettorale di Letizia Moratti. Una relazione «interessante» secondo Ignazio La Russa, Ministro della Difesa e coordinatore nazionale del Pdl, che ha preso parte alla riunione, «prima di prendere una decisio-ne definitiva aspetteremo i risul-tati dei referendum». Chi si dice convito che ecopass

non si allargherà invece è Mat-teo Salvini, capogruppo della Le-ga Nord a Palazzo Marino: «Non ci sarà un’ estensione della cer-chia ne un aumento delle tarif-fe, per il momento non si cam-bia niente, spero che questa sia la posizione espressa da tutta la maggioranza». Di tutt’altra idea Giuliano Pisa-pia, che più volte si è espresso per il Sì a tutti e cinque i quesiti referendari: «Non si può pensare di affrontare il tema dell’ambien-te e del traffico con un solo prov-vedimento, ogni mezzo che en-tra nella cerchia dei bastioni de-ve pagare, anche in maniera dif-ferenziata. Ci vuole una nuova Congestion Charge sul modello di Londra, un provvedimento equo e non soltanto un aggravio per coloro che non possono permet-tersi l’acquisto di un’auto nuova. Le risorse recuperate dall’Eco-pass – continua Pisapia- dovran-no essere riutilizzate per poten-

ziare il trasporto pubblico». Dal candidato sindaco del centro si-nistra arriva anche una richiesta formale perché i risultati della commissione dei saggi non ven-gano «discussi a casa del sinda-co», ma in consiglio comunale e resi consultabili a tutti i cittadi-ni: «Mi sembra incredibile che i risultati di una commissione di saggi che ha valutato i risulta-ti dell’Ecopass e ha fatto anche delle proposte alternative a que-sto provvedimento, rimangano chiusi nei cassetti del sindaco o si discutano in riunioni presso la sua abitazione privata».

prenditoriali e commerciali, da quelli più tradizionalmente pre-diletti dalla ‘ndrangheta, come l’edilizia e il movimento terra, ai servizi di parcheggio e di sor-veglianza di locali pubblici. Ma non solo. Dall’inchiesta emer-ge chiaramente che i boss lom-bardi avevano da tempo mes-so le mani anche sulla Tnt Ex-press, in Italia la più grande so-cietà di consegne, una multina-zionale che per operare a livel-lo locale si avvale di subappalti a cooperative. Si tratta di un setto-re che vale svariati milioni di eu-ro, in cui la ‘ndrangheta era in-

serita probabilmente da diver-si decenni. Anche la sanità non esce indenne dalle indagini del-la Dda di Milano. Come ha spie-gato ieri Ilda Boccassini, Paolo Martino e Giuseppe Romeo han-no infatti organizzato le loro riu-nioni in uffici messi a disposizio-ne da funzionari amministrativi degli ospedali Niguarda e Gale-azzi di Milano: «La cosa gravissi-ma – ha commentato il Gip Giu-seppe Gennari – è che questa or-mai conclamata penetrazione a vari livelli della sanità lombarda accade nella sostanziale indiffe-renza - si spera dettata anche da

ignoranza - dei vertici ammini-strativi e politici, che anche do-po le recenti indagini non risulta abbiano assunto alcuna inizia-tiva». Le indagini, inoltre, han-no svelato i rapporti tra il lega-le di Lele Mora, Luca Giuliante, e il boss Paolo Martino. Legami che «non sembrano essere oc-casionali e passano per interes-si economici e imprenditoria-li comuni». Non poteva manca-re il versante politico: secondo il gip, in occasione delle scorse ele-zioni regionali, la famiglia Flachi avrebbe sostenuto la candidata del Pdl Antonella Maiolo.

Matteo Salvini, capogruppo Lega Nord a Palazzo Marino, blocca l’ecopass: «Non ci sarà un’ estensione della cerchia ne un aumento delle tariffe»

Terra Milano A cura di Emanuele BompanInfo: [email protected]

La Musica a Milano non è più di casa, soprattutto se indipendente, autorganiz-zata e di base. E non fa dif-ferenza se viene promossa da un circolo Arci, da un lo-cale pubblico o da un cen-tro sociale. Cascina Mon-luè, Plastic, Atomic, Black Hole, Set, Scimmie, Sotto-marino Giallo, Arci Bitte, Rolling Stone, Rainbow, Ar-ci La Casa 139 sono solo gli ultimi locali e spazi chiu-si a Milano, senza conside-rare l’imminente smantel-lamento del Palasharp ad Aprile, senza che sia stata prevista un’alternativa. In-somma un panorama ma soprattutto una prospetti-va che inquieta. E’ tutta la filiera musicale che si sen-te sotto attacco, dai musici-sti in primis, alle agenzie di promozione, sino alle case discografiche indipenden-ti. In una situazione di crisi di questo comparto quello che ancora funziona sono i live, smantellare questi si-gnifica far morire la musica. Spaventa la mancanza di attenzione al mondo giova-nile, l’assoluta mancanza di politiche di sviluppo e di so-stegno alla creatività giova-nile ed ai suoi risvolti anche imprenditoriali. Per questo il circolo Arci La casa 139 ed il Comitato provinciale dell’Arci, hanno promosso un presidio altamente crea-tivo e musicale, per il pros-simo sabato 19 Marzo, dalle ore 15.00 in Piazza Fontana.Il presidio promosso dall’Ar-ci è un spazio aperto a tutti coloro che vogliono salvare la musica ma più in genera-le la cultura nella nostra cit-tà ed infatti vede già centi-naia di adesioni, che pro-vengono, da musicisti, atto-ri e registi teatrali, spazi so-ciali, locali privati, agenzie musicali, promoter impor-tanti, circoli arci, cittadini ed alcune forze politiche e sindacali.Avremmo voluto farlo da-vanti a Palazzo Marino, sede del comune di Mila-no, ma a quanto pare, co-me ci ha detto la Questu-ra, non si potrà mai più protestare davanti al Pa-lazzo. Altro segnale davve-ro inquietante…

*Presidente Arci Milano

Emanuele Patti*

In difesa della musica

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Ilda Boccassini, pm di Milano

Page 11: TERRA - quotidiano - 15/03/2011

martedì 15 marzo 2011 11

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Una città assediata dallo smogInquinamento La centralina di Capodimonte ha superato 36 volte i limiti di pm10. L’assessore Nasti attacca l’inattività della Regione

on una riunione dei sin-daci ma una buffonata, a cominciare dal modo in cui è stato organizza-

to l’incontro: stipati in uno pic-colo stanzino i primi cittadini della zona rossa del Vesuvio non sapevano nemmeno se ci fosse-ro le condizioni ideali per dare inizio al tavolo operativo. A que-sta scena surreale si è aggiunto il caos scatenato dai comitati accorsi in massa fuori al palaz-zo comunale, ognuno dei quali voleva entrare pur non essendo stato invitato a partecipare. Di fatto gli unici accreditati a potersi sedere al tavolo erano le rappresentanti delle Mamme Vulcaniche, i rappresentanti della rete dei comitati e il sot-toscritto in qualità di portavo-ce del Movimento contro le Di-scariche. come al solito il sin-daco di Terzigno, dottor (!) Do-

Francesco Servino

N

apoli è minacciata dallo smog. l’8 marzo la cen-tralina dell’Osservato-rio Astronomico di ca-

podimonte ha segnalato uno sfo-ramento dei limiti consentiti di Pm10 nell’aria per la trentaseie-sima volta dall’inizio di quest’an-no. «Non bisogna generalizza-re, – spiega Gennaro Nasti, as-sessore all’Ambiente del comu-ne –. Ogni centralina risponde della propria zona di monitorag-gio». A Napoli esistono nove cen-traline distribuite su tutto il terri-torio urbano, e quella di capodi-monte è l’unica ad aver registra-to risultati così eclatanti, tra l’al-tro in un bosco.«la rete delle centraline è ineffi-ciente – continua Nasti – infatti l’Arpac ne sollecita la ristruttura-zione». resta il fatto che questa è una delle centraline “storiche” di riferimento per i superamenti di Pm10 e che a poco più di due mesi dall’inizio del 2011 abbia re-gistrato lo sforamento dei limiti annuali. la qualità dell’aria è re-golamentata dal Decreto legi-slativo n. 155 “Attuazione della direttiva 2008/50/cE relativa al-la qualità dell’aria ambiente e per un’aria più pulita in Europa”: in base a quanto stabilito dall’UE, non si può superare il limite gior-naliero di 50μg/m3 per più di 35 giorni l’anno. il 24 novembre 2010 la commissione Europea ha de-ciso di deferire presso la corte

Stefano Erbaggio

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Terzigno, ecco il bluff del SindacoRifiuti Ieri si è svolta una riunione delle amministrazioni del comprensorio insieme ai cittadini. Ma Auricchio non si fa vedere

menico Auricchio, colui che si definisce «un grande ambien-talista», pur giocando in casa ha disertato il tavolo operati-vo relegando tutte le mansio-ni al suo vice, francesco ranie-ri. Subito si è generato il primo disguido e si è svelato un triste altarino: il sindaco aveva dato delega informale al sottoscrit-to per presentare a suo nome, a nome dei cittadini di Terzigno e dell’amministrazione comunale il progetto per la costruzione di un centro per il riciclo e recu-pero dalla frazione differenzia-ta secca dei rifiuti, ma nel suo gioco sporco ha chiesto pure al Dottor franco Matrone, presi-dente della rete dei comitati Vesuviani, di presentare un al-tro progetto riguardante la rea-lizzazione di un sito di compo-staggio (a cui, il sindaco stes-so, mi ha detto più volte di es-sere contrario): il risultato è che l’amministrazione comunale di

Terzigno ha collezionato l’en-nesima figura barbina facendo capire quanto sia poco chiaro e poco organizzato il lavoro che svolge. il sindaco e i suoi “amici” han-no ancora il coraggio di pren-dere in giro i cittadini, specie quelli che nella lotta ci hanno rimesso tanto: alla fine consi-glieri, assessori e individui che non si capisce mai che ruoli oc-cupino all’interno del comune hanno deciso salomonicamen-te di non prendere in conside-razione la costruzione di alcun impianto, per quanto tra un pa-io di settimane dovrà essere convocata dal presidente della Provincia di Napoli, luigi cesa-ro, un’altra riunione dei sinda-ci che avrà come tema proprio questo. Al di là dello schifo che si può provare per certi politi-canti è da tenere in considera-zione il fatto che ci sono trop-pi comitati, divisi tra loro, mol-

ti dei quali non sono interessa-ti a portare avanti proposte se-rie ma solo a mandare all’aria le riunioni e ogni tentativo di so-luzione dei problemi, permet-tendosi oltretutto di attacca-re in maniera ignobile persone degne di stima che da sempre hanno il coraggio di farsi cari-co delle proprie responsabili-tà sedendosi ai tavoli istituzio-nali. Bene hanno fatto le Mam-me Vulcaniche a prendere le di-stanze da certe posizioni. l’amministrazione di Terzigno ha dimostrato, ancora una vol-ta, che può fare propri dei com-

di Giustizia Europea l’italia, in-sieme a cipro, Portogallo, e Spa-gna, per il mancato rispetto delle norme comunitarie in materia di qualità dell’aria; provvedimento che ci costerà una salata multa, visto che l’italia non ha messo a punto norme per rientrare nei li-miti previsti. in realtà stiamo già pagando le conseguenze di tutto ciò sulla nostra salute. il sito web www.lamiaaria.it, in collabora-zione con legambiente, moni-tora quotidianamente, offrendo anche previsioni, l’inquinamen-to atmosferico di tutti i comuni italiani, e la situazione di Napoli,

e dei comuni limitrofi come Poz-zuoli, è davvero drammatica, vi-sto che quasi tutte le sere la qua-lità dell’aria ondeggia tra il “Me-diocre” e l’“insalubre”. Una delle principali fonti di inquinamen-to da Pm10 è il trasporto su stra-da. Napoli è famosa per la diffici-le viabilità e per il traffico, oltre che per l’inefficienza del traspor-to pubblico, specialmente i col-legamenti con la provincia. Que-sto settore è stato ulteriormen-te penalizzato dagli ultimi tagli dell’amministrazione regionale, e dall’aumento del prezzo dei bi-glietti, che non incentivano cer-

to al meno inquinante utilizzo di treni e autobus rispetto alle auto-mobili private. «la regione non penalizza la qualità dell’aria solo in questo modo, ma anche non attuando provvedimenti sovra comunali», spiega ancora Nasti. «infatti, da 665 giorni è ferma la delibera 854 del 9 gennaio 2009 sulle misure sovra comunali con-trastanti l’inquinamento atmo-sferico. l’ambiente è considera-to sempre un problema secon-dario, e la regione ha addirittura chiesto ai capoluoghi la deroga sull’abbassamento dei limiti sta-biliti dall’Europa».

Nell’occasione anche i comitati si sono spaccati tra loro. Le Mamme vulcaniche hanno preso le distanze dalle posizioni più oltranziste e non costruttive

Terra NapoliA cura di Francesco Emilio BorrelliInfo: [email protected]

Diversi attivisti Verdi ed ecologisti hanno realizzato ieri a Napoli una manifesta-zione di solidarietà al popo-lo Giapponese e per ribadire il no al nucleare. «Abbiamo incontrato il console Giap-ponese a Napoli l’Avv. Mi-chele Di Gianni - spiegano i Verdi - a cui abbiamo fatto una prima donazione eco-nomica a nome dei Verdi campani e dei pizzaioli na-poletani. Non osiamo im-maginare cosa sarebbe suc-cesso se un incidente simi-le a quello che è successo in Giappone fosse avvenu-to in campania». «Solida-rietà agli amici giapponesi - continua il pizzaiolo Gino Sorbillo -. Da oggi è esposta fuori al mio locale una ban-diera contro il nucleare e per il solare». Nuova inizia-tiva il 15 alle 20 ai gradini di Piazza Mercato dove il prof. luigi Esposito, esponente della rete ecologisti, ha or-ganizzato un concerto con-tro la follia del Governo che vuole riaprire le centrali ato-miche in italia e raccogliere fondi per i giapponesi.

La solidarietà dei Verdi

Giappone

portamenti fortemente opina-bili. come estremo tentativo per evitare fratture avrei volu-to avanzare la proposta di un tavolo da indire tra il sinda-co e i cittadini di Terzigno per concordare assieme gli inter-venti di risanamento del terri-torio da attuare, ma poi mi so-no ricordato che le volontà di cosentino e di cesaro e la tu-tela dei propri interessi perso-nali ed economici vengono per certa gente prima delle esigen-ze della popolazione. Sarebbe stata l’occasione buo-na per un riscatto sociale ma si è finiti col prendere ancora in giro i cittadini: se li mettessero in sacca i soldi delle compen-sazioni ambientali, qui a Ter-zigno c’è gente che conserverà per tutta la vita un bene mag-giore, quello dell’onestà, della dignità e dell’integrità morale. Almeno fino a quando non ci faranno morire di tumore.

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martedì 15 marzo 201112

Un’immagine dell’opera Aeroplane di Tony Cragg in mostra ad Happy Tech (in programma alla Triennale Bovisa fino al 31 marzo 2011)

>>Scienza>>

i chiama Happytech ed è una mostra itinerante che già a febbraio fatto tappa a Bologna. Prodotta e ideata

dalle fondazioni Marino Golinel-li e Corriere della Sera, in questi giorni si trova a Milano, dove in partnership con Triennale Bovisa darà luogo a “La scienza e l’altro”, un ciclo di incontri con personali-tà di spicco del mondo della cul-tura scientifica e umanistica, al fine di approfondire le intercon-nessioni tra arte, tecnologia e tut-ti i molteplici linguaggi dell’uomo. Abbiamo incontrato uno dei pro-tagonisti dell’appuntamento che si tiene oggi nella Sala Buzzati, il professor Luca Francesco Ticini, ricercatore al Max Planck Institu-te for Human Cognitive and Brain Sciences di Lipsia e presidente della Società Italiana di Neuroe-stetica “Semir Zeki”. Professor Ticini, la neuroeste-tica suscita da subito curiosità perché unisce due termini le-gati all’arte e alla scienza. Ma di cosa si occupa esattamente questa disciplina?Il termine neuroestetica è sta-to coniato da Semir Zeki, profes-sore di anatomia e poi di neuro-estetica all’university College di Londra, e si riferisce allo studio dei meccanismi cerebrali coinvol-ti nella percezione estetica dell’ar-te. Capire come funziona il cervel-lo nel caso partico-lare dell’esperienza estetica è un obiet-tivo ambizioso, ma non impossibile grazie alle moderne tecniche di visualiz-zazione dell’attività cerebrale, come la risonanza magneti-ca funzionale. Come ha detto Ri-ta Levi Montalcini: «Se riuscissi-mo a penetrare i tanti misteri an-cora nascosti nella giungla di neu-roni, si spalancherebbero nuovi orizzonti non solo in campo stret-tamente scientifico ma anche in ambito sociale». Quale rapporto intercorre fra le neuroscienze e l’arte, ovve-ro: può la scienza spiegare i meccanismi che stanno dietro l’espressione artistica?La neuroestetica finora ha inve-stigato principalmente l’arte vi-siva, perché la parte del cervello dedicata alla visione è molto am-pia e ben conosciuta. Il nostro si-stema visivo reagisce ai quadrati di Malevitch, alle linee ortogonali di Mondrian, ma anche alle scul-ture incompiute di Michelange-lo, perché esistono dei neuroni che rispondono solo alle righe con una particolare inclinazio-ne, ed altre che rispondono alle forme anche semplicemente ab-bozzate. Secondo Semir Zeki gli artisti possono essere paragonati a dei neurologi che studiano con i loro mezzi le proprietà fisiolo-giche del cervello. Infatti, non è un caso se il campo ricettivo del-le cellule nell’area visiva che ela-bora l’informazione cromatica assomiglia in modo incredibi-le ad un quadrato di Malevich. O se Alexander Calder nelle sue

Alessio Nannini

SAppuntamenti Incontro con il professor Luca Francesco Ticini, docente al Max Planck Institute di Lipsia, sulle connessioni tra forme artistiche, tecnologia ed espressioni del cervello

opere elimina il colore per enfa-tizzare il movi-mento così co-

me avrebbe fatto un fisiologo per disegnare lo stimolo migliore per l’area visiva che elabora il movi-mento, la cui attività è appunto ridotta dalla presenza di un colo-re. Inoltre, alcuni studi hanno di-mostrato che la parte pre-fronta-le del nostro cervello è coinvolta nei processi creativi. Per esem-pio, quest’area si attiva quando parole non relazionate fra loro sono organizzate in un racconto coerente, o ancora quando jazzi-sti improvvisano un pezzo. Scienza e arte sono state con-siderate due aspetti diversi del rapporto che l’uomo instaura con il mondo intorno a se stes-so: se la prima tende spiegare, la seconda privilegia una de-scrizione quasi sentimentale delle cose. E’ davvero così?Penso che dipenda dall’approccio con cui lo scienziato e l’artista si avvicinano al loro lavoro. In en-trambi i casi si tratta di una ricer-ca sull’uomo e sul suo cervello che ognuno compie con i propri mez-zi. Infatti, molto spesso l’arte è ra-gionata mentre alcuni esperimen-ti vengono concepiti d’istinto. La sensibilità di chi crea è di-versa da quella di chi invece osserva una creazione?Se per sensibilità intendiamo la dimensione emozionale, direi che almeno parzialmente la sensibi-lità dell’osservatore si debba so-

vrapporre a quella dell’artista. Al-trimenti non potremmo comuni-care attraverso l’arte come faccia-mo da millenni. Per esempio, gra-zie a recenti studi, sappiamo che la nostra esperienza estetica atti-va centri neurali ben precisi la cui attività media la risposta motoria, emozionale e cognitiva. Ad esem-pio, due centri cerebrali distin-ti -chiamati insula e amigdala- ri-spondono diversamente all’osser-vazione di un’opera d’arte. Mentre l’attività dell’insula è associata al giudizio estetico oggettivo (come la proporzione del corpo di una statua), l’amigdala si attiva per dare una valutazione soggettiva dell’opera, mediata da esperien-ze emozionali precedenti e quin-di apprese attraverso l’esperienza. Rimangono molte sfide aperte, come capire il ruolo dell’imma-ginazione e degli atavici impulsi sessuali nella creatività artistica. Per quanto riguarda invece le reazioni davanti a un’opera d’arte, gli osservatori, o chiun-que ne fruisca, hanno delle re-azioni cerebrali simili anche se appartenenti a società o cultu-re diverse?Ogni individuo della specie uma-na risponde con i medesimi pro-cessi fisiologici alla percezione di un oggetto. Ovvero, gli stessi cen-tri cerebrali in individui cresciu-ti in culture distanti si accendo-no quando percepiscono un’ope-ra bella o brutta. Certamente, l’at-tività di questi centri può essere modulata dal contesto (ad esem-

pio quando un quadro è esposto in una galleria d’arte piuttosto che in un appartamento), dall’interes-se che suscita l’opera osservata e dalle esperienze personali. In fin dei conti, parafrasando possia-mo dire che il concetto di bellezza esiste dentro di noi, l’oggetto a cui questo concetto viene associato può invece essere molto variabile. Nel Suo intervento si confron-terà con Massimo Iosa Ghini, architetto e designer nonché

La neuroesteticatra scienza e arte

fondatore del Bolidismo, un movimento che fa del dinami-smo delle forme il suo tratto ca-ratteristico. In che modo e con quale sensibilità avvertiamo lo spazio nelle forme artistiche e nelle strutture urbane?Quando parliamo di spazio e ar-chitettura, diverse parti del cervel-lo sono chiamate in gioco. Innan-zitutto, un’area specifica (chiama-ta paraippocampale) risponde in modo marcato quando vediamo un edificio. Un danno a quest’area potrebbe quindi impedire il rico-noscimento anche estetico del lavoro di un architetto. Inoltre, la corteccia parietale è coinvolta nell’elaborazione dello spazio. At-traverso questa parte del cervel-lo siamo quindi capaci di discer-nere la dimensione spaziale del-le strutture architettoniche e ci è permesso di interagire con esse. Quale forma artistica ritie-ne identificativa del modo di esprimersi della società con-temporanea?Mi riconosco in stili anche con-trapposti, perciò non ritengo che esista un’espressione artistica che rappresenta più di altre il nostro periodo storico. Invece, quello che trovo molto interessante so-prattutto per le generazioni futu-re, è il cosiddetto nuovo umane-simo, in cui la spiccata sensibili-tà degli artisti si intreccia con lo studio meticoloso degli scienziati per raggiungere il fine comune di una maggior conoscenza sul no-stro essere uomini.

Luca Francesco Ticini è ri-cercatore al Max Planck Institute for Human Co-gnitive and Brain Sciences di Lipsia e presidente della Società Italiana di Neuro-estetica “Semir Zeki”, che studia le relazioni fra le di-verse espressioni artistiche e la fisiologia del cervello.

Chi è

“Capire come funziona la nostra

mente aprirebbe nuovi orizzonti

non solo in campo scientifico, ma anche

in ambito sociale”

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martedì 15 marzo 2011 13

potere, siano da rintracciare i veri moti-vi della messa all’indice. E anche, stan-do a quanto riportano gli addetti ai lavo-ri, del successo di Metro tra le nuovissi-me generazioni, che, facendolo circolare sottobanco, ne hanno fatto un oggetto di culto. Le vicende che si intrecciano sono quelle di un sovversivo ingegnere infor-matico, di una giornalista coraggiosa, di un anziano e affamato lustrascarpe, ri-belli più frustrati che eroici, che spunta-no dall’Egitto anestetizzato e impaurito di prima della rivoluzione. Lungo le fer-mate della metropolitana (a cui el Sha-fee dà i nomi dei presidenti Saad Zaagh-loul, Nasser, Sadat, Mubarak), scorrono velocemente episodi criminosi, furti mi-liardari, manifestazioni represse: un vor-tice di eventi tremendamente quotidia-ni, che fanno intuire come la febbrile ca-otica Cairo fosse ormai sull’orlo del cam-biamento.

>>Creatività>>

Cronache dall’Egittoprima della rivoluzione

Lo scandalo Rototom

a rivoluzione ancora in pieno at-to nel Nord Africa porta con sé un vento nuovo, talmente potente da investire a più livelli un agire e un

sentire ormai globalizzati. La libertà con-quistata, ad esempio, in Egitto è figlia e madre di un risveglio creativo partito dal basso, con i giovani in primissima linea, e circolato su giornali, libri e pubblica-zioni varie, tanto da far pronosticare, già nei prossimi mesi, una sanissima inva-sione sui nostri scaffali di volumi e auto-ri inediti provenienti da quelle parti. Tra gli agitatori culturali, che hanno avuto il merito di presidiare il luogo simbolo del-la rivolta, piazza Tahrir, figura anche l’il-lustratore Magdy el Shafee, noto per aver realizzato Metro, la prima graphic novel (cioè primo romanzo disegnato per adul-ti) di nazionalità egiziana, pubblicata a fine 2010 in Italia dalla casa editrice Il Si-rente, e oggi significativa testimonian-za di quello che era il fermento nel Paese africano prima che il regime fosse rove-sciato, scoperchiando idee e ragioni cir-colanti, ma strozzate dall’ordine costitu-ito. Difatti, anche questa durissima sto-ria inchiostrata è finita sotto la ghigliot-tina della censura. Uscito nel 2008, Metro costò ad el Shafee e al suo editore un pro-cesso conclusosi con la condanna alla di-struzione di tutte le copie e al pagamen-to di un’ammenda di 5.000 lire egiziane, 700 euro circa. Il motivo ufficiale è la pre-senza nel lavoro di un linguaggio troppo spinto, fuori dalla norma per quel gene-re artistico e per quella nazione. «Questo libro contiene immagini immorali e per-sonaggi che somigliano a uomini politi-ci realmente esistenti», recita la senten-

Diego Carmignani

L

FumettiCensurato in patria e firmato da Magdy el Shafee, nel primo graphic novel egiziano Metro la denuncia contro il regime corrotto e la rabbia repressa delle giovani generazioni

za del tribunale di Qasr el Nil, Cairo. Ba-sta scorrere un po’ di pagine, per accor-gersi di come nelle critiche piuttosto pa-

lesi e audaci (anche per noi lettori “oc-cidentali”) al governo Mubarak, alla cor-ruzione della politica, ai meccanismi del

Italia più ottusa allontana i suoi pezzi migliori. Il documentario Exodus - finding shelter di Tomma-so D’Elia e Silvia Bonanni (presen-

tato ieri a Roma, al Nuovo Cinema Aqui-la) racconta l’assurdo destino del Rototom Sunsplah, il più importante festival eu-ropeo di reggae costretto dopo 16 edizio-ni a trasferirsi da Osoppo a Benicàssim, in Spagna. «E’ - spiega D’Elia - una storia em-blematica, molto italiana: il suo presiden-te è stato messo sotto inchiesta in base al-la legge Fini-Giovanardi sulle droghe («fa-voreggiamento all’uso di sostanze stupefa-centi», ndr), e un evento da 160mila pre-senze a edizione, che dura 10 giorni conse-cutivi, nei fatti è stato mandato via. Il grup-po agguerritissimo che lo organizza è an-dato allora in Spagna, dove ovviamente è stato accolto, e anche lì il successo è stato enorme». Le interviste ai sindaci di Udine e Osoppo, e alle forze dell’ordine, testimo-niano in realtà il fatto che localmente nes-

Federico Raponi

L’ l’Etiopia (culla di quella fede, ndr). L’artista ha diviso l’intero suo cachet in due parti, una devoluta alla comunità etiope di Sas-hamane e l’altra ad un progetto legato al-la musica reggae, e il festival ha così dona-to un prefabbricato in legno ai Dubadub». Per salvare il Rototom si era mossa anche la ministra della cultura giamaicana Olivia Grange, «che è stata lì più volte, si era spe-sa molto ma non è servito a nulla, perchè c’è stato un “accanimento” - come sostie-ne Della Vedova, deputato di Futuro e Li-bertà - tutt’altro che terapeutico nella vo-glia di reprimere il festival». Una volontà che ha lasciato dietro di sé un panorama desolante. «Osoppo - conclude il regista - è un distretto industriale, con un’acciaie-ria e una grande industria di riciclaggio, che sta vivendo una crisi furiosa, con tan-tissime persone licenziate o in cassa inte-grazione». E pensare che il Rototom, com-prendente un vario indotto, produceva an-che ricchezza economica.

suno abbia avuto problemi con il Rototom, quindi la decisione di fermarlo appare tut-ta politica e nazionale. Il motivo sembra ri-siedere proprio nella sua alterità e impor-tanza. «Più che un festival - prosegue in-fatti l’autore - è un raduno, anche di comu-nità, ma soprattutto un progetto culturale molto articolato, che diventa luogo per co-noscere le diversità e dibattere i grandi te-mi di questo momento, come l’ambiente, dal risparmio energetico alle raccolte dif-ferenziate. Per dire, uno degli invitati del-la prossima edizione sarà l’iraniana Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace». Tra l’al-tro, dopo il terremoto a L’Aquila, grazie al festival il Dubadub Sound System, giovane gruppo musicale della città, ha nuovamen-te una propria sala prove. «Questa storia ci sembrava molto eclatante e significativa. Due anni fa, al Rototom ha suonato Bunny Wailer, che non si era mai esibito in Italia, anche perchè è molto religioso, legato al rastafarianesimo, e il nostro Paese invase

DocA colloquio con il regista Tommaso D’Elia, autore di Exodus - finding shelter, film sull’assurdo destino del festival reggae italiano, migrato in Spagna per l’ottusità del nostro governo

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martedì 15 marzo 201114 >>Cultura>>

I giovani e la natura Editoria sempre(più)verde

il 1767 quando Giacin-to Salsapariglia, botani-co dell’università di Bo-logna, riceve l’incarico

dal Granduca di Toscana di gui-dare una spedizione oltre oce-ano alla ricerca di piante esoti-che. Durante la navigazione il brigantino finisce nel bel mez-zo di un arcipelago sconosciu-to alle mappe, che Salsapari-glia decide di esplorare. Il suo stupore è grande nell’accorgersi che ogni isola mostra caratteri-stiche diverse, che corrispondo-no ai paesaggi che si sono suc-ceduti nel corso delle ere geo-logiche: quello che risulta dal suo diario di viag-gio è, così, un’ac-curata descrizio-ne del pianeta Ter-ra e di quel tesoro inestimabile che è la biodiversità, pri-ma della compar-sa dell’uomo. Le iso-le del tempo è il pri-mo libro per ragazzi dedica-to alla paleobotanica. Patroci-nato dall’Università di Modena e Reggio Emilia e dalla Socie-tà botanica italiana, imprezio-sito da schede dedicate a mon-di verdi lontani, tavole d’erbario di piante oggi esistenti e spunti per attività didattiche, calamita l’attenzione su una materia tan-to specialistica grazie a una tra-ma ricca di avventura e mistero, senza peraltro mai venire meno alla correttezza scientifica delle informazioni fornite. Firmato da Marta Mazzanti e Giovanna Bo-si, e illustrato da Riccardo Mer-lo, Le isole del tempo sarà pre-sentato da Editoriale Scienza lunedì 28 marzo, giornata inau-gurale della Fiera internazionale del libro per ragazzi di Bologna. Durante la quattro-giorni felsi-nea (l’evento si conclude il 31 marzo) saranno diverse le novi-tà che testimoniano l’attenzio-ne ai temi ecologisti e ambien-tali dell’editoria specializzata in libri per bambini e adolescen-ti. Tra queste spiccano due ti-toli: Il clima (di Daniele Perni-gotti, illustrato da Selene Cam-panella, edito da Giunti junior) e Tondo come il mondo. Manua-le per bambini amici della Ter-ra (di Cristina Gabetti, illustrato da Piero Corva, edito da Giunti progetti educativi). «Come sarà il clima nel futuro? È vero che il nostro pianeta si sta scaldando? Come possiamo intervenire per limitare i danni?». Pensato per i ragazzi a partire dai 10 anni, il

Federico Tulli

è

Anteprima Dal 28 al 31 marzo, la Fiera internazionale del libro per ragazzi di Bologna. Ecco alcune delle numerose novità in catalogo dedicate alla “cura” e al rispetto dell’ambiente

libro di Pernigotti raccoglie cu-riosità e approfondimenti cor-redati da numerose immagini, oltre a consigli e giochi-esperie-mento per comprendere un ar-gomento tanto specifico quanto vasto e complesso come il sur-riscaldamento del pianeta. Il te-

sto della Gabetti è invece realiz-zato in collaborazione con Fon-dazione Ambienta, con l’obiet-tivo di promuovere progetti in grado di diffondere una cultu-ra del rispetto dell’ambiente, del risparmio energetico, del rici-clo e in generale di tutti i com-

portamenti in grado di conci-liare sviluppo industriale e cul-tura ambientale. L’autrice, con parole semplici, invita i giovani lettori a contribuire al benesse-re dell’ambiente, sottolineando l’importanza delle risorse na-turali e i modi migliori per pre-servarle, con uno stile di vita re-sponsabile e rispettoso. Accan-to a queste tematiche rese an-cora più attuali dal drammatico cataclisma che si è abbattuto sul Giappone, l’edizione 2011 della Fiera di Bologna presenta altri spunti di notevole interesse che ci riguardano particolarmente da vicino. Come è il caso, tra gli altri, di Educare alla legalità (Sa-lani editore), di Anna Sarfatti e dell’ex magistrato di “mani puli-te” Gherardo Colombo (oggi in-segnante), che si pone l’ambizio-so fine di trasmettere i principi della Costituzione, indicando a genitori e insegnanti quali sia-no le chiavi giuste per incuriosi-re e appassionare figli e scolari. Chiudiamo questo breve focus sulla Fiera, ricordando che ospi-te d’onore quest’anno sarà la Li-tuania. Un Paese che ha conser-vato sia la più antica lingua in-doeuropea sia la propria vivaci-tà culturale. Peculiarità che si ri-specchiano anche nella fantasia e nella forza creativa delle opere dei suoi illustratori.

«Come sarà il clima nel futuro? È vero che il nostro pianeta si sta scaldando?». Anche i bambini vogliono sapere

Dopo il successo della pri-ma edizione la Festa del li-bro e della lettura torna all’Auditorium Parco del-la Musica di Roma. Con un programma di incontri, la-boratori, corsi e iniziative per le scuole che non si li-mita più allo spazio di un weekend, “Libri come” rad-doppia e si sviluppa su dieci giorni, dal primo al 10 aprile con un ampio spazio all’edi-toria digitale. Quest’anno si potranno “sfogliare” i libri preferiti anche nella ver-sione ebook e provare una nuova esperienza di lettu-ra con i dispositivi di nuo-va generazione nello spazio tecnologico biblet cafè.Grandi protagonisti resta-no comunque gli scrittori, scelti in modo da rappre-sentare la varietà e le ten-denze del panorama lette-rario nazionale e interna-zionale. Sul palco dell’Au-ditorium sfileranno au-tori come Jonathan Fran-zen, il fenomeno lettera-rio dell’autunno ameri-cano Nicole Krauss, il re del poliziesco Elmore Le-onard, il sociologo del-la post-modernità e del-la “società liquida” Zyg-munt Bauman, lo scrit-tore e saggista marocchi-no Tahar Ben Jelloun, rap-presentante di spicco di quell’area maghrebina og-gi battuta dal vento del cambiamento politico, so-ciale e culturale.

Roma inFestata dagli e-book

L’evento

Storie a ritmo di jazza letteratura non canta soltanto, talvolta pigola, odora di terra e muschio. E Walter Mauro, nel con-

trassegnare con il provocatorio aforisma di Enrico Falqui il suo colto, personalissimo amarcord fra storie e protagonisti del No-vecento (La letteratura è un corti-le, Giulio Perrone Editore), sem-bra voler avviare il lettore su una strada rasoterra, o meglio “raso-erba”, rispetto agli ingombri “al-ti” del primo termine; come l’er-ba disordinata dei cortili confi-nanti con mura alte e immutabi-li, quelle destinate a conservarsi, tetragone e intatte, nella memo-ria o ai binocoli di chi le interro-ga. Lì, a fianco dell’ordine archi-tettonico di marmi e colonne,

Roberto Ranieri

L

Narrativa Esce per Giulio Perrone editore La letteratura è un cortile, ultima fatica del critico Walter Mauro. Un personalissimo amarcord fra vicende e protagonisti del Novecento

ridondanze, Walter Mauro ci re-gala un affresco di personaggi e rapporti che segue il filo di una memoria liberamente analogi-ca, più che razionalmente selet-

tiva; il risultato è una scrittura che scor-re senza intoppi dal-la prima all’ultima ri-ga, come un monolo-go che ripercorra sul-la scena un’intera vi-ta sullo sfondo affol-lato di un’epoca, az-zeccando l’intona-zione e i tempi, men-tre a fianco scorre un rullo di citazioni let-

terarie e suggestioni musicali al ritmo di jazz; col gusto di svelare via via la trama che sembra lega-re le une alle altre, in un’evoluzio-ne trasversale di codici e tenden-

ze, fra caratteriali empatie e re-frattarietà, tanto più se il cortile ospita “polli” che hanno fatto la storia della cultura del Novecen-to. Così, ad esempio, la crisi del Neorealismo disegnata nelle tra-iettorie fantastiche di Calvino e Zavattini può depositare altri in-dizi, attraversare case e incontri, rivelarsi nelle battute afferrate al volo da chi non era certo di pas-saggio; e la Parigi del dopoguer-ra ritrovare le atmosfere del Café Deux Magots e il Café de Flore, rivivere le inquietudini di Sartre e del suo gruppo, fra ideologia e jazz-mania, seguendo una feb-bre creativa che dalla scansione sincopata dei beat sui piatti del-la batteria si sarebbe propagata ai beatniks dell’improvvisazione poetica, fino alle suggestioni del-la Beat Generation.

capitoli e paragrafi, strofe e en-decasillabi, trae vigore un eco-sistema di rapporti sommersi, fra lo sregolato scalpiccio dei lo-ro artefici e il fervore di impreve-dibili, molecolari bio-logie. Ed è proprio lì, fra quelli spazi lascia-ti ai margini dai mo-numenti d’inchiostro e le loro costellazio-ni di sogni e di segni, che si insinua la len-te retrograda di uno dei grandi testimo-ni del Novecento, al-la soglia dei suoi vita-lissimi ottantacinque anni; saggista, critico letterario e musicale di razza, giornalista di vecchia scuola, quando la pen-na inseguiva l’essenza rivelatrice di cose e persone a scapito delle

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martedì 15 marzo 2011 15>>Commenti>>

Crisi finanziaria, così cresce il ruolo delle professioni

Organo ufficiale d’informazionedella Federazione dei VerdiReg. Trib. di Roma n. 34 del 7/2/2005Sped. in Abb. Post. D.L. 353/2003 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 c. 1 DCB - RomaLa testata fruisce dei contributidi cui alla legge 7/10/ 1990 n. 250via del Porto Fluviale, 9/a - 00154 Romatel. 06.45.47.07.00 - fax [email protected] - www.terranews.it

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vivisezione, la lav: serve un’indagine ministeriale

Capre, suini, uccelli, pesci e scimmie finiscono, sempre più numerosi, la loro vita in un laboratorio di vivisezione: lo rivela la LAV commentan-do i dati relativi al numero di animali utilizzati in Italia per fini scientifici e sperimentali nel triennio 2007-2009, pub-blicati (GU n. 53 del 5-3-2011) dal Ministero del Lavoro, del-la Salute, ai sensi del decre-to legislativo 116/92 (Prote-zione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici)*.Le statistiche, pubblicate con cadenza triennale, mo-strano un numero comples-sivo di animali utilizzati in lieve diminuzione (2.735.887 nel triennio dal 2004 al 2006 e 2.603.671 dal 2007 al 2009), ma sono numeri ancora trop-po alti visto il quadro scien-tifico e legislativo europeo che prevede la promozio-ne dei metodi alternativi al-la sperimentazione animale e la chiara posizione contra-ria dell’opinione pubblica al-la vivisezione.Le specie più rappresenta-te continuano ad essere to-pi (1648314) e ratti (682925), seguono uccelli (97248), al-tri roditori e conigli (73362), pesci (59881): animali larga-mente impiegati a causa del loro basso costo e perché fa-cilmente maneggiabili, piut-tosto che per ragioni stretta-mente scientifiche.Inoltre, analizzando nel det-taglio le specie utilizzate e l’ambito sperimentale di ap-plicazione, le considerazione che ne derivano sono scon-

fortanti: è in aumento il ri-corso alle scimmie (sia ce-boidea che cercopothecoi-dea), specie regolamentate dal Decreto in modo forte-mente restrittivo che dovreb-be rappresentare una deroga eccezionale e sicuramente non incoraggiarne l’aumen-to. I primati non umani, co-me i cani, sono utilizzati per esperimenti fortemente in-vasivi che comportano alti e prolungati livelli di dolore come studi di tossicità e in-dagini legate a problemati-che nervose e mentali uma-ni e cancro.La maggior parte dell’impie-go di animali riguarda stu-di biologici di base, ricerca e sviluppo di prodotti e appa-recchi per medicina umana e veterinaria, che coinvolgono più del 73% degli animali; se-guono test per la produzione e controllo di qualità per pro-dotti e apparecchi con il 16%, quindi le indagini tossicolo-giche, diagnosi di malattie e formazione. Sconcertante an-che l’aumento degli animali utilizzati vivi e soppressi per fini didattici, anche in que-sto ambito come per il ricor-so ai primati, le autorizzazio-ni che coinvolgono procedu-re per la formazione dovreb-bero rappresentare un’ecce-zione e quindi essere in forte diminuzione anche in consi-derazione della legge 413/93 che da diritto all’obiezione di coscienza, legge che eviden-temente rimane silente o ad-dirittura viene ostacolata; ol-tretutto mai come nell’ambi-to didattico sono disponibi-li un’ampia gamma di metodi sostitutivi all’animale.

Lav, Lega Anti Vivisezione

taranto, l’arpa puglia replica a terra

È totalmente destituito di veri-tà quanto riportato dall’artico-lo “Quel carico radioattivo fer-mo nel porto di Taranto”, a fir-ma Giorgio Mottola, pubblica-to dal quotidiano Terra nell’edi-zione online del 4 marzo 2011. Al secondo capoverso, si legge “La notizia, che finora non è sta-ta ancora diffusa ufficialmente, viene confermata dall’Arpa pu-gliese, che però non fornisce altri particolari sulla vicenda”. ARPA Puglia non ha rilasciato alcuna dichiarazione in merito non es-sendo in possesso di particolari, né di elementi di carattere gene-rale, sulla vicenda riportata.

Direzione Generale Arpa Puglia - Ufficio Stampa

Non posso che confermare quan-to scritto. Alla richiesta di chia-rimenti fatta all’Arpa Puglia sul-la vicenda, la risposta testuale è stata: “Dal momento che è stata

aperta un’inchiesta della magi-stratura, l’Arpa non può rilascia-re dichiarazioni sui particolari della questione”. Deduzione sillo-gistica ed elementare: sappiamo ma non possiamo parlare. g.m.

bioetica, precisazione della on. roccella

Gentile direttore, vorrei fare qualche precisazione in merito all’intervista del professore Lu-ca Marini in cui si espongono timori sull’autonomia del Cnb. In particolare il professore ri-spondendo al giornalista Federi-co Tulli che mi individua come «sponsor principale della cosid-detta agenda bioetica del gover-no», afferma che «in queste con-dizioni i pareri del Cnb rischiano di essere strumentalizzati o in-dirizzati a orientamenti biopoli-tici precostituiti». In realtà, il fat-to che il governo abbia stabilito alcune priorità di intervento sui temi di biopolitica non può cre-

are problemi di concorrenzialità o di influenza nei confronti del Cnb poiché ambiti e competen-ze sono completamente diver-si. Voglio anche ricordare come questo governo per la prima vol-ta abbia confermato tutti i com-ponenti del precedente Comita-to Nazionale di bioetica nomina-ti dal precedente governo Prodi, a testimonianza del rispetto per l’assoluta indipendenza dell’or-ganismo. Con l’agenda bioeti-ca il governo si è posto il proble-ma di dare risposte politiche e legislative a fenomeni emergen-ti che chiedono di essere norma-ti e regolati, ed è per questo che è stata affidata al ministro Sac-coni una specifica delega per il coordinamento dei temi bioeti-ci. Non ci può essere confusio-ne o sovrapposizione di ruoli fra gli obiettivi del governo e un or-ganismo a carattere culturale e scientifico con un ruolo pura-mente consultivo. Sono d’ac-cordo col professore Marini che l’autonomia del Cnb è assicura-ta proprio da questo suo ruolo, e

che una eventuale authority non potrebbe offrire maggiori garan-zie di indipendenza di quelle di cui attualmente gode il Cnb.

on. Eugenia Roccella, sottosegretario di Stato,

ministero della Salute

Ringrazio il sottosegretario Roc-cella per la condivisione di parte delle mie idee. Per il resto, ognuno esprime legittimamente le pro-prie posizioni.

Luca Marini, vice presidente del Comitato nazionale

per la bioetica

Prendiamo atto che tra governo e Cnb «non ci può essere confu-sione o sovrapposizione di ruoli», sebbene il Cnb sia di nomina go-vernativa e con compito di orga-no consultivo. Ed anche del fatto che sia una componente del sud-detto esecutivo a fare delle pre-cisazioni per un’intervista a uno dei vice presidenti del Cnb, che verte sull’attività del Comitato.

f.t.

In un contesto economico in cui la crisi finanziaria mondia-le batte ancora con forza e la disoccupazione giovanile toc-ca vette drammaticamente ele-vate, le professioni possono for-nire un importante contribu-to nell’analisi di misure oppor-tune a contrastare la depres-sione economica e in partico-lare nell’elaborare riflessioni che coinvolgano gli aspetti più deli-cati in materia di lavoro. A que-sto scopo, l’Ordine dei dotto-ri commercialisti e degli esper-ti contabili di Napoli, presiedu-to da Achille Coppola, ha recen-temente organizzato con l’Asso-ciazione costruttori edili della città partenopea un forum di di-scussione dal titolo “Il Collegato Lavoro, tutte le novità e gli im-patti della nuova normativa sul-la gestione del lavoro”, nel corso del quale è stato possibile, grazie al contributo di esperti del set-tore, docenti universitari e diri-genti del ministero del Lavoro, discutere delle principali novità introdotte dalla normativa.In particolare, un aspetto sul quale è stato opportuno soffer-marsi riguarda la conciliazio-ne: un tema centrale, nel qua-le la categoria dei commercia-listi ha creduto molto. Si tratta ora di sviluppare una riflessio-ne strutturata per intensificare le attività su una questione co-sì delicata.Nello specifico, la mancanza di un rimando ai commercia-listi oltre che ai consulenti del lavoro per l’individuazione dei soggetti legittimati alla certifi-cazione dei contratti di lavoro

tende accettare la procedura di conciliazione, deposita pres-so la commissione di concilia-zione, entro 20 giorni dal ricevi-mento della copia della richie-sta, una memoria contenen-te le difese e le eccezioni in fat-to e in diritto, nonché le even-tuali domande in via riconven-zionale. Se ciò non avviene, cia-scuna delle parti è libera di adi-re l’autorità giudiziaria. Se non si raggiunge l’accordo tra le par-ti, la commissione di concilia-zione deve formulare una pro-posta per la bonaria definizione della controversia. Se la propo-sta non è accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazio-ni espresse dalle parti. Delle ri-sultanze della proposta formu-lata dalla commissione e non accettata senza adeguata mo-tivazione il giudice tiene conto in sede di giudizio. Rimane ob-bligatorio il tentativo di conci-liazione sui cosiddetti “lavori certificati” di cui all’articolo 80, comma 4, della cosiddetta legge Biagi (Dlgs 276/2003).I commercialisti napoletani, dun-que, si dimostrano ancora una volta attenti alle tematiche che coinvolgono la cittadinanza e, ri-vestendo un ruolo decisivo nel rapporto tra i datori di lavoro ed i contribuenti, si candidano ad of-frire le proprie competenze nei processi che riguardano da vici-no lavoratori e imprese.

*Consigliere delegato Commissione Lavoro Ordine dei

dottori commercialisti e degli esperti contabili di Napoli

nell’art. 76 del D.lgs. 276/2003 sembra costituire il presuppo-sto normativo sul quale si sta costruendo la strada per arri-vare all’obiettivo della esclusi-va nello svolgimento della con-sulenza del lavoro a favore dei consulenti del lavoro. Essere accreditati per la certificazione dei contratti avrebbe consen-tito oggi, anche ai commercia-listi, di istituire delle Commis-sioni di Conciliazione e Camere Arbitrali, secondo quanto previ-sto dall’art. 31, commi 12 e 13, delle Legge 183/2010, c.d. Colle-gato Lavoro.La normativa, infatti, prevede numerose novità sia nel pro-cesso che nella contrattuali-stica: fin da subito viene meno l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione nelle controver-sie. Le parti avranno comun-que la facoltà di farne richiesta ma saranno libere di adire im-mediatamente l’autorità giudi-ziaria. In un solo caso il tenta-tivo di conciliazione prima del giudizio rimarrà obbligatorio: chi vorrà impugnare dinnan-zi al giudice un contratto di la-voro certificato dovrà preven-tivamente esperire il tentativo di conciliazione presso la com-missione che ha emesso l’atto di certificazione.La comunicazione della richie-sta di espletamento del tentati-vo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di con-ciliazione e per i 20 giorni suc-cessivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di de-cadenza. Se la controparte in-

Giovanni Granata*

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martedì 15 marzo 201116 >>Cinema>>

L’immaginazione contro il potere

scirà domani nelle sale, Sorel-le mai, l’ultimo film di Marco Bellocchio, realizzato dal regi-sta tra il 1999 e il 2008 duran-

te i corsi di regia che l’autore tiene ogni anno a Bobbio, in provincia di Piacen-za. Dopo l’intera retrospettiva della sua opera, con cui a febbraio Los Angeles ha omaggiato uno dei nostri più grandi au-tori, Bellocchio presenta un’opera che chiude il filone più esplicitamente au-tobiografico della sua filmografia.

Suo figlio, Pier Giorgio, ha det-to che questo film è stato una sedu-ta di psicanalisi durata dieci anni. Per lei invece cosa ha rappresentato?Non per me, anzi in questo caso mi so-no sentito molto li-bero dalla ricerca e dal rapporto con lo psichiatra Massimo Fagioli e i semina-ri di Analisi Colletti-va. L’artista deve ri-conoscersi, a costo di sbagliare clamoro-samente, una liber-tà assoluta e questo vale sia per opere più strutturate come Vincere, sia per film di maggiore disim-pegno e leggerezza come questo, dove c’è la necessità di capire cosa è possibile realizzare in un contesto come quello di Bobbio. Un laboratorio dove c’è una pic-cola troupe di amici e dove non c’è pos-sibilità di ricostruire nulla, né un bud-get di produzione a disposizione e dove quindi bisogna fare tutto gratuitamente. In questa gratuità è chiaro che la fanta-sia si sofferma sulle cose che ti sono più vicine. Sia quelle che riguardano il pas-sato, come le vecchie zie, sia il futuro e cioè i miei figli o la gioventù che per ca-so passa da Bobbio e poi se ne va. Quin-di, per concludere sul discorso psicoana-litico, è come se una persona che stes-se facendo una ricerca di assoluta avan-guardia si prendesse però anche la liber-tà di divertirsi un po’ con oggetti che ri-guardano il proprio passato. Questo ca-pita spesso anche in grandi autori come Pascoli e Cechov.

Per quanto riguarda la sua esperien-za più che trentennale con lo psichia-tra Massimo Fagioli e i seminari di Analisi Collettiva cosa hanno rappre-sentato per lei anche dal punto di vi-sta artistico?Molto, sia al livello personale che arti-stico. Da quest’ultimo punto di vista ci sono state varie contaminazioni e “in-vasioni di campo”. Io non dimenticherei film come Salto nel vuoto, girato mentre

Alessia Mazzenga

U

frequentavo i se-minari di Analisi Collettiva già da alcuni anni e in cui l’elaborazio-ne profondamen-te autobiografica di una storia fa-miliare mostrava, però, già il segno di una novità. Co-me se la fantasia si fosse rinnova-ta anche grazie a quell’esperien-za. Poi sei an-ni dopo Diavolo in corpo è stato una vera e pro-pria rivoluzione. Nel senso che la partecipazione e collaborazio-ne di Fagioli alle

riprese, ha messo in discussione tantis-sime cose che riguardavano il mio mo-do di fare cinema. A partire dall’ideazio-ne all’immaginazione al rapporto con gli attori e anche alla stessa tecnica. La Condanna e Il sogno della farfalla, i due film successivi, non sono inferiori ma di-versi. Nel senso che l’esperienza di mag-giore rottura e rinnovamento è avvenu-ta sicuramente con Diavolo in corpo. Poi ho preso la mia strada, senza rinnegare, né lo farò mai, quella straordinaria espe-rienza che è ed è stata l’Analisi Colletti-va. Che uno la frequenti oppure no.

I film che ha girato con lo psichiatra Massimo Fagioli hanno avuto gran-de successo all’estero, in Italia però alcuni giornalisti continuano a dire che sono quelli meno riusciti. Perché questa cecità secondo lei?Questo io l’ho sempre contestato. Evi-dentemente in Italia vi è ancora una cer-ta cultura che ha il potere di esprimere dei giudizi che non corrispondono alla realtà. Diavolo in corpo è un film che ha girato il mondo e che è stato apprezza-to moltissimo. La Condanna ha ricevuto L’Orso d’argento a Berlino e Il sogno del-la farfalla è ugualmente un film molto apprezzato sia dalla critica che da mol-ti autori italiani e stranieri. Da noi, pe-rò, vige ancora, da parte di alcuni gior-nalisti, una superficialità, che è anche la dimostrazione di quanto sia difficile di-menticare dopo tanti anni una campa-

gna di calunnia e disinformazione fatta allora in Italia.Riguardo il finale del film, ha detto che la morte del personaggio che in-terpreta l’amico di famiglia significa-va che non ci sarà più spazio per i ri-cordi. Si riferiva alla conclusione del filone più esplicitamente autobiogra-fico della sua filmografia?L’ultimo episodio di Sorelle mai è vera-mente la fine di un’ispirazione legata a quei temi. Questo è un film che nasce dalla necessità di ricordare queste due “signorine”, che sono sempre state perso-naggi nell’ombra o secondari e che per una volta diventano protagoniste di un racconto. Ma l’autobiografismo nella sua accezione più esplicita si chiude definiti-vamente con questo film. Poi è anche ve-ro che se un’opera è molto personale ne-cessariamente contiene qualcosa che mi appartiene profondamente e quindi in qualche modo è autobiografica.

Cosa ci dice delle prossime manife-stazioni di protesta che ci sa-ranno il 26, 27 e il 28 mar-zo per i tagli del gover-no allo spettacolo e al-la cultura?Non posso che solida-rizzare ed essere con chi lotta. Inevitabil-mente, comunque, nel nostro mon-do ciascuno deve industriarsi indi-vidualmente. Si può fare lo scio-pero ma per met-tere in crisi il pote-re bisognerebbe fa-re affidamento a del-le strutture sindaca-li ben più forti. Come quelle che esistono in America e che sono in grado di obbligare i produttori a venire a

L’incontroA colloquio con il regista Marco Bellocchio. Da domani in sala Sorelle Mai, la sua ultima pellicola che chiude il filone autobiografico iniziato con I pugni in tasca

patti. Qui la manifestazione che fu fatta durante il Festival di Roma è stata stu-pefacente ma rappresenta un’eccezione. Adesso ci sarà un altro sciopero, io pos-so solo aderire. Al tempo stesso chi fa il regista deve avere un senso della re-altà molto acuto, deve capire che cosa può fare, come poter realizzare i propri sogni con pochi mezzi , tenendo conto della realtà che lo circonda. Ci sono dei progetti come Italia mia, il film che sto cercando di realizzare, che non si posso-no fare con pochi soldi. Perché io pen-so che il potere bisogna rappresentar-lo nella sua grandiosità ed esibizione di forza. Però è anche necessario che l’im-maginazione rischi di più nel senso del-la libertà e della metafora. Per questo faccio l’esempio di Bulgakov che con il romanzo Il maestro e Margherita riuscì a rappresentare la spaventosa realtà so-vietica con una serie di personaggi im-maginari, senza incorrere alla censura. Poi, nel frattempo, speriamo che cambi qualcosa.