sviluppo e comunicazione di una show car

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Post-Graduated Master Thesis

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Page 1: Sviluppo e comunicazione di una Show Car

sviluppoe comunicazionedi unashow carfederico merlo

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Page 3: Sviluppo e comunicazione di una Show Car

Politecnico di Torino, COREP

Master universitario di I livello in

Transportation 3D Modelling I Edizione - Anno Accademico 2010-11

TESI DI MASTER

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

________________________________________________________________________________

Candidato: _________________________________________________________

Tutor Accademico: Tutor Aziendale: ____________________________________________________ Azienda Stage: ______________________________________________________

II Facoltà di Architettura

SVILUPPO E COMUNICAIZONE DI UNA SHOW CAR

ITALDESIGN GIUGIARO

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Page 5: Sviluppo e comunicazione di una Show Car

indice.Prima parte

Italdesign Giugiaro & VolkswagenCenni storici

40 anni di collaborazioni

Seconda parte

Modellazione di superficidefinizione modello

curvesuperfici

continuitàanalisi delle curve e delle superfici

virtual reality centerfresatura

reverse engeeneringtipologie di visualizzazione

Terza parte

Comunicazione tecnicadefinizione comunicazione

la comunicazione tecnica

Quarta parte

Sviluppo di una show cardall’idea alla realizzazionecomunicazione pre-lancio

cartella stampashow reel

Conclusioni

Bibliografia

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37404244

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48

131517182125262728

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ITALDESIGN GIUGIARO & VOLKSWAGEN AG prima parte

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Italdesign viene fondata nel 1968 da Giorgetto Giugiaro e Aldo Mantovani, come centro di servizi per il mondo dell’automotive.Sin dall’inizio, fra le sue partnerships si vedono marchi come Alfa Romeo, Fiat, Hyundai, Mitsubishi solo per citarne alcuni. Ma, agli inizi degli anni ’70, si vede l’inizio di un lungo e duraturo sodalizio (che nel 2010 sfocerà in una e vera e propria acquisizione da parte di Volkswagen AG) con il marchio Volkswagen, che darà frutto a una serie di modelli Best Sellers come Golf, Passat, Polo e Scirocco, che contribuirono in modo fondamentale al rilancio ed all’affermazione della casa di Wolfsburg. Italdesign Giugiaro è tra le principali aziende impegnate nella realizzazione di studi stilistici e soluzioni ingegneristiche nel campo automobilistico, anche grazie alla dotazione dei suoi centri di alcuni dei più sofisticati software disponibili (CAD, CAS, CAE e CAM).Inoltre, dal 1981 è operativa, all’interno del Gruppo, Giugiaro Design: una divisione dedicata all’industrial e transportation design. Nel 2003 viene fondata Giugiaro Architettura, che opera nell’ambito della progettazione architettonica civile e industriale, architettura di interni, interior yacht design, allestimenti fieristici, arredo urbano e pianificazione urbanistica e paesaggistica.Non ultime, e tema di queste pagine, sono il grande numero di Concept Cars nate dalla collaborazione dalle due realtà, marchiate non solo con il marchio Italdesign- Giugiaro o Volkswagen, ma attingendo anche dal ventaglio di marchi in possesso dal Volkswagen AG.

Fiat Panda 1980.

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Volkswagen nasce poco prima del secondo confitto mondiale, nel 1937, con il principale obiettivo di mettere i tedeschi al volante di un’automobile economicamente abbordabile. Nacque così il Maggiolino Volkswagen, progettato da Ferdinand Porsche. Negli anni successivi la casa tedesca commercializzò una serie di modelli che però non replicarono il successo avuto con il Maggiolino.A metà degli anni ‘60 Volkswagen rileva da Mercedes l’Auto Union, che comprende Audi e DKW. Nel 1969 la Volkswagen presta attenzione alle sportive, settore fino ad allora affrontato solo con la Karmann-Ghia anni 50, in collaborazione con la Porsche: nascono così le VW-Porsche.Gli anni ‘70, come già detto, rappresentano per la casa un decennio di netta svolta, mettendo a segno un vero colpo con la Golf del 1974 disegnata da Giorgetto Giugiaro, che praticamente da sola trainerà la società a livello di successo mai raggiunti e che verrà prodotta fino ad oggi in 6 serie ed oltre 25 mlioni di esemplari. Il ruolo di Giugiaro nel rapporto con il Gruppo Volkswagen prosegue nel 1978 con il lancio dell’Audi 80, una berlina a tre volumi, disponibile con due oppure quattro porte, a trazione anteriore e, in seguito, integrale. Negli anni successivi l’azienda tedesca, si è espansa diventando la maggiore d’Europa nel settore automobilistico. Comprende nel suo gruppo i marchi Volkswagen, Audi, SEAT, Škoda Auto, Bentley, Lamborghini e Bugatti. Controlla inoltre parte dei capitali di Porsche Scania AB, MAN SE, Suzuki e Italdesign Giugiaro.

Volkswagen Maggiolino 1970.

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Side del prototipo di supercar con meccanica W12 VolkswagenVolkswagen W12 Concept 1997.

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In questa sezione ci si vuole focalizzare sul mondo del progetto, dalla concezione, allo sviluppo fino alla realizzazione di una show car in Italdesign nell’orbita Volkswagen (focus sui concept necessario per riassumere le caratteristiche dell’uno e dell’altro marchio, non ritenendo questa la sede dove dilungarsi ulteriormente sulla storia delle due case).

Quando si sente il nome Giugiaro vengono subito alla mente modelli di auto più o meno belli, ma sicuramente che hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia dell’automobile. Il che per un’azienda o atelier o studio di progettazione automobilistico è tutto, l’obiettivo a cui tutti tendono, la loro mission.Il sodalizio di Italdesign con Volkswagen arriva dopo 40 anni di collaborazioni, ricerca stilistica all’avanguardia e naturalmente di grandi successi commerciali, in questa sede cercherò di menzionarli tutti.Cominciamo dal 1970, quando Giugiaro presenta la Volkswagen-Porsche Tapiro, una coupé a due posti, dalle linee tese e squadrate, con le porte e il cofano posteriore ad ali di gabbiano. Nel 1971, il designer piemontese si cimenta con la VW Karmann Cheetah, uno studio di spider a due posti a motore posteriore longitudinale con gli organi meccanici della Volkswagen Karmann Ghia. La Cheetah ha dimensioni molto contenute ed è lunga meno di tre metri e mezzo. Non ha un seguito produttivo. Il 1973 è l’anno della Audi 1 Karmann Asso di Picche, presentata al Salone di Francoforte: si tratta di una coupé a quattro posti con motore anteriore , caratterizzata da linee tese e spigolose anticipazione delle tendenze stilistiche degli anni Ottanta. In uno slancio creativo senza precedenti, nel 1985, Giugiaro utilizza la base meccanica della VW Golf GTI per un prototipo a 6-9 posti con carrozzeria aperta. Poiché per viaggiare si deve indossare il casco,

40 anni di collaborazioni

1. Nel 1964 il gruppo Volkswagen acquistò da Daimler-Benz il marchio Audi, che mantenne il logo dei quattro cerchi. Alla produzione dell’Auto Union, però, veniva affiancato il marchio Audi o DKW, quale identificativo della linea di vetture prodotte.

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la strana concept viene ribattezzata Machimoto. Riprendendo alcune delle soluzioni stilistiche della Machimoto, l’anno successivo arriva la Volkswagen Orbit, una monovolume a tre porte e trazione integrale (derivazione Golf Syncro).Un inedito trittico basato sulla meccanica Audi a cinque cilindri turbo da 200 cavalli debutta nel 1988. Si tratta di una concept car con pannelli della carrozzeria intercambiabili in modo da ottenere di volta in volta una spider, Aztec, oppure una coupé, Aspid. Il terzo modello è una monovolume futuristica, ribattezzata Asgard.Tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta, due concept anticipano le linee che ispireranno le nuove Seat 2. Sono la Seat Proto T/TL del 1989 e la Seat Proto C del 1990. Idee che si concretizzano con la nuova gamma della Casa spagnola: la Toledo del 1991, l’Ibiza seconda serie e la Cordoba del 1993. La fine del millennio vede il ritorno della Italdesign Giugiaro nel settore delle concept con tre esercizi di stile realizzati intorno all’unità propulsiva Volkswagen W12 da 5.600 cm3 e 420 cavalli. Nel 1997 nasce la Volkswagen W12 Syncro, una coupé estrema a due posti con le porte sollevabili; l’anno dopo, in occasione del trentesimo anniversario della maison torinese, viene presentata la Structura, monovolume a cinque porte e cinque posti, e la Volkswagen W12 Roadster, versione aperta della coupé dell’anno prima.Il 1998 è l’anno della Seat Toledo seconda serie, ma soprattutto quello della strepitosa Bugatti 3 EB118. La maestosa coupé viene realizzata su richiesta dello stesso Ferdinand Piëch, dopo che il Gruppo tedesco aveva acquisito il marchio Bugatti. La EB118 è mossa da uno straordinario motore a 18 cilindri a doppio V di 6,3 litri. Seguendo lo stesso concetto ispiratore, Giugiaro realizza l’anno dopo anche la EB 218, la berlina a quattro porte.Durante il 2010, anno di grande cambiamenti, vengono presentate due nuove concept al salone di Ginevra concept Go! e Tex, testimonianza del sodalizio dei due prestigiosi marchi.

2. Nel 1986, nel mese di giugno, Volkswagen rileva il 51% del capitale SEAT e porta la sua quota azionaria al 75% entro la fine dell’anno.

3. Nel maggio 1998 il Gruppo Volkswagen acquista i diritti legati al marchio Bugatti. [...]. L’anno seguente a Molsheim è creata la società Bugatti Automobiles SAS, filiale di Volkswagen France.

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Dall’alto al basso:1973. Audi Asso di Picche, 1986. Italdesign Machimoto, 1988. Italdesign Aspid, 1990. Seat Proto C, 2008. Italdesign Quaranta, 2011, Volkswagen Go!

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MODELLAZIONEDI SUPERFICI seconda parte

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modello[mo-dèl-lo] s.m.

• 1 Termine di riferimento ritenuto valido come esempio o prototipo e degno d’imitazione; cosa o persona assunta come soggetto per un ritratto, un diseg-no, una costruzione ecc. SIN esemplare, campione: un m. da imitare; pren-dere a m. qlcu. o qlco.

• 2 Prototipo, tipo: inventare un nuovo m. di televisore; estens. oggetto industri-ale che riproduce tale prototipo: il m. di un’automobile; in sartoria, sagoma in carta delle parti da riportare su stoffa per ricavarne un vestito: il m. di un abito; estens. il vestito ricavato da sagome originali: un m. esclusivo

• 3 (f. modella) Uomo che per professione posa per artisti (pittori, scultori); uomo che indossa capi d’abbigliamento per fotografie, sfilate di moda ecc.; indossatore: fare il m.

• 4 Riproduzione in scala ridotta di strutture edilizie, meccaniche e sim. SIN plastico: presentare i diversi m. di un ponte; riproduzione a scopo didattico di organismi o parti di essi: un m. di corpo umano

• 5 Stampo per fusione o per altri tipi di lavorazione: fondere molti vasi con lo stesso m.

• 6 Nel l. burocr., modulo a stampa, spesso contrassegnato da una sigla, per usi amministrativi SIN stampato: il m. 101 rilasciato dal datore di lavoro

• 7 Schema teorico scelto come rappresentativo di una classe di fenomeni: m. economico

• In funzione di agg. inv., di persona, degno di essere ammirato, esemplare: studente m.; di attività, struttura e sim. che funziona, è organizzata in modo esemplare: un asilo m.

• sec. XVI

il Sabatini Coletti, Dizionario della Lingua Italiana

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Nel mondo dell’industrial design, più che in ogni altro ambito progettuale, si fa un largo uso di tecniche di rappresentazione, dal principio fino alla presentazione del progetto. Fin dal concept, rilevante importanza, viene riservata al modello4 o alla maquette. Quest’oggetto non rappresenta un oggetto concluso, bensì un processo aperto che si evolve per stadi successivi, mediante ritocchi e ripensamenti. Il disegno di un modello rappresenta l’organizzazione spaziale tridimensionale dell’oggetto che si sta progettando, non avendo la caratteristica principale di un modello: la tridimensionalità. A questo proposito il disegno industriale fa un largo uso di modelli a scala reale, dei veri e propri prototipi o piccole serie, per eseguire verifiche a livello funzionale, dimensionale, tecnologico o estetico, altrimenti impossibili. Di conseguenza esistono una serie di tipologie specifiche di modelli, come quelli di progettazione, di illustrazione, di ricerca e sperimentazione, intuitivi, di costruzione, di produzione. I modelli di presentazione sono quelli utilizzati per mostrare il prodotto finito ad un committente o ad un pubblico più vasto, e spesso sono veri e propri prototipi funzionanti, esposti ai saloni dell’auto: le concept car. Tuttavia nell’ultimo decennio si è vista la nascita di strumenti software per la costruzione di modelli virtuali, riportando a pieno diritto i modelli al centro della modellazione. Questi nuovi modelli numerici richiedono differenti capacità, sensibilità e competenze rispetto al passato, creando interconnessioni tra discipline diverse, offrendo strumenti innovativi e consentendo associazioni nuove con strumenti esistenti. Ma appunto per le loro caratteristiche differenti dai modelli fisici, si tende a preferirli come complemento piuttosto che alternativa: il modello digitale ha sostituito quello fisico in molte parti del processo, tuttavia resta insostituibile per le caratteristiche fisiche, legate alle verifiche ergonomiche e alla tattilità, per esempio.

4. Tomàs Maldonado sostiene: “[esso] richiama l’idea di un costrutto fisicomodellabile, nel senso che gli dà lo scultore quando lavora con un materiale come l’argilla. Il che fa pensare che il plastico, come sinonimo di maquette, non sia un oggetto chiuso, fatto una volta per tutte, ma piuttosto un processo aperto che si espleta per interventi successivi, mediante ritocchi e ripensamenti.”

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• Curve

La matematica è alla base della modellazione digitale, dove troviamo gli algoritmi che regolano la costruzione di curve e superfici. Le due grandi aree di applicazione che si riscontrano nell’implementazione di forme spaziali sono: la geometria esatta (forme geometriche definite) e la geometria approssimata (elementi geometrici non definibili). Le prime forme sono l’insieme di tutti gli elementi che conosciamo, come piani, sfere, parabole e così via, tuttavia non esauriscono da sole tutte le forme che possono essere concepite nel mondo dell’industrial design dall’aereo al packaging. Ciò significa che la geometria classica non fornisce metodi adeguati per soddisfare tutte le esigenze formali delle nuove forme, sempre più sviluppate in spazio tridimensionale. I nuovi algoritmi, consentono con diversi modi di sofisticazione di definire geometrie altrimenti non definibili dalla geometria classica. Essi si basano fondamentalmente sulla tecnica di approssimazione dei polinomi (funzione). Le equazioni parametriche assolvono questa funzione, offrendo ampi gradi di libertà nel controllo di curve e superfici, generando geometrie esprimibili sotto forma matriciale o vettoriale e così via. Oggigiorno specificatamente nella modellazione vengono utilizzati algoritmi sempre più sofisticati ed evoluzioni delle equazioni parametriche ovvero: le curve di Bézier, le B-Spline e le NURBS. Queste funzioni storicamente sono nate nei centri stile automobilistici, con l’intento di implementare softwares e di conseguenza algoritmi geometrici che soddisfacessero la crescente necessità di descrivere forme nuove e sempre più complesse.

Bezier5

Il primo tipo nella forma sua più diffusa, ovvero quella cubica, è una curva definita da una poligonale di 4 vertici (3° grado e detta poligono di controllo), il primo e l’ultimo dei quali sono interpolati mentre i centrali vengono approssimati; inoltre il segmento tra i primi due punti è tangente al primo punto, come l’ultimo segmento è tangente

5. “Pierre Beziér, ingegnere impiegato in Renault, mise a punto uno schema di rappresentazione delle curve, poi esteso anche alle superfici, basato su funzioni polinomiali dotato della caratteristica di avere una costruzione geometrica e non analitica, [...] in grado da svincolare di avere conoscenze matematiche specifiche.”

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all’ultimo punto della curva. In questo modo una curva di Bézier è semplice da controllare e cambiare di forma, mantenendo al contempo inalterate le sue caratteristiche. Alcune caratteristiche fondamentali:

• i punti di controllo sono sempre uno in più del grado della curva• generalmente la curva ha un andamento che segue il poligono di

controllo• gli estremi della curva coincidono con gli estremi del poligono• i vettori tangenti agli estremi della curva hanno la stessa direzione

del primo e dell’ultimo lato del poligono

Il legame diretto tra grado della curva e numero di poli rende logicamente intuitivo il suo utilizzo, incrementando o diminuendo il numero di poli, che solitamente è contenuto tra il 1° e 7 °.Un grande limite tuttavia rimane la rappresentazione di superfici coniche (gestite dalle curve di Bèzier razionali). Detto questo, ci sono sostanzialmente due classi di curve (e di superfici) diametralmente diverse e con scopi differenti: la prima determinata da calcoli matematici e sperimentali, la seconda dipendente da considerazioni formali e funzionali.

NURBS6

Nascono così le NURBS (Non-Uniform Rational B-Spline) che rappresentano lo standard per la descrizione di curve e superfici in computer grafica, e sono molto utilizzata nei file di interscambio IGES. Facendo un passo indietro spieghiamo cosa sono le Spline per capire le NURBS; hanno intento diverso dalle curve di Beziér, e derivano il loro nome dallo strumento tecnico manuale che permetteva di tracciare una curva continua attraverso dei punti prefissati. Si può immaginare ogni tratto di questa curva compreso fra due punti di controllo come ad una trave fissata agli estremi e sollecitata negli estremi da forze costituite da momenti flettenti.

6. “[..] Rich Riesenfeld, alla Utah University, lavorò a tutta la riunificazione dei lavori e di tutta la terminologia proliferata sull’argomento [curve e superfici] che tempo dopo chiamò NURBS. [...] Il primo sistema ad utilizzarle fu Tiger, sviluppato da Boenig nel 1979.”

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Poiché la curva è formata da tanti tratti con le suddette caratteristiche, è necessario che soddisfi due condizioni: continuità in tangenza e curvatura nei punti comuni estremi. Gli svantaggi rispetto alle Bézier sono che modificando un punto, varia tutta la curva; il secondo è la poca prevedibilità del comportamento della curva. Tuttavia il pregio di questa tipologia di curve è che si possono realizzare curve anche molto complesse senza raggiungere alti gradi del polinomio che le regola.

B-Spline7

Le B-Spline permettono di avere un controllo locale, ovvero in cui spostamento di un polo non influisce su tutta la curva, ma solo una porzione. Questa curva può essere raccontata come una serie di Bézier concatenate fra di loro in continuità. In questo modo viene svincolato il grado della curva dalla complessità e dal numero di poli di controllo che la definiscono. E ancora queste curve possono essere parametrizzate in modo razionale e non-razionale, dove gli intervalli sono uniformi o non.Le NURBS, infine, le B-Spline razionali, proiezione di una B-Spline non-razionale definita nello spazio a 4 dimensioni delle coordinate omog-enee in uno spazio tridimensionale cartesiano tradizionale, ottenendo una rappresentazione molto simile alle curve di Bézier razionali. Ha tutte le caratteristiche di flessibilità e generalità che possono servire per implementare un sistema di modellazione geometrica.

• Superfici

Dopo l’ampio di scorso sulle curve, che rappresentano la base di partenza per la generazione di una superficie, mi appresto a chiudere la parte teorica legata alla costruzione geometrica. Conseguentemente alla costruzione di una bella curva si dovrebbe ottenere una bella superficie. Che essa sia generata dallo scorrimento di una curva su di un percorso determinato da un’altra curva oppure una scia lasciata dallo spostamento di una curva da una posizione ad un’altra,

7. La prima descirione di curve e superfici razionalirisale al 1967 ad opera di Steeve Cons, ma fu nel 1975 che il gruppo coordinato dallo stesso Coons riuscì ad elaborare Le B-Spline razionali.

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questo determina una superficie. Questo per dire come le superfici siano l’estensione delle curve in un secondo spazio geometrico, di conseguenza tutte le regole matematiche che regolano le une vengono trasferite sulle altre.

Le superfici di Bézier sostanzialmente assimilano molte caratteristiche e note delle curve precedentemente analizzate, ad esempio una superficie B. approssima i suoi poli ed interpola i poli ai vertici oppure le quattro curve di bordo della superficie B. sono tangenti ai quattro poligoni di controllo di bordo della mesh di controllo degli estremi e così via; una nota è che i polinomi che determinano la superficie non devono essere necessariamente dello stesso grado.

Di conseguenza le superfici NURBS seguono logicamente lo schema di Bézier con le estensioni logiche delle B-Spline. Queste superfici mantengono le caratteristiche delle superfici di Bézier con il vantaggio di essere più generali, di poter rappresentare le superfici coniche e di gestire superfici complesse senza per questo avere un grado alto dei suoi polinomi.

• Continuità

Non appena si viene a contatto con almeno due superfici, nasce il problema della transazione tra di esse conosciuto come continuità. Un elemento di potenziale confusione sono le sigle con cui si identificano la continuità geometrica G e continuità parametrica identificata con la lettera C. Partiremo per semplicità dalle curve perestendere le definizioni alle superfici. Esistono sostanzialmente tretipologie di continuità:

• continuità di posizione, quando due curve coincidenti hanno due estremi coincidenti tra di loro in continuità in posizione G0 oppure esse hanno continuità G0 nel punto di contatto.

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Visivamente le due superfici determinano un punto di cuspidenel loro punto di contatto. La continuità C0 è raggiunta con le stesse condizioni di G0.

• continuità di tangenza, due curve adiacenti ed in continuità di posizione tra loro, hanno i vettori tangenti nei due estremi coincidenti che giacciono sulla stessa retta, ossia sono in continuità di tangenza G1. Se oltre alla stessa retta i vettori tangenti appartengono allo stesso modulo, le due curve cui appartengono si dicono anche in continuità di tangenza C1. La presenza di continuità C1 implica l’esistenza di G1, non viceversa.

• continuità di curvatura, quando due curve adiacenti e in continuità di tangenza hanno ugale il raggio dei due estremi coincidenti, si dicono in continuità di curvatura G2. Esistono tuttavia anche ordini di continuità superiori, più rari e di complicata gestione.

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continuitàfrasuperfici, come visto prima, anche in questo caso l’estensione alle superfici dei concetti visti per le curve si traduce in un’estensione dimensionale logicamente conseguente.La continuità di posizione è raggiunta quando due superfici hanno un bordo in comune, ossia tutti i punti sul bordo dell’una coincidono con i corrispettivi dell’altra. Anche in questo caso visivamente determinano la presenza di uno spigolo.La continuità di tangenza è raggiunta quando due superfici adiacenti e in continuità di posizione hanno tutte le coppie di piani tangenti alle superfici lungo il bordo comune giacenti nello stesso piano. Visivamente si nota la mancanza di spigoli. Con i colpi di luce si nota la discontinuità della superficie. La continuità di tangenza è raggiunta quando due superfici adiacenti ed in continuità di tangenza hanno uguali tutti i raggi di curvatura campionati nei punti appartenenti al bordo delle due superfici. Quando due superfici sono in continuità di curvatura si notano l’assenza di spigo li e di discontinuità di luce tra le due superfici.

Dall’alto al basso:Superfici in continuità di tangenza (punto luce separato), superfici in continuità di curvatura (punto luce omogeneo)

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• Analisidellecurveedellesuperfici

L’analisi delle curve e delle superfici si compie sostanzialmente in tre modi: valutazione delle tolleranze, diagramma di curvatura (e della superficie generata) e controllo visuale.La tolleranza nell’ambito del design è considerata come la divergenza dal valore teorico che si ritiene di poter accettare in ogni specifico campo progettuale. Questo significa che rispetto alle definizioni precedenti, per i diversi livelli di continuità nei diversi programmi di calcolo vengono implementante tolleranze in funzione delle esigenze progettuali. Gli strumenti per il controllo visuale possono essere schematici o appoggiarsi alle tecniche di real time rendering.Nel primo caso l’analisi del diagramma di curvatura evidenzia graficamente quello detto in precedenza, ovvero come la posizione dei poli, il loro numero e la continuità influiscano sull’andamento di una curva: più sono a distanza regolare e in minor numero più la superficie che ne deriverà sarà pulita , gestibile e non spezzata, risulterà omogenea e ben fatta. Lo strumento utilizzato per l’analisi di una curva è il diagramma di curvatura appunto, composto da un numero variabile di raggi che ne evidenziano l’andamento secondo la disposizione dei poli; se regolarmente disposti, il diagramma sarà uniforme ed il “peso” distribuito in modo costante (a meno che non sia volontà del designer avere accelerazioni del grafico, tradotte in effetti di luce più marcati sulla superficie derivata). Per analizzare l’andamento di una superficie si interviene effettuando sezioni ad intervalli regolari sull’intera o su una parte dell’area in esame, valutando anche in questo caso la qualità del diagramma di curvatura. Unitamente al grande progresso delle schede grafiche, hanno trovato un grande impulso le tecniche di real time rendering, tecniche indispensabili per poter implementare le tecniche di diagnostica visuale e non solo numerica.La reflaction mapping è una tecnica che utilizza una o più immagini che registrano la riflessione globale e la luce su un oggetto. Una texture viene applicata e ricampionata in funzione della vista impostata,

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Shading zebra-line con attivi i punti di controllo della superficie e controllo continuità

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ovvero viene simulata la riflessione sull’oggetto l’enviroment mappingdell’ambiente circostante, l’enviroment mapping. La mappa dell’illuminazione non è associata ad un modello o ad una superficie, bensì viene applicata ad una teorica sfera di raggio infinito, con un risultato apprezzabile, considerato l’ambito realtime.Esiste quindi un gruppo di strumenti di diagnostica che permette di valutare la qualità di una singola superficie come di un modello complesso: si ha la possibilità di valutare forme senza riprodurle realmente, e la presenza di eventuali discontinuità tra superfici adiacenti, senza applicare sezioni, diagnosticare le curve estratte e così via. In modo analogo lavorano gli highlights, che distribuiscono luce e colori sulle superfici del modello rispetto al suo orientamento spaziale dei piccoli triangoli in cui viene scomposta ogni superficie per applicare la reflection mapping ed ottenere così lo shading.Altro strumento dalla logica simile è lo zebra-lines (zebratura). L’ambiente che simula la zebratura è un ipotetico tunnel (presente tra l’altro nei centri stile) con al suo interno delle luci fluorescenti distanziate tra loro regolarmente; l’effetto ottenuto è una striatura bianco/nera che scorre sulle superfici capace di far emergere l’andamento delle superfici. Ad esempio lo sfalsamento delle righe tra superfici adiacenti denota mancanza continuità di tangenza e così via. Laddove è possibile l’ausilio congiunto di strumenti analitici e grafici, si hanno gli strumenti per un attento controllo della costruzione di superfici e loro verifica formale. Legato alla tolleranza troviamo invece lo strumento di surface evaluation: impostata una tolleranza massima viene valutato lo scostamento del nostro modello rispetto al modello teorico di partenza (utilizzato per le scansioni STL8 ad esempio).

8. STL (STereo Lithography interface format oppure Standard Triangulation Language) è un formato di file, binario o ascii, nato per i software di stereolitografia CAD. È utilizzato nella prototipazione rapida (rapid prototyping) attraverso software CAD.Un file *.stl rappresenta un solido la cui superficie è stata discretizzata in triangoli. Esso consiste delle coordinate X, Y e Z ripetute per ciascuno dei tre vertici di ciascun triangolo, con un vettore per descrivere l’orientazione della normale alla superficie.

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Immagine che evidenzia come scorrono le luci sulle superficiGiugiaro Quaranta 2008.

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• Virtual reality center

Quando abbiamo le superfici del modello sono chiuse, si passa alla fase dove viene visionato, nella sua completezza e in scala reale, sugli schermi della sala virtuale. Il salone può avere dimensioni differenti (fattore dipendente dalla grandezza del centro stile) ed avere uno o più schermi di presentazione, il tutto è completato solitamente da una platò, dove viene posizionata la maquette della concept car.In questa sede vengono scelte 1 o 2 proposte di stile convincenti da portare avanti, in modo da avviare i lavori per realizzare la maquette in scala 1:1, realizzata con la fresatura di polistirolo, epowood o gesso, o una combinazione di questi materiali. Il modello viene visionato dal capo del centro stile e dagli attori che partecipano allo sviluppo del progetto, per verificare come scorrono le luci sulle superfici, le soluzioni stilistiche adottate e le proporzioni, attraverso rendering real time (utilizzo di vari background, combinazioni cromatiche, di finizione e di componenti).Questo processo non si è sostituito al modello reale, poichè non si rinuncia alla valutazione del modello nello spazio fisico, alla matericità delle superfici, delle componenti e così via, lo si continua ad usare in parallelo come aiuto alla continua evoluzione dello stile.

Immagine del Virtual Reality Center di Italdesign ( sul platò Ford Mustung Concept 2006)

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• Fresatura

La fresatura è il processo di modellazione meccanica di un modello fisico (o parte di esso) in scala 1:5, 1:4, 1:1, 2:1 e così via; i fuori scala sono utilizzati per componenti di piccole dimensioni come maniglie, cornici e quant’altro che altrimenti non sarebbero di facile analisi, mentre i modelli in scala più piccola sono utilizzati per proporre più proposte di stile (dato l’ingente costo di realizzazione di modelli in scala 1:1).Le componenti necessarie sono sostanzialmente due: la matematica e il materiale. Le matematiche delle superfici vengono passate ad una macchina a controllo numerico, la fresa, che scorrendo sui suoi assi (da 3 a 6) plasma, fora, rifinisce e rifila la materia grezza come l’epowood9, il polistirolo, il clay10 o il gesso.Una volta fresato, il modello è ancora aperto ad una serie di modifiche manuali, con l’aggiunta o la rimozione di materiale; il modello con le modifiche apportate sarà scansionato e inoltrato al reparto di modellazione CAS per aggiornare il modello in digitale.Il modello fresato verrà mantenuto grezzo se sarà oggetto di prova oppure verniciato se pezzo finito di uno stile approvato, in modo da essere assemblato su una maquette di presentazione.

9. L’epowood è una resina epossidica utilizata per la realizzazione dei modelli di stile10. Il clay è una creta utilizzata per la modellazione di modelli di stile

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11. Vedi pag. 23 nota n°8 definizione STL

• Reverse Engineering

Quando il modello realizzato viene modificato durante il ciclo produttivo, specialmente nel caso di superfici a geometria libera, i cambiamenti alle parti originali del progetto sono molto difficili da effettuare e, spesso, non possono essere neppure analizzati o descritti in rapporto al disegno originale. Appare chiara, quindi, l’utilità di una tecnica finalizzata alla creazione, in modo automatico ed in tempi brevi, del modello CAS dell’oggetto fisico da realizzare. Il compito del Reverse Engineering (per mezzo della fotogrammetria11) è proprio quello di soddisfare questa esigenza. Partendo da un prototipo, o da un oggetto che si vuole ricostruire, o da parti specifiche delle quali si vogliono effettuare particolari analisi si ricava, mediante il processo di reverse engineering, il relativo modello CAS. Questo viene utilizzato per effettuare agevolmente la modifica di parti esistenti, lo sviluppo di nuove parti, l’analisi dimensionale e dare il via al processo produttivo .

• digitalizzazione della superficie• editing e filtraggio dei dati di misura• segmentazione e creazione dei modelli matematici• creazione dei modelli CAS

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Rappresentazione wireframe delle superfici di un modello digitale di stile del prototipo Ford Mustang Concept 2006.

Nell’immagine è visibile il box dove vengono costruite le curve e le superfici, partendo dai figurini di stile in vista top, front, rear e side. Il modello è visualizzato con uno shading denominato lucido per controllare lo scorrimento delle luci sulle superficiAlfa Romeo Brera Concept 2002.

• tipilogie di visualizzazione

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Spaccato 3D che illustra le parti meccaniche e la tecnologia del concept.Giugiaro Namir 2009.

Render, con texture dei materiali assegnate alle superfici, dello spaccato 3D per l’abitabilità interna del prototipo.Proton Emas 2010.

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COMUNICAZIONE TECNICA terza parte

Italdesign Aztec 1988.

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comunicazione[co-mu-ni-ca-zió-ne] s.f.

• 1 Trasmissione, partecipazione, diffusione di qlco. agli altri: c. del messaggio del presidente; estens. testo che viene comunicato: c. scritta || mezzi di c. (di massa), stampa, radio e televisione

• 2 Relazione presentata a un convegno• 3 Collegamento attuato attraverso mezzi tecnologici di trasporto o di diffu-

sione: vie di c.; mettersi in c. || mezzo di c., mezzo di trasporto• 4 ling. Scambio di informazioni mediante uno o più linguaggi (verbale, gestu-

ale, visivo ecc.) tra un emittente e un destinatario• 5 dir. c. giudiziaria, atto con cui si informava il potenziale imputato

dell’apertura di un procedimento penale a suo carico, poi sostituito dall’avviso di garanzia

• sec. XIV

il Sabatini Coletti, Dizionario della Lingua Italiana

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la comunicazione TECNICA

Al momento della nascita di un nuovo modello, o concept car, vengono definite le specifiche generali del veicolo e consistono in:

• tipologia, segmento di mercato e volumi produttivi• dimensioni principali esterne ed interne (ingombri/abitabilità)• griglia ipotizzata di moroti, cambi e pneumatici• eventuali elementi di carry over12 (carrozzerie/meccanica)• tecnologie diformatura ed assemblaggio• obiettivi prestazionali e di costo

Questi sono i punti per iniziate lo sviluppo di un progetto, realizzando uno schema grafico in scala, il figurino, che riporta nelle tre viste principali (anteriore/posteriore, elevazione e pianta) e il possibile profilo della vettura, che dovrà rispettare gli obiettivi di abitabilità e le dimensioni imposte dalla meccanica adottata; da questa tavola grafica, nascono gli elementi per il successivo sviluppo dello stile e della struttura. Questo schema preliminale, serve a dimostrare la compatibilità fra organi meccanici ed obiettivi di abitibilità e visibilità e costituisce come detto il punto di partenza per i sucessivi sviluppi di progetto e dello stile.Volendo definire le fasi principali legate alla definizione dello stile, potremmo identificare le seguenti:

• generazione della forma• generazione del modello matematico

Ma andiamo per ordine, nei seguenti paragrafi sono spiegate le basi grafiche e concettuali da cui si inizia a concepire un nuovo veicolo, arrivando fino al confronto ed alla collaborazione con la parte più tecnica, ovvero la fattibilità.

12. Con carry over viene definito il riutilizzo, su nuovi progetti, di componenti o soluzioni tecniche già esistenti e montate da modelli della stessa casa automobilistica.

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sketches

Gli sketches, riguardano la parte più emozionale del progetto. Tuttavia tutte le scelte estetiche includono implicitamente soluzioni tecniche e progettuali, volte a costruire auto realizzabili. Nella fase preliminare del progetto, vengono schizzati, elaborati e sviluppati centinaia di bozzetti, sia per interni che per esterni, dalle forme più classiche alle più innovative, a quelle più in linea con i canoni stilistici del marchio fino alle proposte di rottura. I bozzetti sono caratterizzati da prospettive accelerate ed esasperate, tecniche con cui gli stilisti esaltano le sensazioni che il concept vuole comunicare, dal significato delle forme che lo compongono ai giochi di luce che lo percorrono. Fino al decennio scorso, i supporti di rappresentazione cartacei, utilizzavano la matita, gli acquarelli, i pastelli e così via; con l’avvento della digitalizzazione (come avvenuto per le matematiche) ora si tende a sviluppare gli schizzi su tavole grafiche con l’ausilio di programmi grafici ad hoc.I bozzetti, oltre ad avere una valenza emozionale, sono un aiuto per i tecnici che modellano le superfici (sia digitali che solide) a comprendere i vuoti ed i pieni, l’andamento delle curve e la volumetria delle masse, caratteristiche difficili da documentare e comprendere attraverso i soli figurini di stile in due dimensioni.

Sketch a mano libera della concept car celebrativa dei quarant’anni di Italdesign.Giugiaro Quaranta 2008.

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figurini

In questa fase si vede la collaborazione di designers e tecnici che definiscono lo stile sottoforma di figurini (in scala 1:10), dove rappresentano nelle canoniche viste ortogonali, la forma del modello. Il figurino di stile è completato dalle misure principali del packaging, dimensioni del passo (dipendente dalla piattaforma) e dimensioni di massima, tra cui altezza, larghezza e lunghezza. Anche in questo campo, l’avvento dell’informatica ha persmesso una velocizzazione del processo, passando dalla tavola realizzata a mano su tecnigrafo, allo sviluppo digitale su programmi CAD.Quando viene definito lo stile, dopo aver scartato quello tecnicamente non fattibili, il disegno viene gestito da sistemi vertuali per la modellazione, assegnato ad ogni vista la parte corrispondente del figurino tecnico fino a definire un box di costruzione, all’interno del quale si inizia la costruzione delle curve e delle superfici. Con questa organizzazione in viste, si riesce a tenere sotto controllo il modello nelle viste ortogonali e in caso di modifiche apportate al figurino di stile, è necessario solo sostituire la vista vecchia con quella nuova e ad apportare i cambiamenti alle superfici corrispondenti sul modello.

Figurino di stile a matita, nelle viste front, rear e side.Alfa Romeo Brera Concept 2002.

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fattibilità

La Progettazione si occupa degli studi di fattibilità del progetto, partendo dagli studi di stile scelti, procedendo parallelamente in modo da ottimizzare i tempi e i costi di sviluppo del veicolo. Dagli studi di fattibiilità si procede alla verifica su modello virtuale delle strutture, delle finiture interne ed esterne, valutandone le prestazioni. Successivamente parte l’analisi strutturale e i relativi calcoli matematici, per studiare nei dettagli tutte le componenti dell’auto. Parallelamente avvengono studi a livelli avanzati della progettazione meccanica, con simulazioni virtuali del comportamento dinamico, di resitenza agli urti, alla rigidità torsionale.Questo studio viene completato con la progettazione degli schemi elettrici e dell’elettronica di bordo sviluppati insieme agli specialisti che costruiscono i componenti necessari.Tutto il processo implica un continuo confronto tra designers, modellatori e ingegneri sulle problematiche che emergono durante la progettazione, generate ad esempio dall’utilizzo di nuove tecnologie o a vincoli formali che si vogliono mantenere, che richiedono grande conoscenza, sensibilità ed esperienza per giungere alla risoluzione dei problemi; più lo studio della fattibilità riesce a venire incontro e soddisfare le richieste dei crativi, più è testimonianza di grande sinergia, esperienza e capacità d’innovazione.

Funzione apertura porte verticale.Alfa Romeo Brera Concept 2002.

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Sviluppo DiUna Show Car quarta parte

Proton Emas 2010.

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Dall’idea alla realizzazione

Oramai è assodato che la presentazione di una show car da salone non è uno studio fine a se stesso, ma un vero e proprio laboratorio di idee per automobili future o addirittura per sviluppare una nuova tipologia di vettura. Questo grande lavoro per lo sviluppo di una concept car non è svolto da un singolo attore, bensì da un insieme di conoscenze e competenze tecniche trasversali, che passano dallo stile alla motoristica, dal marketing fino alla sociologia.Questo scambio di informazioni porta alla valutazione del prodotto, al modo di progettarlo, a quello di costruirlo ed infine al modo di venderlo.Naturalmente alla base dell’ approccio di una nuova vettura ci sono una serie di vincoli tecnici a cui riferirsi, come le caratteristiche tecniche della piattaforma da utilizzare, i costi di un eventuale produzione e così via. Questi vincoli sono presenti anche quando si progetta una show car, nonostante apparentemente non sia destinata nell’immediato ad una produzione in serie; nella realtà alcuni dei concetti applicati sono sviluppati per una futura produzione di serie, e quindi dovranno tener conto del mercato e delle utenze a cui sono diretti.I risultati degli studi sociologici, sui gusti delle persone e le tendenze del mercato, sono utili a fornire informazioni ai designer in modo che lo studio di stile sia già improntato al soddisfacimento dei desideri del pubblico nonchè ad una focalizzazione dei dettagli di cui tener conto.Con questo, il Centro Stile, possiede le informazioni necessarie, ed ha la libertà di affrontare il progetto con un’ampia possibilità di scelta per esprimere le proprie idee.Il singolo stilista ha così la possibilità di esprimere le proprie capacità interpretative e creative, supervisionato dal Capo del Centro Stile, che ha il compito di guidare il gruppo attraverso nuovi temi e problematiche per stimolarne la creatività.Dalla fase creativa legata al progetto, soprattutto degli esterni, si definiscono decine e decine di bozzetti più o meno innovativi, garantendo così la più ampia scelta di temi possibili, ad esempio mantenedo lo sitle in linea con gli stilemi tipici della casa o che sia di interruzione, per inaugurare nuovi temi stilistici.

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I direttori tecnici, invece, ricaveranno da tutto qiesto lavoro, gli elementi che verranno inseriti nei primi progetti completi, così che da decine di bozzetti cominceranno a prendere forma i primi modelli di stile, di solito quattro o cinque, su cui lavorare, affinando idee e concetti.Con le tecnoloogie CAS citate nei capitoli precedenti, è oggi possibile rappresentare i bozzetti degli stilisti in modelli tridimensionali. E’ qui che il prototipo comincia a prendere forma. Contemporaneamente a questo percorso, vengono realizzati i primi modelli fresati, in scala 5:1 quando le proposte sono ancora un numero consistente, fino alla realizzazione di uno o due prototipi in scala 1:1. Quando lo stile è stato congelato in maniera pressochè definitiva, si passa alla costruzione del prototipo marciante (se richiesto nelle specifiche del progetto). Il tempo trascorso dalla prima idea alla realizzazione del modello marciante è di 6/8 mesi circa, un tempo breve in relazione alla grandissima mole di lavoro che sta dietro alla progettazione ex-novo di un prototipo.

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Protoripo marciante.Ford Mustung Concept 2006.

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Comunicazione pre-lancio

E’ ormai buona norma, che nella campagna di comunicazione di una show car, ci sia grande impegno e attenzione nel definire la fase pre-lancio: in attesa della presentazione ufficiale, viene stuzzicata la curiosità e l’immaginazione del pubblico, con delle anteprime che lasciano intravedere appena alcuni dettagli caratteristici. Questo processo avviene utilizzando:

• sketches emozionali: rappresentano disegni esaltati nelle proporzioni o nella prospettiva, proprio perchè risultino di grande impatto emozionale

• teasers: sono immagini dell’auto camuffata ad arte per lasciare intravedere piccoli dettagli come fari, nervature o la sola sagoma dell’auto

• showreel: sono dei brevi filmati dimostrativi, statici o dinamici

Questo tipo di approccio, che ormai accomuna tutte le case automobilistiche e il mercato del prodotto in generale, serve a veicolare l’attenzione di stampa, appassionati e gente comune, sul proprio prodotto caricandolo di suspance, significato ed aspettativa. Internet, inoltre, ha permesso che la comunicazione sfociasse anche in veri e propri fenomeni di guerrilla marketing13, spargendosi in modo esponenziale, capillare e veloce, con una risonanza di carattere planetario: in pochi secondi chiunque può venire in contatto con questo tipo di campagne di comunicazione, per questo motivo si cercano modi e metodi sempre più sorprendenti, originali ed interattivi di comunicare con il pubblico (o con il proprio target14).

13. guerrilla marketing: forma di promozione pubblicitaria non convenzionale a basso costo ottenuta attraverso l’utilizzo di mezzi e strumenti aggressivi che fanno leva sull’immaginario e sui meccanismi pscicologici degli utenti finali. - Wikipedia14. target: segmento di pubblico a cui è diretta una determinata campagna commerciale o pubblicitaria

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TeaserLamborghini Sesto Elemento 2010.

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cartella stampa

La cartella stampa generalmente è un insieme di immagini, utilizzata dai costruttori di automobili per comunicare alle testate giornalistiche ed ai portali internet le propie novità sui modelli. All’interno del fascicolo, si trovano scatti fotografici che descrivono dettagli, finiture, sketches, parti tecniche, elementi innovativi e così via; tuttavia questi formati possono essere raggruppati in tre principali famiglie:

• immagini degli interni, degli esterni e di dettaglio• tavole tecniche degli spaccati che riguardano meccanica, abitabilità e

funzionalità• video di presentazione e dimostrativi

Oggigiorno, con l’affinamento ed l’avanguardia raggiunta dalla computer grafica, vengono utilizzati anche rendering fotorealistici in luogo dei modelli reali, immersi in ambientazioni asettiche, suburbane, artiche, desertiche, piuttosto che lunari, dove vengono proposti con grande versatilità infiti accostamenti di colori, di finitura, di configurazioni, favorendo un abbattimento dei costi e dei tempi di realizzazione. Ma non solo. Questa strategia di comunicazione, viene adottata nei casi in cui, prima della presentazione ufficiale, vengono accumulati ritardi dovuti ad ultimi affinamenti sul modello reale, risultando quindi infattibili gli scatti sul modello definitivo. Durante (e dopo) la fase di presentazione ufficiale del modello, la cartella stampa viene arricchita da ulteriori immagini, raffiguranti il veicolo nella sua veste definitiva, producendo dei veri e propri book fotografici contenenti tutti i dettagli dell’auto.

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Cartella stampaVolkswagen Go! 2011.

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SHOWREEL

Con il termine showreel si intende un filmato, della durata media di circa 60s, con il compito di presentare ed illustrare una concept car.La costruzione del filmato inizia con la definizione di uno story board e di una regia, dove vengono decise cosa si vuole far vedere, a chi e in che modo. Il video, per quanto riguarda le showcar, presenta il modello in modo statico o dinamico, mostra i dati tecnici e la tecnologia applicata a bordo, oltre a tutte le funzionalità e le innovazioni in seno al progetto.Questi video vengono proiettati su megaschermi negli stand durante le kermesse per mostrare appunto i dettagli del prototipo.Anche in questo caso l’avanzamento della computer grafica ha permesso di realizzare filmati sempre dinamici e fedeli alla realtà, utilizzando programmi ad hoc per il montaggio delle scene.

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ShowreelGiugiaro Quaranta 2008.

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Conclusioni.Gli insegnamenti colti nel corso delle lezioni del Master si sono rivelati particolarmente utili nell’esperienza lavorativa in Italdesign Giugiaro.Durante il ciclo di ore le tematiche a cui si è prestata maggiore attenzi-one sono state:

• Modellazione e visualizzazione 3D integrate allo stile e fattibilità in ambiente Cas

• Visualizzazione render 3D ad alta definizione• Principi di architettura dell’autoveicolo (scocca e interni)• Human design

Il Master ha avuto come obiettivo primario quello di fornire una com-petenza base sull’architettura del veicolo, dalle fasi preliminari fino al congelamento del modello di stile, in modo da sostenere tutti i passaggi che accompagnano lo sviluppo di un nuovo progetto.Grazie allo stage si ha avuto una visione approfondita dell’intero proces-so, dall’idea creativa fino alla sua realizzazione, la cui durata può variare dai 6 agli 8 mesi circa nei quali si sviluppano:

• lo stile con i primi schizzi• i figurini di stile• il packaging da utilizzare• lo sviluppo della matematica 3D• la prototipazione di alcuni elementi o dell’intero modello• la realizzazione di un prototipo marciante

Quest’esperienza si è rivelata utile perchè ha permesso di raggiungere una più qualificata padronanza dello strumento di modellazione oltre che un a maggiore autonomia di gestione del tempo di lavoro.

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Bibliografia. Fausto Brevi,Il design delle superfici. I modelli digitali per il Disegno industriale,

Edizioni Poli.Design, 2004

L. Morello, G. Pia, L. Rosti Rossini, A. Tonoli, La carrozzeria, Progetto dei componenti, Hoepli, 2009

Dizionario dell’auto, Le grandi guide di Quattroruote,Editoriale Domus, 2001

Marco Turinetto, Dizionario del design, Lupetti & Co, 1993

Pier Giorgio Cozzi, Eventi, Strumenti di comunicazione per le imprese del terzo millennio,

Lupetti, 2009

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