stabilit`a effettiva di sistemi planetari hamiltoniani · il sistema solare nell’ordine (da...

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Stabilit` a effettiva di sistemi planetari Hamiltoniani Marco Sansottera [a] [a] Dipartimento di Matematica dell’Universit` a degli Studi di Milano [b] Dipartimento di Matematica dell’Universit` a degli Studi di Roma “Tor Vergata” Lavoro svolto in collaborazione con Antonio Giorgilli [a] ed Ugo Locatelli [b] Pisa, 19.02.2011 PRIN 2007B3RBEY Dyn. Sys. & Appl.

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Stabilita effettiva di sistemi planetari Hamiltoniani

Marco Sansottera [a]

[a]Dipartimento di Matematica dell’Universita degli Studi di Milano[b]Dipartimento di Matematica dell’Universita degli Studi di Roma “Tor Vergata”

Lavoro svolto in collaborazione con

Antonio Giorgilli [a] ed Ugo Locatelli [b]

Pisa, 19.02.2011

PRIN 2007B3RBEY Dyn. Sys. & Appl.

Il sistema solare

Nell’ordine (da sinistra a destra): Sole, Mercurio, Venere, Terra, Marte,Giove, Saturno, Urano, Nettuno e Plutone.

Le proporzioni tra i diametri dei pianeti sono realistiche.

Un po di cronologia...

Sin dall’antichita i moti planetari e le loro periodicitarappresentavano nell’immaginario collettivo un perfetto esempio diarmonia, erano infatti considerati regolari ed imperturbabili.

Greci: prime predizioni dei moti planetari mediante eccentrici,equanti ed epicicli (versione classica degli sviluppi di Fourier).

Copernico: il Sole al centro dell’universo (Anassimandro).

Keplero: le tre leggi di Keplero (1618–1628), la scoperta dei moti

secolari di Giove e Saturno.

Newton: la legge di gravitazione universale (1687), le interazioni tratutti i pianeti, la meravigliosa regolarita di Keplero viene cosıapparentemente distrutta.

Eulero, Lagrange e Laplace: la teoria perturbativa, i moti secolari,i moti quasi-periodici, le risonanze e i piccoli divisori.

Poincare: le orbite caotiche nel problema dei tre corpi.

La dinamica del sistema solare

Il sistema solare e stabile?

La dinamica del sistema solare

Il sistema solare e stabile?

Cosa intendiamo precisamente con la parola stabilita?

La dinamica del sistema solare

Il sistema solare e stabile?

Cosa intendiamo precisamente con la parola stabilita?

Riformuliamo la domanda:

a) Le orbite dei pianeti rimarranno essenzialmente le stesse perl’eternita, o almeno per un tempo paragonabile all’eta stimatadell’universo?

b) In un futuro remoto, potranno avvenire drastici mutamenti delsistema solare cosı come lo conosciamo noi oggi, dovuti per esempioalle collisioni tra due pianeti, alla caduta di un pianeta sul Sole o aduna espulsione di un pianeta dal nostro sistema solare?

La dinamica del sistema solare

Il sistema solare e stabile?

Cosa intendiamo precisamente con la parola stabilita?

Riformuliamo la domanda:

a) Le orbite dei pianeti rimarranno essenzialmente le stesse perl’eternita, o almeno per un tempo paragonabile all’eta stimatadell’universo?

b) In un futuro remoto, potranno avvenire drastici mutamenti delsistema solare cosı come lo conosciamo noi oggi, dovuti per esempioalle collisioni tra due pianeti, alla caduta di un pianeta sul Sole o aduna espulsione di un pianeta dal nostro sistema solare?

Ancora oggi non esiste una risposta definitiva a queste domande!

Le orbite dei pianeti interni

Osserviamo che le orbite dei pianeti interni sono caratterizzate da piccolivalori delle eccentricita e delle inclinazioni.

Le orbite dei pianeti esterni

Osserviamo le orbite dei pianeti esterni (escluso Plutone), sonocaratterizzate da piccoli valori delle eccentricita e delle inclinazioni.

Il teorema di Kolmogorov (1954)

Consideriamo una Hamiltoniana

H(p, q) = h(p) + εf (p, q) ,

dove p e q sono variabili di azione-angolo. Assumiamo che la componenteimperturbata h(p) sia non-degenere e che esista p∗ ∈ R

n tale che lecorrispondenti frequenze ω = ∂h

∂p (p∗) soddisfino la condizione diofantea

∣∣k · ω∣∣ ≥ γ|k|−τ , ∀ 0 6= k ∈ N

n ,

dove γ ≥ 0 e τ ≥ n− 1 . Allora, per ε abbastanza piccolo, l’Hamiltonianapossiede un toro invariante sul quale il moto e quasi-periodico confrequenze ω .

Il teorema di Kolmogorov (1954)

Consideriamo una Hamiltoniana

H(p, q) = h(p) + εf (p, q) ,

dove p e q sono variabili di azione-angolo. Assumiamo che la componenteimperturbata h(p) sia non-degenere e che esista p∗ ∈ R

n tale che lecorrispondenti frequenze ω = ∂h

∂p (p∗) soddisfino la condizione diofantea

∣∣k · ω∣∣ ≥ γ|k|−τ , ∀ 0 6= k ∈ N

n ,

dove γ ≥ 0 e τ ≥ n− 1 . Allora, per ε abbastanza piccolo, l’Hamiltonianapossiede un toro invariante sul quale il moto e quasi-periodico confrequenze ω .

Possibile soluzione per il problema della stabilita del sistema solare.

Il teorema di Kolmogorov (1954)

Consideriamo una Hamiltoniana

H(p, q) = h(p) + εf (p, q) ,

dove p e q sono variabili di azione-angolo. Assumiamo che la componenteimperturbata h(p) sia non-degenere e che esista p∗ ∈ R

n tale che lecorrispondenti frequenze ω = ∂h

∂p (p∗) soddisfino la condizione diofantea

∣∣k · ω∣∣ ≥ γ|k|−τ , ∀ 0 6= k ∈ N

n ,

dove γ ≥ 0 e τ ≥ n− 1 . Allora, per ε abbastanza piccolo, l’Hamiltonianapossiede un toro invariante sul quale il moto e quasi-periodico confrequenze ω .

Possibile soluzione per il problema della stabilita del sistema solare.

Problema: quanto deve essere piccola la perturbazione?

Il teorema di Kolmogorov (1954)

Consideriamo una Hamiltoniana

H(p, q) = h(p) + εf (p, q) ,

dove p e q sono variabili di azione-angolo. Assumiamo che la componenteimperturbata h(p) sia non-degenere e che esista p∗ ∈ R

n tale che lecorrispondenti frequenze ω = ∂h

∂p (p∗) soddisfino la condizione diofantea

∣∣k · ω∣∣ ≥ γ|k|−τ , ∀ 0 6= k ∈ N

n ,

dove γ ≥ 0 e τ ≥ n− 1 . Allora, per ε abbastanza piccolo, l’Hamiltonianapossiede un toro invariante sul quale il moto e quasi-periodico confrequenze ω .

Possibile soluzione per il problema della stabilita del sistema solare.

Problema: quanto deve essere piccola la perturbazione?

Henon: massa di Giove paragonabile a quella di un protone!

Il teorema di Nekhoroshev (1977/79)

Consideriamo una Hamiltoniana

H(p, q) = h(p) + εf (p, q) ,

dove p e q sono variabili di azione-angolo. Assumiamo che lacomponente imperturbata h(p) sia non-degenere allora, senzaaddentrarci in ulteriori dettagli tecnici dell’enunciato, il teorema diNekhoroshev afferma che, per ε abbastanza piccolo,

|p(t)− p(0)| < ε1/4 , per |t| < exp

(c

(|1

ε

)1/(2a))

,

dove c e una costante ed a = n2 + n .

Il teorema di Nekhoroshev (1977/79)

Consideriamo una Hamiltoniana

H(p, q) = h(p) + εf (p, q) ,

dove p e q sono variabili di azione-angolo. Assumiamo che lacomponente imperturbata h(p) sia non-degenere allora, senzaaddentrarci in ulteriori dettagli tecnici dell’enunciato, il teorema diNekhoroshev afferma che, per ε abbastanza piccolo,

|p(t)− p(0)| < ε1/4 , per |t| < exp

(c

(|1

ε

)1/(2a))

,

dove c e una costante ed a = n2 + n .

Stabilita esponenziale: si rinuncia all’invarianza perpetua delle orbite eci si accontenta di mostrare che gli elementi orbitali critici dei pianeti(semiassi maggiori, eccentricita ed inclinazioni) restino vicini a quelliiniziali per un tempo esponenzialmente lungo.

I risultati ottenuti

Il mio lavoro si suddivide fondamentalmente in tre parti:

I risultati ottenuti

Il mio lavoro si suddivide fondamentalmente in tre parti:

(I) applicazione delle teorie di Kolmogorov e Nekhoroshev al problemadei tre corpi, in particolare al sistema Sole–Giove–Saturno;

I risultati ottenuti

Il mio lavoro si suddivide fondamentalmente in tre parti:

(I) applicazione delle teorie di Kolmogorov e Nekhoroshev al problemadei tre corpi, in particolare al sistema Sole–Giove–Saturno;

(II) studio della stabilita del problema secolare per il sistemaSole–Giove–Saturno–Urano nel caso piano;

I risultati ottenuti

Il mio lavoro si suddivide fondamentalmente in tre parti:

(I) applicazione delle teorie di Kolmogorov e Nekhoroshev al problemadei tre corpi, in particolare al sistema Sole–Giove–Saturno;

(II) studio della stabilita del problema secolare per il sistemaSole–Giove–Saturno–Urano nel caso piano;

(III) costruzione esplicita di una forma normale relativa ai tori ellittici perun sistema planetario e formulazione di un teorema.

Il punto di partenza comune:

l’Hamiltoniana planetaria

L’Hamiltoniana di un sistema planetario

F (r, r) = T (0)(r) + U(0)(r) + T (1)(r) + U(1)(r) ,

dove r sono le coordinate eliocentriche e r i momenti coniugati.

T (0)(r)=1

2

3∑

j=1

‖rj‖2

(1

m0+

1

mj

),

U(0)(r) = −G

3∑

j=1

m0mj

‖rj‖,

T (1)(r)=r1 · r2m0

+r1 · r3m0

+r2 · r3m0

,

U(1)(r) = −G

(m1m2

‖r1 − r2‖+

m1m3

‖r1 − r3‖+

m2m3

‖r2 − r3‖

).

I parametri orbitali

a (semiasse maggiore) ω (argomento del perielio)e (eccentricita) M (anomalia media)i (inclinazione) Ω (longitudine nodo ascendente)

Le variabili di Poincare nel piano

Λj =m0mj

m0 +mj

√G(m0 +mj)aj , λj = Mj + ωj ,

ξj =√2Λj

√1−

√1− e2j cos(ωj) , ηj = −

√2Λj

√1−

√1− e2j sin(ωj) ,

dove aj , ej , Mj e ωj sono rispettivamente il semiasse maggiore,

l’eccentricita, l’anomalia media e l’argomento del perielio del j-esimo

pianeta.

Le variabili di Poincare nel piano

Λj =m0mj

m0 +mj

√G(m0 +mj)aj , λj = Mj + ωj ,

︸ ︷︷ ︸

variabili veloci

ξj =√2Λj

√1−

√1− e2j cos(ωj) , ηj = −

√2Λj

√1−

√1− e2j sin(ωj) ,

dove aj , ej , Mj e ωj sono rispettivamente il semiasse maggiore,

l’eccentricita, l’anomalia media e l’argomento del perielio del j-esimo

pianeta.

Le variabili di Poincare nel piano

Λj =m0mj

m0 +mj

√G(m0 +mj)aj , λj = Mj + ωj ,

︸ ︷︷ ︸

variabili veloci

ξj =√2Λj

√1−

√1− e2j cos(ωj) , ηj = −

√2Λj

√1−

√1− e2j sin(ωj) ,

︸ ︷︷ ︸

variabili secolari

dove aj , ej , Mj e ωj sono rispettivamente il semiasse maggiore,

l’eccentricita, l’anomalia media e l’argomento del perielio del j-esimo

pianeta.

L’Hamiltoniana nelle variabili di Poincare

L’Hamiltoniana, scritta nelle variabili di Poincare, diventa

F = F0 +F1

L’Hamiltoniana nelle variabili di Poincare

L’Hamiltoniana, scritta nelle variabili di Poincare, diventa

F = F0 +F1 = F0 + U(1) + T (1)''

F0 = −

n∑

i=1

µ2i β

3i

2Λ2i

parte integrabile ,

U(1) = −G∑

0<i<j

mimj

∆ij

perturbazione (termine principale) ,

T (1) =∑

0<i<j

ri · rjm0

perturbazione (termine complementare) .

Possiamo sviluppare l’Hamiltoniana in serie di Taylor-Fourier!

L’applicabilita delle teorie di Kolmogorov e Nekhoroshev

al sistema Sole – Giove – Saturno

La stabilita per il sistema SGS vicino ad un toro KAM

Studio della dinamica in un intorno di un toro invariante per il sistemaSole–Giove–Saturno (SGS).

Costruzione di una buona approssimazione di un toro invariante:U. Locatelli e A. Giorgilli, Invariant tori in the Sun–Jupiter–Saturn

system, DCDS-B, (2007);

normalizzazione alla Birkhoff sino ad un ordine finito mediantel’utilizzo di un pacchetto per la manipolazione algebrica scrittoad hoc in linguaggio C da A. Giorgilli e successivamente sviluppatoda U. Locatelli e da me;

stima del tempo di stabilita effettivo alla Nekhoroshev.

La procedura in formule

H(p, q) = ω · p+ H1(p, q) + H2(p, q) ,

dove p ∈ Rn e q ∈ T

n sono le variabili di azione-angolo. H1 contiene itermini di grado 2 in p e K in q , H2 quelli di grado 3 in p e 2K in q .

Normalizzazione alla Birkhoff sino ad un ordine finito r ,

H (r) = ω · p+ Z1(p) + . . .+ Zr (p) +Rr (p, q) .

Consideriamo un dominio

∆ρ = p ∈ Rn, |pj | ≤ ρ , j = 1 , . . . , n ,

p(0) ∈ ∆ρ0 con ρ0 < ρ , p(t) ∈ ∆ρ per |t| < T .

La stima del tempo di stabilita effettivo

Una sottostima del tempo di stabilita T e data da

τ(ρ0, ρ, r) =ρ− ρ0∥∥p,Rr

∥∥ρr+2,

che dipende dai parametri ρ0 , ρ e r .

Ottimizziamo τ(ρ0, ρ, r) rispetto ai parametri ρ e r ed otteniamouna stima τ (ρ0) che dipende solamente dal parametro fisico ρ0 , cioela distanza delle azioni iniziali p(0) rispetto all’origine.

Definiamo questo tempo come il tempo di stabilita effettivo delsistema.

Le stime dei tempi di stabilita per il sistema SJS

1e-05

1

100000

1e+10

1e+15

1e+20

1e-07 1e-06 1e-05 0.0001 0.001 0.01 0.1 1

T(ρ

0)

ρ0

Risultati ottenuti per K = 4 e con delle forme normali di Birkhoff diordine 4 (blu) e 5 (rosso), calcolate esplicitamente mediantemanipolazione algebrica al calcolatore.

Stabilita del problema secolare per il sistema

Sole – Giove – Saturno –Urano nel caso piano

Il problema secolare per il sistema SGSU

Studio della dinamica su tempi lunghi del problema secolare per il sistemaSole–Giove–Saturno–Urano nel caso piano.

Consideriamo un sistema mediato sugli angoli veloci (seguendo unapproccio molto comune in fisica), in quanto siamo interessati almoto secolare dei pianeti.

Problema secolare: si passa da 6 a 3 gradi di liberta,

H (sec) = H0(ξ,η) + H2(ξ,η) + H4(ξ,η) + . . . ,

dove H2j e un pol. omog. di grado (2j + 2) in ξ e η , ∀ j ∈ N .

ξ = η = 0 e un punto di equilibrio ellittico e, ricordando che levariabili secolari dipendono dalle eccentricita, lo schema chedescriveremo e in sostanza una estensione della teoria diLagrange-Laplace.

La procedura in formule

H = H0(ξ,η) + H2(ξ,η) + H4(ξ,η) + . . . .

Introduciamo le variabili di azione-angolo

ξj =√2Φj cosϕj

ηj =√2Φj sinϕj

Normalizziamo sino all’ordine r ,

H (r) = Z0(Φ) + Z2(Φ) + . . .+ Zr (Φ) +Rr (Φ,ϕ) .

La derivata temporale delle azioni Φ e data da

Φj =Φj , H

(r)=Φj , Rr

.

La stima del tempo di stabilita effettivo

Consideriamo un dominio

∆ρR =(ξ,η) ∈ R

6 : ξ2j + η2j ≤ ρ2R2j , j = 1, 2, 3

,

Φ(0) ∈ ∆ρ0 con ρ0 < ρ , Φ(t) ∈ ∆2ρ0 per |t| < T .

Una sottostima del tempo di stabilita T e data da

τ(ρ0, r) = minj

(1−

1

2r+1

)R2j

(r + 1)‖ Φj , Rr ‖ ρr+10

.

Ottimizziamo τ(ρ0, r) rispetto al parametro r ed otteniamo unastima τ (ρ0) che dipende solamente dal parametro fisico ρ0 .

Definiamo questo tempo come il tempo di stabilita effettivo delsistema.

Le stime dei tempi di stabilita per il problema secolare

1

100000

1e+10

1e+15

1e+20

1e+25

1e+30

1e+35

1e+40

1e+45

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2

T(

ρ 0 )

ρ0

Risultati con una forma normale di Birkhoff di ordine 30 , calcolataesplicitamente mediante manipolazione algebrica al calcolatore.

Costruzione esplicita di una forma normale relativa

ai tori ellittici per un sistema planetario

L’estensione del problema secolare

Domanda: A che cosa corrisponde il problema secolare nel modellooriginale?

λ

η

L

ξ

L’estensione del problema secolare: il toro ellittico

Domanda: A che cosa corrisponde il problema secolare nel modellooriginale?

Risposta: Il toro ellittico.

λ2π

η

L

ξ

I tori invarianti di dimensione massima

Il teorema di Kolmogorov si applica a sistemi Hamiltonianiquasi-integrabili non-degeneri.

Nel problema planetario, a causa della degenerazione del motoKepleriano, abbiamo soltanto n frequenze relative al moto medio

L’estensione del teorema KAM per un sistema planetario sviluppatada Arnold, utilizzando una riformulazione della teoria di Lagrange eLaplace sui moti secolari, ripristina le 2n frequenze che si eranoperse nell’approssimazione Kepleriana.

Sin dalle prime applicazioni della teoria KAM, i tori invarianti sisono rilevati fondamentali nello studio della dinamica che descrive imoti quasi periodici dei pianeti del sistema solare.

I tori invarianti basso dimensionali

Oltre ai risultati relativi ai tori invarianti di massima dimensione, enaturale aspettarsi che, nel caso limite di piccole orbite circolari,anche tori invarianti n-dimensionali debbano esistere.

La dimostrazione di questa affermazione richiede pero l’introduzionedi nuovi strumenti analitici.

L’esistenza dei tori ellittici planetari e stata recentemente provata daBiasco, Chierchia e Valdinoci per il problema spaziale dei tre corpi eper un sistema piano con una stella centrale e n pianeti.

Il loro approccio si basa su un teorema di Poschel che assicural’esistenza di tori ellittici basso dimensionali.

Tuttavia il loro metodo non sembra adatto per applicazioni espliciteanche se si e interessati solamente alla ricerca di tori ellittici.

Lo schema di Kolmogorov (un approccio costruttivo)

Lo schema originale della dimostrazione, introdotto da Kolmogorovstesso, e piu adatto ad essere tradotto in un algoritmo esplicito per lacostruzione di tori invarianti.

Sviluppo di un algoritmo di Kolmogorov modificato per lacostruzione di tori ellittici.

Applicazione al sistema Sole–Giove–Saturno–Urano nel caso piano.

Integrazione del moto sulla superficie invariante con una procedurasemi-analitica.

Verifica dell’efficacia del metodo attraverso il calcolo esplicito di unnumero finito di passi di normalizzazione.

Formalizzazione della nostra procedura con dimostrazione rigorosache il processo di normalizzazione converge, cosı da ottenere unteorema di esistenza per i tori ellittici.

L’applicazione al modello SGSU nel caso piano

H = ω · L+∑

j1≥2

hj1,0(L) + µ∑

j1≥0

j2≥0

fj1,j2(L,λ, ξ,η) ,

dove le funzioni sono polinomi di grado j1 nelle azioni veloci L e digrado j2 nelle variabili secolari (ξ,η) , mentre la dipendenza dall’angoloveloce λ e trigonometrica.

La manipolazione esplicita al calcolatore rende necessario un troncamentodegli sviluppi, imponiamo quindi i seguenti criteri:

la componente Kepleriana comprende i termini sino al grado 4 ;

le funzioni fj1,j2 includono:

i termini di grado j1 nelle azioni L con j1 ≤ 3 ;i termini di grado j2 nelle variabili (ξ,η) , dove j2 e tale che2j1 + j2 ≤ 8 ;i termini sino al grado trigonometrico 18 rispetto agli angoli λ .

Le equazioni del moto

Consideriamo un punto (0,λ, 0, 0) ∈ (0,T3, 0, 0) , abbiamo

Lj = −∂f0,0

∂λj

(0,λ, 0, 0) ,

λj = ωj +∂f1,0

∂Lj(0,λ, 0, 0) ,

ξj = −∂f0,1

∂ηj(0,λ, 0, 0) ,

ηj =∂f0,1

∂ξj(0,λ, 0, 0) ,

quindi, per rendere invariante la varieta (0,T3, 0, 0) , e necessariouccidere i termini perturbativi f0,0 , f0,1 , f1,0 e f0,2 .

La forma normale di ordine r − 1 dell’Hamiltoniana

Introduciamo nuovamente le variabili di azione-angolo secolari,

ξj =√2Φj cosϕj

ηj =√2Φj sinϕj

possiamo riscrivere l’Hamiltoniana del sistema,

H (r−1) =ω · L+Ω(r−1) ·Φ+∑

j1≥2

hj1,0(L)

+∑

s≥r

f(r−1,s)0,0 (λ) +

s≥r

f(r−1,s)0,1 (λ, ξ,η) +

s≥r

f(r−1,s)0,2 (λ, ξ,η)

+∑

s≥r

f(r−1,s)1,0 (L,λ) +

j1≥0

j2≥0

s>0

f(r−1,s)j1,j2

(L,λ, ξ,η) ,

dove l’indice r − 1 indica l’ordine della normalizzazione.

Descriviamo l’r -esimo passo di normalizzazione.

Il processo di normalizzazione

χ(r)0 ,ω(r−1) · L

+

r∑

s=1

f(r−1,s)0,0 (λ) = 0 ,

Il processo di normalizzazione

χ(r)0 ,ω(r−1) · L

+

r∑

s=1

f(r−1,s)0,0 (λ) = 0 ,

χ(r)1 ,ω(r−1) · L+Ω(r−1) ·Φ

+

r∑

s=0

f(I;r ,s)0,1 (λ, ξ,η) = 0 ,

Il processo di normalizzazione

χ(r)0 ,ω(r−1) · L

+

r∑

s=1

f(r−1,s)0,0 (λ) = 0 ,

χ(r)1 ,ω(r−1) · L+Ω(r−1) ·Φ

+

r∑

s=0

f(I;r ,s)0,1 (λ, ξ,η) = 0 ,

X

(r)2 ,ω(r−1) · L

+

r∑

s=1

f(II;r ,s)1,0 (L,λ) = 0 ,

Y

(r)2 ,ω(r−1) · L+Ω(r−1) ·Φ

+

r∑

s=1

f(II;r ,s)0,2 (λ, ξ,η) = 0 ,

D

(r)2 ,Ω(r−1) ·Φ

+ f

(II;r ,0)0 , 2 (Φ,ϕ)−

⟨f(II;r ,0)0 , 2

⟩ϕ= 0 ,

I piccoli divisori e le condizioni di Melnikov

Primo passo

min0<|k|≤rK

(|k · ω|

),

I piccoli divisori e le condizioni di Melnikov

Primo passo

min0<|k|≤rK

(|k · ω|

),

Secondo passo (prima condizione di Melnikov)

min|k|≤rK

|ℓ|=1

(|k · ω + ℓ ·Ω|

),

I piccoli divisori e le condizioni di Melnikov

Primo passo

min0<|k|≤rK

(|k · ω|

),

Secondo passo (prima condizione di Melnikov)

min|k|≤rK

|ℓ|=1

(|k · ω + ℓ ·Ω|

),

Terzo passo (seconda condizione di Melnikov)

min|k|≤rK

|ℓ|=2

(|k · ω + ℓ ·Ω|

),

La procedura in formule

Osserviamo che ad ogni passo dobbiamo modificare le frequenze,

ω(r) ·L = ω(r−1) ·L+ f(II;r ,0)1,0 (L) , Ω(r) ·Φ = Ω(r−1) ·Φ+

⟨f(II;r ,0)0 , 2

⟩ϕ.

Mediante le tre successioni di funzioni generatrici

χ(i)0

i,

χ(i)1

ie

χ(i)2 = X

(i)2 + Y

(i)2 + D

(i)2

i,

possiamo definire una successione di trasformazioni canoniche C(r) come

C(r) = exp(Lχ(r)2

)exp(Lχ(r)1

)exp(Lχ(r)0

). . . exp

(Lχ(1)2

)exp(Lχ(1)1

)exp(Lχ(1)0

),

dove le funzioni generatrici χ(i)0 , χ

(i)1 e χ

(i)2 hanno grado trigonometrico

massimo iK e sono di grado j1 nelle azioni veloci L e j2 nelle variabilisecolari (ξ,η) , con 2j1 + j2 = 0, 1, 2 , rispettivamente.

Il moto sui tori ellittici

Denotiamo con E la funzione

E(L,λ, ξ,η) = (x, y, px, py) ,

che trasforma il punto (L,λ, ξ,η) nelle corrispondenti coordinateposizione-momento.

L’insieme delle condizioni iniziali corrispondenti al toro ellittico sono dateda E C(∞)(0,λ, 0, 0) , con λ ∈ T

3 .

Lo spettro di Fourier del moto sul toro ellittico e fortementecaratteristico, infatti solamente le frequenze veloci e le lorocombinazioni lineari possono comparire. Questa semplice osservazioneci permette di controllare l’accuratezza dei nostri risultati attraversol’analisi in frequenza.

Le approssimazioni del toro ellittico

Ad ogni passo di normalizzazione otteniamo delle varietaapprossimativamente invarianti, che convergono al toro ellitticoinvariante.

Senza perdita di generalita, consideriamo un punto particolare sultoro nelle coordinate normalizzate: (0, 0, 0, 0) .

Consideriamo l’approssimazione banale del punto sul toro ellitticonelle coordinate iniziali, cioe

E C(0)(0, 0, 0, 0) .

Mediante manipolazione algebrica al calcolatore, raffiniamo

l’approssimazione di quello stesso punto del toro ellittico, cioe

E C(9)(0, 0, 0, 0) .

L’analisi in frequenza dei segnali secolari

Consideriamo come punto iniziale in primo luogo l’approssimazionebanale del punto sul toro ellittico nelle coordinate originali esuccessivamente l’approssimazione ottenuta con una forma normaledi ordine 9,

E C(0)(0, 0, 0, 0) e E C(9)(0, 0, 0, 0) .

Effettuiamo una integrazione numerica e consideriamo i segnalisecolari

(ξ1(t), η1(t)

),

(ξ2(t), η2(t)

),

(ξ3(t), η3(t)

),

rispettivamente di Giove, Saturno ed Urano.

Controlliamo l’accuratezza del toro ellittico approssimatoeffettuando l’analisi in frequenza dei tre segnali secolari per i duediversi punti iniziali.

La scomposizione del segnale relativo a Giove

1e-07

1e-06

1e-05

0.0001

0.001

1e-05 0.0001 0.001 0.01 0.1 1 10

Am

piez

ze

Frequenze

I simboli in blu (×) si riferiscono all’approssimazione banale, mentrequelli in rosso (+) al toro ellittico approssimato.

La scomposizione del segnale relativo a Saturno

1e-07

1e-06

1e-05

0.0001

0.001

1e-05 0.0001 0.001 0.01 0.1 1 10

Am

piez

ze

Frequenze

I simboli in blu (×) si riferiscono all’approssimazione banale, mentrequelli in rosso (+) al toro ellittico approssimato.

La scomposizione del segnale relativo ad Urano

1e-07

1e-06

1e-05

0.0001

0.001

1e-05 0.0001 0.001 0.01 0.1 1 10

Am

piez

ze

Frequenze

I simboli in blu (×) si riferiscono all’approssimazione banale, mentrequelli in rosso (+) al toro ellittico approssimato.

Formalizzazione del risultato ottenuto e

teorema sulla costruzione dei tori ellittici

Il teorema sulla costruzione dei tori ellittici

Teorema sulla costruzione dei tori ellitticiConsideriamo una Hamiltoniana

H(p, q, x, y) = ω · p+ i∑

j

εΩjxjyj +∑

l≥0

s≥0

εs f(s)l (p, q, x, y) ,

dove le funzioni f(s)l soddisfano le seguenti condizioni

f(0)0 = f

(0)1 = f

(0)2 = 0, 〈f

(1)0 〉q = 〈f

(1)1 〉q = 〈f

(1)2 〉q = 0 ,

ed assumiamo che

‖f(s)l ‖ ≤ E per ogni l , s ≥ 0 .

Il teorema sulla costruzione dei tori ellittici

Allora, se il parametro perturbativo, ε , e abbastanza piccolo e ad ognipasso sono soddisfatte le condizioni di non risonanza

min0<|k|<rK

0<|ℓ|≤2

|k · ω(r−1) + ℓ ·Ω(r−1)| ≥ αr ,

min|ℓ|=2

|ℓ ·Ω(r−1)| ≥ βr ,

esiste una trasformazione canonica prossima all’identita che ponel’Hamiltoniana nella forma normale

H (∞)(p, q, x, y) =ω(∞) · p+

n2∑

j=1

Ω(∞)j

(x2j + y2

j

)

2+

O(‖p‖2

)+O

(‖p‖‖(x, y)‖

)+O

(‖(x, y)‖3

).

Il toro ellittico corrispondente, p = x = y = 0 , e invariante e le orbite suquesta varieta sono quasi-periodiche con frequenze ω(∞) .

L’attraversamento delle zone risonanti

Problema: come possiamo garantire che le condizioni di non risonanzasiano soddisfatte ad ogni passo?

L’attraversamento delle zone risonanti

Problema: come possiamo garantire che le condizioni di non risonanzasiano soddisfatte ad ogni passo?

Dobbiamo garantire l’esistenza di un insieme di misura positiva difrequenze che si mantengano lontane dalle zone risonanti durante tuttoil processo di normalizzazione!

L’attraversamento delle zone risonanti

Problema: come possiamo garantire che le condizioni di non risonanzasiano soddisfatte ad ogni passo?

Dobbiamo garantire l’esistenza di un insieme di misura positiva difrequenze che si mantengano lontane dalle zone risonanti durante tuttoil processo di normalizzazione!

Lo schema della dimostrazione che abbiamo adottato e fortementeispirato dalla dimostrazione di Arnold del teorema KAM:

L’attraversamento delle zone risonanti

Problema: come possiamo garantire che le condizioni di non risonanzasiano soddisfatte ad ogni passo?

Dobbiamo garantire l’esistenza di un insieme di misura positiva difrequenze che si mantengano lontane dalle zone risonanti durante tuttoil processo di normalizzazione!

Lo schema della dimostrazione che abbiamo adottato e fortementeispirato dalla dimostrazione di Arnold del teorema KAM:

consideriamo una palla iniziale B0 di frequenze ω “buone”;

L’attraversamento delle zone risonanti

L’insieme B0 delle frequenze iniziali “buone”.

L’attraversamento delle zone risonanti

Problema: come possiamo garantire che le condizioni di non risonanzasiano soddisfatte ad ogni passo?

Dobbiamo garantire l’esistenza di un insieme di misura positiva difrequenze che si mantengano lontane dalle zone risonanti durante tuttoil processo di normalizzazione!

Lo schema della dimostrazione che abbiamo adottato e fortementeispirato dalla dimostrazione di Arnold del teorema KAM:

consideriamo una palla iniziale B0 di frequenze ω “buone”;

isoliamo le varieta risonanti e togliamo dal dominio “buono” dellestrisce attorno a queste varieta corrispondenti alle zone risonanti;

L’attraversamento delle zone risonanti

Isoliamo le zone risonanti.

L’attraversamento delle zone risonanti

Allarghiamo le zone risonanti per mantenerci lontani dalle varietarisonanti durante tutto il processo di normalizzazione.

L’attraversamento delle zone risonanti

Problema: come possiamo garantire che le condizioni di non risonanzasiano soddisfatte ad ogni passo?

Dobbiamo garantire l’esistenza di un insieme di misura positiva difrequenze che si mantengano lontane dalle zone risonanti durante tuttoil processo di normalizzazione!

Lo schema della dimostrazione che abbiamo adottato e fortementeispirato dalla dimostrazione di Arnold del teorema KAM:

consideriamo una palla iniziale B0 di frequenze ω “buone”;

isoliamo le varieta risonanti e togliamo dal dominio “buono” dellestrisce attorno a queste varieta corrispondenti alle zone risonanti;

chiamiamo B1 l’insieme rimanente ed iteriamo il processo costruendouna successione di domini “buoni” inscatolati Br .

L’attraversamento delle zone risonanti

L’insieme B1 delle frequenze “buone” al termine del primo passo dinormalizzazione.

L’attraversamento delle zone risonanti

Isoliamo le nuove zone risonanti.

L’attraversamento delle zone risonanti

Allarghiamo le zone risonanti per mantenerci lontani dalle varietarisonanti durante tutto il processo di normalizzazione.

L’attraversamento delle zone risonanti

L’insieme B2 delle frequenze “buone” al termine del secondo passo dinormalizzazione.

L’argomento di misura

Abbiamo costruito una successione di domini inscatolati Bii∈N

B1 ⊇ B2 ⊇ . . . ⊇ Br ⊇ Br+1 ⊇ . . . ,

che soddisfano le condizioni di non risonanza del teorema ad ogni passodella normalizzazione.

L’argomento di misura

Abbiamo costruito una successione di domini inscatolati Bii∈N

B1 ⊇ B2 ⊇ . . . ⊇ Br ⊇ Br+1 ⊇ . . . ,

che soddisfano le condizioni di non risonanza del teorema ad ogni passodella normalizzazione.

Problema: per poter applicare il teorema, dobbiamo garantire chel’insieme limite B∞ = limr→∞Br non sia vuoto e abbia misura positiva!

L’argomento di misura

Abbiamo costruito una successione di domini inscatolati Bii∈N

B1 ⊇ B2 ⊇ . . . ⊇ Br ⊇ Br+1 ⊇ . . . ,

che soddisfano le condizioni di non risonanza del teorema ad ogni passodella normalizzazione.

Problema: per poter applicare il teorema, dobbiamo garantire chel’insieme limite B∞ = limr→∞Br non sia vuoto e abbia misura positiva!

Teorema (argomento di misura)

Abbiamo dimostrato che l’insieme limite B∞ = limr→∞Br che“sopravvive” ha misura positiva e soddisfa le condizioni di non risonanza

ad ogni passo della normalizzazione.

Grazie per l’attenzione.

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