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23. Modelli hamiltoniani Si considerano alcuni sistemi hamiltoniani, integrabili e quasi integrabili, di interesse fisico. Per gli oscillatori anarmonici unidimensionali il pendolo semplice ed il problema di Keplero si determinano le variabili angolo-azione. Per gli oscillatori accoppiati ed il pendolo doppio, si costruiscono perturbativamente gli invarianti per la mappa di Poincar´ e. L’integrazione numerica, in buon accordo con i risultati analitici per moti di piccola ampiezza, mostra la nascita di isole, in corrispondenza a risonanze non lineari e di regioni di moto caotico. Si propone infine la formulazione hamiltoniana per il problema dei tre corpi ristretto e di una particella in un acceleratore, esaminando, nel primo caso le orbite prossime alle posizioni di equilibrio relativo, nel secondo i moti della teoria lineare e le loro perturbazioni. 23.1. OSCILLATORI E PENDOLO Completiamo per gli oscillatori anarmonici unidimensionali ed il pendolo semplice la co- struzione delle variabili angolo-azione delineata nel paragrafo (2.8). Se la frequenza lineare dell’oscillatore o del pendolo viene fatta variare periodicamente nel tempo ω(t)= ω(1 + ǫ cos Ωt), si perde l’integrabilit` a e la mappa stroboscopica mostra la nascita di isole e di regioni di moto caotico. Per piccole frequenze di modulazione le azioni del modello imperturbato sono quasi esattamente conservate, invarianza adiabatica, mentre le regioni di moto caotico si sviluppano nell’intorno della separatrice.

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Page 1: 23. Modelli hamiltoniani - unibo.it23. Modelli hamiltoniani Si considerano alcuni sistemi hamiltoniani, integrabili e quasi integrabili, di interesse fisico. Per gli oscillatori anarmonici

23. Modelli hamiltoniani

Si considerano alcuni sistemi hamiltoniani, integrabili e quasi integrabili, di interesse fisico.Per gli oscillatori anarmonici unidimensionali il pendolo semplice ed il problema di Keplerosi determinano le variabili angolo-azione. Per gli oscillatori accoppiati ed il pendolo doppio,si costruiscono perturbativamente gli invarianti per la mappa di Poincare. L’integrazionenumerica, in buon accordo con i risultati analitici per moti di piccola ampiezza, mostra lanascita di isole, in corrispondenza a risonanze non lineari e di regioni di moto caotico. Sipropone infine la formulazione hamiltoniana per il problema dei tre corpi ristretto e di unaparticella in un acceleratore, esaminando, nel primo caso le orbite prossime alle posizionidi equilibrio relativo, nel secondo i moti della teoria lineare e le loro perturbazioni.

23.1. OSCILLATORI E PENDOLO

Completiamo per gli oscillatori anarmonici unidimensionali ed il pendolo semplice la co-struzione delle variabili angolo-azione delineata nel paragrafo (2.8). Se la frequenza linearedell’oscillatore o del pendolo viene fatta variare periodicamente nel tempo ω(t) = ω(1 +ǫ cosΩt), si perde l’integrabilita e la mappa stroboscopica mostra la nascita di isole edi regioni di moto caotico. Per piccole frequenze di modulazione le azioni del modelloimperturbato sono quasi esattamente conservate, invarianza adiabatica, mentre le regionidi moto caotico si sviluppano nell’intorno della separatrice.

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428 23. Modelli hamiltoniani c©88-08- 9820

Oscillatore cubico

L’hamiltoniana dell’oscillatore cubico e

H =p2

2+

x2

2− x3

3(23.1.1)

Il cambiamento di coordinate non canonico x, p → φ, E definito da

x = x1 + (x2 − x1) sin2 φ

2

p = 6−1/2 (x2 − x1)√

x3 − x1 sinφ

1 − k2 sin2 φ

2

(23.1.2)

dove xi sono dati da (2.8.2) e k2 da (2.8.6), consente di valutare l’azione J = J(E), vedi(2.8.8). La inversione E = E(J) e possibile per via numerica o perturbativa se E ≪ 1. Lavariabile angolare Θ e data da

Θ =∂E

∂J

∫ x dx′

p= 2π

∫ φ

0

dφ′√

1 − k2 sin2 φ′

2∫ 2π

0

dφ′√

1 − k2 sin2 φ′

2

(23.1.3)

e per k piccolo si valuta tramite uno sviluppo in serie. Nello stesso modo si calcola lafunzione inversa φ(Θ)

Θ = φ − k2

4sin(φ) + O(k4), φ = Θ +

k2

4sin(Θ) + O(k4), (23.1.4)

La legge del moto nelle coordinate iniziali e data da (23.1.2) se φ, invertendo (23.1.3),viene espresso in funzione di Θ, che varia linearmente col tempo Θ(t) = Θ(0) + 2π t/T . Ilperiodo T , dato da (2.8.7) per φ = 2π, diverge logaritmicamente per k → 1.

Oscillatore quartico

L’hamiltoniana dell’oscillatore quartico e data da

H =p2

2− x2

2+

x4

4(23.1.5)

Nella regione E > 0 esterna alla separatrice, i punti di inversione sono ±a. Usando le no-tazioni della sezione 2-8, si effettua il cambiamento alle variabili intermedie non canonicheφ, E

x = −a cos φ, p = a

a2 + b2

2sinφ

1 − k2 sin2 φ (23.1.6)

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c©88-08- 9820 23.1. Oscillatori e pendolo 429

dove k e dato da (2.8.14). L’azione ha la seguente espressione

J = a2

a2 + b2

2

1

∫ π

0

sin2 φ

1 − k2 sin2 φ dφ (23.1.7)

e l’angolo Θ e dato da (23.1.3) ove cambia soltanto l’espressione di k come funzione di E.

Il pendolo

L’hamiltoniana del pendolo e data da

H =p2

2− ω2 cos θ (23.1.8)

La separatrice, la cui energia e E = ω2, separa il regime di oscillazione E < ω2 da quellodi rotazione E > ω2.

Oscillazioni. Le coordinate intermedie φ, E consentono di parametrizzare l’orbita, ponendocosα = −E/ω2

sinθ

2= sin

α

2sinφ, p = 2ω sin

α

2cos φ (23.1.9)

e di esprimere l’azione nella forma seguente

J =4ωk2

π

∫ π/2

−π/2

cos2 φ√

1 − k2 sin2 φdφ (23.1.10)

dove k = sin(α/2). Tenendo conto che 2ω2k2 = E + ω2 l’azione per k → 0 e data daJ = ω−1(E+ω2). La variabile angolare Θ ha la stessa espressione del lato destro di (23.1.3),con estremi di integrazione [−π/2, 3π/2] al denominatore, [−π/2, φ] al numeratore.

Rotazioni. Il passaggio alle coordinate intermedie non e necessario perche θ e gia unacoordinata angolare per l’orbita. La variabile d’azione vale

J =

√2E

∫ 2π

0

1 − k2 cos θ dθ (23.1.11)

avendo posto k2 = ω2/E, e la variabile angolare Θ e data da (23.1.3) con θ al posto di φ.

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430 23. Modelli hamiltoniani c©88-08- 9820

23.2. PROBLEMA DI KEPLERO

Facciamo la costruzione delle variabili angolo ed azione per il problema del campo centralecon potenziale newtoniano. L’equazione di Hamilton-Jacobi per l’azione ridotta e data da(17.4.16) che e separabile, e la soluzione si scrive W = W1(r, E, pφ) + φpφ dove le azionisono date da

Jφ =1

∫ 2π

0

pφdφ = pφ, Jr =1

prdr =1

π

∫ r+

r−

prdr (23.2.1)

e r± sono i punti di inversione del moto radiale. Dopo aver calcolato Jr = Jr(E, Jφ),riesprimiamo E = E(Jr, Jφ) e valutiamo le variabili angolari Φ, Θ coniugate a Jφ, Jr.Poiche il moto in r e periodico occorre parametrizzarlo con una variabile angolare interme-dia θ. Anziche r = r−+(r+−r−) sin2(θ/2) scegliamo il cambiamento di variabili suggeritodalla soluzione del problema di Keplero per l’orbita data da (3.2.10) che riscriviamo conle presenti notazioni

r =r0

1 + ǫ cos θ, r0 =

p2φ

mα, ǫ =

(

1 +2p2

φ

mα2E

)1/2

(23.2.2)

Un semplice calcolo fornisce

p2r

2m= E−

p2φ

2mr2+

α

r=

α

2r0[ǫ2−1− (1+ ǫ cos θ)2 +2(1+ ǫ cos θ)] =

α

2r0ǫ2 sin2 θ (23.2.3)

da cui si ricavapr =

r0ǫ sin θ (23.2.4)

Al variare di θ in [0, 2π] il punto (r, pr) descrive un’orbita chiusa, che al primo ordine in ǫe una ellisse poiche r = r0(1− ǫ cos θ) a meno di O(ǫ2). La funzione W1 risulta espressa da

W1(θ, E, pφ) =

∫ r

prdr′ = pφǫ2∫ θ sin2 θ′

(1 + ǫ cos θ′)2dθ′ (23.2.5)

dove occorre tener presente che θ va espressa come funzione di r, E, Jφ cioe

θ mod 2π =

arc cos [ǫ−1(r0/r − 1)] pr > 0

2π − arc cos [ǫ−1(r0/r − 1)] pr < 0

(23.2.6)

L’azione Jr, data dall’integrale (2.3.5) valutato tra 0 e 2π, si calcola in modo elementaretramite uno sviluppo in serie di ǫ, che si risomma esattamente, come si mostra alla fine diquesto paragrafo

Jr =ǫ2pφ

∫ 2π

0

sin2 θ

(1 + ǫ cos θ)2dθ = pφ

[

1√1 − ǫ2

− 1

]

(23.2.7)

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c©88-08- 9820 23.2. Problema di Keplero 431

Invertendo rispetto alla eccentricita si ottiene

ǫ2 = 1 −J2

φ

(Jr + Jφ)2(23.2.8)

e tramite (23.2.2)

E =mα2

2p2φ

(ǫ2 − 1) = −mα2

2

1

(Jr + Jφ)2(23.2.9)

si esprime l’hamiltoniana come funzione delle variabili di azione. Se Jr ≪ Jφ l’eccentricitae piccola e vale ǫ2 ∼ 2Jr/Jφ

Variabili angolari

Nei problemi astronomici l’ eccentricita e piccola e le variabili angolari sono esprimibilicome sviluppo in serie di Fourier rapidamente convergente perche l’ampiezza delle ar-moniche di ordine k e proporzionale a ǫk. L’azione ridotta W , soluzione della equazionedi Hamilton Jacobi, e espressa da

W = φJφ + W1(r, E, Jφ) = φJφ +

∫ r

pr(E, Jφ, r′)dr′ (23.2.10)

dove E e dato da (23.2.9) come funzione di Jr e di Jφ. L’angolo Θ coniugato a Jr vale

Θ =∂W

∂Jr=

∂E

∂Jrm

∫ r dr′

pr=

(

Jr + Jφ

)3 ∫ θ

0

dθ′

(1 + ǫ cos θ′)2(23.2.11)

dove si e usato (23.2.2) e (23.2.4) per esprimere Θ come funzione dell’angolo intermedioθ, con cui si parametrizza l’orbita. Si noti anche che Θ = 2π t(θ)/T dove t e il tempo. Ilperiodo del moto radiale e di quello angolare sono uguali T = (Jr + Jφ)3 2π(mα2)−1. Percalcolare l’ultimo integrale in (23.2.11) si puo utilizzare lo sviluppo in serie di Fourier

(1 + ǫ cos θ)−2 =

∞∑

k=0

ǫkAk(ǫ) cos(kθ) (23.2.12)

dove termine costante A0 e uguale al valor medio dell’integrando cioe

A0(ǫ) =1

∫ 2π

0

(1 + ǫ cos θ)2= (1 − ǫ2)−3/2 =

(

Jr + Jφ

)3

(23.2.13)

Il risultato si verifica sviluppando in serie di ǫ ed integrando termine a termine, nel modosotto indicato. Integrando (23.2.12) rispetto a θ e tenendo conto di (23.2.13) si ottiene

Θ = θ +

∞∑

k=1

ǫk(1 − ǫ2)3/2k−1 Ak(ǫ) sin kθ (23.2.14)

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432 23. Modelli hamiltoniani c©88-08- 9820

Fino all’ordine ǫ2 il calcolo esplicito fornisce

Θ = θ − 2ǫ sin θ +3

4ǫ2 sin(2θ) + . . . θ = Θ + 2ǫ sinΘ +

5

4ǫ2 sin(2Θ) + . . . (23.2.15)

L’angolo Φ coniugato a Jφ e dato da

Φ =∂W

∂Φ= φ +

∂E

∂Jφm

∫ r dr′

pr− Jφ

∫ r dr′

r′2pr

= φ + Θ − θ (23.2.16)

se si tiene conto di ∂E/∂Jr = ∂E/∂Jφ e si riesprime l’ultimo integrale in funzione di θtramite (23.2.2) e (23.2.4). Poiche i periodi sono uguali si ha Φ(t) = Φ(0) + 2π t/T eΘ(t) = Θ(0) + 2π t/T e quindi da (23.2.16) segue che

φ(t) = θ(t) + Φ(0) − Θ(0) (23.2.17)

Calcolo di un integrale

Valutiamo per serie l’integrale (23.2.7).

1

∫ 2π

0

sin2 θ

(1 + ǫ cos θ)2dθ =

∞∑

n=1

(−1)nǫn(n + 1)1

∫ 2π

0

(1 − cos2 θ) cosn θdθ =

∞∑

n=0

ǫ2n(2n + 1)

[

1

22n

(

2n

n

)

− 1

22n+2

(

2n + 2

n + 1

)]

=

∞∑

n=0

ǫ2n 2n + 1

22n+2

(2n)!

(n!)2

[

4 − (2n + 1)(2n + 2)

(n + 1)2

]

=

∞∑

n=0

ǫ2n (2n + 1)!

22n+1(n!)2(n + 1)=

1

ǫ2

∞∑

n=0

ǫ2(n+1)(−1)n+1

(−1/2

n + 1

)

=

1

ǫ2[(1 − ǫ2)−1/2 − 1]

(23.2.18)

dove all’inizio abbiamo usato la seguente relazione

1

∫ 2π

0

cosn θdθ =n∑

k=0

(

n

k

)

1

2n

1

∫ 2π

0

ei(2k−n)θdθ =

0 n dispari

2−n(

nn/2

)

n pari

(23.2.19)In modo del tutto simile si valuta l’integrale (23.2.13).

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c©88-08- 9820 23.3. Oscillatori bidimensionali 433

23.3. OSCILLATORI BIDIMENSIONALI

Consideriamo un sistema di due oscillatori con accoppiamento non lineare la cui hamilto-niana e

H = ω1p21 + q2

1

2+ ω2

p22 + q2

2

2+

1

2q21q2

2 (23.3.1)

che in variabili azione ed angolo diventa

H = ω11 + ω22 +124

(

cos 2(θ1 − θ2) + cos 2(θ1 + θ2) + 2 cos 2θ1 + 2 cos 2θ2 + 2

)

(23.3.2)Tramite una trasformazione di scala e possibile mettere in evidenza il parametro per-turbativo come nel caso unidimensionale. Occorre distinguere il caso in cui il vettoredelle frequenze (ω1, ω2) sia risonante o meno. Considerando le componenti di Fourier checompaiono in H, le sole frequenze risonanti da evitare affinche il secondo ordine pertur-bativo sia definito sono quelle ortogonali ai vettori interi k = (1, 1), (1,−1), (0, 1), (1, 0).Supposto quindi che le frequenze non soddisfino alcuna di queste condizioni di risonanzal’hamiltoniana in forma integrabile al secondo ordine perturbativo (definito dal parametroλ che si introduce riscalando q → λq, p → λp, H → λ2H) si scrive

H = ω1J1 + ω2J2 +1

2J1J2 (23.3.3)

e la funzione generatrice della trasformazione e data da F = θ · J + F2 + . . . dove

F2 = −1

8J1J2

[

sin 2(θ1 − θ2)

ω1 − ω2+

sin 2(θ1 + θ2)

ω1 + ω2+ 2

sin 2θ1

ω1+ 2

sin 2θ2

ω2

]

(23.3.4)

Dalla generatrice otteniamo la azioni 1, 2 come funzioni di J1, J2, θ1, θ2 ed e immediatoinvertire rispetto a J1, J2 ottenendo per gli invarianti approssimati del moto la seguenteespressione

J1 = 1 +1

412

[

cos 2(θ1 − θ2)

ω1 − ω2+

cos 2(θ1 + θ2)

ω1 + ω2+ 2

cos 2θ1

ω1

]

J2 = 2 +1

412

[

−cos 2(θ1 − θ2)

ω1 − ω2+

cos 2(θ1 + θ2)

ω1 + ω2+ 2

cos 2θ2

ω2

]

(23.3.5)

Per esaminare la geometria delle orbite e utile riesprimere questi invarianti nelle coordinateiniziali q1, q2, p1, p2; il risultato e il seguente

J1 =q21 + p2

1

2+

1

8

[

ω1(q2

1 − p21)(q

22 − p2

2)

ω21 − ω2

2

+ 4ω2q1q2p1p2

ω21 − ω2

2

+1

ω1(q2

1 − p21)(q

22 + p2

2)

]

J2 =q22 + p2

2

2+

1

8

[

−ω2(q2

1 − p21)(q

22 − p2

2)

ω21 − ω2

2

− 4ω1q1q2p1p2

ω21 − ω2

2

+1

ω2(q2

2 − p22)(q

21 + p2

1)

]

(23.3.6)

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434 23. Modelli hamiltoniani c©88-08- 9820

-2 -2

22

0

1.3

-2 -2

22

0

1.3

Figura 23.3.1. Sezione delle superfici H=E (lato sinistro) e J2=c (lato destro) con l’iperpiano q1=0.

L’uso delle coordinate cartesiane e piu conveniente per studiare la geometria delle orbiteperche le trasformazione a coordinate azione angolo e singolare nell’origine: una con-seguenza e che laddove il campo associato all’hamiltoniana H = ω(p2 + q2)/2 ha un puntocritico nell’origine, il campo corrispondente a H = ω non ha punti critici.Poiche la geometria in R

4 non e ne intuitiva ne facile da visualizzare, si ricorre alla sezione(di Poincare) con una varieta tridimensionale per avere una rappresentazione delle orbite.Si considera una sezione con il semispazio q1 = 0, p1 > 0 e la successiva proiezione sul pianoq2, p2. La applicazione che a ciascun punto di questo piano associa il punto successivo ela mappa di Poincare. La sezione ME della varieta tridimensionale di energia costanteH = E e una varieta di dimensione 2 in R

3 e cosı dicasi per le sezioni M1, M2 con le duevarieta di dimensione 3 date dagli integrali primi J1 = c1, J2 = c2, vedi figura 23.3.1.

-2 2-2

2

-2 2-2

2

Figura 23.3.2. Sezioni di oscillatori non risonanti con E=.6 proiettate nel piano x2,p2 (lato sinistro) e

curve di livello di H int (x2,p2;E) valutata al secondo ordine perturbativo (lato destro).

Al variare di c1 le intersezioni ME ∩ M1 sono una famiglia di curve che approssimanola sezione di Poincare dell’orbita vera e che forniscono una foliazione della superficie dienergia costante. La loro proiezione sul piano q2, p2 e una famiglia di curve, prossime alle

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c©88-08- 9820 23.3. Oscillatori bidimensionali 435

orbite generate dalla mappa di Poincare, vedi figura 23.3.2. Simili considerazioni valgonoper le intersezioni con M2, che entro gli errori tipici della teoria perturbativa coincidonocon le precedenti. Nel caso in esame la superficie ME e il semi-elissoide definito da (23.3.1)

ω1p21

2+ ω2

p22 + q2

2

2= E, p1 > 0 (23.3.7)

identico a quello del sistema in cui i due oscillatori sono disaccoppiati. Cio che cambia sonole due superfici M1 e M2: per gli oscillatori armonici M1 sono i piani p1 =

√2c1 mentre

M2 sono i cilindri q22 + p2

2 = 2c2 che hanno p1 come asse. La presenza dell’accoppiamentonon lineare modifica questi invarianti e le superfici corrispondenti sono date da (23.3.6)ove si ponga q1 = 0 e p1 > 0. Le curve definite dalla proiezione sul piano q2, p2 delleintersezioni tra M

Ee M1 oppure tra M

Ee M2 sono le curve di livello di una funzione

H int , detta hamiltoniana interpolante

H int (q2, p2, E) ≡ J2(0, p1, q2, p2) =p22 + q2

2

2+

1

4

ω1

ω2

1

ω21 − ω2

2

(q22 − p2

2)

(

E − ω2p22 + q2

2

2

)

(23.3.8)

-5 5-5

5

-5 5-5

5

Figura 23.3.3. Come la figura 23.3.2 con E=4 e H int valutata al sesto ordine perturbativo.

dove p1 = p1(q2, p2, E) e la soluzione positiva definita implicitamente da H = E. Perogni condizione iniziale nel piano q2, p2 l’orbita di H int e prossima a quella della mappadi Poincare, per una successione opportuna di tempi e ne fornisce una interpolazionecontinua. L’ hamiltoniana interpolante dipende dall’energia: per piccoli valori dell’energia,le sue traiettorie sono prossime alle orbite della mappa di Poincare con la stessa condizioneiniziale, vedi figura 23.3.2, allorche ME e quasi completamente foliato in tori invarianti.Al crescere di E, cioe della ampiezza della perturbazione, la discrepanza diventa vistosaper l’apparire di orbite con diversa topologia (isole di risonanza e regioni caotiche), vedifigura 23.3.3. Il confronto con la soluzione numerica e fatto nel primo caso con il secondoordine perturbativo nel secondo caso con il sesto ordine; la funzione H int e nel primocaso un polinomio di ordine 4 dato da (23.3.8) nel secondo un polinomio di ordine 8 i cui

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436 23. Modelli hamiltoniani c©88-08- 9820

coefficienti sono stati valutati tramite il programma di A. Giorgilli per il calcolo automaticodegli sviluppi perturbativi.

Oscillatori risonanti accoppiati

Consideriamo ora il caso in cui le frequenze soddisfano una condizione di risonanza qualeω1 = ω2 = 1 ed in questo caso i vettori interi ortogonali al vettore delle frequenze cheappartengono ad un sottospazio unidimensionale Z1 sono k = ℓe1 dove e1 = (1,−1) ed ℓ eun intero qualsiasi. Occorre quindi applicare la teoria perturbativa risonante gia all’ordinepiu basso; l’hamiltoniana H2 contiene le componenti di Fourier risonanti eiℓ(θ1−θ2) mentrela funzione generatrice quelle non risonanti ei(k1θ1+k2θ2) con k1 + k2 6= 0. L’hamiltonianatrasformata e data da

H = J1 + J2 + H2 = J1 + J2 +J1J2

4[2 + cos 2(Θ1 − Θ2)] (23.3.9)

la generatrice e

F2 = −J1J2

8

[

1

2sin 2(θ1 + θ2) + 2 sin 2θ1 + 2 sin 2θ2)

]

(23.3.10)

Le nuove azioni, che non sono piu integrali primi, come funzione degli angoli e delle azioniiniziali risultano espresse da

J1 = 1 +1

812 [cos 2(θ1 + θ2) + 4 cos 2θ1]

J2 = 2 +1

812 [cos 2(θ1 + θ2) + 4 cos 2θ2]

(23.3.11)

Per trovare gli integrali primi facciamo un cambiamento di coordinate completando la basein Z

2 con il vettore e2 = (0, 1) scelto in modo che la matrice E = (e1, e2) abbia determinante1. Le nuove azioni (I1, I2) ed i nuovi angoli (Ψ1, Ψ2) sono dati dalla trasformazione canonicaΨ = EΘ e I = E

−1J. Con questa scelta

E =

(

1 0−1 1

)

, E−1 =

(

1 01 1

)

(23.3.12)

la trasformazione e

I1 = J1

I2 = J1 + J2

Ψ1 = Θ1 − Θ2

Ψ2 = Θ2(23.3.13)

e la sua inversa

J1 = I1

J2 = I2 − I1

Θ1 = Ψ1 + Ψ2

Θ2 = Ψ2(23.3.14)

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c©88-08- 9820 23.3. Oscillatori bidimensionali 437

Espressa in queste nuove coordinate l’hamiltoniana diventa

H = I2 +1

4I1(I2 − I1)(2 + cos 2Ψ1) (23.3.15)

L’unico invariante del problema e I2 che risulta espresso da

I2 = J1 + J2 = 1 + 2 +124

[cos 2(θ1 + θ2) + 2 cos 2θ1 + 2 cos 2θ2] =

=p21 + q2

1

2+

p22 + q2

2

2+

1

16

[

(q21 − p2

1)(q22 − p2

2) − 4q1q2p1p2 + 2(q22 + p2

2)(q21 − p2

1)+

+2(q21 + p2

1)(q22 − p2

2)]

(23.3.16)L’hamiltoniana (23.3.15) ha un massimo in in I1 = I2/2, Ψ1 = 0, π ed una sella inI1 = I2/2, Ψ1 = π/2, 3π/2. Le orbite nel piano di fase (Ψ2, I2) sono quelle di un pendolocon punti ellittici ed iperbolici in corrispondenza ai punti di massimo e di sella di H .

-0.2 -0.2

0.20.2

0

0.15

-0.2 -0.2

0.20.2

0

0.15

Figura 23.3.4. Oscillatore anarmonico risonante: intersezione dell’iperpiano q1=0 con la superficie H=E

(lato sinistro) e con I2−H=c−E (lato destro).

Per analizzare la natura delle orbite nelle coordinate iniziali, riscriviamo H e J2 interse-candole con l’iperpiano q1 = 0, p1 > 0

H =p21

2+

p22 + q2

2

2, I2 =

p21

2+

p22 + q2

2

2− p2

1

16(q2

2 + 3p22) (23.3.17)

Le superfici H = E e I2 = c nello spazio di sezione q2, p2, p1 sono date nella figura 23.3.4.La loro intersezione proiettata sul piano q2, p2 e una curva di livello di I2(0, p1, q2, p2)) dovep1 = p1(q2, p2; E) e definito da H = E. Poiche I2 ed H hanno la stessa parte quadratica,la variazione di I2 diventa significativa se si sottrae la parte quadratica. Per tale ragionedefiniamo come hamiltoniana interpolante

H int (q2, p2, E) = H − I2 =1

8

(

E − q22 + p2

2

2

)

(q22 + 3p2

2) (23.3.18)

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438 23. Modelli hamiltoniani c©88-08- 9820

Le curve di livello, proiezione sul piano q2, p2 delle intersezioni di ME

e di M2, sonoH int = E − c e sono tutte contenute nel cerchio q2

2 + p22 ≤ 2E. Quando c → E le curve

di livello di H int sono due: una ellittica vicina all’origine ed una circolare prossima albordo come mostra la figura 23.3.5. Infatti la condizione E − c → 0 implica p1 → 0 el’orbita corrispondente e prossima al cerchio p2

2 + q22 = 2E oppure q2

2 + 3p22 → 0 e l’orbita

e prossima all’ellisse (q22 + 3p2

2) = 8(1 − c/E). Per valori intermedi di c le orbite hannouna diversa topologia con la comparsa di due isole dovute alla condizione di risonanza.Infatti H int presenta due punti di massimo in q2 = 0, p2 ±

√E e due punti di sella in

q2 = ±√

E, p2 = 0. Nella figura 23.3.5 si mostrano le curve di livello di H int per un bassovalore di E confrontandole con le orbite sistema.I punti critici della mappa sono quelli in cui H int e stazionaria.

∂H int

∂q2=

q2

4(E − q2

2 − 2p22) = 0,

∂H int

∂p2=

p2

4(3E − 2q2

2 − 3p22) = 0 (23.3.19)

e sono l’origine, (q2 = 0, p2 = ±√

E) e (q2 = ±√

E, p2 = 0). Calcolando l’hessiano di H int

∂2H int

∂q22

=1

4(E − 3q2

2 − 2p22),

∂2H int

∂q2∂p2= −q2p2,

∂2H int

∂p22

=1

4(3E − 2q2

2 − 9p22)

(23.3.21)verifichiamo che nell’origine H int ha un minimo , in (q2 = 0, p2 = ±

√E) ha un massimo,

in (q2 = ±√

E, p2 = 0) una sella. Le curve di livello di H int hanno quindi la tipicastruttura ad isole come mostra la figura 23.3.5. Le orbite, come nei casi precedenti, sonostate ottente tramite un un integratore numerico Runge-Kutta del quarto ordine.

-0.2 0.2-0.2

0.2

-0.2 0.2-0.2

0.2

Figura 23.3.5. Oscillatore risonante con E=0.6: orbite proiettate dall’iperpiano di sezione sul piano

q2,p2 (lato sinistro) e curve di livello di H int (q2,p2;E) al secondo ordine perturbativo (lato destro).

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c©88-08- 9820 23.4. Pendolo doppio 439

23.4. PENDOLO DOPPIO

La lagrangiana per un pendolo doppio con masse uguali e lunghezze uguali, dopo averladivisa per mgl ed aver scalato il tempo t′ = t(g/ℓ)1/2, si desume da (13.4.9) e la corrispon-dente hamiltoniana si scrive

H =1

2p · T−1p + V =

1

2

p12 + 2p2

2 − 2p1p2 cos(θ1 − θ2)

1 + sin2(θ1 − θ2)− 2 cos θ1 − cos θ2 (23.4.1)

Per porre H in forma integrabile e determinare gli integrali primi del moto e necessariosviluppare H in serie di Taylor attorno all’origine nel piano delle fasi. Lo sviluppo convergese |θ1 − θ2| < arc sh (1); infatti l’hamiltoniana ha una singolarita per sin(θ1 − θ2) = ±i.

-2 2-2

2

-2 2-2

2

Figura 23.4.1. Mappa di Poincare del pendolo doppio nel piano Θ2,P2 con energia corrispondente ad

un’elongazione iniziale θ1=45o (lato sinistro), θ1=60o (lato destro) e θ2=θ1=θ2=0.

Tenendo solo i termini di ordine non superiore al quarto nello sviluppo di H si ha

H =1

2p1

2 +p22−p1p2 +θ2

1 +1

2θ22−

1

12θ41−

1

24θ42 +

1

2(θ1−θ2)

2(3p1p2−p12−2p2

2) (23.4.2)

La trasformazione in coordinate normali q1, q2, p1, p2 definita da θ = AΘ, vedi (13.4.15) ecompletata canonicamente da p = A

−1P, esplicitamente si scrive

θ1 =Θ1 + Θ2

2, θ2 =

Θ2 − Θ1√2

, p1 = P1 + P2, p2 =P2 − P1√

2(23.4.3)

e l’hamiltoniana assume la seguente espressione

H =1

2(ω2

1P 21 + Θ2

1 + ω22P 2

2 + Θ22) −

1

192(Θ1 + Θ2)

4 − 1

96(Θ1 − Θ2)

4−

− 1

16[ (1 +

√2)Θ1 + (1 −

√2)Θ2 ]2 [ (4 + 3

√2)P 2

1 + (4 − 3√

2)P 22 ]

(23.4.4)

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440 23. Modelli hamiltoniani c©88-08- 9820

dove ω1 = 2 +√

2 e ω2 = 2 −√

2 sono le frequenze lineari delle piccole oscillazioni, vedi(13.4.15). A partire da (23.4.4) si puo calcolare la correzione alle frequenze lineari usandola teoria perturbativa al secondo ordine ordine. Per ampiezze delle oscillazioni abbastanzagrandi la teoria perturbativa non fornisce piu una descrizione accurata del moto. Lasezione di Poincare con l’perpiano Θ1 = 0, P1 > 0 e la successiva proiezione dell’orbita sulpiano Θ2, P2 fornisce una rappresentazione efficace del moto anche per grandi ampiezzed’oscillazione.

-2 2-2

2

-2 2-2

2

Figura 23.4.2. Mappa di Poincare del pendolo doppio nel piano Θ2,P2 con energia corrispondente ad

un’elongazione iniziale θ1=75o (lato sinistro), θ1=90o (lato destro) e θ2=θ1=θ2=0.

Nelle figure 23.4.1. e 23.4.2 mostriamo le orbite nel piano Θ2, P2 ottenute per diversecondizioni iniziali avendo fissato l’energia totale E. Per rendere piu leggibile la scelta diE diamo la elongazione del primo pendolo che corrisponde a E quando la elongazionedel secondo e le velocita sono nulle θ1(0) = α, θ2(0) = θ1(0) = θ2(0) = 0. Il calcolodell’orbita e stato fatto con un integratore di Runge-Kutta di ordine 4 (confrontandolocon un integratore simplettico dello stesso ordine) nelle coordinate iniziali, trasformandolequindi ad ogni passo nelle coordinate normali per determinare la condizione di sezione. Perogni condizione iniziale nel piano Θ2, P2 si ha Θ1(0) = 0 e P1(0) e fissato da H = E, P1 > 0.Per piccole elongazioni α < 30o le orbite sono delle ellissi perche il moto e praticamentelineare; per α maggiore si formano delle isole dovute alle risonanze non lineari e comincianoad apparire regioni caotiche, vedi figura 23.4.1. Per α > 60o le regioni caotiche diventanosempre piu estese fino ad occupare tutta la superficie di energia costante, tranne piccoleisole di stabilita. Per θ = 90o un’unica orbita riempie l’intero spazio delle fasi, trannealcune isole di stabilita, come mostra il lato destro della figura 23.4.2. La sezione diPoincare nelle coordinate iniziali θ2 = 0 va evitata, perche il moto per le piccole oscillazionie quasi-periodico e le orbite hanno una topologia piu complessa, vedi paragrafo 18.5.

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c©88-08- 9820 23.5. Problema dei tre corpi 441

23.5. PROBLEMA DEI TRE CORPI

Consideriamo un sistema costituito da tre corpi di cui uno ha massa trascurabile rispettoagli altri due. E questo il caso della Luna che si muove sotto l’influenza predominantedella Terra e del Sole. Una situazione analoga, cui faremo riferimento, e quella di unasteroide il cui moto e determinato dalla attrazione del Sole e di Giove. Poiche il sistemaSole Giove si puo considerare isolato, sia Giove sia il Sole descrivono orbite ellittiche nelsistema del centro di massa, secondo le leggi di Keplero. Se consideriamo l’orbita circolare,approssimazione lecita poiche l’eccentricita dell’orbita di Giove e molto piccola, il problemasi semplifica ulteriormente. Se inoltre teniamo conto che le orbite degli asteroidi sono quasiesattamente nel piano dell’orbita di Giove possiamo assumere che cio sia esattamentevero restringendo il moto dell’asteroide al piano cui appartiene l’orbita di Giove. Conqueste ipotesi si formula il problema dei tre corpi ristretto planare, che presentiamo nellaformulazione hamiltoniana. Siano m1 la massa del Sole, m2 la massa di Giove ed m3 lamassa dell’asteroide e r1, r2, r3 le posizioni rispettive. Il vettore r = r2 − r1 soddisfa laequazione mr = −Gm1m2r/r

3 dove m = m1m2/(m1+m2) e la massa ridotta e le posizionidel Sole e di Giove nel sistema del centro di massa sono

r1 = − m2

m1 + m2r, r2 =

m1

m1 + m2r (23.5.1)

Un’orbita circolare e caratterizzata dal suo raggio r che determina il periodo T di rivolu-zione ed i valori degli integrali primi E, L. Indichiamo con r∗ la distanza tra il Sole e Giovee con T∗, L∗, E∗ il suo periodo, energia e momento della quantita di moto nel sistema delcentro di massa. In questo sistema il Sole e Giove descrivono, in un periodo T∗, orbitecircolari di raggi r1∗ e r2∗, i cui rapporti con il raggio r∗ dell’orbita descritta da Giove nelsistema eliocentrico sono espressi da (23.5.1), vedi figura 23.5.1. Il periodo T∗ di Giove, lasua quantita di moto L∗ e la sua energia E∗ nel centro di massa sono dati da

T∗ = 2π[G(m1 + m2)]−1/2 r

3/2∗ , L∗ = m1m2

(

Gr∗m1 + m2

)1/2

, E∗ = −m1m2G

2r∗(23.5.2)

Riscalando lunghezze e tempi la lagrangiana L si trasforma in L′

L′ =r∗

m1m2GL =

1

2

(

dr′

dt′

)2

− 1

‖r′‖ , r = r∗ r′, t =T∗2π

t′ (23.5.4)

se si nota che mr2∗/T

2∗ = Gm1m2r

−1∗ . Nelle variabili scalate la distanza di Giove dal Sole,

la frequenza del moto ed il suo momento angolare risultano uguali ad 1; nel sistema delcentro di massa le coordinate scalate di Giove e del Sole sono date da

(

x′1

y′1

)

= R(−t)

(

−µ0

)

,

(

x′2

y′2

)

= R(−t)

(

1 − µ,0

)

µ =m2

m1 + m2(25.3.5)

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442 23. Modelli hamiltoniani c©88-08- 9820

Il parametro µ, che caratterizza il problema dei tre corpi ristretto, per il sistema Sole-Giovevale circa 10−3. La lagrangiana dell’asteroide nel sistema del centro di massa si scrive

L =m3

2

(

dr3

dt

)2

+Gm3m1

‖r3 − r1‖+

Gm3m2

‖r3 − r2‖(25.3.6)

e nelle variabili scalate diventa

L′ =1

2

(

dr′3dt′

)2

+1 − µ

‖r′3 − r′1‖+

µ

‖r′3 − r′2‖(25.3.7)

S

G

O

−µ , 0)(1

−µ , 0)(

Figura 23.5.1. Orbite circolari del Sole e di Giove nel sistema del centro di massa.

Riscriviamo la lagrangiana rispetto al sistema con l’origine nel centro di massa, che ruota,nel verso antiorario, solidalmente con il Sole e Giove. Indicando con (x, y) le coordinatedell’asteroide, con (−µ, 0) quelle del Sole e (1 − µ, 0) quelle di Giove si ha

L =1

2(x2 + y2) +

1

2(x2 + y2) + xy − yx − V (x, y) (25.3.8)

dove il potenziale e indipendente dal tempo perche nel sistema rotante il Sole e Giovehanno posizioni fisse

V (x, y) = − 1 − µ

[(x + µ)2 + y2]1/2− µ

[(x − 1 + µ)2 + y2]1/2(25.3.9)

L’hamiltoniana del sistema si scrive

H =1

2(p2

x + p2y) + ypx − xpy + V (x, y) (25.3.10)

e dalle equazioni del moto

x = px + y, y = py − x, px = py − ∂V

∂x, py = −px − ∂V

∂y(25.9.11)

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c©88-08- 9820 23.5. Problema dei tre corpi 443

si desume che le condizioni per l’equilibrio sono le stesse che per un potenziale efficaceV eff (x, y) = V (x, y)− 1

2 (x2+y2) somma del potenziale gravitazionale e di quello centrifugo.

Punti di equilibrio lagrangiani

Per determinare le posizioni di equilibrio relativo al di fuori dell’asse x consideriamo nelsemipiano y > 0 la trasformazione

ρ1 = [(x + µ)2 + y2]1/2, ρ2 = [(x − 1 + µ)2 + y2]1/2 (25.9.12)

che e ivi invertibile poiche lo jacobiano vale y (ρ1ρ2)−1. Riesprimendo il potenziale efficace

nelle nuove variabili si trova

V eff (ρ1, ρ2) = −1 − µ

ρ1− µ

ρ2− 1

2[(1 − µ)ρ2

1 + µρ22] +

µ − µ2

2(23.5.13)

Le condizioni di equilibrio (1 − µ)(ρ−21 − ρ1) = 0 e µ(ρ−2

2 − ρ2) = 0 hanno come soluzioneρ1 = ρ2 = 1 che nelle coordinate x, y diventano x = 1

2 − µ e y =√

3/2. Poiche V eff e pariin y si ha la soluzione simmetrica per riflessione rispetto all’asse x. Queste due soluzioninote come punti L3 ed L4 di Lagrange sono ai vertici di due triangoli equilateri nei cuivertici di base si trovano il Sole e Giove. Per analizzare la stabilita del punto di equilibriorelativo vi trasliamo l’origine ponendo

x =1

2− µ + x′, y =

√3

2+ y′, px = −

√3

2+ p′x, py =

1

2− µ + p′y (25.4.14)

Nelle nuove coordinate e momenti l’hamiltoniana diventa

H = H ′2+H ′

3+H ′4+. . . , H ′

2 =1

2

(

p′x2

+ p′y2

+ 2y′p′x − 2x′p′y +1

4x′2 − 5

4y′2 − 2αx′y′

)

(23.5.15)dove α = (1 − 2µ)3

√3/4 e H ′

3, H′4, . . . sono i polinomi omogenei di grado 3, 4, . . . che

contribuiscono all’hamiltoniana. Ponendo

H ′2 =

1

2x′ · Ax′ (23.5.16)

le equazioni del moto di Hamilton si scrivono x′ = JAx′ e indicando con iω e u gli autovaloried autovettori della matrice JA la soluzione e data da x′ = eiωtu. Le frequenze ω soddisfanol’equazione ω4 − ω2 + 27

16 − α2 = 0, sono distinte e valgono ±ω1, ±ω2 dove

ω21,2 =

1

2± 1

2

(

1 − 27µ + 27µ2)1/2

(23.5.17)

Esse sono reali se µ < 12 [1− (1−4/27)1/2] ≃ 0.0385, condizione largamente soddisfatta per

il sistema Sole-Giove. Tenendo conto che µ ≪ 1 si ha ω21 ≃ 1 e ω2

2 ≃ 27µ/4.

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444 23. Modelli hamiltoniani c©88-08- 9820

Coordinate normali e stabilita

Il calcolo degli autovettori va fatto scegliendo le costanti di normalizzazione in modo daottenere una trasformazione simplettica. Seguendo le notazioni del paragrafo 10.5 si ha

JA = UΛU−1 = V(JΩ)V−1, V = UK (23.5.18)

dove Λ = diag(−iω1, iω1,−iω2, iω2) e U = (u1,u∗1,u2,u

∗2) sono la matrice diagonalizzata

e la matrice degli autovettori complessi di JA. Abbiamo indicato con J e con K le matrici

formate da blocchi diagonali identici definiti da( 0 1

−1 0

)

e( 1 i

1 −i

)

, scelto l’ordinamento

x′ = (x′, p′x, y′, p′y) e definito Ω = diag (ω1, ω1, ω2, ω2) la matrice delle frequenze. DettoX = V

−1x′ il vettore delle nuove coordinate (X1, P1, X2, P2), le equazioni del moto siscrivono X = JΩX. Se la trasformazione V e simplettica queste sono sono le equazioni diHamilton per H ′

2 = 12X · ΩX poiche da VJV = J segue

H ′2=

1

2x′ ·Ax′ =

1

2X ·VAVX =

1

2X ·J−1(V−1

JAV)X=1

2X ·ΩX≡ω1

2(P 2

1 +X21 )+

ω2

2(P 2

2 +X22 )

(23.5.19)Per calcolare l’ autovettore corrispondente all’autovalore iω poniamo u = C(u1, u2, u3, 1)risolviamo il sistema non omogeneo, con matrice dei coefficienti data dal primo bloccodiagonale 3 × 3 di JA − iω I il cui determinante e D = iω3 − 5iω/4 − α e scegliamoquindi C = 1

2cD. Dopo aver costruito la matrice U degli autovettori la trasformiamo nellamatrice V = UK. Le costanti c di normalizzazione sono reali e sono le stesse per i primi dueautovettori e per gli ultimi due in quanto complessi coniugati e le indichiamo con c1 e c2

rispettivamente. Le colonne di V sono il doppio della parte reale e della parte immaginariadegli autovettori corrispondenti a iω1 e iω2 e la matrice reale V si scrive

V =

−α c1 −2ω1 c1 −α c2 −2ω2 c2

(ω21 − 3

4 ) c1 −αω1 c1 (ω22 − 3

4 ) c2 −αω2 c2

(ω21 + 3

4 ) c1 0 (ω22 + 3

4 ) c2 0

−α c1 (−54ω1 + ω3

1) c1 −α c2 (−54ω2 + ω3

2) c2

(23.5.20)

Le costante c1 e c2 si determinano imponendo che V sia simplettica. Valutiamo P = VJV

P11 = 0 P12 = A P13 = B P14 = −12αP13

P21 = −P12 P22 = 0 P23 = −P14 P24 = α−1P14

P31 = −P13 P32 = P14 P33 = 0 P34 = P12 − 34P13

P41 = P14 P42 = −P24 P43 = −P34 P44 = 0

(23.5.21)

dove

A = c21

[

(α2ω1+2ω1(ω21−

3

4)]

+c22

[

(α2ω2+2ω2(ω22−

3

4)]

, B = 2c21ω1(

3

4+ω2

1)+2c22ω2(

3

4+ω2

2)

(23.5.22)

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c©88-08- 9820 23.5. Problema dei tre corpi 445

Per esprimere P24 si e utilizzata la equazione soddisfatta dalle frequenze ω1 e ω2. Lacondizione di simpletticita P = J risulta soddisfatta se si impone A = 1 e B = 0 e siottiene

c21ω1

[

α2+2ω21− 3

2−(

α2+2ω22− 3

2

)

ω21+ 3

4

ω22+ 3

4

]

=1, c22ω2

[

α2+2ω22− 3

2−(

α2+2ω21− 3

2

)

ω22+ 3

4

ω21+ 3

4

]

=1 (23.5.23)

Tenendo conto che ω1 ∼ 1 ed ω2 ∼ 0 occorre scegliere ω2 < 0 affinche c22 risulti posi-

tiva. Come conseguenza H2 ha una sella anziche un massimo o un minimo nel puntolagrangiano di equilibrio relativo. Non e quindi applicabile il teorema di Lyapounov, vediparagrafo 11.4, che garantisce la stabilita degli oscillatori anarmonici. La teoria pertur-bativa hamiltoniana garantisce la stabilita su tempi lunghi, confrontabili con l’eta del delsistema solare, che corrisponde a circa un miliardo di orbite di Giove. Entro un raggio dicirca 1/10 della distanza di Giove dal Sole si hanno orbite stabili come mostra anche l’in-tegrazione numerica delle equazioni del moto. La teoria KAM inoltre assicura l’esistenzadi orbite perpetuamente stabili di misura crescente al restringersi del raggio dell’intornodel punto di equilibrio. Nella figura 23.5.2 sono riportati i risultati di una integrazionefatta col metodo di Runge-Kutta del quarto ordine con passo ∆t = 10−4T∗. I punti rap-presentano le posizioni assunte dall’asteroide ai tempi t = nT∗ al crescere della distanzadella posizione iniziale dal punto di equilibrio e si nota l’insorgere di orbite instabili.

0.475 0.5250.84

0.89

x

y

0.3 0.70.7

1.1

x

y

-1.2 1.2-1.2

1.2

x

y

-1.2 1.2-1.2

1.2

x

y

Figura 23.5.2. Orbite di una asteroide nel sistema corotante. Viene tracciato un punto ad ogni periodo di

Giove, per condizioni iniziali vicine al punto lagrangiano x=py=1/2−µ, y=−px=√

3/2 con µ=10−3 ottenute

variando la prima coordinata x=0.498, 0.49, 0.46, 0.45.

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446 23. Modelli hamiltoniani c©88-08- 9820

23.6. OTTICA HAMILTONIANA

Le traiettorie di raggi luminosi o di particelle in un acceleratore sono descritte dalleequazioni di Hamilton. In entrambi i casi si considerano traiettorie che poco si discostanoda una traiettoria assegnata. Per una particella di massa unitaria soggetta ad un poten-ziale V (x, y) ogni traiettoria con energia E ed estremi assegnati, parametrizzabile nellaforma y = y(x) rende stazionaria l’azione ridotta W , vedi paragrafo 17.2.

W =

2(E − V )ds =

∫ x2

x1

2(E − V )

1 + y′2dx (23.6.1)

dove y′ = dy/dx. Abbiamo supposto che le deviazioni dell’orbita dall’asse x siano piccole|y′(x)| ≪ 1 in modo da potere sempre rappresentare l’orbita nella forma y = y(x) ed allo

scopo richiediamo che |V | ≪ E. Detta F = [2(E − V )(1 + y′2)]1/2 scriviamo le equazionidi Eulero Lagrange e quelle di Hamilton per l’hamiltoniana orbitale H orb .

py =∂F

∂y′ =y′√2(E − V )√

1 + y′2, H orb = y′py − F = −

2(E − V )√

1 − y′2(23.6.2)

Riesprimendo H orb in funzione di py si trova infine

H orb = −√

2(E − V (x, y)) − p2y (23.6.3)

Questa hamiltoniana dell’orbita e diversa da quella usuale H = 12 (p2

x + p2y) + V (x, y) che

descrive il moto della particella nel piano, anche se py ha lo stesso valore poiche (23.6.2)implica py = v dy/ds = y. Si noti la relazione

H orb = −px(y, py, x; E) (23.6.4)

dove px e definito implicitamente da H = E. Se E ≫ V ≥ 0, dopo la trasformazionedi scala H ′

orb = 1 + (2E)−1/2 H orb , p′y = (2E)−1/2 py che lascia invarianti le equazioni

del moto si ha H ′orb = 1

2p′y2

+ 12E V (x, y), se trascuriamo i termini di ordine superiore al

primo in V/E e p2y/E. In questa approssimazione (parassiale) si ha p′y ∼ dy/ds ∼ θ, vedi

figura 23.6.1.

θ

y

x

Figura 23.6.1. Traiettoria di un raggio luminoso.

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c©88-08- 9820 23.6. Ottica hamiltoniana 447

Raggi luminosi

L’hamiltoniana (23.6.3), ove si ponga, 2E = 1 e si scelga n = (1− 2V )1/2 uguale all’indicedi rifrazione, descrive la propagazione di un raggio luminoso. Infatti in ottica il principiodi Fermat, stabilisce che il raggio luminoso rende stazionario il cammino ottico

W =

n(x, y)ds =

∫ x2

x1

n(x, y)

1 + y′2dx (23.6.5)

rispetto a tutte le traiettorie variate con estremi fissi. A (23.6.3) corrisponde H orb =−[n2(x, y) − p2

y]1/2 e se se θ e l’angolo che la tangente alla traiettoria forma con l’asse x,vedi figura 23.6.1, da y′ = tan θ e da (23.6.2) si ottiene

py = ntan θ√

1 + tan2 θ= n sin θ (23.6.6)

Per un mezzo in cui n dipenda solo da x la conservazione di py esprime la legge dellarifrazione.

Acceleratori di particelle

Un procedimento analogo si adotta per una particella relativistica (E ≫ mc2), sottol’azione di un campo magnetico B0 costante, che la vincola su una traiettoria circolare. Ilraggio ρ0 su cui la particella di impulso p si muove in presenza del campo B0 = B0 ey e

ρ0 =pc

eB0(23.6.7)

Al campo dipolare se ne aggiungono altri dovuti a magneti (quadrupoli) che collimano ilfascio e (sestupoli) che correggono le deviazioni rispetto all’impulso p dell’orbita di rifer-imento. Scegliamo un sistema di coordinate con l’origine P in un punto dell’orbita, indi-viduato dalla coordinata curvilinea s = ct, con l’asse z tangente, l’asse x diretto lungo lanormale esterna e l’asse y verticale, nel verso del campo B0, vedi figura 23.6.2.

!!!!!!!!!

x

y

P

O

z

C

s

Figura 23.6.2. Sistema di coordinate sull’orbita di riferimento nell’acceleratore circolare.

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448 23. Modelli hamiltoniani c©88-08- 9820

Il potenziale vettore e A = Azez dove Az = −B0x − B0ρ0 V (x, y) e le componenti di B

nel piano x, y, tenendo conto di (23.6.7) sono

Bx =∂Az

∂y= −pc

e

∂V

∂y, By = −∂Az

∂x= B0 +

pc

e

∂V

∂x(23.6.9)

Da (23.6.9) segue che le linee equipotenziali sono le linee di forza del campo magneticoB − B0. Assumiamo che la velocita di ogni particella del fascio sia molto prossima a ce diretta quasi esattamente lungo z cioe |x| ≪ c, |y| ≪ c e |z| ≃ c. La forza di LorentzF = (e/c)v × B assume allora la espressione seguente approssimando z con c

Fx = −eBy = −pc

ρ0− pc

∂V

∂x, Fy = eBx = −pc

∂V

∂y(23.6.10)

L’equazione del moto e p = F e per trasformarla nel sistema rotante, supponendo chein esso la componente z sia nulla, scriviamo v = v0 + v′ dove v0 = (0, 0, z) e v′ =(x, y, 0). L’impulso relativistico e p = mv(1 − v2/c2)−1/2 e detto p il suo modulo si hap ≃ mc(1−v2/c2)−1/2 e quindi p ≃ (c ez +v′)p/c. Tenendo conto che l’origine del sistemasi muove un cerchio di raggio ρ0 la particella in (x, y) descrive un arco di raggio ρ = ρ0 +x,la normale interna alla curva e n = −ex sicche dez/dt = −ex c/ρ, e l’equazione del motonel sistema rotante diventa

p

c

dv′

dt=

dp

dt− p

dez

dt= F +

pc

ρex = −pc

∂V

∂r′+

pc

ρ0

(

ρ0

ρ0 + x− 1

)

ex (23.6.11)

Scelta di s = ct come variabile e tenendo conto che |x| ≪ ρ0, le equazioni del motodiventano

d2x

ds2+

x

ρ20

= −∂V

∂x,

d2y

ds2= −∂V

∂y(23.6.12)

Il potenziale V varia lungo la circonferenza e si scrive

V = −K1(s)

2(x2 − y2)− K2(s)

6(x3 − 3xy2) + . . . = −Re

n≥2

Kn−1(s)

n!(x + iy)n (23.6.13)

dove Kn sono i gradienti multipolari. Il principio di Maupertuis conduce alle stesseequazioni tramite un’hamiltoniana dell’orbita H orb = −ps, con il momento ps coniugatoa s soluzione di H(x, y, x, px, py, ps) = E, dove H e l’hamiltoniana della particella.

Problema lineare

Le equazioni del moto ammettono soluzioni unidimensionali, in cui il moto trasversoavviene solo lungo l’asse x. Riferendoci per semplicita a queste consideriamo l’hamiltonianaper le oscillazioni orizzontali, seguendo la teoria sviluppata da Courant e Snyder

H orb = H0 orb + H1 orb + H2 orb + . . . =p2

x

2+

K(s)

2x2 − K2(s)

6x3 − K3(s)

24x4 + . . .

(23.6.14)

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c©88-08- 9820 23.6. Ottica hamiltoniana 449

avendo posto K(s) = ρ−20 − K1(s). Le soluzioni si costruiscono per via perturbativa dopo

aver introdotto le coordinate angolo e azione per la parte quadratica dell’hamiltoniana.A tal fine si considera la soluzione della equazione lineare x + K(s)x = 0, cui si applicala teoria di Floquet, poiche K(s) e periodico con periodo L = 2πρ0. La soluzione equasiperiodica o esponenziale in s a seconda che la traccia della matrice fondamentaleX(L) abbia modulo < 2 oppure > 2. Solo nel primo caso il fascio e stabile. Poiche K(s) ecostante a tratti, alternativamente positiva e negativa, si valuta X(L) esplicitamente comeprodotto delle matrici fondamentali di oscillatore armonico ed iperbolico; la condizione distabilita si realizza in modo analogo al pendolo rovesciato, vedi paragrafi 10.6 e 11.6. Perrisolvere l’equazione dell’orbita si cerca una soluzione complessa A(s)eiΦ(s)+iγ , di cui x(s)e la parte reale. Dopo aver separato parte reale ed immaginaria si ha

A − Φ2A + K(s)A = 0, ΦA + 2ΦA = 0 (23.6.15)

La seconda equazione mostra che ΦA2 = C2 e si puo esprimere la soluzione attraversol’ampiezza A che soddisfa l’equazione

A − C4A−3 + K(s)A = 0 (23.6.16)

detta anche equazione di inviluppo perche A(s) rappresenta l’ampiezza della oscillazione(vedi paragrafo 27.4 con le sostituzioni x → a, s → x, K → k2). E consuetudine esprimerela soluzione tramite l’inverso della derivata della fase β(s) = 1/Φ, che soddisfa l’equazione

1

2ββ − 1

4β2 + K(s)β2 = 1 (23.6.17)

e alle condizioni β(0) = 1 e di periodicita β(s) = β(s + L). L’ equazione per β si ottienesostituendo A = Cβ1/2 e Φ = β−1 nella prima equazione (23.6.15). Derivando (23.6.17)si vede che β soddisfa anche una equazione lineare di ordine 3. La soluzione x(s) reale siesprime nella forma

x(s) = C√

β(s) cos(Φ(s) + γ), Φ(s) =

∫ s

0

ds′

β(s′)(23.6.18)

Se 〈β−1〉 e il valor medio della funzione periodica β−1(s) si pone

Φ(s) = 〈β−1〉s + Φ(s) ≡ 2πνs

L+ Φ(s) (23.6.19)

dove Φ(s) e periodica. La variazione della fase su un giro vale ω = 2πν = L〈β−1〉 e quindi

ν =L

2π〈β−1〉 =

1

∫ L

0

ds′

β(s′)(23.6.20)

Sostituendo (23.6.19) in (23.6.18) e calcolando x si puo riesprimere la soluzione nella formaprevista dalla teoria di Floquet discussa nel paragrafo 10.5.

x(s)

x(s)

= V(s)

C cos(2πν sL + γ)

−C sin(2πν sL + γ)

= V(s)R(

2π νs

L

)

V−1(0)

x(0)

x(0)

(23.6.21)

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450 23. Modelli hamiltoniani c©88-08- 9820

dove, ponendo s = 0, si vede che C cos γ e −C sin γ sono le due componenti del vettoreV−1(0)x(0) mentre V(s) e una matrice periodica definita da

V(s) =

β1/2 cos Φ(s) β1/2 sin Φ(s)

β cos Φ(s) − 2 sin Φ(s)

2β1/2

β sin Φ(s) + 2 cos Φ(s)

2β1/2

(23.6.22)

Questa soluzione corrisponde a (10.6.4) ove P (s) = V(s)V−1(0) e X = V(0)R(2πν)V(0)−1,se si cambiano s, L in t, T e si nota che Φ(0) = 0. La matrice V(0) coincide infatti con Vdefinito da (10.6.8) se si identifica β(0) con −2α.

Coordinate normali

Introduciamo dapprima le coordinate normali per il problema lineare, osservando che lamatrice V(s) ha determinante 1 e definisce quindi una trasformazione canonica nel pianodelle fasi x, p = x. Introduciamo una seconda matrice W(s) con determinante 1

V(s) = W(s)R(

Φ(s))

, W(s) =

β1/2 0

β

2β1/21

β1/2

(23.6.23)

dove R e la matrice di rotazione e si e tenuto conto di (23.6.22), Introduciamo quindi duediversi sistemi di coordinate normali (x′, p′) e (x, p) definite come segue

(

x′

p′

)

= W−1

(

xp

)

,

(

xp

)

= V−1

(

xp

)

−→(

x′

p′

)

= R(

Φ(s))

(

xp

)

(23.6.24)I due nuovi riferimenti ruotano, l’uno rispetto all’altro, di un angolo Φ(s) poiche da(23.6.22) segue che W

−1(s) = R(

Φ(s))

V−1(s). Tenendo conto di (23.6.21), (23.6.24) e

di (23.6.19) la evoluzione in s delle coordinate normali e data da

(

x(s)p(s)

)

= R

(

2πνs

L

)

(

x(0)p(0)

)

,

(

x′(s)p′(s)

)

= R(

Φ(s))

(

x′(0)p′(0)

)

(23.6.25)

In entrambi i sistemi di coordinate il moto e su un cerchio. Nel piano (x′, p′) la rotazionedi un angolo Φ(s) non e uniforme essendo β−1(s) la velocita angolare; nel piano x, p larotazione e uniforme con velocita angolare 2πν/L uguale alla media di β−1(s) su un giro(∆s = L). La condizione iniziale e la stessa e da (23.6.21) valutata in s = 0

x′(0) = x(0) = C cos γ, p′(0) = p(0) = −C sin γ (23.6.26)

si desume che C e il raggio del cerchio. Quindi l’azione, ossia l’area del del cerchio divisoper 2π, vale

=x′2 + p′

2

2=

x2 + p2

2=

C2

2(23.6.27)

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c©88-08- 9820 23.6. Ottica hamiltoniana 451

Variabili angolo-azione

La trasformazione dalle coordinate normali alle variabili angolo-azione e quella usuale:x′ = (2)1/2 cos θ, p′ = −(2)1/2 sin θ e x = (2)1/2 cos θ, p = −(2)1/2 sin θ dove le azioni

sono le stesse e la differenza tra gli angoli θ − θ = Φ(s) e l’angolo di rotazione tra idue riferimenti. Le hamiltoniane nei due riferimenti sono H0 = j/β e H0 = 2πνj/Lrispettivamente, in quanto e immediato verificare che le soluzioni delle rispettive equazionidel moto coincidono con (23.6.25).

La trasformazione alle coordinate angolo-azione (θ, ) si puo costruire tramite un funzionegeneratrice F (x, θ; s) definita da

F = −x2

(

tan θ − 1

)

(23.6.28)

La trasformazione canonica e data da

p =∂F

∂x= −x

β

(

tan θ − 1

)

, = −∂F

∂θ=

x2

1

cos θ2(23.6.29)

e scritta in forma esplicita si legge

x =√

2β cos θ, p = −√

2β−1

(

sin θ − 1

2β cos θ

)

(23.6.30)

Il risultato si esprime nella forma x = Wx′ dove W e data da (26.3.23) e x; sono lecoordinate normali. In coordinate cartesiane l’azione e data da = 1

2 ‖x′‖2 = 12 ‖W−1 x‖2

ossia

=x′2 + p′

2

2=

1

(

x2 +(

pβ − 1

2βx)2)

(23.6.31)

Verifichiamo che l’hamiltoniana trasformata vale H0 = j/β scrivendo

H0 = H orb +∂F

∂s=

β(s)(23.6.32)

Infatti usando la equazione (23.6.17) soddisfatta da β e (23.6.30) per riesprimere x, p infunzione di , θ si ha

H0 ==p2

2+K(s)

x2

2+

x2

2β2β tan θ +

x2

4β2

(

ββ − β2)

=p2

2+

x2

2β2

(

β tan θ − 1

4β2 + 1

)

=

β(23.6.33)

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452 23. Modelli hamiltoniani c©88-08- 9820

Correzioni non lineari

Quando sono presenti termini non lineari si usa la teoria perturbativa dipendente daltempo per costruire l’invariante. Introdotto un parametro perturbativo λ nel modo usuale,l’hamiltoniana (23.6.14) diventa H = β−1 + λH1(θ, , s) + . . . + λNHN (θ, , s) + . . . Latrasformazione canonica, con generatrice G = θJ +λG1(θ, J, s)+ . . .+λNGN (θ, J, s), vienescelta in modo da eliminare la dipendenza dagli angoli fino all’ordine N

H = H orb +∂G

∂s= H0(J, s)+λH1(J, s)+. . .+λNHN (J, s)+λN+1HN+1(θ, J, s) (23.6.34)

Al primo ordine perturbativo si ha

∂G1

∂s+ β−1(s)

∂G1

∂θ+ H1(θ, J, s) = H1(J, s) (23.6.35)

e prendendo la media su θ si determina H1(J, s) = 〈H1(J, θ, s)〉. Il calcolo di G1 si effettuaseguendo il procedimento indicato nel paragrafo 19.5 e si ottiene

G1(θ, J, s) = −∑

k

1

ei2πkν − 1

∫ s+L

s

eik[θ+Φ(s′)−Φ(s)]H1,k(J, s′) ds′ (23.6.36)

A partire dalla forma normale H dell’hamiltoniana si calcola l’avanzamento di fase, cheper il sistema lineare vale ω ≡ Φ(s + L) − Φ(s) = 2πν

Ω(J) =

∫ L

0

∂H

∂Jds = ω + λ

∫ L

0

∂H1

∂Jds + . . . (23.6.37)

Consideriamo la mappa stroboscopica, cioe la applicazione che a x(s), p(s) fa corrisponderei loro valori dopo un giro. Per il sistema lineare da (23.6.21) e (23.6.23) segue che

(

x(s + L)p(s + L)

)

= W(s + L)R(ω)W−1(s)

(

x(s)p(s)

)

(23.6.38)

se si tien conto che Φ(s) e periodica di periodo L. In coordinate normali, x′ = W−1(s)x,

la mappa sul giro e una pura rotazione, poiche W(s) e periodica; l’azione e costante el’angolo θ avanza di ω a ogni giro. Agli ordini successivi la mappa su un giro presenta unaforma analoga. Dopo N passi perturbativi si ottiene una nuova azione J costante ed unangolo Θ che avanza di Ω ad ogni giro se si trascura il resto λN+1HN+1(θ, J, s). Espressanelle coordinate cartesiane la mappa si scrive

(

x(s + L)p(s + L)

)

= W (s) R(Ω) W−1(s)

(

x(s)p(s)

)

(23.6.39)

dove W e una mappa non lineare simplettica anziche una applicazione lineare. La teoriaperturbativa, sviluppata direttamente per la mappa stroboscopica, e piu semplice agliordini elevati ed in presenza di risonanza. Si noti infatti che (23.6.36) non e piu definitaquando se ν = m/q e razionale. In questo caso tutte le componenti di Fourier con k = ℓ qvanno lasciate in H in modo da poter definire la trasformazione canonica G.