sport 2.0 : aprile 2011

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Il nuovo free magazine che parla di sport N° 6 - MENSILE - APRILE 2011 GRATIS VALENTINA ISOARDI CAMPIONESSA DI EQUITAZIONE SPORTIVA GRAN GALA’ DEL GHIACCIO 2011 TORINO PALAVELA MILITARY TRAINING LIVIO BERRUTI

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Il nuovo free magazine che parla di sport

N° 6

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APR

ILE

2011

GRATIS

VALENTINAISOARDICAMPIONESSA DIEQUITAZIONE SPORTIVA

GRAN GALA’ DEL GHIACCIO 2011

TORINO PALAVELA

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LIVIOBERRUTI

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Eh, ma come sa raccontare le cose Piero Angela, non ce n’è per nessuno...Oddio, non che sia sto strafigo o sto brillantone, ma vuoi mettere godersi i muscoli guizzanti e superoliati degli opliti di Trecento, piuttosto che sorbettarsi un trattato sul Peloponneso? Il buon Pierone ci ha sempre visto lungo sulle potenzialità descrittive del video.

Bene, Sport 2.0, che nasce 2.0 ed è pure torinese come Piero Angela, non può certo essere da meno col multimediale. Anche perché ormai siamo abituati a “vedere” gli argomenti, ancor prima che a leggerli. C’è chi dà la colpa al Grande Fratello; per noi non ci sono colpe, ma solo meriti: di Youtube, delle webcam e in generale di come gira il mondo. Il linguaggio visuale ha un codice universale che permette anche a chi scrive di “faccende torinesi” di entrare nella comunicazione planetaria, 2.0.

Allora gente, preparatevi a conoscere tutti gli sport del mondo, non più solo sulla rivista con testi e foto spettacolari, ma anche con i nostri strepitosi video di backstage. Dietro la notizia, dietro la partita o la gara o i riflettori dell’evento, dietro il trucco e il parrucco, dietro le chiacchiere patinate da “intervista pubblicabile”, ci sono le confessioni rubate, le gag, la rabbia, le verità non dette, le mille gaffes quotidiane che fanno dei nostri personaggi, semplicemente, delle persone.Tutto questo vi racconteranno i nostri video 2.0.Molto, ma molto prossimamente su www.sportduepuntozero.com

Anno 02 Numero 06 Aprile 2011

Direttore ResponsabileIlaria [email protected] EditorialeMarco [email protected] Collaborato a questo numeroDaniela Siciliano (fotografa)Stefano BozzoLeo NuceraPaolo MoiséPer fare pubblicità[email protected] LegaleCorso Vittorio Emanuele II, 6210121 TorinoDirezione Redazione AmministrazioneVia Cardinal Fossati, 5/P10141 Torino

Reg. Tribunale di Torino n°57 del 25/10/2010PeriodicitàMensileGrafica e ImpaginazioneHEYOU design s.n.c.StampaGrafica Piemontese s.r.l.

ROC - registro operatori della comunicazione: 20693

Copyright©, tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione totale o parziale di testi, foto, disegni pubblicati su Sport 2.0, con qualsiasi mezzo, salvo espressa autorizzazione dell’Editore. L’editore non risponde dell’opinione espressa dagli autori.

Per collaborare, sottoponi le tue idee a:[email protected]

di IlariaGaraffoni

Ciak si giraAPRILE 2011

06

MarcoCasazza

Contributor

EdoardoBlandinoContributor

MassimoPinca

Fotografo

SerenaViscovo

Contributor

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55UNITA’

SPINALE

62CARA

TIZIANA

42BASE

RUNNING

06SPORTFORLIFE

63SPORTBETA

19HITBALL

58MILITARY TRAINING

34LIVIO BERRUTI

50PIETROMAZZEI

10VALENTINA

ISOARDI

26GRAN GALA’

DEL GHIACCIO

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Pugilisenza ringIl Club Sport Dili e Benfica è nato il 28 maggio 1938 a Timor Est, colonia portoghese situata tra l’Indonesia e il Mar di Timor, che la separa dall’Australia. Per anni il Club è stato l’orgoglio sportivo della gioventú locale: vi si organizzavano tornei di calcio e pallavolo, si festeggiava il Portogallo di Eusebio e si danzava ai concerti. Ma nel 1974 il Portogallo, vicino al collasso economico e sul punto di una rivoluzione fascista, abbandonava l’isola. Timor Est proclamava la propria indipendenza, ma dopo nove giorni veniva invasa dall’Indonesia, che instaurava un regime di terrore durato poi oltre vent’anni. Tutte le attivitá sportive e culturali, specialmente quelle di impostazione portoghese, furono chiuse. Lo stesso destino toccò al Club Sport Dili e Benfica.

di Stefano Bozzo e Leo Nucera

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DAL MONDO

Sportforlife.org

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Jessica Knowles

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In questa nostra ricerca sulla boxe a Dili, abbiamo in-contrato una giovane americana, Jessica Knowles. E’ appena arrivata dalle Filippine, dove ha passato un anno praticando pugilato.Ha la madre siciliana e parla italiano e mi dice di essere rimasta colpita (o meglio scioccata) quando ha visto questi ragazzi “allenarsi ogni giorno fino allo sfini-mento. Svengono letteralmente a fine giornata, perché alcuni di loro sono talmente poveri che dormono per strada e nemmeno mangiano, ma si allenano con un accanimento incredibile e non hanno match solo per-ché nessuno li organizza.” Capito? A Timor non ci sono campioni perché non ci sono i campionati.“Per questo – continua Jessica - ho deciso di lasciarmi coinvolgere e sto cercando di organizzare la sezione femminile di boxe. Ci sono alcune ragazze che mi se-guono e le sto già allenando”.L’iniziativa ha un valore enorme in una societá piagata da una mentalitá machista come quella di Timor Est, in particolare con riferimento ad uno sport tipicamente maschile come la boxe.

Sportforlife ha deciso di sostenere il Club Sport Dili e Benfica e di aiutare la boxe, comprare il ring e stare a fianco di Jessica per lanciare la sezione femminile. Ma abbiamo bisogno del supporto di tutti. Donate ora! Sportforlife.org

(*) La Repubblica di Timor Est occupa la metà orientale dell’isola di Timor, altre isole e un’exclave, mentre la metà occidentale dell’isola fa parte dell’Indonesia.

Ma l’anno scorso, a maggio, il Club Sport Dili e Benfica è stato rifondato. La sede è la stessa degli anni gloriosi - stessa facciata e stessa scritta in ferro battuto, very vintage - ma è di-roccata, pressoché inagibile. Con i pochi soldi a dispo-sizione, si sta cercando di ristrutturare e al contempo di organizzare un torneo di boxe, di mettere in piedi un’accademia di calcio per i giovani, di rivitalizzare la pallavolo, di mettere online il sito e tanto altro ancora. Purtroppo mancano i fondi. Nulla, zero, nada.

Sportforlife, organizzazione non governativa che pro-muove lo sport nei paesi piagati dalla guerra o appena usciti da conflitti, ha incontrato Fernando Encarnaçao, il presidente. È un timorese atipico: bianco, alto, parla un inglese per-fetto, ha modi raffinati e una voce calda. È appassionato e determinato a far tornare il Club il vero punto di riferimento per lo sport timorese. Sport for Life è stata subito con lui. Il primo progetto, in termini di imminenza, è il torneo di boxe previsto per maggio. Un triangolare internazionale con pugili prove-nienti da Darwin, Australia e Kupang e Indonesia, ossia l’altra metá dell’isola rimasta indonesiana(*).Timor ha una vocazione per la boxe: i giovani la amano e la praticano. Il problema piú grosso è organizzare in-contri. La federazione è in realtá una scatola vuota, un meccanismo di potere che non solo si disinteressa, ma, pur possedendo l’unico ring per gli incontri a Timor, non lo cede neanche in affitto per eventi organizzati dai due club pugilistici. La prioritá principale per il Club Sport Dili e Benfica è comprare un ring usato in Australia. Costa 8000 dollari e in cassa ce ne sono 100.

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Il mondo di Sport 2.0 continua sul webwww.sportduepuntozero.com

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Oro olimpico e vari ori, argenti e bronzi a campionati europei ed italiani. Il tutto condito con l’entusiastica spensieratezza di una 19enne. In quel di Vinovo, al circolo “La Madonnina”, abbiamo incontrato una ragazza che ha finalmente riportato in Italia una medaglia in equitazione.

EQUITAZIONESPORTIVA

Salti da oro olim

pico

di Edoardo Blandino

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Che cosa hanno in comune Federica Pellegrini e Valen-tina Isoardi? Nulla, verrebbe da dire. A partire dal fatto che la prima è famosa, mentre la seconda (almeno per ora) no. In realtà entrambe hanno all’attivo un risultato importan-te: parliamo di un oro olimpico. La nuotatrice Pellegrini lo ha vinto a Pechino 2008, nei 200 metri stile libero. Valentina Isoardi, invece, lo ha conquistato alle olimpia-di giovanili di Singapore 2010 con la squadra europea di equitazione. E questo non è il primo riconoscimento internazionale ottenuto dalla giovanissima di Monca-lieri: in Olanda nel 2009, al campionato d’Europa di equitazione, ha conquistato un bronzo individuale ed un argento a squadre nella categoria under 18.

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Il cavallo e l’ingegneriaValentina è molto fiera dei risultati, ma non ama snoc-ciolarli, se non su precisa richiesta. Del resto Vale non si è mai montata la testa, nonostante l’entusiasmo dei suoi 19 anni, da compiere a giugno. Non ha ancora deciso cosa fare da “grande” e nel dub-bio, intelligentemente, non ha abbandonato gli studi. Anzi, si è buttata in un percorso difficile come quello di Ingegneria Biomedica al Politecnico di Torino.Ma il tempo per studiare è poco, visto che sei giorni su sette monta a cavallo. Così si divide a metà: al mattino corre a Vinovo, al Circolo Ippico “La Madonnina”, dove si allena da due anni, e al pomeriggio si precipita a se-guire le lezioni. Purtroppo – o per fortuna – capita che le trasferte delle gare prendano più delle classiche 48 ore del week-end, così Valentina deve abbandonare gli studi per trasferirsi in albergo. Ma il “sacrificio” è ben compensato: stare più giorni a contatto con coetanei di tutta Italia o Europa è un’esperienza impagabile.

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Discipline olimpicheL’equitazione è riconosciuta dal CIO e le competizioni si svolgono nelle Olimpiadi estive. Esistono tre diverse gare: il salto a ostacoli, il dressage e il concorso completo.

Il Salto ad OstacoliIl Salto Ostacoli è la specialità principe dell’equitazio-ne e nel nostro paese è la più diffusa. I concorrenti debbono affrontare un percorso composto da ostacoli composti da vari elementi come barriere, tavole, cancelli e balaustre. Ogni abbattimento (errore) da parte del concorrente porta ad una penalizzazione, così come l’eventuale rifiuto di fronte a un ostacolo o la caduta da cavallo.

DressageIl Dressage ha lo scopo di mettere in evidenza le andature naturali e l’attitudine del cavallo, che deve esprimersi con eleganza ed in completa sintonia con il proprio cavaliere. Nelle gare, che si svolgono all’in-terno di un perimetro rettangolare, cavallo e cavaliere sono chiamati ad eseguire una “ripresa”, cioè una sequenza di movimenti prestabiliti. Ogni “figura” viene valutata da più giudici.

Concorso completoIl Concorso Completo di Equitazione è una gara con classifica combinata articolata su tre prove. Il primo test è quello di addestramento: si è chiamati ad ese-guire una serie di esercizi alle tre andature. Lo scopo della prova ed i criteri di valutazione sono i medesimi delle gare di dressage. Il secondo test è il cross count-ry che si svolge lungo un tracciato disseminato da una serie di ostacoli naturali e fissi come laghetti, macerie, tronchi abbattuti. Questo percorso è da affrontare entro un tempo prestabilito. Il terzo ed ultimo test è quello di salto ostacoli. La classifica finale prevede la valutazione di tutte e tre le gare.

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Chi fa da sé, fa per treL’equitazione è un ambiente estremamente compe-titivo, dove ognuno pensa a se stesso. Anzi, fa quasi effetto tifare per un compagno nelle gare a squadre. L’equitazione è una palestra di vita che forgia e tem-pra per il futuro. Ad accompagnare Valentina durante questo cammino, iniziato all’età di 11 anni, ci sono stati da sempre i suoi cavalli. Durante la sua breve carriera ne ha già cambiati alcuni ed al momento ne possiede tre: Power, Vayana e Lumiere. L’ultimo le ha dato le più grandi soddisfazioni: è il cavallo dell’oro olimpico.

Tra cavallo e cavaliere Tra il cavallo e il cavaliere si instaura un rapporto unico di fiducia reciproca. La maggior parte dei cavalli patisce se il padrone è via per qualche tempo, ma sono animali estremamente fragili e basta poco perché si facciano male. D’altronde quattro zampe scheletriche sorreggo-no mezza tonnellata di animale all’atterraggio da un salto, quindi il rischio è fisiologico. Ma chi va a cavallo da una vita ha imparato a prender-si cura del proprio animale. Valentina, per esempio, fa in modo che ai suoi cavalli vengano spalmate tutte le creme necessarie al miglior recupero dopo i salti e ha un programma della settimana ben definito. Esempio: si possono affrontare gli ostacoli solo il martedì, mentre il lunedì si esce esclusivamente per sgranchire le zampe.I suoi tre cavalli vivono felici, sentono l’affetto della padrona e ricambiano con grandi prestazioni ad ogni competizione. Grazie a loro, Valentina ha riportato una medaglia nel Belpaese dopo tanti, tanti anni di astinen-za. È ancora giovane. Ha il tempo dalla sua parte. L’Ita-lia non può fare altro che tifare per lei.

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Mantenere un cavalloNon è semplice avere un cavallo. Innanzitutto bisogna trovare un maneggio, poi il cavallo richiede attenzioni e cure, a cominciare dal posto dove dormire (non trop-po caldo e umido in estate, non troppo freddo in in-verno). L’animale deve essere costantemente seguito (non a caso nei maneggi c’è un guardiano notturno) e i costi sono variabili ma comunque importanti: dai 300 ai 700 euro al mese in base al maneggio. Più le spese del maniscalco (60 euro al mese), le spese veterinarie (100-150 all’anno) e gli eventuali extra (medicine). Ovviamente si può anche tenere il cavallo in casa: si risparmierà sul maneggio, ma occorrerà sacrificare gran parte della giornata per seguire l’animale.

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Non capita spesso di incontrare l’inventore di uno sport. Sport 2.0 è riuscito anche in questa impresa. Abbiamo incontrato Luigi Gigante, l’inventore dell’Hitball. Dove c’è sempre una squadra che vince.

HITBALL

Hitball, storia di uno sport democratico

di Serena Viscovo

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“L’hitball è uno sport istintivo: si può colpire la palla con tutte le

parti del colpo, purché la si tocchi una sola volta e senza trattenerla”

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Una storia italianaSiamo a Torino, anzi a Settimo Torinese, alla fine degli anni ’70. Una scuola maschile, una classe problematica, due bande rivali a dividersi uno spazio limitato. Un professore di educazione fisica alle prime armi capi-sce subito che è il caso di farsi venire un’idea.La palestra è piccola, i soffitti sono bassi per qualun-que sport, eppure dovrà esserci un modo per sfogare l’aggressività di questi focosi adolescenti. Come spesso accade, le condizioni avverse permettono di scoprire risorse che non si pensava di avere. Così nasce una storia tipicamente italiana, fatta di fantasia, creatività e arte di arrangiarsi.

Baraonda!Nasce Baraonda. E’ una disciplina ispirata al calcio sve-dese, il calcio seduti. Due squadre si affrontano con tre portieri in ginocchio e tre attaccanti seduti. Le squa-dre sono separate, ognuna gioca dalla sua metà del campo. Nessun contatto fisico. Gli studenti cominciano ad appassionarsi e sanno che l’impegno e la disciplina saranno premiati. “Per Natale vi restituirò la posizione eretta” promette il Prof. Luigi Gigante. E’ il 1978 e il nostro inventore comincia ad arrovellarsi su come fare per mantenere la promessa.

Signore e signori, l’hitballNon c’era proprio verso di trovare un nome italiano per l’invenzione di Luigi. Palla colpita? Palla percossa? Era già abbastanza difficile cercare di diffondere un nuovo sport, meglio usare un nome inglese. “Ho fatto questa scelta con un po’ di rammarico, ma dovevo rendere lo sport il più appealing possibile. In questo l’inglese è stato utile. E mi piace che hit significhi colpo ma anche successo”.Nato nella scuola per la scuola, l’hitball comincia a diffondersi. Due squadre una di fronte all’altra che si affrontano colpo su colpo con l’obiettivo di segnare più hits (un profano li chiamerebbe goal) possibili. L’hitball è uno sport istintivo: si può colpire la palla con tutte le parti del colpo, purché ogni giocatore tocchi la palla al massimo una volta senza mai trattenerla. Tre tempi da 15 minuti e un over-time in caso di pareggio. Nell’hitball c’è sempre una squadra vincitrice.Dopo i primi anni di sperimentazione nelle scuole, nel 1986 il regolamento dell’hitball viene registrato.Ad oggi partecipano ai campionati di hitball 70 squa-

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dre. Dai primi giorni sono passati tanti anni e diffondere l’hitball continua a non essere impresa facile. Come dice Luigi: “un attimo di ispirazione, vent’anni di traspira-zione”.

Da gioco a sportL’hitball è diffuso in tre regioni; Torino ha dal 2002 il suo Palahit. Eppure il Coni non ha ancora riconosciuto questa disciplina. Del resto, ufficialmente l’hitball non è uno sport: il processo è lungo. Luigi non può far altro che constatare che “il sistema è ingiusto, il metodo superato, bisognerebbe prende-re esempio da quei paesi dove lo sport è considerato cultura”.Il Coni prevede che una disciplina possieda alcuni pre-requisiti: un minimo di 300 giocatori, la diffusione in al-meno sei regioni, almeno 30 società affiliate. Una volta in possesso di queste caratteristiche c’è un monitorag-gio che dura quattro anni, alla fine del quale lo sport viene riconosciuto. Burocrazia all’italiana. Per l’hitball è difficile acquistare credibilità, seppure chiunque lo provi si diverta un mondo. L’hitball permette di muo-versi e sfogarsi ed è adatto a tutti perché i movimenti sono molto istintivi: mani, piedi, tuffi, tutto (o quasi) è concesso.

Uno sport democraticoNell’hitball vige la parità dei ruoli.Ma i ruoli non esaltano le caratteristiche di ciascun gio-catore? “Probabilmente sì, ma ci sono già tanti sport così”. Luigi ci ricorda la canzone “Una vita da mediano” di Ligabue. Lui ha voluto abolire, con l’eliminazione dei ruoli, la figura del gregario. “Nessuno comanda e il gio-co è veramente di squadra”.Quello dell’hitball è un mondo a parte, “destabilizzan-te”, come ama definirlo il suo inventore.Così diverso dalla realtà in cui viviamo, che sono gli uo-mini a finire discriminati. “Ci sono solo il campionato femminile e quello libero, dove a piacere si schierano in squadra elementi maschili o femminili nella proporzione che si preferisce”.Nell’hitball tutto è guidato dal merito. Non servono par-ticolari caratteristiche fisiche perché tutte le qualità utili a questo sport sono allenabili. Pantaloncini e maglietta, gli appositi bracciali, sudore: ecco tutto ciò che serve. Un mondo a parte, dicevamo.

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A prova di hitLuigi non solo ha brevettato l’hitball, ma anche l’attrezzatura per hitball di sua in-venzione. bracciali: ogni giocatore di hitball deve indossare i bracciali protettivi. Sono in po-liuretano e proteggono le braccia dal polso a metà avambraccio.palla: la palla è in gomma. E’ leggera per le sue dimensioni, per evitare infortuni durante il tiro o in caso di pallonate accidentali. Duecentodieci grammi di peso per 21 centimetri di diametro.campo: il campo è lungo dai 18 ai 28 metri, largo tra gli 8 e i 16 metri. C’è anche un’altezza, perché nell’hitball vale anche colpire il soffitto, alto almeno tre metri. Il campo è chiuso da pareti preferibilmente trasparenti per permettere agli spettatori di osservare il gioco da qualsiasi prospettiva. Una linea centrale divide le due squadre, altre linee delimitano zona franca, d’attacco, di difesa. Le porte sono lunghe dieci metri e prevedono una traversa a due metri e 30. In questo modo neanche l’altezza dei giocatori è un fattore discriminante.

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Comanda la pallaGianluca (Zanetti) gioca a hitball dal 1994. Ha cono-sciuto questo sport grazie al progetto di Luigi e dei suoi colleghi nelle scuole, progetto ancora in corso. Cosa piace a un giocatore di hitball?“A me piace il contatto con il pavimento, tuffarmi. L’hit-ball permette di sfogarsi e di usare il proprio istinto. Senza ruoli non ci sono giocatori, ma un’unica entità che è la squadra, e le regole sono semplici. Nell’hitball ci si diverte anche perché il gioco è soprattutto frutto dell’improvvisazione. Non esistono particolari schemi, ma solo posizioni nel campo che possono variare come e quando si vuole, in base all’andamento del gioco.Ma davvero nessuno comanda?“Comanda solo la palla”.http://www.hitball.it/index.html

Hit ball

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Invenzioni in cantiereCi sono due porte che sembrano normali porte da calcio di fronte al Palahit di via Sansovino a Torino. Invece sono il cantiere della prossima invenzione di Luigi Gigante: uno sport per non vedenti con palle sonore che corrono lungo fili tirati tra una porta e l’altra. Servono ancora studi e perfezionamenti, ma ne sentirete parlare prossimamente su Sport 2.0.

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GRAN GALA’DEL GHIACCIO

Ghiaccio tricoloreal Palavela

di Edoardo Blandino

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Con l’improvvisa ondata di caldo viene spontaneo rifugiarsi nei posti risparmiati dal caldo torrido. Il 9 aprile, il Palavela ha offerto il migliore compromesso tra un piacevole sabato sera ed un luogo dal clima fresco, ma con un pubblico decisamente caldo. Il Gran Galà del Ghiaccio, uno degli eventi promozionali in occasione dei 150 anni dell’Unità di Italia, è stato un vero spettacolo.

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La serata è iniziata bene, è continuata splendidamente e si è conclusa con un Gran Finale da brividi. Insomma, un vero Spettacolo. D’altronde, cosa ci può essere di meglio di tanti campioni che tutti insieme pattinano su quella che fu una delle Venue centrali delle Olimpiadi del 2006? Da quei giorni – che nelle menti dei torinesi sono impressi come se fossero ieri – sono passati già 5 anni, eppure ogni volta che si entra in questo palazzet-to si respira la stessa atmosfera. E non siamo solo noi a pensarlo, ma anche anche Evgeni Plushenko, “Lo Zar” come è soprannominato, forse il miglior pattinatore di sempre. Plushenko ama la nostra città e viene sempre volentieri a Torino. Era senza dubbio lui la guest star della serata, ma come ogni grande regista, poteva contare su molti incredibili attori: da Stephane Lambiel (argento olimpico al Pa-lavela) alla coppia Aliona Savchenko-Robin Szolkowy (bronzo a Vancouver).

Orfani di Carolina Non c’erano però solo stranieri: gli italiani erano ben rappresentati da Samuel Contesti e Alice Garlisi, oltre alla coppia Anna Cappellini-Luca Lanotte. Chi era venu-to per vedere Carolina Kostner è rimasto deluso. Lo tzu-nami giapponese ha infatti costretto gli organizzatori a spostare in Russia il mondiale di pattinaggio previsto a fine marzo a Tokyo e Carolina ha preferito continuare gli allenamenti in vista di questo importante impegno, in programma poche settimane dopo. Peccato, si è persa l’emozione di pattinare in un palaz-zetto gremito da oltre 5 mila persone che non vedeva-no l’ora di applaudirla.

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Tatiana e MaximTutte le esibizioni sono state coinvolgenti e accattivanti, alcune più solenni, altre più frizzanti. Tra i grandi campioni presenti, c’è però forse una coppia che ha catturato le maggiori attenzioni: stiamo parlando di Tatiana Volosozhar-Maxim Trankov. Nessu-no ha mai messo in dubbio le loro qualità, ma poteva esserci qualche perplessità sul fatto che la coppia fossenata pochissimo tempo fa. Invece Maxim e Tatiana, ucraina di nascita e naturalizzata russa in tempi record per il mondiale, hanno stupito tutti quanti. Chissà che non siano loro i prossimi campioni...

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Gran Galà del ghiaccio

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Nel 1939 Gilberto Mazzi sognava di avere mille lire al mese. Nel 1960 Livio Berruti guadagnava 1.200.000 Lire e una Fiat 500 grazie all’oro olimpico conquistato nei 200 metri alle XVII Olimpiadi di Roma. Berruti, con gli immancabili occhiali da sole e i calzini bianchi, fermò il cronometro sui 20”5 battendo gli ultrafavoriti americani.

L’atletica ai tempi della Cinquecento

LIVIOBERRUTI

di Ilaria Garaffoni

Li sconfisse sulla terra battuta, non sul sintetico che restituisce la spinta, e senza sponsor appiccicati addosso, perché a quei tempi “si gareggiava con ingenuità e semplicità”. Quarantacinque anni dopo l’impresa romana, Berruti è tornato nella sua città natale come tedoforo alle Olimpiadi invernali di Torino nel 2006.

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Livio Berruti: maturità classica al liceo Cavour e un cuore matematico, che ti ha portato a rincorrere il centesimo di secondo. Qual è il tuo approccio alla vita: scientifico o classico?Ho avuto una formazione più filosofica negli anni del liceo, ma all’Università ho poi scelto chimica, quindi una materia decisamente scientifica. Mi potrei definire “un ibrido”.

Quando hai scoperto di essere veloce come un fulmine? Chi o cosa ti ha avvicinato alla corsa?Il caso, credo. Ai tempi della scuola il mio insegnante di educazione fisica mi osservò mentre sfidavo un ra-gazzo in una gara di 50 metri nel cortile. Da lì cominciò tutto: venni iscritto ai campionati studenteschi dove vin-si facilmente. Poi entrai nel gruppo sportivo Lancia e iniziai a farmi conoscere, partecipando alle prime gare dei 100 metri.

...Il resto si sa. Torniamo al momento clou della tua vita atletica: la finale di Roma. Tu indossavi il pettorale 596. All’inizio hai fatto una falsa partenza, l’unica nella tua carriera. E’ vero, non ho mai fatto false partenze, ma il rumore di spinta dell’atleta dietro di me sui blocchi di partenza mi ha distratto.

E’ stato frutto della distrazione anche la scelta di indossare le scarpe bianche al posto delle Adidas?Avevo le calze bianche e volevo mettermi un paio di scarpe in tinta...mi ero montato un po’ la testa in vista della finale. Ma il bello venne dopo la gara. Arrivò il responsabile Adidas e mi disse: “perché non hai gareg-giato con le nostre scarpe, ti avrei dato 300.000 lire!” La verità è che non ne avevo idea. Questa era l’ingenu-ità e la semplicità con cui si gareggiava in quegli anni...

Usain Bolt, l’uomo più veloce al mondo, corre i 200m in 19’’19. Tu hai corso i 200 metri piani alle Olimpiadi di Roma del 1960 in 20’’5. Pensi che potresti batterlo?Non fatemi fare questi paragoni pericolosi, oltre che utopistici. Sono cambiate tantissime cose dal 1960: la pista è diventata sintetica, la preparazione e gli allena-menti hanno cambiato modalità e tecniche, la scienza è ormai entrata prepotentemente nell’atletica. Posso solo dire che avrei ottenuto degli ottimi risultati gareggiando con l’atletica dell’oggi, di questo sono certo.

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Spiegaci meglio, dal punto di vista tecnico, cos’è cambiato nella corsa dal 1960 ad oggi. Direi che, più che dal punto di vista tecnico, la corsa è cambiata dal punto di vista psicologico. Una volta si correva per il piacere di correre, per stare insieme e per fare gruppo, non si subiva la pressione dei risultati. Oggi l’interesse economico prevale e gli atleti sono continuamente alla ricerca del tempo miglio-re. E le condizioni della pista, l’innovazione tecnologica nei materiali e la preparazione fisica consentono talvol-ta di raggiungerli.

E’ questo che intendi con l’espressione “essere turisti dello sport”, come tu stesso ti sei definito?Esatto. Sono stato un turista dello sport perché ho sempre vissuto l’atletica come un’attività complementa-re della mia vita. E mi sono sempre divertito, ho sempre gustato il piacere di correre.

Qualcosa hai anche guadagnato: 1.200.000 Lire e una Fiat 500. I guadagni dell’atletica di oggi sono paragonabili a quelli di allora?I numeri uno di oggi guadagnano cifre inimmaginabili per i nostri tempi. Un Bolt, per richiamare il paragone impossibile di prima, non sarebbe seduto qui al mio po-sto se non a fronte di un notevole compenso.

Tu hai dimostrato che si possono superare atleti ritenuti fisicamente imbattibili, come quelli di colore. Pensi di esser stato baciato dal talento o sei dell’idea che tutti possano raggiungere risultati, se operano con sacrificio e costanza?Non è bello che me lo dica io, ma sì: credo di esser stato baciato da un talento particolare. La combinazione di fattori favorevoli mi ha poi permesso di arrivare dove sono arrivato. La fatica, il sacrificio e l’allenamento con-tinuo sono fondamentali, ma a mio avviso non bastano.

Dopo l’Olimpiade di Roma sei tornato a studiare chimica o ti sei dedicato allo sport? La mia carriera è stata molto altalenante. Ho terminato l’università dopo l’Olimpiade di Città del Messico, poi ho iniziato a lavorare in pubblicità, prima a Torino e poi a Treviso. Infine sono passato all’ufficio relazioni esterne in Fiat e dopo ho lavorato come responsabile di un uffi-cio stampa, sempre all’interno del mondo Fiat.

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Anche Sport 2.0 è un organo di stampa, ma fa parte di una stampa indipendente che sogna un mondo pieno di sport, tutti gli sport. Regalaci una frase, Livio.Credeteci! Chi insegue i propri sogni con determinazio-ne arriva sempre al risultato.

Livio Berruti

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BASERUNNING

C’è corsae corsa

di Marco Portinaro

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Da bambini si gioca a rubabandiera o toccata e fuga, da grandi si usa per tenersi in forma, rilassare le tensioni o svagarsi in mezzo alla natura o nel traffico metropolitano. Qualcuno ne fa una malattia, o una professione. In ogni caso, la corsa fa parte della vita di ciascuno di noi, nessuno escluso. Ma correre è una cosa, correre bene è un’altra cosa. Base Running è un’associazione torinese che promuove la corsa di qualità, fornendo assistenza tecnica, umana e professionale per fini atleti, amatori o veri dilettanti allo sbaraglio.

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MaratonaE’ una gara che si corre dal 1924 sulla distanza di 42,195 km. Il record mondiale maschile è detenuto da Haile Gebrsellasie in 2h03’59’’.Il record mondiale femminile è detenuto da Paula Radcliffe in 2h15’25’’.Le principali maratone al mondo sono New York, Boston,Chicago, Londra e Berlino.

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La corsa ha vissuto un trend di forte crescita negli ultimi anni: sempre più personaggi famosi presenzia-no alle maratone, medici ed esperti insistono sui suoi effetti benefici e salutari, i grandi brand investono in pubblicità e marketing, ma il problema di base è: “come si fa a correre”? Se voglio imparare a giocare a tennis o a basket prendo un maestro, ma a nessuno viene in mente di mettersi a studiare come si corre. Ognuno mostra forse uno stile personale, ma i fondamentali sul movimento, la respi-razione e la tecnica quando mai ci vengono insegnati?

Corsa ...ed ostacoliBase Running è un’associazione torinese che promuove la corsa di qualità, fornendo assistenza tecnica, umana e professionale grazie all’impegno di Rusty e Alessan-dro, due signori atleti. Rusty detiene infatti un titolo ita-liano assoluto e tre campionati amatori ed Alessandro è stato in nazionale su pista correndo nelle specialità degli 800 e 1500 ed oggi allena la nazionale di atletica leggera. Base Running insegna a correre meglio attra-verso delle vere tabelle di preparazione, studio dell’ali-mentazione, analisi della motricità e soprattutto spirito di aggregazione. Anche perchè la corsa presenta degli ostacoli fisiologici che si possono tradurre in vere bar-riere psicologiche: pigrizia, affaticamento, stanchezza, assenza di concentrazione. In questi casi pensare al beneficio che si ricaverà dall’attività sportiva può aiu-tare a superare i propri limiti. E correndo in gruppo gli ostacoli si abbattono maggiormente, perchè ciascuno ha obiettivi diversi e trasmette agli altri quell’elemento trainante che contribuisce alla performance dell’intero team.

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MaratonaQuando la corsa sfocia nell’agonismo, la voglia di con-cludere quegli infiniti 42 km diventa un’ambizione con-divisa da tutti. La Maratona è lo sport al mondo con più atleti in gara nello stesso momento: un momento di competizione, aggregazione e forte unione per la città ospitante. Base Running presenzia alle principa-li maratone italiane ed europee, perseguendo però i propri ideali e la propria filosofia: “non dimenticarsi che correre deve essere prima di tutto un divertimento”.I più forti al mondo sono gli africani e non perchè, come spesso si pensa, possiedano una particolare predispo-sizione fisica, ma fondamentalmente “perchè hanno fame”, mi dice Rusty. I talenti vengono scoperti da veri e propri osservatori e fatti crescere nei campus, dove ai più fortunati viene data la possibilità di cambiare la pro-pria vita. Gli italiani mantengono comunque un record di presenza, presentandosi ogni anno alla maratona di New York come la seconda nazione con più partecipan-ti...che la corsa stia diventando di moda nel Belpaese? Anche Base Running continua a crescere ogni anno come numero di iscritti, accogliendo dai più competitivi ai più pigri e guidando i propri atleti alla scoperta del benessere e della salute nei principali parchi torinesi. Per saperne di più, visitate www.baserunning.it

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Prima aveva una vita normale: otto ore d’ufficio, serata in birreria con gli amici e qualche ora spesa a correre. Oggi Pietro Mazzei, 35 anni, ha una vita speciale. Vive di sport e coltiva ogni giorno la sua passione per il tennis. In carrozzina.

TENNISCARROZZINA

Pietro Mazzei:disabilità da maestro

di Marco Portinaro

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Quindici anni fa Pietro ha avuto un incidente in moto che lo ha portato in Germania per un periodo di riabili-tazione di otto mesi. Ma i crucchi già allora la sapevano lunga sullo sport come attività collaterale ai programmi di riabilitazione fisica. Proprio in Germania Pietro ha in-fatti scoperto che aveva davanti a sé una serie infinita di possibilità, doveva solo scegliere. Questo il commento del dottore dopo l’incidente: “Pie-tro, hai fatto un bel casino!”. In effetti, tornato in Italia, Pietro fece un discreto casino. Decise di dare una svolta alla sua vita, che venne esclu-sivamente dedicata allo sport. All’inizio era il basket la sua passione, poi lo sci per un lungo tempo. Ha provato diverse specialità e assieme a Tiziana Nasi, una dome-nica pomeriggio sulla seggiovia del Sestriere, ha parto-rito l’idea di dar vita ad un’associazione piemontese che promuovesse lo sport per disabili. Non uno sport per sottrazione, ma per addizione: Sportdipiù.

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La carrozzina, un attrezzo sportivo

Carrozzina: oltre alle 2 ruote tradizionali, è dotata di altre 4/5 ruotine che ne facilitano la dinamicità e la velocità negli spostamenti. Un’ultima ruota si trova nella parte posteriore ed è chiamata antiribaltamento. Racchetta: è quella del tennis tradizionaleRegole: sono quelle del tennis ma vale il doppio rimbalzo della pallina a terra. La sedia a rotelle è considerata parte integrante del corpo, perciò è fallo e si perde il punto se:- la palla tocca qualunque cosa indossi, ad eccezione della racchetta da tennis;- il giocatore utilizza volontariamente una parte dei piedi o delle gambe come freni o come stabilizzatori; - il giocatore si alza mentre colpisce la palla.

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Il tennis Pietro si accorse che la disabilità non aveva confini né limiti sportivi e sotto la guida di Margherita Vigliano ini-ziò a giocare a tennis sulla sua carrozzina. Non era facile perché i movimenti erano completamente diversi da quelli delle attività che fino ad allora aveva praticato, ma è stato amore a prima vista. Fu lì che Pietro scelse il tennis come sport per la vita. Nel 2010 Mr. Mazzei è diventato il primo maestro FIT ad aver superato un regolare corso ed esame da istrut-tore come qualsiasi altro normodotato. Voi in piedi e lui seduto… questa la sua tecnica di insegnamento. Numero 25 della classifica Federale disabili, Pietro è anche responsabile per Sportdipiù dell’attività tennis: organizza tornei, promuove l’attività e i corsi, insomma ha davvero voltato pagina. Perché Pietro ama lo Sport, anzi Dipiù.

Sport Di Più -Sportivandooltre limiti

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Si gioca!In Italia il tennis in Carrozzina nasce nel 1987 grazie a Giovanni Cantaffa, calabrese emigrato in Svizzera. Conta circa 150 tesserati nel nostro paese. L’Italia ospita parecchi tornei di livello internazionale, oltre al Master di doppio. Esistono 2 categorie:Open, aperta a tutti coloro che posseggono una disabilità agli arti inferiori;Quad, riservata a tutti coloro che posseggono anche una disabilità agli arti superiori.Nel 2006 l’Italia ha ottenuto i migliori risultati a Brasilia dove, nella Categoria Quad, si è guadagnata il titolo di vicecampione del mondo grazie a Giuseppe Polidori, Antonio Raffaele e Gianluca Giovagnoli.

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Varco quella soglia in un giorno di primavera. Se non fosse per i dottori, gli infermieri e i malati, guardando il tavolo da ping-pong e la grande mensa con il bar, illuminati dalla luce del sole che attraversa le vetrate, non mi accorgerei di essere all’interno di una struttura ospedaliera. Mi viene incontro sorridente la dottoressa Maria Vittoria Actis, che dal 2003 dirige questa importante realtà sanitaria (la più grande d’Italia e fra le più grandi d’Europa). Nata una trentina di anni fa a Torino come Centro di Rieducazione Funzionale, si è sviluppata fino a portare all’apertura, il 19 luglio del 2007, dell’Unità Spinale Unipolare, presso il C.T.O. di Torino. Questa struttura è sede del trattamento riabilitativo delle persone con lesioni del midollo spinale e ha, attualmente, attivi 46 posti letto e 8 posti in day hospital.

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Sport terapiaSiamo interessati a scoprire, guidati dalla dottoressa Actis, il valore aggiunto della sport-terapia per i pazienti seguiti nel suo reparto. Attualmente, infatti, grazie alle strutture create appositamente all’interno di questa struttura e grazie alle convenzioni con alcune società sportive e al supporto del Comitato Italiano Paralimpico (CIP), è possibile praticare il tennis, il basket, il ping pong, il canottaggio, il tiro con l’arco e la scherma. Dopo averci condotti verso un grande salone, utilizzato sia per corsi di formazione sia per attività e feste organizzate in favore dei degenti, la dottoressa Actis risponde in una breve tregua dall’intenso lavoro. Ci parla dei benefici dell’attività sportiva, che sono duplici: quello medico – riabilitativo e quello psicologico.

Anima e corpoGrazie allo sport si è osservato il potenziamento, nei pazienti, delle funzioni respiratoria e cardio-circolatoria e un valido ausilio al crearsi – in coloro che ne abbiano necessità – di una migliore “simbiosi” e autonomia nella gestione della sedia a rotelle. I risultati più incredibili si hanno però dal punto di vista psicologico. Lo sport aiuta infatti sia a ridare fiducia in chi l’ha perduta a causa di un trauma, sia a favorire la socializzazione. Tanto che alcuni che già in fase di degenza hanno iniziato a praticare delle attività sportive, successivamente hanno proseguito perfino, con attività a livello agonistico.

I have a dreamChiediamo, a questo punto, alla dottoressa Actis, quali siano le sue più grandi soddisfazioni. “Vedere che le risorse messe in atto dai degenti che praticano sport sono di sprone per tutti coloro che lavorano all’interno dell’Unità Spinale” - questa la risposta. E ha un sogno nel cassetto, dottoressa? “Riuscire a potenziare le attività, in modo da permettere alle persone, una volta uscite dall’ospedale, di condurre una vita sociale e lavorativa dignitosa rispetto alle loro condizioni. Inoltre, sperando nel futuro sviluppo della medicina rigenerativa e nelle nano-tecnologie, l’auspicio è di poter intervenire anche per dare ai pazienti una minore disabilità”.Sport 2.0 tifa per voi e con voi.

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MILITARYTRAINING

La naja per giocodi Paolo Moisé

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Sergente Hartman: I tuoi genitori hanno anche figli normali?Soldato Palla di Lardo: Signorsì signore!Sergente Hartman: Allora si saranno pentiti di averti fatto. Tu sei talmente brutto che sembri un capolavoro d’arte moderna. Come ti chiami, sacco di lardo?Soldato palla di Lardo: Signore, Leonard Lawrence, Signore!

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E’ tra i dialoghi che hanno reso famoso Full Metal Ja-cket, film capolavoro di Stanley Kubrick. Siamo in un campo di addestramento per Marines destinati al Vie-tnam. Il terribile sergente Hartman si diverte a mas-sacrare le reclute con flessioni, addominali, insulti e punizioni. Tutto pur di trasformare diciassette giovani civili in perfette macchine di guerra.

Military training Siete sportivi incalliti? La lezione di step, walk e sala pesi vi sta stretta?Il Military Training è l’attività che fa per voi. Nessun ser-gente furioso a vessarvi, ma allenatori professionisti da anni nel mondo del fitness e dell’esercito vi guideran-no all’interno di questa nuova tecnica di allenamento “mozza-fiato”. Ciò che rende questa disciplina parti-colarmente stimolante è il perfetto mix di allenamento indoor e outdoor. Se il meteo è sfavorevole si sta tutti al chiuso a fare flessioni, esercizi a corpo libero, corda, ruote, prese e tutto quello che avete sempre visto nei film militari. Se invece il sole splende, il Parco Ruffini diventa una palestra naturale dove strisciare in mezzo al prato, risalire collinette e arrampicarsi tra gli alberi. Il tutto mimetizzandosi come veri soldati in trincea.

Alpha, Bravo, Charlie Non sono le prime tre lettere dell’alfabeto NATO per piloti, ma tre distinti livelli di difficoltà del Military Trai-ning. La tecnica di base, però, è accessibile a tutti e uomini e donne si integrano perfettamente in un am-biente dove la parola cameratismo diventa un elemento essenziale per affrontare l’allenamento. Le esercita-zioni si svolgono individualmente, a coppie e in gruppo mettendo in gioco emulazione, cameratismo, spirito di gruppo.Nella nostra città la Military Training Torino si distin-gue per la parte acquatica dei corsi (il Water Military Training), dove si insegnano vere e proprie tecniche di nuoto operativo. Allora, volete scrollarvi di dosso l’appellativo di mam-moletta che vi hanno appioppato in seconda elementa-re? Lasciatevi trasportare dalla professionalità di Paolo e Marco e immergetevi in un modo nuovo di concepire lo svago post ufficio.Info: www.militarytraining.it

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Alpha, Bravo, CharlieMilitary Training Alpha: attività per chi è inattivo da un tempo relativamente lungo ma vuole ripren-dere a muoversi con calma ed esercitazioni a carico naturale. Military Training Bravo: per chi pratica attività fisica con regolarità e desidera svolgere un’attività varia e impegnativa.Military Training Charlie: per chi è in buone condi-zioni di forma e desidera migliorare le sue prestazioni.

Attività indoorCS San Giuseppe – Via dei Mille 11bis/c , TorinoReale Società Ginnastica – Via Magenta 11, TorinoCus Torino - Via Panetti 30, TorinoBody New – Corso Moncalieri 23/d, TorinoSport Life – Via Salvemini 30/a, Rivoli Torinese

Attività outdoorParco Ruffini - TorinoVia Marconi - Alpignano

Military Training

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Cara Tiziana,in Italia lo sport per disabili non ha grande visibilità, quindi non fa muovere sponsor e non invoglia potenziali atleti ad avvicinarsi a molte discipline. Qual è la situazione negli altri paesi e che cosa servirebbe all’Italia per allinearsi con le politiche sportive internazionali?

Premetto che in questi ultimi 5 anni è stato fatto moltissimo dal punto di vista della visibilità ed in particolare della comunicazione, ma certo si può fare molto di più. Il periodo che non solo l’Italia sta attraversando non è dei più facili ed i mezzi economici sono limitati, ma questo non deve impedire a potenziali atleti di avvicinarsi. Da parte nostra è doveroso aiutarli con ogni mezzo per individuare la disciplina a loro più congeniale. Il Comitato Italiano Paralimpico, attraverso i Centri di Avviamento allo Sport, è preposto a promuovere lo sport presso quanti intendono avvicinarsi ad una disciplina, ma non hanno ancora identificato quale.La mia attività è in questo periodo più concentrata sulle discipline invernali della neve e proprio ai recenti Campionati Italiani di Sci Alpino, svoltisi ad Alleghe, ho saputo che la squadra tedesca si allena una media di 40 giorni a stagione oltre a tutte le gare, mentre gli atleti di punta arrivano a 120 giorni l’anno. Dati ben lontani dalla nostra realtà per motivi economici, ma anche per disponibilità degli atleti, che molte volte hanno un lavoro, studiano e non possono assentarsi troppi giorni. All’estero da questo punto di vista ci sono molte più agevolazioni.A mio avviso dobbiamo puntare maggiormente sulle Società Sportive, che devono seguire da vicino i propri atleti stimolando quanti hanno le doti tecnico/fisiche per entrare nei circuiti internazionali. Vediamo sempre negli altri paesi le soluzioni a tutti i nostri problemi, ma anche noi abbiamo delle forti potenzialità. A livello nazionale ogni atleta ha un costo di 20-25.000 euro, considerando allenamenti e gare. Sembrano cifre grandi, ma se si analizzano i costi ci si accorge che si tratta di importi assolutamente nella norma... Il punto è che l’Italia ha una cultura dello sport molto diversa da altri paesi europei. In questo senso dovremmo lavorare, convincere le persone che, indipendentemente dall’età, dal sesso e dalla condizione fisica, lo sport fa bene se lo si pratica. Guardarlo non basta.

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GIOCARE

PER MIGLIORARE

LA MOTRICITA’CON I FIGLI

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Abbiamo già parlato dell’importanza del gioco libero e delle attività che i genitori possono proporre ai figli. Ma i genitori possono anche aiutare i bambini a sviluppare la loro motricità? Sì, e nel modo più semplice del mondo:

di Paolo Moisé

SPORTBETA

giocandoci assieme a casa vostra. Prendiamo l’ambìto lettone di mamma e papà: lì potete stimolare rotolamenti, movenze dell’alligatore e capriole. A tutto vantaggio della motricità dei vostri bimbi.

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C’è calcio e e calciChi non ha mai giocato a calcio con i propri figli? Va be-nissimo, ma possiamo utilizzare palle di diverse forme e dimensioni, esortare i bambini a utilizzare entrambi gli arti e le diverse parti del piede per colpire il pallone (esterno, interno, collo, ecc.) e non solo, perché non chiedere di utilizzare anche gli arti superiori per lanci a una o due mani, dall’alto, dal basso e dal petto?E durante il bagnetto? Giochiamo con il bambino a fare le bolle espirando nell’acqua: vince chi le fa più grosse.Chiaramente le proposte valgono per entrambi i generi (affranchiamoci dallo stereotipo del bambino che gioca a calcio e della bambina che fa pallavolo: gli schemi motori di base, le capacità coordinative e le abilità da conseguire per uno sviluppo equilibrato e sano sono identiche).

Dr. Paolo Moisé

Insegnante di Scienze Motorie e Sportive, si occupa da anni di attività motoria e di allenamento in ambito accademico e sportivo.

Giochi tradizionali I genitori non devono diventare gli istruttori con fi-schietto e cronometro. Possono però essere di esem-pio, per cui se il bambino colpisce la palla con i piedi, il genitore può rilanciarla con le mani o essere proposi-tivo nel gioco (“vediamo se riesci a lanciare la palla in quel cestino, ecc”)…E poi perché non riscoprire e condividere con i bimbi i giochi di un tempo? Ricordate il gioco della campana (o della settimana), dove si alternavano i salti su uno o due piedi, spesso cambiando fronte? Questo gioco stimola in maniera formidabile il salto, un importantissi-mo schema motorio di base: perché non provare? L’im-portante è tenere a mente l’obiettivo, che non è quello di individuare dei potenziali campioni o di integrare le sedute di allenamento organizzato, ma quello di stare insieme ai propri figli, aiutandoli a sperimentare le varie forme di movimento.www.giochitradizionali.it

“L’obiettivo non è allenare dei futuri campioni, ma stare con i vostri figli, aiutandoli a

sperimentare le varieforme di movimento”

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ALESSANDRO CAROLEOGroup Manager