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SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.
SOFIA RAGLIO (4 LICEO MANIN) - Il 31 marzo, al Teatro Ponchielli, le luci si spengono lente, a
spettacolo iniziato su quella folla di pubblico colpevole, come tutte le folle d’Italia, della scomparsa della
leggenda Marco Pantani, morto di vergogna. Tre ore di dialogo schietto, intenso e mai pesante hanno
commosso il pubblico, non solo spettatore ma anche partecipe di un ricordo e un omaggio che è al
tempo stesso un grido che chiede giustizia per una vittima di questo stato e della sua corruzione. Una
scena surreale e varia, in cui si sovrappongono il dramma dei parenti, egregiamente interpretato da
Ermanna Montanari , Luigi Dadina e Michela Marangoni, le testimonianze dell’accaduto, raccontate da
un giornalismo ben diverso dallo sciacallaggio mediatico che ha colpito l’atleta, i video emozionanti dei
grandi successi sportivi di Pantani. Anche i personaggi delle varie vicende, dai politici, agli amici, ai
testimoni si affacciano a dire di persona ciò che è troppo vivido o assurdo per essere raccontato da terzi.
Ma a colpire più di tutto e a dare un filo conduttore allo spettacolo, come in una vera tragedia, è il coro
che, spettatore della caduta dell’eroe, proclama il declino italiano, il declino di un paese dove non c’è
giustizia, dove le chiacchiere la fanno da padrone e l’unica verità è quella sommaria di giornali, Stato e
televisione. La storia è quella di una vittima, sacrificata per tutti e diventata emblema di scorrettezza,
forse proprio perché troppo corretta, integra, pura. La storia è quella di uno sportivo infangato dalle
voci di tutti, che non ha mai voluto cedere se non quando, nel baratro della depressione, perso l’onore, è
annegato nel mondo freddo e bianco della cocaina, che alla madre fa tanta paura. Circostanze poco
chiare e mai accertate intorno a quello che è senza alcun dubbio un omicidio, l’omicidio compiuto da
una nazione che non ha saputo far fronte a un uomo semplice e determinato che, in mezzo a tanta
ingiustizia e scorrettezza , con le sue sole forze era in grado di rappresentarla. Questo è il racconto che fa
Marco Martinelli, con cura e abilità, riuscendo in uno dei miracoli del teatro: comunicare al pubblico un
messaggio forte e chiaro e farlo tornare a casa un po’ più indignato e consapevole di prima.
ALESSANDRO NOTARI (1 LICEO SCIENTIFICO) - Il 29 febbraio è andato in scena all’teatro
Ponchielli “Pantani” tragedia messa in scena dalle “Compagina Delle Albe” una delle più note in Italia.
L’evento chiudeva la stagione di prosa 2014\2015. Il regista Martinelli ha deciso di rendere omaggio a
Marco Pantani attraverso un resoconto della sua vita dall’infanzia in Romagna fino alla sua tragica
morte nel 2004 in un modesto hotel di Rimini. Come spesso succede tra i campioni anche nel caso del
pirata l’immagine creata dai media è riuscita a rendere inesistente la sua persona. Lo spettacolo inizia
proprio con le accuse che la madre Tonina( rivolge ai giornalisti, colpevoli a suo dire di aver contribuito
alla rovina del figlio attraverso le loro “chicchere”. In questa opera teatrale la rappresentazione della vita
di Pantani oscilla tra l’immagine del campione forte ed imbattile e quella del piccolo uomo fragile
narrandone il percorso che lo porterà all’autodistruzione. Nel corso dello spettacolo vengono proposti
numerosi dubbi sulla misteriosa morte dello ciclista non tanto per le circostanze ma più sui veri
responsabili che hanno portato Pantani in fondo ad un tunnel da cui da solo non è mai riuscito ad
uscire. Il coro di scena che canta alcuni degli avvenimenti della vita dell’eroe richiama alcuni elementi
che caratterizzano la tragedia. Sul palco c’è un susseguirsi di persone che con le loro parole aggiungono
un qualcosa in più allo storia del ciclista. Durante lo spettacolo la vita di Pantani vieni divisa in due
parti. Nella prima viene rappresentato un ragazzino che comincia a correre all’età di dodici anni e che
pochi anni dopo diventerà un idolo per molto persone e una leggenda del ciclismo. Nella seconda parte
invece vengono raccontati i cinque anni successivi allo scandalo di Madonna di Campiglio caratterizzati
dall’angoscia che lo porterà prima alla depressione e poi al suicidio. La compagnia delle Ande costruisce
intorno a questo racconto un’immagine sull’Italia degli ultimi trenta anni, velocissima a creare ma nello
stesso tempo anche a distruggere i propri miti.
PIETRO DIGIUNI (2 LICEO SCIENTIFICO) - Martedì 1 marzo è andato in scena lo spettacolo
“Pantani”. Appena venuto a conoscenza della durata dello spettacolo, quasi tre ore e trenta, mi sono
spaventato, ho pensato che sarebbe stato troppo lungo e che, nonostante le argomentazioni fitte ed
interessanti, avrebbe regnato la noia. Per la gioia degli spettatori non è stato affatto così: la compagnia,
infatti, ha saputo mettere in scena una tragedia facile da seguire anche per chi, come me, del ciclista in
questione sapeva ben poco. La compagnia ci illustra la ”passione” di Marco Pantani, dalla sua infanzia
alla sua morte, sotto forma di intervista-indagine da parte di un giornalista presente sulla scena. Tutta
la vita del ciclista è vista dall’ esterno, da punti di vista differenti in confronto a quelli mediatici, da
quello familiare, con la presenza della famiglia del pirata sul palcoscenico (nella quale spicca la figura
tragica della madre), da quello giornalistico e da quello delle amicizie di Pantani. Questi punti di vista ci
accompagneranno per tutta l’ opera facendo un excursus biografico del pirata. Lo spettacolo,
nonostante la durata, risulta veramente godibile: l’ alternarsi di dialoghi con la famiglia, con gli amici
del ciclista e degli sketch, illustra le congetture contro il pirata, denunciando il processo mediatico fatto
contro di lui che lo hanno portato alla depressione ed alla morte. Lo spettacolo è interessante e ben
fatto, il duplice scopo di biografia e denuncia portano lo spettatore a riflettere sui processi mediatici e
sui maneggiamenti presenti anche all’ interno di uno sport come nobile come il ciclismo. L’ unica pecca
dello spettacolo è il coretto lagnoso che spesso viene utilizzato nelle scene le quali, nonostante annoi
non indifferentemente, contribuisce al lato tragico della storia. Concludo dicendo che questo spettacolo,
sul palco dal 2012, può essere rivolto sia agli appassionati del ciclista che ai totali sconosciuti poiché la
biografia vien raccontata nei dettagli, ma nel mentre prevale il tema di denuncia ed inchiesta.