sindrome delle apnee ostruttive in sonno, ipotiroidismo e ... · risveglio vero e proprio del...

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1 UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA Facoltà di Medicina e Chirurgia Scuola di Specializzazione in Neurologia Direttore: Prof. Ubaldo Bonuccelli Tesi di Specializzazione Sindrome delle Apnee Ostruttive in Sonno, Ipotiroidismo e Funzioni Cognitive. Relatore: Dott.ssa Enrica Bonanni Candidato: Dott.ssa Elisa Di Coscio Anno Accademico 2011-2012

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Page 1: Sindrome delle Apnee Ostruttive in Sonno, Ipotiroidismo e ... · risveglio vero e proprio del soggetto, con conseguente ripristino del tono muscolare faringeo, intenso russamento

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PISA

Facoltà di Medicina e Chirurgia

Scuola di Specializzazione in Neurologia

Direttore: Prof. Ubaldo Bonuccelli

Tesi di Specializzazione

Sindrome delle Apnee Ostruttive in Sonno, Ipotiroidismo

e Funzioni Cognitive.

Relatore: Dott.ssa Enrica Bonanni

Candidato: Dott.ssa Elisa Di Coscio

Anno Accademico 2011-2012

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INDICE

Riassunto pag. 3

Introduzione pag. 7

Scopo pag. 32

Materiale e Metodo pag. 33

Risultati pag. 52

Discussione pag. 59

Appendice pag. 72

Bibliografia pag. 89

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RIASSUNTO

La sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS) è una condizione clinica

caratterizzata dal ricorrere, durante il sonno, di ciclici episodi di ostruzione completa o

parziale delle vie aeree superiori con persistenza dei movimenti toraco-addominali. Se la

sonnolenza diurna è tipica e può arrivare ad interferire drammaticamente con la vita

lavorativa e sociale dei pazienti, le complicanze della sindrome delle apnee ostruttive nel

sonno sono multisistemiche e comprendono sia disturbi cognitivi in senso lato, che

cardiovascolari e metabolici. Lo scopo dello studio è stato quello di valutare i fattori che

modulano le interazioni tra sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS), obesità ed

ipotiroidismo ed il possibile effetto sinergico sulle complicanze cognitive di tali condizioni.

Nel corso del progetto sono stati valutati, in quattro popolazioni (pazienti OSAS non obesi,

OSAS obesi, ipotiroidei e controlli), il pattern ipnico, la viglianza, lo stress ossidativo e le

alterazioni cognitive e la loro potenziale reversibilità a seguito di trattamento con CPAP.

In accordo con i dati presenti in letteratura, rispetto ai controlli sani, i pazienti OSAS

presentavano una riduzione del tempo totale di sonno, dell’efficienza di sonno, un aumento

della veglia infrasonno e della latenza della prima fase REM, con maggior rappresentazione

percentuale degli stadi N1 ed N2 ed una riduzione percentuale del sonno profondo (N3 o

SWS) e REM. Per quanto riguarda i parametri CAP (Cyclic Alternatin Pattern), indicativi della

stabilità/instabilità del sonno, è emerso un aumento del CAP rate e del CAP time in tutti i

pazienti OSAS rispetto ai controlli: aumento statisticamente significativo negli OSAS obesi,

per cui è stato possibile ipotizzare che l’obesità sia non solo un fattore di rischio per la

sindrome delle apnee ostruttive nel sonno, ma anche un fattore in grado di aggravare le

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conseguenze dell’OSAS sul sonno notturno. I tre gruppi OSAS non differivano

significativamente tra loro, mentre differivano, come prevedibile, per indice di apnea-ipopnea

dai controlli. Negli OSASipoTH è emersa una presenza significativa di apnee centrali ed i

pazienti obesi, pur a parità di indice di ipopnea, presentavano una compromissione più

marcata del tempo di sonno trascorso con saturazione di ossigeno minore del 90% per cui

appare appropriata, in questo tipo di pazienti, una valutazione pneumologia al fine di

escludere una sindrome ipoventilazione-obesità.

La sonnolenza diurna valutata mediante il test alle latenza multiple al sonno è

risultata maggiore in tutti i gruppi di pazienti rispetto ai controlli. Il ruolo delle apnee nel sonno

nella frammentazione del sonno e conseguentemente dell’eccessiva sonnolenza diurna è

evidenziato dalla correlazione positiva tra l’indice di apnea-ipopnea, i parametri CAP ed

MSLT. Negli OSAS obesi non si osservava correlazione tra indice di apnea-ipopnea, CAP

rate ed MSLT; si può quindi ipotizzare che nella genesi della sonnolenza diurna, oltre al ruolo

della alterazione del sonno notturno con una frammentazione a livello microstrutturale, vi sia

un possibile coinvolgimento di altri fattori quali la desaturazione ossiemoglobinica e le

modificazioni delle citochine. I soggetti OSAS, in particolare quelli ipotiroidei, presentavano

una minor latenza in tutte le prove del MSLT ed in questa direzione è anche la valutazione

soggettiva, valutata tramite la Epworth Sleepiness Scale, della sonnolenza. I pazienti

ipotiroidei presentavano inoltre una maggiore percezione di fatica rispetto agli altri gruppi.

In questo studio abbiamo inoltre valutato il bilancio ossidativo nei pazienti OSAS ed

osservato aumento degli indici di AOPP (prodotti di ossidazione avanzata delle proteine) e

diminuzione del GSH (glutatione totale) e FRAP (capacità ferro riducente plasmatica) rispetto

ai controlli; sembra che per i pazienti con sindrome delle apnee ostruttive in sonno vi sia

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compromissione delle difese antiossidanti e aumento del danno ossidativo proteico. La

correlazione tra AHI e FRAP suggerisce che pazienti con indice di apnea-ipopnea più

elevato presentino una minore capacità antiossidante plasmatica. I risultati ai test

neuropsicologici non hanno mostrato differenze significative tra i tre gruppi di pazienti OSAS,

ma confrontando tutti i pazienti con apnee ostruttive in sonno con i controlli è emerso un

peggiore profilo prestazionale alle prove attentive ed esecutive frontali ed in particolare allo

Stroop, al WCST-M ed al Trail Making Test.

Al follow up, effettuato dopo sei mesi di utilizzo di CPAP, si è osservato la

normalizzazione dei parametri poligrafici (indice di apnea-ipopnea e saturazione di

ossigeno) con miglioramento della struttura del sonno e della vigilanza, valutata con

metodiche obiettive e soggettive. Dal punto di vista cognitivo si è osservata una riduzione

degli errori perseverativi al WCST-M, un miglioramento dell’ efficienza nell’esecuzione

dell’TMT A e B ed una tendenza al miglioramento dell’effetto interferenza–tempo allo

Stroop.

In conclusione emerge che l’obesità e l’ipotiroidismo non siano semplicemente due

possibili fattori di rischio per la sindrome delle apnee ostruttive in sonno, ma anche

possibili fattori aggravanti di tale patologia. Ci appare indispensabile valutare la funzione

tiroidea in tutti i pazienti OSAS in quanto portatori, a parità di gravità di malattia, di una

maggior compromissione della vigilanza sia obiettiva che soggettiva, di una maggiore

incidenza del sintomo fatica con peggiore qualità di vita ed un maggior rischio di incidenti

stradali e lavorativi. Secondo i nostri dati la terapia con CPAP, attraverso la

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normalizzazione dei parametri macro e microstrutturale del sonno, permette di migliorare le

prestazioni cognitive dei pazienti OSAS e di aumentare le capacità antiossidanti

plasmatiche con conseguente riduzione del rischio di danno endoteliale e quindi di

complicanze cardio e cerebrovascolari.

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INTRODUZIONE

La sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS) è una condizione clinica

caratterizzata dal ricorrere, durante il sonno, di ciclici episodi di ostruzione completa o

parziale delle vie aeree superiori con persistenza dei movimenti toraco-addominali.

La prevalenza del disturbo nella popolazione generale adulta tra i 30 ed i 60 anni è compresa

tra il 2 e il 4% (ICSD2, 2005) ed interessa il 10% della popolazione con più di 65 anni (Ancoli-

Israel e coll., 1991); il rapporto M/F è di 2:1 (Olson e coll., 1995; Caples e coll., 2005) anche

se in menopausa l’incidenza nella donna si avvicina a quella dell’uomo (Young e coll., 1993,

2011). Se la sonnolenza diurna è tipica e può arrivare ad interferire drammaticamente con la

vita lavorativa e sociale dei pazienti, le complicanze della sindrome delle apnee ostruttive nel

sonno sono multisistemiche, e comprendono sia disturbi cognitivi in senso lato, che

cardiovascolari e metabolici.

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Patogenesi:

Le alte vie respiratorie sono una struttura complessa coinvolta nello svolgimento di varie

funzioni come la vocalizzazione, la respirazione e la deglutizione. Possono essere suddivise

schematicamente in tre regioni:

1. Il nasofaringe che si estende dai turbinati nasali al palato duro.

2. L’orofaringe delimitata anteriormente dal palato molle e della lingua, posteriormente

dai muscoli costrittori inferiore, medio e superiore del faringe, lateralmente da

numerosi muscoli (ipoglosso, stilo glosso, stilo ioideo, stilo faringeo, palatoglosso,

palato faringeo), da tessuto linfoide (tonsille palatine), ed adiposo.

L’orofaringe è suddivisa a sua volta nella regione:

retro palatale: che si estende dal palato duro al margine caudale del palato molle

retro linguale: compresa tra il margine caudale del palato molle all’epiglottide.

3. L’ultimo segmento è l’ipofaringe che si estende dalla base della lingua alla faringe.

La pervietà a livello orofaringeo, zona che non presenta strutture rigide come la laringe e la

trachea, è garantita unicamente dal tono dei muscoli faringei e linguali e da una attivazione

riflessa dei muscoli dilatatori delle vie aeree sincrona con l’inspirazione. Durante il sonno

questi meccanismi che si oppongono alla forza di suzione inspiratoria possono essere vinti

dalla pressione negativa intraluminale faringea, per cui si determina prima una subostruzione

con aumento delle resistenze delle prime vie aeree, che può produrre il rumore del

russamento, e successivamente una ostruzione completa (apnea ostruttiva). (Remmers e

coll, 1978). L’ostruzione, completa o incompleta, delle prime vie aeree durante il sonno è

favorita sia da fattori anatomici, dati dall’intrinseca collassabilità faringea, che funzionali

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legati alla ridotta attivazione dei muscoli dilatatori faringei. Fra i fattori anatomici vanno

considerati tutti quelli che riducono il calibro delle prime vie aeree aumentando la pressione

estrinseca o intrinseca: in particolare l’ipertrofia tonsillare e adenoidea, dell’ugola, della

mucosa orofaringea o della lingua, malposizioni o malformazioni delle strutture scheletriche

facciali soprattutto mandibolari con retro posizione del muscolo linguale, la deposizione di

tessuto adiposo oppure compressione da parte di tessuto patologico (ad es. tumori, gozzo

tiroideo). La pressione di chiusura delle vie aeree in fase inspiratoria dei pazienti OSAS

risulta più vicina allo zero rispetto ai controlli sani e questo comporta una maggiore tendenza

al collabimento delle vie aeree superiori. La collassabilità è stimata e definita dalla Pcrit

(pressione critica), ovvero quella pressione necessaria per ottenere la completa chiusura del

“tubo” respiratorio; nei soggetti sani è di circa -10/ -15 cmH20 mentre nei soggetti OSAS è

solitamente positiva, vicino a quella atmosferica, e indica una più facile collassabilità (Isono e

coll., 1997).

I principali fattori funzionali sono rappresentati dalla forza di gravità, che in posizione supina

favorisce il collabimento delle pareti del faringe ed in particolare la caduta della lingua

all’indietro e dall’ipotonia muscolare che si instaura durante il sonno, associata alla riduzione

dell’attivazione riflessa dei muscoli dilatatori dell’orofaringe ed alla riduzione del drive

respiratorio. L’apertura delle vie aeree è mantenuta principalmente dall’attività di circa trenta

muscoli, sebbene ogni muscolo corrisponda un’azione specifica, il tono generale delle vie

aeree è garantito dalla somma di forze esercitate da ogni gruppo di muscoli, fra cui il

principale è il muscolo genioglosso, innervato dal XII paio di nervi cranici.

Il nucleo dell’ipoglosso costituisce il centro di coordinamento degli stimoli afferenti ed

efferenti coinvolti nella modulazione della pervietà delle vie aeree: tale nucleo riceve

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afferenze di origine corticale, dai centri del respiro, dai chemorecettori periferici e centrali

(sensibili alla variazione di pressione parziale di ossigeno ed anidride carbonica) e da

meccanorecettori intrinseci alle prime vie aeree. Questi ultimi sono in grado di determinare

un aumento del tono della muscolatura dilatatrice faringea anche attraverso un circuito locale

(Malhotra e coll., 2002).

Come precedentemente accennato il fenomeno ostruttivo alla base delle apnee/ipopnee è

legato allo stato di sonno in cui si ha fisiologicamente l’interruzione del controllo corticale

nella gestione di questo complesso organo e la pervietà è garantita da un complesso

equilibrio tra controllo metabolico, struttura ed attività muscolare che acquista così

un’importanza imprescindibile. Il suo venir meno durante il sonno provoca il periodico

collabimento delle vie aeree superiori ed il susseguente incremento della resistenza al

flusso aereo, fino al suo totale impedimento. E’ plausibile che la ricorrente chiusura della

via aerea possa nel tempo alterare le strutture neuromuscolari o esaurirle, contribuendo

così a perpetuare la disfunzione ventilatoria notturna. L’apnea termina quando l’ipossia e

gli stimoli riflessi determinano arousal (elettroencefalografico ed autonomico) oppure

risveglio vero e proprio del soggetto, con conseguente ripristino del tono muscolare

faringeo, intenso russamento e ripresa della respirazione con una più efficace contrazione

dei muscoli dilatatori delle vie aeree superiori. Nei soggetti apnoici la soglia del risveglio

sembra aumentata e deve trascinarsi fino ad vero e proprio arousal in grado di richiamare

le funzioni corticali superiori. Il ripetersi di tali risvegli comporta frammentazione del sonno

e può ripercuotersi in modo più o meno significativo sulle performance neuro-cognitive

dell’individuo durante lo stato di veglia (eccessiva sonnolenza, calo dell’attenzione,

prolungamento dei tempi di reazione).

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Fattori di rischio

L’obesità è uno tra i più importanti fattori di rischio reversibili della sindrome delle

apnee ostruttive in sonno (Young e coll., 2002; Young e coll., 2005).

In uno studio di coorte effettuato su soggetti di età compresa tra i 30 ed i 60 anni, Young e

coll. (1993) hanno mostrato che all’incremento di una deviazione standard dell’ indice di

massa corporea (BMI) si osservava un rischio quadruplicato di presentare sindrome delle

apnee ostruttive. E’ stato stimato che, in pazienti con obesità grave (BMI>40), l’incidenza di

OSAS vari tra il 40 ed il 90% (Schwartz e coll., 2008) con gravità dell’indice di apnea

maggiore rispetto a quello osservato in soggetti normopeso (Rajala e coll., 1991; Schwartz e

coll., 1991).

Ulteriore fattore di rischio per la sindrome delle apnee ostruttive in sonno è il sesso

maschile; la prevalenza negli uomini è circa 3-4 volte maggiore di quella registrata in

donne in premenopausa. Tale associazione sembra possa dipendere dalla prevalente

disposizione del grasso corporeo a livello del collo, tronco e dei visceri addominali dando

luogo ad un’obesità di tipo viscerale o centrale (Legato e coll., 1997). Newman (2005) ha

studiato l’effetto del dimagrimento sull’OSAS nei soggetti partecipanti allo Sleep Hearth

Health Study, uno studio multicentrico epidemiologico mirato a valutare i correlati

cardiovascolari della sindrome delle apnee ostruttive in sonno in soggetti adulti,

dimostrando che l’aumento del peso corporeo è associato ad un aumento dell’indice di

gravità di OSAS e che quest’aumento è prevalente nei soggetti di sesso maschile rispetto

a quello femminile. E’ possibile concludere quindi che l’obesità ed in particolare l’obesità

centrale siano importanti fattori di rischio non solo per la presenza di apnee, ma anche per

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la progressione della sindrome.

La predisposizione nei soggetti obesi allo sviluppo di disturbo respiratorio in sonno è stata

ampiamente studiata e si pensa possa essere attribuibile in primo luogo a variazioni

anatomiche delle prime vie aeree; sono stati infatti osservati, con studi di neuroimaging, un

aumentato deposito di tessuto adiposo nel collo e nei tessuti adiacenti alle vie aeree

superiori ed un aumentato volume della massa muscolare circostante con conseguente

riduzione dell’area faringea (Horner e coll., 1989; Mortimore e coll., 1998), una maggiore

collassabilità delle vie aeree superiori rispetto ai controlli sani normopeso conseguenza

dell’aumento della Pcrit (Kirkness e coll., 2008) e della riduzione dei volumi polmonari con

conseguente perdita di trazione longitudinale delle vie aeree superiori.

L’obesità sembra infine possa modulare, con meccanismi ancora non definiti e

probabilmente legati alla liberazione di adipochine (es. TNFalfa, leptina, adiponectina), il

controllo neuromuscolare delle prime vie aeree (Fried e coll., 1998; O’Donnel e coll.,1999;

Staiger e coll., 2003).

E’ stato recentemente osservato che anche l’assetto ormonale possa incidere sulla possibile

insorgenza di OSAS. E’ noto infatti che donne in menopausa presentino una prevalenza di

OSAS maggiore rispetto a quelle in pre-manopausa (Resta e coll., 2003), tuttavia è ancora

aperto il dibattito sul possibile ruolo protettivo degli ormoni femminili sull’apnea in sonno.

Fogel, nel 2004, ha condotto uno studio in cui il grado di apnea, in donne con ovaio

policistico, correlava positivamente con la concentrazione di androgeni sierici suggerendo un

loro possibile ruolo nell’insorgenza di OSAS.

Tra gli altri fattori di rischio per la sindrome delle apnee ostruttive in sonno troviamo

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l’ipertrofia adenotonsillare (soprattutto nei bambini e nei giovani adulti), le anomalie cranio-

facciali come ad esempio la retro e micrognazia (Pae e coll., 1999; Riha e coll., 2005) ed

alcune abitudini voluttuarie come l’assunzione di alcol ed il fumo (Scrima e coll., 1982; Kim

e coll., 2012). Per concludere anche alcune endocrinopatie possono favorire l’insorgenza

dell’OSAS, tra cui acromegalia, ipotiroidismo e malattia di Cushing.

L’associazione tra mixedema e sindrome delle apnee ostruttive in sonno è da tempo

conosciuta e descritta per la prima volta da Massumi e Winnacker nel 1964. Studi

epidemiologici successivi hanno mostrato che la prevalenza di ipotiroidismo in pazienti

OSAS è piuttosto bassa (1-3%), mentre la sindrome delle apnee ostruttive in sonno può

presentarsi nel 50-100% di pazienti ipotiroidei (Rosenow e coll., 1998; Khawaja e coll.,

2000). In uno studio del 1998 Kapur ha stimato il rischio di OSAS, in soggetti con

pregresso ipotiroidismo, stratificati per età e sesso, risultato lievemente maggiore rispetto

ai pazienti senza alcuna storia di ipotiroidismo. In un altro studio condotto da Pelttari

(1994) il 7,7% dei pazienti con ipotiroidismo e l’1,5% dei controlli presentava un’ostruzione

severa delle vie aeree superiori con episodi ricorrenti di apnee in sonno. Tuttavia un’analisi

multivariata ha successivamente mostrato che l’ipotiroidismo non prediva la prevalenza di

OSAS contrariamente all’obesità e sesso (Pelttari e coll., 1994). Altre osservazioni hanno

correlato i livelli di tiroxina con la durata di apnea e con la desaturazione ossiemoglobinica

(Bay, 1992).

I dati in letteratura non sono quindi definiti e sarebbero utili ulteriori indagini. Tra i

meccanismi patogenetici implicati nell’associazione tra ipotiroidismo ed OSAS sono stati

proposti la presenza di mixedema dei tessuti molli a livello del collo e della lingua con

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conseguente ispessimento delle pareti faringee e laringee e riduzione del calibro delle

prime vie respiratorie, alterazioni muscolari correlate all’endocrinopatia con

compromissione della contrazione e rilasciamento muscolare. E’ stata inoltre osservata nel

paziente ipotiroideo una alterata risposta del driver respiratorio all’ipossia con riscontro

polisonnografico di apnee centrali (Millman e coll., 1983). Tali alterazioni sarebbero

peraltro almeno parzialmente reversibili con adeguata terapia sostitutiva.

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Sintomi e Segni

La sintomatologia insorge solitamente in modo insidioso ed in fase conclamata si può

osservare un’ampia varietà di manifestazioni cliniche. Possono insorgere sintomi notturni —

quali russamento, apnee riferite, risvegli con sensazione di soffocamento, insonnia, sonno

non ristoratore — o sintomi diurni, quali sonnolenza, stanchezza e difficoltà di

concentrazione (ICSD II, 2005).

I fondamentali sintomi e segni sono elencati in Tabella 1.

La sonnolenza diurna che inizialmente compare in situazioni di inattività, nei casi più

gravi può essere di entità tale da interferire drammaticamente con la vita lavorativa e sociale

dei pazienti, oltre che causare incidenti stradali, domestici o sul lavoro (Garbarino e coll.,

2001). La sindrome delle apnee ostruttive nel sonno provoca sonnolenza attraverso una

profonda alterazione del sonno notturno con una frammentazione a livello microstrutturale. E’

interessante notare come altre patologie primitive del sonno (insonnia primaria, sindrome

delle gambe senza riposo) che determinano frammentazione del sonno notturno non

inducono generalmente sonnolenza nella stessa misura, sottolineando il possibile ruolo di

altri fattori (desaturazione ossiemoglobinica, modificazioni delle citochine) nella genesi del

disturbo (Thomas e coll., 2006).

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Diagnosi

La diagnosi di sindrome delle apnee ostruttive nel sonno non può prescindere dalla

valutazione strumentale notturna. Le Linee Guida di Procedura Diagnostica nella Sindrome

delle Apnee Ostruttive nel Sonno dell’Adulto (Ferini-Strambi e coll., 2000) indicano un

percorso diagnostico che, partendo dalla valutazione del quadro clinico del paziente delinea

un procedimento strumentale a seconda della gravità clinica del quadro stesso. In particolare

maggiore è la probabilità che il soggetto presenti una sindrome delle apnee nel sonno

(quadro clinico grave, ricco di sintomi e segni), più semplice può essere il sistema

strumentale da utilizzare.

Le metodiche a disposizione per lo studio polisonnografico sono state classificate

dalle linee guida in quattro livelli che vanno dal più semplice al più complesso:

o Monitoraggio notturno cardiorespiratorio ridotto.

o Monitoraggio notturno cardiorespiratorio completo.

o Polisonnografia notturna portatile (non sorvegliata).

o Polisonnografia in laboratorio.

La polisonnografia in laboratorio è la metodica più complessa e costosa; permette la

registrazione dei parametri necessari per la lettura del sonno secondo i criteri standard

(EEG; EOG; EMG sottomentoniero) per la stadiazione del sonno e la valutazione degli

eventi microstrutturali, + rumore respiratorio, flusso aereo oro-nasale, movimenti toraco-

addominali, frequenza cardiaca, ossimetria, posizione corporea + (facoltativi) pressione

endoesofagea e movimento degli arti. Questo esame è eseguito nel laboratorio del Centro

di Medicina del Sonno sotto diretto controllo del tecnico per tutto il tempo di registrazione. Il

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paziente dorme in una stanza da solo, mentre il sistema di registrazione è collocato in una

stanza attigua (per poter sorvegliare ed intervenire sul tracciato senza disturbare il

paziente).

Le apnee si distinguono in ostruttive, centrali e miste, in base alla riduzione del

flusso nasale ed alla persistenza o meno dei movimenti toraco-addominali. L’indice di

disturbo respiratorio in sonno (AHI Apnea-Hypopnea index), insieme all’anamnesi del

paziente, permette di porre diagnosi di sindrome delle apnee ostruttive in sonno e

valutarne la gravità (Tabella 2).

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Macro e microstruttura del sonno in pazienti OSAS

Il sonno nei pazienti con sindrome delle apnee ostruttive nel sonno appare leggero,

instabile, frammentato ed avvertito dal paziente come non ristoratore.

Le caratteristiche macrostrutturali evidenziano un’aumentata latenza al sonno REM ed

una maggiore rappresentazione degli stadi N1 ed N2, anche il numero di arousal (Arousal

Index) è tipicamente aumentato nei pazienti OSAS (Parrino e coll., 2000). Una serie di

regole sono state proposte dall’American Sleep Disorder Association (ASDA) nel 1992 e

successivamente confermate nel Nuovo Manuale per lo Scoring del Sonno nel 2007 per

definire i microrisvegli o arousal. In base a questi criteri, gli arousal vengono definiti come

una brusca variazione nel pattern EEG, che può includere frequenza teta (4-7 Hz), alfa (8-

13 Hz) e/o frequenze più alte, ma non fusi del sonno. Gli arousal devono essere preceduti

da almeno dieci secondi di sonno continuo.

Tuttavia né l’analisi macrostrutturale né l’identificazione degli arousal nei pazienti OSAS

permettono di individuare tutti quei fenomeni di attivazione transitoria definiti come Cyclic

Alternating Pattern in grado di esprimere più finemente l’instabilità del pattern ipnico.

Il fenomeno dell’arousal rende conto infatti solo di una parte dei fenomeni EEG transienti e

non comprende eventi caratterizzati da sincronizzazione EEG come delta burst e

sequenze di complessi K. Inoltre nella maggior parte dei casi l’arousal è preceduto da

onde delta o comunque da sincronizzazione EEG e questa informazione è perduta

nell’analisi dei soli arousal. Il Cyclic Alternating Pattern o CAP è stato descritto per la prima

volta da Terzano nel 1985. Il CAP è normalmente presente in condizioni fisiologiche in tutti

gli stadi del sonno NREM e si identifica come una sequenza di cicli che si ripetono

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periodicamente e che sono composti da una fase di attivazione che si staglia sul ritmo di

fondo e che può comprendere anche attività in sincronizzazione (fase A) e da una fase in

cui ricompare l'attività di fondo (fase B).

Terzano e coll. hanno definito nel 2001 le regole per quantificare questi eventi fasici

nell’ambito del sonno nonREM che può essere pertanto distinto in tracciato CAP (Cyclic

Alternating Pattern) e non-CAP. I parametri che descrivono la quantità di fase CAP presente

in sonno nonREM sono il CAP-time ed il CAP-rate: il primo è definito come tempo in minuti

trascorso in CAP all’interno del sonno NREM e il secondo è definito dal valore percentuale

del rapporto CAP-time/durata totale NREM. Ogni fase A e ogni fase B ha una durata

compresa tra 2 e 60 secondi: questo ambito temporale si basa sulla constatazione che la

grande maggioranza delle fasi A (più del 90%) che compaiono durante il sonno sono

separate da un intervallo inferiore ai 60 secondi. La successione di due o più cicli CAP

configura la sequenza CAP, tenendo presente che ogni sequenza CAP comincia sempre con

una fase A. L’assenza di CAP per più di 60 secondi configura un tracciato di sonno non-

CAP; la fase A che chiude la sequenza CAP è conteggiata come non-CAP e fa da ponte tra

CAP e non-CAP (Terzano e coll., 2001).

All'interno del sonno nonREM il CAP è un fenomeno continuo che varia spontaneamente in

relazione al livello di sincronizzazione EEG, e può pertanto assumere caratteristiche diverse

nei singoli stadi. In particolare, le fasi A sono composte da: ritmi alfa intermittenti e sequenze

di punte al vertice in stadio N1; sequenze di complessi K seguiti o meno da componenti alfa

o beta in stadio N2; delta burst in N3; arousal ASDA in tutti gli stadi non-REM.

Più in generale, in base alla dominanza di sincronizzazione o desincronizzazione EEG, ogni

fase A può essere classificata in tre diversi sottotipi. Il sottotipo A1 è caratterizzato da una

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prevalenza dell'attività EEG sincronizzante che supera l’80% della durata. Esempi di fasi A1

includono: ritmo alfa intermittente in N1, rapida successione di punte al vertice

(prevalentemente nella transizione tra stadio N1 ed N2), sequenze di complessi K o delta-

burst nelle altre fasi non-REM. Il sottotipo A2 è caratterizzato dalla presenza di ritmi rapidi

nel 20-50% della fase: ne sono esempi una successione di complessi K o un isolato

complesso K seguito da ritmo alfa ed arousal con onde lente. Le fasi A3 sono caratterizzate

dalla presenza di attività desincronizzante per più del 50% della durata, ad esempio isolati

complessi K seguiti da ritmo alfa, arousal ASDA e burst polifasici con più del 50% di

desincronizzazione EEG.

In condizioni normali il CAP svolge numerose funzioni, proteggendo la continuità del sonno

quando questo viene minacciato da un evento contingente di perturbazione ma anche

accompagnando strategicamente i passaggi tra gli stadi nonREM. Tutte i tipi di fasi A (e più

in generale tutti i fenomeni transienti nel sonno) sono accompagnati da attivazioni

neurovegetative di tipo autonomico caratterizzate da incremento della frequenza cardiaca,

della pressione arteriosa e di altri segni di attivazione autonomica nonché in genere da

incremento del tono muscolare (Halasz e coll., 2004). L’analisi della bilancia simpatico

vagale ha effettivamente chiarito che nel corso del sonno NREM l’attivazione simpatica è

significativamente più elevata in CAP, ed in particolare durante la fase A, mentre è ridotta in

nonCAP ed ancora più attenuata in coincidenza con la fase B (Ferini-Strambi e coll., 2000;

Ferri e coll., 2000). Parrino e coll., nel 2000, hanno mostrato un aumentato CAP rate e CAP

time ed una prevalenza in pazienti OSAS dei sottotipi rapidi (A2 ed A3) delle fasi A. Lo studio

polisonnografico della prima notte di sonno effettuato con CPAP non soltanto ha

documentato una normalizzazione dei parametri macrostrutturali, ma persino un rebound di

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sonno ad onde lente e REM come avviene nel recupero dopo deprivazione di sonno. Anche

l’analisi del CAP ha individuato, nei pazienti in terapia ventilatoria un CAP rate diminuito

rispetto ai controlli.

E' interessante dunque sottolineare come il CAP fornisca una misura obiettivabile e ripetibile

della stabilità del sonno notturno e che insieme ad altri parametri (durata del sonno come

misurata dal tempo totale di sonno, intensità del sonno valutabile mediante la percentuale di

sonno ad onde lente e continuità, definita dal numero e durata dei risvegli notturni), possa

essere utilizzato per cercare di definire la qualità ristorativa del sonno (Parrino e coll., 2004).

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Trattamento

Scopo del trattamento è la riduzione dei sintomi sia notturni che diurni ed il

miglioramento della qualità di vita, nonché la prevenzione delle complicanze mediche.

Fondamentale in tutti i pazienti è intervenire sullo stile di vita con soppressione dell’utilizzo

di alcolici e di altre sostanze ad azione depressiva respiratoria quali narcotici,

benzodiazepine e barbiturici, con la correzione della posizione del sonno (preferibile

l’assunzione della posizione laterale) ed il miglioramento dell’ostruzione nasale funzionale

mediante cortisonici locali, anti–istaminici orali, decongestionanti anti–colinergici.

La perdita di peso si associa ad un miglioramento dei sintomi diurni di OSAS e ad una

riduzione degli episodi apnoici durante il sonno. In due studi caso- controllo è stato

osservato che, in pazienti maschi con obesità moderata, la perdita del 10-15% del peso

corporeo comportava alla riduzione del 50% del grado di apnea (Schwartz e coll., 1991;

Smith e coll., 1985). In una metanalisi del 2004 di Buchwald condotto su 22094 pazienti

bariatrici è stata documentata una riduzione, dopo la chirurgia, dell’ AHI di circa 33,9

episodi/ora con risoluzione nel 85,7% dei pazienti. Il miglioramento con il dimagrimento

può essere riferibile alla diminuzione della Pcrit (Busetto e coll., 2005; Schwarts e coll.,

1991) conseguente al miglioramento del controllo neuromuscolare e alla diminuzione del

tessuto adiposo e massa muscolare perifaringea. Un possibile ruolo sembra essere svolto

da variazioni di fattori umorali, quali leptina ed adiponectina, in grado di modulare la

distribuzione del peso corporeo e la deposizione di tessuto adiposo.

Nei pazienti con sindrome delle apnee ostruttive in sonno di grado moderato o severo è

necessario associare una terapia di tipo strumentale ed il trattamento con CPAP è

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considerato il gold standard per la cura dell’OSAS. La funzione della CPAP (Continuous

Positive Airway Pressure ovvero ventilazione meccanica a pressione positiva delle vie aeree)

è quella di aumentare la pressione endoluminale nelle vie aeree superiori al fine di impedirne

il collabimento. In commercio è attualmente disponibile ampia scelta di dispositivi (autoPAP,

cPAP, ventilazione servoassistita, BIPAP, BIPAP auto) prescrivibili dal medico specialista

secondo le indicazioni suggerite dalle linee guida AIPO (2000). L’utilizzo della CPAP migliora

i sintomi notturni e diurni, la sonnolenza diurna, normalizza il rischio di incidenti stradali e

lavorativi e di sviluppare comorbidità vascolari, in particolare l’ ipertensione (Chobanian e

coll., 2003). Studi dimostrano che tra il 4,5 ed il 31% dei pazienti rifiuta la terapia ventilatoria

prescritta, mentre nei pazienti che accettano il trattamento, l’aderenza ad un anno varia tra il

17% ed il 70% (Ghosh e coll., 2012; Santin e coll., 2007; Weaver e coll., 2008;).

Un ulteriore approccio strumentale, nelle apnee lievi e nel russamento, è offerto dai

dispositivi dentali, in genere meglio accettati dalla terapia con CPAP (Cohen-Levy e coll.,

2009), che modificano la posizione della mandibola, avanzandola, al fine di aumentare il

diametro delle vie aeree facilitandone il mantenimento della pervietà. Pur essendo

documentata l’efficacia di tali dispositivi è altresì dimostrato che, contrariamente alla CPAP,

non in tutti sono curativi (Mehta e coll., 2001). In casi selezionati infine, può essere scelta la

terapia chirurgica di tipo otorinolaringoiatrico e maxillofacciale, con diverse opzioni a

seconda del quadro anatomico (Foltan e coll., 2000; Sundaram e coll., 2005). Al momento il

ruolo della chirurgia delle prime vie aeree trova chiara indicazione in due situazioni: 1)

rendere più efficace il trattamento con CPAP in pazienti con ostruzione nasale; 2) come

alternativa alla CPAP qualora il paziente la rifiuti o non si adatti ad essa (Aurora e coll.,

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2010). In tal caso l’obiettivo è quanto meno il miglioramento del quadro clinico-funzionale.

Più convincenti appaiono i dati relativi alla risoluzione clinico - funzionale dell’OSAS nei

bambini con ipertrofia tonsillare sottoposti a tonsillectomia (Gozal, 1998).

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Complicanze dell’OSAS

La sonnolenza è il sintomo diurno più comune nell’OSAS ed è considerato un criterio

fondamentale per la diagnosi (ICSD-2, 2005), ma l’associazione tra OSAS e sonnolenza è

complessa: la severità del disturbo respiratorio e del sintomo diurno non correlano in

maniera stretta, ma la risposta del sintomo sonnolenza al trattamento dell’OSAS è

comunque presente e completa nella maggior parte dei pazienti, con un effetto maggiore nei

pazienti più gravi e con maggiore sonnolenza (Engleman e coll., 2003).

Negli ultimi anni l’interesse si è rivolto verso le conseguenze a lungo termine dell’OSAS.

Se la sonnolenza diurna è tipica e può arrivare ad interferire drammaticamente con la vita

lavorativa e sociale dei pazienti, le complicanze della sindrome delle apnee ostruttive nel

sonno sono infatti multisistemiche, sia cognitive in senso lato, sia cardiovascolari e

metaboliche.

E’ stato evidenziato come le complesse modificazioni acute legate all’apnea (vale a dire

arousal, brusche variazioni della saturazione dell’ossigeno, marcate oscillazioni della

frequenza cardiaca con episodi di bradicardia legati all’apnea e di tachicardia al termine,

attivazioni del sistema nervoso simpatico al termine dell’apnea, modificazioni delle

pressioni intratoraciche, rialzo delle resistenze vascolari) possano determinare

conseguenze croniche come incremento dello stress ossidativo, disregolazione metabolica

e autonomica, ma soprattutto disfunzione endoteliale con incremento degli indici di flogosi

ed ipercoagulabilità, che potrebbero costituire la tappa intermedia per la determinazione di

patologie cardine cerebrovascolari vere e proprie (Caples e coll., 2007). Il meccanismo di

ipossia-reossigenazione (assimilabile al danno da ischemia-riperfusione) e la

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frammentazione del sonno sembrano infatti in grado di innescare una cascata di eventi

cellulari di natura ossido-riduttiva, fino alla concretizzazione di un vero e proprio stato di

“stress ossidativo” (Hoffmann e coll., 2004; Hoffmann e coll., 2007; Lavie, 2009) che

induce danno endoteliale e formazione della placca ateromasica (Hoffmann e coll., 2004).

Numerosi studi dimostrano che pazienti OSAS, obesi e non, presentano un'aumentata

incidenza e prevalenza di ipertensione, cardiopatia ischemica ed eventi cerebrovascolari

(Lavie e coll., 2000; Nieto e coll., 2000; Parish & Somers, 2004; Parati e coll., 2007;). Vi è

Infatti una crescente evidenza che l’OSAS sia un fattore di rischio indipendente per diabete

mellito tipo 2, ipertensione arteriosa, cardiopatia ischemica ed aritmica e encefalopatia

vascolare. L’ OSAS non trattata è associata ad ipertensione arteriosa cronica nel 40% dei

casi ed il 30% degli ipertesi idiopatici risultano affetti da OSAS (Peppard e coll., 2000). E’

stata inoltre segnalata la comparsa di ipertrofia e dilatazione del ventricolo destro,

secondaria alla vasocostrizione delle arteriole polmonari (aumento del post-carico) e al

maggior ritorno venoso al ventricolo destro durante l’apnea (aumento del pre-carico).

Inoltre, in apnea la pressione intratoracica divenendo più negativa, il ritorno venoso al

ventricolo destro aumenta e il setto interventricolare protrude nella cavità ventricolare

sinistra, riducendone il riempimento. Il 20% dei pazienti con OSAS presenta episodi

notturni di angor e/o sottoslivellamento silente del tratto ST in seguito alla discrepanza tra

l’ipossiemia, causata dall’apnea, e il maggior consumo miocardico di ossigeno, a causa

delle elevate resistenze periferiche arteriolari e alle tachiaritmie (Figura 2).

D’altro canto, anche le interazioni tra OSAS e sindrome metabolica sono estremamente

complesse (Wolk e Somers., 2007). Non è possibile stabilire un rapporto causale tra le

diverse alterazioni, ma è evidente che l’OSAS può aggravare la sindrome metabolica e che il

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suo trattamento possa migliorarla. I pazienti OSAS hanno un rischio di sviluppare insulino

resistenza ed intolleranza glucidica maggiore rispetto ai controlli (Bulcun e coll., 2012).

L’ipotesi più recente vede implicata la leptina, ormone secreto dal tessuto adiposo che regola

il senso di sazietà. I soggetti affetti da OSAS presentano livelli di leptina più alti rispetto ai

soggetti obesi in cui esiste una vera e propria resistenza a tale ormone. La leptina potrebbe

favorire sia le alterazioni metaboliche, in particolare l’insulino resistenza, sia dall’altra favorire

lo sviluppo di disturbo respiratorio in sonno.

Infine è importante ricordare inoltre che le modificazioni delle pressioni intratoraciche

durante l'episodio apnoico aumentano il rischio di ictus ischemico durante il sonno nei

pazienti con pervietà del forame ovale perché si può verificare un’embolia paradossa con

shunt destro-sinistro. Pertanto le complicanze dell’OSAS sono multisistemiche e nel

complesso, l’OSAS non trattata si associa ad aumentata mortalità soprattutto i pazienti al

di sotto dei 50 anni (Lavie e Lavie, 2008).

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Sindrome delle apnee ostruttive in sonno e funzioni cognitive.

L’eccessiva sonnolenza, i disturbi del tono dell’umore (depressione, apatia, ansia,

irritabilità) ed i deficit cognitivi comportano nei soggetti affetti da sindrome delle apnee

ostruttive in sonno una riduzione della qualità di vita (Finn e coll., 1998), scarse prestazioni in

ambito lavorativo, ed un aumentato rischio di incidenti stradali (Garbarino e coll., 2007) Negli

ultimi anni numerosi studi si sono rivolti ad identificare i domini cognitivi più frequentemente

compromessi nei pazienti con sindrome delle apnee ostruttive nel sonno e la loro eventuale

reversibilità dopo trattamento, giungendo spesso a risultati contrastanti.

Dai dati in letteratura risultano generalmente compromesse la vigilanza, le funzioni attentive,

alcuni sub domini della memoria e le funzioni esecutive, mentre sono per lo più conservate le

abilità linguistiche, la memoria visuo-spaziale a lungo termine e la funzione psicomotoria. Vi

sono invece dati contrastanti per la funzione globale cognitiva, la memoria di lavoro, la

memoria a lungo termine immediata (Bucks e coll., 2013) (Tabella 3). Altri studi tuttavia, non

trovano alcuna riduzione delle performance cognitive nei pazienti affetti da OSAS (Knight e

coll., 1987; Boland e coll., 2002; Foley e coll., 2003; Quann e coll., 2006).

L’eterogeneità dei risultati può essere attribuita a diverse variabili di studio tra cui:

- l’approccio metodologico ed il disegno di studio: ad esempio alcune ricerche effettuano un

confronto con dati normativi della popolazione generale altre invece con gruppi di controllo

(Beebe e coll., 2003).

- - l’ampia variabilità dell’età dei partecipanti

- il diverso grado di severità dell’OSAS nelle popolazioni studiate

- la definizione stessa dei domini cognitivi e la scelta dei test da utilizzare (ad esempio la

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definizione di “funzioni esecutive” è piuttosto complessa in quanto queste comprendono un

vasto numero di funzioni cognitive tra cui memoria di lavoro, flessibilità cognitiva, fluenza

verbale, capacità di programmazione che talvolta, in alcuni studi, vengono prese in

considerazione singolarmente)

- la durata di malattia

- la presenza di eventuali comorbidità (esempio ipotiroidismo, diabete mellito, obesità).

Le cause più comunemente ipotizzate quali responsabili del declino cognitivo in

questi pazienti sono l’ipossiemia (Findley e coll., 1986; Beebe e coll., 2003; Naismith e coll.,

2004; Chiang e coll., 2006; Naegele e coll., 1998), i frequenti aumenti della pressione

intracranica correlati agli eventi apnoici (Hayakawa e coll., 1996) e la frammentazione del

sonno (Aloia e coll., 2004). Daurat e coll. (2008), hanno proposto come miglior predittore dei

deficit mnesici il numero di arousal suggerendo una connessione tra deficit della memoria

episodica e quelle aree corticali particolarmente sensibili alla frammentazione di sonno,

come l’ippocampo.

Alcuni autori (Engleman e coll., 2000; Boland e coll., 2002; Beebe e coll., 2003, Wallace e

Bucks., 2013) non hanno riscontrato alcuna correlazione tra disfunzione cognitiva e severità

dell’OSAS; contrariamente in una review condotta da Aloia nel 2004 è stata osservata una

correlazione positiva tra gravità dell’OSAS e compromissione della vigilanza, delle funzioni

attentive e della funzione globale cognitiva.

Rimane indiscusso il ruolo della ventilazione continua in sonno nel miglioramento

dell’eccessiva sonnolenza diurna, sia soggettiva che oggettiva, e della qualità del sonno

(Patel e coll., 2003; Giles e coll., 2006), mentre la reversibilità dei deficit cognitivi in pazienti

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OSAS sottoposti a trattamento con CPAP è tuttora oggetto di dibattito scientifico.

Alcuni studi hanno riportato una sostanziale stabilità dei deficit cognitivi al follow-up dopo

prescrizione di CPAP (Engleman e coll., 1998; Monasterio e coll., 2001; Barbe´ e coll., 2001;

Hsu e coll., 2006; Vennelle e coll., 2010). In uno studio di risonanza magnetica funzionale del

2009 Castronovo e coll., hanno rilevato in pazienti OSAS sottoposti “2-back working-memory

task”, una diminuzione dell’attivazione della corteccia prefrontale e delle strutture

ippocampali nei pazienti OSAS dopo trattamento con CPAP a fronte di un sovra

reclutamento di alcune regioni cerebrali (corteccia sinistra prefrontale, precuneo mediale ed

ippocampo) in pazienti OSAS non in trattamento CPAP; fenomeno che secondo gli autori

potrebbe riflettere un meccanismo di compensazione neuronale nei pazienti con sindrome

delle apnee ostruttive in sonno.

Nella maggior parte delle ricerche è invece emerso un miglioramento (seppure modesto) in

alcuni domini cognitivi tra cui l’attenzione sostenuta (Muñoz e coll., 2000; Lim e coll., 2007;

Lau e coll., 2010), la velocità psicomotoria (Ferini-Strambi e coll., 2003; Lau e coll., 2010) e

la memoria a breve termine (Tonon e coll., 2007). Anche la compliance al trattamento

ventilatorio sembra essere infine un fattore determinante nel miglioramento cognitivo (Aloia e

coll., 2003; Zimmerman e coll., 2006). In una recente metanalisi del 2012 Kylstra e coll.,

hanno concluso che, successivamente a trattamento con CPAP, è possibile osservare un

miglioramento solamente nel PASAT e TMT B, e non negli altri domini cognitivi. In generale i

principali deficit residui sembrano comunque evidenti soprattutto a carico delle funzioni

esecutive (Lau e coll., 2010, Saumanaki & Jehkonen 2007) (Tabella 4) suggerendo in questo

modo una solo una parziale reversibilità della compromissione cognitiva data probabilmente

da un danno neuronale permanente (Engleman e coll., 2003) in particolare a livello della

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corteccia prefrontale.

E’ possibile dunque concludere che sebbene il trattamento con CPAP si sia dimostrato

efficace nel miglioramento della qualità del sonno e della ipossiemia notturna, nonché nella

risoluzione di alcune conseguenze diurne come l’eccessiva sonnolenza, la risoluzione di

alcuni deficit cognitivi rimane invece più resistente al trattamento.

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SCOPO DELLO STUDIO

Lo scopo dello studio è stato quello di valutare i fattori che modulano le interazioni tra

sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS), obesità ed ipotiroidismo ed il possibile

effetto sinergico sulle complicanze cognitive di tali condizioni.

Nel corso del progetto sono stati valutati, in quattro popolazioni (pazienti OSAS non

obesi, OSAS obesi, ipotiroidei e controlli), il pattern ipnico, la viglianza, lo stress ossidativo

e le alterazioni cognitive e la loro potenziale reversibilità a seguito di trattamento con

CPAP.

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MATERIALE E METODO

Pazienti e valutazione clinica:

Sono stati arruolati 50 soggetti di sesso maschile di età compresa tra i 30 ed i 75

anni, su 165 valutati consecutivamente presso il Centro per i Disturbi del Sonno della Clinica

Neurologica dell’Università di Pisa nel corso del 2012 per sintomatologia compatibile con

sindrome delle apnee ostruttive in sonno. Sono stati inoltre studiati 20 controlli sani con

anamnesi negativa per disturbi del sonno.

Tutti i soggetti sono stati sottoposti a valutazione clinica comprendente sia l’anamnesi

medica che quella farmacologica e misure antropometriche possibili indicatrici di

predisposizione ad OSAS (circonferenza del collo, anatomia del cavo orale). Di ogni paziente

è stato calcolato l’indice di massa corporea dato da peso (Kg)/ altezza al quadrato (cm2).

Sono stati esclusi i soggetti con presenza di cardiopatia nota, malattia ipertensiva con

coinvolgimento d’organo (ipertrofia ventricolare sinistra e/o disfunzione sistolica ventricolare

sinistra), diabete mellito, trauma cranico commotivo, compromissione della funzione

respiratoria diurna, assunzione di farmaci psicotropi, etilismo o altri abusi, patologia

neurologica o psichiatrica in grado di determinare alterazioni dei ritmi sonno-veglia.

Sulla base del risultato polisonnografico e della funzionalità tiroidea sono stati individuati i

seguenti gruppi:

1) controlli (20 soggetti 14M 6 F età media 52.6 ±8 aa, BMI 26,4± 3,2).

2) OSAS non obesi (OSASnob, 20 soggetti. 7F, 13 M. età media 54.5±11.4 aa, BMI 27.

±1.8)

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3) OSAS obesi (OSASob, 20 soggetti. 8F, 12M. età media 57.6±7.4 aa, BMI 36.6 ±4.3)

3) OSAS ipotiroidei (OSASipoTH 10 soggetti. 4 F, 6 M. età media 49,3 ± 11.3 aa; BMI 27 ±

2,4)

Protocollo Di Studio

Tutti i pazienti ed i controlli sani hanno effettuato presso il Centro del Sonno del

Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Pisa:

1. Polisonnografia notturna in laboratorio

2. MSLT (Test alle Latenze Multiple in Sonno)

3. Scale soggettive standardizzate per la determinazione della quota ansiosa/depressiva e

per la valutazione della sonnolenza diurna, della fatica, della qualità del sonno notturno.

4. Test neuropsicologici

5. Prelievo ematico per valutazione dello stress ossidativo per determinazione del glutatione

totale, AOPP, FRAP.

6. Prelievo ematico presso l’UO di Endocrinologia del PO di Cisanello per determinazione di

TSH, fT3, fT4

I pazienti sono quindi stati trattati secondo le indicazioni terapeutiche della buona pratica

clinica (terapia ventilatoria con CPAP nel caso di pazienti con OSAS moderati-gravi, terapia

ormonale sostitutiva nei pazienti con ipotiroidismo, approccio medico individualizzato dei

pazienti obesi con eventuale calo ponderale). Dopo 6 mesi i pazienti che effettuavano terapia

ventilatoria sono stati nuovamente sottoposti al protocollo di studio.

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Polisonnografia Notturna E Test Alle Latenze Multiple In Sonno

La polisonnografia notturna in laboratorio (Galileo star II della ditta EBNeuro,

Firenze), è stata effettuata con EEG (F4/A1, C4/A1, O2/A1, F3/A2, C3/A2, O1/A2),

elettrooculogramma, elettromiografia di superficie dei muscoli milojoidei e dei muscoli tibiali

anteriori, elettrocardiogramma, toracogramma, spirometria oronasale, saturimetria digitale

con acquisizione del segnale a 512Hz, passabanda 0.01-100 Hz, notch a 50Hz.

Le variabili macrostrutturali convenzionali sono state valutate secondo i criteri di scoring

definiti dall'American Academy of Sleep Medicine (2007).

Sono stati quindi ottenuti i seguenti parametri:

- Tempo Totale Di Sonno (TTS)

- Tempo Totale di Letto (TTL)

- Efficienza di Sonno (ES: tempo totale di sonno/tempo totale di letto x100)

- Latenza di sonno (LS)

- Latenza di sonno REM (REM Latency, RL)

- Veglia Infrasonno dopo l’addormentamento in minuti e percentuale (Wake After Sleep

Onset, WASO).

- Stadio 1 (N1, in minuti e % TTS)

- Stadio 2 (N2, in minuti e % TTS)

- Stadio 3 (N3, in minuti e % TTS)

- Stadio REM (REM in minuti e % TTS)

L’analisi del Cycling Alternating Pattern è stata condotta in modalità semiautomatica

utilizzando il software Hypnlolab 1.2 (SWS Soft, Italy; Ferri e coll., 2005) che permette

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un'analisi del CAP automatizzata, controllata dall’utente attraverso l’impostazione (Step 1) di

tre valori soglia, uno per le frequenze basse (che permettono l’individuazione dei sottotipi A1

e di parte degli A2), uno per le alte (che caratterizzano le fasi A3 e parte delle A2), ed infine

un valore che definisce l'ampiezza delle più piccole onde che si desidera siano rilevate.

Questi valori sono suggeriti da una prima analisi visiva di una o più epoche di sonno e

rappresentano l'input iniziale per il processo di rilevamento automatico (Step 2). Lo stesso

segmento è stato riesaminato una volta completata la procedura automatica allo scopo di

verificare la correttezza del risultato (Step 3), correggendo eventualmente i parametri nel

caso che il rilevamento non risultasse soddisfacente.

Sulla base delle raccomandazioni della consensus per l'analisi del CAP (Terzano e coll.,

2001), sono state valutate le fasi A1, A2, A3, B ed i periodi non-CAP.

Sono stati quindi determinati i seguenti parametri CAP:

- CAP time (tempo trascorso in CAP)

- CAP rate (percentuale tra CAP time e tempo trascorso in NREM).

- Numero di cicli CAP

- Numero e durata media delle fasi A1, A2 e A3.

- Indici nA1/h, nA2/h e nA3/h e A1%, A2%, A3%.

Gli episodi di apnea-ipopnea ed i movimenti periodici degli arti inferiori sono stati valutati

secondo le nuove linee guida AASM (Manuale di scoring del sonno, 2007).

Gli eventi respiratori sono stati considerati apnee quando la diminuzione del flusso aereo

era maggiore del 90% (per almeno il 90% della durata) per almeno 10 secondi. Sono state

quindi identificate apnee ostruttive, miste, centrali.

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Apnea ostruttiva: riduzione del flusso aereo nasale ed orale con persistenza dei

movimenti respiratori toraco-addominali.

Apnea centrale: diminuzione del flusso aereo nasale ed orale secondo i criteri sopra

citati, associata a completa scomparsa dei movimenti respiratori toracici ed addominali.

Apnea mista: eventi apnoici caratterizzati da una fase iniziale con caratteristiche di

apnea centrale (assenza di movimenti toraco addominali) a cui fa seguito una seconda parte

con caratteristiche di apnea ostruttiva.

Sono state definite ipopnee tutti gli eventi respiratori di almeno 10 secondi in cui la

diminuzione del flusso aereo nasale era maggiore del 30% con desaturazione emoglobinica

maggiore del 4% rispetto ai valori precedenti l’ipopnea; almeno il 90% della durata

dell’evento doveva rispettare il criterio della riduzione in ampiezza del flusso aereo.

Dal numero degli eventi respiratori per ora di sonno è stato ottenuto l’indice di disturbo

respiratorio (AHI).

Sono stati dunque valutati i seguenti parametri respiratori:

- Numero di apnee ostruttive

- Numero di apnee centrali

- Numero apnee miste

- Numero ipopnee

- Indice di apnea-ipopnea (AHI. Numero di apnee-ipopnee/TTS x 60).

- Livello minimo di saturazione di 02 raggiunto (Sa02 min)

- Saturazione media di 02 (Sa02 media)

- Percentuale del TTS trascorso con Sa02 <90%

E’ stato considerato patologico un AHI

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>5.

Il disturbo respiratorio è stato classificato come:

- Lieve se AHI compreso tra 5 e 15

- Moderato se AHI compreso tra 15 e 30

- Grave se AHI >30

Il giorno successivo alla registrazione notturna, i pazienti sono stati sottoposti, secondo le

linee guida internazionali, a test delle latenze multiple al sonno in cui sono state concesse,

nell’arco della giornata, 5 occasioni di 20 minuti ogni 2 ore, in cui è stato chiesto al soggetto

di provare ad addormentarsi. E’ stata valutata la latenza al sonno di ogni singola prova e la

latenza media di sonno (è stata considerata normale una latenza media> 10 minuti, mentre

se minore di 10 è considerata indicativa di sonnolenza diurna) (AASM 2005).

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Valutazione soggettiva del sonno:

La valutazione del ritmo sonno-veglia è stata effettuata tramite questionari

eterosomministrati per la valutazione della qualità del sonno notturno (Pittsburgh Sleep

Quality Index, PSQI), della sonnolenza diurna (Epworth Sleepiness Scale, ESS), della fatica

(Fatigue Severity Scale, FSS), e del cronotipo (Morningness-Eveningness Questionnaire,

MEQ). Allo scopo di individuare la presenza di sintomi riferibili a disturbi respiratori durante il

sonno, i pazienti sono stati invitati alla compilazione del Berlin Questionnaire (Netzer e coll.,

1999), mentre l’eventuale sintomatologia riferibile ad una Sindrome delle Gambe senza

Riposo è stata vagliata attraverso un questionario validato contenente gli specifici criteri

diagnostici (Allen e coll., 2003). E’ stata inoltre valutata la quota ansiosa/depressiva

mediante lo State-Trait Anxiety Inventory ed il Beck Depression Inventory.

Di seguito viene riportata una breve descrizione dei test somministrati:

- Pittsburgh Sleep Quality Index, PSQI (Buysse e coll., 1989) allo scopo di fornire una

misura affidabile, valida e standardizzata sulla qualità del sonno. La scala è composta da 19

item raggruppati in 7 sub-item che rappresentano la qualità soggettiva, la latenza, l’efficacia

e la durata del sonno, la presenza di eventuali disturbi del sonno, l’uso di farmaci ipnotici e i

disturbi durante il giorno. Ognuna delle 7 componenti ha un punteggio variabile da 0 a 3. In

tutti i casi un punteggio di 0 indica l’assenza di disturbi, mentre un punteggio di 3 indica la

presenza di gravi difficoltà. La somma dei punteggi delle 7 componenti dà il punteggio

globale che ha un range compreso tra 0 e 21. In particolare, un punteggio maggiore a 5 è

considerato indicativo di cattiva qualità del sonno.

- Epworth Sleepiness Scale, ESS (Johns, 1991): valuta i livelli di sonnolenza diurna. In

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una scala da 0 a 3 il soggetto è invitato a indicare la frequenza con la quale si addormenta o

assopisce in 8 situazioni comuni nella vita di tutti i giorni. Il punteggio totale è compreso tra 0

e 24 e uno maggiore o uguale a 10 è indice di una sonnolenza anormale o patologica.

- Fatigue Severity Scale, FSS (Krupp e coll., 1989) per la valutazione della fatica, è

autosomministrata e comprende 9 domande in cui il soggetto deve indicare una risposta con

punteggio compreso tra 1 e 7, dove 1 significa “assenza di fatica” e 7 “fatica di grave entità”.

Punteggi finali più alti indicheranno una maggior fatica del soggetto.

- Berlin Questionnaire è un test di screening utilizzato per identificare i pazienti a

rischio di OSAS (Netzer e coll., 1999). Il questionario si compone di 3 parti:

1. categoria 1, russamento e apnee del sonno (5 domande), che valuta la

sintomatologia notturna.

2. categoria 2, sonnolenza e vigilanza diurne (4 domande), che verifica la

sintomatologia diurna.

3. categoria 3, ipertensione o obesità (2 domande).

I pazienti vengono considerati:

ad alto rischio di OSAS se il punteggio è positivo per almeno 2 categorie;

a basso rischio di OSAS in caso contrario.

- Beck Depression Inventory (Second Edition, BDI-II, Beck e Steer 1984) al fine di

identificare la presenza e la severità dei sintomi tipici della depressione in accordo con i

criteri DSM-IV. Consiste di 21 gruppi di affermazioni (riduzione del sonno e dell’appetito,

difficoltà lavorative, perdita di peso, difficoltà di concentrazione, calo di energie etc.) da

valutare su una scala a quattro punti (da 0 a 3). Il punteggio totale da 14 a 19 è considerato

indice di depressione lieve, da 20 a 28 moderata e da 29 a 63 severa.

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- State-Trait Anxiety Inventory forma Y, STAI (Spielberger, 1983) è un questionario di

autovalutazione dove il soggetto valuta su una scala da 1 a 4 (con 1=per nulla e

4=moltissimo) quanto diverse affermazioni si addicono al proprio comportamento. La STAI è

composta da un totale di 40 domande, 20 riguardano l’ansia di stato (Y1) e 20 l’ansia di tratto

(Y2). L’ansia di stato indica quanto la persona si percepisca in ansia “proprio in quel

momento” ed esprime una sensazione soggettiva di tensione e preoccupazione,

comportamenti relazionali di evitamento (o avvicinamento eccessivo e prematuro) e un

aumento dell’attività del sistema nervoso autonomo relativa ad una situazione di stimolo,

quindi transitoria e di intensità variabile. L’ansia di tratto si riferisce a come il soggetto si

senta abitualmente, ad una condizione più duratura e stabile della personalità che

caratterizza l’individuo in modo continuativo, indipendentemente da una situazione

particolare (Spielberger, 1983).

Le istruzioni nelle due scale sono diverse: nella scala di Stato si chiede al soggetto di

indicare come si sente adesso, in questo momento, mentre nella scala di Tratto si chiede al

soggetto di indicare come si sente abitualmente.

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Valutazione neuropsicologica:

Tutti i soggetti sono stati inoltre sottoposti in collaborazione con il Centro di

Neuropsicologia Clinica di Pisa, il giorno successivo al test delle latenze multiple in sonno,

ad una estesa batteria di test neuropsicologici, comprendenti valutazione di attenzione,

memoria e funzioni esecutive. Tutti i test proposti sono stati corretti per età, sesso e

scolarità.

FUNZIONE COGNITIVA TEST

MEMORIA VERBALE

- Digit Span Avanti (Orsini e coll., 1987)

- Memoria di Prosa (Carlesimo e coll., 2002)

MEMORIA VISUO-SPAZIALE

- Test di Corsi (Orsini e coll., 1987)

- Test della Figura Complessa di Rey (Carlesimo e coll., 2002)

CAPACITÀ ASTRATTIVE

- Matrici progressive di Raven (Carlesimo e coll., 1996)

ATTENZIONE E FUNZIONI

ESECUTIVE

- Matrici attentive (Spinnler e Tognoni, 1987)

- Test di Stroop (Caffarra e coll., 2004)

- Digit Symbol Substitution Test (subtest n. 7 Wais)

- Trail Making Test (A,B) (Reitan, 1958)

- Fluenza Verbale Fonemica (Carlesimo, 1996) e semantica

(Novelli e coll., 1986).

- Modified Wisconsin Card Sorting Test (Nelson e coll,1976)

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Segue una breve descrizione dei test somministrati:

Digit Span Avanti

È un test di misurazione dello "span" di memoria verbale, cioè della quantità di informazioni

verbali che si riescono a trattenere nella memoria a breve termine. L’esaminatore legge una

lista di numeri, alla velocità di circa uno al secondo, di lunghezza crescente. Il paziente deve

ripetere la sequenza di numeri immediatamente dopo la presentazione. Quando il paziente

ripete correttamente la sequenza, l’esaminatore passa alla sequenza successiva più lunga di

una cifra finché il soggetto non fallisce le due sequenze di una determinata lunghezza o

finché non ha ripetuto correttamente la sequenza di nove cifre. Il punteggio è dato dal

numero di cifre che costituiscono la sequenza più lunga correttamente ripetuta (range 0-9).

Memoria di Prosa

Valuta la memoria a breve termine e la rievocazione differita. L’esaminatore legge al

soggetto un racconto ed alla fine annota tutto ciò che il paziente è in grado di ricordare

(rievocazione immediata). Nei successivi 20 minuti il paziente viene occupato con attività

interferenti non verbali e trascorso il tempo viene richiesta la seconda ripetizione

(rievocazione differita).

La rievocazione immediata e differita vengono valutate separatamente attribuendo ad ogni

evento rievocato un determinato punteggio (ad esempio evento “straripamento”= 3punti e

solo se riferito tale evento, vengono valorizzati anche dettagli relativi: piccola città/vicino a

Torino =0,3 punti oppure la scorsa settimana/6 dicembre=0,3 punti). Il punteggio massimo

per ogni rievocazione è 8 punti.

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Test della figura complessa di Rey

Permette di valutare le competenze visuo-spaziali, l’organizzazione percettiva, la memoria

visiva e di lavoro. Inizialmente viene chiesto al paziente di copiare una figura-modello,

successivamente viene tolto il modello e dopo un minuto viene richiesto al soggetto di

riprodurre la figura a memoria (rievocazione immediata, RI). Trascorsi 20 minuti, occupando

il paziente con attività interferente non visuo-spaziale, si richiede una seconda riproduzione

della figura (rievocazione differita, RD).

Il punteggio viene calcolato separatamente per la copia, la rievocazione immediata e la

rievocazione differita. Si assegna un punteggio per ogni elemento riprodotto seguendo i

seguenti criteri:

• 2 punti se completo e al posto giusto

• 1 punto se incompleto o al posto sbagliato

• 0,5 punti se incompleto e al posto sbagliato

• 0 punti se l’elemento è completamente mancante

Test di Corsi (span visuospaziale)

Lo stimolo è costituito da una tavoletta di legno di 32 cm x 25 cm sopra cui sono incollati

nove cubetti di 45 mm di lato, numerati dal lato rivolto verso l’esaminatore e disposti in modo

asimmetrico. L’esaminatore tocca con l'indice i cubetti in una sequenza standard di

lunghezza crescente (da due a dieci cubetti), al ritmo di un cubetto ogni due secondi ed

appena terminata la dimostrazione della sequenza l'esaminatore chiede al soggetto di

riprodurla toccando i cubetti nello stesso ordine. Vengono presentate tre sequenze per ogni

serie. Se il soggetto riproduce correttamente almeno tre sequenze su un massimo di 5, si

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passa ad esaminare la serie successiva. Il numero di cubetti relativo alla serie più lunga, per

la quale sono state riprodotte correttamente almeno due sequenze, costituisce il punteggio

del test e rappresenta lo span di memoria visuo-spaziale di quel soggetto (range 0-10.)

Trail Making Test (TMT)

È un test che valuta la capacità di pianificazione spaziale in un compito di tipo visuo-motorio.

È composto da due parti: TMT A e TMT B. Nel TMT A il soggetto deve unire in sequenza con

una matita i numeri dall’1 al 25 riprodotti in un foglio di carta formato A4. Deve svolgere il

compito nel più breve tempo possibile. In caso di errore deve essere immediatamente

corretto dall’esaminatore (questo contribuisce ad aumentare il tempo impiegato nella prova).

Prima del test vero e proprio è necessario accertarsi che il soggetto abbia compreso le

consegne somministrando una prova preliminare (unire i numeri dall’1 all’8). Nel TMT B

viene presentato al soggetto un foglio, formato A4, dove sono rappresentati numeri (dall’1 al

13) e lettere (dalla A alla N) disposti in modo casuale. Il compito del soggetto è quello di

collegare, in ordine progressivo e alternato, numeri e lettere e cioè: 1-A-2-B-3-C- ecc…

Anche in questo caso è opportuno accertarsi che il soggetto abbia compreso le consegne

somministrando una prova preliminare. In base al numero di secondi impiegati per terminare

le due prove si ricavano i seguenti punteggi: TMT A; TMT B; differenza TMT B – TMT A.

L’esecuzione del TMT A richiede capacità di elaborazione visiva, riconoscimento di numeri,

conoscenza e riproduzione di sequenze numeriche e velocità motoria. Lo svolgimento del

TMT B, oltre alle suddette abilità, richiede flessibilità cognitiva. La differenza di tempo tra le

due prove (B – A) è, analogamente al TMT B, indice di flessibilità cognitiva.

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Matrici progressive di Raven

E’ costituito da quattro serie (A, B, C, D) di 12 items di complessità crescente. Il compito

consiste nello scegliere tra sei matrici quella che coincide o completa logicamente il modello

mancante. Una mancata risposta viene considerata come errore. Il punteggio consiste nel

calcolo delle risposte corrette.

Matrici Attentive

Vengono mostrate al soggetto tre matrici; ciascuna di esse è costituita da 13 righe di 10

numeri da 0 a 9 ciascuna, disposti in una sequenza casuale. Al soggetto viene richiesto di

sbarrare con una matita tutti i numeri uguali a quelli stampati in cima alla matrice (“5” nella I,

“2-6” nella II, “1-4-9” nella III). La prima riga serve come esempio e la seconda come run-in.

Il tempo massimo per ogni matrice è di 45 sec dal completamento del run in. Qualora il

soggetto impieghi un tempo inferiore a quello previsto come massimo, esso verrà indicato

alla fine di ogni matrice. Il punteggio è uguale al numero totale di risposte esatte fornite

(range 0-60).

Test di Stroop

È una prova di attenzione visiva selettiva ed è articolata in tre subtest: leggere una lista di

nomi di colori scritti in nero, dire il nome dei colori di alcune macchie colorate, dire il nome

dei colori in cui sono scritte alcune denominazioni di colore (ad es. se c’è la parola “verde”

scritta in rosso, bisogna dire “rosso”).

Vengono calcolati due punteggi: - tempo di interferenza (secondi): tempo di esecuzione del

terzo subtest meno la metà della somma del tempo di esecuzione del primo e del secondo

subtest;- numero di errori: errori commessi nel terzo subtest meno la metà della somma degli

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errori commessi nel primo e nel secondo subtest.

Digit Symbol Substitution Test (subtest n. 7 Wais)

In testa al foglio A4 viene fornita al soggetto una chiave composta da numeri da 1 a 9,

associati a simboli. Successivamente viene chiesto al soggetto di abbinare ai 100 numeri

successivi, ordinati casualmente il simbolo corretto. I primi 5 item sono di prova e non

vengono conteggiati nel punteggio finale; per gli altri 93 viene attribuito un punto per ogni

risposta corretta. Il tempo massimo per la prova è di 90 secondi. Il test fornisce informazioni

circa le capacità di memoria, attenzione e concentrazione, velocità di prestazione,

coordinazione e destrezza.

Fluenza verbale per categoria fonemica

E’ un test che esamina l’estensione e l’accessibilità del patrimonio lessicale del paziente. Al

soggetto viene chiesto di elencare il più velocemente possibile la maggior quantità di parole

che viene in mente e che iniziano con una data lettera dell’alfabeto. Vengono quindi

presentate le lettere F, A, S e registrate le parole che il paziente è in grado di produrre in un

minuto. Il punteggio è costituito dal numero di parole totali elencate nei 3 minuti. Non devono

essere considerati validi nomi propri, numeri e le parole che iniziano con lo stesso suffisso

inteso come declinazione.

Fluenza verbale per categorie semantiche

La somministrazione del test prevede che in un minuto il soggetto riferisca il maggior numero

di parole di appartenenti ad una determinata categoria semantica: marche d’auto, frutti,

animali. Le modalità di somministrazione sono analoghe a quella della prova della fluenza

fonemica ed il punteggio totale è costituito dal numero totale di parole rievocate dal paziente.

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Modified Wisconsin Card Sorting Test (WCST-M)

È un test che valuta le funzioni esecutive ed utilizza 4 carte-stimolo e 48 carte-risposta.

Le 4 carte-stimolo, che vengono disposte davanti al soggetto, mostrano un triangolo rosso,

due stelle verdi, tre croci gialle e quattro cerchi blu e riflettono tre parametri: colore, forma e

numero.

All’esaminato viene richiesto di abbinare secondo un criterio a sua scelta le carte risposta

con ciascuna delle carte-stimolo e l’esaminatore giudicherà l’associazione come sbagliata o

corretta. Se il criterio scelto dal paziente è considerato corretto dovrà continuare ad

associare le carte in base allo stesso parametro; dopo 6 risposte corrette consecutive al

paziente verrà detto di cambiare criterio. Dopo che il paziente avrà indovinato la prima

sequenza di tre categorie quelle successive dovranno essere nello stesso ordine fino

all’esaurimento delle carte risposta.

Nella correzione del test verranno prese in considerazione il numero di categorie individuate

e di errori perseverativi.

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Valutazione dei markers di stress ossidativo:

Presso il Laboratorio di Neurochimica e Neurogenetica della Clinica Neurologica, sono

stati dosati i seguenti markers di stress ossidativo.

a) Prodotti di ossidazione avanzata delle proteine (AOPP).

La determinazione degli AOPP è una metodica che consente di stimare la quantità di

proteine che hanno subito un processo di ossidazione, a livello di specifici residui

amminoacidici, da parte di specie chimiche reattive. Tale dosaggio biochimico è

eseguito seguendo il protocollo descritto da Witko-Sarsat e coll. (1996).

b) Capacità ferro-riducente del plasma (FRAP)

La determinazione della FRAP è una metodica che permette di valutare la capacità

anti-ossidante del plasma, mediante la riduzione, da parte dello stesso plasma, dello

ione ferrico, presente nel reattivo FRAP, in ione ferroso (Benzie e coll., 1996).

c) Glutatione totale: determinato con il metodo di cinetica enzimatica descritto da Tietze

(1969), e modificato da Baker e coll., (1990), in modo tale da consentire l’utilizzo di

una piastra da 96 pozzetti e quindi di un lettore di piastre ELISA (Labsystem

Multiskan Plus MKII-Lab system Milano). I valori di glutatione sono stati normalizzati

per il valore dell'ematocrito ed espressi in nmoli/microl.

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Valutazione funzione tiroidea

La diagnosi di ipotiroidismo clinico è stata posta in presenza di ridotte concentrazioni

sieriche di ormoni tiroidei liberi (fT4, fT3) ed aumentati livelli di TSH circolante mentre la

diagnosi di ipotiroidismo subclinico è stata posta in presenza di normali concentrazioni di fT4

ed fT3 con livelli aumentati di TSH circolante (Pinchera e coll., 1991).

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Analisi Statistica

I pazienti OSAS sono stati considerati sia come gruppo globale che suddivisi nei

sottogruppi OSAS obesi, OSAS non obesi ed OSAS ipotiroidei. L'analisi descrittiva (medie e

deviazioni standard) è stata condotta sul campione totale e suddiviso per tipo di patologia e

sui controlli. Parametri poligrafici, macro e microstrutturali, neuropsicologici, scale soggettive

e funzione tiroidea sono stati confrontati tra controlli ed OSAS, considerati globalmente,

mediante test U di Mann-Whitney.

Il confronto tra controlli ed i vari sottogruppi di pazienti OSAS (OSAS obesi, non obesi,

ipotiroidei) per i parametri poligrafici, macro e microstrutturali, così come performance

neuropsicologica e risultati delle scale soggettive e funzione tiroidea, è stato condotto con

test ANOVA con test di Levine per la valutazione dell'omogeneità delle varianze e confronti

multipli con correzione di Bonferroni.

Le correlazioni tra i parametri sono state calcolate utilizzando il coefficiente di correlazione di

Pearson.

Gli effetti del trattamento con CPAP sullo specifico sottogruppo di pazienti è stato valutato

con test di Wilcoxon per dati ripetuti. Un alpha level di p<=0.05 è stato ritenuto rilevante.

Le analisi sono state condotte con l'ausilio del software statistico SPSS per Windows (IBM

SPSS Version 13, Chicago, IL, USA).

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RISULTATI

I quattro gruppi considerati (controlli, OSASnob, OSASob, OSASipoTH) risultavano

comparabili per scolarità, età e sesso. Il BMI del gruppo OSASob differiva in maniera

statisticamente significativa dagli altri gruppi (p<0.05). Nel gruppo OSASipoTH sono stati

inclusi pazienti sia con ipotiroidismo clinico che subclinico, il TSH risultava significativamente

aumentato rispetto agli OSASob, OSASnob e controlli (p<0,01) (Tabella 5).

Macro e microstruttura del sonno

Rispetto ai controlli sani i pazienti OSAS presentavano una riduzione del tempo totale

di sonno (412,4±23,6 min vs 354,8±58,3 min P<0,001), dell’ efficienza di sonno (90,3±5,9 vs

78,1±12,8; p<0,001) ed un aumento della veglia infrasonno (min) (27,4±19,5 vs 72,6± 56,3

p=0,002) e della latenza della prima fase REM (104,9±46,2 min vs 175,2±96,3 min p= 0,005)

Il sonno notturno dei pazienti mostrava una maggior rappresentazione percentuale degli

stadi N1 ed N2 (rispettivamente 4,2±3,6 vs 10,9± 6,0; p=0,01; 47,7±6,6 vs 58,7±5,5; p=0,03)

ed una riduzione percentuale del sonno profondo (N3 o SWS) e REM (24,1±4,2 vs 17,1±5,2;

p=0,02; 23,9±6,2 vs 13,2±7,1; p<0,001).

Considerando i sottogruppi di pazienti, negli OSAS obesi rispetto ai controlli è stata

evidenziata una minore efficienza di sonno (p=0,03), una maggiore veglia infrasonno

(p=0,03) ed un minor tempo totale di sonno (p=0,009). Non vi erano differenze

statisticamente significative nel confronto dei parametri macrostrutturali tra i tre gruppi di

pazienti OSAS (Tabella 6).

Per i parametri microstrutturali è emerso un aumento del CAP rate e del CAP time in tutti i

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pazienti OSAS rispetto ai controlli, che raggiungeva la significatività statistica negli OSAS

obesi (p= 0,009). Tale aumento si associava ad una maggiore rappresentazione, sia in

numero che in percentuale, delle fasi A2 ed A3 rispetto alle A1 in particolar modo negli

OSAS ipotiroidei. Gli OSAS obesi ed ipotiroidei presentavano un significativo aumento del

CAP rate in N2 e gli OSASipoTH anche un’aumentata durata media delle fasi A e dei

sottotipi A2 ed A3 (Tabella 7).

Parametri Poligrafici

In Tabella 8 sono riportati i principali parametri poligrafici nei gruppi studiati.

I tre gruppi OSAS non differivano significativamente tra loro, mentre differivano, come

prevedibile, per indice di apnea-ipopnea dai controlli (p<0,03). Negli OSASipoTH è emersa

una presenza significativa di apnee centrali (vs controlli p<0,05) e miste (rispetto ai controlli;

p<0,05); le apnee ostruttive erano invece maggiormente rappresentate nei pazienti

OSASnob ed OSAS ob (rispetto ai controlli; p<0,01).

Il gruppo OSASob (vs controlli; <0,001) ed OSASipoTH (vs controlli; p<0,05) presentavano

inoltre riduzione dei valori medio e minimo di saturazione di O2, gli OSASnob differivano dai

controlli solo per la SaO2min (p<0.003).

La SaO2T<90% (tempo trascorso con saturazione di O2 al di sotto del 90%) è risultata

maggiore, seppur in modo non statisticamente significativo, nei pazienti OSASob rispetto agli

altri gruppi OSAS.

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Valutazione neurofisiologica della sonnolenza diurna

Il test alle latenze multiple in sonno ha evidenziato nei tre gruppi OSAS una ridotta

latenza al sonno in tutte le prove considerate rispetto ai controlli

Le latenze di sonno media, della seconda e della terza prova risultavano minori nei gruppi

OSASob, OSASnob ed OSASipoTh rispetto ai controlli (Latenza Media: controlli vs OSASob,

OSASnob, OSASipoTH, p<0.001; Latenza seconda prova: Controlli vs OSASipoTH, p=

0,001, controlli vs OSASnob ed OSASob, p<0.05; Latenza terza prova: Controlli vs

OSASipoTH, p= 0,01, controlli vs OSASnob, OSASob, p<0.05). Nel gruppo OSASipoTH era

presente una minore latenza al sonno rispetto ai controlli anche nella prima, quarta e quinta

prova (Tabella 9).

Scale soggettive

La Epworth Sleepiness Scale ha evidenziato punteggi aumentati, in modo

statisticamente significativo, negli OSASob ed OSASipoTH rispetto ai controlli (OSASob

13,2±4,6 e OSASipoTH 14,9±3,0 vs controlli 7,8±3,0, rispettivamente p= 0,004 e p= 0,002) e

tra il gruppo OSASipoTH ed OSASnob (14,9±3,0 vs 10,2±3,9, p= 0,043). Negli OSAS

ipotiroidei è emersa una peggiore qualità del sonno valutata attraverso la PSQI (OSASipoTH

10,6±2,0 vs OSASob 6,5±3,3, p= 0,01; vs OSAS 5,4±2,6, p= 0,001; vs controlli 4,2±1,7, p=

0,001). In questo gruppo di pazienti vi erano punteggi maggiori alla Fatigue Severity Scale ai

controlli ed agli OSASnob (OSASipoTH 38,7±15,0 vs controlli 25,8 ± 8,4, p= 0,01 ed

OSASnob 24,9±13,1, p= 0,002).

E’ stata inoltre osservata una correlazione positiva tra valori di TSH ed i punteggi

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ottenuti alla Fatigue Severity Scale (r=0,43, p=0,002) ed alla Epworth Sleepiness Scale

(r=0,31, p=0,03).

La somministrazione delle scale per la valutazione di depressione (BDI) e di ansia (STAY I e

II) non ha evidenziato differenze statisticamente significative tra i sottogruppi.

Stress ossidativo

Nella popolazione globale di pazienti OSAS i livelli dei prodotti di ossidazione

avanzata delle proteine sono risultati più elevati rispetto ai controlli (293.4 ± 109.7 mmol/L vs

203.2 ± 45.2 mmol/L; p= 0.0005). Capacità ferro-riducente del plasma e glutatione totale

sono invece risultati ridotti nei pazienti rispetto ai controlli (rispettivamente 0.548 ± 0.097

mmol/L vs 0.794 ± 0.182 mmol/L; p= 0.0001 e 0.419 ± 0.095 nmol/L vs 0.644 ±0.156

nmol/lL; P= 0.0001).

È stata osservata una correlazione statisticamente significativa tra AHI e FRAP (r= -0.41

p=0.01) ed una correlazione positiva, seppur non significativa tra valori minimi di SatO2 ed

aumento di AOPP e riduzione di FRAP e GSH.

Alterazioni cognitive

I pazienti OSAS, valutati globalmente, rispetto ai controlli presentavano punteggi

corretti maggiori al TMT A (p= 0,05), Stroop interferenza (p=0,01) e al numero di errori

perseverativi al WCSTmodified (p=0,02).

Nei tre gruppi di pazienti OSAS confrontati tra loro e con i controlli non si rilevavano

differenze significative nei vari test (Tabella 10).

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Correlazioni tra parametri macro e microstrutturali, MSLT ed indice di

apnea-ipopnea.

Dai dati nella popolazione OSAS presa globalmente è emersa una correlazione

positiva tra AHI e CAP rate, CAP rate in N2 (r=0,50; p=0,006) e negativa tra latenza media al

test delle latenze multiple del sonno con il CAP rate in SWS r=– 0,357; p=0,05) (Figura 3, 4).

L’indice di apnea-ipopnea correlava inoltre con la latenza media di sonno al test alle latenze

multiple al sonno (r=-0.49 p=0.001) (Figura 5).

Considerando i tre gruppi OSAS singolarmente si osservava che solamente negli OSASnob

e negli OSASipoTH, e non negli OSAS obesi, l’indice di apnea-ipopnea correlava con il

CAPrate (OSASnob r=0,6 p= 0,01; OSASipoTH r 0,8 p 0,05), il CAPrate in SWS (OSASnob

0,06 p 0,01; OSASipoTH r 0,8 p 0,02) e la latenza media MSLT (r -0,6 p 0,02; OSASipoTH r

-0,6, p: 0,02). Negli OSASipoTH il CAP rate correlava con la latenza media al sonno nelle

prove 3 e 4 (=0,883 p=0,02 e r=0,887 p=0,03).

Correlazioni tra struttura del sonno e test neuropsicologici.

L’efficienza di sonno (ES) e la veglia infrasonno (WASO) correlavano con il TMT A

(ES r=-0,5, p= 0.005; WASO r=0,58, p= 0.0006) ed il TMT B (ESr=-0,35, p= 0,05; WASO

r=0,47, p= 0,02) e con il numero di errori perseverativi al WCST modified (ES r=-0,46;

p=0,03; WASO r=0,45; p=0,03)

Il CAP totale correlava inversamente con la memoria di prosa immediata (r= -0,43 p=

0,01) e positivamente con l’effetto interferenza tempo allo Stroop (r=0,36 p=0,05), il CAP in

SWS presentava una correlazione negativa con il TMT A (r= -0,42 p= 0,01) e B (r= -0,36 p=

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0,04).

Si è osservata una correlazione negativa tra A1 index ed effetto interferenza-tempo

allo Stroop (r=-0,38 p=0,04) e con il numero di errori perseverativi al WCST modified (r=-0,38

p=0,05), e tra A3 index e test di Corsi (r=-0,032 p=0,05.)

Follow Up

Il follow up è stato effettuato nei pazienti OSAS grave moderata dopo 6 mesi di

trattamento con CPAP. Dei 39 pazienti ai quali era stata prescritta la CPAP 7 hanno rifiutato

la terapia prescritta (17,8%), 6 presentavano una scarsa aderenza al trattamento (media ore

di utilizzo per notte 2,6±1,1, giorni di utilizzo/settimana 3,3±1,2) e 5 si sono ritirati dallo

studio. La valutazione è stata pertanto effettuata su 21 pazienti che presentavano una buona

compliance al trattamento (media delle ore di utilizzo per notte di 5.8 ±1.3 ore, per 5,1 ± 1,4

giorni a settimana, con pressione media efficace di 11,5 ± 4,6 cmH20).

Dopo i sei mesi di terapia lo studio macrostrutturale del sonno ha messo in evidenza

un miglioramento della qualità ipnica con un'aumentata efficienza di sonno (79,9±10,8 vs

86,0±6,8; p= 0,04) con ridotta percentuale di N2% (57,7±6,6 vs 42,8±11,8; p=0,003) ed

aumentati sonno ad onde lente (17,1±4,7 vs 29,1±11,3; p=0,007) e sonno REM (16,0±9,3 vs

20,0±5,3, p= 0,05). I pazienti presentavano un miglioramento dell’indice di apnea-ipopnea (n.

apnee/ora) passando da 30,4 ±18,2 a 6,7± 6,0 (p=0,008) e degli indici di saturazione

(Tabella 11.)

Dal punto di vista microstrutturale si osservava un aumento della percentuale di A1

(p=0,02) ed una diminuzione del CAPrate (p=0,02), CAPrate in N2% (p=0,05) e della

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percentuale di A3 (p=0,02) (Tabella 12).

La latenza media diurna al sonno (min) migliorava in maniera significativa (MSLT

latenza media: 9,6±3,4 min vs 14,2±4,0; p=0.04) così come la latenza alla prima (MSLT 1:

7,0±3,4 vs 12,0±4,4; p=0.03), seconda (MSLT 2: 8,7±4,8 vs 14,6±5,8; p= 0.04), terza prova

(MSLT 3: basali 7,8±3,5 vs 13,2±5,0; p=0.05) (Tabella 13).

Le scale soggettive evidenziavano un miglioramento sia dell’eccessiva sonnolenza

diurna (ESS basale 9,1±2,6 vs dopo CPAP 4,0±3,5; p=0.03) che della qualità del sonno

(PSQI basale 5,5±2,6 vs dopo CPAP 3,7±2,3; p=0.05).

I test neuropsicologici hanno evidenziato un miglioramento statisticamente

significativo del Trail Making Test A e B (rispettivamente p=0,05, p=0,03), della fluenza

verbale fonemica (p=0,05), della fluenza semantica (p=0.05) e del numero di errori al WCST

M (p=0,05) ed una tendenza al miglioramento all’ effetto interferenza-tempo al test di Stroop.

I valori di AOPP (prodotti di ossidazione avanzata delle proteine) apparivano

sostanzialmente invariati (basali 322.8 ± 98.5 mmol/L; dopo CPAP 369.7 ± 182.5 mmol/L; P=

n.s.), mentre i valori di FRAP (capacità ferro-riducente del plasma) sono risultati

significativamente aumentati (basali 0.489±0.074 mmol/L; dopo CPAP 0.893±0.246 mmol/L;

P=0.005).

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DISCUSSIONE

Scopo dello studio è stato quello di valutare i fattori che modulano le interazioni tra

sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS), obesità ed ipotiroidismo e l’effetto

sinergico sulle alterazioni macro- microstrutturali del sonno notturno, della vigilanza e sulle

possibili complicanze cognitive.

La prevalenza di ipotiroidismo nei pazienti OSAS nella nostra casistica era del 6%

circa, lievemente maggiore di quelli riportati in letteratura dell’1-3.4% discrepanza

giustificabile dalla eterogeneicità nei diversi studi del cut off di TSH considerato, sesso ed età

della popolazione indagata (Kapur e coll.1998, Skjodt e coll., 1999, Winkelman e coll., 1996).

Nella popolazione ipotiroidea si osservava, per quanto riguarda i parametri poligrafici, una

maggiore rappresentazione di apnee centrali. Dai dati presenti in letteratura emerge che

l’ipotiroidismo sia associato ad un ridotto drive ventilatorio sia all’ipossia che all’ipercapnia.

Nei modelli animali con ipotiroidismo indotto è stata osservata una ridotta risposta dei

chemocettori perferici all’ipossia e all’ipercapnia (Simsek, 2004). Nell’uomo circa un terzo dei

pazienti ipotiroidei ha una diminuita risposta all’ipossia/ipercapnia (Duranti e coll., 1993). Il

fattore predittore della risposta ventilatoria nell’ipotiroidismo è stato identificato nei valori

elevati di tireotropina (>90mlU/litro) (Ladenson e coll., 1998). In casi di mixedema è stato

osservato un ridotto drive ventilatorio all’ipossia reversibile con terapia ormonale sostitutiva.

In un caso di ipotiroidismo sono state riportate apnee centrali con ridotta risposta all’ipossia,

ma con normale risposta ventilatoria all’ipercapnia, risolta mediante terapia con tiroxina che

ha eliminato le apnee centrali e normalizzato il drive ipossico (Millman e coll., 1983). Il drive

ventilatorio ipossico presenta una rapida risposta alla terapia con tiroxina rispetto al drive

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ipercapnico ed è possibile che i chemocettori centrali richiedano una terapia di maggior

durata o che sostengano una compromissione a lungo termine. Tra i meccanismi

patogenetici delle apnee ostruttive nei pazienti ipotiroidei hanno un ruolo di rilievo la

presenza di mixedema dei tessuti molli a livello del collo e della lingua con conseguente

ispessimento delle pareti faringee e laringee e riduzione del calibro delle prime vie

respiratorie, alterazioni muscolari correlate all’endocrinopatia con compromissione della

contrazione e rilasciamento muscolare. Secondo le indicazioni dell’American Accademy of

Sleep Medicine, la terapia sostitutiva può risolvere sia l’OSAS che le apnee centrali

riservando la terapia specifica solo ai casi con sintomi residui o con obesità. Il nostro gruppo

di pazienti, con BMI inferiore a 30, ha avuto pertanto in prima istanza l’indicazione a seguire

terapia ormonale (Veasey e coll., 2006).

I pazienti obesi presentavano, pur a parità di indice di ipopnea, una compromissione più

marcata del tempo di sonno trascorso con saturazione di ossigeno minore del 90%. E’ noto

che i pazienti obesi possano sviluppare, in assenza o in concomitanza di OSAS, la sindrome

obesità ipoventilazione caratterizzata da ipoventilazione alveolare diurna (in assenza di

patologie polmonari ostruttive gravi, della gabbia toracica, di disturbi del metabolismo, di

patologie neuromuscolari e della sindrome da ipoventilazione centrale congenita)

accompagnata da ipossiemia cronica diurna (Banerjee e coll., 2007). Il sospetto della

coesistenza delle due patologie deve pertanto, nei pazienti obesi, condurre anche ad una

valutazione specialistica pneumologica. I pazienti in cui vi è la coesistenza delle due

patologie vanno incontro a una qualità della vita peggiore, mostrando un maggiore grado di

sonnolenza diurna e più bassi livelli di PaCO2 a confronto con popolazioni di soggetti gravati

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da OSAS o patologie respiratorie associate a ipercapnia con minor BMI (Hida e coll., 2003,

Budweiser e coll., 2007),

In tutti i pazienti era presente una riduzione della profondità del sonno e del sonno

REM. E’ noto che le apnee terminano con un risveglio o un arousal che se ripetuti nel tempo

determinano una destrutturazione del sonno con riduzione del sonno profondo e REM

(Parrino e coll., 2000). L’effetto era particolarmente evidente nei pazienti con ipotiroidismo in

accordo con l’osservazione di Ruiz-Primo e coll. 1982 che, in gruppo di pazienti con

mixedema primario, in assenza di apnee in sonno, ha osservato una riduzione marcata o

totale assenza del sonno delta e riduzione del REM che si normalizzavano dopo terapia

sostitutiva. In questo gruppo di pazienti oltre alle apnee si può pertanto ipotizzare il ruolo

sinergico dell’ alterazione ormonale nella destrutturazione del sonno.

Anche i parametri CAP, indicativi della stabilità/instabilità del sonno, risultavano

alterati in tutti i gruppi di pazienti rispetto ai controlli. Per i parametri microstrutturali è emerso

un aumento del CAP rate e del CAP time in tutti i pazienti OSAS rispetto ai controlli, che

raggiungeva la significatività statistica negli OSAS obesi (p= 0,009). Nei pazienti obesi erano

maggiormente alterati il CAP rate e il CAP time per cui è possibile ipotizzare che l’obesità

rappresenti non solo un fattore di rischio per la sindrome delle apnee ostruttive nel sonno,

ma anche un fattore in grado di aggravare le conseguenze dell’ OSAS sul sonno notturno.

Nei tre gruppi di pazienti l’aumento del CAP time e del CAP rate si associava ad una

maggiore rappresentazione, sia in numero che in percentuale, delle fasi A2 ed A3 rispetto

alle A1. In condizioni normali il CAP svolge numerose funzioni, proteggendo la continuità del

sonno quando questo viene minacciato da un evento contingente di perturbazione ma anche

accompagnando strategicamente i passaggi tra gli stadi nonREM. Perturbazioni acustiche

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somministrate in soggetti normali aumentano le fasi A1 senza incrementare i sottotipi A2, A3

e gli arousal EEG, alterando la qualità del sonno e inducendo così un'eccessiva sonnolenza

diurna. Tuttavia, quando lo stimolo disturbante è particolarmente potente o prolungato, si

verifica un progressivo aumento anche delle fasi A2 ed A3 del CAP (e degli arousal EEG)

con conseguente discontinuità del sonno. La varietà di risposte EEG è determinata da

meccanismi specifici che controllano il flusso di stimoli esterni ed interni, tra cui il “cancello”

talamico. Investita da uno stimolo attivante, la corteccia tenta inizialmente di preservare la

continuità del sonno rafforzando la propria impermeabilità attraverso una sincronizzazione

fasica EEG (complessi K e delta burst). Tuttavia, quando il cancello talamico non è in grado

di controllare gli impulsi afferenti le alterazioni EEG a livello della corteccia cerebrale si

traducono in sequenza più rapide e miste della banda alfa e beta. In ogni caso, la corteccia

cerebrale esordisce con una risposta protettiva del sonno sottoforma di burst EEG lente e di

ampio voltaggio che precedono quasi sempre le attività rapide transitorie. In quest’ottica, è

possibile affermare che le fasi A del CAP possono costituire finestre permissive, in cui

possono verificarsi eventuali fenomeni patologici proprio come accade nella sindrome delle

apnee ostruttive nel sonno. A livello microstrutturale pazienti con OSAS di grado severo

presentano un aumento del CAP rate fino a valori dell’80%, con inizio dell'evento apnoico

collocato prevalentemente nella fase B e con la fine coincidente per lo più con una fase A

(Terzano e coll., 1996). I nostri dati, in accordo con Parrino e coll., nel 2000, hanno mostrato

una prevalenza in pazienti OSAS dei sottotipi rapidi (A2 ed A3) delle fasi A. All'interno del

ciclo di sonno, il 90% delle fasi A identificate lungo la branca discendente ed il 92% di quelle

di quelle riscontrate all’interno del plateau sono sottotipi A1, mentre il 64% delle fasi A che si

trovano nella branca ascendente sono fasi A2 (45%) od A3 (19%).Questi dati indicano che

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attività EEG sia lenta che rapida sono implicate nell'organizzazione strutturale del sonno. In

particolare la costruzione ed il mantenimento del sonno profondo sono acquisiti attraverso un

processo di instabilità EEG periodica accompagnata da leggere oscillazioni. In questa parte

del sonno, le fasi A1 servono a modificare progressivamente la situazione neurofisiologica

dalla desincronizzazione della veglia alla massima sincronizzazione del sonno profondo. La

rottura del sonno ad onde lente e l'insorgenza del sonno REM sono principalmente associate

a pattern EEG in desincronizzazione (fasi A2 e A3) e ad una potente attivazione delle

funzioni motorie vegetative. E' stato evidenziato che l'abbondanza di fasi A1 nella branca

discendente e nel plateau riflette meccanismi cerebrali coinvolti nell'attività REM-off, di tipo

aminergico, mentre la prevalenza di sottotipi A2 ed A3 e arousal EEG nella branca

ascendente è espressione dell'oscillatore REM- on, colinergico (Terzano e coll., 2005). Nei

pazienti ipotiroidei erano particolarmente evidenti la riduzione del sonno ad onde lente e

delle fasi A1 del CAP, in accordo con la funzione di questi sottotipi nella costruzione del

sonno delta.

La sonnolenza diurna valutata mediante il test alle latenza multiple al sonno è risultata

maggiore in tutti i gruppi di pazienti rispetto ai controlli. Il ruolo delle apnee nel sonno nella

frammentazione del sonno e conseguentemente dell’eccessiva sonnolenza diurna è

evidenziato dalla correlazione positiva tra l’indice di apnea-ipopnea, i parametri CAP ed

MSLT. Negli OSAS obesi non si osservava una correlazione tra indice di apnea-ipopnea,

CAP rate ed MSLT; si può quindi ipotizzare che nella genesi della sonnolenza diurna oltre al

ruolo della alterazione del sonno notturno con una frammentazione a livello microstrutturale,

vi sia il possibile coinvolgimento di altri fattori quali la desaturazione ossiemoglobinica e le

modificazioni delle citochine (Vgontas e coll., 2000; Thomas e coll., 2006).

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I soggetti OSAS in particolare quelli ipotiroidei, presentavano una minor latenza in tutte le

prove del MSLT ed in questa direzione è anche la valutazione soggettiva della sonnolenza

valutata tramite la Epworth Sleepiness Scale. I nostri dati sono in accordo con Resta e coll.

(2004,2005) i quali hanno osservato che a parità di gravità della apnea i pazienti con

ipotiroidismo presentavano una maggior sonnolenza diurna rispetto ai non ipotiroidei. Inoltre,

vi sono segnalazioni sul ruolo degli ormoni tiroidei e la loro efficacia nel risolvere l’eccessiva

sonnolenza di pazienti ipotiroidei con OSAS e dal loro impiego nel trattamento dell’ipesonnia

idiopatica (Shinno e coll., 2011).

Negli OSASipoTH è emersa una maggior percezione della fatica rispetto agli altri gruppi

considerati come suggerito dalla Fatigue Severity Scale. L’influenza della patologia è

sottolineata dalla correlazione positiva tra i valori di TSH ed i punteggi ottenuti alle scale per

la valutazione della fatica e della sonnolenza. La modulazione della fatica da parte degli

ormoni tiroidei è evidenziata dal recente studio di Van de Ven (2012) dove anche in soggetti

eutiroidei senza una storia di patogie tiroidee vi è una correlazione positiva tra funzione

tiroidea e fatica in quanto i soggetti con maggior produzione di fT4 o storia di patologia

tiroidea, ma con normali concentrazioni di TSH e fT4, hanno più fatica rispetto alla

popolazione generale. Il motivo di tale correlazione non è chiaro, ma va presa in

considerazione la dinamica della secrezione degli ormoni tiroidei.

In questo è stato inoltre valutato lo stress ossidativo in pazienti OSAS attraverso il

dosaggio del AOPP (prodotti di ossidazione delle proteine), del FRAP (capacità ferro-

riducente del plasma) ed del glutatione totale (GSH). Elevati valori di AOPP, marker di danno

ossidativo proteico, si sono mostrati elevati in numerose patologie quali l’insufficienza rena le,

la sclerosi laterale amiotrofica e le miopatie mitocondriali (Mancuso e coll., 2010). La

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capacità antiossidante plasmatica è stata valutata attraverso il dosaggio del FRAP che

consente di determinare l’effetto di antiossidanti non enzimatici quali bilirubina, acido urico,

albumina, alfa tocoferolo ed acido ascorbico. E’ stato infine dosato Il GSH, considerato uno

dei più importanti antiossidanti intracellulari degli esseri viventi. I dati in letteratura sulla

valutazione dello stress ossidativo sono spesso contrastanti. In un recente studio Jurado-

Gamez e coll. (1011), hanno riportato valori elevati di malondialdeide e 8-OHdG in un gruppo

di pazienti con OSAS grave che si ripristinavano successivamente al trattamento con CPAP.

Kizawa e colleghi nel 2009 hanno valutato 37 pazienti OSAS e 38 controlli mostrando che i

valori di angiotensina II, VEGF e LDL ossidate erano maggiori nei pazienti OSAS rispetto ai

controlli. Altri studi non hanno mostrato invece l’aumento dello stress ossidativo nell’OSAS

(Svatikova e coll., 2005). Nel nostro studio è stato osservato un aumento degli indici di

AOPP ed una diminuzione del GSH e FRAP rispetto ai controlli, suggerendo per i pazienti

con sindrome delle apnee ostruttive in sonno compromissione delle difese antiossidanti ed

aumento del danno ossidativo proteico. La correlazione tra AHI e FRAP suggerisce che i

pazienti con indice di apnea-ipopnea più elevato presentino una minore capacità

antiossidante plasmatica.

I risultati ai test neuropsicologici indicano che nei pazienti OSAS vi è un peggior

profilo prestazionale nelle prove attentive ed esecutive frontali, in accordo con Naegele

(1998) e Feuerstein (1997) e Lee (1999). Le cause più comunemente ipotizzate quali

responsabili del declino cognitivo in questi pazienti sono l’ipossiemia (Findley e coll., 1986;

Beebe e coll., 2003; Naismith e coll., 2004; Chiang e coll., 2006; Naegele e coll., 1998), i

frequenti aumenti della pressione intracranica correlati agli eventi apnoici (Hayakawa e coll.,

1996) e la frammentazione del sonno (Aloia e coll., 2004) anche se, in quest’ultima ipotesi, è

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stato spesso utilizzato come parametro “indiretto” l’indice AHI (supponendo quindi che chi

presentava un indice di apnea maggiore avesse un sonno più disturbato). Daurat e coll.

(2008), hanno proposto come miglior predittore dei deficit mnesici il numero di arousal

suggerendo una connessione tra deficit della memoria episodica e quelle aree corticali

particolarmente sensibili alla frammentazione di sonno, come l’ippocampo. Alcuni autori

(Engleman e coll., 2000; Boland e coll., 2002; Beebe e coll., 2003, Wallace e Bucks., 2013)

non hanno riscontrato alcuna correlazione tra disfunzione cognitiva e severità dell’OSAS;

contrariamente in una review condotta da Aloia nel 2004 è stata osservata una correlazione

positiva tra gravità dell’OSAS e compromissione della vigilanza, delle funzioni attentive e

della funzione globale cognitiva. Stessa tendenza è stata riscontrata in un esteso studio

epidemiologico (studio APPLES) del 2011 in cui vi era una modesta correlazione dell’ indice

di apnea con la compromissione delle funzioni cognitive, ma solo nei pazienti con AHI

superiore a 50 eventi/ora rispetto ai pazienti con indice di apnea/ipopnea lieve. Nel 2003

Beebe e Gozal hanno proposto il “modello prefrontale” volto a spiegare la possibile

associazione tra compromissione delle funzioni esecutive, dell’ipossiemia/ipercapnia e

frammentazione del sonno. In questo modello si suppone che l’ipossia intermittente assieme

alla frammentazione ipnica possa impedire i fisiologici processi ristorativi del sonno alterando

l’omeostasi cellulare ed il network neuronale e gliale in particolari zone cerebrali più

vulnerabili come le regioni prefrontali in cui presiedono le funzioni esecutive (Figura 2). Altri

autori hanno invece ipotizzato che i deficit delle funzioni cognitive superiori, come quelle

esecutive, siano in realtà imputabili a deficit di funzioni cognitive più semplici (attenzione e

velocità psicomotoria) (Verstraeten e Cluydts, 2004) e che la compromissione della vigilanza

sia responsabile dei deficit mnestici ed attentivi. I nostri dati sottolineano il ruolo

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dell’alterazione del sonno nella compromissione neuropsicologica dei pazienti piuttosto che

dal disturbo respiratorio in sonno di per sè data la correlazione osservata tra test NPS e vari

parametri macro e microstrutturali. I pazienti con OSAS presentano una riduzione

dell’efficienza di sonno ed una riduzione del sonno ad onde lente implicato, secondo l’ipotesi

di Tononi e Cirelli, nel mantenimento di una corretta omeostasi sinaptica, attraverso

l'effettuazione di un processo di downscaling sinaptico a carico dei collegamenti instaurati

nella giornata precedente, in grado di ottimizzare l'allocazione di importanti risorse quali

energia e spazio ed un miglioramento del rapporto segnale-rumore con benefici sulla

memoria, dato l'aumento relativo delle connessioni neurali significative e delle risorse,

spaziali e biochimiche, disponibili per l'apprendimento del giorno successivo. Il sonno

rappresenterebbe pertanto il prezzo che paghiamo per la plasticità, e la sua funzione

consisterebbe nella regolazione omeostatica del peso sinaptico nei circuiti neuronali (Tononi

e Cirelli, 2003, 2006): il suo vero ruolo nell’apprendimento sarebbe pertanto quello di

ottimizzare il cervello per l’apprendimento del giorno successivo. Per quanto riguarda la

microstruttura, numerose osservazioni riportano il ruolo del CAP nei processi mnesici. In

particolare, l’analisi polisonnografica condotta su un individuo dalle notevoli capacita

mnemoniche (Ferini-Strambi e coll., 2004) ha fatto riscontrare una maggiore fluttuazione

dell'arousal nel sonno NREM (CAP), con un aumento delle fasi A1 ed una proporzionale

diminuzione delle A2 e delle A3, quindi con una tendenza inversa a quella osservata nei

nostri pazienti, implicate nel passaggio dalla sincronizzazione del sonno a onde lente alla

desincronizzazione della fase REM e spesso associate ad arousal.

Le correlazioni tra modificazioni della microstruttura del sonno e test neuropsicologici

sottolineano ulteriormente come il sottotipo A1 sia correlato con un migliore funzionamento

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cognitivo, mentre le A3 con una peggiore performance nell’esecuzione di tali test. In un

protocollo sperimentale, Ferri e colleghi (2010) hanno alterato il sonno di volontari sani,

inducendo una riduzione del sonno a onde lente ed un incremento del CAP rate e degli indici

dei vari sottotipi. Nella notte non frammentata, le percentuali di A1 ed A3 erano correlate

rispettivamente in modo negativo e positivo con i tempi di reazione. Ad ogni modo secondo

gli autori, dato che soltanto alcuni test neuropsicologici si alterano dopo la notte con sonno

frammentato, sarebbe possibile ammettere una persistenza ed anzi un aumento di una

transitoria attività ad onde lente contenuta nei sottotipi A1, che esita in un aumento spettrale

nelle frequenze più lente. Più recentemente Aricò e colleghi (2010) hanno confermato la

relazione tra il numero di fasi A1 nella notte e la prestazione nel giorno successivo per le

funzioni frontali (fluenza verbale, memoria di lavoro e apprendimento verbale), mentre il

numero di A3 e apparso inversamente correlato al risultato nel Trial Making Test (A, B).

Pertanto si è potuta confermare l'ipotesi dell'esistenza di un'influenza positiva delle fasi A1

sul funzionamento cognitivo, mentre A2 ed A3 hanno mostrato un’associazione con una

peggiore performance. Dai nostri dati emerge una correlazione inversa dell’indice di A1 con l’

effetto interferenza-tempo allo Stroop e con il numero degli errori perseverativi al WCST-M.

Al follow-up, effettuato dopo sei mesi di utilizzo di CPAP, si è osservata la

normalizzazione dei parametri poligrafici (indice di apnea ed ipopnea e di saturazione di

ossigeno) con miglioramento della struttura del sonno e della vigilanza valutata con

metodiche obiettive e soggettive. L’utilizzo della CPAP migliora i sintomi notturni e diurni, la

sonnolenza diurna, normalizza il rischio di incidenti stradali e lavorativi e di sviluppare

comorbidità vascolari, in particolare l’ipertensione (Chobanian e coll., 2003). Nel 2005 Marin

e coll. hanno pubblicato su Lancet uno studio osservazionale che compara l’incidenza di

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eventi cardiovascolari fatali (infarto del miocardio ed ictus) e non fatali (infarto del miocardio

e ictus non fatale, intervento di bypass arterioso coronarico e angiografia coronarica

transluminale percutanea) in maschi semplici russatori, in pazienti con OSA non trattata, in

pazienti trattati con CPAP e in pazienti sani reclutati tra la popolazione generale. I risultati di

questo studio hanno mostrato che OSA grave — ma non il russamento — aumenta in modo

significativo il rischio di eventi cardiovascolari fatali e non fatali. Il trattamento con CPAP

almeno 4 ore per notte riduce tale rischio. Nella nostra popolazione il 17,8 % dei pazienti ha

rifiutato il trattamento, in linea con gli studi che dimostrano che tra il 4,5 ed il 31% dei pazienti

rifiuta la terapia ventilatoria prescritta, mentre nei pazienti che accettano il trattamento

l’aderenza ad un anno, varia tra il 17% ed il 70% (Santin e coll., 2007; Weaver e coll., 2008;

Ghosh e coll., 2012). Tra le variabili che maggiormente influenzano la compliance non

troviamo solo l’indice di massa corporea e quello di apnea, le pressioni efficaci della CPAP in

cmH20 ma anche il grado di sonnolenza, tolleranza, influenze esterne. Una maggiore

compliance è associata alle condizioni che possono trarre dall’utilizzo un beneficio

immediato ed evidente come ad esempio la riduzione dell’eccessiva sonnolenza diurna.

Sono risultati meno tolleranti i pazienti non obesi, con gravità di malattia minore, di sesso

femminile, con pressioni di titolazione elevate e nei soggetti sottoposti a forti influenze

esterne come fastidio o insofferenza presentato dal compagno di letto (Edinger e coll., 1994;

Weaver e coll., 2001).

Dal punto di vista cognitivo con la CPAP si è osservata una riduzione degli errori

perseverativi al WCST-M, un miglioramento della efficienza nell’esecuzione dell’TMTA e B e

una tendenza al miglioramento dell’effetto interferenza-tempo allo Stroop. Tale

miglioramento è verosimilmente mediato dall’effetto della CPAP sulla stabilità del sonno,

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descritta dai parametri CAP; infatti le fasi CAP definiscono un’oscillazione con una frequenza

<1 Hz e in una serie di lavori sperimentali e clinici, è stato dimostrato che le oscillazioni con

frequenza inferiore ad 1 Hz, di origine corticale, sono espressione di stati tonici di ridotta

attivazione e sono fondamentali per indurre una connettività corticale tra differenti aree

cerebrali (con le cosidette slow oscillation), giocando un ruolo fondamentale nell'organizzare

la complessa struttura del sonno NREM (Steriade, 2005).

Per quanto attiene lo stress ossidativo l’utilizzo della CPAP ha determinato un aumento

significativo del FRAP, parametro che potrebbe essere quindi utilizzato per monitorare non

solo la gravità del danno ossidativo ma anche l’efficacia della terapia con CPAP. L’ aumento

della produzione e della liberazione dei ROS (radicali liberi dell’ ossigeno) sembra avere

numerose conseguenze tra cui l’incremento dell'espressione di molecole di adesione (CD15-

CD11, I-CAM-1, V-CAM1, E- sectin), promozione dell’aggregazione piastrinica, riduzione dei

livelli di NO di derivazione endoteliale del rolling dei linfociti Th e dell’ ossidazione delle LDL

portando infine a danno endoteliale e alla formazione della placca ateromasica (Hoffmann e

coll., 2004). Lo stress ossidativo e la disfunzione endoteliale sembrano in quest’ottica essere

“l’anello” di congiunzione che giustifica l’ associazione tra sindrome delle apnee ostruttive in

sonno e complicanze cerebro e cardiovascolari.

In conclusione emerge che l’obesità e l’ipotiroidismo non siano semplicemente due

possibili fattori di rischio per la sindrome delle apnee ostruttive in sonno, ma anche

possibili fattori aggravanti di tale patologia. Appare pertanto indispensabile valutare la

funzione tiroidea in tutti i pazienti OSAS in quanto portatori, a parità di gravità di malattia, di

una maggior compromissione della vigilanza sia obiettiva che soggettiva e di una maggiore

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incidenza del sintomo fatica con peggiore qualità di vita ed un maggior rischio di incidenti

stradali e lavorativi. Secondo i nostri dati la terapia con CPAP, attraverso la

normalizzazione dei parametri macro e microstrutturale del sonno, permette di migliorare le

prestazioni cognitive dei pazienti OSAS e di aumentare le capacità antiossidanti

plasmatiche con conseguente riduzione del rischio di danno endoteliale e quindi di

complicanze cardio e cerebrovascolari.

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APPENDICE

Figure e Tabelle

Figura 1. Principali meccanismi di disfunzione miocardica nei pazienti OSAS. Modificato da Schittano e coll.,

2012.

OSAS

Aumento ROS e

disfunzione

endoteliale

Flogosi

endovascolare

Aumento postcarico

Diminuzione precarico

Vasocostrizione capillari

polmonari

aumento pressione

transmurale ventricolo

Sx

Attivazione SNA Effetti Meccanici

ATEROSCLEROSI

ipercoagulabilità

Aterosclerosi

Aumento

produzione IL6,

IL8, TNFalfa,

PCR, ICAM1,

VCAM

RIMODELLAMENTO

CARDIACO

ISCHEMIA

MIOCARDICA

DISFUNZIONE MIOCARDICA

SISTO-DIASTOLICA

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Fig. 2 Modello Prefrontale. Modificato da Beebe e coll., 2002

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Fig 3 Correlazione positiva tra indice di apnea-ipopnea e CAP rate

Fig. 4 Correlazione negativa tra CAP rate nel sonno profondo e latenza media all’addormentamento al test delle

latenze multiple al sonno

CA

P r

ate

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Fig 5 : Correlazione negativa tra AHI e MSLT: all’aumentare della gravità della sindrome peggiora la sonnolenza

diurna.

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76

Tabella 1: Principali sintomi e segni della sindrome delle apnee ostruttive in sonno

Diagnosi OSAS:

AHI > 5 + almeno uno dei seguenti sintomi

- Sonnolenza diurna, stanchezza, sonno non riposante

o insonnia.

- Risvegli con sensazione di soffocamento.

- Forte russamento e/o pause respiratorie nel sonno

riferite dal partner.

Gravità OSAS:

Lieve: 5-15 eventi/ora

Moderata:15-30 eventi/ora

Grave: >30 eventi/ora

AHI>15

Tabella 2: Criteri diagnostici di sindrome delle apnee ostruttive nel sonno nell’adulto (ICSD-2, 2005) e severità

dell’OSAS (AASM 2005).

Sintomi

[A] Russamento abituale (tutte le notti) e persistente (da almeno 6 mesi).

[B] Pause respiratorie nel sonno riferite dal partner.

[C] Risvegli con sensazione di soffocamento in soggetto russatore (non necessariamente abituale).

[D] Sonnolenza diurna.

Segni

[A] BMI > 29.

[B] Circonferenza del collo > 43 cm (M) o 41 cm (F).

[C] Dismorfismi cranio–facciali ed anomalie oro–faringee (ovvero situazioni anatomiche che determinano una riduzione del

calibro delle prime vie aeree).

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Tabella 3. Modificata da Bucks e coll., 2012. NV indica che quel particolare dominio non è stato valutato nell’articolo. N+,

pazienti OSAS differivano significativamente da dati normativi; C+, pazienti OSAS differivano significativamente dai controlli; N-,

non evidenti differenze di pazienti OSAS con dati normativi; C-, non evidenti differenze tra pazienti OSAS e controlli; S+,

peggiore performance cognitiva nei soggetti OSAS con sindrome più grave; S-, nessuna relazione con gravità dell’ OSAS

Dominio

cognitivo

Sotto

domini

o

Confronto pazienti tra pazienti OSAS con dati

normativi o controlli

Numero di

revisioni in

cui vi sono

differenze

significative

tra pazienti

OSAS/ dati

normative

o controlli

Relazione tra

funzioni

cognitive e

gravità dell’

OSAS

Meta-analisi Revisioni della

letteratura

Revisioni della

letteratura

Fulda

2003

Beebe

2003

Wallace

2013

Aloia

2004

Sauna

maki

2007

Aloia 2004

Funzioni

esecutive

C+

N+,

C+ NV C+ C+ 5/5 S-

Memoria

di lavoro C- NV NV NV C+ 1/2 NV

Memoria

Memoria

a breve

termine

C- NV NV NV C+ 1/2 NV

Memoria

Immediat

a a lungo

termine

Verbale C- *N-,

C- N+, C+

NV

NV 2/5 NV

Visiva *C-

*N-,

C+ N+, C- NV 2/5

Visuo-

spaziale NA NV N-, C+ NV NV 1/2 NV

Memoria

a lungo

termine

Verbale C+ N+,

C- N-, C+

C+

NV 4/6

S-

Visiva *C+ N-,

C+ NV NV 3/4

Visuo-

spaziale NA NV N-, C- NV NV 0/2 NV

Attentione /

Vigilanza

C+ C+ NV *C+ NV 3/3 *S+

Linguaggio

C+ N+,

C- NV C- C- 2/5 S-

Abilità Visuo-

spaziale/

Costruttiva

C- N-,

C+ NV C+ C+ 3/5 S-

Funzione

psicomotoria

C-

N-,

C+ NV C+ C- 2/5 S-

Funzione

cognitive

globale

C+ N+,

C- NV *C- NV 2/4 *S+

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Autori Pz OSAS Controlli Durata

trattamento

Funzioni esecutive post-trattamento Conclusioni

Bédard e

coll., 1993

N=10, OSA

moderata-

severa, tutti

M

N=10, associati

per età ed

educazione, tutti

M

6-10 mesi Trail Making Test-B0, Fluency-p0,

Rey-Osterreith Complex Figure Test

(Copy)=HC, Mazes+

La persistenza dei deficit

esecutivi potrebbe essere

associata con la gravità

dell’ipossemia notturna

Ferini-

Strambi e

coll., 2003

N=23, OSA

severa, 21

M

N=23, associati

per età ed

educazione, 19

M

4 mesi Digit Span-Forward N , Digit Span-

Backward N, Corsi’s block-tapping test

N, Trail Making Test-BN, Stroop-

performance timeN, Stroop-errors0,

Phonological fluencyN, Rey-Osterreith

Complex Figure Test (Copy)0,

Raven’s progressive matrices0

L’ipossemia notturna correla

con le performances pre-

trattamento nella Fluency-p e

ROCFT

Feuerstein

e coll., 1997

N=10, OSA

moderata-

severa, tutti

M

N=10, associati

per età,

intelligenza

verbale,

educazione, tutti

M

4-6 mesi Digit Span-Forward0, Digit Span-

Backward0, Corsi’s block-tapping test

0, Double enconding task0, Trail

Making Test-BN, Stroop-performance

time=HC, Wisconsin Card Sorting Test-

number of categoriesN, Wisconsin

Card Sorting Test-perseverative

errors=HC, Phonological fluencyN

Deficit esecutivi persistenti

manifestati come difficoltà

nell’acquisire informazioni per

la memoria di elaborazione

Naëgelé e

coll., 1998

N=10, OSA

moderata-

severa, tutti

M

N=10, associati

per età,

intelligenza

verbale,

educazione, tutti

M

4-6 mesi Digit Span-Forward0, Digit Span-

Backward0, Corsi’s block-tapping

test0, Double encoding task0, Trail

Making Test-BN, Stroop-performance

time=HC, Wisconsin Card Sorting Test-

number of categories0, Wisconsin

Card Sorting Test-perseverative

errors=HC, Phonologicall fluencyN

I deficit persistenti potrebbero

essere correlati con le

disfunzioni frontali,

potenzialmente associati ad

ipossiemia pre-trattamento e

frammentazione del sonno

Thomas e

coll.,2005

N=16, OSA

severa, 15

M

N=16, OSA

severa, 15 M

6 settimane Verbal 2-back task0

La working memory potrebbe

essere compromessa e

associata alla diminuita

attivazione della corteccia

prefrontale dorsolaterale

Tabella 4: modificato da Lau e coll., 2010. N indica che la performance era entro i limiti della norma nel pre-

trattamento; 0 indica che non ci sono cambiamenti nella performance post-trattamento comparata con quella pre-

trattamento; + indica miglioramenti significativi nella performance post-trattamento comparata con quella pre-

trattamento; =HC indica che la performance era comparabile al gruppo di controllo.

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Controlli

(20 pz)

OSASnob

(20 pz)

OSAS ob

(20 pz)

OSASipoTH

(10 pz) P

BMI 26.4±3,2 27.0±1.8 36.6±4.3 27.0±2.4

OSASob vs

OSASipoTH,

OSAS, controlli

p<0,05

Età 54.1±7.0 54.9±11.6 57.6±7.4 51.5±8.3 n.s.

Scolarità 11.2±4.0 11.0±4.0 8.5±3.0 9.1±3.4 n.s.

TSH 1.2±0.6 0.9±0.5 1.4±0.4 20.2±16.1

OSAS ipoTH vs

OSASob, OSAS,

controlli: p<0.01

fT3 3.7±0.4 4.1±0.6 3.9±0.5 3.0±0.9 OSAS ipoTH vs

OSAS: p<0.05

fT4 9.8±1.0 9.6±3.2 10.1±2.4 5.9±4.1

OSAS ipoTH vs

OSASob, OSAS,

controlli: p<0.05

Tabella 5: Caratteristiche delle popolazioni in studio e funzione tiroidea.

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Controlli (N)

(20 pz)

OSASnob

(20 pz)

OSAS ob

(20 pz)

OSASipoTH

(10 pz) P

TTS 412,4±23,6 371,4±47,9 328,3±65,1 371,1±51,1

OSASob vs

controlli p=0,009

LS 23,0±10,5 25,9±22,0 19,0±15,2 14,7±10,9 n.s

WASO 27,4±19,5 69,0±45,4 81,3±71,1 62,6±49,3

OSASob vs

controlli p=0,03

ES% 90,3±5,9 80,8±10,5 74,3±15,7

80,0±10,3 OSASob vs

controlli p=0,03

Latenza

1°REM 104,9± 46,2 190,4±99,5 178,9±93,4 130,6±114,0 n.s.

N1% 4,2 ±3,6 10,7±4,1 12,5±7,8 7,9±5,2

OSASob vs

controlli p=0,001

OSAS vs

controlli p=0,01

N2% 47,7±6,6 59,9±5,3 57,7±6,3 58,2±4,3

OSASob, OSAS

vs controlli

p=0,001

OSASipoTH vs

controlli p=0,002

N3% 24,1± 4,2 18,7±4,1 18,5±5,1 17,4±5,4

OSASob vs

controlli p=0,02

OSAS vs

controlli p=0,003

OSASipoTH vs

controlli p<0,001

REM% 23,9± 6,2 16,8±11,3 11,8±4,6 11,7±5,4

OSASob e

OSAS vs

controlli P<0,001

OSASipoTH vs

controlli p=0,003

Tabella 6: Parametri macrostrutturali nei 4 gruppi esaminati. TTS= tempo totale di sonno in minuti; LS= latenza al

sonno in minuti; WASO (Wake After Sleep Onset) Veglia Infrasonno dopo l’addormentamento in minuti. N1%=

percentuale stadio 1 NREM/tempo totale di sonno; N2%= percentuale stadio 2 NREM/tempo totale di sonno;

N3%= percentuale sonno a onde lente/tempo totale di sonno; REM%= percentuale sonno REM/tempo totale di

sonno.

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Controlli (N)

(20 pz)

OSASnob

(20 pz)

OSASob

(20 pz)

OSASipoTH

(10 pz)

p

CAP rate % 36,2±13.1 43,0±11,2 55,4±15,2 50,9±8,5 OSASob vs controlli

p=0.009

CAP Time 102.6±45,9 139,4±41,0 178,4±65,9 157,8±38,4 OSASob vs controlli

p=0.009

CAP Rate%N1 19,1±12.0 22,1±18,1 41,0±23,5 29,0±24.7 n.s

CAP Rate%N2 28,1±19,0 43,7±12,7 46,5±17,1 52,3±8,2

OSASob vs controlli

p=0,06

OSASipoTHvs controlli

p=0,03

CAP_Rate%N3 56,9±22.7 53,7±19,8 67,9±30,2 70,9±28,1 n.s

A1% 56,6±20,9 30,8±18,2 23,4±10,1 12,0±10,2 OSASipoTHvs controlli

p=0,05

A2% 29,9±15,0 28,5±13,1 34,6±10,8 34,8±20,9 n.s

A3% 12,6±8,3 40,7±26,3 42,0±17,2 53,2±30,4 OSASipoTH, OSAS

nob, OSASob p=0.05

Indice A1 26,3±9,4 13,1±9,4 12,0±6,2 5,5±4,5 OSASipoTHvs controlli

p=0,05

Indice A2 12,9±7,3 11,8±8,0 17,6±6,5 16,2±10,0 n.s

Indice A3 5,4±10.5 14,0±9,4 22,5±15,4 22,4±12,4 OSASipoTHvs controlli

p=0,05

Durata Media A 10,2±4,2 17,3±6,9 14,5±6,6 22,6±5,9

OSAS e controlli vs

OSASipoTH

p 0,05

Durata Media B 25,5 5,6 30,6±5,3 26,0±4,1 26,0±5,9 n.s

Durata Media A1 8,0 2,5 10,4±2,7 9,8±3,4 16,0±4,1 n.s

Durata Media A2 12,9±5,4 18,5±5,2 15,9±7,4 22,6±5,9 OSASipoTH vs controlli

p0,05

Durata Media A3 12,4±6,4 19,5±7,0 16,0±8,3 23,4±6,7 OSASipoTH vs controlli

p0,05

Durata Media Cicli 35.5±9,2 47,8±9,5 40,5±9,6 48,2±11,5 n.s

Tabella 7: Parametri microstrutturali. CAP= Cyclic Alternating Pattern; CAP time= tempo trascorso in CAP; CAP

rate= rapporto percentuale tra tempo totale di CAP e tempo totale di sonno NREM; A1%, A2%, A3%: percentuale

delle fasi A1,A2,A3; indice A1,A2,A3 indica il numero delle diverse fasi A per ora di sonno.

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Tabella 8: parametri poligrafici a confronto. AHI (indice di apnea-ipopnea/ora): numero di apnee-ipopnee per ora

di sonno; Sa02min: livello minimo di saturazione di 02 raggiunto; Sa02 media: saturazione media di 02;

SaO2T<90%: percentuale del tempo totale di sonno trascorso con Sa02<90%; PLMS index: indice di PLMS =

numero di PLM/ore di sonno.

Controlli

(20 pz)

OSASnob

(20 pz)

OSASob

(20 pz)

OSASipoTH

(10 pz) P

AHI 5.5±3.4 46.3±15.4 52.4±24.3 52.1±24.3

controlli vs

OSASnob,

OSAS ob,

OSASipoTH

p<0.03

Apnee

OSTRUTTIVE 17.4±17.4 320.4±146.3 261.7±180.5 197±147.0

controlli vs OSAS,

OSASob p<0.01

Apnee

CENTRALI 3.1±4.3 8.4±13.2 7.8±10.0 12.8±13.1

controlli vs

OSASipoTH p<0.05

Apnee MISTE 1.1±1.2 42.3±64.6 18.9±28.4 134.8±139.8 controlli vs

OSASipoTH p<0.05

Ipopnee 13.1±18.6 27.3±36.4 44.6±60.2 5.6±4.3 n.s.

SaO2media 94.2±2.2 92.3±2.6 89.6±5.1 90.2±5.0

controlli vs OSAS ob:

P<0.001

controlli vs

OSASipoTH: P=0.05

SaO2min 85.3±5.6 77.8±11.1 69.3±14.6 67.4±8.5

controlli vs OSAS ob:

P<0.001

controlli vs OSASnob

ipoTH: P<0.003

SaO2T<90% 3.3±5.0 22.7±21.4 33.7±28.8 22.0±14.1

controlli vs OSASob:

P<0.001

controlli vs

OSASnob,

OSASipoTH: P=0.05

PLMS index 3.3±6.9 1.5±5.1 4.8±3.0 2.1±4.0 ns

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Controlli (N)

(20 pz)

OSASnob

(20 pz)

OSAS ob

(20 pz)

OSASipoTH

(10 pz)

p

MSLT media

14.3±4.2 9.0±3.0 7.2±2.6

6.4±3.5

controlli vs OSASob,

OSASnob,

OSASipoTH. p<0.001

Prova 1

MSLT

12,8 ±6,4 7.6±5.4 5.4±2.4

3.7±2.8

controlli vs

OSASipoTH: p=0.001

controlli vs OSASOb:

p<0,05

Prova 2

MSLT. 14,3± 5.9 7.8±5.1 7.0±2.7

6.8±3.3

controlli vs

OSASipoTH.: p=0,001

controlli vs OSASnob,

OSASOb p<0.05

Prova 3

MSLT 14,4±5,1 8.3±3.7 6.9±3.3

5.2±4.2

controlli vs

OSASipoTH.p: 0,01

controlli vs OSASnob,

OSASOb p<0.05

Prova 4

MSLT 14,1 ±5.9 10.6±5.5 8.0±3.2

7.1±4.7 controlli vs OSASipoTH

p<0.01

Prova 5

MSLT 15.6 ±5.6 10.7±5.0 9.0±3.5

9.7±6.6 controlli vs

OSASipoTHp=0.05

Tabella 9:Risultati al test delle latenze multiple al sonno nei 4 gruppi studiati.

Page 84: Sindrome delle Apnee Ostruttive in Sonno, Ipotiroidismo e ... · risveglio vero e proprio del soggetto, con conseguente ripristino del tono muscolare faringeo, intenso russamento

84

Controlli

(20 pz)

OSASnob

(20 pz)

OSASob

(20 pz) OSASipoTH

(10 pz)

p

Digit Span Avanti 5,9±1,0 5,6±1 5,5±1,1 6,3±1,6 n.s.

Matrici Attentive 50,0±3,7 48,1±4,9 52,1±3,0 53,5±1,6 n.s.

TMT A 41,3±13,4 46,9±28,8 49.3±14,6 47,7±19,4 n.s.

TMT B 58,1±19,0 63,1±53,6 80,7±37.4 50,4±54,4 n.s.

TMT B-A 16,6±22,1 15,6±31,8 31,6±36,8 13,6±39.9 n.s.

Figura complessa di Rey

(copia) 32,9±3,2 33,0±3,5 34,1±2,8 34,1±2,3 n.s.

Figura Complessa di Rey

(Riproduzione Immediata) 16,2±6,1 16,8±5,9 18,3±8,9 22,5±5,7 n.s.

Figura Complessa di Rey

(Riproduzione Differita) 16,1±6,2 17,0±5,7 18,5±9,7 19,4±3,9 n.s.

Memoria Di Prosa

(Rievocazione immediata) 6,1±0,8 5,7±1,9 5,6±1,4 6,4±1,8 n.s.

Memoria Di Prosa

(Rievocazione differita) 5,5±0,8 5,2±2,3 5,3±1,4 5,2±1,5 n.s.

Matrici Progressive di

Raven 31,6±2,0 30,7±3,6 32,8±1,6 34,0±10,2 n.s.

Fluenza Fonemica 40,3±9,2 36,9±9,7 37.8±10,5 42,9±4,5 n.s.

Fluenza Semantica 47,5±10,2 45,7±8,4 51,2±12,9 51,1±7,9 n.s.

Span Spaziale 5,9±0,9 4,9±0,6 5,1±0,9 5,0±0,5 n.s.

Stroop interferenza tempo 12,2±3,1 17,9±7,3 14,4±7,7 15,9±8,8 n.s.

Stroop interferenza errori 0,9±0.6 1±2,2 0,8±1,6 0,8±0,4 n.s.

DSST 11,8±2,0 11,4±1,7 10,7±1,9 11,7±3,1 n.s.

WCST Modified

Categorie 6,0±1,2 5,6±1,9 5,9±1,7 5,7±1,0 n.s.

WCST Modified

Errori perseverativi 1,3±1,7 2,2±2,4 2,9±2,5 2,5±2,3 n.s.

Tabella 10: Punteggi corretti ottenuti nei vari test neuropsicologici nei 4 gruppi.

Page 85: Sindrome delle Apnee Ostruttive in Sonno, Ipotiroidismo e ... · risveglio vero e proprio del soggetto, con conseguente ripristino del tono muscolare faringeo, intenso russamento

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Controlli

OSAS

pre-CPAP

OSAS

post-CPAP

P

Pre e Post CPAP

TTS 412,4±23,6 353,1±45,5 379,2±44,1 n.s

LS 23,0±10,5 25,1±18,3 19,0±13,6 n.s

WASO 27,4±19,5 61,3±46,8 41,1±21,3 n.s

ES% 90,3±5,9 79,9±10,8 86,0±6,8

0,04

Latenza 1°REM 104,9± 46,2 160,8±85,6 116,7±86,8 0,02

N1% 4,2 ±3,6 7,9±3,6 8,0±7,2 n.s

N2% 47,7±6,6 57,7±6,6 42,8±11,8 0,003

SWS% 24,1± 4,2 17,1±4,7 29,1±11,3 0,007

REM% 23,9± 6,2 16,0±9,3 20,0±5,3 0,05

AHI 5.5±3.4 30,4 ±18,2 6,7± 6,0 0,008

SaO2min 85.3±5.6 87,0±4,8 92,0±3,4 0,004

SaO2media 94.2±2.2 93,2± 3,4 96,6± 1,1 0,005

SaO2T<90% 3.3±5.0 19,4± 27,2 0,3± 0,3 0,004

Tabella 11: Follow-Up. Parametri macrostrutturali e poligrafici pre e post terapia con CPAP. TTS= tempo totale di

sonno in minuti; LS= latenza al sonno in minuti; WASO (Wake After Sleep Onset) Veglia Infrasonno dopo

l’addormentamento in minuti. N1%= percentuale stadio 1 NREM/tempo totale di sonno; N2%= percentuale stadio

2 NREM/tempo totale di sonno; SWS%= percentuale sonno a onde lente (SWS= slow wave sleep)/tempo totale

di sonno; REM%= percentuale sonno REM/tempo totale di sonno; AHI (indice di apnea-ipopnea)= numero di

apnee-ipopnee per ora di sonno.

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Controlli OSAS pre-CPAP OSAS post CPAP

P

Pre e Post CPAP

CAP rate % 36,2±13.1 43,6 ±9,0 24.6 ±11.3 0,02

CAP Time 102.6±45,9 133,8±35,8 80.1±40.1 n.s.

CAP Rate%N1 19,1±12.0 30,1±25,0 11.2±13.3 n.s.

CAP Rate%N2 28,1±19,0 38,8±13,1 17.9±11.3 0,05

CAP Rate%N3 56,9±22.7 59,6±11,1 42,8±11,1 0,05

A1% 46,6±20,9 24,2±13,4 53.6±9,8 0,02

A2% 19,9±15,0 27,4±15,0 27,2±5,6 n.s

A3% 12,6±18,3 48,4±23,8 19,2±8,8 0,02

Indice A1 26,3±9,4 12,1±9,4 18.5±10.5 n.s

Indice A2 12,9±7,3 12,3±9,2 8.9±6.4 n.s

Indice A3 5,4±10.5 15,6±8,9 9.2±6.5 n.s

Durata Media A 10,2±4,2 14,8±7,4 12.2±4.8 n.s

Durata Media B 25,5 5,6 26,7±6,8 26.3±3.1 n.s

Durata Media A1 8,0 2,5 9,6±3,2 9.8±4.0 n.s

Durata Media A2 12,9±5,4 15,4±5,6 15.7±7.0 n.s

Durata Media A3 12,4±6,4 16,2±7,9 15.4±6.6 n.s

Durata Media Cicli 35.5±9,2 41,3±10,0 38.0±6.5 n.s

Tabella 12. Follow Up: Parametri microstrutturali pre e post terapia con CPAP. CAP= Cyclic Alternating Pattern;

CAP time= tempo trascorso in CAP; CAP rate= rapporto percentuale tra tempo totale di CAP e tempo totale di

sonno NREM; A1%, A2%, A3%: percentuale delle fasi A1,A2,A3; indice A1,A2,A3 indica il numero delle diverse

fasi A per ora di sonno.

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87

Tabella 13. Follow-Up: Risultati al test delle latenze multiple al sonno pre e post terapia con CPAP. La latenza al

sonno è espressa in minuti.

Controlli

OSAS

pre CPAP

OSAS

post CPAP p

MSLT media 14.3±4.

2 9,6±3,4

14,2±4,0 0,04

Prova 1

MSLT

12,8 ±6,4 7,0±3,4 12,0±4,4 0,03

Prova 2

MSLT. 14,3± 5.9 8,7±4,8 14,6±5,8 0,04

Prova 3

MSLT

14,4±5,

1 7,8±3,5 13,2±5,0 0,05

Prova 4

MSLT 14,1 ±5.9

13,2±4,8 15,0±4,6 n.s

Prova 5

MSLT 15.6 ±5.6

11,6±5.7 16,1±4,9 n.s

Page 88: Sindrome delle Apnee Ostruttive in Sonno, Ipotiroidismo e ... · risveglio vero e proprio del soggetto, con conseguente ripristino del tono muscolare faringeo, intenso russamento

88

Controlli (N)

OSAS

Pre CPAP

OSAS

Post CPAP

p

Pre e Post-

CPAP

Digit Span Avanti 5,9±1,0 5.7±1.2 5.7±1.3 n.s.

Matrici Attentive 50,0±3,7 45.8±4.3 48.1±5.9 n.s.

TMT A 41,3±13,4 51.5±9.8 42.6±9.6 0.05

TMT B 58,1±19,0 91.1±33.5 82.6±31.9 0.03

TMT B-A 16,6±22,1 39.3±19.7 39.3±26.4 n.s.

Figura complessa di Rey

(copia) 32,9±3,2 32.8±4.5 31.9±2.0 n.s.

Figura Complessa di Rey

(Riproduzione Immediata) 16,2±6,1 18.6±7.0 19.3±4.6 n.s.

Figura Complessa di Rey

(Riproduzione Differita) 16,1±6,2 19.8±4.7 19.1±5.1 n.s.

Memoria Di Prosa

(Rievocazione immediata) 6,1±0,8 5.8±1.3 6.6±6.8 n.s.

Memoria Di Prosa

(Rievocazione differita) 5,5±0,8 5.7±1.2 6.0±0.4 n.s.

Matrici Progressive di Raven 31,6±2,0 30.6±3.7 31.5±2.9 n.s.

Fluenza Fonemica 40,3±9,2 36.0±5.2 41.4±11.6 0.05

Fluenza Semantica 47,5±10,2 46.3±9.1 54.3±13.6 0.05

Span Spaziale 5,9±0,9 5.0±0.8 4.9±0.7 n.s.

Stroop interferenza tempo 12,2±3,1 14.8±4.1 12.9±3.3 n.s.

Stroop interferenza errori 0,9±0.6 0.2±1.1 0.3±0.1 n.s.

DSST 11,8±2,0 11.7±2.0 13.2±1.6 n.s.

WCST Modified

Categorie 6,0±1,2 6.2±1.7 6.7±1.0 n.s.

WCST Modified

Errori Perseverativi 1,3±1,7 2.8±0.6 0.9±1.2 0.05

Tabella 14. Follow-up. Punteggi corretti ai test neuropsicologici pre e post terapia con CPAP.

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