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n°25 Dicembre 2013 STEEL MARKET OUTLOOK Dicembre 2013 SPECIALE 2013

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Un breve outlook sul mondo italiano dell'acciaio

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13STEEL

MARKET OUTLOOK

Dicembre 2013

Speciale 2013

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Se il 2009 è stato definito praticamente unanime-mente come l’annus horribilis della siderurgia, il 2013 non si è discostato molto da quell’anno. Chiu-sure, razionalizzazioni e crisi sono state all’ordine del giorno lungo tutti i 12 mesi, ed anche alcune realtà storiche hanno dovuto alzare bandiera bianca. Ma è tutto qui il 2013? Non c’è stato altro? Certamente no! Il 2013 è stato sì un anno durissimo, ma ha anche por-tato con sé qualche indicazione positiva. La prima è la fine della recessione. Quest’ombra nera che ha ac-compagnato l’acciaio, ma più in generale l’economia italiana, per mesi e mesi sembra essersi dissolta quasi del tutto. Il segno meno è alle spalle e si prospettano tempi migliori. Ma, purtroppo, alla crisi non seguirà uno sprint al rialzo. Ci sarà bisogno ancora di tempo per assestarsi, per riprendere a far girare le macchi-ne e soprattutto la fiducia, elemento fondamentale in qualsiasi ciclo economico.Nell’attesa di un miglioramento della situazione gene-rale, però, non bisognerà restare con le mani in mano. Viviamo un momento delicatissimo, nel quale è neces-sario compiere delle scelte, e nel quale non c’è più un paracadute. Un tempo nel quale bisogna darsi da fare, cercare di crescere e di superare montagne che sem-brano altissime, inaccessibili. Ma ogni montagna, an-che la più impervia, ha una strada che porta in cima. Ci vuole pazienza, coraggio e spirito innovativo. Come tradurlo in pratica? Noi crediamo che ci vogliano inve-stimenti, innovazione, tecnologia. Che sia necessario dare una chance ai giovani, investire in conoscenza e cercare business anche in posti ed aree che non si erano mai considerati prima. Con questi strumenti la montagna sembrerà più bassa. Buona scalata!Auguri di buone feste e per un 2014 in vetta.

il tunnel è finito…ma ora?di Emanuele Morandi

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editore: Siderweb spavia Don Milani, 5 - 25020 Flero (Bs)Tel. 030 2540006 - Fax 030 2540041e-mail: [email protected] tribunale n. 11/2004Direttore responsabile: Stefano FerrariIn redazione: Stefano Ferrari, Davide Lorenzini,Fiorenza Bonetti, Paolo Morandi e Giovanni CarliniProgetto grafico ed impaginazione:Siderweb spaNumero chiuso in redazione il:19 - 12 - 2013

(Presidente Siderweb)

Sommarion°25 Dicembre 2013

2 Emanuele Morandi IL TUNNEL è FINITO...MA ORA?

4 COILS, MINERALE FERROSO, COKE, ZINCO E NICKEL: COSA CI ASPETTA IL 2014 8 ITALIA: ANNO DIFFICILE PER L’EXPORT. CRESCE L’IMPORT. ANCHE CONSUMO APPARENTE E PRODUZIONE NEGATIVI

10 2013: ACCIAIO SOTTO LE LUCI DELLA RIBALTA

15 LA CUSPIDE DELLA CRISI

18 GOZZI: «NON SI PUO’ VIVERE DI SOLO EXPORT. PER LA RIPRESA SERVE LA DOMANDA INTERNA

20 LUNARDI: «IN VISTA UN 2014 IN TRINCEA»

22 MADE IN STEEL: ACCIAIO SEMPRE PIU’ INTERNAZIONALE 24 LA CLASSIFICA DELLE 10 NEWS PIU’ LETTE

25 LA CLASSIFICA DEI 10 VIDEO PIU’ VISTI 26 LE PUBBLICAZIONI SIDERWEB DEL 2013 29 CHE COSA CI LASCIA IL 2013

33 2013 IN SOFFERENZA PER I PREZZI DELL’ACCIAIO

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Quale direzione prenderanno i prezzi delle materie prime che alimentano il settore siderurgico? Che destino avranno i pro-

dotti finiti in acciaio? Per cercare di rispondere a queste domande, Siderweb è andata a vedere quali sono le aspettative delle istituzioni finanzia-rie e degli analisti per il 2014 dei coils a caldo, del minerale ferroso, del carbon coke, del nickel e del-lo zinco.

Acciaio – Quel che è certo, per ciò che con-cerne i coils a caldo, è che le idee sono con-fuse. Le tre previsioni che Siderweb è riuscita ad individuare, infatti, delineano tre percorsi diversi per i coils a caldo, il cui trend di fondo resta, quindi, ancora misterioso. ABN AMRO, tra i tre, si segnala per una visione più pessi-mista. La banca olandese, a fronte di un prezzo medio dei coils a caldo nel 2013 di 579 dollari la tonnellata, per l’anno prossimo si attende una discesa a 560 dollari la tonnellata (-3,3%) a causa dell’oversupply asiatica ed europea e del «disperato bisogno di un ribilanciamento e di ristrutturazione» che sta attraversando il settore. Per il 2015 le attese non sono mi-

gliori, ma anzi vedono un ulteriore riduzione di 20 dollari la tonnellata. MEPS, centro stu-di britannico specializzato nell’acciaio, invece, ha una visione diversa. Nei primi cinque mesi dell’anno, infatti, ci sarà una ripresa della side-rurgia, che avrà effetto anche sui prezzi, con un +6% nel periodo gennaio-maggio. Moody’s, infine, si attende quotazioni per il 2014 nel range compreso tra 620 e 660 dollari la ton-nellata, con un incremento, quindi, che andrà da un minimo del 7% ad un massimo del 14%.

Minerale ferroso – Se per i coils a caldo il qua-dro è ancora oscuro, per il minerale ferroso, invece, il 2014 sembra essere contraddistinto dal segno meno. Mentre nel 2013 il prezzo me-dio dell’input ha viaggiato ad un media di cir-ca 130-135 dollari la tonnellata, infatti, l’anno prossimo si verificherà una riduzione di questo valore. L’ente più ottimista sul 2014 è la Banca Mondiale, che si attende un anno in linea con il 2013, nel quale le quotazioni medie saranno di 135 dollari la tonnellata. La Banca Mondiale, poi, si spinge ben più in là, prevedendo che da qui al 2025 il prezzo medio del minerale sarà attorno ai 145 dollari la tonnellata. Sul lato op-posto della barricata c’è Goldman Sachs, per la quale il minerale scenderà nel 2014 ad una media di 108 dollari al tonnellata. Tra gli altri analisti che si sono «buttati» nelle previsioni, il Bureau of Resources and Energy Economics, ente australiano specializzato nello studio del-le risorse minerarie del Paese, sottolinea che «nel primo semestre le condizioni di mercato saranno simili a quelle di fine 2013». Per l’anno la media del prezzo del minerale sarà di 119

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coils, minerale ferroso, coke, zinco e nickel: cosa ci aspetta nel 2014

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IMEdi Stefano Ferrari

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dollari la tonnellata, lo stesso livello indicato anche da ABN AMRO (che per il 2015, però, si aspetta una limatura al ribasso delle quotazio-ni sino ai 115 dollari la tonnellata), ed un co-sto molto vicino a quello previsto da Morgan Stanley (120 dollari la tonnellata). La banca statunitense, nel primo trimestre, si attende quotazioni medie di 130 dollari la tonnella-ta, nel secondo di 120 dollari la tonnellata e, appunto, una media per l’intero anno di 120 dollari la tonnellata. L’outlook di Morgan Stan-ley, tra l’altro, è stato rivisto al rialzo, di circa il 3%, rispetto alle precedenti previsioni. Infine, per quel che concerne il minerale ferroso, JP Morgan si attende «un mercato molto simile a quello del 2013» e un prezzo medio di 125 dollari la tonnellata.

Carbon coke – Oversupply o non oversupply, questo è il problema. Attorno all’interrogativo «la domanda di carbon coke sarà inferiore o superiore alla richiesta?» si sviluppano le teo-rie e le previsioni sui prezzi del materiale per il 2014. ABN AMRO non ha dubbi: «ci aspettiamo

che la crescita dell’offerta superi l’incremento della domanda». Il che significa oversupply e prezzi in ribasso. Si spiegano così le attese per una decisa riduzione dei prezzi del carbon coke, che per la banca olandese scenderan-no da una media di 156 dollari la tonnellata nel 2013 a 135 dollari la tonnellata (-13,5%), per poi ulteriormente ripiegare nel 2015 (130 dollari la tonnellata). Bureau of Resources and Energy Economics ha un punto di vista molto diverso, segnalando che ci sarà una «forte do-manda di materiale», che sosterrà i prezzi at-torno ai 150 dollari la tonnellata. JP Morgan e Metal Expert sono ancor più ottimisti: i primi si aspettano quotazioni medie di 160 dollari la tonnellata, i secondi di 164 dollari la tonnella-ta per il 2014 (+5,1%) e di 174 dollari la tonnel-lata per il 2015.

Nickel – Il 2013 è stato un anno difficile per il nickel, con prezzi in pressoché costante calo ed una media annua inferiore ai 15.000 dollari la tonnellata. Un livello che, però, per Barclays e FC Stone non sarà mantenuto nel 2014. FC

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Stone, infatti, ritiene che «semplicemente c’è troppo nickel sul mercato. La domanda cinese, seppur in aumento, da sola non sarà sufficien-te per stabilizzare il comparto». Le ripercussio-ni sui prezzi, quindi, saranno evidenti, con i mi-nimi che potranno andare sino a 12.000 dollari la tonnellata, i massimi salire a 17.500-18.000 dollari la tonnellata ed una media annua di 14.500 dollari la tonnellata, il 3,5% in meno del 2013. Alto Capital ha una visione radical-mente diversa. A causa del posticipo di molti dei progetti di espansione mineraria preceden-temente annunciati, ci sarebbe spazio per un recupero delle quotazioni che potrebbero po-sizionarsi nel 2014 su una media di 17.500 dol-lari la tonnellata. Tra questi due estremi sono compresi anche tutti gli altri enti: Citigroup (17.000 dollari la tonnellata), Deutsche Bank (16.844), TD Securities (16.810), ABN AMRO (16.500 nel 2014 e 17.000 nel 2015), Scotia Bank (15.984 nel 2014 e 16.755 nel 2015) e CIBC, la seconda meno ottimista con 15.432 dollari la tonnellata.

Zinco – Se per nickel, minerale ferroso, coils a caldo e carbon coke c’è qualche dubbio sull’an-damento del 2014, per lo zinco, invece, il pro-blema non si pone. Tutti gli analisti sono con-

cordi: il prezzo l’anno prossimo salirà. Natixis Commodities Research crede che «nei prossimi due anni assisteremo ad una riduzione della di-sponibilità di materiale sul mercato dello zinco. Tre miniere, dalla capacità di circa 1 milione di tonnellate (il 10% del totale mondiale), presto chiuderanno. La ripercussione sui prezzi sarà immediata». Lo stesso effetto, cioè l’incremen-to delle quotazioni, avverrà anche per HSBC, nonostante «un mercato in surplus». Anche TD Securities pensa che «l’incremento della domanda cinese e la riduzione della disponi-bilità del metallo» si faranno sentire sul mer-cato. Ciò si traduce in previsioni tutte al rialzo: mentre nel 2013 la media delle quotazioni è stata di poco inferiore ai 1.900 dollari la ton-nellata, l’anno prossimo si viaggerà da un mini-mo di 2.005 dollari la tonnellata (CPM Group) ad un massimo di 2.200 dollari la tonnellata (ABN AMRO). Anche per il 2015 le prospettive sono in crescita, da un minimo di 2.250 dollari la tonnellata della banca «orange» ad un mas-simo di 2.400 dollari la tonnellata per Natixis Commodities Research. HSBC, infine, si spinge anche oltre, prospettando anche un 2016 col vento in poppa per lo zinco, che salirà sino a 2.617 dollari la tonnellata.

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Un anno difficile non tanto a livello statistico quanto a livel-lo finanziario. Il 2013 lascia questo ricordo negli operatori italiani dell’acciaio, che a livello statistico hanno visto il rialzo dell’unica voce che avrebbero voluto veder diminuire, vale a dire l’indice delle importazioni.Partiamo però ad analizzare i dati sulla produzione italiana di acciaio. Scorrendo il calendario si può notare come il 2013 sia stato un anno in crescendo, basti pensare che a gennaio il gap con l’anno preceden-te si assestava al -21,6% come eviden-ziato dai dati diffusi da Federacciai, mentre a novembre (ultimo dato disponibile) si sia riusciti a ridurre il deficit all’12,8%. I 22,27 milioni di ton-nellate di acciaio sfornate dall’Italia in undici mesi rappresentano quindi un dato non così negativo come si potrebbe pensare: a livello di tonnellaggio infatti il debito complessivo è di 3,27 milioni di tonnellate, ma oltre due milioni delle quali sono effetto dei regimi ridotti imposti all’Ilva di Taranto per il rispetto dei parametri ambientali, quindi frutto di una congiuntura arti-ficiale più che di un crollo dell’output nazionale. Un risultato che risulta ancor più evidente se si dividono i dati tra le due principali categorie di prodotti in acciaio, vale a dire lunghi e piani. I primi infatti subiscono variazioni ne-gative vicine al 4%, i secondi invece superano il 20% di fles-sione, a rafforzamento della teoria di una piccola voragine rappresentata proprio dal siderurgico pugliese. Per trovare un livello produttivo inferiore però bisogna tornare al 2009 l’annus horribilis per eccellenza, in cui l’output nazionale fu di 18,3 milioni di tonnellate e su cui comunque il saldo del 2013 è di oltre il 21% superiore. Nel confronto invece tra il 2010 e 2011, il saldo è certamente negativo, con ribassi rispettivamente del 6,6% e del 16,59%. Spostando la lente d’ingrandimento sul fronte commercio estero, salta immediatamente all’occhio che l’effetto Ilva si fa sentire anche qui. Le importazioni di prodotti piani sia dall’area euro che dai paesi terzi danno un contributo fondamentale alla risalita del dato, aggiornato a settembre, che vede i flussi di materiale in entrata crescere del 10,8%

sull’anno precedente, con un picco proprio dei prodotti da altoforno, del 17,9% con 7 milioni di tonnellate, sopperen-do in pratica a metà del ribasso produttivo fatto segnare dall’Ilva. Praticamente stabile invece l’import di prodotti lunghi, a +1,2% e 1,36 milioni di tonnellate. Risultano inve-ce in discesa le importazioni di prodotti di prima e seconda

trasformazione, rispettivamen-te del 2,6% e 11,5% per effetto probabilmente della riduzione di operatori attivi della rilavora-zione e finitura, schiacciati dalla crisi, oltre che di numerosi trader che hanno deciso di issare ban-diera bianca o cambiare settore in cui operare, abbandonando la siderurgia ad esempio per le ma-terie plastiche. La variazione nelle

spedizioni nazionali invece resta negativa per l’11,1%, una flessione che però non mina il saldo commerciale, che resta positivo per 509 mila tonnellate. Tra i valori positivi dei pro-dotti esportati ci sono i lunghi con un +6,3% e i prodotti di seconda trasformazione con un +5,1%; mentre gli altri risul-tano negativi. Come già ricordato l’export di piani 2013 non supererà probabilmente i 5,5 milioni di tonnellate. Chiudiamo quest’avventura nelle percentuali 2013 con i dati relativi al consumo apparente di acciaio. Innanzitut-to la domanda è ulteriormente scesa rispetto ai livelli già minimi del 2012 ,fermandosi a 17,4 milioni di tonnellate, più di 200 mila tonnellate in meno dell’anno precedente, di cui è inferiore dell’1,3%. Rispetto però ai 22,6 milioni di tonnellate del 2011 il gap è di ben 5,3 milioni di tonnellate a testimonianza che negli ultimi due anni l’acciaio italiano è andato in presa diretta al consumo reale e che le politiche di stock da parte di commercio e produzione si sono prati-camente ridotte a zero. Per il prossimo anno difficile fare previsioni sui consumi, certo è che gli interventi per l’attuazione dell’Aia Ilva già programmati avranno sicuramente effetti ancor più pesan-ti, alla luce della chiusura di un altro altoforno.

italia: anno difficile per l’export. cresce l’import.

anche produzione e consumo apparente negativi

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Edi Davide Lorenzini

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2013: acciaio sotto le luci della ribalta

R iassumere in poche righe quanto è acca-duto durante questo 2013 nell’ambito dell’acciaio tricolore non è compito da

poco. Questo perché un anno è lungo, cosparso di notizie, divenute ancor più fitte a causa della difficoltà in cui riversa il contesto nazionale ed europeo, chiamato ad affrontare sfide quotidia-ne. Ma lo è anche per un cambio di paradigma al quale è chiamato anche il settore dell’informa-zione siderurgica, dovuto, spesso, alle luci della ribalta sotto le quali l’acciaio è stato messo, dopo anni di buio. Una mutazione che – per definizione – ha avuto impatti positivi, riaffermando il ruolo primario del comparto tanto in termini economi-ci, quanto occupazionali e sociali, ma non solo. In molti casi, però, i riflettori dell’informazione han-no abbagliato sino a distorcere l’intera industria dell’acciaio, tracciandone un quadro fatto di con-trasti e paure. Un’attenzione che pone, dinanzi alle realtà siderurgiche virtuose, la sfida della ri-vendicazione del proprio operato, della propria passione, del proprio ruolo primario all’interno del nostro Paese. E un augurio, ma anche un im-

pegno, ai quali Siderweb intende rispondere an-che nel 2014, proponendosi in maniera sempre più decisa come un partner di prim’ordine nella riaffermazione di tali principi imprescindibili.

I lutti - L’anno che si sta chiudendo, però, nel no-stro racconto si apre con due nomi: quelli di Lu-igi Lucchini e Steno Marcegaglia. A soli 15 giorni di distanza l’uno dall’altro, infatti, si sono spente due delle personalità più illustri del mondo side-rurgico italiano e internazionale. Il 26 agosto, nel-la sua casa a Brescia, si è spento all’età di 94 anni, Luigi Lucchini, il «falco e la colomba» della storia industriale italiana. Nato in un piccolissimo paese della Valsabbia, e giunto sino ai vertici del merca-to e della finanza, il cavaliere inizia la sua scalata industriale installando un piccolo laminatoio per la lavorazione del tondo. Un primo gradino, verso la grande ascesa che lo porta all’acquisizione, tra gli altri, delle ferriere di Piombino, Trieste, e, al di là delle Alpi, di impianti in Francia e in Polo-nia. Poi la lunga carriera nella finanza, divenendo anche presidente del CdA di Montedison, Banca

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avvenimenti, lutti e protagonisti dell’annno siderurgico di Fiorenza Bonetti

a sinistra Steno Marcegaglia e Luigi Lucchini a destra

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Commerciale Italiana, Sinpar e molti altri ruoli di grande responsabilità, come la presidenza di Con-findustria. Il mondo, poi, cambia e suo impero muta con lui: l’acciaio soffre, il gruppo a sua volta. Nasce Lucchini Rs, la creatura industriale che lo accompagnerà fino all’ultimo dei suoi giorni. Il 10 settembre, a Milano, muore Steno Marcegaglia. Un uomo nato e cresciuto dove le parole sapeva-no di terra, non di acciaio. Un punto di partenza che, solo all’apparenza, poteva sembrare distante da quello che diventerà successivamente il punto di arrivo: il Gruppo Marcegaglia, leader interna-zionale della trasformazione di tubi e piani. Steno Marcegaglia iniziò, infatti, a Gazoldo degli Ippoliti, nel Mantovano, la sua prima attività imprendito-riale, dopo anni trascorsi nell’Alleanza contadina, dove difendeva gli interessi dei contadini nelle controversie con i proprietari terrieri. Queste due prime esperienze professionali lo renderanno in futuro uno dei signori dell’acciaio italiano e in-ternazionale, «un imprenditore straordinario, in grado di conservare una straordinaria umiltà», questo il ricordo più diffuso espresso dai colleghi nel giorno dell’ultimo saluto.

Action Plan della siderurgia europea – Giugno è stato segnato da un ritorno dell’acciaio nella vi-sione internazionale. L’11 giugno, infatti, il vice-presidente della Commissione Europea, Antonio Tajani, ha presenta il Piano d’azione per l’acciaio europeo: un documento atteso che ha seguito l’unico esempio simile incarnato dalla CECA, isti-tuita nel 1952. L’introduzione di un marchio di certificazione dell’acciaio europeo, parità di op-portunità e condizioni per le acciaierie del Vec-chio Continente rispetto a quelle di tutto il resto del mondo, riqualificazione dei lavoratori che operano nel comparto e nuove politiche volte al recupero e alla tutela del rottame continentale, questi i pilastri del piano europeo per l’acciaio presentato a Strasburgo dal politico italiano. Il 15

dicembre scorso, poi, il Parlamento Europeo ne ha approvato la validità, rimandando al prossimo febbraio il voto nella plenaria di Strasburgo. Un passo in avanti verso la concretizzazione dei suoi obiettivi, anche grazie all’attivo impegno dell’Hi-gh Level Group.

L’acciaio italiano in Europa - Dopo la presidenza dell’associazione degli industriali italiani, Emma Marcegaglia, il 1° luglio, viene nominata al verti-ce dell’associazione continentale, Business Euro-pe. Dopo essere stata la prima donna a guidare la Confindustria Italiana, la donna d’acciaio ha così bissato il medesimo primato anche a livel-lo europeo. «Sono onorata e contenta di essere stata scelta per succedere a Jürgen R. Thumann come presidente della principale organizzazione di imprese europea - ha commentato l’ex presi-dente di Confindustria -. Le sfide che l’economia europea deve affrontare richiedono cambiamenti significativi. Io sono pronta a contribuire costrut-tivamente alla necessaria rifocalizzazione delle politiche europee su competitività e crescita, con il direttore generale Markus J.Beyrer, la sua squa-dra, e le 41 federazioni associate di BusinessEuro-pe» aveva dichiarato all’indomani della nomina.

GOOD NEWS

Acciaieria di Rubiera – Dal 5 novembre hanno ripreso la propria attività tutti i forni fusori. Si è rimessa in moto, infatti, l’Acciaieria di Rubiera – divenuta ora Rubiera Special Steel – a seguito dell’autorizzazione all’affitto rilasciata dal Tribu-nale di Modena negli scorsi a Ring Mill – forgia di Sondrio di proprietà dell’ingegner Nicola Galperti -. Dopo mesi di incertezza, infatti, la vicenda lega-ta al polo siderurgico modenese si è conclusa con un esito positivo, grazie all’offerta di acquisto irre-vocabile da parte della società lombarda, cliente storico dell’acciaieria, la quale, qualche mese pri-

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ma, aveva presentato la domanda di concordato. «Sono da un lato tristissimo perché l’Acciaieria è una mia creatura a cui ho dedicato tanta parte della mia vita: uscirne ora a 84 anni è davvero pe-sante. D’altro canto, però, sono contento perché ora l’azienda ha un futuro e quindi continuerà ad esistere» aveva dichiarato, in esclusiva a Sider-web, Franco Testi, presidente e co-fondatore del-la storica azienda.

Leali Steel – L’acciaieria Leali di Odolo (Bs) aveva evidenziato segnali di grande crisi già nel 2012, con lo storico patron dell’azienda, Pierluigi Leali, che aveva ammesso a Siderweb di non aver otte-nuto i risultati sperati e il 10 settembre 2012 ave-va portato l’azienda a innalzare bandiera bianca, mettendo in liquidazione volontaria sia la Leali spa di Odolo che l’acciaieria di Valsugana. A giugno, poi, la svolta. Dopo il superamento delle distanze con i lavoratori, il Fondo Klesch, gruppo d’investi-mento svizzero, ha ufficializzato l’affitto di ramo d’azienda, con il mantenimento dell’ intera forza lavoro – 300 dipendenti – e la ripresa dell’attività

che è datata al primo luglio scorso. «Possiedo 42 impianti in 22 paesi nel mondo, e anche negli as-set italiani di Arco e Samarate vicino a Malpensa, e entrambe queste realtà producono reddito e hanno una discreta solidità in grado di garantirne il futuro. Credo che con il tempo e gli sforzi anche Leali Steel possa avere lo stesso destino e credo che potrò investire ancora in Italia», con queste parole, Gary Klesch aveva presentato a Trento la propria operazione nell’acciaio italiano. ACM – Un innovativo centro di ricerca e sviluppo frutto di un ingente investimento, ma, allo stes-so tempo, fonte di importanti aspettative per il futuro. Il presidente di ACM e direttore dello sta-bilimento di ABS, Marcello Stoppa, ha così de-scritto il progetto del gruppo Danieli inaugurato a giugno a Metz, in Francia: «ACM ha richiesto un investimento di 10 milioni di euro ed attual-mente impiega 13 dipendenti, che saliranno a 20 nell’esercizio 2013/14 ed a 30 quando il sito sarà a pieno regime. Il 60% dei lavoratori impiegati in ACM sarà composto da ingegneri, il 30% da tec-

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Metz: inaugurazione dell’ACM

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nici ed il 10% da operai». Gli scopi di questo sito saranno molteplici: «fungerà da centro di ricerca per ABS per aiutare a sviluppare nuovi prodotti e processi, sarà un importante supporto per la riso-luzione di problemi metallurgici per Danieli, sup-porterà i clienti ABS nella ricerca e lavorerà come laboratorio qualificato».

LE VITTIME DELLA CRISI

La selezione alla quale questa congiuntura ha obbligato le industrie siderurgiche nazionali, in questo 2013, è stata dura e pesante. Purtroppo la lista delle aziende che ne sono state protagoni-ste sarebbe davvero lunga e, per questa ragione, andremo a rammentarne solamente alcune. Il 19 agosto, la Evraz Palini & Bertoli di San Gior-gio di Nogaro (Ud) aveva dichiarato tre mesi di chiusura, congelandone la produzione. Allo sca-dere dei 90 giorni, però, lo stabilimento non ha riaperto: ad oggi, l’unica certezza è che l’azienda ha presentato la domanda di accesso alla cassa integrazione straordinaria a zero ore per la stra-grande maggioranza dei 138 lavoratori dell’azien-da (con la sola esclusione di 7-8 dipendenti). Non sarebbe però ancora chiara né la data di partenza dell’ammortizzatore sociale né la durata prevista per lo stesso. Al termine di novembre, un’altra doccia fredda si è abbattuta su Presider. L’azienda è infatti ricorsa alla cassa integrazione ordinaria per tutti i suoi 140 dipendenti, anche se avvisa-glie delle difficoltà si sarebbero manifestate già ad agosto, con lo scioglimento della partnership distributiva con Duferco siglata nel maggio 2010 e la relativa messa in liquidazione della Disider, società costituita ad hoc. Anche per uno dei prin-cipali trader internazionali, Stemcor, il 2013 verrà ricordato come un anno davvero negativo e che ha portato ad una razionalizzazione della propria presenza in molti Paesi europei, Italia compresa. Inoltre, lo storico presidente Ralph Oppenheimer

si è ritirato dal proprio ruolo lo scorso settembre: una decisione che giunge al termine del periodo precauzionale di congelamento di 1,2 miliardi di dollari di debito i cui termini di restituzione sono oggetto di un piano di ristrutturazione presentato da Stemcor a fine agosto. Infine, il distaccamen-to italiano di Mechel – Mechel Service Italy - lo scorso luglio, è entrata in liquidazione volontaria, fermando completamente l’attività tricolore del gruppo russo. Le truffe – 2013 anno fortunato. Per i ladri. Accia-io e rottame hanno accresciuto sensibilmente il loro appeal nel corso degli ultimi 365 giorni, con furti – dai più ridotti ad alcuni degni di Diabolik – dalla cadenza quasi quotidiana. Anche il trend delle truffe non si è distaccato da questa media, come se i problemi del comparto non fossero già sufficienti anche senza attività dolose. Migliaia sono state le tonnellate rubate e, solo in parte, ritrovate dalle forze dell’ordine, di acciaio e ma-teria prima nel corso del 2013. Altrettanti i mi-lioni di euro che, illecitamente, hanno arricchito o dei quali sono stati impoveriti numerosi opera-tori del settore. C’è anche chi, come un 40enne del vicentino, si è finto Marco Amenduni – della famiglia dei siderurgici proprietari della Valbru-na – per convincere le sue vittime, tutte donne, ad investire denaro, dopo averle sedotte. Dena-ro che veniva interamente sottratto. Un quadro poco confortante che issa il nostro Paese, come da triste abitudine, ai vertici dell’illegalità. Ci au-guriamo, invece, che il prossimo rappresenti un passo decisivo verso la sicurezza di tutti, nessuno escluso.

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la cuspide della crisi

Ilva, Lucchini, Acciai Speciali Terni. Ecco i tre principali esempi della crisi dell’acciaio italiano, che anche nel 2013 hanno avuto la parte dei protagonisti nelle varie «telenove-las» andate in scena sui giornali e telegior-nali italiani.

Acciai Speciali TerniPartiamo dall’azienda umbra, la prima che, fossimo nel campo della fiction televisiva, avrebbe concluso la sua «prima serie» lo scorso trenta novembre. Con un colpo di scena degno del miglior regista di thriller, quanto tutto ormai si aspettavano un pos-sibile lieto fine della trattativa con Aperam, ecco spuntare un accordo notturno con ThyssenKrupp che si ricompra il blocco ter-nano ad un anno dalla vendita, per poi, con tutta probabilità, rivenderlo in un secondo momento. Riassumiamo in breve le vicende del 2013. La cessione avrebbe dovuto avvenire nel primo trimestre dell’anno, ma le offerte ar-rivate ad aprile furono solo quelle del con-sorzio Aperam, Arvedi, Marcegaglia, dei ci-nesi di Tsinghan e del fondo Apollo (clicca qui per leggere la news). Tutte e tre ritenute però insoddisfacenti (clicca qui per leggere la news). A luglio infine venne annunciato, dopo un tira e molla con l’antitrust, che la cessione sarebbe arrivata nel terzo trimestre dell’anno, ma dopo un lungo silenzio solo l’ultimatum presentato dalla cordata Ape-ram avrebbe definitivamente sbloccato la situazione. Alla scadenza dell’offerta è stato

infine annunciato che l’acquirente sarebbe stato nuovamente ThyssenKrupp (clicca qui per leggere l’approfondimento Siderweb). Insomma un tira e molla che almeno per Na-tale permetterà ai lavoratori di avere un po’ di serenità in più e riprendere le forze prima dell’avvio di un nuovo anno alla ricerca di chiarimenti.

LucchiniUn’altra vicenda che dovrebbe avvicinarsi alla conclusione è quella della Lucchini di Piombino, di cui si aspetta ad ore la pubbli-

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cazione del bando di vendita dell’azienda. Si sono quindi volatilizzate nel corso dell’anno le speranze che il commissario Piero Nardi, nominato in chiusura del 2012, potesse ri-sanare l’azienda. Nonostante Nardi abbia preso il timone già a gennaio (clicca qui per leggere la news), non è ancora riuscito nel rilancio, come ha testimoniato il piano del-lo stesso commissario anticipato nel luglio scorso (clicca qui per leggere la news), men-tre all’orizzonte crescevano le indiscrezioni sulle cordate interessate a rilevare l’azienda, come quella legata al gruppo Klesch, quella del «trio» Duferco–Feralpi–Acciaierie Vene-te, e quella capitanata da Beltrame, anche se queste ultime due, nelle ultime settima-ne hanno palesato un raffreddamento del proprio interesse all’operazione (clicca qui e qui per leggere le news). Molto resta le-gato alla questione altoforno, che nessuno vorrebbe conservare. Al vaglio anche l’ipo-tesi di una conversione con tecnologia Co-rex, ma al momento non risulta nulla di cer-to (clicca qui per leggere la news). Cresce quindi l’attesa per il bando di vendita che dovrebbe prevedere un primo periodo de-dicato alle manifestazioni di interesse per

l’intero impianto, a cui seguirà la messa in vendita a «spezzatino» dell’azienda, in cui le realtà veramente interessate potrebbero uscire allo scoperto. Anche in questo caso non si escludono colpi di scena. Anche la cessione della Ferriera di Servola, che a lu-glio sembrava ormai già nell’orbita Arvedi sembra avere incontrato qualche rallenta-mento.

IlvaLa vicenda più complessa dell’anno resta an-cora una volta quella legata all’Ilva di Taran-to, in cui i colpi di scena non si sono certo risparmiati. Vediamo quindi di seguire l’ordi-ne cronologico dei fatti, al fine di capire me-glio da dove si è partiti e dove si è arrivati. Ci eravamo lasciati a dicembre dello scorso anno quando il primo decreto soprannomi-nato «salva Ilva» avrebbe dovuto sblocca-re la situazione, permettendo all’azienda di tornare a produrre e dissequestrare gli 1,7 milioni di tonnellate bloccati dai magistrati (clicca qui per leggere la news). Richiesta re-spinta a cui si sono poi aggiunti i ricorsi del-la Procura tarantina contro il decreto gover-nativo, allungando il braccio di ferro legale

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fino ad aprile, quando il pronunciamento della Consulta confermò la costituzionalità del decreto (clicca qui per leggere la news). Nel frattempo venne presentato il piano di adeguamento Aia (clicca qui per leggere la news), che non convinceva la magistratura e crescevano le indiscrezioni per l’arrivo di Enrico Bondi come amministratore delegato dell’azienda (clicca qui per approfondire). L’incarico, però, venne ricoperto da Bondi solo per pochi mesi. Con il cambio di Go-verno, e il maxi sequestro da 8,1 miliardi di euro ordinato dalla Procura (clicca qui per leggere la news), la situazione rischiava di precipitare, e si sarebbe reso necessario a giugno intervenire con un nuovo provvedi-mento, che prevedeva il commissariamento dell’azienda, che restava però sotto la guida di Bondi, passato da Ad a Commissario (clic-ca qui per leggere la news).L’estate, salvo i sequestri per evasione fi-scale notificati alla famiglia Riva, è passa-ta in maniera relativamente tranquilla, con l’affiancamento dell’ex ministro dell’am-biente Edo Ronchi a Bondi, e l’avvio delle stesure del piano ambientale e industriale che avrebbero dovuto essere discussi e ap-provati in autunno.A settembre però arrivò una nuova cri-si che riguardava la Riva Acciaio, coinvolta

nel maxi sequestro operato sulla Riva Fire. I magistrati dopo un primo blocco della li-quidità ne avevano imposto un secondo, che aveva in toto paralizzato l’azienda, che si era trovata impossibilitata ad effettuare i pagamenti e costretta alla chiusura forza-ta (clicca qui per leggere la news). A sbloc-care la situazione fu necessario l’ennesimo provvedimento legislativo per permettere all’azienda di poter ripartire (clicca qui per leggere la news).E veniamo alla storia recente. A ottobre venne depositato il Piano ambientale, anco-ra in attesa di approvazione dal Ministero dell’ambiente, da cui dipende il Piano Indu-striale dell’azienda, che dovrebbe eviden-ziare come si intende rispettare l’Aia e in con che tempi. Pochi giorni fa il commissa-rio Bondi ha presentato la prima relazione in cui evidenzia i dati finanziari e ambientali dell’azienda, oltre che le criticità finora in-contrate, come la lentezza burocratica per l’avvio delle opere Aia (clicca qui per legge-re la news). Ora cresce l’attesa per il 2014, che dovrebbe essere l’anno della svolta e dei maggiori interventi di ambientalizzazio-ne. In pratica, sarà l’anno cruciale per il ri-lancio dell’Ilva.

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Gozzi: «Non si può vivere di solo export. per la ripresa serve la domanda interna»

Rilanciare i consumi interni. Questa la prio-rità che il presidente di Federacciai An-tonio Gozzi indica per il prossimo anno.

«Le esportazioni sono sicuramente un elemento importante per sostenere le produzioni italiane, tuttavia non sono certo sufficienti per aggancia-re quella ripresa che tutti aspettiamo – ha detto Gozzi -. Non possiamo pensare che tutta l’Europa possa adottare il modello tedesco, servirà quindi il prossimo anno uno sforzo di tutto il Paese per tro-vare formule e risorse per il rilancio di infrastrut-ture ed abitazioni, o si rischia di perdere diversi comparti dell’industria italiana. Da questo punto di vista la resistenza tedesca all’approvazione de-gli Euro Bond legati ad investimenti infrastrutturali sono un’occasione persa di rilancio della doman-da. Servirà comunque trovare qualche soluzione urgente. Sicuramente l’Expo 2015 in questo senso rappresenta un’ottima occasione, sia di consumo, sia di comunicazione della peculiarità dell’acciaio nell’economia circolare, che rappresenterà una delle principali tematiche dell’esposizione uni-

versale. La siderurgia da forno elettrico, in questo senso, è un esempio lampante».Parlando dell’anno appena trascorso la pro-blematica maggiore evidenziata dal presi-dente di Federacciai è, senza dubbio, l’ulte-riore caduta di redditività per i produttori di acciaio che fanno commodity, come rilevato anche dallo studio di Siderweb Bilanci d’Ac-ciaio (di cui è possibile scaricare la parte gra-tuita in appendice). «Il 2013 ha visto spaccarsi sempre di più in due il mercato dell’acciaio tra chi fa prodot-ti commodities e chi invece è orientato alle specialties – rimarca Gozzi -. Per i primi, so-prattutto orientati a servire il settore costru-zioni, la situazione è sempre più difficile, per i secondi, ad esempio Ori Martin, Acciaierie Venete, ABS, il 2013 è stato un anno comun-que discreto, nonostante la flessione della ri-chiesta che ha interessato tutti. Credo perso-nalmente che il 2014 non sarà un anno molto diverso da quello che ci apprestiamo a

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Antonio Gozzi a Made in Steel

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concludere».Sul fronte statistico Gozzi ha confermato che il 2013 dovrebbe vedere una flessione pro-duttiva compresa tra il 12% e il 13% con una caduta del 3% nei lunghi e del 20% per i piani, in pratica con un ammanco di due milioni di tonnellate, che però equivalgono esattamen-te al calo di produzione e vendite dell’Ilva di Taranto, testimoniando l’elevata influenza sul mercato delle vicissitudini giuridico-am-bientali del principale polo siderurgico italia-no, che hanno caratterizzato l’intero anno.«Sulla vicenda Ilva, oltre a quanto già det-to nel corso dell’anno, vorrei ribadire ancora una volta la preoccupazione sia di Federac-ciai sia dell’intera Confindustria sugli inter-venti legislativi di emergenza che sono stati messi in campo nel corso dei mesi – ha detto Gozzi-. Interventi che hanno toccato anche principi fondamentali del sistema econo-mico di un Paese civile, come ad esempio l’introduzione della figura del commissario ambientale o il sequestro di fondi ad altre aziende estranee ai fatti contestati, ma lega-te alla medesima holding. Ritengo però che al momento vi sia anche un problema per il prossimo futuro, dal momento che un’azien-da senza un azionista è un’azienda morta, ci si deve quindi porre l’interrogativo di cosa succederà al termine del periodo di commis-sariamento. Il clima che si è attualmente dif-fuso all’interno dell’azienda è molto pesante e persino i lavoratori, se incaricati di sposta-re qualcosa e sollevare polvere, si sentono considerati alla stregua di delinquenti. Credo che un impianto siderurgico della mole di Ta-ranto difficilmente potrà essere gestito in un clima di fondo di questo stampo». Il 2013 è stato infine anche l’anno del lancio del piano europeo dell’acciaio, su cui il pre-

sidente Gozzi ha in più occasioni evidenziato come pur risultando molto teorico, abbia il pregio di aver iniziato a parlare dei proble-mi effettivi del settore. «Ora speriamo che l’opera del Gruppo di Lavoro di Alto Livello possa tradurre la teoria in azioni concrete, dando efficacia al piano». Lavoro già iniziato con il primo incontro della scorsa settimana, e che riprenderà nel nuovo vertice convoca-to tra aprile e maggio del prossimo anno.

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lunardi: «in vista un 2014 in trincea»

«Ci aspetta un 2014 ancora in trincea»: ne è convinto Roberto Lunardi, presidente di Assoferment.

«La parola d’ordine anche per gli operatori della distribuzione che Assofermet rappre-senta – ha spiegato Lunardi – sarà ancora una volta “resistere” e sarà molto importan-te anche per il prossimo anno non perdere la fiducia, nonostante il contesto di fondo resterà complesso e richiederà, come negli ultimi anni, un’attenzione e una capacità di reazione ancora una volta da “zona di guer-ra”. Sono comunque ottimista e credo che non mancheranno le opportunità di aggan-ciare la ripresa».Il presidente Lunardi ha poi rivolto lo sguardo al 2013 provando, nonostante la complessità dell’anno, a trovare qualcosa da promuove-

re, oltre che qualcosa da bocciare. «Partiamo dalle bocciature: credo che una delle vicende più negative dell’anno che si sta per concludere è senza dubbio quel-la legata all’Ilva e alla Riva Acciaio, che ha avuto un grande clamore sia sui media che nell’opinione pubblica e nella politica, ma che ha anche prodotto effetti dolorosi su tut-ta la filiera siderurgica. Da promuovere, ma per il momento con un “6 - -“ è forse il Pia-no europeo dell’acciaio: positiva, infatti, è la volontà di interessarsi al futuro industriale dell’Europa e di questo va dato merito al vi-cepresidente Tajani. Al momento però non vediamo ancora una concretezza sufficiente rispetto agli intenti che permetta di avere ef-fetti sensibili nell’operatività di tutti i giorni» e conclude il presidente «Speriamo che nel-

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Roberto Lunardi a Made in Steel

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le prossime discussioni si riesca a superare questo limite».Negli anni scorsi si è spesso parlato anche di fusioni e aggregazioni fra le imprese, ma al momento lo stesso presidente Lunardi ha spiegato che la razionalizzazione del mondo distributivo sta attualmente funzionando per “selezione naturale”.«Credo che il processo selettivo proseguirà anche durante il prossimo anno – evidenzia Lunardi - in parte anche per i risultati non eccezionali di alcune realtà che hanno deci-so di intraprendere questa strada. La stessa ricerca di Siderweb “Bilanci d’Acciaio” ha rilevato questo fenomeno. Pertanto, senza miglioramenti evidenti, difficilmente altre realtà potrebbero scegliere di intraprendere questa strada».Infine una richiesta che Assofermet fa al Governo per il prossimo anno: «Meno buro-crazia e certezza del diritto. Sarebbe facile

invocare la riduzione della pressione fiscale, del costo del lavoro ecc. Credo però che al momento ciò che fa spesso apparire lo stato come una zavorra e non come un supporto siano i primi due fattori. Il primo perché dà vita a vicende Kafkiane con cui le imprese devono quotidianamente scontrarsi. Il se-condo perché, senza certezza del diritto, si generano situazioni diverse nelle medesime condizioni di base oltre ad alimentare il cli-ma di incertezza. Condizione che fa appari-re spesso lo Stato più come un ostacolo, che come un supporto a cui aggrapparsi e questa situazione deve essere cambiata. Speriamo già dal 2014».

Antonio Tajani a Made in Steel

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Made in Steel: acciaio sempre più internazionale

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TEELNella tormenta alla quale è sottoposto l’ac-

ciaio italiano e europeo, esistono ancora dei luoghi al riparo, in grado di rinsaldare

convinzioni e di trovare stimoli e idee per guardare con coraggio al futuro. Made in Steel – la principa-le conference and exhibition italiana della filiera dell’acciaio – è riuscita a rappresentar-la. Il 2013, per la manifestazione orga-nizzata da Siderweb, ha rappresentato l’anno del grande salto. Dopo quattro edizioni a Brescia, infatti, l’esposizione si è affacciata su Milano, presso il pa-diglioni di fieramilanocity, tra il 3 e il 5 aprile scorsi. Anche le linee contenu-tistiche sono cambiate: un aspetto tutt’altro che marginale per Made in Steel che trova nel rilievo e nella qualità del proprio calendario di conferen-ce il proprio marchio distintivo. I tre filoni tematici dell’edizione 2013, infatti, sono stati interamente rivolti alla cooperazione e alla condivisione di in-formazioni ed esigenze lungo tutta la filiera side-rurgica, sino agli utilizzatori finali dei tre principali settori utilizzatori di acciaio: l’automotive, il buil-ding e il power and utilities. Tale intenzione si è in-carnata in quattro convegni dedicati e nel coinvol-gimento di associazioni di categoria quali ANIMA, UCC, CICOF, AISEM. Oltre agli aspetti di contenuto, la “quinta volta” di Made in Steel è stata caratte-rizzata da una forte spinta all’internazionalizzazio-ne, che si è incarnata anche nelle collaborazioni con le associazioni Eurofer, Euro Metal, Euro Inox, ISSF e IPO Steelnetwork e della Commissione Eu-ropea. Inoltre hanno preso attivamente parte alla manifestazione nove delegati di altrettante Came-re di Commercio italiane all’estero (Brasile, India, Turchia, Svezia, Svizzera, Germania, Emirati Arabi Uniti, Marocco e Tunisia) che hanno fornito un prezioso supporto alle aziende presentando studi - Paese indispensabili per i progetti di business al di fuori dei nostri confini. Inoltre, Made in Steel ha

fornito la possibilità di incontrare dieci importanti buyer, offrendo un’altra importante opportunità per i partecipanti alla conference and exhibition. «Made in Steel 2013 si è svolta in una situazione ma-croeconomica molto difficile: come è risaputo – ha affermato Emanuele Morandi, Ad di Made in Steel –

l’economia italiana è in recessione, e la siderurgia vive una congiuntura com-plicata ormai da cinque anni: dal picco del 2006-2007 la produzione nazionale di acciaio si è ridotta di oltre 4 milioni di tonnellate (-15%) ed il consumo appa-rente è diminuito di oltre il 40%. Inoltre, la situazione finanziaria e dei pagamenti

si sta aggravando». In questo contesto «Made in Steel ha fatto registrare delle performance controcorrente: gli spazi espositivi venduti sono saliti del 4%, il fattura-to della manifestazione è cresciuto del 25%, così come il numero degli espositori». Le presenze alla tre giorni fieristica, nel complesso, sono state «10.900, con una riduzione rispetto al 2011 dovuta soprattutto al decre-mento degli operatori italiani, i più provati dalla crisi. Viceversa, si può dire con soddisfazione che la percen-tuale di visitatori esteri è nettamente aumentata, sfio-rando il 20%. Le azioni di internazionalizzazione messe in campo quindi, hanno funzionato, attraendo soprat-tutto operatori europei appartenenti all’Ue (66% del totale degli stranieri presenti), europei extra Ue (22%), asiatici (8%) ed africani (2%). La sfida per il futuro sarà di aumentare ancor di più la presenza estera a Made in Steel, sia per la parte espositiva sia per le presenze all’evento». Ora l’appuntamento con Made in Steel «sarà per il 2015, quando punteremo in maniera ancor più radicale sull’internazionalizzazione e sulla vicinanza ai clienti finali». In questa direzione va letta la futura concomitanza di Made in Steel con Expo 2015: una ve-trina eccezionale. Anzi, universale. Un percorso di avvicinamento che risponde appieno ai traguardi ambiziosi che Made in Steel si è prefis-sato.

Fiorenza Bonetti

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acciaio 2013la classifica delle 10 news più lette

I l 2013 un anno ricco di avvenimenti per l’acciaio ita-liano. L’obiettivo e la ragione d’essere di Siderweb è quello di raccontarvi ogni tipo di “momento siderur-

gico”, dalla nascita di nuove società, agli eventi, ai con-vegni fino alla scomparsa di personaggi che hanno dedi-cato un’intera vita all’acciaio, passando poi per le realtà nazionali arrivate al collasso a causa della crisi. Ecco le 10 notizie più lette da voi nel corso del 2013.

1) Bilanci d’acciaio «Sold out» per l’esclusivo evento ideato da Siderweb. Scarica le presen-tazioni dei relatori. Guarda le video interviste e la registrazione integrale dell’evento.2) Lutto È scomparso il Cavaliere Steno Marce-gaglia, tra i patriarchi della siderurgia italiana. La sua biografia, la vita im-prenditoriale, lo sviluppo del Gruppo Marcegaglia e l’ultima intervista esclu-siva realizzata da Siderweb.3) Acciaieria di Rubiera Presentata la domanda di concordato con riserva. Leggi anche l’intervista a Franco Testi4) Leali e Klesch La firma definitiva. Nasce la Leali Steel5) Crisi Cometal in concordato preventivo6) Acciaio Truffa e minacce nel Veneto per mate-riale di seconda scelta7) Riva Acciaio Effetto Sequestro: «Costretti a cessare tutte le attività». Il commento di Anto-nio Gozzi8) Leali Steel Ufficializzata la ripresa produttiva. La scheda dell’operazione Leali-Klesch9) Lucchini Ufficiale l’amministrazione straordina-ria10) La Nuova Meridionale Grigliati I particolari dell’operazione raccontati dal nuovo a.d. Montemurro

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acciaio 2013la classifica dei 10 video più visti

1) Ferriera Valsabbia Ristrutturati gli im-pianti per migliorare sicurezza e impatto ambientale

2) Morandi Spa I primi quarant’anni del grup-po. I volti di un’impresa

3) Siderweb Tg 14-01-2013

4) Marcegaglia - L’ultima intervista a Steno Marcegaglia. La storia di una vita: come nasce un impero

5) Gary Klesch conferma l’interesse per Piombino e Rubiera

6) I funerali di Steno Marcegaglia

7) 27° Steel Market Outlook

8) Feralpi e Duferco Italia Holding creano Media Steel

9) L’ultimo saluto al Cavalier Luigi Lucchini

10) Mini corso sulle B.A.T. (realizzato in

collaborazione con Carlo Mapelli, docente di metal-

lurgia al Politecnico di Milano)

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Tutti gli approfondimenti curati e redatti da Siderweb nel corso 2013 a portata di “click”. Questo è SiderTabloid: un regalo che la redazione vuole fare ai propri lettori, un elenco multimediale per chi si fosse perso le parole dei protagonisti dell’acciaio italiano e tutti gli approfondimenti. Di

seguito riproponiamo gli Speciali, gli Steel Market Outlook e l’ultima edizione di Bilanci d’Acciaio con i link per scaricarli direttamente sul pc e con il link ai servizi e alle video interviste ai personaggi dell’ac-ciaio nazionale.

Speciali

Made in Steel StoryRipercorri le emozioni della conference and exhibition dell’acciaio organizzata da Sider-web

Emozioni e sensazioni. Contenuti, immagini e voci. Siderweb ha deciso di racchiudere in una pubblicazione on-line dedicata il meglio di Made in Steel per poterlo regalare ai propri lettori. Tutto questo è Made in Steel Story, 31 pagine dedicate al racconto e alle impressioni raccolte nelle corsie e nelle sale convegni della conference and exhibition dell’acciaio.

Scarica lo speciale in pdf

Speciale shale gas

Scopri gli impatti della nuova fonte energetica sul comparto acciaioAcciaio e shale gas: un binomio che nel futuro sarà probabilmente legato a doppio filo. Come? Scoprilo leggendo lo speciale che Siderweb ha dedicato alla fonte energetica non convenzio-nale. Ventisei pagine per capire origine, impatti, opportunità e rischi della nuova frontiera ener-getica dei combustibili fossili.

Clicca qui per scaricare l’approfondimento

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le pubblicazioni Siderweb del 2013

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Steel Market Outlook

21° Steel Market OutlookEconomia. Finanza. Mercato. Europa. Crisi.

Economia. Finanza. Mercato. Europa. Crisi. Ecco i temi salienti della 21° edizione della rivista Steel Market Outlook. Nella pubblicazione di 25 pagine, realizzata da Siderweb, sono riassunti i punti salienti della tavola rotonda andata in sce-na lo scorso 13 febbraio a Brescia.

Scarica il documento in pdf

22° Steel Market Outlook Acciaio inox e acciaio al carbonio

All’interno della quinta edizione di Made in Ste-el sono stati proposti lo Steel Market Outlook e lo Stainless Steel Market Outlook, i consueti ap-puntamenti con l’analisi, gli approfondimenti e le prospettive a breve e lungo termine del mercato dell’acciaio al carbonio e di quello inossidabile.

Clicca qui per scaricare la pubblicazione

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23° Steel Market OutlookIl mondo del rottame, dal mercato all’Ilva

Il mercato delle materie prime diventa assai più delicato in situazioni di crisi come quella attuale. Ecco perché conoscerne dinamiche e andamen-ti può risultare sempre più prezioso. Siderweb ha quindi deciso di dedicare la 23° edizione del proprio periodico on-line, al riassunto degli atti del convegno organizzato il 12 luglio.

Clicca qui per scaricare il periodico

24° Steel Market Outlook La voce degli utilizzatori

Punta a fare da megafono per gli utilizzatori di acciaio la 24° edizione del periodico on line di Siderweb, «Steel Market Outlook». Nelle 20 pagine sono raccolti gli atti del convengo, orga-nizzato da Siderweb, come occasione di incontro e community tra i diversi livelli della filiera.

Clicca qui per scaricare la pubblicazione

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che cosa ci lascia il 2013

Ricordo ancora come, alla fine del 2012 fu presentato il 2013 sul piano istituzionale: una riscossa per uscire dalla crisi. Indubbia-mente fu commesso un errore di previsione che è stato perpetuato durante l’anno! Quin-di il problema è più grave rispetto solo una previsione errata trasformatasi in un con-suntivo peggiore del previsto. Come sempre, per capire un problema necessita allargarne le visuali. Sinteticamente possiamo conside-rare il 2013 come un’annata perduta? La ri-sposta è si e no allo stesso tempo.Non lo è stato per gli Stati Uniti e la Ger-mania. Potrebbe esserlo per il nostro paese. In ogni caso serve un distinguo. Perché altri popoli sono riusciti a gestire la crisi chiu-dendo l’anno in condizioni migliori rispetto all’inizio? Possiamo liquidare l’argomento affermando che hanno sistemi politici diver-si e più stabili, o ci sono altre considerazioni da fare?Il male nazionaleVolendo estrarre una sintesi dal trascorso

2013, imparando qualcosa da applicare nel futuro, la prima considerazione che balza agli occhi è un diffuso pessimismo disfatti-sta dilagante per la Nazione. Detto più sem-plicemente manca l’ottimismo. Le ragioni per non essere ottimisti sono tante, troppe e tutte valide, ma non bastano e non devo-no essere accettate. Il pessimismo come la noia è una malattia e il fatto che esistano i virus non significa che rinunciamo ad uscire di casa e sporcarci le mani. Stiamo quindi vi-vendo una stagione non tanto di difficoltà, quanto di paralisi alla reattività costruttiva delle alternative. Lo conferma il CENSIS, nel-la sua recente indagine sociale così sintetiz-zabile: una nazione ripiegata su se stessa. Perché non riusciamo a scattare in un fare per avviare delle soluzioni anche discutibili, però migliori rispetto alla sofferenza nuda e cruda? Va anche considerato, a svantaggio della vitalità nazionale, un aumento del 28% di giovani che lasciano l’Italia per collocarsi all’estero.

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Francamente è il consiglio che dolorosamen-te offro ai miei studenti e figli, esortandoli a lasciare l’Europa, ma il dubbio resta: per-ché non riusciamo a sistemare i guai di casa nostra? Le risposte ovviamente ci sono e riguardano sia la pedagogia che la cultura, tutti argomenti traditi dalla scuola, troppo coinvolta in vicende interne e sindacali. Cer-tamente gli italiani leggono poco (quanti li-bri ogni mese sono tra le mani da ognuno di noi?) quindi assorbono ancora meno idee. Nella desolazione più assoluta, in cui vive la nostra personalità, ridotta a rispondere alle emozioni degli stati umorali, priva d’idee e concetti, al massimo si possono vivere de-gli entusiasmi che durano un giorno (se va bene).A costo d’essere pessimisti e fare la fine di Savonarola (bruciato nella pubblica piazza di Firenze) il problema c’è e si ripercuote anche nella stabilità degli affetti umani, dove alla crisi di una coppia, non c’è l’arte del ricucire e rilanciare, ma solo la degenerazione dello scontro e conclusione nella separazione/di-vorzi (42% in Italia). Si parla troppo spesso d’economia, dimenticando la parte umana della società che oggi, più di prima è in crisi con carenza di modelli comportamentali di riferimento, che non sono l’attore famoso impegnato nel prendere il caffè su una ter-razza piena di donne.Concludendo questa parte, forse la più ama-ra dell’intera riflessione, il problema non è nella sola carenza di lavoro o nell’eccesso di tasse o nell’assenza di leadership, ma di voglia e capacità di reagire da parte di noi tutti, ripiegati su una paura paralizzante di perdere un benessere già compromesso. Cosa serve fare? Entrando nel campo della reazione allo stal-lo.

Lasciando il forcone nella stalla, è neces-sario un lavoro di ricostruzione del nostro spirito sociale. Significa, detto in termini più semplici, pensare di più, fare di più, sentire di più, ascoltare di più, arrabbiarsi di meno, reagire a scatto di meno, mangiare di meno, bere di meno, spendere di meno, leggere di più, prendersi mano nella mano di più, pas-seggiare di più e usare l’auto di meno, for-se viaggiare di più per capire e imparare e infine “lavorare di meno” (tanto se lavorare produce questi risultati è meglio fermarsi a riflettere). Passando dal sociale all’industriale.L’industria come attività imprenditoriale del fare si conferma nel 2013 come l’asse portante per una società moderna, ricca e dotata di prospettive. Però, in Italia (me-glio rispetto all’Europa) c’è un problema di de-industrializzazione non più dovuto alla delocalizzazione come negli anni scorsi, ma alle chiusure per cessazione d’attività e fal-limenti. Il depauperamento delle attività produttive, è un’emorragia che incide direttamente sulla drammatica disoccupazione nazionale, dove per puro “buon gusto” non vengono ripetu-te le cifre. Ecco che si concretizzano così gli effetti di una globalizzazione erroneamen-te concepita: carenza d’industria e lavoro; le due parole cardine della crisi. Definito in termini più colti, il passaggio da una socie-tà materiale (industriale) a un’altra liquida (globalizzata) ha prodotto la crisi umana e sociale, che s’esprime in disoccupazione e chiusura d’imprese. Questa dinamica si è manifestata ancora di più nel 2013 nel nostro Paese, ma non si ha la percezione che sia stata compresa. Chi avrebbe dovuto capire la lezione? E’ inutile prendersela con i politici. Il loro problema

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è mantenere una legislatura che garantisca stipendio e poltrone, quindi non sono il cor-retto interlocutore nell’analisi del problema. Restano gli imprenditori e ancora di più le singole persone; noi tutti. La lezione dobbia-mo apprenderla e orientarla nel voto (quan-do ci saranno le elezioni) ma applicandola negli acquisti e verificando da dove provie-ne la merce. Qui torna in campo una parola non gradita da nessuno ma necessaria: pro-tezionismo. Ebbene si. Proteggersi quando fa freddo, per evitare una polmonite morta-le, è saggio pur contro il parere di tutti gli in-tellettuali che predicano il contrario perché lo hanno letto nei libri, senza rendersi conto d’affogare in una società liquida. Scegliere di comprare europeo e italiano è una scelta politica.Qui il singolo riconquista il suo giusto rilievo dal piattume dell’uniformità mortale. Si può fare una cosa del genere? Si, e precisamen-te ogni giorno. La manifestazione di piaz-za, tornando al primo argomento di questo spunto, è solo una scampagnata in centro città. Al contrario è necessario lasciare sul bancone delle merci, quelle che non rien-trano in un assetto culturale e di civiltà che pretendiamo, ma non sappiamo difendere. Concludendo questo passaggio: consumare è una scelta sociale e politica.Siderurgia è bello?Certo che il 2013, non solo con il caso Ilva, ma considerando l’intera industria siderur-gica nazionale, ha provocato molti interro-gativi nel Paese. Duole che non sia stata va-rata una pari campagna di sensibilità, verso tutti gli italiani, sull’importanza e valore di quest’assetto industriale strategico.La lamentela non nasce dalle cose fatte dal mondo siderurgico, ma da quello che non ha fatto. Parlando con studenti e persone ben pochi (nessuno) nei suoi ragionamenti, cita l’industria dell’acciaio, restando fuori dal

panorama della percezione sociale. Che l’acciaio sia ricchezza o anche un’occa-sione per unire tutela del paesaggio e ne-cessità lavorative per un grande numero di persone (quindi una benedizione) non è sta-to capito. Neppure si sa esattamente quanto acciaio ci circondi in cucina, nel posto di la-voro, in auto. Vivendo immersi nell’acciaio, ma non essen-done consapevoli, significa ignorare l’impor-tanza di un’attività industriale “sbattuta” in cronaca giudiziaria, come se fosse uno scip-po alla vecchietta che ha perso la pensione. Le esigenze di spettacolarizzazione per un mondo che ha bisogno di fare per esiste-re, spesso non corrispondono alla sostanza e alle effettive necessità di capire l’ordine d’importanza delle cose. Vittima di ciò: l’in-dustria siderurgica nazionale.Questo ragionamento non è interessante solo per quanto appena detto, ma desidera spingersi su un altro aspetto più importan-te. Se la Nazione non “vede” un tipo d’industria, accadono diversi fatti tra cui il non spingere i suoi giovani a parteciparne, ma ancora più grave, difettano la creatività e innovazione. Certamente la ricerca come studio del nuovo è sicuramente solo frutto di denaro speso e l’industria bellica, che non è nel cuore degli italiani, comunque studia vendendo prodot-ti sempre più sofisticati, ma in questo caso c’è l’energia dello Stato che spinge su ciò che non esiste nel capo edilizio, siderurgico e meccanico, affidato alle inesorabili leggi del mercato e quindi di tutti noi. Nel mon-do borghese-civile (non militare-statale) la ricerca è frutto di una percezione sociale d’utilità (vedi la ricerca sul cancro e le stami-nali). Il ragionamento regge se si considera l’innovazione di prodotto e processo come “un asso nella manica” dell’industria occi-dentale. Ecco compiuta la quadratura del

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cerchio: se l’industria è visibile, viene capita dalla società che fornisce a sua volta perso-ne e consumo selettivo, (evitando l’import da paesi che non rispettano la nostra civil-tà o peggio ne sono avversari) richiedendo idee nuove che alimentano la ricerca. L’emorragia di giovani che vanno all’esteroIl futuro è nei giovani, ma quali, quelli che restano o che se ne sono andati? Certamente chi è partito è la parte migliore della Nazio-ne perché linguisticamente compatibile con l’estero, ha conseguito anche la formazione adeguata per offrirsi alle imprese che lavo-rano di più, assumono di più, forse pagano di più e offrono un futuro. Concludendo, chi ha fatto la valigia è il futuro e rappresenta la parte più audace di una generazione che si piange addosso. Sorge una battuta cattiva, ma reale: se il futuro del Paese è nelle mani

di quelli che restano, forse è meglio emigra-re? Il percorso ideale per un manager è di studiare in Italia, specializzarsi all’estero, ri-entrare in patria per trovare lavoro e far car-riera nuovamente all’estero, per una decina d’anni, rientrando con i gradi di manager do-tato d’idee. Questo meccanismo è fermo (si è mai avviato?) Il danno di una nazione fer-ma non è solo nel mancato reddito, ma nelle ridotte prospettive future.Conclusione. C’è speranza? Si, solo se la sa-premo trovare dentro di noi.

Buon lavoro.

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2013 in sofferenza per i prezzi dell’acciaio

Un anno in ribasso, con una reazione tra giugno e settembre. Questo, in estrema sintesi, è stato l’andamento dei prezzi

dell’acciaio nel 2013 sul mercato italiano intercet-tato dal superindice di Siderweb. Ad inizio del 2013 acquistare una tonnella-ta di acciaio costava poco più di 400 euro la tonnellata (404,1 euro la tonnellata, per la precisione). A causa della debolezza del mercato, però, in un mese le quotazioni sono scese di circa 16 euro la tonnellata (-4%), per poi assestarsi tra la fine di feb-braio e la fine di aprile, periodo nel quale il paniere di cui si compone il superindice (per approfondire vedi il disclaimer in coda all’articolo) è rimasto sostanzialmente sta-bile (+0,4). Da fine aprile a fine giugno, in-vece, si è registrato un vero e proprio tra-collo dell’indice, sceso al minimo annuale il 10 luglio a quota 356,3 euro la tonnellata, con una diminuzione dell’8% rispetto ad

aprile e del 12% se confrontato all’apertura del 2013. Dopo il tracollo c’è però stata una immediata reazione, che ha riportato i prez-zi sui livelli della primavera: l’11 settembre le quotazioni sono ritornate a 383,6 euro la tonnellata, mettendo a segno un +7,7% ri-spetto ai minimi. Dopo la metà di settembre, però, il prezzo medio dell’acciaio al carbo-nio in Italia ha imboccato ancora la china di-scendente, arrivando ad inizio novembre a quota 364,9 euro la tonnellata. La chiusura dell’anno, infine, è stata contraddistinta da un andamento sostanzialmente piatto.Nel 2013, il valore medio del superindice di Siderweb è stato di 378,7 euro la tonnellata, in netto calo rispetto ai 420,4 euro la ton-nellata del 2012 (-9,9%) ed ai 462,3 euro la tonnellata del 2011 (-18,1%). Da quando Si-derweb ha iniziato le rilevazioni dei prezzi dell’acciaio nel 2009, il 2013 è stato il secon-do peggior anno dopo, appunto, il 2009.

Stefano Ferrari

DISCLAIMER

Il superindice di Siderweb è calcolato facendo la media ponderata dei prezzi base di travi, laminati mercantili, tondo, vergella (da trafila

e per rete), coils a caldo, lamiere zincate e lamiere a caldo. Le quotazioni sono rilevate da Siderweb a cadenza quindicinale a partire da

febbraio 2009. Il superindice è espresso in euro alla tonnellata.

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