si trova quel che si cerca - italo cillo

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  • 8/8/2019 Si Trova Quel Che Si Cerca - Italo Cillo

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    I punti cruciali

    dellinsegnamento buddhista

    2: Si trova quel che si cerca

    Italo Cillo

    Quel che si trova dipende soprattutto da ci che si stava cercando!

    Nel campo della ricerca scientifica, dai tempi della rivoluzione quantisticadello scorso secolo, un fatto pienamente assodato che qualsiasi ricerca nonsolo influenzata, ma addirittura pilotata dallatteggiamento mentale di colui chericerca. Infatti lo sperimentatore che organizza lo spazio in cui avvienelesperimento, che ne decide le regole e le procedure, e che organizza leproprie percezioni a partire da un certo punto di vista e da certe aspettative.

    Lo stesso principio vale per tutte le esperienze umane, senza eccezioni: dalguardare (e poi giudicare) un film al cinema, al frequentare (e poi giudicare)una persona o un gruppo di amici, al provare (e poi giudicare) un certosentiero spirituale.In tutte le cose, quel che si trova dipende soprattutto da ci che si stavacercando! Per questa ragione, un ricercatore spirituale dovrebbe esaminareattentamente non solo la validit degli insegnamenti che incontra, ma anche leproprie motivazioni, speranze, paure, aspettative e atteggiamenti di fondo.

    Nella pratica buddhista parliamo di tre atteggiamenti supremi, che sono itre modi migliori di accostarsi agli insegnamenti sulla natura della mente e aqualsiasi attivit di natura spirituale, come leggere, ascoltare, riflettere,meditare, insegnare e cos via.

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    Il primo atteggiamento supremo da coltivare allinizio, prima ancora didedicarsi alla lettura, allo studio o alla pratica quello di adottare la giustamotivazione, una motivazione che sia sufficientemente grande (in tutti i sensi)e capace di aprire la mente e il cuore.

    Perch in questo momento ci stiamo interessando allinsegnamento buddhista?Perch dedicare tempo ed energia al lavoro sulla propria mente o a unqualsiasi interesse di tipo spirituale? Vogliamo arricchire le nostre conoscenze ele nostre capacit? Vogliamo stare meglio? Vogliamo essere pi felici?Tutto questo perfettamente normale: infatti ogni essere vivente, senzaeccezioni, desidera la felicit e cerca di migliorare la propria condizione.Al tempo stesso, noi in quanto individui siamo uno mentre gli altri esseriviventi sono cos tanti che calcolare il loro numero impossibile!E allora, che senso ha concentrarsi unicamente sulla propria realizzazioneindividuale, quando innumerevoli altri esseri dal punto di vista della

    conoscenza della propria mente continuano a brancolare nella pi completaconfusione? Che consolazione sarebbe mai la liberazione o lilluminazione diuno solo, se tutti gli altri dovessero restare prigionieri di unacondizioneinsoddisfacente e infelice?Quale carcerato, detenuto ingiustamente, potrebbe essere veramente felicenellevadere, sapendo che i suo familiari e le persone che pi ama al mondocontinueranno ad essere prigionieri per sempre?Riflettiamo per un attimo sulleffettiva condizione di tutte le persone che cistanno intorno. Tutti (senza distinzioni dibuono o cattivo, simpatico oantipatico) desiderano la felicit pi di ogni altra cosa al mondo eppure ne

    sono quasi completamente privi; non conoscono neppure lontanamente lecause della felicit, e tutto ci che fanno, dicono e pensano finisce per portarliin una direzione opposta a quella desiderata.Quelli che danneggiano gli altri, imbrogliano, mancano di rispetto, mettono ipropri interessi personali al di sopra di ogni altra cosa, sono le prime vittimedel proprio comportamento: la loro mente gi adesso un piccolo inferno, incui trovare un po di pace estremamente difficile, perfino quando di notte siva a dormire e si resta soli con la propria coscienza e con i propri sogni (oincubi).Tutti, senza distinzioni, cercano di evitare la sofferenza eppure diverse forme

    di insoddisfazione sono lingrediente principale delle loro vite; non hanno laminima idea di quali sianole cause dellinfelicit, e i loro stessi comportamentifisici, verbali e mentali producono esattamente quella frustrazione chevorrebbero evitare.Di fronte a tutto questo, lunica motivazione davvero valida per accostarsi alDharma agli insegnamenti liberatori chiamati Buddhismo quella dipoter essere di beneficio e guida per gli altri.In sanscrito, questa perfetta motivazione altruistica si chiama bodhicitta.Senza bodhicitta, ogni sentiero spirituale si trasforma nellennesimo autoinganno, in una nuova fissazione partorita dal solito pensiero egocentrico.Grazie a bodhicitta, invece, tutti gli ostacoli (sia esterni che interiori) vengonorimossi velocemente, le forze ostili si trasformano in alleate, la mente e il

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    cuore si aprono alla propria natura di buddha e i frutti della pratica possonomaturare rapidamente. Bodhicitta il primo atteggiamento supremo.Prima di impegnarci in qualsiasi pratica di natura spirituale (e perfino di naturaordinaria) dovremmo controllare che la nostra motivazione interiore sia quellagiusta.

    Il secondo atteggiamento supremo quello da tenere durante unattivit ditipo spirituale, ad esempio mentre si ascolta un insegnamento, si fa unameditazione o si legge un testo proprio come questo: una cosa leggerlofrettolosamente sul monitor del proprio computer, altro stamparlo e dedicareil giusto tempo alla lettura e alla riflessione.Anche dopo averlo stampato, una cosa leggerlo distrattamente sul divano dicasa, nel bel mezzo di rumori e distrazioni di ogni tipo; altro dedicare allalettura uno specifico momento della giornata e un luogo tranquillo (comelabituale angolo di meditazione, per quelli che lo possiedono gi).

    Quel che si trova dipende soprattutto da ci che si stava cercando; quel che siricava dipende soprattutto da ci che si investe.Leggendo, riflettendo e meditando bisognerebbe mantenere la mente liberada distrazioni e dal divagare dei pensieri; come minimo, bisognerebbe essereliberi da preoccupazioni ordinarie e da pensieri di tornaconto o vantaggiopersonale.Cos facendo, la mente e il cuore si aprono veramente al potere ditrasformazione degli insegnamenti; senza frapporre ostacoli o filtri deformanti,ci si avvicina allessenza della pratica che anche lessenza della proprianatura di buddha. In questo modo i risultati non tarderanno a manifestarsi.

    Il terzo atteggiamento supremo va coltivato alla fine, dopo aver conclusouna qualsiasi attivit spirituale o di Dharma. Bisogna anzitutto rallegrarsi perlenergia positiva che stata creata grazie a quellattivit: cio per le buoneimpressioni (anche inconsce) che nutrono in profondit la mente generandoforza interiore, gioia, fiducia in se stessi, autostima e apprezzamento dellapropria bont fondamentale.Questa energia positiva e queste buone impressioni, che sono il miglior ciboper la mente, nel linguaggio buddhista vengono chiamate meriti.I meriti sono il carburante principale per raggiungere la liberazione e

    lilluminazione, insieme alla saggezza. Questi meriti una volta accumulatidevono essere dedicati, altrimenti sarebbe come comprare del carburante edimenticarselo in cantina, senza utilizzarlo per i propri spostamenti o per altriscopi.Il terzo atteggiamento supremo, quindi, quello di dedicare i propri meriti allafelicit di tutti gli esseri viventi, senza eccezioni. Questo significa formularementalmente un augurio: Grazie ai meriti che ho appena creato, possano tuttigli esseri raggiungere la liberazione e la piena illuminazione!. Oppure: Grazieai meriti che ho appenacreato, possa io realizzare lo stato di Buddha e guidaretutti gli esseri alla stessa meta!.In questo modo i meriti che accumuliamo si moltiplicano innumerevoli volte e,anzich essere semplici cause di una certa gioia momentanea, diventano causedella nostra futura illuminazione per il beneficio di tutti.

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    Generare la giusta motivazione altruistica allinizio, restare liberi dalledistrazioni durante, e dedicare correttamente i meriti alla fine: questisono i tre atteggiamenti supremi, i tre modi migliori di accostarsi agliinsegnamenti.

    Nellinsegnamento buddhista tradizionale, esiste anche una similitudine perindicare tre attitudini dannose nellavvicinarsi allo studio e alla pratica delDharma; tre atteggiamenti che bisognerebbe sforzarsi di evitare, perchpossono rendere il nostro approccio controproducente, cio causa di unaconfusione ancora maggiore. La similitudine quella della tazza.

    Il primo atteggiamento da evitare quello di una tazza rovesciata.Quando una tazza rovesciata non pi in grado di funzionare, cio diaccogliere al suo interno una bevanda.

    Allo stesso modo, un ricercatore spirituale che sia distratto o disinteressatoallinsegnamento non sar in grado di accoglierne lessenza, e progredir moltolentamente.Anche quando il lavoro sulla mente sembra diventare impegnativo,bisognerebbe applicarsi con energia, entusiasmo e buona volont: infatti irisultati che si otterranno dipendono proprio dal grado di interesse e diapplicazione.Una trappola molto comune in realt unautodifesa dellego che si senteminacciato quella dello scoraggiamento: troppo difficile per me, nonposso farcela. Nel Buddhismo si dice che abbiamo a disposizione 84.000

    metodi per raggiungere lilluminazione: questi metodi trasmessi dal Buddha eda tutti i maestri realizzati che lo hanno seguito si adattano alle diverseinclinazioni mentali degli individui; non esiste persona (sia pure ignorante,confusa o pigra) che non possa trovare, grazie alla guida di un insegnantequalificato, uno o pi metodi che facciano esattamente al caso suo.Tutto ci che occorre un po di apertura e ricettivit: proprio come una tazzapronta ad essere riempita.

    Il secondo atteggiamento da evitare quello di una tazza bucata.Come una tazza bucata non riesce a trattenere il suoliquido, perdendolo tutto,

    cos uno studente che dimentica quello che gli viene insegnato non puricavare un vero beneficio, perch perde velocemente ogni progresso fatto inprecedenza.Dimenticarsi dellinsegnamento significa molto pi della semplice incapacit diricordare; significa lasciarsi sopraffare dalle distrazioni e dalle tante faccendelegate alla vita quotidiana.Nel gergo buddhista, questa viene chiamata pigrizia della distrazione: ci siinteressa al lavoro sulla propria mente per un certo periodo di tempo, poiprevalgono le preoccupazioni legate al lavoro, alla casa, alle cose e agli affetti.Queste preoccupazioni, di per s, sono inesauribili e producono continuesituazioni di emergenza: se si aspetta che le emergenze siano finite primadi dedicarsi alla pratica del Dharma, allora probabilmente non si pratichermai. Arriver prima la morte e, solo in quel momento, forse ci si accorger che

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    le preoccupazioni ordinarie non erano poi cos importanti, se guardate dalpunto di vista della fine di questa vita.

    Il terzo atteggiamento da evitare quello di una tazza contenente delveleno. Una tazza avvelenata pu rendere tossica o addirittura letale qualsiasi

    bevanda, anche la pi deliziosa; allo stesso modo, una mente inquinata daemozioni perturbatrici come la rabbia, lorgoglio, lattaccamento, linvidia o laconfusione (i cinque veleni) pu rendere perfettamente inutili o addiritturanocivi anche i pi sublimi insegnamenti spirituali.Qui fondamentale la motivazione con cui ci si dedica allo studio e alla praticadel lavoro sulla propria mente; questo un autoesame che ciascuno devefare, un processo che non pu essere saltato.Questa osservazione delle proprie motivazioni non unattivit da iniziare efinire alla svelta: un processo di lunga durata, in cui nuovi strati diconfusione e condizionamenti vengono continuamente alla luce.

    Come minimo, per, occorre smascherare quanto prima unemozioneparticolarmente dannosa: lorgoglio. Questo ha moltissime caratteristichenegative e nessun lato positivo; trasmette lillusione di possedere specialiqualit che gli altri non hanno, e rende inconsapevoli dei difetti propri e dellebuone qualit altrui.Con lorgoglio, diventa molto difficile imparare dagli altri; si tende adisprezzare quelli che appaiono come da meno, a invidiare quelli chesembrano superiori e a competere con quelli che sembrano allo stesso livello.Nel contesto dellaccostarsi allo studio e alla pratica del Dharma, orgogliosignifica soprattutto un atteggiamento molto nocivo (per la persona

    orgogliosa): paragonare continuamente le proprie conoscenze, le propriecapacit e le proprie convinzioni agli insegnamenti (e agli insegnanti da cuiquesti si ricevono).Da un lato della medaglia, un sano scetticismo e una buona dose di sensocritico sono chiari segni di intelligenza, e il Buddha stesso incoraggiavacontinuamente queste qualit; dal lato opposto, lorgoglio e il desiderio dientrare in competizione con gli insegnamenti paralizzano ogni possibilit diprogresso interiore.Una volta chiariti i dubbi fondamentali, il senso critico dovrebbe idealmente lasciare pian piano il posto a qualit come la fiducia, lapertura e la devozione;

    con questi atteggiamenti, e non con la diffidenza e la sfida, che siprogredisce rapidamente.

    Come una tazza rovesciata, distrarsi e non ascoltare; come una tazzabucata, ascoltare senza ricordarsi di mettere in pratica; come unatazza contenente veleno, ascoltare con la mente inquinata dalle cinqueemozioni perturbatrici.

    Questi sono i tre atteggiamenti da evitare nellaccostarsi agli insegnamenti.In qualsiasi caso, accostarsi agli insegnamenti con diffidenza o per dimostrareche sono sbagliati (mentre noi abbiamo ragione) sarebbe una perfetta perditadi tempo.

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    Quel che si trova dipende da ci che si stava cercando; se ci si rivolge alDharma per aggredire (o giudicare, criticare) anzich per progredire, naturale che non possa scaturirne nulla di buono.Come minimo, gli insegnamenti non potranno essere di alcun beneficio per chili riceve; nella peggiore delle ipotesi, si comprometter la propria capacit di

    avvicinarsi a un sentiero spirituale, per molto tempo.Viceversa, ci sono quattro metafore che descrivono la maniera ideale diaccostarsi al Dharma, in modo tale da riceverne il massimo beneficio possibile:

    1) Dovremmo pensare a noi stessi come se fossimo malati di unamalattia che impossibile curare, a meno che non ci si rivolga agliinsegnamenti, come se fossero lultima speranza che ci rimasta.Questa descrizione non molto lontana dalla realt: siamo effettivamentemalati di un certo grado di insoddisfazione o infelicit, siamo effettivamentemalati delle cinque emozioni perturbatrici e siamo effettivamente malati

    dellincapacit di controllare la nostra mente e realizzarne lo stato naturale.Se non partiamo dal riconoscimento di una reale posizione di bisogno, da partenostra (bisogno di aiuto, ispirazione, guida o come altro lo si voglia chiamare),allora forse stiamo coltivando una pura e semplice curiosit intellettuale che,dal punto di vista della crescita interiore, un terreno piuttosto sterile.Quel che si trova, dipende soprattutto da ci che si stava cercando.

    2) Dovremmo pensare al Dharma come se fosse la medicina, lunicorimedio in grado di guarire la nostra malattia.Essendo malato di una malattia giudicata incurabile, chi perderebbe tempo nel

    momento in cui un nuovo rimedio dovesse essere scoperto?Gli insegnamenti possono veramente (cos come hanno fatto per tantepersone, prima di noi) condurci alla completa liberazione da ogni traccia disofferenza, verso una beatitudine che talmente grande da non poter essereneppure descritta.Avendo avuto limmensa fortuna di incontrare gli insegnamenti liberatori inquesta vita, il senso di apprezzamento e gratitudine dovrebbe prevalere suqualsiasi altro pensiero.

    3) Dovremmo pensare al nostro insegnante come a un abile dottore.

    La medicina esiste; di fatto, ne esistono variet e combinazioni pressochinfinite. Chi potrebbe mai formulare una terapia ad hoc per se stesso, senzalaiuto di un dottore che padroneggi la conoscenza della materia medica?Il Buddha e i grandi maestri realizzati che sono venuti dopo di lui, hannotrasmesso 84.000 metodi per lavorare sulla propria mente; senza laiuto di unmaestro qualificato, chi potrebbe mai avventurarsi nello studio faidatedellimmensa mole di insegnamenti chiamati Vinaya, Sutra, Abhidharma,Tantra, trattati e commentari?Una vita intera non basterebbe neppure per leggerne la met, figuriamoci permetterli in pratica!Per questa ragione linsegnante, che detiene le preziose istruzioni orali, ilmedico e il farmacista che pu da solo somministrarci la cura che fa al caso

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    nostro. Nelle istruzioni dei nostri insegnanti, condensata la quintessenza ditutti i livelli e i veicoli del sentiero che conduce allilluminazione.

    4) Dovremmo pensare alla nostra pratica individuale come alla via cheporta alla completa guarigione.

    Il dottore pi esperto e competente di questo mondo sarebbe impotente se,una volta prescritta la terapia, noi ci rifiutassimo di seguirla.Il medico non pu guarirci insenso stretto; seguire i suoi consigli che ci pufar guarire. Allo stesso modo il Buddha in persona, se lo incontrassimo faccia afaccia, non potrebbe illuminarci; se questo fosse possibile lo avrebbe gi fatto,vista e considerata la sua infinita compassione.Ricevere gli insegnamenti senza metterli in pratica come ricevere una curasenza poi seguirla; tutta limmensa mole di conoscenze che chiamiamoBuddhismo alla fin fine si riduce a questo: ricevere un metodo(chiamato meditazione) e metterlo in pratica, lavorandoci giorno dopo giorno

    fino alla completa realizzazione. Detto cos, forse non sembrerparticolarmente romantico, mistico, esotico o avventuroso; eppure il risultatofinale garantito dal livello di realizzazione che, prima di noi, ha raggiunto unnumero incalcolabile di praticanti.

    O nobile praticante, dovresti pensare a te stesso come a un malato, alDharma come alla medicina, al tuo insegnante come ad un abiledottore e alla pratica diligente come alla via per la guarigione.(Il Buddha).

    Una volta generata la giusta attitudine nei riguardi dellinsegnamento, siamoveramente pronti per iniziare lesplorazione dei suoi punti fondamentali.Il nostro atteggiamento personale assolutamente essenziale; quandostudiamo qualcosa, il soggetto dello studio devessere indagato ancora primadelloggetto: cos che ragioniamo nel Buddhismo.Un giorno il Buddha spieg ai suoi studenti quale fosse la differenza fra uncane e un leone: Se lanci un bastone a un cane, il cane rincorrer quelbastone; se lanci un bastone a un leone, il leone rincorrer te!.Dobbiamo sviluppare lo stesso punto di vista di un leone: il soggetto piinteressante di un oggetto; il nostro atteggiamento verso le cose il modo in

    cui le percepiamo e in cui reagiamo ad esse pi importante delle cosestesse; la mente (ci che conosce e fa esperienza) pi importante di qualsiasiconoscenza o fenomeno.Se ci ricordiamo sempre del punto di vista del leone, siamo pienamentequalificati per proseguire e progredire nello studio e nella pratica del Dharma.

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    Fra i quattro modi di imparare,scrivere quello migliore.

    Quindi io, che ho ricevuto il nome di Chnyi Dorje,ho scritto queste cose

    riprendendo a destra e a mancale parole dei grandi esseri realizzati,

    senza alcun merito da parte mia,nella speranza di riuscire io stesso ad impararle.

    Grazie alla forza ispiratricedel Lama e dei Tre Gioielli,

    possa questo lavoroessere di beneficio anche per gli altri!

    * Dzogchen Nyingthig *www.realizzazione.it

    www.vajrayana.it