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Si può schematizzare il counseling del farmacista in quattro step: il primo è la valutazione anamnestica, supportata da un’intervista che deve caratterizzare la tipologia, l’entità e l’andamento dei sintomi direttamente correlati alla stipsi, di quelli potenzialmente allarmanti e di quelli più subdoli o meno evidenti.

La seconda fase è quella della diagnosi, affrontata nel secondo modulo del corso e qui sintetizzata nell’applicazione ragionata dei criteri di Roma. L’inquadramento della problematica per il farmacista significa principalmente comprendere se la stipsi sia correlata a un intestino irritabile, se sia imprescindibile la valutazione del medico e se ci siano i presupposti per un trattamento che deve necessariamente avviarsi dal rispetto di semplici norme comportamentali, da fornire al paziente nell’ambito di un approccio educazionale personalizzato.

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Per poter meglio offrire la sua preziosa consulenza, come già accennato, è necessario che il farmacista proceda con una raccolta di informazioni tale da conciliare rapidità ed efficacia.

Una delle strategie operative che si possono proporre si basa semplicemente su due fasi: la prima è mirata a un inquadramento complessivo ed è perciò costituita da domande generali che devono chiarire la modalità di comparsa e di decorso, la durata e l’impatto della stipsi, oltre naturalmente alla ricerca di eventuali cambiamenti nelle abitudini, nelle quali possono rientrare anche modificazioni ambientali, come nel caso di viaggi e nuovi impegni lavorativi.

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La seconda fase della raccolta anamnestica è invece più specificamente orientata all’individuazione di elementi strettamente correlati alla stipsi.

Poiché, come è stato più volte ribadito, ogni individuo vive il sintomo con modalità proprie, è bene non dare mai per scontato che le informazioni da lui fornite siano realmente quelle di maggiore rilevanza.

Per esempio non tutti potrebbero correlare la stipsi a condizioni o patologie apparentemente da essa svincolate quali diabete, tireopatie o interventi chirurgici addominali subiti molti anni prima, a cui potrebbe aver fatto seguito la formazione di aderenze.

È sempre utile chiedere se siano stati effettuati in tempi recenti esami del sangue o strumentali di qualsiasi genere e se si siano presentate emergenze.

Naturalmente va indagata anche l’assunzione di farmaci o preparati sia per la stipsi sia per altre eventuali problematiche, nonché la pratica di diete, siano esse state prescritte dal medico o intraprese in maniera del tutto arbitraria (per esempio per dimagrire).

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Di fronte a un individuo anziano o a un suo familiare che si sta interessando alla ricerca di rimedi contro la stipsi sono utili alcune domande che consentono di tracciare un quadro preciso della vita quotidiana e dello stato di salute: è probabile, per esempio, che un portatore di protesi tenda a preferire alimenti facilmente masticabili e a seguire un regime alimentare monotono.

Un altro aspetto molto importante riguarda l’aderenza a eventuali indicazioni terapeutiche.

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La società odierna vede le donne sempre più impegnate nel mondo professionale. Poiché esse sono di base più predisposte alla stipsi, non sorprende che una vita intensa e frenetica, carica di responsabilità e sempre più penalizzante il tempo libero, sia spesso un determinante di prim’ordine.

In questo caso il farmacista deve individuare il ruolo dei singoli fattori responsabili (dieta, ansia, disturbi del ciclo correlati all’assetto ormonale) e lo stress causato dalla stipsi.

L’elemento di vantaggio su cui può contare è quello di una paziente attenta e soprattutto motivata a trovare una soluzione efficace.

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Viene proposta una riflessione sul caso paradigmatico di una donna in carriera la cui quotidianità, già di per sé molto dinamica, è spesso ulteriormente complicata e movimentata da estenuanti viaggi all’estero, talvolta anche relativamente protratti.

La stipsi le procura notevole disagio sia per le conseguenze immediate (emorroidi, gonfiore) sia perché le sottrae lucidità, creatività e concentrazione, elementi a lei indispensabili per poter soddisfare le necessità imposte da una professione gratificante ma al tempo stesso snervante.

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Questi sono gli aspetti che meritano un’attenta riflessione: una donna così dinamica, come Rita, mette a dura prova il proprio intestino non soltanto sotto il profilo alimentare ma anche dal punto di vista della regolarità dei ritmi, a cui il tubo digerente è particolarmente sensibile.

Il cambio di fuso orario, per esempio, perturba in maniera significativa il ritmo sonno-veglia e le funzioni organiche, e anche l’improvvisa esposizione a un clima diverso determina effetti sull’attività intestinale.

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In questo caso prucalopride sembra delinearsi come la soluzione da preferire, in quanto prevede uno schema posologico semplice e di facile gestione, non comporta effetti indesiderati rilevanti o temibili e il miglioramento della stipsi non può che giovare al benessere e alle esigenze di una donna estremamente dinamica, che deve poter contare su lucidità mentale e creatività.

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Nella tipologia standard di paziente maschile è invece più probabile dover intervenire sulle abitudini scorrette, a partire dalla scarsa assunzione di fibre e dalla sedentarietà.

Ovviamente anche la presenza di altre condizioni, patologiche e parafisiologiche, può giocare un ruolo importante nella patogenesi della stipsi.

Ancora una volta, poi, è opportuno valutare la percezione soggettiva del disturbo, in termini sia di disagio sia di ripercussioni sull’autostima. In relazione all’età del cliente, inoltre, può essere opportuno sensibilizzarlo a sottoporsi a controlli o screening periodici.

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Il caso qui illustrato è di un ultracinquantenne che non segue uno stile di vita ottimale, anzi sembra presentare alcuni sintomi da non sottovalutare nel bilancio complessivo del suo stato di salute.

Essendo già portatore di alcuni fattori di rischio è bene che l’attenzione non si focalizzi unicamente sulla stipsi, ma valuti quest’ultima nel contesto del profilo clinico generale, senza poi dimenticare la possibilità di interazioni tra farmaci.

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Come anticipato, questo paziente si delinea come la tipologia dell’individuo sulla strada del diabete, o meglio di quella costellazione che è la sindrome metabolica.

In considerazione dell’età e delle varie problematiche il farmacista può essere determinante nel sollecitare questo cliente a correggere alcuni errori dello stile di vita e a non trascurare tutte le alterazioni cliniche e metaboliche.

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In questo paziente la stipsi è stata mal gestita e soprattutto sembra mancare la consapevolezza di quanto sia necessario un cambiamento dello stile di vita.

Per tale ragione si rende opportuna una correzione delle abitudini scorrette, a partire dalla sedentarietà e dall’alimentazione.

Non bisogna dimenticare, tra l’altro, che il primo approccio al diabete e, come nel caso specifico, al pre-diabete, prevede proprio un incremento dell’attività fisica e una modificazione della dieta.

Sarà inoltre importante suggerire a Rodolfo di ridurre il consumo di vino e aumentare invece l’apporto di acqua, funzionale anche per prevenire nuovi eventi di calcolosi renale.

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Nel caso di un individuo anziano l’accortezza del farmacista deve essere tale da cogliere la rilevanza della stipsi nell’economia non soltanto del benessere, ma anche dello stato di salute, e da usare espressioni semplici e dirette nonché esemplificazioni con immagini figurate.

Notoriamente, infatti, gli anziani sono restii a svelare le proprie abitudini e ad ammettere quei comportamenti che percepiscono non essere ottimali, per cui occorre instaurare un clima di estrema confidenzialità e riservatezza.

Se si tratta invece di un anziano fragile, istituzionalizzato o assistito a domicilio, il farmacista deve essere consapevole della propria centralità per la famiglia del paziente, offrendo anche in questo caso consigli pratici e criteri semplici per monitorare l’andamento della stipsi e riconoscere eventuali segni di allarme.

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Ecco il caso di una signora che, dopo un evento ictale, negli ultimi tempi ha dovuto affrontare non poche vicissitudini.

Bisogna infatti ricordare che l’anziano, oltre alle proprie fragilità, spesso legate a malattie cronico-degenerative, è anche esposto a un elevato rischio di complicanze e spesso non è in grado di esprimere una valutazione oggettiva del proprio disturbo.

Il soggetto diabetico, per esempio, a fronte di una neuropatia, potrebbe avere una percezione distorta o del tutto assente degli stimoli dolorifici.

La stipsi, poi, oltre a concorrere a un peggioramento dell’atonia intestinale, può anche favorire condizioni di iperproliferazione batterica nell’intestino.

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Come poc’anzi anticipato nel caso di questa anziana, già provata da varie cronicità e dal recente evento traumatico con frattura, è opportuna una riflessione attenta sui principali fattori di rischio.

È evidente che qualsiasi strategia farmacologica deve essere accuratamente soppesata in relazione ai possibili effetti indesiderati, alle eventuali interazioni con altri farmaci e alla fattibilità nel suo inserimento all’interno di un piano terapeutico già di per sé articolato.

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Sarebbe impensabile in questa paziente aumentare l’apporto alimentare di fibre e acqua, mentre è facilmente intuibile come le condizioni complessive e l’eventuale ricorso a terapie antibiotiche la espongano alla probabilità di dismicrobismi.

Prucalopride soddisfa tutti i requisiti di tollerabilità e sicurezza che impone l’approccio a questa anziana.

Cicli sistematici di probiotici possono inoltre contrastare l’iperproliferazione batterica e contribuire a migliorare l’equilibrio funzionale dell’intestino.

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La stitichezza (o stipsi) è una delle cause più frequenti di consulto medico: ne soffre cronicamente dal 5% al 10% della popolazione adulta e il 20% di quella anziana, e otto persone su dieci riferiscono la pregressa comparsa di tale disturbo in alcuni periodi della propria vita.

Più colpito, inoltre, risulta il sesso femminile e nelle classi socio-economiche meno agiate.

A differenza della diarrea, la stipsi è un segno più difficile da valutare.

Benché la si possa definire come l’associazione di un rallentamento del transito a livello colo-rettale con meno di tre evacuazioni a settimana e disidratazione e quindi compattezza eccessiva delle feci, sul piano pratico è preferibile dare credito a quanto riferisce ciascun individuo relativamente all’impatto del disturbo sulla propria vita quotidiana.

Allo stesso modo, però, è bene evitare di considerare l’impiego di lassativi quale indice di gravità del problema, in quanto spesso l’abuso di tali farmaci è sostenuto da convinzioni del tutto opinabili circa la necessità della loro assunzione.

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La stipsi è un sintomo comune a numerose malattie, che pertanto devono essere escluse prima di intraprendere un trattamento:

• diabete, che a causa della neuropatia autonomica comporta un rallentamento dell’attività peristaltica con problemi di svuotamento gastrico e dispepsia;

• ipotiroidismo e altre disendocrinie;

• diverticolite/diverticolosi del colon;

• spesso in presenza di patologie intestinali si possono osservare periodi di stipsi alternati a episodi di diarrea;

• disturbi neurologici (miopatie, malattia di Parkinson, sclerosi multipla).

Come già affermato, sono molti i farmaci in grado di favorire la stitichezza: dagli antidepressivi ai beta-bloccanti, dagli analgesici ai sedativi della tosse, dai diuretici agli anticonvulsivanti.

A prescindere, però, dai casi di più stretta pertinenza medica, non bisogna escludere la possibilità di un abuso di lassativi, più frequente nel sesso femminile. L’alimentazione gioca un ruolo determinante, ma non meno trascurabile è l’impatto delle abitudini di vita e del carico quotidiano di ansia.

La difficoltà o l’impossibilità di mantenere una regolarità nella propria quotidianità a causa dei ritmi frenetici imposti dalla società moderna, infatti, crea le premesse di una costante inibizione sull’attività peristaltica, che potrebbe anche risultare scarsamente responsiva ai farmaci.

L’intestino, inoltre, è una delle più frequenti sedi di somatizzazione di ansie e nevrosi.

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È fondamentale capire se nel contesto specifico la stipsi è da considerarsi un semplice sintomo isolato o una vera malattia.

A tale scopo è utile raccogliere in primo luogo informazioni sulle abitudini alimentari (una dieta troppo raffinata e quindi povera di fibre indigeribili è molto frequente), sullo stile di vita e su eventuali anomalie osservate nelle ultime settimane/mesi (dimagrimento, calo dell’appetito, febbre e così via).

Un ulteriore aspetto rilevante è la verifica di altri sintomi associati alla stipsi, come ad esempio il tenesmo (tensione e dolore alla defecazione).

Giova infine ricordare che la stipsi è anche uno dei disturbi più frequenti lamentati dalla donna in gravidanza.

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