shi tro parte vi - il bardo della luminosità

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SHI TRO commentario al testo di Karma Lingpa “Il profondo Dharma dell’autoliberazione tramite la mente dei pacifici e degli irati” Parte VI° Il bardo della luminosità della vera natura Ven. Khenchen Palden Sherab Rinpoche Khenpo Tsewang Dongyal Rinpoche Trad. Thupten Nyima

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SHI TROcommentario al testo di

Karma Lingpa

“Il profondo Dharma dell’autoliberazione tramite la mente dei pacifici e degli irati”

Parte VI°

Il bardo della luminosità della vera natura

Ven. Khenchen Palden Sherab Rinpoche

Khenpo Tsewang Dongyal Rinpoche

Trad. Thupten Nyima

Chos-nyid bardo, il bardo della luminosità della vera natura

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La fase successiva è il bardo della luminosità della vera natura, conosciuto anche come bardo della chiara luce. Dopo il momento della morte, quando il respiro è già cessato e gli elementi grossolani si sono dissolti nel più sottile spazio della coscienza, si riprende consapevolezza nella chiara luce del dharmakaya. La maggior parte degli esseri ordinari, senza alcun interesse spirituale o conoscenza degli insegnamenti sul bardo, non riconoscono ciò che avviene a questo punto, e il tutto durerà molto poco. Non c’è tuttavia una durata fissa per nessuna delle fasi del bardo. Gli elementi che determinano l’andamento dei cambiamenti sono diversi, come le condizioni dei canali energetici e le modalità della morte. Ma anche se la visione è vaga e dura poco, un buon praticante può riconoscerla ed espanderla, ottenendo l’illuminazione nel dharmakaya.

Se in quel momento il nostro riconoscimento è completo, la confusione del bardo termina. Questa è la migliore delle opportunità per raggiungere l’illuminazione nel dharmakaya, ma se non la riconosciamo, si manifesterà una seconda forma di chiara luce. Da qui in poi, la liberazione diventerà sempre più difficile. Le 80 emozioni che erano state temporaneamente inattive, progressivamente si ripresentano. Poiché non si è ancora riconosciuta la chiara luce e non ci si è fusi con essa, questo bardo inizia con l’esperienza di suoni e luci sconvolgenti. Questi suoni e queste luci non esistono esternamente, sono tutte emanazioni della propria natura primordiale e appaiono in una forma che deve essere riconosciuta per quello che è.

Durante i momenti finali del bardo del momento della morte abbiamo avuto la possibilità di illuminarci al livello del dharmakaya. Se questo non è avvenuto, entriamo nel bardo della luminosità dove abbiamo la possibilità di ottenere l’illuminazione nel sambhogakaya. Se si ha una certa familiarità con le pratiche del thöd-rgyal (thodgal), o “balzare oltre”, costituite da meditazioni che impiegano luci e colori, si può essere preparati per il riconoscimento trascendente e la liberazione nel sambhogakaya.

Dunque le visioni che si manifestano a questo punto non sono create da nessuno, né si tratta di un riflesso di una qualche energia legata alle abitudini. Esse sorgono spntaneamente dalla vera natura, la dimora della saggezza primordiale, e appaiono alla coscienza sotto certe condizioni. Negli insegnamenti Dzogchen si

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dice che questi colori e queste luci siano qualità naturali della saggezza primordiale. Sono visioni di ciò che intrinsecamente siamo, oltre ad essere il fondamento dei suoni e dei colori che si percepiscono in vita. Solamente che adesso possiamo realmente percepirli del tutto senza sforzo, nella loro piena intensità, senza l’oscuramento dei veleni. Se siamo capaci di riconoscere la vera natura di queste emanazioni e di unire la nostra consapevolezza con questa manifestazione luminosa, abbiamo l’opportunità di ottenere l’illuminazione nel sambhogakaya.

Dapprima c’è l’esperienza del suono, conosciuta come la voce della vera natura, o l’eco della saggezza primordiale. Questo suono non è dolce e piacevole. E’ molto più forte e intenso della musica heavy metal. Guru Padmasambhava l’ha paragonato al suono di mille tuoni, o alla distruzione dell’universo; è veramente un rumore fortissimo! Ma tutta questa imponente turbolenza non sta accadendo esternamente; è l’eco della natura primordiale. Se la si riconosce in quanto riverbero della saggezza trascendente e e non si reagisce ad essa, si può porre fine al processo del bardo.

Se non si riconosce questo suono per ciò che è, le cose cominciano a farsi un po’ più difficili. Le esperienze iniziali sono relativamente pacifiche e benevole. Andando avanti, come nel rafting sulle Montagne Rocciose, le onde diventano sempre più impegnative.

Se siamo spaventati dal suono e perdiamo l’opportunità del riconoscimento, dobbiamo concentrarci e prepararci per le visioni successive, che implicano la luce. Davanti a noi appariranno luci intensissime e sfolgoranti. Guru Padmasambhava afferma che queste luci superano la luminosità di mille soli. Risplendono così intensamente che sembrano sul punto di trafiggerci, come una doccia di potenti frecce di luce. Tutto ciò è seguito dalla visione di minuscoli raggi di luce dei cinque colori.

I suoni sono terrorizzanti, possiamo essere sconvolti o arrabbiati e quindi cerchiamo di scappare, ma i suoni e i raggi di luce ci inseguono. Disperatamente cerchiamo di allontanarci mentre speranze e paure cominciano a farsi sempre più pressanti. Lo stesso malessere può continuare quando si sperimentano le luci dei buddha pacifici e irati. Se si comincia a nutrire qualche attaccamento o si diventa preda dello spavento, e se si fanno false discriminazioni, si rimarrà ancora più intrappolati nella confusione.

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L’opportunità di liberazione qui è ancora ampiamente disponibile per i praticanti determinati. Quando udiamo i suoni, riconosciamo la voce della vera natura in quello che praticavamo in vita recitando i mantra. Le luci brillanti possono essere percepite anche in vita attraverso le pratiche Dzogchen del thod-rgyal. Così quando gli yogi sperimentano queste cose dopo la morte, il loro riconoscimento è perfetto perché le hanno già viste in precedenza. Essi non hanno paura, ma piuttosto naturalmente comprendono e si fondono con la vera natura di queste visioni, e così sono facilmente liberati.

Se non riconosciamo i suoni e le luci, la fase successiva introduce una sequenza di brillanti luci distintamente colorate che si presentano una dopo l’altra, annunciando l’apparizione dei dhyani buddha. Vicino a ciascuna luce brillante, c’è una luce molto più smorzata. Gli esseri ordinari hanno paura delle luci brillanti e e si sentiranno attratti dalle luci più opache. Queste luci opache sono l’essenza delle emozioni negative. La nostra ignoranza è messa alla prova. La tendenza all’attaccamento ai fenomeni è stata rigenerata.

Quando i suoni, le luci e i raggi appaiono originariamente durante la chiara luce secondaria, la mente è ancora relativamente lucida. Ora gli oscuramenti sottili e le emozioni come la rabbia, l’attaccamento e la gelosia iniziano a riapparire in una forma attiva. Le persone che non hanno alcuna esperienza pratica del Dharma a questo punto tenderanno a reagire. E’ piuttosto comune che la persona appena morta senta di essere ancora associata al vecchio corpo e non capisca di essere morta. Assomiglia ad un sogno. Ciò dà inizio a una nuova fase di dettagliate manifestazioni e le tendenze latenti vengono ricoinvolte a confondere ulteriormente la situazione. Si presentano varie manifestazioni compassionevoli dei vari buddha. Questa è la seconda opportunità di liberazione attraverso il riconoscimento delle visioni dei dhyani buddha, come è descritto nel Libro Tibetano Dei Morti.

Dapprima appaiono i buddha pacifici, iniziando con le cinque famiglie. Un vasto spazio simile a un cielo di luce blu viene proiettato fuori dal centro del nostro cuore prima dell’apparizione delle forme di buddha. Questa è la luce della saggezza del dharmadhatu. All’inizio è evidente che la luce emana da noi stessi, ma quando i buddha appaiono sembra che siano indipendenti da noi. Al centro di questo campo di luce blu radiante, si può vedere un piccolo cerchio di luce bianca. Questa è la stessa luce con cui si lavora nello stadio di generazione dello Dzogchen o nelle pratiche

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del thod-rgyal. Se riusciamo a riconoscerla adesso, vedremo che questa luce non è nient’altro che Samantabhadra e Samantabhadri in unione. In questo modo, otteniamo l’illuminazione istantanea senza alcuna ulteriore esperienza.

Se non ci riusciamo, la luce bianca si espande, andando a comprendere l’intero spazio visionario. Se siamo abituati alla pratica di visualizzazione dei buddha della famiglia del vajra, riconosceremo facilmente Buddha Vajrocana e consorte seduti in unione al centro di questo campo bianco. Se comprendiamo anche per un solo istante che questa visione è un’emanazione della saggezza primordiale non separata dalla nostra natura della mente, il nostro momento karmico cambierà completamente e otterremo l’illuminazione alla presenza del Buddha Vairocana.

Se falliamo nel riconoscere Vairocana come una manifestazione della nostra propria saggezza primordiale e invece ipotizziamo la dualità soggetto-oggetto in relazione a ciò che appare, apparirà un’altra luce bianca. Si tratta della successiva possibilità di riconoscimento descritta come “luci bianche si susseguono come nuvole”. E’ conosciuta anche come la luce di Vajrasattva ed è associata alla saggezza simile a uno specchio. Se riconosciamo questa luce bianca come un’emanazione della nostra propria mente, ciò segna la fine di ogni perplessità e non ci saranno più bardo. Le nuvole a cui assomiglia presto si trasformano e al centro della brillante luce bianca appaiono Vajrasattva e consorte, circondati dall’intero albero del rifugio. Tutto questo emana dal nostro centro del cuore.

La fase successiva è caratterizzata da una luce giallo-dorata. Il riconoscimento non duale della luce gialla in quanto saggezza dell’equanimità conduce all’illuminazione nel sambhogakaya. Buddha Ratnasambhava e consorte ci accoglieranno apparendo al centro della luce, e saremo liberati senza alcun ulteriore vagabondare.

La luce gialla è seguita da una luce color rosso-profondo che pervade l’intero spazio. Questa è la radianza della saggezza discriminatrice. Se abbiamo praticato il Buddha della Luce Infinita, potremo facilmente riconoscere questa luce e interrompere quindi il ciclo delle rinascite karmiche. Risplendendo nel sambhogakaya,

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appariranno Buddha Amitabha e consorte, circondati anch’essi dall’albero del rifugio.

Dopo la luce rossa segue una luce verde-intenso. Questa è la luce della saggezza che tutto realizza. Se abbiamo praticato le divinità della famiglia di buddha karma, riconosceremo la natura di questa manifestazione. Se c’è una chiara comprensione della visione, potremo essere immediatamente illuminati. Dal centro del campo di luce verde, compaiono Buddha Amoghasiddhi e Tara in unione, sul loto centrale dell’albero cosmico del rifugio.

Buddha Samantabhadra e Samantabhadri, oppure Vajrasattva e la sua consorte sono le principali divinità collegate agli insegnamenti dello shi tro. Quando appaiono al centro, si manifesta il loro seguito formato dai cinque dhyani buddha insieme ai vari bodhisattva associati alle loro famiglie. Ciò costituisce l’insieme delle 42 divinità pacifiche, seguite poi dalla apparizione delle 58 divinità irate. Questo è il mandala del Guyagarbha tantra. Tutti questi buddha sono la manifestazione della saggezza originaria che forma il nostro corpo e la nostra mente.

Grazie all’ispirazione di questi insegnamenti, iniziamo ad investigare la dimensione sottile del nostro mondo, e scopriremo che l’intero mandala appare dentro di noi. Non c’è niente al di fuori di noi. Sulla base di questa intuizione, pratichiamo e meditiamo in modo che quando sarà il momento della morte, riconosceremo tutte le visioni come nostre proiezioni e ci uniremo felicemente alla sorgente trascendente. Aver praticato regolarmente visualizzando le divinità e recitando il mantra sarà di immenso beneficio nel chös-nyid bardo. Se siamo abituati ad una buona pratica, sappiamo già che queste visioni sono proiezioni della nostre menti che emergono dalla vera natura, cariche dell’energia dell’amore puro, della compassione e della saggezza. Ciò è quanto le divinità o i dhyani buddha rappresentano. Se siamo abituati a questo tipo di meditazione, le possibilità di ottenere l’illuminazione sono buone. Non abbiamo bisogno di presentarci a nostra madre. Riconoscendo uno qualsiasi di questi buddha, saremo illuminati. In questo caso tutte le esperienze del bardo cesseranno, tutto finirà nel momento del riconoscimento. L’intero universo esterno si dissolve dentro di noi. Quindi, invece di essere condizionati dalle limitazioni della rinascita karmica, potremo andare ovunque ed assumere qualsiasi forma. Avremo un pass da tappeto rosso, mentre coloro che non

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avranno praticato vagheranno ancora in un posto molto trafficato, come se fosse Calcutta!!

Se per qualche motivo manchiamo tutte queste occasioni di liberazione attraverso il riconoscimento dei buddha pacifici, assiteremo all’apparizione dei buddha irati. A questo punto sarà sempre più difficile. Non solo si ripresenteranno la radianza accecante e gli intensi raggi di luce, ma si manifesteranno migliaia di fuochi e terrificanti rumori di tuono.

Il testo prosegue:

la illimitata capacità della loro radianzasi manifesta nel palazzo a conchiglia

Il palazzo a forma di conchiglia è il cervello. I canali che si diramano dal cervello rappresentano le divinità irate. Non andrò oltre nei dettagli, limitandomi a dire che la maggior parte dei buddha pacifici risiedono nel chakra del cuore e una parte negli altri chakra e canali del sistema nervoso. Tutti insieme costituiscono i 42 buddha pacifici. I 58 buddha irati risiedono invece nella dimensione del palazzo a conchiglia del chakra del cervello. Insieme, il gruppo dei pacifici e il gruppo degli irati assommano quindi a 100 buddha.

Avrete probabilmente visto le thangka dei buddha irati rappresentati con tre occhi, quattro o sei gambe, molte braccia e circondati da un alone di fuoco. Questo è il genere di forme che ci apparirà davanti. Tutte queste visioni non sono altro che una manifestazione della nostra saggezza primordiale e se siamo abituati alla loro visualizzazione comprenderemo che sono inseparabili da essa. Sono forme comunicative del Buddha. Non bisogna prendere l’abitudine di rifiutare o rifuggire le cose che non riconosciamo immediatamente, come pure di pensare di conoscere qualcosa senza averla indagata. Riconoscendo queste forme avremo un’altra chance di unirci alla visione e raggiungere l’illuminazione. Questa si chiama la chiara luce terziaria, la terza opportunità di liberazione.

In Tibet c’era un artista che dipingeva thangka. Egli stava lavorando su un dipinto delle cento divinità pacifiche e irate, mentre la sua giovane figlia gli stava accanto, senza prestare molta attenzione all’arte del padre. Ad un certo punto, mentre l’artista dipingeva un certo buddha irato dalla testa di serpente, la ragazzina ebbe una

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forte reazione e chiese al padre: “Che cos’è questa strana creatura?”“Non c’è niente di strano” rispose il padre “Questa è una delle molte forme del Buddha. Tutte queste figure sono dei buddha.”Allora la ragazzina chiese: “Dove sono adesso i buddha?”Il padre spiegò: “Mentre sei viva, non ti è possibile vedere questi buddha, ma quando morirai, essi verranno e si mostreranno. Questo buddha con la testa di serpente è l’ultimo di tutti i buddha che si mostreranno al momento della morte. Quando vedrai questa forma di buddha, non ti illudere più di non essere morta”.

Questo buddha dalla testa di serpente fece una grande impressione alla ragazzina che si impresse bene in mente la sua forma e quanto fosse importante riconoscerla quando sarebbe morta. Per tutta la sua vita, questo pensiero le rimase sempre ben presente in mente. Quando morì, ella attraversò tutte le esperienze del bardo, ma non si accorse di quello che le stava accadendo fino a che vide l’ultimo buddha, quello dalla testa di serpente. In quel momento si ricordò: “Oh! Ecco la visione del Buddha che mi aveva detto mio padre. Questa è solo una proiezione della mia mente in questo bardo. Non esiste esternamente, quindi non dovrei reagire e creare altro karma.”

Il solo ricordare ciò, la aiutò a rilassarsi e a smettere di andare alla deriva da uno stato confusionale all’altro. Ella raggiunse una buona realizzazione grazie a questa comprensione.

I buddha irati emanano dal nostro chakra della corona accompagnati da una violenta eruzione di luce e suono. La visualizzazione è estremamente chiara a questo punto. Ogni cosas si manifesta molto decisamente. Se ben meditiamo e conosciamo l’importanza della concentrazione, abbiamo un’altra opportunità per realizzare che tutto questo è una proiezione della nostra mente, una manifestazione della saggezza primordiale. Riconoscendo ciò, ogni ulteriore stadio del bardo diventa inutile e possiamo riposare come nel grembo materno.

Tutti i buddha pacifici ed irati non sono nient’altro che un riflesso della nostra saggezza primordiale. Essi sono nostre emanazioni, e non esistono di per se stessi. Essi sono come un’altra dimensione dello stato di sogno, una manifestazione della nostra mente. In realtà stiamo viaggiando in una dimensione più profonda del mondo del sogno.

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Riassumendo, il testo radice afferma:

quando il bardo della realtà intrinseca si manifesta,abbandonando il terrore e qualsiasi paura…

Questo bardo inizia con l’esperienza più intensa della luminosità primordiale della chiara luce. Siccome ci aggrappiamo alla speranza e siamo preda della paura, Guru Rinpoche ci sprona a non essere timidi o impauriti in questo momento. Dobbiamo riconoscere che qualsiasi cosa si manifesti, è l’energia auto-radiante della mente e non contiene neanche un atomo esterno ed oggettivo. L’intera esperienza è contenuta nella nostra mente, come in un sogno. Una volta compreso, questo punto cruciale conduce alla liberazione.

Che sia pacifica o irata:

…riconosco che qualsiasi cosa si manifestiè l’auto-apparenza della consapevolezza,

Ogni cosa che vediamo è la manifestazione della saggezza primordiale, la luminosità della vera natura. Perché dovremmo essere spaventati dalla nostra stessa mente? Considerando il momento in cui incontreremo la chiara luce della nostra vera natura, forse possiamo essere un poco apprensivi e timorosi, ma Guru Padmasambhava e il Buddha ci insegnano a considerare la nascita e la morte come semplici pensieri e nozioni dualistiche.

…apparizioni dello stato intermedio

Il bardo della luminosità della vera natura comprende due fasi. Dapprima siamo completamente intrappolati fra l’elemento rosso e l’elemento bianco e tutto diventa nero come il cielo di una notte di luna nuova. Poi abbiamo la visione della vera natura, non disturbata, completamente trasparente, al di là dei concetti, non composta e non complessa. Nello Dzogchen, questa è chiamata la pura visione primordiale del khregs-chod che è identica alla realizzazione della Mahamudra o Maha-Ati. Questo è l’aspetto di vacuità della vera natutra, co-emergente con la chiara luce. Abbiamo un’esperienza proprio di essa a questo punto. Siamo in unione con la condizione della purezza primordiale, lo stato khregs-chod della vera natura. Fondendo la nostra consapevolezza con questa realtà nel momento in cui si presenta, unificando tutto in un unico sapore, è conosciuto come “ l’incontro della chiara luce figlia

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con la chiara luce madre”. In questo modo si diventa illuminati nel dharmakaya.

Dal momento in cui appaiono i segni segreti durante la dissoluzione degli elementi fino al primo scorcio della vera natura, attraverso le esperienze successive di suoni, luci e raggi, fino alle visioni dei cento buddha, ogni cosa è una manifestazione del bardo della luminosità della vera natura. Il riconoscimento durante la discesa della luce bianca, o l’ascesa della luce rossa, o attraverso una delle visioni delle divinità dello shi-tro, sono tutte forme di liberazione nel bardo della luminosità e conducono direttamente all’illuminazione nel sambhogakaya o nel nirmanakaya. Se abbiamo praticato, durante questo bardo possiamo raggiungere ottenimenti che potevano sembrare completamente oltre le nostre capacità in vita.

Questo bardo presenta molte visioni differenti, una dietro l’altra, così ci sono molteplici opportunità di ottenere l’illuminazione, soprattutto se si ha qualche esperienza precedente nelle visualizzazioni del thod-rgyal. Se pratichiamo il Kalachakra o i Sei Yoga di Naropa, abbiamo sei applicazioni, comprendenti pratiche come il tummo e il gyü-lus. Entrambi questi yoga sono approfonditi nel corpo delle pratiche del thod-rgyal e consentono al praticante di sviluppare la visione trascendente in molte condizioni differenti.

La continuità dell’esperienza primordiale compresa in queste visioni è conosciuta come “le luci del thod-rgyal”. Nel thod-rgyal vediamo gli stessi raggi, gli stessi arcobaleni, gli stessi colori ed anche ciò che si chiama “le catene di vajra di luce”. Tutto ciò rappresenta l’attività della saggezza primordiale che sorge spontaneamente come suono, colore e forme in movimento. Senza che meditiamo o visualizziamo nulla intenzionalmente, le visioni che abbiamo coltivato nella pratica ora appaiono di fronte a noi in tutta la loro intensità. Risvegliarsi durante questa manifestazione è conosciuto come l’illuminazione nel rupakaya. Tutte queste visioni fanno parte del bardo della chiara luce, l’aspetto luminoso della vera natura.

fine della VI°partecontinua con il

“bardo del momento del divenire”

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