seminara letizia, libertà di espressione e internet. riflessioni sulla sentenzadella corte europea...

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Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dell’Università Kore di Enna www.koreuropa.eu LIBERTÀ DI ESPRESSIONE E INTERNET. RIFLESSIONI SULLA SENTENZA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO DELFI AS C. ESTONIA Letizia Seminara Cultore della materia di diritto internazionale e diritto dell’Unione europea nell’Università Kore di Enna PAROLE CHIAVE: Delfi, Notice takedown, Internet, Libertà di espressione La sentenza di Camera Delfi AS c. Estonia, pronunciata il 10 ottobre 2013 dalla prima sezione della Corte europea dei diritti dell’uomo 1 , si pone in un contesto in cui si ritiene, come è stato affermato recentemente nell’ambito dell’European Dialogue on Internet Governance, che “la salute di un Paese può essere misurata dai suoi sforzi per proteggere le varie dimensioni della libertà di Internet” 2 . La stessa pronuncia deve essere inserita altresì nell’ambito della Strategia del Consiglio d’Europa 2012-2015 sulla Governance di Internet, che prevede tra le sue linee d’azione di rafforzare al massimo i diritti e le libertà degli utenti di Internet, concentrandosi anche sul proseguimento dell’esame dell’equilibrio tra la garanzia del diritto fondamentale alla libertà di espressione e la protezione dell’onore e della reputazione delle persone, come tutelato dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo” 3 . In effetti, la suddetta sentenza soppesa due esigenze che sorgono oggi in materia di libertà di espressione e Internet, cioè la protezione sia della libertà di Internet e quindi, dei diritti e libertà dei suoi utenti, che dell’onore e la reputazione delle persone. Tutti interessi che devono essere giustamente bilanciati in una società democratica e che, nella sentenza, vengono ponderati con riferimento ai commenti postati dai lettori su un portale Internet di notizie. 1 Corte europea dei diritti dell’uomo, Delfi AS c. Estonia, 10 ottobre 2013, ricorso n. 64569/09. 2 6th EuroDIG, Opening statement of Jan Kleijssen, Director of Information Society and Action against Crime Council of Europe, Lisbona, 20-21 giugno 2013. La traduzione è nostra. 3 CM(2011)175 final, Gouvernance de l’Internet, Stratégie du Conseil de l’Europe 2012-2015, 15 marzo 2012. La traduzione è nostra.

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  • 1. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dellUniversit Kore di EnnaLIBERT DI ESPRESSIONE E INTERNET. RIFLESSIONI SULLA SENTENZA DELLA CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELLUOMO DELFI AS C. ESTONIA Letizia Seminara Cultore della materia di diritto internazionale e diritto dellUnione europea nellUniversit Kore di Enna PAROLE CHIAVE: Delfi, Notice takedown, Internet, Libert di espressioneLa sentenza di Camera DelfiASc. Estonia, pronunciata il 10 ottobre 2013 dalla primasezione della Corte europea dei diritti delluomo1, si pone in un contesto in cui si ritiene, come stato affermato recentemente nellambito dellEuropean Dialogue on Internet Governance, che la salute di un Paese pu essere misurata dai suoi sforzi per proteggere le varie dimensioni della libert di Internet2. La stessa pronuncia deve essere inserita altres nellambito della Strategia del Consiglio dEuropa 2012-2015 sulla Governance di Internet, che prevede tra le sue linee dazione di rafforzare al massimo i diritti e le libert degli utenti di Internet, concentrandosi anche sul proseguimento dellesame dellequilibrio tra la garanzia del diritto fondamentale alla libert di espressione e la protezione dellonore e della reputazione delle persone, come tutelato dalla Convenzione europea dei diritti delluomo3. In effetti, la suddetta sentenza soppesa due esigenze che sorgono oggi in materia di libert di espressione e Internet, cio la protezione sia della libert di Internet e quindi, dei diritti e libert dei suoi utenti, che dellonore e la reputazione delle persone. Tutti interessi che devono essere giustamente bilanciati in una societ democratica e che, nella sentenza, vengono ponderati con riferimento ai commenti postati dai lettori su un portale Internet di notizie.Corte europea dei diritti delluomo, Delfi AS c. Estonia, 10 ottobre 2013, ricorso n. 64569/09. 6th EuroDIG, Opening statement of Jan Kleijssen, Director of Information Society and Action against Crime Council of Europe, Lisbona, 20-21 giugno 2013. La traduzione nostra. 3 CM(2011)175 final, Gouvernance de lInternet, Stratgie du Conseil de lEurope 2012-2015, 15 marzo 2012. La traduzione nostra. 1 2www.koreuropa.eu

2. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dellUniversit Kore di EnnaI fatti cos come riportati dalla Corte europea dei diritti delluomo (la Corte), possono cos riassumersi. La ricorrente la societ proprietaria di Delfi, uno dei pi grandi portali Internet di notizie in Estonia. Il portale pubblica fino a 330 articoli di notizie al giorno. I lettori possono postare e leggere, sul portale Internet, commenti degli articoli pubblicati. Ai tempi dei fatti in questione, i commenti circa 10000 al giorno- erano caricati automaticamente, non erano n editati n moderati dalla societ ricorrente, ed erano postati maggiormente sotto pseudonimi. Il portale prevedeva un sistema che permetteva ad ogni lettore di segnare un commento come leim, cio un messaggio insultante o derisorio o un messaggio che incita allodio su Internet, e il commento era rimosso speditamente. Inoltre, il sistema prevedeva la rimozione automatica di commenti che contenevano certe radici di parole oscene. Oltre a ci, la vittima di un commento diffamatorio poteva direttamente contattare la societ ricorrente, e il commento veniva rimosso immediatamente. Il sito conteneva il suo Regolamento sui commenti, prevedendo che gli autori dei commenti erano responsabili per il loro contenuto e spiegando il suddetto sistema di rimozione dei commenti. Nel gennaio 2006 la societ ricorrente pubblic, sul portale Delfi, un articolo che riguardava le attivit di una compagnia marittima che forniva servizi di trasporto pubblico tra il continente e alcune isole. Larticolo attir 185 commenti, una ventina dei quali conteneva minacce personali e un linguaggio offensivo nei confronti di L., membro del consiglio di sorveglianza della compagnia marittima. Nel marzo 2006, gli avvocati di L. chiesero alla societ ricorrente la rimozione dei commenti offensivi e un risarcimento di circa 32000 euro per danni non patrimoniali. La societ ricorrente rimosse i commenti, ma rifiut posteriormente la richiesta di danni. L. inizi quindi unazione civile contro la societ ricorrente. Le giurisdizioni interne ritennero civilmente responsabile per i commenti diffamatori la societ ricorrente e assegnarono a favore di L. un risarcimento di 320 euro per danni non patrimoniali. Pi tardi, la Delfi non permetteva alle persone che avessero postato commenti offensivi, di postare un nuovo commento finch il commentatore non avesse letto e accettato le regole stabilite per pubblicare commenti. Inoltre, la societ ricorrente istitu una quipe di moderatori.www.koreuropa.eu 3. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dellUniversit Kore di EnnaLa societ ricorrente asseriva, dinanzi alla Corte, che le giurisdizioni interne ritenendola civilmente responsabile per i commenti diffamatori avevano infranto la sua libert di espressione (libert di impartire informazione), come garantita dallarticolo 10 della Convenzione europea dei diritti delluomo (la Convenzione), mentre il Governo sosteneva il contrario. Al fine di decidere se lingerenza, che secondo la stessa rientra nellambito di applicazione dellarticolo 10 della Convenzione, ha rispettato la libert di espressione come stabilito da questa disposizione, la Corte si accerta che essa sia stata prevista dalla legge, abbia perseguito uno scopo legittimo e sia stata necessaria in una societ democratica. Requisiti che la Corte ritiene siano stati osservati nella specie. Merita uno specifico chiarimento il ragionamento seguito dalla Corte al momento di esaminare il terzo requisito, cio la necessit dellingerenza in una societ democratica. La Corte pone la questione nei seguenti termini: si tratta di sapere se lobbligo della societ ricorrente di assicurarsi che i commenti postati sul suo portale Internet non abbiano violato i diritti della personalit di terzi, come disposto dalle autorit giudiziarie interne, si conformava alle garanzie stabilite dallarticolo 10 della Convenzione (84). Per risolvere la questione, la Corte analizza quattro elementi che considera importanti nelle circostanze del caso di specie: primo, il contesto dei commenti; secondo, le misure adottate dalla societ ricorrente al fine di evitare o rimuovere commenti diffamatori; terzo, la responsabilit dei reali autori dei commenti come alternativa alla responsabilit della societ ricorrente; e quarto, le conseguenze dei procedimenti interni per la societ ricorrente (85). Per quanto riguarda il primo elemento (86), la Corte nota che larticolo pubblicato trattava un argomento di un certo interesse pubblico e che, nei procedimenti interni, lo stesso non aveva dato adito ad alcuna controversia che riguardasse la diffamazione. Tuttavia, secondo la Corte, poich larticolo si occupava delle attivit della Compagnia marittima che influivano negativamente su un ampio numero di persone, la societ ricorrente avrebbe potuto accorgersi che larticolo poteva causare reazioni negative contro la Compagnia marittima e i suoi dirigenti e che, considerando la portata generale dei commenti sul portale Delfi, vi era un rischio, pi alto della media, che i commenti negativi oltrepassassero i limitiwww.koreuropa.eu 4. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dellUniversit Kore di Ennadella critica accettabile e raggiungessero il livello dellinsulto gratuito e del discorso di odio. Inoltre, aggiunge la Corte, il numero di commenti postati sullarticolo in questione era sopra la media e dimostrava il grande interessamento dei lettori e di coloro che avevano postato i commenti. La Corte conclude a questo riguardo che la societ ricorrente doveva mostrare una certa prudenza nelle circostanze del caso di specie per evitare di essere ritenuta responsabile per violazione delle norme dirette alla tutela della reputazione di altre persone. Quanto al secondo elemento (87-90), la Corte nota che in aggiunta allavviso secondo cui gli autori dei commenti, e non la societ ricorrente, erano responsabili dei commenti e al fatto che era proibito postare commenti che fossero contrari alle buone usanze o contenessero minacce, insulti, espressioni oscene o volgarit, la societ ricorrente aveva due sistemi generali in funzionamento. Primo, la societ ricorrente aveva un sistema automatico di rimozione dei commenti basato sulle radici di alcune parole volgari. Secondo, la societ ricorrente aveva un sistema che permetteva a chiunque di comunicarle che un commento era inappropriato semplicemente cliccando su un tasto creato appositamente. Inoltre, in certe occasioni gli amministratori del portale rimuovevano di loro iniziativa commenti inappropriati. Secondo la Corte, il sistema automatico di filtro basato sulle parole poteva impedire alcuni degli insulti o minacce, ma non poteva farlo rispetto ad altri, ed era, quindi, insufficiente per impedire danni a terzi. Laltro sistema era, secondo la Corte, facilmente accessibile e conveniente per gli utenti. Tuttavia, la societ ricorrente non laveva utilizzato, e i commenti erano stati accessibili al pubblico per sei settimane finch erano stati rimossi dalla stessa societ, una volta ricevuta la notifica inviata per iscritto e con la posta dalla persona interessata. Per quanto riguarda questo fattore, la Corte considera pertinente, al fine di determinare la proporzionalit dellingerenza nella libert di espressione della societ ricorrente, largomento delle giurisdizioni interne secondo cui la pubblicazione di notizie e la diffusione dei commenti dei lettori faceva parte della attivit professionale della societ. Essa nota che questultima era interessata al numero dei lettori e dei commenti, da cui dipendeva il reddito ottenuto dalle pubblicit. Inoltre, la Corte rileva che la pubblicazione di commenti diffamatori su un ampio portale Internet di notizie, implica un vasto pubblico per i commenti e che lawww.koreuropa.eu 5. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dellUniversit Kore di Ennasociet ricorrente, e non la persona la cui reputazione poteva essere in gioco, si trovava nella posizione di conoscere un articolo da pubblicare, di predire la natura dei possibili commenti stimolati dallarticolo e, soprattutto, di adottare misure tecniche o manuali per impedire che dichiarazioni diffamatorie fossero rese pubbliche. La Corte considera che la societ ricorrente esercitava un sostanziale grado di controllo sui commenti pubblicati sul suo portale, che gli autori dei commenti non potevano modificare n cancellare una volta postati. Infine, un elemento considerato importante dalla Corte per ridurre la severit dellingerenza nella libert di espressione che le giurisdizioni interne non hanno dato ordini alla societ ricorrente su come la stessa doveva assicurare la protezione dei diritti dei terzi, e che aveva fatto cadere la scelta sulla societ ricorrente. Sul terzo fattore (91-92) la Corte osserva che per ragioni puramente tecniche sarebbe sproporzionato porre lonere dellidentificazione degli autori di commenti diffamatori sulla persona danneggiata in un caso come il presente. A questo riguardo, la Corte ha presenti gli obblighi positivi degli Stati scaturiti dallarticolo 8 della Convenzione (diritto al rispetto della vita privata e familiare), i quali possono comportare ladozione di misure tendenti ad assicurare il rispetto della vita privata nella sfera delle relazioni degli individui tra loro e perci non convinta che le misure che permettono alla parte danneggiata di far ricorso soltanto contro gli autori dei commenti diffamatori, avrebbero garantito nel caso di specie leffettiva protezione del diritto alla vita privata della persona danneggiata. La Corte nota inoltre che stata la scelta della societ ricorrente di ammettere commenti scritti da utenti non registrati, assumendo cos una certa responsabilit per quei commenti. Per fare il bilancio dei diritti e interessi in gioco, la Corte ritiene importante un elemento: la facilit con cui si rende pubblica linformazione su Internet e la quantit sostanziale di informazione che l si trova, ci che significa afferma la stessa- che individuare dichiarazioni diffamatorie e rimuoverle un compito difficile. Secondo la Corte, difficile per loperatore di un portale Internet di notizie, ma un compito ancora pi oneroso aggiunge la Corte- per le persone potenzialmente danneggiate che, meno probabilmente avrebbero risorse per monitorare in continuazione Internet.www.koreuropa.eu 6. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dellUniversit Kore di EnnaInfine, il quarto fattore (93) riguarda il risarcimento di 320 euro per danno non patrimoniale che la societ ricorrente stata obbligata a pagare alla persona danneggiata. Tenendo anche conto del fatto che la societ ricorrente era un operatore professionale di uno dei pi grandi portali Internet di notizie in Estonia, la Corte ritiene che la suddetta somma non pu essere affatto considerata sproporzionata. In conclusione, la decisione delle giurisdizioni interne che ha ritenuto responsabile la societ ricorrente per i commenti diffamatori postati dai lettori sul suo portale Internet stata, secondo la Corte, una restrizione giustificata e proporzionata del diritto alla libert di espressione della societ ricorrente. Non vi stata, perci, violazione dellarticolo 10 della Convenzione. La soluzione della Corte nel caso di specie merita alcune considerazioni che riguardano, da una parte, la giurisprudenza gi stabilita dalla stessa in materia di libert di espressione e Internet, e dallaltra, la giurisprudenza che essa stabilisce con questa sentenza. Primo, la sentenza DelfiASc. Estonia si inserisce nella giurisprudenza pi recente dellaCorte europea dei diritti delluomo secondo cui le pubblicazioni su Internet rientrano nellambito di applicazione dellarticolo 10 della Convenzione, il quale garantisce la libert di espressione. In effetti, nel caso Times Newspapers Limited c. Regno Unito (n. 1 e 2) la Corte aveva affermato che i siti Internet contribuiscono grandemente a migliorare laccesso del pubblico allattualit e, in modo generale, a facilitare la comunicazione dellinformazione, e aveva considerato che la costituzione di archivi su Internet, rappresentando un aspetto essenziale del ruolo giocato dai siti Internet, rientra nellambito di applicazione dellarticolo 10 della Convenzione4. La Corte lo conferma nel caso Ashby Donald ed altri c. Francia ricordando che larticolo 10 ha vocazione ad applicarsi alla comunicazione per via di Internet, qualsiasi sia il tipo di messaggio che si tratti di veicolare5. Conformemente con questa giurisprudenza, la sentenza DelfiASaggiunge allelenco delle pubblicazioni che rientranonellambito dellarticolo 10 della Convenzione, i commenti postati dai lettori sui portali diCorte europea dei diritti delluomo, Times Newspapers Limited c. Regno Unito (n. 1 e 2), 10 marzo 2009, ricorsi n. 3002/03 e 23676/03, 27. 5 Corte europea dei diritti delluomo, Ashby Donald ed altri c. Francia, 10 gennaio 2013, ricorso n. 36769/08, 34. 4www.koreuropa.eu 7. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dellUniversit Kore di Ennanotizie. Di conseguenza, le disposizioni che riguardano le eventuali restrizioni o ingerenze con la libert di espressione previste dallo stesso articolo trovano applicazione anche per quanto riguarda i suddetti commenti. Secondo, si applica, dunque, anche ai commenti postati dai lettori sui siti Internet di notizie, il principio gi stabilito dalla Corte in materia di protezione della reputazione. Lesame dei quattro suddetti fattori rilevati dalla Corte tendono cos ad applicare il principio dalla stessa menzionato ai paragrafi 81-82 della sentenza, secondo cui in questi casi, essa deve accertare se le autorit interne hanno raggiunto un giusto equilibrio nella protezione di due valori garantiti dalla Convenzione, che in certi casi possono essere in conflitto luno con laltro, cio da una parte la libert di espressione tutelata dallarticolo 10 della Convenzione e dallaltra il diritto al rispetto della vita privata garantito dallarticolo 8 della Convenzione, entrambi diritti che meritano uguale rispetto. A questo riguardo, la Corte si riferisce nella sua sentenza al caso Von Hannover c. Germania (n. 2). Terzo, non soltanto il suddetto principio applicato in materia, ma esso anche interpretato alla luce delle condizioni attuali. La Corte aveva gi affermato nella sentenza Ahmet Yildirim c. Turchia che Internet oggi diventata uno dei principali mezzi di esercizio, da parte degli individui, del loro diritto alla libert di espressione e dinformazione e che vi si trovano degli strumenti essenziali di partecipazione alle attivit e ai dibattiti relativi a questioni politiche e di interesse pubblico6. Pi recentemente, nella sentenza di Grande Camera Animal Defenders International c. Regno Unito, la Corte ha definito questi nuovi mezzi come dei potenti strumenti di comunicazione7. Nella sentenza DelfiAS,presumibilmente la Corte interpreta la Convenzione alla luce di queste attuali caratteristiche di Internet, quando, da una parte, considera che sarebbe sproporzionato porre sulla vittima di dichiarazioni diffamatorie su Internet lonere dellidentificazione dei loro autori e allo stesso tempo accoglie i desideri degli utenti di non svelare la loro identit nellesercizio della loro libert di espressione, e dallaltra, ritiene che un compito pi oneroso per la persona potenzialmente danneggiata che per loperatore di un portale Internet, quello di individuare Corte europea dei diritti delluomo, Ahmet Yildirim c. Turchia, 18 dicembre 2012, ricorso n. 3111/10, 54. Corte europea dei diritti delluomo, Animal Defenders International c. Regno Unito, Grande Camera, 22 aprile 2013, ricorso 48876/08, 124. 6 7www.koreuropa.eu 8. Rivista elettronica del Centro di Documentazione Europea dellUniversit Kore di Ennadichiarazioni diffamatorie su Internet, e quindi pone sulla societ proprietaria del sito Internet lonere della tutela della reputazione delle persone. La Corte cita al riguardo la sua sentenza Krone Verlag GmbH & Co.KGc. Austria (n. 4) nella quale ha stabilito che lo spostamentoalla media company, generalmente in una miglior posizione finanziaria di quella del diffamatore, del rischio della persona diffamata per ottenere riparazione tramite un procedimento per diffamazione, non era una ingerenza talmente sproporzionata nel diritto alla libert di espressione della media company. Al contrario, nel precedente casoK.U.c. Finlandia la Corte aveva considerato che una protezione pratica ed effettiva del ricorrente, a nome del quale e a sua insaputa, era stato pubblicato illegalmente un annuncio su Internet nel 1999, implicava ladozione di misure efficaci tendenti ad identificare e perseguire lautore dellannuncio8. In questultimo caso il comportamento litigioso era per di natura penale. La stessa soluzione, cio quella di ritenere che lidentificazione dellautore della pubblicazione e lattuazione di unazione legale nei confronti di questultimo sarebbero state necessarie, non avrebbe raggiunto un giusto equilibrio alla luce dei fatti diversi e nel contesto diverso dellodierno caso Delfi AS.8Corte europea dei diritti delluomo, K.U. c. Finlandia, 2 dicembre 2008, ricorso n. 2872/02, 49.www.koreuropa.eu