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GLOSSARIO

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PREMESSA

Il glossario intende fornire alcune indicazioni - tratte dai testi di approfondimento elaborati da Lama Gangchen Rinpoche - riferite all’uso di termini, definizioni e pratiche spirituali con particolare riferimento alla “Autoguarigione Tantrica Ngalso”.

Sansc.=sanscrito

Tib.=tibetano

Nella grafia del sanscritco e tibetano si è adottata una trascrizione semplificata per facilitare la pronuncia italiano.

Milano, febbraio 2013

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Autoguarigione Tantrica NgalSo:

L'Autoguarigione Ngalso trae le sue origini dagli insegnamenti di Siddharta Gautama, il Buddha storico. È un metodo antico che Lama Gangchen ha "riconfezionato" per permetterci di godere dei suoi effetti po-sitivi, per rilassarsi e riprendersi dalla vita stressante di oggi.Ngalso è una parola tibetana formata da due sillabe: Ngal significa il lato negativo dei mondi interno ed esterno (malattie, stanchezza, inquinamento...), cioè quello che dobbiamo purificare. E So, il lato positi-vo, tutte le energie favorevoli e le qualità che dobbiamo curare o incrementare.A livello pratico l'Autoguarigione è uno strumento molto duttile: può essere usata sia come terapia sia co-me metodo diagnostico; può servire come terapia di supporto in trattamenti allopatici o per facilitare la ripresa dopo un trauma fisico o psichico. Anche solo cinque minuti al giorno di Autoguarigione ci permet-tono di mantenere l'armonia mentale e un generale senso di benessere. È una pratica di guarigione e quindi non richiede né fede né conversioni. Tutti la possono usare in qual-siasi momento. Per ottenere risultati duraturi e profondi occorre praticarla con serietà e costanza, natu-ralmente, come con qualsiasi altro metodo terapeutico; ma anche un suo uso occasionale produce benefi-ci.È un sistema completo che comprende diverse terapie: la terapia dei mudra (gesti), della concentrazione, del respiro, dell'apertura dei blocchi energetici, delle sillabe-seme, dei colori, dei simboli, delle visualizza-zioni, degli elementi e del suono. È un sistema estremamente profondo e complesso, ma che può essere utilizzato anche a livello molto semplice durante le nostre impegnatissime giornate.Nel nostro corpo e nella nostra mente esistono molti elementi preziosi che di solito usiamo in modo sba-gliato: questa è la ragione di tutte le nostre sofferenze, ostacoli e difficoltà. Con l'Autoguarigione Ngalso riusciamo a guarirci in profondità e, contemporaneamente, a prenderci cura dell'ambiente in cui vivia-mo.

I cinque Dhyani Buddha

Vairociana: Supremo guaritore del chakra del capo di colore bianco brillante conferisce la saggezza simi-le allo specchio ed ha come simbolo la ruota a otto raggi del Dharma. Nel tantra il bianco è usato per rap-presentare l’assoluto, così come la centralità. Il nome Vairociana significa letteralmente “Colui che illumi-na”, colui che conferisce luce e radianza: egli è il sole spirituale dell’universo. Quando, nell’arte buddista più antica, è raffigurato il Buddha che conferisce i primi insegnamenti, nel Parco dei Cervi a Sarnath, egli viene mostrato nel gesto di girare la ruota del Dharma o quello che chiamiamo mudra dell’OK. Vairocia-na è connesso anche al leone. Proprio come il ruggito proclama il leone re della foresta, sopra le altre be-stie, la proclamazione della verità rende il Buddha sovrano dell’universo spirituale. Uno dei membri più importanti della famiglia di Buddha della ruota di Vairociana è Manjushri, il Bodhisattva della saggezza trascendente.

Amitabha: Supremo Guaritore del chakra della gola, di colore rosso, rappresenta l'aggregato del discerni-mento, personifica la Saggezza Discernente e ha per simbolo il Fior di Loto, che significa rinascita e cre-scita spirituale. Il suo nome significa “Luce infinita”. Il suo mudra è quello della meditazione nel quale una mano è posta sopra l’altra con i palmi rivolti verso l’alto. È collegato al pavone, il più splendido di tut-ti gli uccelli. Secondo la leggenda i pavoni possono vivere mangiando piante velenose, cosa che simboleg-gia l’immunità dai veleni dei sensi, da pensieri ed emozioni negativi. Le piume di pavone sono spesso usa-te nei rituali tantrici per spargere acqua consacrata. Amitabha è il capo della famiglia del Loto che com-prende Avalokiteshvara, il Bodhisattva della compassione, così come Kurukulla, Amitayus e Padmanar-teshvara.

Akshobya: Supremo Guaritore del chakra del cuore, di colore blu, rappresenta l'aggregato della Coscien-za, personifica la Saggezza del Dharmadatu e ha per simbolo il dorje. Il suo nome significa “l’Incrollabile” o “l’Inamovibile”, e questa sua qualità si riflette nell’emblema del Vajra (o saetta). Akshobya è raffigurato nel mudra del toccare la terra, vista come l’elemento più materiale e più stabile. È connesso all’elefante, il più grande e il più forte tra gli animali terrestre, considerato anche il più saggio. Akshobya è il capo della

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famiglia Vajra, che comprende anche Vajrasattva così come molte altre divinità irate quali Heruka, He-vajra, Yamantaka, Guyasamaja e Vajrapani.

Ratnasambhava: Supremo Guaritore del chakra dell'ombelico, di colore giallo, rappresenta l'aggregato della Sensazione, personifica la Saggezza dell'Equanimità, ha per simbolo il Gioiello. Il suo nome signifi-ca “Colui che nasce dal gioiello” o “Colui che genera il gioiello”. Ratnasambhava è mostrato con la mano aperta nel mudra della generosità o del dare. È collegato al cavallo che secondo la mitologia buddhista incarna la velocità e l’energia. Il cavallo è spesso raffigurato nell’arte buddista tibetana mentre galoppa nell’aria, portando sul dorso i Tre Gioielli. Ratnasambhava è il capo della famiglia Gioiello di cui fa parte Zambhala.

Amogasiddhi: Supremo Guaritore del chakra segreto, di colore verde, rappresenta l'aggregato dei Fattori Composti, personifica la Saggezza che Tutto Compie e ha per simbolo il Doppio Dorje: un simbolo molto potente che rappresenta l’unione degli opposti. Il suo nome significa “Successo infallibile” o “Compimen-to senza ostruzioni”. L’animale di Amogasiddhi è il garuda (v.), o “uomo uccello”, una creatura leggenda-ria, uomo con zampe e ali di uccello. Amogasiddhi è il capo della famiglia Karma (o Azione), il membro più conosciuto di questa famiglia è Tara Verde.

Arhat

(sansc., tib. Draciompa) Distruttore del nemico. Colui che dopo aver vinto il nemico interiore rappresen-tato dai difetti mentali ha raggiunto la pace e non rinasce più nel Samsara.

Asura (sansc.)

Demone, spirito. E’ uno dei sei destini degli esseri senzienti. Vivono in grotte oceaniche alla base del Monte Meru e sono esseri potenti e intelligenti.

Atisha (982-1054)

Celebre Maestro dell’Università monastica di Vikramasila in India, fu invitato in Tibet dal re Yesce Ö. Ar-rivò in Tibet nel 1042 dove iniziò a tradurre i testi sacri e ad impartire insegnamenti. Proprio da Atisha e dai suoi discepoli, di cui il principale fu il laico Drom Tompa, nacque la scuola Kadam che nel XIV verrà riformata e verrà chiamata scuola Ghelugpa , ad opera di Lama Tzong Khapa. “Il rosario di gioielli di un Bodhisattva” è una sua opera.

Avalokiteshvara (sansc., tib. Cenresig)

Manifestazione della compassione di tutti i Buddha."Avalokiteshvara" significa "Il Signore che guarda giù [dall'alto sulle sofferenze del mondo]" o "che osser-va attentamente [per trovare esseri bisognevoli del suo aiuto]". È chiamato anche Lokeshvara ("il Signore del mondo"). Il nome tibetano significa "colui che guarda continuamente (ras) con gli occhi (spyan) [del-la compassione]).È il Bodhisattva Celestiale che personifica l'amorevole compassione completamente illuminata, compas-sione efficiente e continuamente attiva nel liberare tutti gli esseri da ogni ostacolo: è cioè la forma divina della grande compassione di tutti i buddha o - che è lo stesso - quell'elemento della buddhità, consistente nella mahakaruna, rappresentato nell'aspetto di una divinità. La qualità che più spicca in un Illuminato è la calda compassione, un atteggiamento spontaneo che - senza fare distinzioni - agisce nel liberare tutti gli esseri senzienti dai dolori e dalle cause del dolore.Il mantra di Avalokiteshvara più noto è OM MANI PEME HUM.

Bhagavan (sansc., tib. ciom den de)

Sublime, Santo, Magnifico, il Beato, uno dei dieci attributi del Buddha.

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Bhumi (sansc., tib. sa-lam)

I dieci stadi che un Bodhisattva deve percorrere per diventare un Buddha.

Bodhicitta (sansc., tib. Cianciub chi sem)

Grande mente dell'Illuminazione che lavora continuamente per la propria evoluzione personale allo sco-po di beneficiare al massimo tutti gli esseri viventi. Infatti essa è l’intenzione risoluta di realizzare lo sta-to di Buddha, non solo a proprio vantaggio, ma allo scopo di liberare tutti gli esseri dal samsara. In virtù della bodhicitta si diventa “Bodhisattva” (v.).

Bodhisattva (sansc., tib. Cianciub sempa)

Essere che possiede la mente di Bodhicitta, che lavora per diventare un Buddha. Questi esseri hanno svi-luppato la mente illuminata: cercano perciò di raggiungere la completa Illuminazione per poter essere poi di beneficio a tutti gli esseri senzienti, guidandoli alla stessa meta. Le azioni che vengono perseguite dai Bodhisattva sono le azioni dei figli dei vittoriosi e sono racchiuse in due categorie: metodo e saggezza. Le prime cinque perfezioni riguardano l’aspetto del metodo, mentre l’ultima perfezione, che comprende la profonda visione interiore, riguarda invece l’aspetto della saggezza.

Buddha (sansc. , tib. Sanghie)

Il Risvegliato. Colui che ha purificato tutte le negatività e ha realizzato tutte le qualità fisiche, emozionali e spirituali.

Buddha Shakyamuni (sansc., tib. Sakya Tubpa)

L'ultimo Buddha storico. Il quarto Buddha di questo eone fortunato, colui che ha rivelato gli insegnamen-ti del Dharma.

Bhumi (sansc.)

Terra, stadio di progressione spirituale. In genere, sono dieci; i primi sei corrispondono alle sei Perfezio-ni (compiuto quanto c’è da compiersi, ci si potrebbe estinguere nel Nirvana); nel settimo, si raggiunge una pacifica indifferenza per gli eventi; nell’ottavo, si acquisisce la condizione irreversibile e, nel nono, si diviene uno dei Bodhisattva (v.) celesti. Nell’ultima Terra, il Bodhisattva ha eliminato ogni ostacolo e rag-giunto la perfezione della conoscenza.

Campana (sansc. Ganta, tib. Drilbu)

Implemento utilizzato durante le pratiche tantriche che simboleggia la vacuità, la saggezza, lo spazio, la pace e l’energia femminile.

Canali (sansc. Nadi, tib. Tsa)

Vene sottili attraverso le quali fluiscono i venti di energia sottile e le gocce.

Chakra (sansc., tib. corlo)

Ruota. Principali centri energetici dove s'incontrano i canali sottili. La nostra salute fisica e mentale di-pende dalla salute dei nostri chakra. Possono essere visualizzati come una ruota o come un fiore di loto.

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Chiara luce (sansc. Prabhasvarana, tib. O sel)

La mente di cristallo più profonda che percepisce tutto come vuoto, chiaro e illimitato come lo spazio.

Corpo illusorio (sansc. Maya, tib. Ghiu-lue)

Trasformazione del corpo sottile nel corpo puro e astrale della divinità. Questo corpo può funzionare indi-pendentemente dal corpo sottile e quando è totalmente purificato diventa il Corpo della Forma di Bud-dha.

Daka/Dakini (sansc., tib. Pa-uo, Pa-mo)

Danzatori del cielo. Eroi ed eroine che ci aiutano a sviluppare completamente il potenziale umano.

Dharma (sansc., tib. Chö)

Medicina spirituale che cura le sofferenze del corpo e della mente utilizzando come rimedio gli insegna-menti di Buddha.

Dharmakaya (sansc., tib. Iesce ciocu)

Corpo di Verità, la vera essenza del Buddha che è identica all'essenza dell'universo. Da un punto di vista soggettivo è la mente dell’essere illuminato, priva di forma e libera da ogni difetto, che rimane assorbita nella meditazione sulla diretta percezione della Vacuità e contemporaneamente conosce ogni tipo di feno-meni. Da un punto di vista oggettivo, è la dimensione dell’assoluto e dell’infinito, la Vacuità di esistenza intrinseca, la fertile ed incondizionata totalità e potenzialità da cui tutte le cose emergono.Questo aspetto di condizione di un buddha informale rivela e caratterizza se stesso attraverso due tipi di forme : il sambhogakaya (v.) e il nirmanakaya (v.), che sono la forma (o livello) in cui la mente illuminata si manifesta allo scopo di aiutare rispettivamente i Bodhisattva altamente realizzati e gli ordinari esseri samsarici.

Dharmadatu: (sansc.)

Spazio della realtà assoluta, l’essenza ultima dei dharma. È anche la realtà al di là della dicotomia sogget-to-oggetto, la sfera non duale, la vacuità stessa.

Deva: (sansc.)

Dio, divinità. E’ uno dei sei destini degli esseri senzienti (v.). Godono dell’esistenza più piacevole del samsara.

Doppio Dorje

Simbolo di Amogasiddhi. Mostra l’unione degli opposti e la piena utilizzazione di tutte le energie e di tut-te le qualità, per guarire e beneficiare l’umanità e il pianeta. I mandala buddisti sono generalmente pro-tetti da uno scudo o da un recinto formato da doppi dorje concatenati, che impediscono a qualsiasi ener-gia negativa di penetrare. Questo è simile alla mente illuminata che non è scossa da alcuna energia o si-tuazione negativa.

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Dorje. (tib. sansc. Vajra)

Scettro adamantino. Implemento utilizzato durante le pratiche tantriche. Simboleggia l'energia maschile del metodo.

Esseri senzienti (sansc., Sattva)

Letteralmente, significa: esseri dotati di mente, migratori. Definisce tutti gli esseri che trasmigrano nei sei destini, o reami, di esistenza.

I cinque elementi

Gli elementi e le loro corrispondenze nel macrocosmoSecondo il Tantra di Kalacakra, sia l’universo nel suo insieme (macrocosmo) sia ogni essere vivente nella sua individualità fisiologica (microcosmo) risultano composti dai medesimi elementi costitutivi, organiz-zati nel medesimo ordine, tale da permettere di stabilire una similitudine tra uomo ed universo. Il corpo e la mente dell’uomo sono un piccolo universo che rispecchia esattamente l’universo esterno : in altre pa-role, sono una replica o un riflesso dell’universo o, più esattamente, un universo in scala ridotta. Ciò significa che ogni microcosmo (tra cui l’uomo) è partecipe delle medesime leggi del macrocosmo ed è costituito dai medesimi elementi ed energie. Si tratta di energie fisiche, di forze dinamiche, che formano - sia nel macrocosmo che nel microcosmo - tutti fenomeni fisici, materiali. Si dà il nome di materia alla forma che viene assunta dall’energia, cioè a certi fenomeni meccanici, chimici, elettrici ed organici che producono la comparsa e la scomparsa di cose composte di atomi. Il mondo materiale, cioè la materia che si esplica e si manifesta negli oggetti dei sensi, ci appare in 4 diversi stati di aggregazione dotati di particolari proprietà, detti elementi (mahabhuta). Dunque, la base materiale di tutti gli oggetti e fenome-ni fisici esistenti - siano essi animati od inanimati - è costituita da 4 elementi, chiamati convenzionalmen-te “terra, acqua, fuoco e vento”. Essi non vanno intesi nel loro significato letterale, ma simbolizzano le qualità proprie della materia (che alla fin fine è energia): essi cioè continuano a portare gli antichi nomi di terra, acqua, fuoco e vento, benché questi siano puramente indicativi delle loro rispettive funzioni di estensione, coesione, calore e movimento.

Queste caratteristiche funzionali qualificano dunque l’energia.TERRA è l’elemento che si manifesta tramite la qualità statica di resistenza, stabilità, durezza o repulsio-ne, cioè come solidità (che dà estensione agli oggetti) e come inerzia o gravità. Si tratta della funzione energetica che determina la qualità della massa.In senso fisico, infatti, la terra è solida, stabile e sicura, è la base su cui possiamo agire e costruire;

ACQUA è l’elemento che si manifesta tramite la qualità della coesione od attrazione, cioè come viscosità e fluidità, come sintesi.In senso fisico, infatti, l’acqua - diversamente dalla terra - permette il movimento; essa stessa può fluire e scorrere, aderendo alle superfici con un contatto più preciso e completo di quello della terra;

FUOCO è l’elemento che si manifesta tramite la qualità del calore, cioè come irradiazione o radioattività; è la qualità dell’energia termica o temperatura nei suoi vari aspetti di freddo e di caldo;

VENTO è l’elemento che si manifesta tramite la qualità dinamica del movimento, della vibrazione, del-l’oscillazione, del ritmo e quindi del mutamento o trasformazione, cioè come leggerezza e gassosità. Non si tratta del semplice movimento dell’aria o di un oggetto nello spazio, ma piuttosto il continuo adatta-mento o accomodamento tra le due opposte forze dell’estensione che respinge e della coesione che attrae. Nel macrocosmo si tratta del ritmo dell’universo in cui le creazioni e le distruzioni del mondo si susseguo-no periodicamente l’un l’altra come l’inspirazione e l’espirazione nel corpo umano.

SPAZIO: esso viene usato nel senso di elemento insieme con le altre 4 qualità essenziali, ma rimane tutta-via nettamente distinto da esse, come lo spazio dall’aria. In effetti, lo spazio è l’assenza dei precedenti 4

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fattori e quindi è la non-ostruibilità, la quale permette il loro funzionamento e l’esplicarsi di tutte le po-tenzialità. Spazio è dunque ciò in cui prende posto il movimento (cioè che lo rende possibile) e ciò attraverso cui le cose assumono apparenza visibile (ossia vengono a possedere estensione e corporeità). Esso è onniperva-dente perché comprende tutte le cose (e in tal senso è lo spazio tridimensionale della nostra percezione sensoria) e tutte le possibilità di movimento non solo fisico ma anche spirituale: infatti, la natura dello spazio è il vuoto e come tale può contenere ed abbracciare ogni cosa. Nulla può esistere senza lo spazio: esso è la precondizione di tutto ciò che esiste in forma materiale o im-materiale. Il suo equivalente filosofico e metafisico è la Vacuità (Shunyata) ; il suo equivalente psicologi-co è la Mente.

Come si vede, gli elementi non vanno intesi quali sostanze fondamentali della chimica che resistono ad ulteriori analisi, ma piuttosto quali princìpi fondamentali di caratteristiche essenziali : sono cioè le quali-tà primarie inerenti e presenti in ogni oggetto materiale, ossia sono i fattori essenziali fisici primari (non sono semplicemente delle essenze o delle idee astratte).Gli elementi si manifestano sempre insieme e sempre in eguale proporzione: c’è tanto elemento di calore in una fiamma che arde quanto nel legno o nell’acqua e viceversa; la differenza è solo nella loro intensità. L’esistenza della coesione (cioè dell’elemento “acqua”) in una fiamma è provata dal suo mantenere una forma; la presenza della repulsione (cioè dell’elemento “terra”) nell’acqua, è provata dal fatto che essa so-stiene un’imbarcazione.

Fiore di loto: (sansc. Padma, tib. Pema)

Simbolo di purezza. Il fiore di loto, sebbene nasca nel fango, quando si schiude è candido e puro.

Garuda (sansc.)

Animale mitologico metà uomo e metà uccello in grado di spiccare il volo allo schiudersi dell'uovo.

Gioiello (sansc. Ratna, tib. Norbu)

Simbolo di abbondanza, ricchezza e prosperità, sia di cose materiali, sia di cose spirituali.È l’emblema di Ratnasambhava che rappresenta lo sviluppo delle nostre energie e qualità interiori per arricchirci interiormente. Se siamo ricchi dentro, allora sia che siamo poveri o miliardari saremo conten-ti della nostra vita, e vedremo la bellezza e ricchezza delle nostre esperienze e dei nostri incontri quotidia-ni. Il gioiello simboleggia anche i Tre Gioielli – Buddha, Dharma e Sangha – che sono la ricchezza e l’assi-curazione sulla vita più preziose e sicure che possiamo acquisire.

Gocce (sansc. Bindhumtilaka, tib. Thig-le)

L'essenza sottile dell'energia sessuale maschile e femminile. Nelle pratiche dello stadio di completamen-to le gocce si sciolgono e fluiscono attraverso il canale centrale generando un’incredibile esperienza di beatitudine.

Guyasamaja (sansc., tib. Sang-ua dhu-pa)

Divinità del supremo yoga tantra, manifestazione di Vajrapani.Guyasamaja ha un’espressione leggermente irata: il viso centrale è blu, il destro è bianco e il sinistro ros-so e ogni volto è dotato del terzo occhio della saggezza.Letteralmente Guyasamaja vuol dire “Assemblea Segreta”: sono molte le scritture che trattano questa pra-tica ed essi sono i più antichi testi conosciuti del tantra buddhista.

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Guru (sansc., tib. Lama)

Maestro Spirituale. Il Guru radice è, in senso stretto, il principale maestro spirituale col quale si instaura una connessione particolare, derivante dai suoi insegnamenti, dalle sue istruzioni e consigli e dal conferi-mento di iniziazioni. In senso lato è il Guru supremo, cioè Buddha Vajradhara. Il Guru del Lignaggio è ogni maestro spirituale qualificato che abbia ricevuto quella trasmissione.

Guru Puja (sansc., tib. Lama Ciöpa)

La Guru Puja è qualcosa di davvero straordinario per i praticanti del buddismo. È un compendio di insegnamenti delle tradizioni Theravada, Mahayana e Vajrayana che mostra come in-tegrare le pratiche di lam rim, lojong e mahamudra e che aiuta a meditare sui tre principali Yidam della scuola Ghelugpa: Yamantaka, Guyasamaja ed Heruka. Praticando la Guru Puja, si soddisfano tutti gli im-pegni che si sono assunti durante le iniziazioni tantriche. È un lungo rituale di preghiera e meditazione scritto dal grande illuminato Pancen Lobsang Ciöky Ghialtsen nel XVII secolo, traendo ispirazione dalle Scritture di Emanazione custodite dalle Dakini. Le melodie con le quali si intonano le preghiere che com-pongono la Guru Puja si devono a Ghialua Ensapa, detto lo Yogi Veloce per la rapidità con cui ottenne l’Il-luminazione. Il cuore della Guru Puja è costituito dall’offerta dello Tsog per la quale si prepara l’altare con diversi tipi di sostanze rituali. L’offerta dello Tsog viene compiuta per soddisfare l’intero circolo del-l’assemblea dei partecipanti alla cerimonia devozionale, senza alcuna eccezione: il Guru, tutti gli esseri santi, tutti gli esseri dei sei reami e tutte le divinità del mandala del nostro corpo. In sanscrito è chiama-ta Ganaciakra. L’offerta dello Tsog è un antidoto contro la solitudine perché ci mette in relazione con tutti gli esseri, anche quelli che vivono a livelli più sottili, ci fa fare amicizia con gli esseri santi, porta tutti vicini al nostro cuore. Non abbiamo più nemici. È un vero toccasana per chi pur vivendo in città popolose si sente solo, isolato, bisognoso d’affetto. È anche il momento ideale per rigenerare i nostri sentimenti positivi per il pianeta e per tutti gli esseri senzienti. Nella tradizione del buddismo tibetano, vengono considerati due generi di meditazione: silenziosa e in movimento. La Guru Puja è da considerarsi una meditazione in movimento perché ci fa lavorare sul ritmo del respiro. Praticandola, impariamo infatti a tenere sotto controllo la respirazione, con il risultato di incrementare la nostra energia vitale e di armonizzare il nostro respiro individuale con quello del cosmo. Inoltre purifichiamo le interferenze astrologiche; plachiamo quei devastanti tsunami interiori rappresentati dai nostri terremoti emotivi; manteniamo salda e pura la relazione con il Guru; accumuliamo un’incredibile quantità di meriti e ci prepariamo a ottenere le piú elevate realizzazioni spirituali.

Heruka Chakrasamvara

L'irato sovrano della ruota della Suprema Beatitudine, è una delle principali divinità di meditazione del Tantra madre, che contiene le spiegazioni dei metodi per realizzare la chiara luce. La sua consorte Vajrayoghini è l’energia femminile totalmente sviluppata, che è andata al di là della visione dualistica, dell’energia dell’ego. L'aspetto terrificante delle divinità irate è l'espressione dei potenti e abili metodi che i compassionevoli Buddha usano per trasformare le forze distruttive in risorse benefiche.

Illuminazione (sansc. Bodhi, tib. Cian ciub)

L'Illuminazione consiste nella completa liberazione da tutti i difetti mentali e nell'unificazione delle ener-gie di corpo e mente a livello grossolano, sottile e molto sottile. È lo scopo ultimo della meditazione, il ri-sveglio della pura mente originaria di cristallo. È uno stato di pieno sviluppo spirituale che può essere raggiunto da tutti gli esseri umani, sull'esempio di Buddha Shakyamuni; lo si può sperimentare in ogni momento della vita quotidiana. Ogni volta che compiamo un'azione dannosa in meno e una positiva in più, sviluppiamo la nostra luce interiore e avanziamo sul sentiero dell'Illuminazione, così come la luna nuova cresce fino a diventare luna piena. Divorati da dubbi, paure, sensi di colpa e preoccupazioni, nu-

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triamo poca stima di noi stessi, ci portiamo poco rispetto. Pensiamo che per noi è impossibile raggiunge-re l'Illuminazione. E invece ognuno di noi ha lo stesso potenziale di Buddha, perché la nostra natura ori-ginaria è pura. Se smettessimo di avvelenarci con pensieri ed emozioni negative e separassimo la mente dai veleni dei difetti mentali, automaticamente la nostra percentuale di Illuminazione aumenterebbe. Li-beri dal karma negativo e dai difetti mentali, gli esseri illuminati sono in grado di vivere simultaneamen-te su diversi piani energetici. Con il loro puro corpo astrale, possono entrare in ciascuno dei sei reami di esistenza e apparire nella forma più adatta per beneficiare gli altri esseri, I sei reami d'esistenza descritti nel buddismo tibetano sono il rea me degli esseri infernali, caratterizzato da indicibili sofferenze dovute al caldo o al freddo; il reame degli spiriti famelici, dove si sperimentano è continuamente la fame e la se-te; il reame animale, in cui la sofferenza è dovuta a uno stato di ineluttabile schiavitù e ignoranza; il rea-me umano afflitto dall'invecchiamento, dalla malattia e dalla morte; il reame dei semidei pervaso da terri-bili competizioni e gelosie; il reame degli dei i quali vivono una dimensione beata di straordinaria longevi-tà destinata a venir spezzata dall'apparire improvviso dei segnali della morte. La coscienza di un Buddha può manifestarsi nello stesso momento in varie forme, in qualunque punto dell'universo, come l'immagi-ne della luna piena appare sulle acque in qualunque punto della Terra essa si rifletta. Gli esseri illuminati hanno una coscienza e un'energia immortali, cosi come una libertà totale. Quando il corpo con cui si ma-nifestano è sfinito, lo abbandonano per poi reincarnarsi nuovamente quando lo crederanno opportuno per il beneficio di tutti gli esseri senzienti.

Iniziazione (sansc. Phala, tib. Uang)

Conferimento di energia. Passaporto per entrare nel regno dell'Illuminazione con il permesso di viaggia-re sul sentiero tantrico.

Kalachakra (sansc., tib. Du Chi Corlo)

La gloriosa ruota del tempo. Supremo yoga tantra in relazione con il microcosmo e il macrocosmo. Il Tan-tra di Kalachakra fu insegnato da Buddha Shakyamuni circa 2500 anni fa. Fu il suo ultimo, grande inse-gnamento. Gli venne richiesto da Suchandra, re di Shambala (regno che si crede situato nei pressi del la-go Baikal in Mongolia), che era alla ricerca di un metodo di guarigione in grado di elargire l’Illuminazio-ne a lui e alla sua corte e di creare una società pacifica, ideale. Il Buddha rivelò le 772 divinità di Kalacha-kra e i 5 mandala correlati in un luogo chiamato Sri Danyakota, nel sud dell’India. Ci sono opinioni di-scordanti sull’ubicazione di quel luogo. Molti praticanti lo identificano con Borobudur, sull’isola di Gia-va, in Indonesia, dove sorge uno straordinario stupa-mandala perché le parole Danyakota e Giava signifi-cano entrambe "montagna di riso"; alcuni tra i primi Guru del lignaggio di Kalachakra erano giavanesi; e Atisha, il fondatore del lignaggio Kadampa del buddismo tibetano, dal quale sono nati la scuola Ghe-lugpa e quindi il lignaggio dell’Autoguarigione Tantrica NgalSo, nel XI secolo visse in Indonesia per 12 anni ricevendo molti importanti insegnamenti.Il Tantra di Kalachakra, ovvero il Tantra della Ruota del Tempo, è uno dei più famosi e importanti del buddismo indo-tibetano. È una pratica che ci offre la chiave per comprendere e armonizzare le energie del corpo e della mente con quelle dell’universo, utilizzandole per sviluppare la pace interiore, la pace nel mondo, la guarigione e l’Illuminazione. Ci sono diverse pratiche di Kalachakra in relazione ai Kalachakra Esterno, Interno e Alternativo.Kalachakra Esterno (Chyi Du Chi Corlo) - Si occupa della struttura dell’universo, degli elementi esterni, dei pianeti, delle stelle e dello zodiaco in termini di cosmologia, astronomia e astrologia. Ci aiuta a com-prendere il mondo in cui viviamo.Kalachakra Interno (Nang Du Chi Corlo) - Si occupa della struttura del nostro universo interno, dei no-stri elementi, dei venti e delle gocce d’energia e dei loro movimenti attraverso il corpo e la mente grosso-lani, sottili, estremamente sottili, i canali e i chakra, ovvero lo zodiaco interiore. È la base della teoria del-la medicina tibetana. Ci aiuta ad ottenere salute e benessere.Kalachakra Alternativo (Shen Du Chi Corlo) - È il sentiero che conduce ad armonizzare e a purificare i mondi esterno e interno con lo Stadio di Generazione e con lo Stadio di Completamento degli speciali Yoga tantrici. Ci aiuta a ottenere l’Illuminazione, a realizzare la pace interiore e la pace nel mondo e a tra-sformare le nostre vite ordinarie in vite trascendenti, in puri corpi energetici di luce.

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Fin dai tempi di Atisha, il Kalachakra è stato praticato da tutte le scuole del buddismo tibetano. Nei tem-pi più recenti, il Kalachakra Alternativo viene associato ai Panchen Lama e ai Dalai Lama; il Kalachakra Interiore al sistema medico tibetano; il Kalachakra Esterno ai sistemi astrologici Tsurpu e Phugpa.

Karma (sansc. tib. Las.)

Karma significa “azione, attività”, in tutti i suoi sviluppi e in tutte le sue conseguenze: attività fisica (es. picchiare), verbale (es. consolare), mentale (es. desiderare).La fisica ci dice che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. La legge del karma è ap-punto la legge di causa ed effetto: dall’azione è inevitabilmente provocata una reazione, che è strettamen-te proporzionata alla prima. Le azioni (compiute col corpo, con la parola o con la mente) possono essere buone o cattive. Dalle buone derivano conseguenze felici, da quelle cattive provengono reazioni dolorose. Queste conseguenze si verificano in questa stessa vita o in vite future : in questo secondo caso il karma è causa di successiva rinascita in stati di esistenza sempre diversi a seconda dei meriti o dei demeriti acqui-siti (cioè, in qualità di uomini, di animali, deva, asura, esseri infernali o preta). In altre parole, la legge della causa e dell’effetto - che è valida sia in questa vita che da una vita a quella successiva - consiste nel fatto che ogni gioia o sofferenza sia mentale che fisica è il risultato di una causa. In particolare, la virtù porta alla gioia e la non-virtù al dolore, cioè da un’azione positiva scaturisce felicità mentre da una negati-va deriverà sofferenza.

Lama (v. Guru)

Lama Tsong Khapa (1357 - 1419)

Nato nel 1357 come Lobsang Dragpa, venne soprannominato Tson-kha-pa, cioè “quello di Tson-kha”: Tson-kha (‘paese delle cipolle’) era un villaggio vicino al lago Koko-nor nel distretto di Amdo (nel Tibet nord-orientale) famoso in tutto lo stato appunto per le ottime cipolle, che egli poi vantò sempre con orgo-glio.Fin dall’età di 3 anni trascorse la sua vita nello studio e nella meditazione. Ottenne l’Illuminazione perfet-ta nel 1398, dopo un ritiro di meditazione di 5 anni. Passò gran parte della sua vita studiando con i più grandi Lama del suo tempo e delle varie Tradizioni spirituali, che egli armonizzò e sintetizzò compiendo una revisione profonda sia delle teorie che della pratica applicazione dei sutra e dei tantra e dando un nuovo impulso - dal 1402 - alla pratica monastica, che restituì al suo rigore originario anche con l’istituto del celibato : fondò così una nuova Scuola , denominata Gelugpa (“i virtuosi”). Istituì anche il Grande Fe-stival della Preghiera Miracolosa, a partire dal 1409 : da allora, l’intera popolazione prese a riunirsi ogni capodanno, per due settimane, a Lhasa. Fondò il grande monastero di Gaden (consacrato nel 1417), che divenne ben presto un modello per le altre analoghe istituzioni fondate dai suoi discepoli : i monasteri di Drepung, di Sera, di Tashi Lhunpo. Fra i suoi numerosi scritti, riguardanti tutti i settori della dottrina buddhista (sutra e tantra), i più noti sono “Il Sentiero graduale verso l’Illuminazione” e “Il grande Sentie-ro graduale del tantra”.Dopo aver previsto la data della propria morte, lasciò il corpo a Gaden nel 1419, seduto nella posizione di meditazione perfetta e manifestando diversi segni miracolosi. In senso assoluto, Lama Tsong-khapa è la sintesi delle tre qualità di una mente illuminata : la compassione (personificata da Avalokiteshvara), la saggezza (rappresentata da Manjushri) e il potere di risolvere ogni situazione positivamente (simboleggia-to da Vajrapani) ; ma - in particolare - egli è l’incarnazione di Manjushri e viene raffigurato con gli attri-buti di quest’ultimo : la spada e il libro.I suoi due principali discepoli furono Ghialtsap e Khedrupje (che venne riconosciuto a titolo postumo co-me il 1° Panchen Lama).

Lignaggio

Trasmissione energetica degli insegnamenti tramandati da maestro a discepolo.

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Mahamudra: (sansc.)

Grande simbolo, grande sigillo. Nel Tantra, maha si riferisce alla grande beatitudine e mudra alla vacui-tà, entrambe indissolubilmente unite; simboleggia il conseguimento della vera saggezza tramite la beati-tudine.

Mandala (sansc., tib. Khil-cor)

Dimora pura dove vive un Buddha. Viene utilizzato durante le iniziazioni tantriche per condurre la men-te a un stato puro. L'energia del mandala va dal centro verso l'esterno e viceversa. È un diagramma geo-metrico (essenzialmente, un quadrato iscritto in cerchi concentrici), che simboleggia l’intero universo di una divinità, nel centro del quale è posta la sua dimora o residenza, circondata - in modo simmetrico - dal seguito di deità minori e da vari simboli.Tale rappresentazione iconografica raffigura l’intera esistenza del macrocosmo e del microcosmo, e preci-samente le energie fisiche (su cui è basato l’ordinamento spazio/temporale dell’universo) e quelle psichi-che (i processi e gli stati psicologici dell’individuo), nonché i nessi e le interrelazioni che fanno della real-tà - apparentemente frammentata nei suoi vari elementi - un tutto organico e coerente. Infatti, l’immagi-ne centrale è il simbolo dell’unità anteriore ad ogni processo dualistico e dell’infinita potenzialità che tut-to ricomprende e condiziona.

Mantra (sansc., tib. Ngag)

Protezione della mente. Sequenza di sillabe cariche di energia che danno espressione a certi aspetti dei Buddha. Proteggono la mente dalle concezioni, dalle apparenze e dalle energie ordinarie.I mantra sono composti da sillabe che esprimono sinteticamente significati spirituali profondi e sprigio-nano energie positive che allontanano i pensieri, le emozioni e le influenze negative, calmano la mente e infondono una sensazione di serenità e di benessere generale. Essi rappresentano una riserva straordina-ria di vibrazioni benefiche, alimentata per secoli da maestri e meditatori.Nella pratica di Autoguarigione Tantrica NgalSo ogni mantra descrive un preciso stadio della meditazio-ne. Ciascuno ha una particolare energia curativa che agisce sulle specifiche cause degli squilibri fisici e mentali. Ogni azione produce un suono, grossolano o sottile. Anche i nostri pensieri: suoni soavi e gioiosi oppure pesanti e sgradevoli. La recitazione dei mantra ha il potere di trasformare l'energia dei suoni del mondo interiore e quindi finisce per influenzare e migliorare anche quella dei suoni del mondo esterno.

Manjushri (sansc., tib. Giampel Iang)

Personificazione della saggezza di tutti i Buddha.Manjushri è il Buddha della Saggezza; ha un’antica e profonda connessione con la montagna sacra cinese Wutaishan, documentata anche nei Sutra: Egli appare spesso ai pellegrini che vi ascendono con la pura motivazione di incontrarlo. Di colore arancione, è rappresentato seduto nella posizione vajra. Nella ma-no destra stringe una spada con cui taglia l’ignoranza fondamentale, ovvero l’attaccamento all’esistenza inerente del Sé e di tutti i fenomeni. Nella mano sinistra tiene il gambo di un fiore su cui è appoggiato il testo della Prajnaparamita, il Sutra della Perfezione e della Saggezza.Il termine Manjushri significa Dolce, Glorioso, Melodioso.Numerosi benefattori e maestri, essenziali per la diffusione e la preservazione del Dharma buddhista in Tibet, sono stati considerati sue manifestazioni: Re Trisong Detsen (742-798), che invitò Padmasambha-va dall’India per propagare il buddhismo vajrayana in Tibet viene considerato un’incarnazione di Man-jushri insieme con il grande maestro Ghelug, Je Tsong Khapa.

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Manjushri Nero

Manjushri Nero, in tibetano Jampel Nanpo, è la forma irata di Manjushri, il Buddha della Saggezza. Aiu-ta a guarire le emozioni negative profonde e la sofferenza mentale causate da problemi e malattie. È un potente antidoto anche contro i turbamenti e i danni causati dalle influenze astrologiche negative. Nume-rosi sono i benefici della pratica meditativa di Manjushri Nero. Innanzitutto sostiene, mentalmente e fisi-camente, chi soffre di una di quelle malattie cosiddette incurabili come l’Aids e il cancro. Aiuta a domina-re la rabbia, la depressione, la paura e il rifiuto che sorgono quando si è alle prese con un problema di sa-lute o con le difficoltà della vita quotidiana. La pratica di Manjushri Nero serve anche a purificare le nega-tività conseguenti, per esempio, a un matrimonio, al taglio di un albero o alla cremazione avvenuti in un giorno astrologicamente negativo; e impedisce che le nostre energie fluiscano in direzioni sbagliate.

Mara (sansc., tib. Dud)

Demoni, personificazioni della morte che tentarono di distogliere Buddha Shakyamuni dal suo stato di meditazione.

Maritse (sansc., tib. Osel Cenma)

Maritse, la Dea della Chiara Luce, ha il potere di dissipare le oscurità dell’ignoranza e di proteggere dalla paura, dalle situazioni pericolose e dalle interferenze che sorgono da cause animate e inanimate. È una delle ventun Tara. Con la sua pratica, possiamo accendere la nostra più luminosa luce interiore.

Meditazione

Quando si medita occorre sedersi in un luogo tranquillo e tenere una posizione confortevole. Il punto chiave della posizione di meditazione è la schiena che deve sempre essere tenuta ben dritta. Per rendere più semplice la postura della nostra colonna vertebrale è possibile sedersi su un piccolo cuscino, possibil-mente più alto nella parte posteriore, che permette al nostro bacino di inclinarsi leggermente in avanti rendendo naturale e confortevole la posizione eretta della schiena. Sebbene inizialmente non sia necessa-rio sedere a gambe incrociate è buona cosa abituarsi gradualmente a sedere nella postura di Buddha Vai-rociana. Se non riusciamo a mantenere questa posizione, possiamo adottarne una simile, sempre cercan-do di mantenerci confortevoli. Tradizionalmente la posizione di meditazione segue i sette elementi della postura di Vairociana sono:

1. Gambe incrociate nella postura vajra (incrociate una sull'altra). Questa posizione delle gambe aiuta a ridurre l'attaccamento.

2. La mano destra appoggiata sulla sinistra, con i palmi rivolti verso l'altro e la punta dei pollici che si toc-ca. Le mani appoggiano in grembo con i pollici all'altezza dell'ombelico. Questa posizione delle mani aiuta a sviluppare una buona concentrazione.

3. La schiena è dritta ma non troppo tesa. Questa posizione aiuta a sviluppare e mantenere la chiarezza della mente e permette all'energia di fluire liberamente all'interno dei nostri canali interni.

4. Le labbra e i denti devono essere tenuti rilassati, in una posizione naturale, con la lingua appoggiata al palato subito dietro ai denti. Questa posizione della lingua riduce la salivazione eccessiva e evita la sec-chezza della bocca.

5. La testa è leggermente inclinata verso il basso in modo che il nostro sguardo cada a terra, evitando così l'eccitazione mentale.

6. Gli occhi non sono né troppo aperti né troppo chiusi, ma rimangono mezzi aperti e guardano oltre la linea del nostro naso. Gli occhi troppo aperti portano facilmente l'agitazione mentale, mentre se com-pletamente chiusi ci inducono al torpore della mente.

7. Le spalle sono allo stesso livello e le braccia devono essere leggermente discostate dal corpo in modo da far circolare l'aria.

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Un ulteriore elemento, l'ottavo, della postura di Vairociana che è la respirazione, che ci aiuta a sviluppare una buona motivazione. Generalmente, quando ci si siede per meditare, la mente è distratta da molti pen-sieri e risulta difficile portarla ad uno stato di calma. Una mente negativa è come un tessuto macchiato di nero. Non possiamo tingerlo di altri colori se prima non rimuoviamo il nero e ripristiniamo il bianco del tessuto. Allo stesso modo, se desideriamo colorare la nostra mente con una motivazione virtuosa, dobbia-mo prima pulirla da tutti i pensieri negativi e dalle distrazioni. Questo processo di pacificazione della mente può essere aiutato dalla pratica del respiro.Dopo esserci seduti in modo confortevole, dobbiamo iniziare a prendere coscienza dei pensieri negativi e le distrazioni che sorgono nella nostra mente. Dobbiamo quindi spostare l'attenzione al nostro respiro, mantenendone normale il ritmo. Durante l'espirazione dobbiamo immaginare che tutti i pensieri negati-vi e le distrazioni si dissolvono nello spazio nella forma di fumo nero. Durante l'inspirazione invece dob-biamo visualizzare l'energia purificatrice nella forma di luce bianca che entra nel nostro corpo e si assor-be nel nostro cuore. Dobbiamo mantenere questa visualizzazione per ogni singola ispirazione ed ispirazione per 7, 14 o 21 ci-cli di respirazione o fino a quando non avvertiamo che la nostra mente ha raggiunto la pacificazione. Se ci concentriamo sul respiro in questo modo, i pensieri negativi e le distrazioni si dissolvono temporanea-mente in quanto non possiamo concentrarci contemporaneamente su più di un oggetto. In questo modo possiamo ottenere una mente chiara come un tessuto bianco che possiamo quindi colorare con i colori di una motivazione virtuosa quali la compassione o la bodhichitta.

Mahayana (sansc.)

Grande Veicolo. Uno dei due grandi indirizzi scolastici del Buddhismo, l'altro è Teravada (la scuola degli anziani). Mentre il Teravada aspira alla liberazione individuale, il praticante Mahayana desidera raggiun-gere l'Illuminazione per beneficare tutti gli esseri.

Mala

È il rosario buddhista che si utilizza durante la recitazione dei mantra. Può essere portata al polso sini-stro o al collo come protezione dalle interferenze. Una mala è composta generalmente da 108 o 111 grani ma vengono sempre conteggiati come 100, tenen-do conto di un 10% di errori nella recitazione

Mudra (sansc., tib. Chaghia)

Gesti rituali che hanno il potere di risvegliare l'energia sottile. I mudra sono gesti speciali che purificano e accrescono l'energia fisica e psichica. La leggendaria storia dei lama che nei villaggi sulle montagne hi-malayane mettono a tacere con un "gesto di potere" gli sciacalli è emblematico del potere sottile dei movi-menti. Un altro esempio del l'energia dei mudra è rappresentato dalle danze tantriche rituali di guarigio-ne. Durante l'Autoguarigione Tantrica NgalSo utilizziamo diversi tipi di mudra per purificare i chakra, i venti e le gocce del nostro corpo sottile, per generare i cinque Supremi Guaritori e per realizzare le loro Saggezze. Usiamo consciamente gesti archetipici per guarire i difetti mentali e i disturbi fisici a essi colle-gati e per risvegliare la nostra pura natura originaria di cristallo. Il mudra di Buddha Vairochiana realiz-za la pacificazione. Il mudra di Buddha Amitabhaconferisce la concentrazione. Il mudra di Buddha Ak-shobya evoca la stabilità. Il mudra di Buddha Ratnasambhava dona la generosità. Il mudra di Buddha Amogasiddhi allontana la paura. Un altro esempio di mudra è quello relativo al garuda. Come il garuda nasce già sviluppato, tanto che ap-pena nasce rompe il guscio e vola in cielo per non tornare mai più a terra, così noi possiamo sviluppare le nostre energie cristalline incontaminate in modo che al momento della morte la nostra mente sarà pron-ta per liberarsi e volare via dal samsara verso il nirvana e le terre pure. Il mudra del garuda simboleggia la fusione tra l’energia mentale e lo spazio perché ci aiuta a espandere l’energia sottile della nostra aura. Aprendo lentamente le braccia verso i lati, immaginiamo di espellere tutto l’inquinamento e tutte le ener-gie negative e dai chakra e di gettarle nello spazio assoluto. Muovere leggermente le braccia in su e in giù simboleggia la chiusura delle porte karmiche dei regni inferiori che si possono spiegare come stati psico-

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logici o fisici di estrema sofferenza. Mentre portiamo in alto le mani unendole sopra la testa immaginia-mo di raccogliere tutte le energie pure degli elementi, tutte le benedizioni degli esseri santi e l’essenza di tutti i poteri curativi e delle medicine dell’universo. Le due ali del garuda simboleggiano anche lo svilup-po di metodo e saggezza: l’unico modo per superare le negatività e sviluppare le qualità positive è quello di unire le energie maschili e femminili: appunto il metodo e la saggezza. Tutti noi dobbiamo purificare e coltivare queste due energie, come un uccello necessita di ambedue le ali per potersi librare nel cielo.

Naga (sansc.)

Serpente. Esseri divini, metà uomini e metà rettili.

Nirmanakaya

Corpo di Emanazione dei Buddha: ne sono testimonianza le reincarnazioni riconosciute di grandi mae-stri. È l’aspetto concreto e tangibile in cui un buddha si rende percepibile sulla Terra, rivelandosi agli es-seri ordinari o come un monaco che proclama il Dharma e alla fine raggiunge l’Illuminazione (come fece Shakyamuni) o come qualunque persona o cosa fisica (cibo, medicine, ecc.) possa in quel momento aiuta-re meglio gli esseri in conformità al Dharma.

Nirvana (sansc., tib. mya-nan las-‘das-pa)

Estinzione dalle rinascite nel samsara. È la vera pace, la libertà da tutte le sofferenze di corpo e mente. E’ il frutto finale dell’Ottuplice sentiero (v.).Il termine sanscrito “nirvana” significa ‘estinzione’, quello tibetano “mya-nan las-‘das-pa” vuol dire ‘stato al di là della sofferenza’: è l’estinzione di ogni causa di rinascita condizionata, la liberazione dai condizio-namenti che portano a nascere e rinascere in condizioni di sofferenza fisica e psichica (samsara). Questo stato di suprema libertà dalla sofferenza è realizzabile da parte di tutti gli esseri perché è la verità ultima della loro condizione.L’estinzione dei klesa (attaccamento, odio ed ignoranza) e quindi del karma negativo e della serie dei nes-si causali che determinano il samsara comporta la fine di qualsiasi ritorno alla reincarnazione coatta ed involontaria (con le sofferenze relative) e l’ingresso nella condizione trascendente della vera permanen-za, beatitudine, serenità e purezza assolute. È la pace che deriva dalla Cessazione (nirodha), è l’esperien-za della Vacuità che trascende la contingenza dei dharma: stato che è al di là dell’esistenza e della non-esi-stenza, il nirvana è un altro ordine di realtà, è ciò che non può essere concettualizzato come esistenza o non-esistenza, è al di là del mondo dell’intelletto dualistico e di ogni possibile definizione. È la scompar-sa delle credenze dell’esistenza e della non-esistenza; è la consapevolezza della natura unitaria dell’intera realtà; è l’arresto dei processi intellettualistici: è vedere la realtà al di là dei concetti che ci creiamo nei suoi confronti. Pertanto, il nirvana è non personale.

Ottuplice sentiero

Essenza della Quarta nobile verità esposta dal Buddha, rappresenta i mezzi per pervenire alla cessazione del dolore attraverso la retta visione, la retta intenzione, la retta parola, la retta azione, i retti mezzi di so-stentamento, il retto sforzo, la retta presenza mentale e la retta concentrazione

Paramita

Le paramita sono le sei perfezioni o virtù trascendenti: generosità, moralità, pazienza, sforzo entusiasti-co, meditazione e saggezza. Delle 6 paramita, le prime cinque costituiscono il “metodo” (mezzi salutari o azione appropriata), mentre la sesta è la “saggezza del discernimento”.Generosità: consiste nel donare senza attaccamento o desiderio di remunerazione, ma solo per il benesse-re degli altri.Moralità: il comportamento corretto consiste nell’abbandonare gli atti negativi (uccidere, ecc.) e nel com-piere atti virtuosi.

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Pazienza: questa virtù consiste nella capacità di sopportare e tollerare (senza reagire con collera o vendi-carsi).Sforzo entusiastico: l’impegno entusiastico (l’opposto dell’apatia, dello scoraggiamento, della pigrizia e della procrastinazione), consiste in una grande diligenza nel comprendere ed attuare il Dharma : diligen-za gioiosa, e non vista come un pesante dovere.Meditazione: la “perfezione della concentrazione meditativa” è lo stato in cui la mente è mantenuta fer-ma sui pensieri positivi (senza distrazione né torpore) ed è in grado di controllare - come un potente go-vernante - l’attività mentale stessa e il sorgere dei difetti mentali.Saggezza del discernimento: consiste nella consapevolezza dell’essenza, delle differenze, delle caratteristi-che (particolari e generali) di ogni oggetto di percezione. È la facoltà dell’intelligenza presente nel conti-nuum mentale di tutti gli esseri senzienti che permette di esaminare gli oggetti e di formulare giudizi e decisioni.

Preta (sansc.,)

Morto, trapassato. È uno dei sei destini degli esseri senzienti. Sono spiriti famelici, perennemente affama-ti e assetati, rappresentati con un enorme stomaco e un esilissimo collo, condizione che genera terribili sofferenze per l’estrema difficoltà nell’ingerire.

Prostrazioni (o prosternazioni)

Esistono tanti tipi diversi di prostrazioni, tante tradizioni diverse; c'è per esempio il modello di prostra-zione eseguito dai tibetani, il tipo di prostrazioni fatto in India, e anche quello fatto in Europa. In genere in tutti i modelli di prostrazione ci sono due elementi fondamentali: l'oggetto davanti al quale si compie la prostrazione e la persona che la pratica.L'oggetto delle nostre prostrazioni, l'oggetto davanti al quale compiamo la prostrazione, deve essere natu-ralmente un oggetto di fede, un essere santo, per esempio Buddha, Tara o qualunque essere santo o illu-minato nel quale ovviamente dobbiamo avere fede, prima di tutto.Il secondo elemento è il praticante, vale a dire noi stessi, quando ci accingiamo a fare le prostrazioni. Du-rante le prostrazioni non solo dobbiamo visualizzare in nostro corpo, ma immaginare che insieme a noi si prostrino migliaia e migliaia di nostre repliche.

Tipi di prostrazioniEsistono prostrazioni fatte con il corpo fisico, prostrazioni fatte con la parola e prostrazioni fatte con la mente. Le prostrazioni fatte con il corpo fisico sono di vario tipo: c'è quella fatta con l'intero corpo (pro-strazione significa toccare terra), cioè arriviamo a toccare terra con tutto il corpo e c'è quella in cui toc-chiamo terra con 5 parti del corpo (mani, ginocchia e fronte).È possibile fare le prostrazioni anche con la parola, non solo con il corpo; l'importante è avere dentro di noi sempre una motivazione chiara e pura che deve essere di rispetto, di fede, di fiducia, estremamente positiva. Se abbiamo questa motivazione al nostro interno anche le parole che rivolgiamo a qualcuno so-no come una pratica di prostrazione; l'importante è avere dentro di noi la giusta motivazione.

Come si fanno le prostrazioniSi possono fare tre prostrazioni, cinque o sette o cento o migliaia. In ogni caso il numero minimo di pro-strazioni da fare è tre perchè noi ci inchiniamo al corpo, alla parola e alla mente dell'oggetto del nostro omaggio. È necessario farne almeno tre, perchè mentre ci prostriamo a “corpo, parola e mente” dell'Esse-re illuminato, contemporaneamente dobbiamo purificare dalle negatività i nostri “corpo, parola e mente” e dare potere, rinvigorire ed energizzare queste tre porte: questo si ottiene tramite le tre prostrazioni.Per fare le prostrazioni bisogna mettere le mani giunte con i pollici all'interno delle mani, che simbolica-mente rappresentano un gioiello, visto che nel buddismo qualcosa di vuoto, come un vaso, non è un se-gno di buon auspicio. Non va bene offrire un contenitore vuoto ed è per questo che si mettono i pollici nei palmi, a simboleggiare un gioiello racchiuso nella scatola rappresentata dalle mani.Le mani giunte in questo modo vanno avvicinate prima alla cima del capo: questo gesto significa la richie-sta di benedizione a tutti i Guru.

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Poi le mani giunte si pongono all’altezza della fronte: questo gesto significa la richiesta a tutti i Buddha di concederci le loro benedizioni e la purificazione di tutte le nostre negatività fisiche e delle azioni compiu-te con il corpo; poi le mani giunte si pongono all'altezza della gola per richiedere a tutti i Buddha le bene-dizioni della parola e la purificazione di tutte le azioni negative compiute con la parola e il linguaggio; infi-ne con le mani al cuore si richiedono le benedizioni della mente e la purificazione di tutte le negatività della mente. Quindi si appoggiano le mani per terra, quindi le ginocchia e poi si poggia la fronte a terra. Quindi si ri-torna nella posizione eretta.Si ripete per altre due volte e, quando ci si rialza per l’ultima volta, si toccano ancora una volta i quattro punti con le mani giunte.

Per le prostrazioni lunghe, una volta toccato terra con il capo, ci si allunga al suolo portando le mani da-vanti a se, poi si piegano i gomiti fino a portare le mani giunte al capo, poi si allungano le braccia di nuo-vo davanti a se e ci si mette nuovamente in posizione eretta.

Quando ci si prostrerna, le mani devono essere parallele tra loro, davanti al corpo e la fronte deve effetti-vamente toccare il pavimento. Non bisogna mai mettere a terra solo la punta delle dita o tenere le mani in strane posizioni, ma sempre completamente appoggiate con le dita ben unite. Inoltre è tradizione che la fronte tocchi terra per il minor tempo possibile.

Recitazione dei mantraDurante le prostrazioni si possono recitare dei mantra. Il più indicato è quello di Vajrasattva, il mantra delle cento sillabe, o il mantra delle prostrazioni (NAMO MANJUSRIE NAMO SUSHRIE NAMO UTAM SHRIE SOHA), oppure si può ripetere il mantra della presa di rifugio (NAMO GURUBYE, NAMO BUD-DHAYA, NAMO DHARMAYA, NAMO SANGHAYA).La cosa fondamentale durante le prostrazioni è lo scopo, la motivazione ultima.Anche solo sette o ventuno prostrazioni fatte ogni giorno danno un beneficio straordinario: se non abbia-mo tempo, va bene farle anche una volta alla settimana, purché con costanza.

Reincarnazione

Ognuno di noi è una reincarnazione. Il corpo e la mente grossolani e la personalità cessano di esistere al momento della morte. Alcuni credono nell’anima immortale, credono che non cambi e che trasmigri da una vita all’altra, che la coscienza individuale si riassorba nella coscienza universale per poi rinascere an-cora. La visione buddista è differente. Nell’esperienza di Buddha e di molti grandi lama e yogi ciò che so-pravvive alla morte è il continuum della mente e della sua energia sottilissima. Appena nasciamo ci viene attribuito un nome al quale rispondiamo per tutto il resto della vita anche se il corpo e la mente a dieci, venti, quaranta o settant’anni non sono più quelli di prima. Siamo il continuum della persona precedente ma non la stessa persona. Ci sono molti tipi di reincarnazione. A livello grossolano, la trasmissione delle informazioni generiche tra generazioni è un tipo di reincarnazione. Se osserviamo più profondamente e guardiamo al karma vediamo che si sono molti differenti livelli di reincarnazione. Le persone con un’energia impura non hanno la libertà di scegliere le condizioni della loro vita futura. Le persone con un’energia pura invece hanno la libertà di decidere dove e quando reincarnarsi.Alcuni reincarnati sono riconosciuti da bambini ed educati a diventare guide spirituali. Altri non vengo-no riconosciuti, per loro stessa volontà o per particolari circostanze, e lavorano nella società come medi-ci, scienziati, politici. Svolgono un lavoro normale ma portano un’energia speciale nelle loro attività. Per reincarnazione ordinaria si intende una nascita come essere umano, come animale, come spirito fameli-co, come essere infernale. Se si rinasce come animale sicuramente non si ha memoria della vita preceden-te e se ne ha una scarsa in quella presente.La memoria è troppo debole e si perde da una vita all’altra. Anche le reincarnazioni riconosciute di lea-der spirituali (Tulku) che hanno un’energia pura non ricordano perfettamente le vite precedenti. A volte ne hanno visioni, magari in sogno; ma sempre conservano la certezza interiore di voler lavorare per il be-ne degli altri.

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Rifugio (sansc. Sharana, tib. Chiab dro)

Aspirazione profonda a cercare protezione nel Maestro, nel Buddha, nel Dharma e nel Sangha.

Namo Gurubye: Rendo omaggio al MaestroQuando recitiamo la prima parte del rifugio, “Namo Gurubye”, dobbiamo focalizzare la nostra attenzione sui cinque gruppi di maestri e fare la visualizzazione del “nettare che fluisce e purifica”. Per riuscire a fa-re bene questa visualizzazione è possibile recitare una mala (un rosario tibetano composto da 108 grani) di questa strofa. Durante la recitazione dobbiamo visualizzare nettare e raggi di luce dai cinque colori (bianco, rosso, blu, giallo, e verde), che si emanano dai corpi dei maestri e che si assorbono nel nostro ca-po e in quello di tutti gli esseri senzienti, purificando tutte le nostre negatività e oscurazioni mentali, accu-mulate da un tempo senza inizio. In questo modo vengono purificate tutte le negatività, in particolare quelle commesse nei confronti del nostro maestro, azioni di corpo, parola e mente, come averlo scontentato, aver avuto dubbi nei suoi con-fronti o pensieri scorretti, o aver perso la fiducia in lui. Occorre visualizzare che questo karma negativo esce dai pori della nostra pelle in forma di fumo nero: il nostro corpo diventa della natura di luce, puro come il cristallo.Noi e tutti gli esseri senzienti purifichiamo il nostro corpo e riceviamo tutte le benedizioni di corpo, paro-la e mente del nostro maestro. Riceviamo l’energia purificatrice dell’abbraccio del rifugio nel guru.È possibile recitare il rifugio nel Guru per 100 volte.

Namo Buddhaya: Rendo omaggio a BuddhaQuando si recita la seconda parte della formula di rifugio, “Namo Buddhaya”, occorre concentrarsi sulle divinità delle quattro classi del tantra e sulle emanazioni di Buddha del sutrayana. Come in precedenza occorre visualizzare nettare e luce colorata che fluisce dai Buddha e purifica tutte le negatività compiute da noi e dagli esseri senzienti nei confronti dei Buddha (quali far sanguinare il corpo di un Buddha, espri-mere giudizi negativi sulla qualità delle immagini dei Buddha, distruggere i simboli della mente illumina-ta - ad esempio gli stupa- , distruggere i testi sacri, ...).Bisogna visualizzare che questo karma negativo esce dai pori della nostra pelle in forma di fumo nero: il nostro corpo diventa della natura di luce, puro come il cristallo.Noi e tutti gli esseri senzienti purifichiamo il nostro corpo e riceviamo tutte le benedizioni di corpo, paro-la e mente dei Buddha. Riceviamo l’energia purificatrice dell’abbraccio del rifugio nel Buddha.

Namo Dharmaya: Rendo omaggio al DharmaQuando si recita la terza parte della formula di rifugio, “Namo Dharmaya”, è possibile concentrarsi sullo stato di coscienza dei Bodhisattva e sui testi sacri. Occorre visualizzare nettare e luce colorata che fluisce dai testi, la cui essenza è la conoscenza ottenuta dalla pratica degli insegnamenti contenuti, e purifica tut-te le negatività compiute da noi e dagli esseri senzienti nei confronti dei Dharma (quali la mancanza di rispetto verso i testi e gli insegnamenti, la vendita di libri sacri a scopo di lucro o l’utilizzo del profitto per uso personale, o l’abbandono del Dharma, il disprezzo per le altre scuole o per le altre religioni, o il tratta-re in modo irrispettoso i testi camminandoci sopra o buttandoli via).Bisogna visualizzare che questo karma negativo esce dai pori della nostra pelle in forma di fumo nero: il nostro corpo diventa della natura di luce, puro come il cristallo.Noi e tutti gli esseri senzienti purifichiamo il nostro corpo e immaginiamo che il Dharma, rappresentato dalla conoscenza della Verità della Cessazione e della Verità del Sentiero, fluisca in noi nella forma di net-tare. Preghiamo affinché le realizzazioni possano sorgere spontanee dentro di noi.

Namo Sanghaya: Rendo omaggio al SanghaInfine, quando si recita la quarta parte della formula di rifugio, “Namo Sanghaya”, occorre focalizzare l’at-tenzione sul sangha formato da shravaka, pratyekabuddha e Bodhisattva (secondo i sutra) e da daka, da-kini e protettori del Dharma (secondo il tantra). Da questi esseri santi si emanano nettare e raggi di luce colorata che purificano tutte le nostre negatività e quelle degli esseri senzienti accanto a noi.

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Le azioni negative commesse nei confronti del Sangha sono: creare scismi al suo interno, impossessarsi delle sue proprietà, screditare i suoi membri.

Quattro nobili Verità

Nel discorso pubblico del Buddha, a Benares, detto “della prima messa in moto della Ruota del Dharma”, viene esposto il nucleo centrale della dottrina buddista, che si poggia sulle seguenti osservazioni, o Nobili Verità:Dukkha: la nobile verità della sofferenza;Dukkha samudaya: la nobile verità dell’origine della sofferenzaDukkha Nirodha: la nobile verità della cessazione della sofferenzaDukkha Nirodhagamini Patipada: la nobile verità del sentiero che conduce alla cessazione della sofferen-za.

Ruota della vita

Il disegno noto come Ruota della vita, che illustra i vari reami dell’esistenza ciclica e gli esseri che li abita-no, è principalmente un supporto che ci permette di ottenere una chiara comprensione di come opera la nostra mente e quindi di riconoscere la causa di tutta la nostra sofferenza.Il bordo esterno è diviso in dodici segmenti: ognuno di essi corrisponde a un “anello” della catena dell’ori-gine dipendente.La parte seguente è suddivisa in 6 sezioni e corrispondono alla rinascita dei sei reami: deva (dei), asura (semi-dei), esseri umani, animali, preta (spiriti famelici) ed esseri infernali.Al centro della ruota troviamo tre animali che rappresentano i tre difetti mentali, cause di ogni sofferen-za e insoddisfazione (il maiale che rappresenta l’ignoranza, una gallina che rappresenta l’attaccamento e il serpente che rappresenta l’avversione).

Sadhana (sansc.)

Esercizi che descrivono le divinità da sperimentare come realtà mentali, e tutto il processo che va dalla visualizzazione alla meditazione senza forma.

Saliendra

Il Re che costruì lo stupa-mandala di Borobudur.

Sambhogakaya (sansc., tib. lonscu)

Corpo di Godimento. Il corpo dei Buddha che godono nella Terra Pura della verità personificata in loro. È l’aspetto in cui un buddha si rende percepibile nel regno della sua Terra Pura, rivelandosi sotto forma di visioni divine, ideali e simboliche (quali es. i cinque Dhyani Buddha) e sotto forma di comunicazione degli insegnamenti del Dharma: e questa percezione procura beatitudine e godimento.

Samsara (sansc., tib. Chorva)

Esistenza ciclica condizionata. Circolo incontrollato e infinito di nascita, morte e bardo (stato interme-dio).

Sangha (sansc., tib. Ghendun)

Compagnia spirituale, uno dei tre Gioielli. La Compagnia Spirituale più elevata è l'assemblea dei Tulku, Bodhisattva e Arhat. È considerato Sangha anche un gruppo di quattro o più monaci con la completa or-dinazione o un laico in possesso dei voti tantrici e di bodhicitta.

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Sarasvati

Sarasvati, in origine una divinità induista accolta nel pantheon buddista Vajrayana, è considerata la divi-nità protettrice della cultura, dell’apprendimento e delle arti, in particolare della musica e della poesia. Come tale, simboleggia la saggezza e la bellezza, specialmente nella forma del suono. Dispensatrice di in-telligenza e memoria, viene spesso associata a Manjushri come sua compagna. Il nome Sarasvati deriva da un antico fiume, sorgente della sua connessione con la fluidità del parlare, dello scrivere, della musica e del pensiero. Spesso, lo strumento da lei suonato, la vina, un antico strumento a corde, viene decorato con una testa di cigno che rappresenta il suo tradizionale veicolo.

Sei Perfezioni (v. Paramita)

Sette meditazioni illimitate

Delle Sette meditazioni illimitate, le prime quattro appartengono all'antica tradizione del buddismo e so-no correlate alle Quattro nobili verità; la quinta, la sesta e la settima dedicate alla salute di tutti gli esseri senzienti e dell'ambiente e alla pace, sono state composte da Lama Gangchen per alleviare le attuali orri-bili sofferenze del mondo, seguendo l'esempio di Buddha Siddharta, che, presa coscienza della malattia, della vecchiaia e della morte, si determinò a trovare una soluzione dedicando la sua energia proprio alla salute di tutti gli esseri senzienti, alla salute dell'ambiente e alla pace.Le Sette Meditazioni Illimitate ci regalano l'energia necessaria allo sviluppo del grande cuore di Bodhicit-ta, che espandendosi ci porta ad assumere la responsabilità di curare tutti gli esseri del samsara e l'am-biente. Ed è proprio trasformando l'egoismo in altruismo che compiamo un atto di profonda guarigione. Le Sette Meditazioni Illimitate ci donano bellezza interiore e una moralità, un punto di vista, un obiettivo comuni, condivisi da tutte le religioni.Per riuscire nell'incredibile opera salvifica di ogni essere senziente, dobbiamo innanzitutto ottenere noi stessi la realizzazione di corpo, parola, mente, qualità e azioni di puro cristallo. Ovvero, dobbiamo per l'appunto ottenere il grande cuore di Bodhicitta, che può avere varie forme: la Bodhicitta del re, che ci fa desiderare di raggiungere la Liberazione innanzitutto per noi stessi, per poi aprire i cancelli del conquista-to regno del Nirvana a tutti gli esseri; la Bodhicitta del pastore, che ci infonde la forza per spingere il greg-ge degli esseri senzienti innanzi a noi sul sentiero spirituale fino all'ovile rappresentato dall'Illuminazio-ne; la Bodhicitta del capitano della nave, che ci determina a viaggiare insieme a tutti gli altri esseri nel-l'oceano del samsara fino ad approdare alla Terra Pura.Le Sette Meditazioni Illimitate sono esercizi di Autoguarigione. Ciascuna è incentrata su una qualità che tutti gli esseri senzienti già posseggono ma in forma limitata: praticandole, le accresciamo fino a renderle illimitate.Amore Illimitato: "Possano tutti gli esseri senzienti avere la felicità e le sue cause". Così come fece Bud-dha Siddharta, doniamo la nostra energia d'amore a tutti gli esseri, anche ai nemici, affinché creino le cause per conoscere la felicità temporanea del samsara e quella assoluta delle Terre Pure. Amore signifi-ca perciò anche augurare agli altri la felicità in qualunque senso essi la intendano e sperare che essi otten-gano ciò di cui hanno bisogno per sperimentarla. Un vero atto d’amore è quello di insegnare il rifugio, il karma, i tre addestramenti superiori e così via e in particolare l’educazione alla pace interiore.

Compassione Illimitata: "Possano tutti gli esseri senzienti essere liberi dalla sofferenza e dalle sue cause". Coltiviamo l'Intenzione Superiore e doniamo la nostra energia a tutti gli esseri per alleviare e guarire le loro sofferenze fisiche e mentali. Seguiamo l'esempio di Buddha Siddharta che non provò indifferenza, ma profonda, illimitata compassione quando vide le sofferenze che affliggono e pervadono ogni essere.

Gioia Illimitata: "Possano tutti gli esseri senzienti essere inseparabili dall'estasi priva di dolore". Donia-mo la nostra energia a tutti gli esseri assumendoci la responsabilità di liberarli dalle miserie dell'esisten-za samsarica e di guidarli alla felicità eterna del nirvana. Ricordiamoci di Buddha Siddharta che provan-do la Grande Gioia volle fortemente che potessero assaporarla tutti gli altri. L’estasi priva di dolore è rife-rita al nirvana. Nirvana non è un luogo fisico, bensì uno stato mentale ottenibile col raggiungimento del-

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la cessazione di tutto il karma negativo e delle illusioni. Senza rabbia, attaccamento, gelosia, o qualsiasi altro stato mentale che ci procura disagio mentale o malattie fisiche, sperimentiamo una pace e una felici-tà permanenti.

Equanimità Illimitata: "Possano tutti gli esseri senzienti dimorare nell'equanimità, libera da pregiudizi, avidità e odio". Doniamo la nostra energia affinché tutti gli esseri possano sviluppare l'equanimità, allar-gando la propria prospettiva ad di sopra della quotidianità e "tagliando" l'egoismo, così come fece Bud-dha Siddharta rendendosi conto che la sofferenza è omnipervasiva. Il più grande ostacolo alla realizzazio-ne del grande cuore del Bodhisattva, il Guerriero Risvegliato, è la mente prevenuta, che ci porta a favori-re gli amici e quelli che ci sembra ci abbiano aiutato, a danneggiare coloro che giudichiamo ci abbiamo arrecato danno, riservando indifferenza a chi ci risulta neutrale. Generalmente, infatti, noi tendiamo a piazzare gli individui in tre categorie: amici, nemici ed estranei. Questo modo di vedere le persone intor-no a noi in realtà è molto instabile. Dobbiamo, perciò, cambiare la nostra visione e iniziare a sentire calo-re e a sentirci uniti con gli altri esseri viventi. L’equanimità è la base di ogni vero sentimento spirituale.

Salute Illimitata: "Possano tutti gli esseri senzienti guarire dalle malattie, possano purificare il corpo e la mente inquinati e godere perfetta salute, relativa e assoluta, ora e sempre". Vista la sofferenza della ma-lattia, Buddha Siddharta si dedicò a sperimentare un metodo che vi ponesse fine. Ispirandoci alla sua de-dica, dobbiamo donare la nostra energia a tutti gli ammalati e assumerci la responsabilità della loro guari-gione. Dobbiamo farlo subito, perché oggi le malattie si sono moltiplicate e spesso le medicine produco-no dolorosi effetti collaterali. Per salute relativa si intende l'assenza di malattie. Per salute assoluta la gua-rigione da tutte le malattie mentali e fisiche, cioè la completa illuminazione.

Equilibrio ecologico Illimitato: "Possano tutti gli esseri senzienti rilassarsi in un puro e sano ambiente, interiore ed esterno, ora e sempre". Doniamo la nostra energia perché tutti possano riconoscere l'esisten-za dell'ambiente interiore, oltre che di quello esterno, e prendersene cura. Per meditare Buddha si recò nella foresta proprio per assorbire l'energia dei cinque elementi. La sua scelta ci mostra quanto la natura debba essere considerata importante per la vita quotidiana e per il raggiungimento dell'Illuminazione. Prendiamocene cura. Il perfetto equilibrio degli elementi di un ecosistema genera una mente pura, una Terra Pura, un mandala. Dobbiamo riconoscere che esistono due ecosistemi: gli ecosistemi esterni del-l’ambiente e del mondo in cui viviamo, e l’ecosistema interno del nostro corpo e mente. Questi due siste-mi sono strettamente collegati, quindi per migliorare l’ecosistema interno dobbiamo prenderci cura di quello esterno e viceversa. Bilancio questi due ecosistemi creiamo una mente pura e un ambiente puro. Lavorando su noi stessi per trasformare le nostre attitudini egoistiche e distruttive iniziamo anche a fare qualcosa di pratico per curare il nostro pianeta.

Pace Illimitata: "Possano tutti gli esseri senzienti avere la pace interiore e godere della pace nel mondo ora e sempre". Doniamo la nostra energia a tutti gli esseri per aiutarli a godere della pace interiore e della pace nel mondo. La pace è lo scopo di tutte le religioni, ma anche degli atei: è la moralità che può essere comune a tutti. Dalla nostra "piccola" pace interiore si svilupperà la Grande Pace della società, del nostro Paese, del Pianeta. La pace nel mondo si manifesta nella Terra Pura libera dalla sofferenza che è la proie-zione della nostra pace interiore e della nostra mente pura. Per realizzare davvero il nostro intimo deside-rio di condurre gli altri esseri a rigioire per sempre della pace interiore e del mondo, dobbiamo cercare di percorrere velocemente il sentiero tantrico del Bodhisattva in questa breve vita.

Shambala (sansc.)

È il mondo dove vivono tutti i Buddha che hanno raggiunto la completa liberazione dal Samsara. Sham-bala è una terra pura ma è anche un livello energetico che ognuno di noi può ottenere.

Siddhi (sansc., tib. Ngodrup)

Poteri fisici e mentali che sono il risultato della meditazione e delle pratiche spirituali. Sono di due tipi: comuni, posseduti da esseri ordinari; supremi, posseduti dai Buddha.

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Simboli di buon auspicio

Gli Otto Simboli di Buon Auspicio, chiamati anche Otto Preziosi Simboli, costituiscono uno dei più anti-chi e conosciuti gruppi di simboli della cultura tibetana. Sono presenti già a partire dai testi canonici del Buddhismo Indiano, cioè nei testi redatti in pali e in sanscrito. Si tratta di oggetti, animali o piante che servivano da oggetti rituali o che comunque venivano identificati come segni di prestigio. Da sempre uti-lizzati nelle cerimonie tradizionali e nelle occasioni speciali, hanno assunto nel corso dei secoli un'impor-tanza sempre maggiore.Gli otto simboli di buon augurio si trovano spesso ripetuti su kata (la sciarpa tibetana di buon auspicio e benedizione), vessilli, arazzi, tangka, bandiere, braccialetti, collane e incisi sugli oggetti più disparati. Pos-sono inoltre decorare muri e travi, il lati dei troni e molti altri oggetti sia di uso religioso che profano. Vengono inoltre tracciati sul terreno con polvere bianca quando è previsto il passaggio di qualche impor-tante personalità religiosa o civile.

Essi sono il parasole, i pesci d’oro, il vaso della ricchezza, il fiore di loto, la conchiglia, il nodo infinito, il vessillo della vittoria e la ruota del dharma.

Sutra (sansc., tib. Dho)

Letteralmente vuol dire filo conduttore. Discorsi dottrinali del Buddha, contenenti i metodi per ottenere l’illuminazione per beneficiare tutti gli esseri viventi.Gli insegnamenti che Buddha Shakyamuni diede durante la sua vita terrena sono noti con il nome di Dharma e rappresentano una vasta gamma di soluzioni pratiche per risolvere i problemi comuni a tutti gli esseri umani. Quelli in forma di discorso pubblico, su come sviluppare compassione, amore, pazienza e saggezza e su come agire pacificamente, sono raccolti nei Sutra.

Tantra (sansc., tib. Ghiu)

Metodo rapido per trasformare l'energia negativa di corpo, parola e mente in energia pura, rivelato da Buddha Shakyamuni nel suo aspetto esoterico come Vajradhara.Gli insegnamenti di natura esoterica, su come trasformare e purificare l'energia di corpo e mente, sono sistematizzati nei Tantra. Quando Buddha Shakyamuni impartiva insegnamenti tantrici, definiti "II sen-tiero del mantra segreto", appariva con un corpo estremamente sottile; solo chi era dotato di particolare sensibilità e di pura motivazione altruistica poteva vederlo. Questa manifestazione di Buddha Shakyamu-ni prende il nome di Vajradhara, “Colui che possiede la Beatitudine e la Vacuità”: considerati come il sen-tiero più veloce verso l'Illuminazione, gli insegnamenti tantrici sono speciali perché insegnano a purifica-re completamente le energie di corpo, parola e mente e a trascendere la sofferenza. Per trasformare i bloc-chi emotivi ed energetici in coscienza di saggezza e in consapevolezza liberata, il Buddha insegnò vari tipi di Tantra: di Kalachakra, di Guyasamaja, di Yamantaka, di Heruka. Secondo il loro grado di potere curati-vo, sono raggruppati in quattro classi: Azione, Esecuzione, Yoga e Yoga Supremo.

Tara (sansc., tib. Drolma)

È una delle manifestazioni più amate e venerate dai praticanti del Vajrayana, la forma tantrica del bud-dhismo tuttora praticata in Tibet, in Mongolia e in tutta la regione himalayana. Divinità femminile di ori-gine indiana, è un Bodhisattva Celestiale che personifica la materna e amorevole sollecitudine dei Bud-dha nel suo aspetto di intervento rapido ed efficiente per proteggere e salvare tutti gli esseri senzienti. Nella sua raffigurazione più comune (denominata Tara Verde) è rappresentata seduta su di un trono di loto: è straordinariamente bella e ci sorride con amore. Il suo corpo di luce verde-smeraldo (che simbo-leggia la sua capacità di agire) è radioso e trasparente, non è qualcosa di solido e concreto. Tara dunque, è un Bodhisattva Celestiale o Trascendente (come Avalokiteshvara, Manjushri, Vajrapani). Essa è con-temporaneamente sia un Bodhisattva e un Buddha: è nel nirvana, ma a causa della sua perfetta compas-sione non vi scompare in una beata estinzione né cessa di manifestarsi per il beneficio degli esseri sen-

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zienti. Illuminata, essa continua a compiere le azioni di un Bodhisattva per il bene altrui, usando il pote-re di un Buddha per fa sì che ciò effettivamente avvenga; in tal modo essa è la più perfetta dei Bodhi-sattva. Tara è la Karma-devi, la Dea dell’Azione Perfetta. Questo suo agire assume due aspetti: la compas-sione e la saggezza. - In qualsiasi difficoltà o circostanza pericolosa, anche in quelle in cui non c’è neppure il tempo di re-

citare il suo mantra, il devoto deve solo pensare a lei, e lei sarà lì a soccorrerlo tempestivamente con compassione;

- Nel testo della “Lode a Tara in 21 omaggi” essa è definita anche come la “madre di tutti i Buddha”, e ciò ovviamente non in senso fisico ma in quanto saggezza che genera negli esseri samsarici l’illu-minata consapevolezza, facendoli diventare dei Buddha. Essa cioè rappresenta l’energia femminile che simboleggia la perfetta attività universale dei Buddha diretta a risvegliare gli esseri dalla confu-sione e dall’ignoranza.

La natura interiore di Tara è l’azione illuminata: essa può apparire sotto 4 diversi aspetti (pacificazione, incremento, attrazione, eliminazione). A questi tipi di attività corrispondono altrettanti colori (bianco, giallo, rosso, blu e nero).Nelle “Lodi a Tara” invece sono menzionate 21 varianti differenti: ognuna con diversi mudra e mantra dif-ferente.Tara verde infatti è quella che appare più frequentemente: il verde sta a significare che essa è la personifi-cazione in forma femminile dell’attiva compassione di tutti i Buddha. Esso è il colore che evoca l’energia delle piante; in senso più profondo, è il colore che deriva dalla combinazione del giallo del sole interiore dell’Illuminazione con l’azzurro dello spazio infinito della Vacuità. Il verde rappresenta l’intera gamma delle attività virtuose e illuminate di tutti i Buddha.Quando invece si manifesta nell’attività di procurare ricchezza interiore si manifesta come Tara Gialla. Nell’attività che allunga la vita del devoto, c’è Tara Bianca; come strumento di saggezza c’è Sarasvati, mentre Kurukulla è la manifestazione rossa di Tara per concedere potere a chi è debole.Essa può apparire anche come Yasodhara (a livello ordinario, moglie di Buddha Shakyamuni) che era, a livello più sottile, una manifestazione di Tara; invece Maya (madre di Shakyamuni) era una manifestazio-ne di Avalokiteshvara; ma in realtà Avalokiteshvara e Tara sono due aspetti della stessa cosa. L’aspetto segreto di Tara invece è la manifestazione del vento: questo elemento è il simbolo del movimento da cui sorge l’energia. Il vento rappresenta la funzione attiva e dinamica del movimento, del ritmo e del respiro che dà la vita. Tara è in ultima analisi la Sacra Perfezione della Saggezza: la saggezza può essere solo femminile, perché è la comprensione dell’ultima reale natura o Vacuità.Il mantra più comune di Tara è quello detto “delle 10 sillabe” e cioè: OM TARE TUTTARE TURE SOHA, che letteralmente significa “Om, oh liberatrice, completa e veloce liberatrice, così sia”.

Tathagata (sansc.)

Colui che ha raggiunto l'Illuminazione Suprema. Uno dei dieci appellativi del Buddha.

Terre Pure

Regni creati dai buddha per accogliervi gli esseri senzienti e facilitare il loro accesso all’Illuminazione. So-no dette anche Campi puri; i principali sono:Densa disposizione, ove dimorano le cinque famiglie di buddha e da cui si emanano gli altri campi;La Più Elevata, la terra pura di VairochanaGioia Manifesta, la terra pura orientale di AkshobyaLa Gloriosa, la terra pura meridionale di RatnasambhavaPila dei Loto, o Luogo della Beatitudine, la terra pura occidentale di AmitabhaCreata dalle Attività Supreme, la terra pura settentrionale di AmogasiddhiMonte Potalaka, il campo puro di AvalokiteshvaraYuloko, il campo puro di TaraBello da contemplare, il campo puro di Sanghie Menla, il Buddha della MedicinaKhasarpana, il campo puro delle Dakini

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Gloriosa Montagna color del rame, la terra pura di Padmasambhava.

Theravada (sansc.)

Dottrina dei più anziani dell'Ordine; chiamata anche scuola Pali. Il suo Canone proviene secondo l'opinio-ne dei Theravada direttamente dal Buddha (Tripitaka). Nel Theravada l'accento è posto sulla liberazione del singolo, che avviene con le proprie forze e può essere raggiunta attraverso l'osservanza delle regole morali e una condotta di vita monastica.

Tre Gioielli (sansc., tib. Con ciog sum)

Gioiello del Buddha, del Dharma e del Sangha.

Tumo (sansc. Candala, tib. Tummo)

Fuoco psichico. Il fuoco interiore del nostro corpo, che si trova al chakra dell'ombelico e che regola la di-gestione e la temperatura corporea. Nelle meditazioni yogiche viene utilizzato per purificare il corpo sotti-le.

Ushnishavijaya (sans., tib. Namghielma)

Ushnishavijaya – l’ornamento sul capo dei vittoriosi - è un’emanazione di Buddha Vairociana ed è, insie-me a Tara Bianca e ad Amitayus, una delle tre principali divinità di lunga vita del pantheon buddhista ti-betano. La sua pratica è considerata estremamente efficace non solo per eliminare gli ostacoli alla longe-vità, ma anche per purificare le conseguenze nocive delle azioni negative di corpo, parola e mente motiva-te dai difetti mentali.

Mahamudra (sansc. tib. Chaghia cenpo)

Il grande sigillo. Nel Tantra è l'unione di Beatitudine e Vacuità.

Vacuità (sansc. Shunyata, Tib. Tong-pagni)

Mancanza di esistenza inerente, natura ultima di tutti i fenomeni: questi cioè hanno la natura, la realtà del vuoto. “Vuoto” non significa “nulla in senso assoluto”, ma vuol dire “esser privo di essenza, non avere un’esistenza inerente, autonoma, indipendente sostanziale, oggettiva, auto-sussistente, stabile”.Tutti i fenomeni hanno sempre natura di vuoto, ma noi - per effetto della nostra ignoranza - siamo inca-paci di conoscerli come tali. Infatti, tutte le cose ci appaiono, istintivamente ed abitualmente, come se esi-stessero indipendentemente, come se fossero dotate di una loro propria esistenza in sé e di un’identità concreta.

Vajra (sansc., tib. dorje)

Fulmine, diamante, indistruttibile. La purezza immacolata e la trasparenza del diamante simboleggiano il candore perfetto del vuoto. Termine utilizzato nelle preghiere e nei mantra.

Vajradhara (sansc., tib. Dorje chang)

Detentore del Vajra. Manifestazione di Buddha Shakyamuni in unione con la consorte per gli insegna-menti del Tantra.Il corpo di Guru Vajradhara è di colore blu scuro, indicante la profonda e illimitata natura della sua men-te onniscente. Le due sue mani compiono il mudra dell’abbraccio, per mostrare che egli ha padroneggia-to l’unione di metodo e saggezza. La consorte di Vajradhara, che possiede le stesse caratteristiche illumi-nate è Vajradhatuishvari. Vengono appunto raffigurati seduti e seduti in unione.

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Vajrapani (sansc., tib. Chana Dorje)

Manifestazione irata di tutti i Buddha. Vajrapani è colui che regge in mano lo Scettro di Diamante (il Dorje) ed è la prima divinità di meditazione di questa serie rappresentata in modo irato.Il Bodhisattva Vajrapani era discepolo di Buddha: riconoscendo in lui i suoi straordinari poteri, Sakyamu-ni gli affidò la protezione dei tantra, i potenti insegnamenti del Vajrayana in grado di condurre i discepoli qualificati alla completa illuminazione nell’arco di una sola vita.

Vajrasattva (sansc., tib. Dorje Sempa)

Essere di diamante, principio della purezza e della purificazione con la capacità di togliere le impurità spi-rituali. Secondo il tipo di pratica svolta, Vajrasattva può essere visualizzato da solo oppure in unione con la consorte.Vajrasattva è di colore bianco, simbolo della sua incontaminata purezza. Come Vajradhara, di cui è un’emanazione, egli tiene nella mano destra il dorje, simbolo del metodo, e nella sinistra la campana, sim-bolo della saggezza.

Vajrayana (sansc.)

Veicolo adamantino. Scuola del buddismo costituitasi verso la metà del primo millennio, ebbe origine dal-le dottrine del Mahayana.

Vajrayoghini (sansc., tib. Dorje Naljorma)

Aspetto femminile della saggezza di tutti gli esseri illuminati, divinità di meditazione per trasformare l'at-taccamento nel sentiero dell'illuminazione.

Voti tantrici

Promessa, presa davanti al Guru e agli Esseri Santi, di ottenere l'illuminazione per beneficare tutti gli es-seri senzienti.

Yab/Yum (tib., sansc. Pitra)

Padre e Madre, la coppia divina in unione.

Yamantaka (sansc., tib. Dorje Gige)

Il Signore della morte. Manifestazione di Manjushri nel Supremo Yoga Tantra.Yamantaka è di colore blu scuro, rappresenta la saggezza, priva di ostacoli e illimitata come lo spazio, e ha nove volti, trentaquattro braccia e sedici gambe. Il volto centrale è quello di un terrificante bufalo ne-ro, con sopracciglia, ciglia e barba fatte di ardenti fiamme e con i capelli ritti sul capo.Come manifestazione irata della saggezza illuminata di Manjushri, Yamantaka rappresenta la penetrante visione intuitiva che comprende in modo perfetto il carattere transitorio dei fenomeni impermanenti.Per mezzo di questa diretta comprensione intuitiva vengono sconfitte tutte le paure della morte.

Yana (sansc., tib. Lam)

Veicolo. Sentiero spirituale per mezzo del quale il praticante percorre la via verso l'illuminazione.

Ydam (tib., sansc. Istadevata)

Divinità di meditazione. L’ Ydam è la divinità di meditazione che conduce il praticante all’illuminazione

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