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Roberto La Paglia

ISBN 978-88-98829-52-1

©2015 Uno editori

Prima edizione: Luglio 2015

Tutti i diritti sono riservatiOgni riproduzioni anche parziale e con qualsiasi mezzo, deve essere preventivamente autorizzata dall’Editore.

Copertina: Monica FarinellaImpaginazione: Caterina RobattoEditing: Andrea Cogerino

Stampa: Litostampa Astegiano, Marene (CN)

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o scrivi a:[email protected]

Roberto La Paglia

Mitologia alienaUomini, miti e misteriose divinità dal cielo

indice

Presentazione 7

Introduzione alla Mitologia 15

1 Un misterioso confine 19

2 Antichi astronauti 27

3 Mitologia aliena: quando gli alieni scoprirono la Terra 31 Codice Oannes 36 Conoscenze aliene? 44 Conclusioni 58

4 Dogon: il mistero del Nommo 59

5 Mitologia cinese 65 Piramidi e mummie cinesi 68

6 I misteri celesti dell’antica India 79 I Vimana 82

7 I Sumeri e il mito dell’acqua 87 Sumeri in Sud America? 89 Conclusioni 97

8 Personaggi misteriosi nell’antico Egitto 99 I misteri del divino Ammone 99 Imhotep, il maestro 105

9 Bibbia aliena e viaggiatori celesti… 113

10 Memorie perdute 117 Infine in Italia… 125 Riflessioni finali 129

Bibliografia 133 Altri documenti 136 Sitografia 136

Scheda Biografica 137 Biografia 137 Attività 138 Riviste: direzione e collaborazioni 139 Libri 139 Letteratura: 140 Saggistica (misteri): 140 Saggistica (sociale) e Letteratura 141 Saggistica (varie): 141 Monografie 142 Collegamenti 142 Ebook 142

Presentazione

Esiste una antica documentazione, spesso volutamente ignorata, che riguarda i miti celesti e in particolare coloro che vennero ri-conosciuti come Dèi dagli uomini; una tradizione orale e scritta che tende a spostare i nostri parametri di ricerca ai margini di un universo chiamato Terra.Le antiche civiltà credevano fermamente in un intervento divino molto diverso da quello, con valenze prettamente spirituali, che prese in seguito il sopravvento; gli scenari antichi erano molto dif-ferenti, parlavano di Dèi, Dee, esseri di altri mondi che incrociava-no il nostro spazio e interagivano con il nostro pianeta.Oggi li conosciamo come Ufo, Grigi, Extraterrestri, e tentiamo di confinarli in uno spazio utopistico nel tentativo di sognare un uni-verso fantastico pur rimanendo saldamente ancorati a una realtà molto più tangibile e rassicurante. Eppure, un tempo, storia e mito convivevano tra loro…Una delle spiegazioni proposte più di frequente in merito all’o-rigine del mito si basa sulla sua diretta discendenza da un senti-mento religioso, ovvero da quell’estremo bisogno di razionalizzare un atteggiamento superstizioso o, comunque, qualunque cosa non possa essere spiegata con il solo ausilio della ragione.Se da un lato questa teoria risulta sicuramente accettabile, dall’al-tro non tiene conto del fatto che l’inspiegabile non è soltanto una prerogativa divina, esistono infatti molti fenomeni inspiegabili che non rientrano nella natura divina ma sembrano appartenere alla sfera umana.Uno dei tanti misteri che da sempre affligge gli storici e gli scien-

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ziati, ad esempio, è quello dei petroglifi, e in particolar modo quello che riguarda molte raffigurazioni antiche che sembrano riprodurre moderne creature rivestite da una sorta di tuta spaziale, se non addirittura veri e propri esseri di natura non umana.Proviamo a paragonare le varie pitture rupestri e cerchiamo tra loro un comune denominatore. Chiediamoci:

• L’uomo primitivo dipingeva o scolpiva la pietra per riprodurre quello che temeva, ciò che immaginava, oppure ciò che osser-vava? Oppure, molto più semplicemente, situazioni o avveni-menti dei quali era stato testimone?

Nel primo caso potremmo affermare che si trattava di una sorta di esorcismo, attuato rappresentando la figura che lo minacciava e scaricando quindi il proprio timore sull’opera appena compiuta.Il secondo caso, invece, risulta essere molto più controverso; parla-re di arte ed espressione artistica nella preistoria potrebbe apparire un argomento abbastanza azzardato; i vari studi, le catalogazioni e gli approfondimenti compiuti sui vari reperti a nostra disposizio-ne ci portano a pensare che le prime rappresentazioni “artistiche” non furono frutto dell’estro bensì la semplice rappresentazione di scene quotidiane, il bisogno di immortalare avvenimenti che erano rimasti impressi nella mente dell’autore. Nel terzo caso, quindi, quello che noi oggi osserviamo è ciò che l’artista vide realmente, una rappresentazione ovviamente distorta dalla sua cultura e dal sentimento religioso, ma pur sempre una raffigurazione di qualcosa alla quale aveva assistito, che gli era stata narrata, che lo aveva profondamente colpito destando in lui stu-pore o ammirazione.Partendo da questo presupposto risulta difficile attribuire a sem-plici rappresentazioni fantastiche, partorite dalla fantasia di ignoti

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artisti primitivi, le figure anomale rinvenute in svariate località della Terra; si tratta di rappresentazioni troppo simili tra loro, oltre al fatto che l’enorme distanza che divide gli artisti non favorisce di certo l’ipotesi di uno scambio di idee sui modelli da raffigurare.Rimane quindi la domanda:

•Checosarappresentavano? Possibile, come alcuni asseriscono, che quelle strane figure dotate di caschi e tute fossero soltanto la rappresentazione dell’antico desiderio dell’uomo di volare?

Come spiegazione dobbiamo ammettere che lascia molto a deside-rare, sarebbe molto più logico, a questo punto, accettare la teoria di visitatori alieni, con tutto ciò che ne consegue.Il problema principale rimane comunque l’affinità tra le culture nel Medio Oriente e quelle rinvenute nelle Americhe, ovvero la lo-ro sconcertante concordanza; l’antica Babilonia era infinitamente lontana dal Sud America e le due culture presentavano caratteristi-che diverse: una si sviluppava a stretto contatto con il mare, l’altra nasceva sulle montagne, il tutto scandito da esigenze differenti e altrettanto differenti logiche di pensiero. Ciò nonostante, la simili-tudine delle rappresentazioni grafiche lascia ancora oggi perplessi; pur ammettendo che si sia giunti alle stesse soluzioni percorrendo strade diverse, questo non spiega in maniera soddisfacente l’enig-ma delle rappresentazioni pittoriche e architettoniche.Esiste di certo la possibilità che rappresentanti di diverse culture siano venuti in contatto tra loro, spargendo per il mondo allora conosciuto, come moderni missionari, le loro conoscenze.

•Ma questi uomini dachi avevano appreso? • Se la maggior parte delle informazioni provengono da tradi-

zioni orali perpetuate nel tempo, qualerala loro origine?In poche parole, se culture diverse erano solite rappresentare esseri

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racchiusi in quelle che oggi definiamo “tute spaziali”, ci deve co-munque essere stato qualcuno che, inizialmente, testimone di que-sto strano avvenimento, ne abbia in seguito perpetuato il ricordo.Esseri alieni – laddove questo attributo indichi la loro provenienza extraterrestre o molto più semplicemente creature di questo pianeta dalla natura sostanzialmente diversa da quella umana e apparte-nenti a una diversadimensione – hanno interagito da sempre con l’evoluzione delle civiltà; nell’antichità questi misteriosi personag-gi vennero assimilati agli dèi, e quando (per motivi ancora non del tutto svelati) la loro sinergia con gli esseri umani volse al termine, entrarono a far parte del mito.A riprova di quanto appena detto ci basterà rileggere, ma con di-versi occhi e con una diversa apertura mentale, l’intero periodo della storia umana; non saranno certo pochi gli episodi che ci ri-porteranno alla memoria l’antica sinergia tra uomini e dèi.D’altra parte non deve stupirci più di tanto il fatto che, in passato, ogni cosa proveniente da una dimensione diversa da quella umana fosse rivisitata in chiave mitologica; la paura dell’inspiegabile ri-chiedeva una pronta giustificazione, una chiave di lettura che aiu-tasse a spiegare fatti e avvenimenti che, in caso contrario, sarebbero apparsi assurdi e pericolosi.Nascono in tal modo molte delle figure che ritroveremo nei capitoli a seguire: Quezalcoatl in Messico, Indra in India, Pvada Sabava in Tibet, i Celestiali in Cina, gli Onorevoli dèi in Giappone, Horus in Egitto, zeus in Grecia, Odino nell’Europa del Nord, Cheisven in Galles, Leacoscia in Perù, il Grande spirito negli usa, i Signori del cielo in Persia, i Nommos nel Mali, gli Apkallu e Oannes nel Golfo Persico, Leviatan nella Bibbia, gli Anunnaki nei Sumeri.Tutti questi personaggi si spostavano nell’aria per mezzo di uova

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volanti, carri aerei, carri celesti vibranti, occhi volanti, perle spa-ziali, velivoli luminosi, e da questi personaggi si narra discenda-no quasi tutte le grandi civiltà, oltre che numerosi popoli quali i Sumeri, gli Esquimesi, gli Incas, i Maya, gli abitanti dell’isola di Pasqua, quelli del Tibet.L’apporto degli dèi celesti e la sinergia che questi svilupparono con le varie popolazioni furono elementi unici e irripetibili di un pro-gresso conquistato nello spazio di pochi anni; a seconda delle varie tradizioni, insegnarono l’architettura, la scrittura, la matematica, soggiornarono a lungo tra gli uomini prima di andarsene, muo-vendosi periodicamente tra la Terra e lo spazio.Gli antichi racconti mitologici conservano ancora arcaici ricordi di quel periodo, spesso frutto di tradizioni ancora più vetuste, altre volte usando l’immagine di esseri incredibili per rappresentare una altrettanto incredibile realtà; gli antichi greci, ad esempio, ci parla-no della Gorgone, descrivendola come qualcosa di metallico (bron-zo) e luminoso (fiammeggiante), di aspetto alieno (mostruoso) e con il potere di paralizzare gli uomini attraverso l’uso di un raggio paralizzante (lo sguardo); descrizioni simili si possono rintracciare anche nei miti americani.In questo caso si tratta di una razza di giganti creata dagli dèi pri-ma del diluvio, e il parallelismo con i racconti contenuti nella Bib-bia non può certo passare inosservato.Nelle antiche cronache trascritte in sanscrito si parla dei Vimana, macchine volanti che tuonando vomitavano fuoco e mercurio flu-ido, mentre il LibrodeiMorti redatto dagli antichi egizi ci racconta che la prima astronave discese sulla Terra nel 18.617.841 a.C., e lo stesso si afferma nelle tavole di Cuthca.Secondo le tavole Brahminiche, soltanto 18 milioni d’anni fa un’u-

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manità primitiva iniziò a svilupparsi, ma ben presto la sua ascesa subì una battuta d’arresto, fino a quando, nel 18.617.841 a.C., il Signore della fiamma scese per la prima volta sulla Terra con la sua astronave. Arrivò con quattro grandi signori e cento assistenti, con il compito di mutare l’essere androgino che vagava per il pianeta.Il corpo che doveva ospitare la nuova vita venne usando della terra, quindi gli dèi si imbarcarono sulla loro astronave fiammeggiante, sfrecciarono nell’aria e atterrarono sull’Isola Bianca che sorgeva nel mare di Gobi, dove oggi si estende il deserto.

•Semplici racconti generati da antiche fantasie? Visioni? Ovviamente è possibile che la datazione fornita da questi antichi testi – la data dei 18milionidiannifa – sia del tutto simbolica e si riferisca, invece, a epoche remote di cui gli stessi redattori non era-no in grado di calcolare la data, ma sarebbe di certo interessante, oltre che sicuramente non privo di sorprese, condurre uno studio che riuscisse a dare una immagine esatta di quello che realmente stavano osservando i vari cronisti.Troppe coincidenze e troppi racconti simili tra loro, una moltitudine di fatti somiglianti che investono tutte le antiche civiltà; ma non c’è soltanto questo, esiste anche una lunga catena di simboli che si per-petuano nel tempo, variando nella forma, ma rimanendo pur sempre espressione di un’antica e mai dimenticata immagineprimordiale.Nella baia peruviana di Pisco, ad esempio, su di una scoscesa pa-rete rocciosa, si staglia prepotente la figura di un candelabro di 250 metri, oppure, seguendo altre ipotesi, quella di una freccia che indica Nazca. Si tratta probabilmente della rappresentazione del candelabro ebraico, lo stesso simbolo fatto costruire dal Signore a Mosè dopo averglielo mostrato sul luogo scelto per manifestarsi o, come altri ancora amano pensare, sul luogo nel quale era atterrato

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con la sua astronave. Questo stesso candelabro ricorda però an-che il simbolo di Atlantide: si tratta infatti della rappresentazione perfetta delle sette torri della capitale atlantidea e, al tempo stesso, simboleggia la rappresentazione della struttura della città a capo del mitico continente, evidenziando i canali circolari e concentrici, oltre che la via che li attraversava.

• Perché i popoli antichi erano ossessionati dal bisogno di eri-gere grandi figure che fossero visibili dall’alto?

• Ci troviamo forse in presenza del primo tentativo, tra l’altro ampiamente documentato, di entrare in contatto con esseri alieni?

Ancora una volta ritorniamo al quesito iniziale; se infatti si potreb-be spiegare il problema della somiglianza tra le varie rappresenta-zioni artistiche, questo nulla sembra togliere al mistero iniziale:

• Qualeavvenimento remoto scosse così profondamente i suoi testimoni, tanto da diventare un mito quasi universale?

Rispondere a questo quesito presuppone una notevole apertura mentale che ci porti ad accedere, senza paure o pregiudizi, a quel portale cosmico che ci separa dal regno degli antichi dèi.

• Il nostro attuale contesto storico, il sistema nel quale viviamo, ci muoviamo, sono realtà in grado di permettere un simile passo?

• Siamo davvero pronti a viaggiare in un mondo che va oltre la nostra immaginazione?

Esistono luoghi su questo pianeta che rimangono avvolti in un tempo sospeso, carichi di mistero, luoghi nei quali è ancora possi-bile avvertire la presenza degli antichi dèi; questo è il percorso che ci attende nei prossimi capitoli, un incredibile viaggio nell’oscuro e perduto mondo della Mitologia aliena.

Introduzione alla Mitologia

Il termine “Mitologia” deriva dal greco, e più esattamente dall’u-nione di due espressioni, “mythos” e “logein”, termini che espri-mono una discussione razionale intorno a un racconto poetico; ovvero, molto più in generale, l’intero corpus dei miti che è parte determinante del patrimonio culturale di una civiltà.Data brevemente la spiegazione del soggetto di questa ricerca, sarà interessante soffermarsi sul primo significato, quello prettamen-te letterale, nel quale è possibile riscontrare quella che potremmo definire una piccola incongruenza, almeno se osservata dal punto di vista di chi ritiene che la mitologia esprima in ogni caso antichi ricordi rivisitati sulla scorta del momento storico, della spiritualità e della visione collettiva del mondo.Una discussione razionale intorno a un racconto poetico diventa in questo caso un modo alquanto bizzarro di definire questa partico-lare disciplina, laddove si tende a portare un velo di razionalità in merito a qualcosa che non presenta alcuna valenza storica o reale.Definire e generalizzare la mitologia come pura e semplice raccolta di racconti poetici significa relegarla al mondo dell’immaginario, rifiutandosi di osservare quanto numerosi siano i riscontri che la-sciano intravedere una tradizione molto più antica, legata forse alla visione di eventi o al vissuto di determinati personaggi che, per la loro particolare natura, sfuggivano alla comprensione del tempo e trovavano unico rifugio nella rielaborazione artistica legata al rito di natura religiosa.

• Furono i nostri antichi, e ormai dimenticati avi, testimoni di eventi così incredibili da non poter essere razionalizzati ma neanche dimenticati?

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• Furono questi eventi così profondamente reali da segnare per sempre la mente dei testimoni e costringerli a tramandarli, come meglio potevano, alle future generazioni?

Proveremo a rispondere a questi quesiti nei prossimi capitoli, rifa-cendoci a particolari coincidenze e avvenimenti che, di certo, non mancheranno di stupire e di far riflettere; continuiamo per adesso a esaminare l’argomento mitologia, che, essendo lo scenario princi-pale sul quale si muoveranno le pagine successive, necessita di una più esaustiva indagine.Non si può argomentare sulla mitologia senza riferirsi al concetto di “mito”, ovvero senza provare a spiegare, sia pur brevemente, in cosa consiste questo fenomeno culturale così complesso e così ampiamente diffuso.Si tratta di un tema che può e deve necessariamente essere esami-nato attraverso prospettive differenti e che, generalmente, è com-posto dall’insieme di narrazioni tramandate per via orale o sotto forma scritta, incentrate su determinati personaggi quasi sempre operanti in uno spazio temporale non attinente alla storia.Ognuna di queste vicende differisce da nazione a nazione, da po-polo a popolo, da civiltà a civiltà, anche se, come avremo modo di vedere, contiene in ogni caso alcuni elementi che è possibile defini-re come “assoluti”, ovvero facilmente identificabili e sempre uguali.Non ci troviamo di fronte a un’interpretazione vera e propria della realtà, bensì al cospetto di una sua rappresentazione; in tal modo ogni mito rappresenta il proprio luogo di origine e una determi-nata cultura, ma scopriremo che anche questo diventa un discorso relativo, in presenza di quegli elementi assoluti ai quali si faceva riferimento prima.

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Una delle opinioni comuni che riguardano il mito ci avverte che esso può essere esportato verso altre culture soltanto se contiene elementi riconoscibili (classico esempio quello della mitologia ro-mana, nella quale confluirono molti dei miti greci); tale afferma-zione, ai fini di questa ricerca, diventa ambivalente, e per estensione è possibile affermare che l’elemento riconoscibile non deve essere necessariamente il mito stesso, quanto ifatti che lo originarono.D’altra parte la distinzione tra mito e realtà, o tra storia e mito, non è mai stata così assoluta come spesso si pensa; Aristotele, ad esempio, pensava che alcuni dei miti primordiali racchiudessero una perfetta simbiosi tra mythos e logos, e lo stesso Vangelo di Gio-vanni è un chiaro esempio di questa scuola pensiero, soprattutto quando si parla del Verbo (il logos) che dall’eternità si palesa nel tempo storico.Il lento passaggio del mito nel mondo del folclore trova il suo apice subito dopo la conversione del mondo pagano, o comunque di parte di esso, al Cristianesimo; gli elementi mitici sopravvissuti rimasero comunque nell’immaginario collettivo, tanto da venire spesso riesumati in varie opere letterarie e artistiche.Il mito rappresenta quindi una delle tante vie della conoscenza, un veicolo di informazioni rare, spesso preziose, che attendono soltanto di essere interpretate in modo corretto e riviste con occhi diversi, pur compenetrandosi nella sensazione e nel sentimento di coloro che ne furono anticamente testimoni.

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Un misterioso confine

Se esiste una linea di confine che sia, idealmente ma allo stesso tem-po inequivocabilmente, in grado di separare la Storia dalla Preistoria, questa linea, di certo, sfugge ai nostri occhi ed è difficilmente ricono-scibile.Sulla scorta di una convenzione, ormai largamente accettata, si è soliti far risalire l’inizio della civiltà a un periodo stimabile intorno al 3300 a.C., indicando come parametri di riferimento i Sumeri e l’antico Egitto; a questo stesso periodo risalirebbero anche le pri-me città densamente popolate, una caratteristica riscontrabile nella valle dell’Indo, con particolare riferimento alla civiltà di Harappa e Mohenjo-Daro, luogo quest’ultimo particolarmente caro ai cultori dell’archeologia misteriosa.Queste prime informazioni non sono però esaustive rispetto al bi-sogno di determinare con esattezza come e quando la storia uma-na abbia avuto inizio; dall’Australopithecus all’Homo Habilis, passando per una serie impressionante di cataclismi, glaciazioni e catastrofi naturali, abbiamo perso quasi del tutto la speranza di riuscire ad annodare nuovamente tra loro gli eventi che caratteriz-zarono la genesi di questo pianeta e dei suoi abitanti.Lo scopo di questa ricerca è però quello di soffermarsi su un ben preciso argomento, su un ragionevole dubbio basato, a sua volta, su una semplice domanda:

• Come interpretare nell’oscuro scenario dei primi passi dell’uo-mo su questo pianeta gli innumerevoli indizi che sembrano testimoniare unapresenza“aliena” in questo nostro pianeta?

20 MITOLOGIA ALIENA

Qualcuno potrebbe anche sorprendersi, magari sorridere, eppure il dato che sembra suggerirci questa ipotesi non è affatto trascurabi-le, si tratta di un’indagine ad ampio raggio, che coinvolge usi, co-stumi, tradizioni e ritualità di numerose popolazioni, un’indagine che affascina ricercatori e studiosi di tutto il mondo.Si tratta in pratica di capire perché civiltà geograficamente distanti tra loro presentino tutte le stesse tradizioni, sia pure modificate nella forma e nella rappresentazione simbolica. Per quale motivo, elementi costanti quali divinità provenienti dallo spazio, fanta-stiche macchine volanti, draghi volanti, uomini equipaggiati, ri-corrono costantemente in tutte le tradizioni e sembrano portare a un’unica, antica e misteriosa figura. Ci soffermeremo quindi su alcuni indizi in grado di far sorgere un ragionevole dubbio, quello che possa essere esistita una qual-che civiltà precedente a quelle sopra citate e che alcuni importanti avvenimenti del lontano passato sfuggano ancora alla storiografia ufficiale.I riferimenti sono molteplici e tutti degni di nota, come ignorare infatti la “leggenda” di Atlantide, il continente scomparso citato solo in due scritti del filosofo Platone (Atene, V sec. a.C.), il Timeo e il Crizia.Nel racconto dei sacerdoti egizi a Solone si parla di questa miste-riosa civiltà situata in una terra oltre le Colonne d’Ercole (stretto di Gibilterra) che avrebbe colonizzato anche tutto il Nord-Africa fino ad arrivare all’Egitto, e che sarebbe poi scomparsa a causa di un immane cataclisma intorno al 9600 a.C.Alla leggenda di Atlantide è strettamente collegato il mito del Di-luvio universale, anch’esso presente in quasi tutti gli antichi re-soconti storici quali, ad esempio, l’Epopea diGilgamesh (poema

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babilonese del III millennio a.C.), anche se conosciuto ai più come racconto biblico.In realtà troviamo racconti del diluvio anche tra gli Ittiti, tra i Greci (racconto di Deucalione e Pirra) e tra gli Egizi (racconto del Re Surid); allo stesso modo, leggende che parlano di un grande diluvio si trovano anche in America, tra gli Aztechi in Messico, i Sioux in Nord America, gli indios Mura dell’Amazzonia, gli indios Guarani in Paraguay e perfino in Cina.Se i racconti sono tanti, è assai probabile che nei millenni passati sia effettivamenteaccaduta una grande catastrofe che avrebbe cau-sato la sommersione di vaste aree delle terre emerse di allora.Passando alle grandi civiltà dell’America Centrale e Meridionale, dobbiamo notare che gli Aztechi sostenevano di provenire da un luogo chiamato Aztlan (Atlantide?); il suffisso atl in lingua mes-sicana significa “acqua”, e anche i Toltechi, sempre in Messico, so-stenevano di provenire dallo stesso luogo.Entrambe queste popolazioni si caratterizzarono per la costruzione di piramidi, il che ci porta a pensare che questo tipo di monu-mento, presente in civiltà così diverse e lontane tra loro, abbia un qualche significato che tuttora ci sfugge.Teotihuacan, la capitale dei Toltechi, e successivamente degli Azte-chi, è caratterizzata da costruzioni monumentali, in particolare le gigantesche piramidi del Sole e della Luna. Questa città era pre-esistente all’arrivo delle due popolazioni, e quando gli Aztechi, e ancora prima di essi i Toltechi, la trovarono, era già abbandonata e in rovina da migliaia di anni. Furono gli Aztechi a chiamarla Teotihuacan (città degli dèi), mentre i Toltechi già si interrogavano sull’identità dei suoi misteriosi costruttori, stupefatti dall’immen-sità degli edifici e dei palazzi.

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Tornando alla civiltà egizia, dobbiamo osservare che, secondo alcu-ne teorie, anche le tre Piramidi di Giza risalirebbero a 12.000 anni fa: esse sono allineate in modo che i loro vertici corrispondano alle tre stelle della Cintura di Orione (Alnilam, Alnitak e Mintaka), anche se, stranamente, la piramide di Micerino dovrebbe essere spostata di 35 metri affinché, oggi, l’allineamento sia perfetto; ba-sterà però riferirsi alla posizione che avevano le tre stelle nel 12.000 a.C., per accorgersi che la corrispondenza è perfetta (a causa della Precessione degli equinozi, infatti, lentamente cambia la posizione delle stelle in cielo rispetto alla Terra).

• Quale misterioso messaggio per l’Umanità futura dovevano lasciare queste misteriose, gigantesche costruzioni?

Nella piana di Giza, in Egitto, oltre alle tre grandi piramidi e altri monumenti, si trova la Sfinge. Si tratta di un enorme monumento (lungo 73 metri, largo 6 e alto 20) che raffigura un essere con la testa umana e il corpo di un leone accovacciato; poiché il volto sembra rappresentare il faraone Chefren, si è ritenuto doverla da-tare al 2500 a.C., attribuendone il tal modo a Chefren la paternità.C’è però da osservare che il corpo della Sfinge presenta vistose tracce di erosione dovute a grandi piogge mentre il clima dell’Egit-to, almeno per un lunghissimo periodo, è stato molto secco; pro-prio per questo motivo la sua data di costruzione è probabilmente assai più antica e l’erosione è verosimilmente dovuta alle grandi piogge che colpirono l’Egitto dopo l’ultima Era glaciale, cioè circa 12.000 anni fa.

• Se tutto questo è vero, come spiegare il fatto che in quel pe-riodo, almeno secondo la storiografia ufficiale, la civiltà egizia non era ancora nata?

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Tra i tanti misteri del passato, non possiamo trascurare quello del-la provenienza degli Ariani (Arya, Nobili), detti anche Iperborei a causa della loro provenienza dalle regioni circumpolari: questa misteriosa popolazione, che aveva come lingua originale il sanscri-to, tra il 2000 e il 1400 a.C. scese dal nord e, dividendosi in due tronconi, invase subcontinente indiano e la Grecia, dando origine a due delle più grandi civiltà che siano mai esistite. Chi erano e da dove venivano gli Ariani? Il geografo ed esploratore greco Pi-tea parla per la prima volta della leggendaria isola di Thule nella quale il Sole splendeva per sei mesi all’anno e che distava sei giorni di navigazione dall’odierna Scozia; proprio questo sarebbe stato il luogo nel quale abitava la leggendaria popolazione degli Iperborei, ovvero i custodi di una Tradizione filosofica primordiale che avreb-bero ereditato dalla civiltà di Atlantide, ormai scomparsa. Thule è menzionata anche nella Geografia di Tolomeo e in molte altre ope-re antiche. Gli studiosi tendono a identificare l’isola con l’Islanda o con la Groenlandia (Greenland, Gronland, Terra Verde) che in un remoto passato avrebbe avuto rapporti con Atlantide, prima che quest’ultima fosse inghiottita dalle acque. Nelle terre attorno al Polo effettivamente il giorno dura sei mesi e la notte altrettanto.Spinti dai mutamenti climatici, gli Iperborei, guidati dai loro capi (gli Arya), lasciarono la mitica Thule e migrarono verso sud, in paesi più caldi, portando con sé le loro antiche conoscenze.Nei Veda, i testi sacri risalenti a oltre 4000 anni fa, che essi porta-rono nel subcontinente indiano, sono descritte stelle e galassie os-servabili solo in aree dell’emisfero boreale non lontane dal Circolo polare artico, in un’epoca moltoanteriore alla fissazione per iscritto dei Veda stessi.

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Degni di nota sono poi racconti e tradizioni che parlano di cre-ature angeliche che sarebbero venute in contatto con l’uomo in epoca antecedente a quella definita storica, proprio a queste storie è collegato il mito dei giganti.

Le prime informazioni in merito a questo enigma provengono dal Vecchio Testamento, più esattamente dal libro della Genesi, nel quale si legge:

«Quando gli uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla Terra e nacquero loro figlie, i figli di Dio videro che le figlie degli uomini erano belle e ne presero per mogli quante ne vollero. C’erano sulla Terra i Giganti (Nephilim) a quei tempi, e anche dopo, quando i figli di Dio si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli: sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi».

Dei giganti si trova traccia in numerosi altri passi della Bibbia, ma risulta molto più interessante la lettura di un passo estratto dall’an-tichissimo libro di Enoch, a sua volta contenuto nella BibbiaCopta:

«… e accadde, da che aumentarono i figli degli uomini, che in quei tempi nacquero a essi ragazze belle di aspetto. E gli angeli, figli del cielo, le videro, se ne innamorarono, e dissero fra loro: “Venite, sce-gliamoci delle donne fra i figli degli uomini e generiamoci dei figli”. E si unirono con loro e insegnarono a esse incantesimi e magie e mostraron loro il taglio di piante e radici. Ed esse rimasero incinte e generarono giganti la cui statura, per ognuno, era di tremila cubiti.E Azazel insegnò agli uomini a far spade, coltello, scudo, corazza da petto e mostrò loro quel che, dopo di loro e in seguito al loro modo di agire, sarebbe avvenuto e gli mostrò anche il cambia-mento del mondo».

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Il mito secondo il quale esseri superiori dettero l’avvio alla civiltà umana è presente in moltissime altre antiche tradizioni, così co-me è possibile trovare descrizioni di battaglie nel cielo tra schiere di angeli opposte, accoppiamenti tra angeli e figlie degli uomini, strani oggetti volanti quali i Vimana, questi ultimi vengono citati nei Veda, nel Mahabharata, nel Ramayana e in tantissimi altri testi della civiltà indoariana risalenti a migliaia di anni fa.Altri indizi sono disseminati in quasi tutte le tradizioni antiche, dalla Grecia alla Cina, al Tibet, al Sud America, e in maniera abba-stanza evidente, anche insieme ad altre creature, nell’AnticoTesta-mento, dal quale sono estratti i brani che seguono.

«… ed ecco, vedemmo i giganti i figli di Anak che discendono dai giganti e ai nostri occhi noi eravamo di fronte a essi come dei grilli e ai loro occhi eravamo come dei grilli» (Numeri XIII,33)

«Ecco, la sua bara era di ferro. La sua lunghezza è di nove cubiti, e la sua larghezza di quattro cubiti1, secondo il cubito di un uomo» (Deuteronomio 3)

«Chi mai sono costoro che volano sopra una nuvola, come piccio-ni che volano verso la loro piccionaia?» (Isaia 60, 8)

Concludiamo questo breve capitolo ricordando rapidamente al-cuni altri fatti misteriosi del lontano passato, quali il mistero dei Dogon (del quale ci occuperemo a breve in maniera più approfon-dita), la misteriosa tomba di Palenque, la cui lastra sembra raffigu-rare un antico astronauta, e le enigmatiche Linee di Nazca, visibili soltanto se osservate dall’alto.

1 Il cubito è una misura di lunghezza corrispondente a circa mezzo metro.

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•Come interpretare questa molteplicità di indizi? • Come resistere alla tentazione di riscrivere nuovamente la

storia e osservarne i vari momenti da un punto di vista più globale?