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........................................................................................................................ pag. 3

a cura della Classe 4aF liceo scientifico Gobetti a.s 2013/2014 ... pag. 4

di Massimo Bartoli ...................................................... pag. 9

a cura della Classe 4aF liceo scientifico Gobetti a.s. 2013/2014 .... pag. 12

di Silvio Biagi ........................................................ pag. 16

di Fabio Sottili ................................................................................. pag. 23

a cura della Classe 4aA liceo scientifico Gobetti a.s 2013/2014 ............................................... pag. 28

di Simone Notargiacomo............................................ pag. 34

...................................................................................... pag. 39

di Giovanni Venturi ........................................................ pag. 44

Indice

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Numero monografico a diffusione interna

Hanno collaborato a questo numero:

Istituto Superiore Gobetti-VoltaVia Roma, 75/77 - 50012 Bagno a Ripoli (Firenze)Tel 055 630087 / 6510107 Fax 055 [email protected]

Stampa: Grafiche Martinelli S.r.l.Via dello Stelli, 2/b50012 Vallina - Bagno a Ripoli (Firenze)

Questa pubblicazione è stampata interamentesu carta riciclata Ciclus Print.

La realizzazione grafica e l’impaginazione di questo numero sono state curate dagli studenti del Liceo Gobetti che hannopartecipato allo stage di formazione professionale.

Coordinatore dello stage: Prof. Giovanni De LorenzoAssistenti tecnici: Teresa Santarelli e Raffaele Iodice

Lucia AlessioMassimo BandinelliMassimo BartoliSilvio BiagiMnauela CorsiniBeatrice FerrariAngela FiorenzaniSimone NotargiacomoAntonio RestivoFabio SottiliLucia TorriniGiovanni VenturiSilvia ZuffanelliLe Classi 4aF e 4aAdel Liceo Scientifico Gobettia.s 2013/2014

Gli studenti che con il loro impegnoe la loro creatività hanno realizzato questo numero:

copertina:da un’idea di Alice Regoli

Elisa Beccai 3a AGabriele Bentivoglio 4a FAndrea Bernini 4a BTommaso Billi 4a BAlberto Campo 4a FGiulio Curatolo 3a AAsia Giudici 3a AAlice Regoli 4a BFilippo Ricci 4a FIlaria Sardi 4a FGabriele Simbula 3a ASophia Simone 4a AFrancesco Superchi 3a AElena Torrini 4a AEleonora Zambon 3a A

ho amato troppo profondamente le stelle per aver paura della notte

* citazione, comunemente attribuita a Galileo Galilei,in realtà tratta dalla poesia di Sarah Williams (1837-1868) “The Old Astronomer”.

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Il 450° anniversario della nascita di Galileo ha trovato il nostro liceo in fervente attività. Il 2014 è stato segnato infatti da dueimportanti iniziative: innanzitutto ha visto la fine di un percorso biennale che ha coinvolto direttamente due classi del liceoscientifico e, indirettamente, altre classi che hanno partecipato, per ricaduta, a un progetto di partenariato multilateraleComenius con una scuola superiore belga (il Sint Dimpnacollege di Geel) e una svedese (il Birger Sjoberggymnasiet diVänersborg). Il nome del progetto, TOCER, acronimo per “TRACING OUR COMMON EUROPEAN ROOTS Routes betweenhumanities and sciences” (che si può tradurre “Alla ricerca delle nostre comuni radici europee: percorsi tra scienze umane esperimentali”) indica di per sé la direzione di un percorso interdisciplinare che hacoinvolto liberamente insegnanti di lingue, di matematica e fisica, di lettere, di disegnoe storia dell’arte e di storia e filosofia. Tra scambi, visite guidate, articoli pubblicati sulweb, progetti teatrali e itinerari culturali, i nostri studenti hanno potuto approfondirel’intimo legame esistente tra la letteratura, la storia del pensiero, l’evoluzione dellatecnica e delle arti che si collocano alla radice di quella grande rivoluzione che porta ilnome di Rivoluzione scientifica e che vede Galileo Galilei come protagonista indiscusso. Siamo dunque orgogliosi e felici difare spazio ad alcuni dei risultati di tale esperienza, che vedono, per una volta, gli studenti sostituirsi agli insegnanti nellaredazione di tre degli articoli presenti nella rivista. Gli alunni delle classi quarte si sono infatti cimentati nell’indagine sulmetodo di Galileo, che fonda la nuova scienza sperimentale, e nella ricostruzione del significato delle osservazioni galileiane,la cui influenza sulle arti figurative sarà messa in luce in un articolo specifico, questa volta di un docente.Il secondo evento è stata la nascita del progetto “Giovilabio” che si propone di stabilire una continuità tra le scuolemedie inferiori e superiori e che ha visto i nostri studenti impegnati nella costruzione del cannocchiale di Galileo e diKeplero e nell’illustrazione delle leggi che ne determinano il funzionamento a beneficio dei loro più giovani compagni.Anche a questa significativa esperienza abbiamo creduto di lasciare spazio nella nostra rivista, che è insieme luogo diapprofondimento delle conoscenze e di condivisione di pratiche innovative.Gli articoli presenti in questa edizione affrontano molti temi originali e ricchi di implicazioni profonde per il nostro presente.Scienza e filosofia sono in dialogo nell’intervista di apertura fatta dai nostri studenti al prof. Peruzzi, ordinario di filosofiateoretica e coordinatore del progetto Galileo; si tratterà anche del processo a Galilei, restituendo all’abiura da lui pronunciatadi fronte al Santo Uffizio, la leggerezza del gioco del sapere che rinuncia per sempre, a partire da quel preciso momento,all’aspirazione alla conoscenza delle cose ultime; un altro artico-lo tratterà dell’indagine galileiana sul rapporto tra scienza e fede,che, se da un lato libererà la nuova scienza dai vincoli dottrinali,dall’altro condurrà a sciogliere l’esegesi biblica stessa da limitiinterpretativi che Galieli, proprio grazie alla sua alta formazioneumanistica, riesce a individuare e denunciare con disarmantechiarezza. Né sarà possibile tacere del legame tra lo spirito inno-vativo dello scienziato pisano e quello di Vincenzo Galilei, suopadre, meno famoso ma non meno coraggioso innovatore in cam-po musicale, pronto pertanto a sfidare, in questo ambito, il “prin-cipio di autorità” e a mostrare che rigore matematico e espressio-ne artistica non possono non procedere affiancati. Non potevamancare, a completare il quadro, un’analisi del metodo galileianodal punto di vista della fisica contemporanea che richiami conforza alla necessità di tener presente, in un dialogo serrato conl’indagine filosofico-epistemologica, i limiti intrinseci di ogni mo-dello teorico della realtà.Che questa passeggiata nei diversi campi del sapere sia dunquepiacevole e porti buoni frutti! La meridiana del Liceo Gobetti

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a prima volta che hoincontrato di personail professor AlbertoPeruzzi , ordinario diFilosofia teoreticapresso l’Università di

Firenze e coordinatore del ProgettoGalileo, invitato da me a parteciparead un incontro con gli studenti di unamia classe quinta del Liceo scientifi-co “Vasari” di Figline Valdarno, sonorimasta colpita dalla semplicità concui riuscì a trasmettere ai ragazzi sti-molanti argomenti di dibattito a parti-re proprio dalla loro esperienza per-sonale. Uno di questi riguardò la sol-lecitazione ad una riflessione sulla

loro diretta esperienza curricolare:trattandosi di studenti giunti al termi-ne del loro percorso liceale, era im-portante che si soffermassero a con-siderare un aspetto fondamentale del-la loro formazione, vale a dire averdedicato quotidianamente per cinqueanni il proprio impegno e la propriaattenzione a materie umanistiche escientifiche, saltando continuamentedall’una all’altra. Ciò che in tale occa-sione il professore mise in risalto fuproprio quanto essi fossero stati for-tunati ad avere avuto questa oppor-tunità formativa, che è senz’altro pe-culiare del percorso curricolare licealescientifico. Chi scrive proviene da

una formazione di Liceo classico e dauna frequenza universitaria che si èconclusa con una laurea in Lettere,quella che mi permette oggi di essereuna docente di Lettere presso il Liceoscientifico dell’ISIS Gobetti-Volta. Imotivi che mi spingono a continuaread insegnare le mie materie presso unliceo scientifico piuttosto che pressoun liceo classico sono quelli che mitrovano perfettamente concorde conil pensiero del professore: è davverouna condizione fortunata quella dellostudente che frequenta tale scuolasuperiore perchè la sua è una forma-zione a 360°, applicando appunto ilproprio impegno a materie che vanno

Filosofia e scienza:è davvero possibile

un incontro?

“La filosofia ha sempre aspirato ad essere scienza; e forse ciò che ladistingue dalle singole scienze è soltanto il fatto che, mentre queste attuanol’ideale scientifico nei riguardi di una sezione particolare dell’esperienza, la

filosofia deve trasporre tutta quanta l’esperienza nella sua forma discientificità. Non è dunque scienza ma scientificità.”

Giulio Preti, Idealismo e positivismo,1943

Classe 4aF liceo scientifico Gobettia.s. 2013/2014

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dall’Italiano alla Matematica, dal La-tino alla Fisica, dalla Filosofia alleScienze…e così via, senza dimentica-re nessuna delle altre, tutte importan-ti nello stesso modo perchè, dal miopunto di vista, non ci sono materie diserie A e materie di serie B in un per-corso liceale, il cui fine è, prima di tut-to, quello di formare dei futuri cittadi-ni.

In occasione delle celebrazioni galile-iane di questo anno mi è sembrato im-portante offrire anche ad altri studen-ti la possibilità di una “chiacchiera-ta” con il professor Peruzzi spostan-do l’attenzione su Galileo Galilei che,senza dubbio, è stato uno scienziatoche ha creato con la propria azioneun anello di congiunzione tra la cul-tura scientifica e quella umanistica,Con questo spirito dall’incontro del14 dicembre 2013 con il professore,svoltosi in aula Perini alla presenzadegli studenti delle classi IVA, IVD,IVF, VA del nostro Liceo scientifico edal titolo “La rivoluzione scientificadel ‘600", è scaturito questo articoloil cui materiale è stato raccolto sottoforma di intervista dagli studenti diIVF da me coordinati. Dopo un sinte-tico excursus sull’opera di Galileo, benconosciuta dagli studenti perchè giàampiamente affrontata con il docentedi Storia e Filosofia, il professore si èmesso a disposizione degli studentiper rispondere alle loro domande e cu-riosità.Angela Fiorenzani

D: Professore, qual è secondo lei laposizione della Chiesa oggi nei con-fronti della figura di Galileo?

R: La Chiesa ha mutato la propria vi-sione sulla questione di Galileo e del-le sue osservazioni pubblicate nel1610 nel Sidereus Nuncius, quellastessa chiesa che già nel ‘600 avevaesplicitamente detto allo scienziatoche se il suo modello era legato sol-tanto alla descrizione matematica delcielo poteva essere ammesso, a patto

però che Galileo non lo vendessecome Verità. Lo scienziato, invece, nonrispettò tale indicazione e pubblicò ilDialogo sopra i massimi sistemi.È con papa Giovanni Paolo II, nel 1983,che l’immagine di Galileo viene riabi-litata all’interno della Chiesa, con undiscorso tenuto in pubblico nel 1983,in cui il Papa chiese di riesaminare lacondanna dell’astronomo. Nello stes-so anno io ho pubblicato l’articoloGalileo Oggi nel quale ribadisco larivalutazione da parte della Chiesadella figura di Galileo e sottolineocome il pontefice abbia identificato inlui il pernio del riavvicinamento tra cul-tura umanistica e cultura scientifica.Dopo ben tredici anni di dibattimen-to, il 31 ottobre 1992, la Chiesa chiarìla sua interpretazione sulla questioneteologica scientifica galileiana ricono-scendo che la condanna di Galileo fudovuta alla ostinazione di quest’ulti-mo nel non voler accogliere l’invitodella Chiesa a considerare le sue sco-perte come semplici ipotesi non com-provate e, d’altra parte, alla mancanzadi intelligenza e lungimiranza dei teo-logi che lo condannarono.

D: Ci può parlare di documenti cheillustrino il legame tra cultura scien-tifica e cultura umanistica come basidi un unico sapere?

R: Posso mostrarvi alcune immaginispecifiche sull’argomento (n.r. ilprofessore scorre alcune diapositi-ve che illustra brevemente): il primodocumento è un dipinto di Raffael-lo, La scuola di Atene , del 1508, incui vengono raffigurate le maggioriicone filosofiche dell’antichità: Pla-tone, Aristotele e Pitagora. Il temagenerale, intuibile dal dipinto, è lafacoltà dell’animo umano di cono-scere il vero attraverso la scienza ela filosofia; la presenza di così tantipensatori di varie epoche riconosceil valore dello sforzo dell’uomo digiungere alla conoscenza. L’operatrasmette un senso “orchestrale”del sapere e quest’ultimo è dunque,nella mente dell’autore, unitario. Ildesiderio di promuovere la cono-scenza delle cose naturali attraver-so l’osservazione e la sperimenta-zione può essere riscontrato anchecon la fondazione, nel 1660, dellaRoyal Society (n.r. il professoremostra un’altra diapositiva) che èstata la prima società scientifica chesi è costituita ed è una delle acca-demie scientifiche più antiche attual-mente esistenti.La determinazione dei suoi fondatorinello stabilire i fatti secondo il meto-do sperimentale è ricordata con ilmotto da loro stessi adottato Nulliusin verba (n.r. non credere alle paroledi nessuno) tratto dalla famosa Epi-stola di Orazio.Vi propongo anche la citazione diKant sull’Illuminismo, grazie alle cuiidee l’uomo sarebbe uscito dal suostato di minorità e avrebbe iniziato ausufruire in modo indipendente dellapropria intelligenza. È proprio a parti-re da questa considerazione che dal‘700 si sono susseguiti studiosi chehanno saputo unificare il saperescientifico con quello filosofico, apartire dallo stesso Kant e proseguen-

Il professoreAlberto Peruzzi

ospite di una confererenza

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Raffaello Sanzio, Scuola di Atene (1510), Roma, Stanze del Vaticano

do con Rudolf Carnap e MartinHeidegger, entrambi filosofi di gran-de importanza del ‘900, fino a giunge-re ad Albert Einstein, studioso che,oltre ad essere ricordato per la propo-sta della teoria relativistica, ha avutoun ruolo fondamentale per la sua ri-flessione filosofica unita poi con ilsapere scientifico. Però nel corso delXX secolo, si è invece insinuata nelsistema sociale quella concezione dispazio assoluto, idealizzata daNewton e tanto criticata dal pensierorelativistico. Gli studiosi sono giuntia domandarsi se, al variare del siste-ma di riferimento, una determinataequazione continuerà a valere.È semplice intuire che la di-lagante diffusione tecno-logica, a partire dallafine della Secondaguerra mondiale,abbia sviluppatonella società unaconoscenza as-soluta, portan-do l’uomo adessere definitoubiquitus os-sia “onnipre-sente”.

D. Ci spieghimeglio di checosa si tratta.

R: Beh, l’agget-tivo si adatta inmodo perfetto a quello che viene de-finito “uomo contemporaneo”, poichéattraverso le innumerevoli tecnologiea lui disponibili, egli è in grado di ac-cedere in ogni istante e in ogni luogoa dati, informazioni, persone, servizi.Da ciò deriva una conseguente per-dita della propria identità poiché l’uo-mo sta andando ovunque, ma in real-tà non è mai qui presente. Mi piacefare a questo punto riferimento al te-sto Retorica e logica del filosofo ita-liano Giulio Preti, che è stato mio ma-estro ed al quale devo molto. Egliripropone nella sua opera gli aspetti

che differenziano le “forme del pen-sare” implicite nella scienza e nella let-teratura ed approfondisce quali rap-porti si stabiliscono tra i due diffe-renti modelli di riflessione. Questa ci-tazione mi sembra significativa (n.r. ilprofessore legge un passo del filoso-fo):“Un popolo che appoggia le sue va-lutazioni a motivazioni prescientificheo antiscientifiche è un popolo incivi-le: tutto il suo ethos scade ad imposi-zioni bestiali e tiranniche.”Dunque, piaccia o non piaccia, la

scienza è una componente fonda-mentale del discorso filosofico. Farei conti con gli apporti della ricercascientifica attuale alla impostazione,chiarificazione e possibilmente so-luzione, di più o meno classici pro-blemi filosofici mi sembra oggigior-no ineludibile. È necessario quindistudiare i fatti e i dati sperimentalipoiché una società migliore non puòesimersi da fare ciò.

D. Come mai Galileo non si ponemai la domanda se l’universo siainfinito?

R: Galileo non concepisce l’univer-so come infinito, anche solo per nonseguire la teoria del suo antico riva-le Aristotele, il quale non eliminavacompletamente l’idea di infinito cheammetteva come potenziale, ma noncome reale. Difatti non escludeva lapossibilità di aggiungere infiniti al-tri enti a quelli già esistenti. Se l’uni-verso fosse infinito secondo Gali-leo dovrebbe implodere su se stes-so a causa della gravità.

D: Che cosa pensa riguardo le ri-percussioni della condanna di

Galileo del 1633 sul panora-ma scientifico passato e

odierno?

R: L’attività di Gali-leo ha inciso sen-

za dubbio sullos v i l u p p oscientifico delnostro paesee su quellomondiale e lacondanna diGalileo segnòcertamente lafine dell’inda-gine scientifi-ca libera daimposiz ionireligiose. I lgrande contri-buto scientifi-

co che diede il filosofo pisano permezzo delle proprie scoperte riuscìaddirittura a mutare l’atteggiamen-to della Chiesa protestante che de-cise di approvare la teoria eliocen-trica, al contrario di quella cattolicache solamente nel 1992 ammetteràl’errore di non aver saputo valutarein modo obiettivo la proposta scien-tifica di Galileo. Dopotutto la chie-sa cattolica non ha mai impedito laricerca, ma ha sempre fatto pesarela propria opinione sulla società.

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“non esistonomaterie di serie A

e materie di serie Bin un percorso

liceale”

Stemma dell’accademia Royal Society, 1660,Londra

D: Come vive uno studioso come leiil divario tra materia scientifica eumanistica?

R: Per me la differenza è puramente diapprendimento. In pratica lo studen-te che si trova ad affrontare diversematerie deve saper distinguere le lorodifferenze essenziali e sviluppare unmetodo più o meno fisso a secondadella materia. Per quanto riguarda lefacoltà scientifiche lo studioso, oltread approfondimenti teorici, deve de-dicarsi anche a quelli pratici come pro-blemi ed esperimenti grazie ai quali ot-tiene dati certi. Nell’ambito umanisti-co, invece, di fronte a materie comead esempio Storia o Filosofia, ritengoche sia meglio optare per un approc-cio più teorico, ossia capire sì l’argo-mento, ma soprattutto saperlo svisce-rare facendolo proprio. Spesso i filo-sofi necessitano degli scienziati e vi-ceversa. La dialettica tra culturaumanistica e cultura scientifica è, dun-que, fondamentale sebbene ancoraoggi all’università gli scienziati chehanno anche una formazione di ca-rattere filosofico siano pochi e spes-so anche i filosofi non siano dispostia lavorare assieme a fisici e a matema-tici.

Voi, che siete giunti alla fase conclu-siva del percorso di studi liceale, po-

tete offrire attendibili riflessioni e con-siderazioni sulla dicotomia che vive-te quotidianamente tra sapere scien-tifico e sapere umanistico. Di certo chinon è dentro l’argomento può erro-neamente ritenere che materie scien-tifiche e umanistiche siano nettamen-te separate. Certo ci sono delle palesidifferenze, ma se per esempio mettia-mo a confronto Latino e Matematicaapparentemente molto diverse, notia-mo delle analogie. In entrambi gli am-biti disciplinari bisogna infatti usare

ragionamenti. È necessario dunqueavere una concezione più ampia della

formazione e considerare lacomplementarietà delle materie scien-tifiche e di quelle umanistiche.

D: Avendo noi letto alcune paginedel libro di Koyré “Dal mondo delpressappoco all’universo della pre-cisione” le chiediamo perché secon-do Galileo anche il mondo sublunareè matematizzabile.

R: Per Galileo il mondo terrestre èsenz’altro scritto in caratteri matema-tici, per cui è possibile descrivere imoti terrestri utilizzando leggi mate-matiche. Di conseguenza il mondosublunare è regolato dalle stesse leg-gi del cosmo celeste. Tuttavia ciò nonera ritenuto vero né da Tolomeo, ilquale ipotizzava che la matematicapotesse essere applicata solamente alivello astronomico, né da Bacone, ilquale escludeva la matematica poichéutilizzava un metodo induttivo e ve-deva nei matematici una presunzionequasi cabalistica.

D: Secondo lei lo stretto rapportoche esiste tra lo stato italiano e quel-lo della Chiesa, ha influito sull’al-lontanamento tra cultura scientifi-ca e umanistica?

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Galileo Galilei, filosofo e scienziato,membro dell’Accademia della Crusca

R: Il “caso Galilei” segnò l’arresto diun’indagine libera e senza preoccu-pazioni in Italia, ma anche nel restodell’Europa; infatti, venuto a cono-scenza del fatto, René Descartes, fi-losofo e matematico francese, decisead esempio di pubblicare la propriaopera, Discorso sul Metodo, a punta-te e non interamente per evitare riper-cussioni. In Italia subito dopo nac-que un tipo di scienza distaccata daquello che era il pensiero teologico,

in parti-

colare nell’ambito delle scienze natu-rali, quali la Biologia, la Zoologia, laBotanica, escludendo comunque laFisica. Quindi la Chiesa ha sicuramen-te influito sullo sviluppo culturale delpaese: curiosamente i paesi prote-stanti, nei quali la chiesa si era schie-rata contro la teoria copernicana, han-no avuto una forte evoluzione dalpunto di vista scientifico. Comunqueè importante sottolineare il fatto cheepisodi simili a quello di Galileo era-no già avvenuti in Europa; ad esem-pio Spinoza con la propria famigliaebraica fu costretto a trasferirsi inOlanda, dove poi venne scomunica-to dalla propria comunità religiosa. Inconclusione tutto ciò sicuramente nonha favorito lo sviluppo dei valori as-sociati alla libera ricerca scientifica,che sono quelli legati alla libera so-cietà.Quello che mi auguro che accada èche comunque la ricerca scientifica,pure in mezzo a tutte le difficoltà nellaquale si trova in seguito anche asciagurate scelte della nostra clas-se politica, possa andare avanti nelmodo più proficuo e corretto, ricor-dando che una buona ricerca è quel-la che riesce a trovare nuove do-mande e non solo a dare delle rispo-ste. Mi auguro anche che il vostro

futuro vi veda coinvolti in que-sto ambito in maniera attiva e

che nelle specifiche facoltàche vi troverete a frequen-tare alla fine del vostro per-corso di scuola superiore

abbiate sempre la curio-sità di seguire una

continua forma-zione vostra

p e r s o n a l eche tenga

conto diquegli

stimoli che il vostro percorso licealeha fornito nel corso del quinquennio.È dunque fondamentale il ruolo chela scuola riveste nel vostro percorsoformativo di futuri cittadini di un’effi-cace e prospera democrazia.

Importanti e significative le afferma-zioni del professore, che possonoessere altresì validamente affiancateanche da quelle della professoressaMaraschio, presidente dell’ Accade-mia della Crusca che, presiedendo loscorso gennaio a Padova la giuriadell’VIII edizione del “ Premio Galileoper la divulgazione scientifica”, ha di-chiarato tra le altre cose, contro ogniseparatezza e desiderio di isolamentonel proprio ambito da parte delle sin-gole discipline di studio, che “anchele discipline scientifiche parlano ita-liano!” E ancora “Le lingue maternerimangono decisive anche nella scien-za, i cui linguaggi formalizzati con usodominante e a volte esclusivo dell’in-glese hanno bisogno di circolarità conle diverse lingue per impedire allascienza di vivere in un proprio ambitoseparato, di stare come in una bolla.”Queste riflessioni non sono affatto nélimitanti né scontate e suggellanol’importanza che il sapere scientificodebba uscire dai laboratori e dagliambienti di nicchia, liberandosi delladifficoltà di farsi comprendere, entran-do a far parte del percorso formativodi ogni futuro cittadino, trasforman-do così la ricerca in qualcosa di frui-bile ed intellegibile non solo per gliaddetti ai lavori.Il ponte tra sapere scientifico e sape-re umanistico diventa così la condiciosine qua non per sviluppare nell’in-dividuo lo spirito dell’indagine criti-ca, unendo quest’ultimo indissolubil-mente allo spirito democratico da col-tivare in tutte le generazioni a venire,per educarle alla libertà, contro ognidogmatico autoritarismo.Facciamo tesoro di queste riflessioninella vita di tutti i giorni, a cominciareda quella che viviamo dentro le murascolastiche!

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l 22 giugno del 1633 GalileoGalilei già figlio del VincenzoGalilei e fiorentino di settantaanni, davanti agli eminentissimi

e reverendissimi Signori cardinali del-la Repubblica Cristiana Inquisitoricontro l’empietà dell’eresia, pronun-cia e firma di sua mano la famosa Abiu-ra. Recita e riconosce parola per paro-

la, sempre Galileo, quel testo or-mai famoso dove in-nanzi tutto si ricono-scono le ragioni chelo hanno portato ingiudizio ammetten-do di avere contrav-venuto ad un prece-

dente ammoni-mento del San-

to Uffizio dig i u -

dicare falsa, “l’opinione” che è il Soleil centro immobile e di non potere di-fendere né insegnare la suddetta dot-trina e che dopo che a Lui era statoreso noto che la suddetta dottrina erain contrasto con la Sacra scrittura,non si ritrasse poi a scrivere e a pub-blicare un libro, Dialogo sopra i mas-simi sistemi del mondo, nel quale an-cora si trattava la medesima dottrinacondannata adducendo ragioni in suadifesa senza presentare alcuna alter-nativa. E perciò, visti tali e gravi pre-cedenti, Galileo Galilei, consapevoledi esser stato giudicato sospetto dieresia, e volendo egli allontanare daquelle Eminenze ogni ulteriore equi-voco sulla sua persona, con cuore sin-cero e autentica fede in quel 22 giu-gno Lui rinnega, rifiuta, e maledice isuddetti errori o eresie in generale

contrarie alla Santa Chiesa. Si pro-pone altresì di non persegui-re in futuro alcunché pos-sa rinnovare un simile so-spetto e assicurando sulfatto di denunciare al San-to Uffizio chiunque oqualsivoglia in odore dieresia, firma e dichiara in-fine di avere abiurato

come sopra. Ma che cos’èl’abiura?!L’abiura è un vero e proprio

istituto giuridico, dove peristituto giuridico si intendel’insieme di norme che di-

sciplinano una particolare fattispecie equando per fattispecie, intendiamo unaparticolare situazione che è disciplina-ta da una norma giuridica. Ad esempioil matrimonioè un istitutogiuridico di-sciplinatoda

Il Processoe la forma dell’acqua

d i Massimo Bartoli

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un insieme di norme di fonte civile edi fonte canonica.

Tuttavia l’atto di abiura, nato dal-la disciplina penitenziaria e codifica-to in occidente fin dal quinto secoloda Papa Gregorio Magno per contra-stare le dispute cristologiche del tem-po come quella di Nestorio, vescovosiriano e Patriarca diCostantinopoli nel 428che asseriva lanetta distin-z i o n e

del-la naturaumana e del-la natura divinadi Cristo, con la con-seguenza che Maria sa-rebbe stata la madre di Gesùe non la madre di Dio, o quella diEutiche, nato nel 378 e anch’egli Pa-triarca di Costantinopoli che ritenevainvece come divina la sola e unica na-tura di Cristo, è vigente nel Diritto Ca-nonico fino al 25 gennaio 1983, datanella quale Papa Giovanni Paolo IIpromulga il nuovo Codice di DirittoCanonico che in osservanza alle in-novazioni suggellate dal Concilio Va-ticano II, sostituisce e abroga il pre-cedente Codex Iuris Canonici del1917. In tale codice, al canone 2314 in

riferimento ai delitti contro la fede el’unità della Chiesa, si contemplaval’Abiura quale giuramento libero eperpetuo perché lo scismatico l’apo-stata o l’eretico, con la presenza dialmeno due testimoni, potesse esse-re riammesso in seno alla chiesa rin-negando quanto asserito in prece-

denza.

Nelnuovo Co-

dice invece checonsta di 1752 canoni, o articoli, sidispone per gli stessi delitti la cosìdetta scomunica latae sentenziae,sentenza pronunciata o emessa la cuicomminazione è legata al fatto di avercommesso uno specifico delitto e peril quale il legislatore ha deciso la lataesentenziae come per i casi sopra indi-cati appunto, previa però il compor-tamento recidivo del soggetto in odo-re di scomunica limitando in caso con-trario la procedura a degli ammoni-

menti preliminari. Ad onor di cronacail Diritto Canonico prevede anche leferendae sentenziae, che si hannoquando la pena viene irrogata soltan-to dopo il giudizio di colpevolezza daparte della autorità competente delluogo, gli ordinari dunque, Vescovi,o chi da questi sono chiamati a farlo.

Tuttavia il quadro normativo eprocedurale, ma soprattutto lo scena-rio politico e sociale nel quale si svol-ge il processo a Galileo Galilei, per-ché di processo si tratta, luogo non

era certo per piacevoli disquisizio-ni filosofiche. E pur tuttavia per

l’intero arco di tempo che se-para quel 22 giugno 1633 dai

primi avvertimenti delSanto Uffizio all’opera di

Galileo, circa dieci anniaddietro, il panorama

si era apparecchiatodi conti-

nue epositi-ve vo-lontà di

tessere mo-tivi di incontro

e di dialogo. La sti-ma reciproca e la grande

importanza dei mondi rap-presentati dagli attori di que-

sta vicenda, il mondo scientifi-co e il mondo religioso; e poi le

avvisaglie di una rivoluzione immi-nente che avrebbe ed ha, destruttu-rato l’intero impianto concettuale del-l’uomo e del suo posto nell’universoe che avrebbe franato sopra migliaiadi anni di convinzioni cosmologicheuna verità scarna e terribilmente logi-ca nella quale gli errori di calcolo, vadetto molto lievi, di queste antiche ecomplesse architetture cosmogoni-che, si sarebbero risolti magicamentein un semplice cambio di prospettiva,se da un lato poteva soddisfare e af-fascinare le menti della nuova scien-za, dall’altro destava forti preoccupa-zioni sia per le conseguenze squisita-mente teologiche, e sia per la gestio-ne politica di una simile verità, qualo-

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ra si fosse effettivamente accertata,che avrebbe potuto mettere in peri-colo la stessa esistenza non solo delPapato ma del Cristianesimo tutto.

Dunque intorno a questi presup-posti si è aperto e si è svolto il “Pro-cesso”. Torneremo in seguito su quel-l’atto di abiura, ma adesso è interes-sante vedere come la proceduradibattimentale in esame, e peraltrotipica del processo in-quisitorio, divergain modo so-stanzia-l e

dal rito accusato-rio previsto dal DirittoRomano nel quale l’onere del-la prova ricadeva sull’accusatoreche doveva dimostrare le sue ragionedavanti ad un giudice. Il tribunale del-l’Inquisizione adottò invece la proce-dura del processo inquisitorio, dal la-tino inquisitio, indagine, nel quale ilgiudice è anche accusatore e sullabase di una seppure generica dinami-ca, egli era tenuto a raccogliere le pro-ve della colpevolezza dell’imputatoconducendo indagini segrete e gui-dando il processo. Naturalmente era

ammessa la tortura nei casi previstidalle disposizioni Papali in materiagiuridica, o i Decretali, ma è da notareanche come la giustizia laica ben pre-sto adotti “l’inquisitio” quale meto-do processuale ordinario trovando-ne i fondamenti proprio nella cognitioextra ordinem romana appunto, e inquella particolare procedura che nel-

l’or-dinamen-

to attuale vienein pratica svolta dalla figura del Pub-blico Ministero.

Tuttavia cari Lettori Tutti de “IlGobetti”, quantunque possa essereaccertato il contributo del Sant’Uffi-zio alla dottrina giuridica di la da ve-nire ed alla procedura dibattimentale,certo non varrebbe i tanti crimini com-messi dalla “Santa” Inquisizione cosìcome, perciò, non sarebbe valsa amolto l’ostinazione di Galileo a difen-

dere e confermare le sue convinzionidavanti agli eminentissimi e reveren-dissimi Signori cardinali della Repub-blica Cristiana Inquisitori control’empietà dell’eresia, pena la morte,quando ormai era chiaro a tutti che laverità sulla giusta meccanica dellecose del cosmo avrebbe presto presoil posto di quel nido accogliente nelquale l’uomo si era cullato per miglia-ia di anni. L’abiura di Galileo allora,non è stata altro che una piccola con-cessione potremmo dire, a chi, di lì a

poco, avrebbe dovuto abbando-nare per sempre il suo piccolo

mondo perché invaso dauna marea infinita che fi-

nirà poi per prendere leforme più disparate. Ecome infinita e imper-

scrutabile risulte-rà nei

secolifuturila lo-

gica ul-tima di quel-

le forme, percor-rendo la linea di di-

fesa di Galileo, cosìl’Uomo, dotato non a

caso di cervello e di oc-chi frutti anch’essi di

quella stessa logica,avrebbe dovuto indagare

non già la logica ultima ma lafisica di quelle cose.Ma forse, quell’atto di Abiura fir-

mato di sua mano dal grande scien-ziato, non fu altro che il desiderio dirinnovare quella gioia impagabile pro-vata a scrutare il cielo col suo can-nocchiale e a capire come quella stes-sa logica ultima, nella quale credeva,si fosse svagata con la forma dell’ac-qua.

Nelle immagini:Teoria Eliocentrica e TeoriaGeocentica

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l più importante contributo diGalileo Galilei all’astronomia fudovuto all’utilizzo del cannoc-chiale (anche chiamato perspi-

cillum) e alle importantissime osser-vazioni che gli permisero di studiare icorpi celesti. Strumento ottico impie-gato per l’osservazione di oggetti lon-tani, il cannocchiale fu costruito perla prima volta da un occhialaio olan-dese nel 1608 e perfezionato e modifi-cato da Galileo. Esso era costituito dapiù cilindri assemblati e due lenti po-ste alle estremità, una convessa col-locata come obiettivo, l’altra conca-va come oculare.Inizialmente era uno strumento utiliz-zato sia in ambito bellico sia navale; ilmerito di Galilei fu quello di puntarloverso il cosmo e non più verso le navinemiche. Questa fu una delle più gran-di intuizioni del secolo, che contribuìallo scardinamento dei principi dellacosmologia del tempo a favore dellateoria copernicana.Koyré indica la differenza tra utensilee strumento scientifico: “un utensile,ossia qualcosa che - come aveva scor-to bene il pensiero antico - prolunga

e rinforza l’azione delle nostre mem-bra, dei nostri organi sensibili; qual-cosa che appartiene al mondo del sen-so comune. E che non può mai farce-lo superare. Questa in-vece è la funzione pro-pria dello strumento, ilquale non è un prolun-gamento dei sensi, manell’accezione più fortee più letterale del termi-ne, incarnazione dellospirito, materializzazio-ne del pensiero.”1

Con questo innovativodispositivo Galileo os-servò il moto e le carat-teristiche dei pianeti delsistema solare e di alcu-ni dei loro satelliti, oltread effettuare approfon-diti studi sul Sole, chein tarda età gli provoca-rono la quasi completacecità.Nel 1609 lo scienziatopresentò “l’invenzione” al governoveneziano, che l’apprezzò molto eper questo fu gratificato sia a livel-

lo economico che morale.Invece altri studiosi non gradirono ilcannocchiale da lui modificato: alcu-ni lo reputarono inferiore a quello per-

Galileo eil telescopioL’importanza delle osservazioni svolte

da Galileo con il suo cannocchiale

Classe 4aF liceo scientificoGobetti a.s. 2013/2014

Cannocchiale originaledi Galileo Galilei

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fezionato da Keplero; altri, gli Aristo-telici, secondo i quali la conoscenzateorica è più importante di quella pra-tica, affermavano che le lenti del can-nocchiale galileiano deformassero laverità. Con Galilei, invece, “si passòall’ammissione che uno strumentocome il cannocchiale può non defor-mare ma potenziare la nostra capacitàpercettiva”2.Le osservazioni effettuate dall’astro-nomo furono annunciate al mondocon la pubblicazione del SidereusNuncius (1610), trattato che ebbeun’eco immediata e vastissima.Come indicato da Kuhn, il cannoc-chiale destò molta curiosità, divenen-do uno strumento popolare; così haorigine l’interesse per l’astronomia ela figura dell’osservatore dilettante.Di conseguenza si diffuse il modellocopernicano e il telescopio diventòpiù importante come strumento dipropaganda che di prova3.

Una delle prime osservazioni che Ga-lileo effettuò con il suo cannocchialefu quella della Luna, astro che, ancheosservato a occhio nudo, presenta-va una superficie non omogenea.Nella cosmologia aristotelica, per laquale tutti i corpi celesti appartene-vano al regno della perfezione, quin-di composti da etere, e pertanto man-canti di irregolarità, l’apparenza dellaLuna rappresentava un problema: leregioni scure sulla sua superficie ve-nivano spiegate nel Medioevo comevariazioni della densità lunare, le qualiavrebbero dato alla Luna, anche seperfettamente sferica, l’apparenza cheha.L’avvento del telescopio, quindi, fececrollare definitivamente il concetto diperfezione degli oggetti celesti. Conil suo cannocchiale, Galileo osservònon solo i “mari” della Luna, queigrandi avvallamenti che ad occhionudo apparivano come regioni scuresulla sua superficie, ma anche moltearee di dimensioni minori, contornateda righe scure. Egli notò che la lar-

ghezza di queste linee cambiava alvariare delle fasi lunari, cioè dell’an-golo di incidenza della luce del Sole.Galileo concluse quindi che esse era-no ombre e che la superficie lunareaveva montagne e crateri, giungendoad affermare che la Luna non era né diforma sferica né un astro perfetto.

Koyré sottolinea l’importanza dell’os-servazione del satellite terrestre, an-che attraverso le parole di Galilei dalSidereus Nuncius: “Con la certezzache è data dall’esperienza sensibile,si possa apprendere non es-sere affatto la luna rivestitadi superficie liscia e levigata,ma scabra e ineguale, e allostesso modo che la facciadella terra, presentarsi rico-perta in ogni parte di grandiprominenze, di profonde vallie di anfratti”4.Se l’osservazione della Lunafa cadere la diversità tra mon-do terrestre e mondosublunare, l’osservazionedelle fasi di Venere dimostrache quella di Copernico non eraun’ipotesi matematica, come ritenutoda alcuni studiosi, tra i quali si può

citare Osiander5, ma una verità fisica.Venere è l’oggetto più luminoso dopoil Sole e la Luna, manifestandosi pri-ma dell’alba e dopo il tramonto. Adocchio nudo si mostra come una stel-la lucentissima di colore giallo-biancastro e oggi, con strumenti piùpotenti e filtri ultravioletti, è possibilediscernere le caratteristiche del suomanto nuvoloso.Oggi sappiamo che ogni corpo cele-ste del Sistema solare presenta dellefasi e Venere non fa eccezione quan-do osservato dalla Terra. L’osserva-zione delle fasi di Venere con il can-nocchiale, quindi, fu un’ulteriore pro-va della validità del sistemaeliocentrico portata da Galileo, poi-ché vide che il pianeta presentavadelle fasi analoghe a quelle della Lunae questo non sarebbe potuto accade-re se Venere e il Sole avessero ruotatointorno alla Terra. Difatti nel sistemacopernicano Venere volge verso laTerra sia la faccia oscura che quellailluminata man mano che procede nel-la sua orbita: Venere sarà perciò invi-sibile quando si trova esattamente trala Terra e il Sole (perché mostra la fac-cia oscura) e nel momento in cui sitrova esattamente opposta al Sole(perché la sua luce è offuscata dallapiù intensa luce solare); tra questedue posizioni avremo Venere crescen-te e Venere calante e la forma sarà afalce o gibbosa come quella della

Disegni originari dellefasi launari

di Galileo Galilei

Disegni originali delle fasidi Venere di Galileo Galilei

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Disegno originale di Saturnodi Galileo Galilei

Disegno originale delle fasi diSaturno di Galileo Galilei

Luna. Siccome le osservazioni di Ga-lileo corrispondevano a questo caso,esse provavano senza ombra di dub-bio la validità del sistema.

Per quanto riguarda la Via Lattea, nelcorso della storia molti miti e leggen-de sono sorti per spiegarne l’origine:dal latte di Era che allattava Eraclenella mitologia greca ai vari miti diorigine orientale ed araba; già imma-ginata da Democrito e da altri filosofiantichi come una scia di stelle lonta-ne, fu riconosciuta come tale da Gali-lei che, grazie alle osservazioni speri-mentali con il telescopio, scoprì un’in-finità di stelle non visibili ad occhionudo. “I perspicilli non solo aumen-tavano il numero delle stelle fisse emobili: ne cambiavano anche l’aspet-to”6. Egli dedusse che tutte le stellenon potevano essere alla stessa di-stanza, e pose fine alle varie disputeantiche riguardo la vera natura dellaVia lattea, la quale fu svelata con laforza della “semplice” e sensata espe-rienza. Il cannocchiale mostra la veradimensione delle stelle che, osserva-

te a occhio nudo, apparivano piùgrandi a causa della distensione delriflesso sulla retina7.L’immensità dell’universo che si pre-sentò dietro alla sua lente lo indussea pensare, dunque, che il cosmo fos-se enormemente vasto, abolendo cosìla concezione limitata del cosmo diorigine greca.Una delle osservazioni di maggioreimportanza attraverso la quale è sta-to possibile smentire in modo quasidecisivo la teoria cosmologica aristo-telica-tolemaica, fu quella che l’astro-nomo pisano effettuò sul pianetaGiove, registrando scientificamenteper la prima volta l’esistenza di quat-tro satelliti che ruotavano attorno alpianeta stesso. Inizialmente l’astro-nomo osservò quelle che credetteessere quattro stelle vicino all’astroe notò che esse mutavano la loroposizione coerentemente con ogget-ti che fossero in orbita intorno a Giove.L’astronomo riportò la notizia dellascoperta degli “astri medicei”, chia-mati così in onore di Cosimo II de’Medici, nel Sidereus Nuncius. I sin-

goli satelliti oggi prendono il nome diIo, Europa, Ganimede e Callisto e laloro scoperta fu un solido argomentoa favore della teoria eliocentrica diNiccolò Copernico poiché mostrava

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1 Cfr. A.Koyré, Dal mondo delpressappoco all’universo dellaprecisione, Einaudi, 1967, p.101

2 Cfr. L.Geymonat, Galileo Galilei,Einaudi, 1969, p. 60.

3 Cfr. T.S.Kuhn, La rivoluzionecopernicana, Einaudi, 1972, pp.287-8.

4 Cfr. A.Koyré, Dal mondo chiusoall’universo infinito, Feltrinelli,1957, p.72.

5 Cfr. Prefazione al Derevolutionibus orbiumcoelestium di Copernico, chescatenò le ire di Giordano Brunone La cena delle ceneri.

6 Cfr. A.Koyré, Dal mondo chiusoall’universo infinito, cit., p.73.

7 Cfr. T.S.Kuhn, La rivoluzionecopernicana, cit., p. 283.

“si passò all’ammissione che uno strumentocome il cannocchiale può non deformare

ma potenziare la nostra capacità percettiva”

come non tutti gli oggetti del sistemasolare orbitassero intorno alla Terra,confutando in modo decisivo uno deiprincipi fondamentali del cosmoaristotelico-tolemaico.

Qualche anno più tardi Galileo, attra-verso le osservazioni eseguite sul

Sole, notò alcune macchie sulla suasuperficie.Queste particolari macchie aveva-no una inconsueta evoluzione: ini-zialmente erano soltanto piccoli porineri che si univano tra loro e quindisi espandevano; dopo un determi-nato lasso di tempo, queste macchiecreate per “sovrapposizione” si dis-solvevano per far posto ad altrechiazze. Questo particolare fenome-no prende il nome di “Ciclo dellemacchie”. Galileo notò inoltre cheesse mutavano la loro posizione eipotizzò che non fossero loro a muo-versi, bensì il Sole.Quel che va detto è che prima di Ga-lileo alcuni uomini avevano già sco-perto le macchie solari; tra questi iCinesi e, in modo ancor più rilevan-te nella vita di Galileo, il gesuita te-desco Scheiner, il quale ipotizzò cheesse fossero stelle erranti. Inizial-mente Galileo tacque per prudenzama successivamente attaccò la tesidi Scheiner e disse che queste nonerano altro che macchie solari il cuimovimento era causato dal pianetastesso.

Per quanto riguarda le osservazionidi Saturno, Galilei, a causa della bas-sa risoluzione del suo telescopio,non riuscì ad osservare con chia-rezza gli anelli del pianeta ma ipotiz-zò si trattasse di un astro “tricorpo-reo” formato da tre oggetti distinti.In seguito egli osservò che i corpi

laterali del pianeta scomparivanoper poi riapparire in periodi succes-sivi. Oggi questa particolarità è spie-gata dal fatto che, durante il motodi Saturno nella sua orbita, il pianodegli anelli cambia direzione rispet-to alla Terra in modo tale che quan-do essi si presentano di taglio nonpossono essere osservati.Questa scoperta fu un’ulteriore con-futazione della tesi tolemaica secon-do la quale tutti i corpi celesti eranodi forma sferica e considerati per-fetti perché costituiti da etere.

Si può affermare, dunque, che laconcezione cosmologica eliocentri-ca, ipotizzata da Copernico e avva-lorata dalle “risposte pratiche” diGalilei, scardinò completamente unavisione del mondo inveterata e ac-cettata da 2000 anni: Copernico eGalileo tolsero alla Terra, e di con-seguenza anche all’uomo, il prima-to di centralità e unicità nell’univer-so, portando un sostanziale cambia-mento nella considerazione dellapotenza umana e del concetto diuomo stesso posto al centro del cre-

ato. (Le caute teorie di Copernico,le osservazioni pratiche e il nuovometodo d’indagine del Galilei, la na-scente cultura scientifica generatada una straordinaria rivoluzione inquesti termini, portarono a un radi-cale cambiamento nel tessuto con-nettivo culturale europeo, mutamen-

ti che hanno indicato e tracciatoprofondamente la via per la defini-zione del mondo e della scienza mo-derna.

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Un cannocchialeper il cielo

d i Silvio Biagi

Il metodo razionale d i Gal ileo non si ferma allo stud io della natura, ma si estende an-che all’anal isi del testo bibl ico, giungendo ad una vera e propria ‘intell igenza della fede’.

arlare di scienza e fede in Ga-lileo significa entrare in unaquestione in sé abbastanza

chiara, ma per altri aspetti comples-sa, soprattutto per come si è svilup-pata nella storia della cultura occi-dentale, dal Seicento inpoi. Affrontando questoargomento, infatti, è dif-ficile limitarsi ad una in-dagine storica sulla vi-cenda di Galileo, suffi-cientemente nota anchenegli aspetti del suo pen-siero, senza entrare nelvivo di un dibattito diestrema attualità, quellodel rapporto tra il pensie-ro scientifico ed il ‘pen-siero’ religioso e, a piùampio raggio, filosofico:è questa difatti una que-stione aperta, la cui sto-ria, ben lungi dall’essereconclusa, deve essereancora in buona partescritta.

Il problema cui Gali-leo si trovò di fronte neiprimi anni del ‘600, in corrisponden-za con il suo trasferimento da Pado-va a Firenze, fu duplice: da una parte“introdurre le scoperte che egli veni-va facendo all’interno del consesso

degli studiosi, che in quegli anni ap-profondivano la materia e ne garanti-vano il rapido e costante progres-so”,(1) ed in questo senso assai im-portante fu il riconoscimento da partedi Keplero della scoperta dei satelliti

di Giove, dall’altra osservare con at-tenzione “la scelta che nei suoi con-fronti avrebbe compiuto la chiesa diRoma, vale a dire la più potente forzaculturale e ideologica dell’Italia del

tempo”(2), troppo importante perchéegli potesse garantirsi non solo la di-vulgazione delle sue idee, ma anchela prosecuzione della ricerca. E’ in que-sto contesto che nascono le quattrolettere copernicane, scritte tra il 1613

ed il 1616 (3).In esse Galileo cerca

di rassicurare il potereecclesiastico romano aproposito del rapportotra le sue scoperte e laScrittura, proponendouna linea che porta allaconciliazione delle ‘veri-tà’ scientifiche con la‘verità’ scritturale: è unavera e propria operazio-ne di politica culturale,cui è in qualche modocostretto dalla situazio-ne in cui viene a trovar-si. La critica ha da sem-pre oscillato tra due po-sizioni per spiegare que-sto intervento galileia-no: chi sottolinea comelo abbia fatto per puro esemplice opportunismo,

chi invece sostiene che sia interve-nuto perché sinceramente e personal-mente interessato alla questione. Nonsi può escludere, probabilmente, nes-suna delle due componenti, ma il pro-

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blema, in fondo, è secondario: lascienza opera sempre in contesti sto-rici e con i loro caratteri culturali epolitici è costretta, bene o male, a con-frontarsi; può non farlo il singoloscienziato, ma il confronto in sé nonpuò essere evitato. Il fatto importan-te è, al contrario, non essendosi sot-tratto Galileo a questo confronto, os-servare la natura dei suoi ragionamentie misurarne la validità.

Il punto di partenza di Galileo,nella lettera a Benedetto Castelli, èquello della verità della Scrittura, checondivide con il suo interlocutore eche non revoca mai in dubbio.

Quanto alla prima domanda ge-nerica di madama Serenissima,parmi che prudentissimamente fusseproposto da quella e conceduto e sta-bilito dalla Paternità Vostra, non po-ter mai la Scrittura Sacra mentire oerrare, ma essere i suoi decreti d’as-soluta ed inviolabile verità. (4)

D’altronde, ineludibile presuppo-sto, nella stessa lettera, è anche il fat-

to che la natura si presenta“come osservantissima esecu-trice de gli ordini di Dio” e chenel campo dello studio di que-sta risulta più obbligante il ri-sultato dell’esperienza che iltesto della Scrittura.

(...) essendo la natura ine-sorabile e immutabile e nullacurante che le sue reconditeragioni e modi d’operaresieno o non sieno esposti allacapacità de gli uomini, per loche ella non trasgredisce maii termini delle leggi imposteli;pare che quello de gli effettinaturali che o la sensata espe-rienza ci pone innanzi a gliocchi o le necessarie dimo-strazioni ci concludono, nondebba in conto alcuno essererevocato in dubbio per luo-

ghi della Scrittura ch’avessernelle parole diverso sembian-te, poi che non ogni detto del-

la Scrittura è legato ad obblighi cosìcom’ogni effetto di natura. (5)

Due verità che si contrastano nonpossono darsi, sostiene Galileo,(“Stante questo, ed essendo di piùmanifesto che due verità non possonmai contrariarsi (...)”) (6) e dunque oc-corre indagare più a fondo. Un pen-siero ‘semplice’ e, per così dire, ‘ridu-zionista’, porta ad eliminare inevita-bilmente uno dei due termini dellaquestione: storicamente infatti ci tro-viamo di fronte o alla condanna ec-clesiastica del sistema copernicano (edi tutte quelle acquisizioni che lascienza ha portato e che parevano op-porsi al dettato della Scrittura) oppu-re al sistema della doppia verità, quel-la scientifica e quella ‘religiosa’, in-conciliabili tra loro, l’una patrimoniodella ragione, l’altra della fede. Gali-leo, al contrario, oltre a non volersiprivare dei risultati dell’indagine ra-zionale, non ha mai voluto accettareneppure il sistema della doppia veri-tà. Si affida ad un pensiero più com-

plesso. Il punto debole della posizio-ne dei suoi ‘avversari’ viene indivi-duato nella interpretazione del testoscritturale. Vengono infatti individua-ti, con estrema chiarezza, due tipi diprocedimento, due pensieri, che ri-spondono a logiche differenti, ma nonmeno valide. Uno è quello scientifi-co, che parte dall’osservazione che lanatura è “inesorabile e immutabile enulla curante che le sue recondite ra-gioni e modi d’operare sieno o nonsieno esposti alla capacità degli uo-mini”; il procedimento seguito nel-l’esame della natura è, per forza dicose, obbligante. Nella lettera a Cri-stina di Lorena Galileo descrive effi-cacemente il pensiero ed il procedi-mento scientifico:

Il comandar poi a gli stessi pro-fessori d’astronomia, che procurinoper lor medesimi di cautelarsi con-tro alle proprie osservazioni e dimo-strazioni (…) è un comandargli cosapiù che impossibile a farsi; perchénon solamente se gli comanda chenon vegghino quel che e’ veggono eche non intendino quel che gl’inten-dono, ma che, cercando, trovino ilcontrario di quel che gli vien per le

Lettera a Benedetto Castelli, 1613

Lettera a Cristina di Lorena, 1615

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mani. (…). Io vorrei pregar questiprudentissimi Padri, che volesserocon ogni diligenza considerare ladifferenza che è tra le dottrineopinabili e le dimostrative; acciò,rappresentandosi bene avanti lamente con quale forza stringhino lenecessarie illazioni, si accertasseromaggiormente come non è in pote-stà de’ professori delle scienze de-mostrative il mutar l’opinioni a vo-glia loro, applicandosi ora a questaed ora a quella (…) (7)

L’altro pensiero è quello che, conBruner, si potrebbe chiamare narrati-vo (8), e che sta alla base dei testi let-terari. E’ proprio in questa prospetti-va che Galileo affronta il testo biblico,considerandolo un testo letterario,

oltre che sacro. Non va dimenticatoche ha una sua competenza di scrit-tore e uomo di lettere. Questa fase di‘analisi’ del testo biblico viene vistasolitamente come secondaria e quasipuramente volontaristica. Al contra-rio egli dimostra adeguate competen-ze sia letterarie che teologiche, e per-corre, nel campo della esegesi scrit-turale, una via che solo due secolidopo sarà ripresa in modo significati-vo e portata avanti in un processoancora fertile di sviluppi (9).

I punti su cui si impernia la consi-derazione di Galileo sono sostanzial-mente due. Il primo consiste nel di-stinguere la lettera del testo dal sen-so voluto trasmettere. Infatti, cosìprosegue dopo aver affermato la ve-rità della Scrittura:

Solo avrei aggiunto, che se benela scrittura non può errare, potreb-be nondimeno talvolta errare alcu-no de’ suoi interpreti ed espositori,in vari modi: tra i quali uno sarebbegravissimo frequentissimo, quandovolessero fermarsi sempre nel purosignificato delle parole (…) (10)

ed aggiunge poi che:

la Scritura in molti luoghi è non so-lamente capace, ma necessariamen-te bisognosa d’esposizioni diversedall’apparente significato delle pa-role, (...) essendo, di più convenutonelle Scritture, per accomodarsi al-l’intendimento dell’universale, dirmolte cose diverse, in aspetto e quan-to al significato delle parole dal vero

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assoluto; (…). Stante questo (…) èofizio de’ saggi espositori affaticarsiper trovare i veri sensi de’ luoghi sa-cri, concordanti con quelle conclu-sioni naturali delle quali prima ilsenso manifesto o le dimostrazion ne-cessarie ci avessero resi certi e sicu-ri. (11)

Con espressioni molto chiare(“necessariamente bisognosa”, èofizio de’ sagi espositori affaticar-si…”) egli sottolinea la necessità deltesto di essere interpretato al di là dellasemplice lettera, perché, essendo loscopo comunicativo, tiene conto deidestinatari cui si rivolge ed adotta unlinguaggio ad essi consono.

Se la possibilità di diversi livelli diinterpretazione è un patrimonio giàproprio della tradizione dei secoli pre-cedenti, nelle parole di Galileo èsotteso un concetto che avrà biso-gno del passaggio di circa due secoli

(e dello storicismo romantico) per es-sere sviluppato e recepito a pieno: chela Scrittura rispecchia, nelle sue fasidiverse, diverse epoche storiche e di-versi stili letterari. Si deve quindi con-durre un’indagine letteraria oltre (edancor prima) che teologica.

Onde sì come nella Scrittura sitrovano molte proposizioni le qua-li, quanto al nudo senso delle paro-le, hanno aspetto diverso dal vero,ma son poste in cotal guisa per ac-comodarsi all’incapacità del vulgo(…) così è necessario che i saggiespositori produchino i veri sensi, en’additino le ragioni particolari perche siano sotto cotali parole statiprofferiti . (12)

Negli studi del testo biblico, siavetero che neotestamentario, ha ac-quisito, in effetti, sempre più valore,a partire dal secondo Ottocento,la cri-

tica delle forme, ossia il metodo di ana-lisi fondato sul concetto di genere let-terario. Fu l’esegeta protestante H.Gunkel (1862-1932), studioso di anti-co testamento, a formulare per primole caratteristiche del genere letterario,aprendo la sua ricerca sui libri dellaGenesi e dei Salmi. Sulla sua scia simossero R. Bultmann e M. Dibelius,che applicarono tale tecnica al Nuo-vo testamento; il metodo trovò fortiresistenze in ambito cattolico, permotivi di tipo filosofico-teologico, maprogressivamente si impose portan-do a risultati convincenti e fu accet-tato dal Magistero della chiesa, a co-minciare da Pio XII, per arrivare poi alconcilio Vaticano II, con la costitu-zione Dei Verbum. In effetti sia il Vec-chio Testamento, redatto nell’arco ditempo di circa un millennio, sia il Nuo-vo, formatosi in alcuni decenni, sonocomposti di parti assai diverse traloro, che rispondono a logiche lette

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rarie e formali ed a situazioni differen-ti e che devono necessariamente es-sere collocate nella loro epoca ed areaculturale per essere comprese a pie-no. Il concetto di “ambiente vitale”reso dall’espressione tedesca Sitz imLeben è ormai tecnica irrinunciabiledell’esegesi biblica (13).

Dunque l’insistenza di Galileo sul-la necessità di interpretare i testi scrit-turali non solo viene ripresa nel testoconciliare con un riscontro quasi pun-tuale, ma addirittura resa prescrizione‘vincolante’, in quanto il documentoè una costituzione dogmatica:

(…) La verità infatti viene di-versamente proposta ed espressanei testi in varia maniera: storici,o profetici, o con altri modi di dire

È necessario dunque che l’interpre-te ricerchi il senso che l’agiografointese di esprimere ed espresse indeterminate circostanze, secondola condizione del suo tempo e del-la sua cultura, per mezzo dei gene-ri letterari allora in uso. Per com-prendere infatti nel suo giusto va-lore ciò che l’autore sacro volle as-serire nello scrivere, si deve far de-bita attenzione sia agli abituali eoriginari modi di intendere, diesprimersi e di raccontare vigentiai tempi dell’agiografo, sia a quel-li che allora erano in uso nei rap-porti umani (14).

Insomma l’esegesi del testo bibli-co richiede una contestualizzazioneglobale (letteraria e storica) in niente

differente da quella che siusa per qualsiasi altro testodell’antichità.

Ciò richiede, evidente-mente, una revisione delconcetto di ispirazione e diautore del testo. Tale rifles-sione è stata in effetti pre-sente ed ha avuto conse-guenze rimarchevoli sia a li-vello di esegesi sia a livelloteologico. Si passa dal con-cetto, cui nel Seicento nonsi sottrae neppure lo stessoGalileo, di dettatura delloSpirito, a quello dei due au-tori, quello umano e quellodivino. Secondo il dettatoconciliare “(…) Dio nellaSacra Scrittura ha parlato permezzo di uomini e alla ma-niera umana (…)” (15). L’au-tore umano allora non appa-re più come un puro segre-tario, ma è realmente un au-tore letterario. Sintetizzo laposizione di Karl Rahner,teologo le cui posizioni sonostate largamente recepiteproprio dalla Dei Verbum:

Gli autori umani dellascrittura non sono dunque

segretari, semplici ricevitori di undettato divino; non sono nemmenosegretari, che ricevono, compren-dendolo in modo intelligente e li-beramente volendo, ciò su cui Dioli illumina e a cui li muove. Essisono realmente autori, composito-ri. Si può proprio dire: essi nonsono autori meno di quanto lo sia-no altri uomini nei riguardi deiloro scritti. Il fatto che Dio sia au-tore non lo mette in concorrenzacon la medesima qualità dell’uo-mo; questa non consiste in una di-minuzione della qualità d’autoredell’uomo, che non viene divisa, néristretta nel limite di una funzionedi segretario (16)

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Si dà pieno valore agli strumentiumani (ad esempio le forme letterarie)e solo all’interno di questi si conce-pisce una comunicazione divina, ra-dicata in un percorso storico. Ciò nonsolo permette, ma obbliga ad analiz-zare e studiare il testo biblico secon-do i canoni dell’analisi storica,filologica e letteraria. L’autore umanoha delle finalità comunicative proprieed usa i mezzi linguistici più efficaciper esprimere ciò che intende. Que-sti, evidentemente, devono esserecompresi. La pro-prietà di autoreda parte di unuomo “non vienemenomata, macompenetrata eavvolta totalmen-te dall’azioned’autore propriadi Dio. La stru-mentalità del-l’agiografo, lega-ta alla qualitàd’autore propriadi Dio esige pre-cisamente l’uomocome autore..”(17) .

Alla luce diquesto si può ve-dere il secondopunto del pensie-ro di Galileo: inche cosa consi-ste a presunta‘verità’ o inerran-za della Scrittura? Egli individua cnchiarezza, sempre dietro all’autorità diS. Agostino, l’ambito.

Delle quali cose descendendopiù al nostro particolare, ne segui-ta per necessariaconseguenza, chenon avendo voluto lo Spirito San-to insegnarci se il celo si muova ostia fermo, né s la sua figura sia informa di sfera o di isco o distesa inpiano, né se la tera sia contenutanel centro di essa o da un banda,non avrà manco avuta intenzone di

renderci certi di altre conclusiondell’istesso genere, e collegate inmanieracon le pur ora nominate(…) quali ono il determinar delmoto e della quiete di essa Terra edel Sole. E se l’istesso Spirito san-to ha pretermesso d’insegnarci si-mili preposizioni, come nulla atti-nenti alla sua intenzione, ciò è allanostra salute, come si potrà ades-so affermare, che il tener in essequesta parte,e non quella, sia tan-to necessario che l’una sia de Fide

e l’altra erronea? (…) Io qui direiquello che intesi dire da personaecclesiastica in eminentissimo gra-do (il Cardinal Baronio), ciò è l’in-tenzione dello dello Spirito Santoessere d’insegnarci come si vadiaal cielo, e non come vadia il cielo.(18)

La verità è dunque legata alla fi-nalità comunicativa che percorre untesto così composito ed eterogeneo:quella che Galileo, sulla scorta di S.Agostino, chiama la “nostra salu-

te”. Ed anche su questo punto laconcordanza con la Dei Verbum èprecisa:

Poiché dunque tutto ciò, che gliautori ispirati o agiografi asseri-scono, è da ritenersi asserito dalloSpirito Santo, è da ritenersi anche,per conseguenza, che i libri dellaScrittura insegnano con certezza,fedelmente e senza errore la veritàche Dio, a causa della nostra sal-vezza, volle fosse consegnata nelle

Sacre Lettere(19).

Nel passo,uno dei più con-troversi e discus-si dell’interoConcilio VaticanoII, pur sul filo del-l’ambiguità lin-guistica, è peròevidente chel’ambito della ve-rità è limitato alla“causa della no-stra salvezza”. Èimportante alloradistinguere unainterpretazionestorica e letterariadel testo biblico(elemento, comesi è visto, comun-que irrinunciabileper qualsiasi let-tura), da una che

ne riconosca anche una ulteriore lo-gica interna e dunque una ulteriorepossibilità di lettura, che introduce unintervento divino ‘salvifico’ e tutti irapporti che ne scaturiscono. Eviden-temente le due ‘letture’ si diversifica-no ed il limitare al secondo ambito ilconcetto di verità è un passo fonda-mentale, una operazione di ‘laicizza-zione’ del testo che, ben lungi dallosminuirne il valore, lo arricchisce. Ga-lileo non solo lo aveva compresoma, in modo filologicamente e teo-logicamente corretto, sull’orma di

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1. Cfr. A. Asor Rosa, Galilei e la nuova scienza, Bari, Laterza, 1974, pp. 13-14.2. Cfr. A. Asor Rosa, op. cit. p. 14. Keplero riconobbe la scoperta galileiana nell’opera Narratio de observatis a se quatuor Iovis satellitibus, edita a Francofortenel 1611. Galileo si trasferì da Padova a Firenze nel 1608.3. Sono la lettera al padre Benedetto Castelli, monaco cassinese, del 21 dicembre 1613, le due lettere a Mons. Pietro Dini, del febbraio e marzo 1615 e quella, sempredel 1615, alla Granduchessa Cristina di Lorena.4. “Lettera a don Benedetto Castelli”, in Galileo Galilei, Opere, Torino, Utet, 1980 (2° ed.), a cura di Franz Brunetti, vol. I, p. 526. Il Castelli, frate benedettino, fufedele discepolo, corrispondente e collaboratore di Galileo, oltre che lettore di matematica a Pisa e Roma; ebbe come discepolo, tra gli altri, E. Torricelli.5. “Lettera al Castelli”, in G. Galilei, Opere cit., p. 527.6. “Lettera al Castelli”, in G. Galilei, Opere cit., p. 528.7. “Lettera a Madama Cristina di Lorena, Granduchessa di Toscana”, in G. Galilei, Opere cit., p. 570. Cristina di Lorena, moglie del granduca Ferdinando I di Toscana,aveva conosciuto Galileo quando era a Padova e gli aveva chiesto di impartire lezioni di matematica al figlio Cosimo.8. Cfr. J. Bruner.9. Le premesse di una interpretazione non puramente letterale e ‘critica’ della Scrittura erano presenti in larga parte fin dai primi secoli dell’era cristiana, tra gli altriin Origene e in Sant’Agostino; a quest’ultimo infatti si rifà Galileo10. “Lettera al Castelli”, in G.Galilei, Opere cit., p. 526.11. “Lettera al Castelli”, in G.Galilei, Opere cit., pp. 527-528. L’ultimo passaggio torna quasi identico nella Lettera a Cristina di Lorena, nella quale egli dimostra,citandolo, di aver ripreso il concetto da S. Agostino (Epistola septima ad Marcellinum). Cfr. “Lettera a Madama Cristina di Lorena”, in G.Galilei, Opere cit., p. 564.12. “Lettera al Castelli”, in G.Galilei, Opere cit., p. 526-527.13. Cfr. a questo proposito, tra le molte introduzioni alla Scrittura di ambito cattolico, Valerio Mannucci, Bibbia come parola di Dio, Queriniana, Brescia, 1981,pp. 87 e ss.14. Cfr. Costituzione dogmatica su “La divina rivelazione”, Dei verbum, del 18 novembre 1965, III, 12, b. Il testo conciliare rimanda a S. Agostino, De DoctrinaChristiana, III, 18, 26. Pio XII introdusse il concetto nella enciclica Divino afflante Spiritu del 1943.15. Cfr. Dei verbum, cit., III, 12, a.16. Cfr. Karl Rahner, Sull’ispirazione della Sacra Scrittura, Morcelliana, Brescia, 1967, pp.17-18. Il lavoro è apparso per la prima volta nel 1956.17. Cfr. K. Rahner, op. cit. p.18.18. Cfr. “Lettera a Madama Cristina di Lorena”, in G.Galilei, Opere cit., p. 562-563. Il rimando è a S. Agostino, In Genesis ad literam, II, IX-X.19. Dei Verbum cap. III, 11, b. Interessante riportare il testo originale latino di un passo così discusso: “Cum ergo omne, quod autore inspirati seu agiografi asserunt,retineri debeat assertum a Spiritu Sancto, inde Scripturae libri veritatem, quam Deus nostae salutis causa, Litteris Sacris consignari voluit, firmiter, fideliter et sineerrore docere profitendi sunt”.20. Dei Verbum cit. cap. II, 8, b21. Cfr. la distinzione tra historish e geschichtlich, introdotta da Heidegger, ripresa da Bultmann ed entrata nel vocabolario corrente della teologia. Il fatto realmenteaccaduto ed il fatto nella sua significatività. Ci può senza dubbio essere una connessione con il concetto di figura e di interpretazione figurale introdotto da E.Auerbach nell’ambito dei testi letterari.

S. Agostino ed in tempi difficili, lo hafatto.

Gli sviluppi che ne sono seguitinella riflessione teologica del Nove-cento sono carichi di implicazioni. In-fatti anche in questo ambito si ripro-pone la questione della ispirazione,che non vale solo per la fase di scrit-tura, ma anche per quella dell’inter-pretazione. Chi vi si muove non puòfare a meno di misurarsi con un con-cetto di verità inserita nella storia, chesi svela progressivamente proprio sulpiano storico. Se è ‘contenuta’ neltesto, non è stata ancora tutta com-presa, non lo sarà fin che la storiaumana si evolverà. Fissare la verità inuno schema storico è ‘contrario’ al-l’ispirazione:

“cresce infatti la comprensione,tanto delle cose quanto delle paroletramesse, sia con la riflessione e lostudio dei credenti (…) sia conl’esperienza data da una più profon-da intelligenza delle cose spiritua-li(…)” (20).

L’interazione fatti-parola, la lettu-ra figurale dei fatti, già avvenuti macarichi di segni per l’adesso e per unfuturo, dentro la storia, ma non solodentro la storia (21). Questa ottica, que-sta ‘intelligenza’ della realtà è il cam-po della ‘fede’ (e dunque della veritàscritturale); non solo non implica ildeporre la ragione, anzi ne presuppo-ne l’uso fino ai termini estremi per af-fidarsi poi ad una ulteriorità nondimostrabile razionalmente, ma su cuisi pensa sia stata detta una Parola,quella stessa che si è intravista nellastoria cosiddetta, proprio per questo,‘sacra’. È la linea che segue Galileo:‘intelligenza’ nel vedere la strutturadell’universo e “intelligenza delle cosespirituali”: un cannocchiale reale eduno metaforico, ma non meno effica-ce, entrambi fatti di una medesimamateria: la più profonda razionalitàumana. Per allargare, in ogni senso,gli orizzonti della ricerca. Forte del-la sua esperienza di scienziato e diquella di uomo di lettere, infatti, eglidistingue con sufficiente chiarezzal’ambito della osservazione e della

sensata esperienza, che richiede inprimis oggettività e rigore, da quel-lo della narrazione, che non può pre-scindere dalla soggettività e dall’im-maginazione (non a caso LudovicoAriosto è uno dei suoi autori preferi-ti), avendo però ben chiaro il concet-to che entrambi sono, a loro modo,fertili campi di ricerca e portatori diverità non meno importanti. È la tesi,appunto, dei due pensieri elaborata dauno dei maggiori studiosi di psicolo-gia del nostro tempo Bruner. Egli siiscrive così nella lunga serie di scien-ziati ‘umanisti’ accanto a Leonardo daVinci e ad Albert Einsten, cui rispon-de una altrettanto nutrita serie di poe-ti e scrittori ‘scienziati’, da Lucrezio aItalo Calvino. Insieme a loro ci ricordacome l’immagine di Ulisse e quella diOmero, l’ansia di una continua ricercae il desiderio di raccontare (e raccon-tarsi) i possibili motivi dell’esistenza,siano presenti, anche se in misura di-versa, dentro ad ognuno e che privar-si di una delle due dimensioni è solotagliare una parte di noi. Anche que-sta è la lezione di Galileo.

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a rivoluzionedi GalileoGalilei non fu,come si pen-

sa, soltanto in ambito scientifico, matrasformò anche il modo di concepireil disegno e di guardare ciò che ci cir-conda. Le sue osservazioni al telesco-pio gli permisero di vedere astri, comela Luna, nella loro reale conformazio-ne durante lo scorrere del tempo; per-tanto mise sulla carta i risultati di que-ste scoperte.Galileo fu un abile disegnatore, egrazie all’amicizia col pittore sammi-niatese Ludovico Cardi, detto il Ci-goli, si esercitò in questo ambito la-sciandoci degli interessanti schizzie acquarelli già fin dall’autunno del1609, con la Luna raffigurata nellesue diverse fasi, poi pubblicati nel1610 nel suo trattato di astronomiaintitolato Sidereus Nuncius (figg. 1-2).La Luna, fino ad allora ritenuta com-pletamente liscia e composta di ma-teriale celeste incorruttibile, assun-

se così una superficie rugosa, dis-seminata di montagne e crateri, men-tre il sole venne raffigurato con le

sue celebri macchie.Le conseguenze di tali scoperte con-dizionarono anche le arti figurative.

Gal ileo ele arti

d i Fabio Sottili

1. Galileo Galilei, Disegni delle fasi della Luna nell’autunno 1609.Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Ms. Gal. 48, c. 28r.

2. Galileo Galilei, Disegni della Luna, in Sidereus Nuncius pubblicato a Venezianel 1610.

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Vi si raffigura l’albeggiare

pall ido su una superficie lunareirregolare, butterata d i crateri

La stima che egli dimostrò per i pittoritoscani più celebri dei suoi anni, ed irapporti che mantenne con questi,ebbero delle ricadute nel loro mododi dipingere e di guardare al cielo ealla luce: la sua appartenenza all’Ac-cademia del Disegno fiorentina sicu-ramente favorì tali influenze.Domenico Cresti, conosciuto come ilPassignano, e il Cigoli, due fra i piùrichiesti frescanti d’inizio Seicento,tanto da lavorare per la curia papale,intrattennero un carteggio con loscienziato pisano, e, sotto le sue in-dicazioni, effettuarono delle osserva-zioni astronomiche a Roma con il can-nocchiale, ponendo le basi per gli in-teressi scientifici dei due artisti. Ne-gli affreschi che i due andavano rea-lizzando in quegli anni nella Città Eter-na le ricadute sono ampiamente visi-bili: la prima nell’affresco della voltadella sagrestia di Santa Maria Mag-giore illustrante l’Incoronazione del-la Vergine, dipinto fra il 1608 ed il1610, ed la seconda nell’Assunzionedella Vergine affrescata nella cupoladella cappella di papa Paolo Borghe-se (Cappella Paolina), eseguita fra il1610 ed il 1612 sempre in Santa MariaMaggiore a Roma. L’opera cigolesca,ottenuta con un elaborato grafismo,vede una rappresentazione analiticadella Luna sulla quale poggia la Ma-donna, come mai finora la storia del-l’arte ci ha mostrato (fig. 3). Secondola dottrina cristiana del mysteriumLunae, il pianeta veniva identificatocon la Vergine e la Chiesa, pertantol’iconografia dell’ascesa di Maria ver-so la luce la vede in piedi sulla falcelunare ad indicare il matrimonio misti-co fra Cristo (il Sole) e la Madonna (laLuna): questa viene raffigurata conuna corona di stelle per alludere alla“donna vestita di Sole” cantatanell’Apocalisse di San Giovanni, men-tre schiaccia il demonio con i piediper manifestare la sua funzioneredentrice.Il tema della Vergine in cie-lo si prestava pertanto all’illustrazio-ne dei corpi astrali, che fino alla finedel Cinquecento venivano raffigurati

3. Ludovico Cardi detto il Cigoli, Assunzione della Vergine (particolare).Roma, Santa Maria Maggiore, Cappella Paolina, 1610-1612.

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come sfere perfette dalla superficieincorrotta e uniforme, illuminate dauna luce che creava confini netti conle zone in ombra. Anche nei decennisuccessivi alla pubblicazione del li-bro ‘eretico’ di Galileo, e dopo la suaabiura, da parte di artisti fiorentini ap-partenenti ad un clima di forte credocattolico assistiamo ad una ripropo-sizione di forme celesti di derivazionegalileiana, caratteristica che deve es-sere ritenuta ardita in tale contesto ein tali anni.Un artista mediceo, Bacciodel Bianco, sappiamo infatti che ver-so il 1642 su volontà del granducaFerdinando II realizzò un “ritratto”della Luna così come appariva vistaattraverso un cannocchiale.Galileo rimase però affascinato soprat-tutto dall’arte di un altro dei grandimaestri fiorentini del Seicento: Fran-cesco Furini. Firenze nel secondoquarto di quel secolo rimase sedottadalla sua pittura sensuale e psicolo-gica, che verrà molto elogiata dallastoriografia successiva. Di lui i docu-menti attestano che il pisano rimaserapito dalla bellezza di una sua tela,Pittura e Poesia, tanto da richieder-ne una replica. Fu in occasione diquesta commissione che i loro rap-porti si intensificarono, e lo scienzia-to decise che il Furini realizzasse perlui altre opere, e che lo avrebbe tenu-to a stipendio poiché trovò la sua fa-miglia in stato di bisogno. Forse allasua mano si deve la lunetta ad affre-sco nel Casino Mediceo con l’imma-gine allegorica dell’Astronomia chemostra a Cosimo II i satelliti medicei(1623), all’interno della sala dedicataa Cosimo II come protettore delle artie delle scienze.Quel che è certo è che il pittore fio-rentino, pur essendo fortemente de-voto al cattolicesimo, nella prima metàdegli anni quaranta del ‘600 (a un de-cennio dall’abiura di Galileo) si ricor-dò delle osservazioni galileiane quan-do dipinse l’Assunzione della Vergi-ne nella pala d’altare per la chiesa diSanta Maria a Santomato, localitàposta nei pressi di Pistoia (figg. 4-5).

5. Francesco Furini, Assunzione della Vergine (particolare).Santomato (PT), Santa Maria.

4. Francesco Furini,Assunzione dellaVergine. Santomato(PT), Santa Maria.

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Qui, come nell’Assunzione romana delCigoli, vi si raffigura l’albeggiare pal-lido su una superficie lunare irregola-re, butterata di crateri; ma fra la fasciain ombra e quella in luce viene postauna parte intermedia di penombra adindicare l’avanzare dell’alba su unaLuna priva di aree dai confini compat-ti. Più interessanteancora è la sequenzaTerra-Sole-Luna,dove, alla grande di-mensione di una Ter-ra che si svegliadopo la notte, corri-sponde un piccoloSole quasi oscuro neldisco centrale, e, pro-prio come accade du-rante un’eclisse, sivedono la coronacon un alone di luceche la circonda, e isuoi raggi che si pro-iettando a lunghezzesiderali. Il tutto è ot-tenuto con colorifreddi che giocanosui toni del blu, sen-za il pedante e labo-rioso lavoro al detta-glio operato dal Cigo-li nella sua Assunzio-ne di Santa MariaMaggiore.L’influsso del Side-reus Nuncius a livel-lo artistico si puòinoltre scorgere nel-la celebre Fuga inEgitto di Adam El-sheimer del 1609(ora a Monaco pres-so l’Alte Pinako-thek), dove unaLuna, già di saporepreromantico, si ris-pecchia su un corso d’acqua, rad-doppiandone il bagliore e giocandocon la suggestione delle fonti lumi-nose che si stagliano su uno sfon-do tenebroso (fig. 6). Anche se laLuna qui è raffigurata piena, l’am-

pio scorcio di cielo presente nel-l’opera è attraversato dalla Via Lat-tea, e alcune stelle sono addiritturadipinte sopra le nuvole. Probabil-mente si tratta di una rappresenta-zione inventata dall’artista, e in cuile stelle dovrebbero essere state in-serite in un secondo momento, sen-

za troppa correlazione con la real-tà, ma il loro modo di essere rap-presentate è estremamente nuovo.Anche l’illustre pittore fiammingoPieter Paul Rubens può essere mes-so in relazione con le scoperte

Una Luna, già d i sapore preromantico,si rispecchia su un corso d’acqua,

raddoppiandone il bagl iore e giocandocon la suggest ione delle font i

luminose che si stagl iano su unosfondo tenebroso

galileiane, quando dipinse attornoal 1623 una Madonna dell’Apoca-lisse per la cattedrale di Frisinga inBaviera, nella quale la Luna, pur es-sendo ritratta in modo sintetico, ve-niva mostrata con una superficienon uniforme e macchiata per allu-dere ai crateri.

6. Adam Elsheimer, Fuga in Egitto. Monaco, Alte Pinakothek, 1609.

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Caravaggio, Ecce Homo. Genova, Galleria di Palazzo Bianco, 1605 ca.La figura sulla destra della scena dovrebbe effigiare Galileo nelle vesti di Ponzio Pilato, ma parte degli storicidell’arte non concordano su tale indicazione.

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Il metodo galileiano

1. IntroduzioneLa scienza è sempre stata un ar-

gomento controverso per i pensatoridell’antichità. Il quesito che stava allabase di questa controversia era il se-guente: qual è il ragionamento che ciconsente di conoscere la natura?

Infatti alcuni pensatori sostene-

vano che si potesse analizzare il mon-do solamente attraverso l’osservazio-ne dei fenomeni (ovvero attraversoun ragionamento induttivo), mentrealtri sostenevano che si potesse com-prendere la natura solamente attraver-so un ragionamento deduttivo, ba-sato sulla matematica e sull’astrazio-ne. 1

L’induzione è una forma di ra-gionamento in cui si passa dal par-ticolare al generale. Si basa sulle os-

servazioni dei fatti particolari (adesempio il fatto che alcuni corvisono neri) per giungere ad afferma-zioni di carattere universale (adesempio che tutti i corvi sono neri).La deduzione invece, di cui la geo-metria euclidea è l’esempio più si-gnificativo, procede nella direzioneopposta: parte da affermazioni uni-versali (tutti i corvi sono neri) oassiomi (per la geometria euclidea)per giungere a proposizioni partico-lari (se x è un corvo, allora è nero).

Nel corso della storia la scienzaha oscillato tra le due correnti senzatrovare una collocazione precisa. So-lamente nel periodo che va dal XVIal XVII secolo fu trovata una teoriache conciliò le due correnti. Gli au-tori di questa rivoluzione scientificafurono dei grandissimi scienziati chevissero nell’Europa continentale:René Descartes (noto in Italia colnome di Cartesio), Gottfried WilhelmLeibniz e, soprattutto, Galileo Galilei,considerato il padre della fisica mo-derna.

1.1 Religione e scienzaGalileo rivoluziona il modo di

pensare e di approcciarsi al mondo.Una tappa fondamentale è stata la

separazione tra religione e scienza.La Chiesa aveva stabilito che ogniforma di sapere doveva essere inarmonia con la Bibbia, e Galileo af-fermò che questo era un ostacoloper lo sviluppo del sapere. Essen-do uomo di fede, sostenne che siala natura che la Bibbia, la quale con-teneva concezioni che sembravanoandare contro la moderna scienza,derivano da Dio e come tali nonpossono contraddirsi: le contrad-dizioni tra le verità scientifiche equelle religiose sono quindi soloapparenti. La Bibbia va interpreta-ta in quanto essa contiene una ve-rità etico-religiosa, ma per quantoriguarda le verità naturali è la scien-za che deve raggiungerle.2

1.2 Critica al principio di autoritàGalileo stabilì che la scienza non

doveva essere solo indipendentedalla Chiesa ma anche dall’autoritàdella cultura passata. In una dellesue opere principali, il Dialogo so-pra i due massimi sistemi del mon-do: tolemaico e copernicano, pub-blicato nel 1632, egli esprime chia-ramente la sua antipatia verso ilpartito degli aristotelici attribuen-do il nome di Simplicio (inteso come

Galileo con... metodo

a cura degli studenti della 4a Adel liceo scientif ico Gobetti

qual è ilragionamento

che ci consente diconoscere la

natura?

Telescopio utilizzato da Galileo

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sempliciotto, credulone) al perso-naggio che incarna il ruolo del so-stenitore delle teorie aristoteliche.Oltre a Simplicio i protagonisti deldialogo, sono Sagredo, scienziatointellettualmente onesto e aperto, eSalviati, che rappresenta Galileostesso. Un passo del dialogo è par-ticolarmente significativo a propo-sito. Qui Salviati racconta di un in-contro a Venezia, dove vari perso-naggi avevano assistito ad una le-zione di anatomia. Era presente an-che un aristotelico, il quale soste-neva che i nervi partissero dal cuo-re. L’anatomista aveva fatto notarea tutti, dopo aver dissezionato il cor-po, che i nervi partono dal cervello,ma l’aristotelico, nonostante la“sensata” esperienza, ovvero il fat-to di aver assistito alla dissezionecon i propri occhi, aveva continua-to a sostenere le tesi del maestro:

“il quale contro a così sensata espe-rienza non produsse altre esperien-ze o ragioni d’Aristotele, ma la solaautorità, ed il puro ipse dixit.”3 Ladiscussione continua fino a chel’aristotelico, disorientato, chiedechi debba essere preso come esem-

pio e guida se non Aristotele.Salviati risponde che non c’è biso-gno di una guida in “luoghi aperti epiani” e per orientarsi bastano “oc-chi nella fronte e nella mente” cioèbastano i sensi e l’ intelletto e con-tinua dicendo che le dimostrazionisi basano sul mondo sensibile e ra-gionamenti coerenti. Salviati/Galileocritica Simplicio perché egli prendesemplicemente alla lettera e dà perscontato ciò che Aristotele afferma-va secoli prima, dimostrando unagrande superficialità, senza pensa-re, interrogarsi, testare e mettere allaprova ciò che Aristotele diceva.

Galileo sostiene la tesi che il sa-pere deve trovare riscontro nel-l’esperienza sensibile, non può ba-sarsi solo su “un mondo di carta”,sulle opinioni dei filosofi, peraltroscritte secoli prima.

2. Il metodo galileianoIl metodo di Galileo rifiuta dun-

que il dogma, mentre privilegia l’os-servazione, la misurazione, la speri-mentazione. Mediante l’osservazio-ne ripetuta si possono avere ele-menti che portano a formulare rego-le universali. Per fare ciò occorre os-servare e misurare. A giudizio diGalileo infatti entrambi i fattori, quel-lo deduttivo-dimostrativo e quelloinduttivo-sperimentale, sono es-senziali al metodo scientifico. Egliafferma che la scienza è il prodottodella sintesi tra “le certe dimostra-zioni” e “le sensate esperienze”. Ciòsignifica che la natura si può cono-scere solo grazie ad una corretta in-terazione fra dimostrazioni matema-tiche e esperienze pratiche, questeultime rese il più simili possibile alleastrazioni matematiche.

Le fasi principali del metodoscientifico sono dunque:

- l’osservazione o induzione;- l’ipotesi;- la deduzione;- l’esperimento.

non c’è bisogno di unaguida in “luoghi aperti epiani” e per orientarsibastano “occhi nella

fronte e nella mente”cioè bastano i sensi e

l’ intelletto

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2.1 InduzioneL’induzione, secondo Galileo, non

deve essere “cieca”, bensì guidata dal-la ragione e dalla misurazione matema-tica per giungere, alla formulazione del-le ipotesi o teorie. Galileo si fa portatoredi un nuovo sguardo sulla natura, chenon disdegna l’osservazione e valuta-zione diretta dei fenomeni, e trae dal-l’antica conoscenza pratica dei tecnicio “meccanici”, spunti per le proprie te-orie. Così accade con lo studio dellacaduta dei gravi, partita dall’osserva-zione di operai al lavoro nei cantieri,come per la scoperta della forza d’iner-zia, intuita osservando le oscillazioni delpendolo.

2.1.1 Tecnica e tecnologiaSecondo la nuova scienza, di cui

Galileo è il rappresentante, le risorsedei meccanici andrebbero dunquemesse in collaborazione al sapere deidotti. “Quanto numerose sono le coseche possiede la massa dei meccanicie degli empirici ignorate dai dotti eche sarebbero tenute per miracoli sedi tanto in tanto venissero messe periscritto! Per cui accade che mentre i

meccanici ignorano l’uso delle pro-prie osservazioni, i dotti al contrarioignorano che i loro desiderata potreb-bero venire attuati ricorrendo alle ri-sorse dei meccanici”.4 AlexandreKojrè5, studioso di storia della scien-za, osserva che i Greci vivevano nelcosiddetto “mondo del pressappoco”,caratterizzato dall’assenza di misureprecise, anche perché il mondo terre-stre era considerato imperfetto e quin-di non misurabile, mentre solo quelloceleste era considerato descrivibile intermini matematici. Questo atteggia-mento si mantenne immutato per tut-to il Medioevo, quando gli uomini uti-lizzavano strumenti di cui si traman-davano la conoscenza empirica, igno-rando però le leggi del loro funziona-mento. Solo dopo la rivoluzionegalileiana si inizieranno a fare misura-zioni precise e si arriverà alla costru-zione di veri e propri strumenti, e solocon la loro costruzione si arriverà allatecnica, ovvero all’applicazione dellateoria alla pratica. Galilei fu il primo,insieme anche a suoi contemporanei,ad avere nuove “idee”, proprio per-ché prima di lui esistevano le abilità

tecniche ma non le idee di come po-terle sfruttare al meglio. Un esempiopuò essere l’artigiano delle lenti: eglile fabbricava e basta, senza conosce-re tuttavia le leggi dell’ottica. Soloquando Galileo studiò tali leggi fu ingrado di trasformare quello che erapoco più di un giocattolo in un tele-scopio. A questo proposito Koyrésostiene che il rapporto tra scienza etecnica sfocia in tecnologia quandoteoria e pratica s’incontrano.

2.2 DeduzioneSalviati nei Discorsi e dimostra-

zioni matematiche intorno a due nuo-ve scienze 6 afferma che non tutto sipuò basare sulle osservazioni, ma chebisogna anche fare uso dei concettimatematici ovvero delle certe dimo-strazioni.

non tutto si può basaresulle osservazioni, ma

bisogna anche fare usodei concetti matematici

ovvero delle certedimostrazioni.

“il mondo è scritto inlingua matematica e icaratteri sono trian-goli, cerchi ed altre

figure geometriche,senza i quali mezzi è

impossibile intendereumanamente parola:

senza questo è unaggirarsi vanamente

per oscuro labirinto “

Pendolo utilizzato da Galileo

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2.2.1 La matematicaAlla base del pensiero galileiano tro-

viamo la convinzione che la matemati-ca sia il linguaggio della natura: “il mon-do è scritto in lingua matematica e i ca-ratteri sono triangoli, cerchi ed altre fi-gure geometriche, senza i quali mezzi èimpossibile intendere umanamente pa-rola: senza questo è un aggirarsi vana-mente per oscuro labirinto.” 7

Per capire questo pensiero dobbia-mo prima ricordare quali erano le duecorrenti filosofiche più importanti del-l’epoca:

- gli aristotelici, per i quali, come si èdetto, la matematica non poteva averealcun ruolo nella scienza della natura,nella fisica terrestre, ma poteva essereapplicata solo ai fenomeni celesti.

- i platonici, per cui simpatizzavaGalileo, che pensavano che il mondofosse stato creato da una intelligenzamatematica.

Agli aristotelici che chiedevano:Perché mai la matematica dovrebbepotersi applicare alla natura? Secon-do quale principio? Galileo risponde-va che il mondo stesso ha una struttu-ra matematica. Galileo, applicando lamatematica allo studio dei movimentidei corpi terrestri, pone i fondamentidella fisica moderna.

2.2.2 Proprietà primarie e se-condarie

Come spiegare allorale qualità non

misurabili deicorpi? Il

colo-

re, l’odore, il sapore e simili proprietà?Galileo risponde sostenendo che tutti icorpi sono composti da proprietà quan-titative cioè misurabili e proprietà nonmisurabili, qualitative.

Egli distingue pertanto tra:- Proprietà primarie: le quali pos-

sono essere scritte attraverso il linguag-gio matematico e quindi sonocalcolabili e oggettive;

-Proprietà secondarie: le quali nonsono propriamente oggettive, bensìsono proiezioni create dalla mente esono di carattere qualitativo e sogget-tivo.

Le qualità soggettive, dunque nonappartengono alla natura di per sé, maderivano dall’interazione tra le proprie-tà oggettive e i nostri sensi.

2.3 Astrazione ed esperimento

Prima di Galileo esistevano treconvinzioni fondamentali:8

1- I corpi cadono perché hannoun peso e vogliono tornare al propriopunto di origine che sarebbe il centrodella terra. Inoltre la loro velocità èdirettamente proporzionale al peso.

2- Il mezzo nel quale si muove uncorpo è molto importante per deter-minare il suo moto: per mezzo si in-tendono l’aria, l’acqua, ecc. La velo-cità di caduta del corpo è inversamen-te proporzionale alla densità del mez-zo.

3- Il moto di un corpo è prodotto dauna forza che agisce su di esso e chefunziona da motore. Quindi lo statonaturale dei corpi è quello di quiete ed ilmoto cessa non appena termina l’ap-plicazione della forza.

Queste affermazioni, contraddet-te dalla moderna fisica, nasce-

vano da osservazioniempiriche occasionali

che si riferivano asituazioni reali e

concrete.La fisi-

ca moderna richiede invece la capacitàdi astrazione, cioè di abbandonarel’esperienza quotidiana ed andare al dilà di essa, pensando e ragionando den-tro ad un mondo privo di vincoli ed osta-coli. Solo in questo modo, cioè con l’usodi analisi e astrazione, è possibile arri-vare alla conoscenza e quindi giungerea delle generalizzazioni, ovvero alle leg-gi fisiche.

Per questo motivo, dopo aver ap-plicato la matematica nello studio deifenomeni in base all’ipotesi fatta (adesempio che il moto dei corpi sia uni-formemente accelerato), Galileo capisceche è necessario alterare la realtà e ri-creare delle condizioni tali che le varia-bili che si presentano normalmente in-sieme al fenomeno studiato vi influisca-no il meno possibile: così è per l’attritonel celebre esperimento della cadutadei gravi lungo un piano inclinato. Ri-ducendo al minimo questi ostacoli, etenendoli sotto controllo, è possibileverificare la correttezza dell’ipotesi at-traverso un esperimento, che può av-valorare una teoria e consentire la for-mulazione di una legge fisica.

Piano inclinato utilizzato daGalileo per i suoi esperimenti

1 De Caro M., “Come funziona lascienza?” in: Cambiano G., Mori M.,Le stelle di Talete. Le domande dellafilosofia dell’età moderna, Laterza,Bari 2009, pp. 29-42.

2 Cfr. G. Galilei, Lettera a BenedettoCastelli, 1613 e Lettera a Cristina diLorena,1615.

3 Galilei Galileo, Dialogo sopra i duemassimi sistemi del mondo, tolemaicoe copernicano, 1632

4 G. W. Leibniz, “Necessità dellacollaborazione tra i dotti e imeccanici” in P. Rossi (cur), Larivoluzione scientifica: da Copernicoa Newton, Loescher, Torino 1975, p.60.

5 A. Koyrè , Dal Mondo delpressappoco all’universo dellaprecisione, Einaudi, 1962-91.

6 G. Galilei, Discorsi e dimostrazionimatematiche intorno a due nuovescienze, 1638.

7 G. Galilei, Il Saggiatore, 1623.8 G. Galilei, “La caduta dei gravi e il

moto uniformemente accelerato” in P.Rossi (cur), La rivoluzionescientifica: da Copernico a Newton,Loescher, Torino 1975, pp. 295-304.

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Note all’articolo sul metodo galileia-no

L’articolo sul metodo galileiano, ela-borato dagli studenti della classe 4A,rappresenta la fine di un percorso ini-ziato nell’anno scolastico 2012-13nell’ambito nel progetto europeoComenius TOCER. Il percorso ha vi-sto la collaborazione dei docenti dimatematica e fisica (prof.ssa Torrini)e di filosofia e storia (prof.ssa Ales-sio) ed è partito dalla lettura di testi diGalileo, Leibniz e Cartesio, alcuni deiquali contenuti nell’antologia a curadi Paolo Rossi La rivoluzione scien-tifica: da Copernico a Newton,Loescher, Torino 1975. I testi utilizza-ti inizialmente, oltre ad altri che sisono aggiunti in seguito, sono staticitati in calce all’articolo. Gli studen-ti, a partire dalle letture fatte, hannoanche prodotto dei Power Point uti-lizzati per presentare delle mini-con-ferenze sullo stesso tema in occasio-ne dell’accoglienza degli studenti del

progetto Tocer (Aprile 2013), a segui-to delle quali è stato realizzato unesperimento di fisica in laboratorio.Una prima versione dell’articolo, tra-dotto in inglese dagli stessi studenti,è stata pubblicata sul sito delComenius: www.tocer.eu. Qui di se-guito due relazioni presentate daglistudenti italiani al termine dell’espe-rienza di laboratorio.

Lucia Alessio

In data 19/04/13 la classe ha effet-tuato assieme ai corrispondenti sve-desi un esperimento nei locali sco-lastici per rimarcare l’importanzadel metodo galileiano nella forma-zione della fisica moderna e il ruoloche esso ancora riveste negli esperi-menti di fisica dei giorni nostri.Ci siamo quindi basati sulla sud-divisione che Galileo aveva datoal metodo sperimentale nel 1600(ovvero la divisione in due fasi: lafase delle “sensate esperienze” equella delle “certe dimostrazio-ni”) e che prevedeva l’unione delragionamento induttivo con quel-lo deduttivo per cercare di trovareuna legge che fosse valida per ilfenomeno osservato.Pertanto ci siamo recati in AulaPerini dove ha avuto luogo la pri-ma fase dell’esperimento, ovverodove abbiamo osservato che il ca-lore è in relazione con la tempera-tura e il volume. Abbiamo potutoenunciare ciò dopo aver visto che

Il telescopio è stato utilizzato da Galileo anche per osservare le macchie solari

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una bottiglia contenente acquacalda posta nell’acqua fredda, vie-ne compressa e riduce il suo volu-me.Dopodiché ci siamo recati in labo-ratorio di fisica e, tramite un com-plesso esperimento basato su untubo contenente del mercurio po-sto attorno ad una “torre” gradua-ta, abbiamo stabilito in modo

empirico la seguente relazione:P·V= costanteAbbiamo così dimostrato che il me-todo di Galileo è valido tutt’oranella fisica che noi usiamo corren-temente ed è alla base di tutte lenostre valutazioni empiriche.

Federico Gigliotti3a A a.s. 2012/2013

Percorso testuale tratto dal volumecitato a cura di Paolo Rossi, La rivo-luzione scientifica: da Copernico aNewton, Loescher, Torino 1975:

W. G. Leibniz: Necessità della colla-borazione tra i dotti e i meccanici,pp. 60-62.

G. Galilei: La difesa del moto dellaTerra, il principio della relativitàdei movimenti, pp. 171-177.

P. Rossi Le leggi del moto e il siste-ma di Newton, pp. 279-285.

G. Galilei: La caduta dei gravi e il motouniformemente accelerato, pp. 295-304.

R. Descartes: L’applicazione dell’al-gebra alla geometria, pp. 304-307.

Con una tavoletta centimetrata, untubicino fissato ad essa e del mer-curio, servendoci delle leggi deivasi comunicanti e di Stevino, au-mentiamo la Pressione e osservia-mo che il Volume diminuisce. Effet-tuiamo varie misurazioni e traccia-mo il grafico Volume – Pressionedei dati raccolti. Da esso risultauna relazione di proporzionalitàinversa tra i due, in quanto vienefuori un ramo di iperbole. Eccodunque confermata la nostra ipo-tesi: a Temperatura costante, laPressione è inversamente propor-zionale al Volume. Enunciamo dun-que la legge: a T costante, P x V =costante, dove T = Temperatura, P= Pressione, V = Volume.

Filippo Biagini3a A a.s. 2012/2013

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incenzo Galilei,padre di Galileo, dicerto meno famo-so del figlio, ha ri-vestito un ruolonon secondario

nella storia della musica; nato intor-no al 1520 a S. Maria a Monte e mortoa Firenze il 2 lu-glio del 1591, fuabile suonatore diliuto e viola, com-positore e teorico;la sua fama glipermise di ottene-re la protezione diGiovanni MariaBardi e di entrarea far parte dellaCamerata dei Bar-di, di cui riparlerò.Nella sua vita,Vincenzo Galileisi mosse tra variecittà in Italia e al-l’estero ed ebbe modo di conoscerepersone che lo influenzarono, positi-vamente o meno: tra le altre, GirolamoMei, cultore della Grecia classica, concui intrattenne un’importante corri-spondenza e Gioseffo Zarlino, com-positore e teorico musicale venezia-no, con cui entrerà in polemica.Nel 1562 si sposò con Giulia Venturi

degli Ammannati, da cui ebbe sei osette figli, primo dei quali Galileo1.Vincenzo Galilei ha non solo il meritodi aver realizzato nell’ambito dellamusica una rivoluzione paragonabilea quella scientifica, ma soprattuttoquello di aver influenzato direttamen-te l’educazione del figlio Galileo.2

L’influenza si può notare, ad esem-pio, nel campo della sfida all’autoritàe della polemica, in cui Vincenzo Galileisi cimentò proponendo un nuovo mo-dello di musica, senza preoccuparsidei personaggi importanti, viventi omeno, che avevano idee opposte allesue, attraverso varie pubblicazioni: ilDialogo della musica antica et del-

la moderna del 1581, la risposta adun urtato Zarlino circa il problemadell’intonazione,3 di cui parlerò in se-guito, il Discorso intorno all’operedi Messer Gioseffo Zarlino da Chiog-gia del 1589, il Discorso intorno al-l’uso delle dissonanze, scritto tra il1588 e il 1591.

Occorre sottoline-are inoltre che lamusica era ritenu-ta a quel tempo unabranca della mate-matica, quindi la di-sputa tra Galilei eZarlino riguarda ineffetti anche il rap-porto tra matemati-ca e mondo fisico.4

L’esempio del pa-dre funzionò daimprinting episte-mologico per il fi-glio, che ne accol-se non solo l’ap-

proccio polemico e contrario all’au-torità, ma anche l’idea che arte e scien-za procedano di pari passo, secondoun modello di trasmissione culturalebidirezionale.5Prima di inoltrarci, per quanto possi-bile, negli aspetti un po’ più tecnici,cerchiamo di chiarire sinteticamenteil significato di alcuni termini fonda-

Vincenzo Galilei e laCamerata dei Bard i

Colui che genera un figlio non è ancora un padre,un padre è colui che genera un figlio e se ne rende degno.Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov, XII.13

d i Simone Notargiacomo

I Galilei: Vincenzo ( a sinistra) e Galileo (a destra)

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mentali: melodia, armonia, monodia,contrappunto e polifonia, tutti ter-mini derivanti dal greco antico.Con melodia si intende una “succes-sione lineare di suoni scelti così daacquisire in chi ascolta contorni, fi-sionomia e un senso compiuti”;6 valea dire il canto, nel linguaggio comu-ne.Armonia è un termine fondamentalenel pensiero greco e il suo significatogenerale è “connessione, giusta cor-rispondenza delle parti con il tutto;accordo; proporzione; simmetria;concordia”. Il termine deriva dal ver-bo armòzein che significa propria-mente “adattare, connettere, collega-re, accordare” e indica, dunque, unaconnessione possibile, ma solo traelementi diversi tra loro; quest’ulti-mo significato è da noi utilizzato an-cora oggi, ad esempio quando indi-chiamo la presenza di “armonia” in ungruppo di persone, come una classe.Tale senso è sottolineato da Platone,ad esempio nel Simposio (“l’armoniaè sinfonia, la sinfonia è unaforma d’accordo ed è impos-sibile che sorga un accordoda elementi discordi finché ri-mangono tali”7) o da Giambli-co, autore del III-IV secolod.C. (“Un’armonia è unione eaccordo di cose dissonanti enemiche per natura”8).In questo contesto, però, ciinteressa più propriamente ilsignificato musicale di armo-nia, che dal precedente deri-va, con cui si indica un logos- una relazione razionale - traelementi sonori (note) diffe-renti, per formare un accordoconsonante, cioè una connes-sione verticale di note chesuoni bene.Monodia, dal greco “un solo”“canto”, inizialmente è intesacome unicità dell’esecutore,ovvero come solistica, con-trario di corale; più tardi come unici-tà della linea melodica, contrappostaa polifonia.9

Polifonia, dal greco “molte voci”, èintesa come insieme simultaneo dimolte voci umane o strumentali, col-legata nella storia della musica a quelladi contrappunto, dal latino puntumcontra punctum (nota contro nota),che indica inizialmente l’arte disovrapporre al canto principale unaseconda linea melodica, poi più linee,con tutte le evoluzioni e complicazio-ni possibili.La monodia, intesa nel suo duplicesenso, abbracciò tutta la musica dal-l’Antichità classica fino al tardo Me-dioevo, periodo in cui già si parlavadi armonia (vedi ad esempio i “cosid-detti” Pitagorici, secondo la definizio-ne di Aristotele10), ma in cui era as-sente la concezione di un’armoniaverticale, dato che si ragionava suirapporti orizzontali (quindi legati allamelodia) tra varie note suonate in suc-cessione e non su quelli tra varie notesuonate simultaneamente.I Pitagorici probabilmente avevanocreato una teoria sugli accordi con-

sonanti (in particolare gli intervalli diquarta, quinta e ottava) collegata aduna spiegazione matematica del suo-

no prodotto in base alle lunghezze diuna corda; queste erano regolate darapporti tra numeri interi (1:2 per l’ot-tava, 2:3 per la quinta, 3:4 per la quar-ta), che offrono una possibile spiega-zione della tetraktys pitagorica

(1+2+3+4=10).È necessario ora proporre qualchesintetica nozione di storia della musi-ca.Dopo la musica dell’antichità classi-ca, si affermò il canto gregoriano(musica vocale monodica inquadratanegli schemi della liturgia cattolica),

nome con cui si designa tutto ilcomplesso della musica medie-vale, con i suoi sviluppi storicie formali, dalle origini del cristia-nesimo fino alla nascita dellapolifonia.In seguito si giunse agli inizidella polifonia. Forse nata inambito popolare, nel quale sisvilupparono la canzone profa-na (es: Carmina burana) e l’ar-te di Trovatori e Trovieri, essaentrò a far parte della musica uf-ficiale a partire già dal IX seco-lo, con la nascita degli organa,componimenti che prevedeva-no una seconda linea melodica(duplum) sovrapposta al cantofondamentale (tenor) a distan-za di una quarta o una quinta,inizialmente in modo rigorosa-mente parallelo: nasceva così ilcontrappunto, più tardi a piùvoci (triplum, quadruplum).

Talvolta al moto parallelo rispetto alcanto fondamentale veniva aggiuntoun moto contrario (ovvero se una

Pitagora e la musica

La “Tetraktys” pitagorica

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voce sale, l’altra discende e vicever-sa) nell’ambito di un’ottava, chiama-to discantus.Verso il XII secolo si giunse in Fran-cia alla codificazione delle regole del-l’arte contrappuntistica, oggi notecome Ars antiqua, e il mottetto, com-posizione in genere a tre voci, concombinazione di due melodie e spes-so con testi poetici differenti sopra iltenor, divenne la forma più importan-te.A partire dal XIV secolo, sempre inFrancia furono formalizzate le normedi quella che fu chiamata Ars nova,che comporta alcune novità: più libe-ro uso delle dissonanze e dei cromati-smi, complicazione del tessuto dellenote, esperimenti ritmici simili alsincopato; il mottetto tendeva a so-

stituire le altre più antiche forme.A metà del ‘300 si ebbero le prime te-stimonianze di polifonia profana inItalia, con caratteri già maturi (Arsnova italiana) e con alcune formeprincipali, tra le quali segnalo il ma-drigale, breve composizione poeticamusicata di argomento amoroso-pa-storale, che subirà continui cambia-menti fino al XVI e XVII secolo nel-l’elaborazione e negli argomenti (po-litici, satirici, musicali).

Infine vanno citati i Fiamminghi del‘400, che sostituirono i Francesi nel-l’egemonia musicale; essi si concen-trarono sulle forme polifoniche dimessa e mottetto, dimostrando mae-stria nel contrappunto e nell’indipen-denza delle varie voci. L’Italia fu in-fluenzata dalla musica fiamminga epropose alcune novità di grande for-tuna nel futuro: la voce superiore, alposto del tenor, cominciò sempre piùa spiccare monodicamente e le altreparti, ridotte a contrappunto di notacontro nota (come agli inizi dellapolifonia), cominciarono ad essereraggruppate (per lo più nel liuto) comeaccompagnamento strumentale.11

Si giunse così al ‘500 e a VincenzoGalilei il quale, nella prima pagina delDiscorso intorno all’uso delle dis-

sonanze, affermò quasi programmati-camente di voler indagare “l’animadell’armonia”, cioè i concetti delle pa-role del testo (contenuto fonico-semantico) in contrapposizione e acompletamento del “corpo dell’armo-nia”, ossia l’aspetto tecnico del pro-cedere ordinato di voci e suoni diver-si; il punto essenziale, dunque, era laricerca della ragione espressiva delfatto armonico, che secondo lui eralegata, più che alla consonanza, alla

dissonanza, intesa non come artificio,ma come elemento armonico espres-sivo di origine verbale.12

Da teorico, egli confutò la teoriapitagorica della consonanza e delledissonanze, proponendo alcune ideerivoluzionarie circa l’intonazione edentrando, come abbiamo visto, in po-lemica con Zarlino e i teorici zarlinianirigidamente confinati nel Pitagorismo.Ragionando sulle note prodotte da unmonocordo, infatti, fuoriuscì dalPitagorismo dimostrando che solo lelunghezze della corda rispondevanoai quattro numeri interi 1, 2, 3 e 4 dellatetraktys (vedi sopra), mentre se siragionava sulle tensioni della corda, irapporti numerici erano da prendereal quadrato; con questo argomentomostrò anche al figlio che, pur stu-

diando la matematica di Pita-gora e riconoscendone lagrandezza, occorreva talvol-ta saper andare “oltre Pitago-ra” senza piegare la realtà na-turale a principi astratti.13

La seguente citazione di Gali-leo sembra tratta dagli studidel padre e mostra il suo inte-resse per la musica, indican-do un intreccio tra Storia del-la Musica e Storia della Scien-za, e l’influenza degli esperi-menti di acustica del padrecome tappa per la propria edu-cazione: “Tre sono le manierecon le quali noi possiamoinacutire il tuono di una cor-da: l’uno è lo scorciarla; l’al-tra, il tenderla più, o vogliamdir tirarla; il terzo è assotti-

gliarla. Ritenendo la medesimatiratezza e grossezza della corda, sevorremo sentir l’ottava, bisogna scor-ciarla la metà [...] ma se ritenendo lamedesima lunghezza e grossezza vor-remo farla montare all’ottava non ba-sta tirarla il doppio ma ci bisogna ilquadruplo.” 14

Vincenzo Galilei, poi, si occupò delcontrappunto, che aveva raggiunto ilivelli più alti di grandezza artistica,ma anche di complicazione, con i com-

mostrò anche al figlio che, purmostrò anche al figlio che, purstudiando la matematica distudiando la matematica di

Pitagora e riconoscendone laPitagora e riconoscendone lagrandezza, occorrgrandezza, occorreva talvoltaeva talvoltasapersaper andarandare “oltre “oltre Pitagora”e Pitagora”

senza piegarsenza piegare la re la realtàealtànaturale a principi astrattinaturale a principi astratti

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positori fiamminghi del XV secolo. Inquest’ambito criticò duramente gli ec-cessi di questa arte, che avevano por-tato ad un’esagerata importanza deitecnicismi accompagnata da una per-dita di centralità del testo cantato, or-mai non più intelligibile a causa delnumero di voci e dei virtuosismi: i mu-sicisti, infatti, sapevano stu-pire grazie alla loro abilità te-orica e pratica e usando mol-te consonanze, ma non sape-vano più esprimere, né pro-vavano a farlo, i concetti.15

L’esigenza dell’intelligibilitàdel testo in verità non eranuova, dato che la Chiesastessa nel Concilio di Trentoaveva condannato l’uso si-multaneo di testi differenti, inparticolare nella musica sacra,in cui il testo doveva esseretenuto nella giusta conside-razione. Vincenzo Galilei,però, sembrò essere arrivatoallo stesso punto attraversoun’altra strada, cercando diricostruire il modello greco edi farlo rinascere,16 in veritàbasandosi su alcune idee te-oriche circolanti al tempo;con quest’intento pubblicò iritrovati Inni di Mesomede.17

Galilei propose il ritorno allamonodia agli studiosi, poeti e musici-sti (tra gli altri Peri, Caccini, de’ Cava-lieri, Mei, Rinuccini) con cui formavala Camerata dei Bardi, nome trattodal luogo delle riunioni, che si tenne-ro probabilmente dal 1579 al 1592 apalazzo di Giovanni Bardi di Vernio invia de’ Benci a Firenze. Essi accolse-ro l’idea di un recupero della musicadegli antichi Greci, che si può sussu-mere sotto la tesi rinascimentale delritorno agli ideali artistici della Greciaantica. In tal modo misero in praticale loro idee - senza successo imme-diato, ma storicamente rilevanti - inalcune rappresentazioni in palazzi, tal-volta come Intermedi.18

Purtroppo non sono rimasti gli esem-pi pratici di Galilei all’interno della

Camerata, il Canto del Conte Ugolinoe le Lamentazioni di Geremia, né èrimasta la Dafne di Peri su testo diRinuccini del 1594, eseguita a palazzoCorsi, ma abbiamo alcune parti del-l’Euridice di Peri e Caccini presenta-ta nel 1600 in una sala di Palazzo Pitti.Gli studiosi della Camerata volevano

richiamare in vita l’antico dramma gre-co, ma invece trovarono qualcosa dinuovo: il melodramma o opera (o perlo meno le sue origini). In effetti lacritica radicale alle forme di contrap-punto e polifonia, ritenute nocive allapoesia e l’importanza da restituire altesto e al suo significato portaronoalla definizione di un nuovo genere:la “monodia accompagnata”, anchechiamata “recitar cantando”. In parti-colare nacque il recitativo e, in con-trapposizione al primo, l’aria.Particolarmente importante fu il nuo-vo ruolo del basso continuo, lineamelodica scritta in chiave di bassocon note e numeri che funzionava dasostegno armonico per il brano. Essonacque, forse, dall’assimilazione e

adattamento di un’abitudine di fineXVI secolo: nei casi di deficienza dirisorse vocali e strumentali il soloorganista sostituiva le voci man-canti accompagnando le altre; perevitare uno spartito completo, cheavrebbe richiesto troppo lavoro, sicominciò poi a utilizzare una scrit-

tura semplificata, con notazio-ne abbreviata e con numeri,che indicava gli accordi dellalinea continua di basso (lavoce con la tonalità più bas-sa) su cui l’esecutore costru-iva, improvvisando, la sovra-struttura armonica.

Tutte queste novità influiro-no su un grandissimo compo-sitore, Claudio Monteverdi,che, come tutti i grandi autorie innovatori, seppe coglieregli spunti da tradizioni stori-che diverse, non solo da quel-la fiorentina, rielaborandoli eperfezionandoli in quella cheviene chiamata dallo stessocompositore seconda prati-ca.Con quest’ultima Montever-di, in polemica anche lui conla scuola di Zarlino, indicavauna maggiore libertà rispettoalle rigide regole sulle disso-

nanze e, soprattutto, il risalto dei va-lori espressivi del testo, perché se-condo lui l’armonia non poteva es-sere ascoltata e giudicata senza ilsuono delle parole e l’orazione do-veva essere “signora dell’armonia”;in ciò echeggiano le teorie di Vin-cenzo Galilei, che possono essereritenute il punto di rottura del lin-guaggio musicale teso a restituireimportanza al testo e alla musicalitàdel linguaggio.19 Galilei, infatti, so-steneva: “Non è credibile […] chegli antichi musici e autori costumas-sero […] il comporre prima le canzo-ni loro, et dipoi imparate a mente re-citarle; ma si bene che egli haves-sero a memoria il Poema, il quale ilpiù delle volte per non dir sempre,

Claudio Monteverdi

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1 Per ulteriori informazioni sulla vita di Vincenzo Galilei, cfr. Dizionario biografico degli Italiani, vol. 51 Gabbiani-Gamba, Istituto Enciclopedia Italiana, 1998 oppure Dizionario enciclopedico universale della musica e deimusicisti - Le biografie, Tomo III Fra-Ja, Utet, 1986.

2 Cfr. Greco P., Vincenzio e l’imprinting epistemologico di Galileo Galilei, SISSA, JCOM, 4, 1, 2005.3 Giudici S., Musica e rivoluzione scientifica, Dipartimento di Fisica “Enrico Fermi”, Università di Pisa,

http://www.df.unipi.it/~giudici/rameau.pdf.4 Cfr. Greco, cit., e The new Grove dictionary of music and musicians, vol. 9 Florence-Gligo, Macmillan, 2001,

p.437.5 Cfr. Greco, cit.6 Cfr. Enciclopedia Treccani online: http://www.treccani.it/enciclopedia/.7 Cfr. Platone, Simposio 187b, in Platone, Opere complete vol.3, trad. it. di A. Zardo e P. Pucci, B.U.L., 1985.8 Cfr. Giamblico, Sulla introduzione all’Aritmetica di Nicomaco, in Giamblico, Il numero e il divino, a cura di

F.Romano, Rusconi, 1995, p.291.9 Cfr. Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti – Il lessico, Liz-Pra, Utet, 1986.10 Definizione usata nella Metafisica di Aristotele, il quale vuole così indicare una mancanza di chiarezza circa la

natura della “scuola” pitagorica e circa l’attribuzione di teorie al maestro Pitagora, figura quasi leggendaria, ol’originalità di studiosi successivi.

11 Tutte le nozioni di storia della musica sono tratte e da me sintetizzate da Blume F., Storia della musica, A.Mondadori editore, 1984; Einstein A., Breve storia della musica, BUR, 1988; Mila M., Breve storia della musica,Einaudi, 1993 (1963); Pahlen K., Storia della musica, Aldo Martello editore, 1971.

12 Cfr. Gianuario A., Vincenzo Galilei, la dissonanza e la seconda pratica; con Discorso di Vincentio Galileiintorno all’uso delle dissonanze, Fondra, Centro studi rinascimentali musicali, 2001(?), pp.19 e 27.

13 Per approfondimenti, cfr. Giudici, cit. e Greco, cit.14 Citazione da G.Galilei, Discorsi intorno a due nuove scienze, UTET, 2005, p.673 tratta da Giudici, cit.15 Cfr. Discorso intorno all’uso delle dissonanze p.39-40, citato in Gianuario, cit., pp.25-6.16 Da citare la tesi “fuori dal coro” del Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti, il quale

in proposito, alla voce monodia, critica l’idea che si ha di Galilei e della Camerata, sottolineando invecel’importanza della figura di Girolamo Mei; quest’ultimo avrebbe ripreso le critiche della Controriforma allapolifonia, aggiungendo riflessioni di Aristotele sull’importanza della comprensione del testo contro il meropiacere uditivo, e avrebbe influenzato direttamente Vincenzo Galilei, con cui era in stretto rapporto epistolare.Cfr. Dizionario enciclopedico universale della musica e dei musicisti – Il lessico, cit.

17 Poeta lirico e musico di Creta del II secolo d.C., amico e liberto dell’imperatore Adriano.18 Forme rinascimentali di intrattenimento con musica, ballo, canto e declamazione tra due atti di una

rappresentazione; molto importanti quelli del 1589, per le nozze di Ferdinando I dei Medici e del 1600, per le nozzetra Maria dei Medici e Enrico IV.

19 Cfr. Gianuario, cit., pp.22-24.20 Cfr. citazione del Dialogo della musica antica et della moderna in Gianuario, cit. p.24.21 Cfr. Mila, cit., da pag 115 a 118.

era dagli stessi composto. Impero-ché il musico allhora non era dis-giunto dalla Poesia, né il Poeta eraseparato dalla Musica”.20

Monteverdi lavorò prima a Mantova,presso i Gonzaga; dal 1613 si trasferìa Venezia, dove le sue opere ebberocome destinazione non più le corti,ma il teatro.Di conseguenza l’opera “si democra-tizzò”, avendo come giudice e obiet-tivo il pubblico e il suo gusto e si scel-

sero soggetti mitologici e storici di piùintensa drammaticità: si affermò cosìil virtuosismo canoro, che si allonta-nò dallo scrupoloso recitativo fioren-tino.Composizioni centrali nella produ-zione monteverdiana sono l’Orfeo(1607), prima grande opera, l’Arian-na (1608, con libretto del già citatoRinuccini) e i madrigali dell’ottavolibro (1638, tra i quali il meraviglio-so Combattimento di Tancredi e

Clorinda dalla Gerusalemme libe-rata di Tasso), in cui emerge conforza il suo “stile rappresentativo”,così chiamato dagli studiosi.Con Monteverdi giunse a compi-mento l’estetica del melodramma: learie, il movimento orchestrale e lamusicalità irruente raggiunsero unimpressionante realismo,21 riuscen-do a cogliere o suscitare quegli “af-fetti” (aspetti emotivi e espressivi)già predicati da Vincenzo Galilei.

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Anno 1564 - Anno 2014:Il progetto GIOVILABIO

Nell’anno 2014 ricorre il 450esimo della nascita dello scienziato pisano; lo spunto ideale, per il nostro Liceoscientifico, per portare avanti un percorso di studio e di approfondimento culturale in linea con l’attenzione dasempre rivolta alle attività interdisciplinari come elemento fondante per una formazione completa e consapevoledei futuri cittadini.

Strumento utilizzato da Galileo per determinare le orbite e i periodi dei satelliti di Giove, la cui scoperta era stataannunciata nel 1610 nel “Sidereus Nuncius”. Sullo strumento sono segnate le tavole per i moti medi di ciascunsatellite. Due dischi girevoli, collegati tra loro e di diverso diametro, sono inseriti sulla faccia dello strumento epermettono di determinare la posizione di Sole e Luna in rapporto alla posizione dei satelliti di Giove.

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Il progetto fa proprie le recenti indicazioni normative sull’innalzamento dell’obbligo scolastico (Legge 20 gennaio1999 n.9) in merito alla necessità di attuare interventi di raccordo tra scuola media e scuola superiore, per lacostituzione di un curricolo verticale organico e completo; allo stesso tempo, raccoglie quanto proposto nelleIndicazioni Nazionali relative alla recente riforma dei Licei, nelle quali si esalta l’importanza della consapevolezzadel valore conoscitivo delle discipline e del nesso tra lo sviluppo della conoscenza scientifica ed il contestostorico e filosofico in cui essa si è sviluppata.In linea con queste indicazioni e con la consapevolezza dell’importanza che rivestono esperienze di continuità trai diversi segmenti scolastici, L’ISIS Gobetti Volta si è proposto di attuare, in collaborazione con gli Istituti com-prensivi del territorio, alcune attività di tipo scientifico-culturale ispirate alla figura dello scienziato pisano. Leiniziative coinvolgono diversi Istituti scolastici del territorio e docenti di ambiti disciplinari differenti, con attivitàsia interne alle singole scuole che in collaborazione tra scuole appartenenti ai diversi gradi scolastici; alcune diesse sono già in attuazione (come riportato a seguire); altre, ancora in fase progettuale, coinvolgeranno la scuolamedia Granacci insieme ad alcune classi del nostro Istituto nella realizzazione di esperienze con il pendolo presen-tate in lingua inglese.

Manuela Corsini

L’esperienza della classe II sez. A

del nostro liceo scientif icoNell’ambito dello studio dell’ottica geometrica gli studenti, nel corso delle lezioni di fisica, hanno costruito duetelescopi, uno galileiano e uno kepleriano. Entrambi i telescopi sono formati da una coppia di lenti di cui una(l’obiettivo) è uguale per i due tipi ed è una lente convergente fissata all’estremità del tubo della struttura del

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telescopio. L’oculare invece differi-sce nei due casi ed è mobile, inmodo da poter aggiustare la messaa fuoco dello strumento; nel tele-scopio galileiano è una lente diver-gente (una normale lente da miope),mentre in quello kepleriano è unalente convergente. Questo schemaottico produce, nel telescopio Gali-leiano immagini dritte ma in un cam-po visivo molto piccolo, mentre inquello Kepleriano l’immagine risul-ta capovolta ma in un campo visivopiù ampio.

Con lo strumento è stato possibileeffettuare una buona osservazionedei crateri lunari con uno strumentoin una situazione analoga a quelladescritta da Galileo nel SidereusNuncius, letto in classe.

Lucia Torrini

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L’esperienza della classe II sez. Cdella scuola media G. Puccini

Il lavoro ha preso avvio con un breve accenno alla storia dell’ Astronomia: dalla visione geocentrica del sistemaAristotelico - Tolemaico, alla rivoluzione copernicana, fino alle figure di Galileo e Keplero, passando per TychoBrache.Successivamente si è passati alla lettura di alcuni passi del Sidereus Nuncius, in particolare di alcuni stralci chenarrano come Galileo sia venuto a conoscenza dell’ esistenza del nuovo strumento chiamato canocchiale, di comene abbia subito costruito repliche vendute alla repubblica veneziana, intuendone però da subito le potenzialitàesplorative. Quindi sono stati letti e commentati i passi dove viene descritta la superficie della luna, i satellitimedicei di Giove, delle fasi di Venere e della strana forma di Saturno “tricorporeo”.Il lavoro proseguirà poi con una seconda parte di tipo operativo: verranno svolte alcune esercitazioni nel corsodelle quali si avrà modo di sperimentare alcuni fenomeni ottici (la camera oscura, la rifrazione della luce in unabacinella d’acqua e la deviazione di un fascio di raggi luminosi da parte di diversi tipi di lenti). Infine gli studentisaranno impegnati nella costruzione di due cannocchiali, uno di tipo galileiano ed uno di tipo kepleriano, utiliz-zando materiale povero.

L’attività di costruzione del canocchiale a cura delle classi della scuola media Puccini e del liceo Gobetti sicompleteranno con un’osservazione in notturna alla quale parteciperanno gli studenti dei due Istituti; in taleoccasione verranno utilizzati sia gli strumenti manufatti che il telescopio in dotazione del Liceo Gobetti.

Beatrice Ferrari

L’esperienza delle classi III sez. C e sez. Fdella scuola media F. Redi

Nell’ambito del progetto Giovilabio, la scuola Redi si è impegnata, attraverso il laboratorio di teatro, nella realiz-zazione dello spettacolo A testa in giù rappresentato 16 dicembre 2013 al Teatro della casa del popolo di OsteriaNuova. La proposta di lavorare sull’opera Vita di Galileo di B. Brecht ha suscitato inizialmente negli studenti,delle forti perplessità; tuttavia, analizzando il testo con le insegnanti, hanno scoperto il lato adolescente diGalileo: testardo, egoista, curioso ma nello stesso tempo fragile, solo, insicuro. La realizzazione teatrale, che si èimpegnata a tradurre alcune delle parti dell’imponente opera di Brecht, si è rivelata così spunto per una metaforadell’essere umano in un momento di cambiamento della propria vita come quello che si verifica nell’adolescenza.

La partecipazione della scuola Redi al progetto si concretizzerà anche attraverso una attività di tipo scientifico: glistudenti delle classi seconde saranno impegnate nella realizzazione di un piano inclinato in legno nell’ambitodelle lezioni di tecnologia; verranno quindi svolte esperienze di discesa con tale strumento, esperienze cheverranno ripetute e contestualizzate a cura dei nostri studenti utilizzando la rotaia a cuscino d’aria presente nellaboratorio dell’Istituto.

Silvia Zuffanelli

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Esperienza didatticasull’ottica geometricaNell’ambito del Progetto Giovilabio è stata realizzata una attività sull’ottica geometrica rivolta ai bambini dellascuola primaria, in particolare delle classi Ie sezioni A e B plesso di Croce a Varliano-Istituto Comprensivo Bagnoa Ripoli Capoluogo. L’esperienza, che ha visto come tutor gli studenti della classe II sez. A Liceo scientificoindirizzo ordinario, sotto la guida dei docenti Lucia Torrini e Antonio Restivo e con la collaborazione del tecnicoMassimo Bandinelli, ha avuto come oggetto lo studio delle proprietà principali della luce. In particolare sonostate mostrate ai bambini:-le immagini ottenute con specchi piani e curvi (cucchiai);-il fenomeno della rifrazione attraverso l’osservazione di una matita immersa in acqua;-il fenomeno della composizione della luce bianca utilizzando il disco di Newton;-il fenomeno della scomposizione della luce utilizzando il prisma ottico;-gli effetti delle lenti e come cambia la visione attraverso di esse in virtù della loro posizione.Per l’attività è stato utilizzato anche il telescopio costruito dagli studenti del Liceo, attraverso il quale è statomostrato ai bambini come, cambiando l’oculare, l’immagine appaia dritta (schema galileiano) o capovolta (schemakepleriano).

Lucia Torrini

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ell’Apologia di Socrate Platone sostiene, citando il suo maestro, che “una vita senza ricerca non è unavita degna di essere vissuta”. Di fatto la conoscenza della realtà che ci circonda è stato motivo costantedi ricerca e di studio per il genere umano, stimolo e motore di tante attività che hanno portato alle scopertee ai “miracoli della tecnologia” che oggi conosciamo. Eppure i metodi di ricerca non sempre hanno

seguito una linea comune, al contrario, si sono spesso adattati alle condizioni e alle esigenze della società in cui sisviluppavano.Platone parla dell’intuizione come forma di conoscenza che avviene per percezione diretta e immediata dei principi primie che non necessita di alcun processo razionale. L’intuizione non avrebbe dunque bisogno né di costosi laboratori, nédi potenti calcolatori né di strumenti di misura il cui scopo è quello di andare oltre i limiti dei nostri sensi. Un approcciopiù empirico è quello di Aristotele, il quale, in un’opera intitolata appunto Physica, cerca di sviluppare una concezionegenerale del mondo fisico e fornisce una prima trattazione sistematica della realtà. Nonostante il suo metodo risulti piùempirico e razionale, tuttavia oggigiorno è considerato intriso di “metafisica”, con spiegazioni che vanno al di là degliaspetti fisici osservabili ai quali intendono limitarsi le scienze fisiche. Un’affermazione questa che sembra individuareil cuore della ricerca scientifica nei dati sensibili, ovvero ricavati attraverso la percezione dei sensi o le possibilità dirilevamento degli strumenti, così come Galileo, il padre della scienza nella sua concezione moderna, sosteneva. Eppure,nonostante il metodo scientifico galileiano abbia portato a risultati apparentemente miracolosi, non sempre ha permes-so d’individuare i corretti legami causa-effetto nei fenomeni naturali. Infatti, elemento essenziale del suo metodo è laformulazione di un modello che serve a schematizzare la realtà, e la scelta di tale modello ha portato a volte a conclusionierronee.Per comprendere meglio alcune considerazioni riportate in questa breve introduzione analizzeremo due fenomeninaturali che sono stati diversamente interpretati da parte di Aristotele e Galileo.Il primo riguarda la descrizione del movimento dei corpi. Secondo Aristotele, e in base al senso comune dell’epo-ca, i movimenti andavano suddivisi in “naturali” e “violenti”. I primi avvengono secondo la natura dei corpi stessie senza l’intervento di agenti esterni, e per questo ogni elemento tenderebbe al suo luogo naturale: il fuoco versol’alto, l’acqua verso il mare, i corpi materiali verso la Terra e in particolare verso il suo centro. L’unica forma perdeviare i vari elementi dal proprio moto naturale era mediante l’azione di forze “violente”. Sempre basandosisull’osservazione e sull’elaborazione razionale dei datiricavati, Aristotele sosteneva che per far muovere unoggetto a velocità costante in una direzione che non lefosse naturale, era necessaria l’applicazione di una forza“violenta”, così come avverrebbe nel caso dei buoi chetrainano un carro. Solo grazie alla capacità di astrazionedi Galileo si potrà arrivare alla visione oggi accettata, chesi basa sul concetto di “inerzia” ed elimina quelli di moto

Luci e ombre del modello nel metodo scientifico

di Galileod i Giovanni Venturi

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“naturale” e “violento”. Egli, infatti, costruisce un modello semplificato del moto nel quale elimina, dai fenomeninaturali del movimento, gli effetti di disturbo accidentale, come ad esempio l’attrito, arrivando a una concezioneprofondamente diversa rispetto a quella Aristotelica.

Un altro fenomeno interessante, ai quali i due filosofi-scienziati forniscono interpretazioni diverse, è quello del galleg-giamento dei corpi pesanti. Secondo il principio di Archimede dovrebbero galleggiare solamente i materiali con densitàminore del liquido sul quale vengono fatti galleggiare, ma è noto a tutti che vi sono situazioni che non soddisfanoquesto principio. Se ad esempio consideriamo uno spillo di materiale metallico, questo dovrebbe affondare se posto inacqua, ed effettivamente questo avviene quasi sempre, ma nel caso in cui lo spillo venga adagiato in posizioneorizzontale sulla superficie dell’acqua, allora vedremo che galleggia. In questo caso si nota un avvallamento dellasuperficie del liquido in prossimità dello spillo.

Galileo cerca di dare una spiegazione a partire dai principi e dalle osservazioni che gli strumenti a sua disposizione gliconsentono.Nel suo libro, Discorso sulle cose che stanno in su l’acqua o che in quella si muovono, egli riporta il disegno in bassonel quale un oggetto rettangolare di vertici SCIO galleggia sull’acqua, creando un avvallamento rispetto alla superficielibera del liquido individuata dai segmenti EB e AD.

Secondo l’interpretazione di Galileo, la figura irregolare di vertici BSOA, composta in parte d’aria e in parte delmateriale dell’oggetto che galleggia, avrebbe una densità uguale a quella dell’acqua. In particolare, dette rispet-tivamente pm, pa e pac la densità del materiale, dell’aria e dell’acqua si ha:

dove a primo membro è riportato il peso del sistema composto da aria e materiale e a secondo membro il peso del liquidospostato. Ovviamente VBCIA,VSCIO e VBSOA rappresentano i volumi i cui vertici sono indicati dalle lettere riportate apedice, e g l’accelerazione gravitazionale.Il galleggiamento di materiali con densità maggiore del liquido si può avere solamente nel caso in cui l’avvallamento siatale che la spinta di Archimede uguagli il peso del materiale più quello dell’aria sovrastante.

L’interpretazione fornita da Aristotele considerava invece la presenza di una coerenza interna all’acqua che dovevaessere vinta da un materiale che volesse penetrare in essa. Tale coerenza interna permetteva inoltre di spiegare la

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formazione delle gocce d’acqua che dopo un violento acquazzone si formano ad esempio sulle foglie, oppure quelle chesi generano su una piastra calda sulla quale venga versata dell’acqua.

Sempre nello stesso testo, che è riportato sotto forma di dialogo fra tre personaggi: Salviati, che rappresenta Galileo,Segredo, un intelligente e curioso personaggio e Semplicio, filosofo Aristotelico, Galileo ammette, per bocca di Salviati,di non essere in grado di spiegare il fenomeno della formazione di tali gocce d’acqua, ma suggerisce un esperimentoche dovrebbe invalidare l’ipotesi della coerenza interna. Egli sostiene che la coerenza interna dovrebbe essere maggio-re se l’acqua è circondata da una sostanza più pesante dell’aria, come ad esempio il vino. L’esperimento che proponeconsiste nell’inserire nel tappo di sughero di una bottiglia riempita d’acqua una cannuccia molto sottile, e capovolgereil tutto verificando che in questa configurazione l’acqua non fuoriesce dalla cannuccia. Se invece inseriamo l’estremitàlibera della cannuccia in un contenitore riempito di vino, noteremmo l’acqua uscire dalla cannuccia e, con motolaminare, fluire sul fondo del contenitore senza miscelarsi con il vino. Quest’esperimento è stato realizzato presso ilaboratori dell’Open Lab nel Dipartimento di Fisica di Firenze e in figura sono riportate alcune fasi dell’esperimento.

(a)

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(b)

Nella figura (a) si nota come, nella cannuccia, l’acqua che fluisce verso il basso venga sostituita dal vino, che sale versol’alto, mentre nella figura (b) si vede come l’acqua vada a disporsi sul fondo del recipiente contenente vino.

Oggi sappiamo che tutti i fenomeni sopra descritti possono essere spiegati dalla tensione superficiale presente su ognisuperficie libera di un liquido. Si tratta di una densità superficiale di energia di legame. La deformazione della superficierichiede infatti un’energia che è pari a quella necessaria a compensare l’aumento richiesto per la deformazione stessa.Per comprendere meglio questo concetto possiamo pensare a un palloncino. Per aumentare la sua superficie rispetto aquella di equilibrio, è necessaria un’energia che viene sprigionata dalla persona che soffia all’interono del palloncino.La pressione dentro il palloncino, e contemporaneamente il suo volume, aumentano per creare la nuova configurazioneche immagazina un’energia maggiore della precedente. In termini microscopici la tensione superficiale può essereassimilata ad una pellicola sottile sulla superficie libera dovuta all’energia di legame fra le molecole che si trovano sullasuperficie. Da una punto di vista macroscopico, la differenza di pressione che mantiene l’acqua nella cannucciaquando questa è immersa in aria è la seguente:

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Bibliografia:

A. Baracca, M. Fischietti, R. Rigatti Fisica e Realtà 2, Cappelli Editore.

S. Straulino, C. M. C. Gambi, and A. Righini Experiments on buoyancy and surface tension following Galileo Galilei,Am. Jour. of Phys. 79 N. 1 (2011), 32-36.

Galileo Galileo, Discorso intorno alle cose che stanno in su l’acqua o che in quella si muovono, edizione elettronicadi Carla Righi tratta dalle Opere di Galileo Galilei, UTET, Classici della Scienza, seconda edizione 1980, a cura di FranzBrunetti.

Ringraziamenti:

Un ringraziamento speciale a Samuele Straulino per aver fornito idee, consigli e riferimenti bibliografici neces-sari alla realizzazione di quest’articolo.

dove ë è la tensione superficiale dell’acqua, e R la curvatura del menisco, ovvero la superficie di separazione acqua-aria, che in questo caso risulta essere concava, e che è legata al raggio r della cannuccia dalla relazione r=R cos è ,essendo è l’angolo di contatto del liquido sulla parete verticale della cannuccia. Questa pressione è la stessa checomporta la salita di un liquido all’interno di una cannuccia contenente aria. In questo caso l’altezza h raggiunta dalliquido è data dalla legge di Stevino:

essendo p la densità del liquido.Quando invece la cannuccia è immersa nel vino, oltre al legame fra le molecole sulla superficie di separazione, vaconsiderata anche la forza di coesione fra le molecole dell’acqua e quelle del vino. Il sistema cerca sempre didisporsi in maniera tale da minimizzare l’energia potenziale complessiva, e in questo caso ciò avviene quando ilraggio di curvatura è infinito, ovvero la superficie di separazione è piatta.La coerenza interna di Aristotele risulta dunque un’ipotesi più vicina alla realtà della visione di Galileo. Di fatto latensione superficiale può essere ben spiegata a partire dalla natura corpuscolare o molecolare della materia,natura che era sconosciuta allo stesso Galileo. Per quanto quindi il suo metodo fosse scientificamente più corret-to, rispetto all’approccio Aristotelico, la mancanza di strumentazioni adeguate non permettevano a Galileo diavere tutte le informazioni necessarie per una modellizzazione adeguata del fenomeno. Appare dunque evidentecome anche il metodo scientifico risulti limitato, in quanto basato su una schematizzazione teorica che trae le suebasi da osservazioni di fatto limitate. Inoltre, con l’avvento della meccanica quantistica, è sorto anche il problemadell’interazione fra osservatore e osservato. Lo scienziato interagisce con il sistema fisico che studia modificandola sua configurazione e quindi impedendo un’oggettiva osservazione delle sue caratteristiche. Insomma, i filosofiAristotelici che non volevano guardare nel telescopio di Galileo, perché a loro dire quello strumento modificavala realtà, forse avevano già anticipato questo risultato. Il problema della conoscenza della realtà risulta dunqueancora oggi molto complesso e pieno d’insidie, e ci viene naturale come conclusione di quest’articolo tornare aPlatone e all’intuizione. La percezione diretta dei principi primi sembra infatti la strada migliore da seguire, liberadalle distorsioni della ragione, delle procedure di misura e degli strumenti. Non ci rimane che augurare:“ buona intuizione a tutti!”.

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