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Riassunto Apprendimento online: proposte metodologiche.
Parte Prima : L’apprendimento sociale online
Capitolo 1: L’apprendimento come processo socio-culturalmente costruito
- L’apprendimento come processo continuo contestualmente situato
L’apprendimento rappresenta il vettore portante di ogni percorso di formazione umana.
Esso è un processo continuo, nel senso che si dipana lungo tutto l’arco della vita ed è trasversale a tutti i campi di
esperienza, sebbene si declini in forme e modi diversi e differenti in rapporto ai contesti in cui si realizza. Su queste
basi si può parlare di LIFELONG LEARNING.
L’idea che l’apprendimento e la conoscenza si alimentino e si costruiscano lungo tutto l’arco della vita ha
determinato la necessità di ripensare la categoria stessa di formazione, che viene riconosciuta come una categoria
aperta: non più solo formazione scolastica o professionale ma FORMAZIONE CONTINUA, un processo che si snoda
attraverso una molteplicità di contesti, esperienze, e genera una varietà di conoscenze e competenze.
Gli ambiti dell’apprendimento e della formazione hanno connotazioni FORMALI, NON FORMALI e INFORMALI, tutte
generative di conoscenze e competenze che devono poter essere tracciate allo scopo di valorizzare quei saperi e
quel saper fare che connotano il bagaglio culturale e personale di ciascuno, per utilizzarli come risorse e spunti per
nuovi apprendimenti e conoscenze.
La prospettiva della COGNIZIONE SITUATA ha determinato un significativo cambiamento nel modo in cui viene
concepita la relazione individuo-ambiente.
Piuttosto che come entità separate, le attività di individuo e ambiente sono viste come parte di un intero,
mutuamente costruito attraverso processi adattivi.
Ogni processo di apprendimento implica INTERAZIONI e TRANSAZIONI: individuo e ambiente interagiscono in una
dinamica adattiva che presuppone una relazione transattiva di costante co-determinazione, scambio, negoziazione.
Intendiamo per CONTESTO una complessa e intrecciata rete di relazioni che l’individuo intrattiene sia con artefatti,
materiali, saperi, strumenti caratterizzanti un determinato ambiente, sia con altri individui e gruppi sociali,
attraverso un complesso sistema di codificazione culturale, che regola i processi di comunicazione e di interazione
e modula i significati attribuiti ad azioni, eventi e situazioni.
L’apprendimento è SITUATO in quanto non solo si determina in un contesto, ma usa attivamente elementi di quel
contesto come strumenti per produrre forme di conoscenza funzionali a interagire in modo efficace con l’ambiente
fisico e sociale in cui gli individui vivono e si formano.
La conoscenza è rappresentabile quindi come un insieme di strumenti socio-culturalmente codificati e condivisi che
possono essere pienamente compresi nella loro funzione solo attraverso il loro uso.
ATTIVITA’, STRUMENTI, CULTURA sono interdipendenti: l’apprendimento implica tutti e tre.
- L’apprendimento come processo ecologicamente costruito Gli individui sono parte attiva di MICRO-ECOLOGIE.
Le micro-ecologie sono composte da ambienti naturali intrisi di significati culturali, che agiscono e vengono agiti
direttamente attraverso la mediazione di strumenti matematici e culturali, ovvero sistemi di parole, segni e altri
valori simbolici.
Il modo in cui i soggetti giocano una parte in queste micro-ecologie dipende non solo dalle azioni in cui i soggetti
sono attivamente o passivamente implicati, ma da cosa queste azioni significano per essi.
I sistemi e le reti di attività in cui gli individui sono implicati si configurano simultaneamente come ECOLOGIE
MATERIALI e COSTRUTTORI SEMIOTICI DI SIGNIFICATO in cui l’agire genera apprendimenti e strutture di conoscenza
riconosciuti e validati all’interno di un tessuto culturale e sociale.
Una comunità è uno speciale tipo di ecosistema, definibile come ECOSOCIALE.
I sistemi ecosociali includono persone, strumenti ed artefatti, animali cose, risorse, prodotti e si auto-organizzano,
configurandosi come sistema in sviluppo.
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- L’apprendimento come processo di inculturazione e partecipazione Apprendere significa partecipare ad una rete di pratica contestualmente situate e dotate di un significato socio-
culturalmente condiviso e riconosciuto.
Per poter realizzare in modo appropriato una pratica ed essere riconosciuti e legittimati come membri di una
comunità, è necessario sapere quanto e in quale contesto esercitarla e come, e infine quale significato questa
pratica ha per le comunità sociali che ne fanno uso.
L’apprendimento quindi si configura come PROCESSO DI INCULTURAZIONE, realizzato attraverso traiettorie di
partecipazione alle attività e alle pratiche che connotano diverse comunità sociali.
La CULTURA è quindi da intendersi come luogo di costruzione del mondo e delle sue rappresentazioni condivise e
condivisibili all’interno di un contesto sociale; come luogo di legittimazione delle attività, degli artefatti, delle
pratiche e dei prodotti di una comunità: come dimensione che valorizza l’apprendimento e i suoi prodotti, lo
orienta, lo modella e lo modula.
Inoltre apprendere è un fondamentale aspetto della formazione dell’IDENTITA’ INDIVIDUALE: ogni identità viene
mutuamente costituita e ricostituita attraverso l’interazione sociale locale che si realizza all’interno di una
comunità.
- L’apprendimento come fenomeno sociale e comunitario L’apprendimento può essere quindi considerato un FENOMENO SOCIALE e il modo in cui la conoscenza prende
forma è organizzato attraversi processi di ACCOPPIAMENTO SOCIALE, sostenuti da forme di conversazione e di
dialogo.
Abbiamo dunque a che fare con un sistema di apprendimento che implica CONTESTO, PERSONE, CULTURA,
LINGUAGGIO, INTERSOGGETTIVITA’, un intero che coesiste e congiuntamente definisce la costruzione di
SIGNIFICATI.
Si definisce così una PROSPETTIVA RELAZIONALE all’interno della quale l’apprendere ed il conoscere si configurano
come un processo sociale di continua ricerca di spiegazioni per fenomeni complessi: si apprende ad essere e ad
agire sulla base di precise scelte interpretative.
IMPARARE AD ESSERE significa diventare un membro di una comunità di pratiche e di conseguenza sviluppare
un’IDENTITA’ SOCIALE.
All’interno di una COMUNITA’ DI PRATICA l’apprendimento si determina come PROCESSO DI APPRENDISTATO.
INTERAZIONE e CONVERSAZIONE rappresentano gli elementi chiave perché in una comunità possano generarsi
occasioni di apprendimento in termini di apprendistato inteso come partecipazione legittima periferica ai processi di
costruzione del “sapere “e del “saper essere” degli individui.
Le INFORMATION AND COMMUNICATION TECHNOLOGIES (ICT) oggi consentono di accompagnare e di sostenere la
crescita o lo sviluppo di comunità pratiche attraverso dispositivi funzionali a facilitare anche a distanza processi di
condivisione, identificazione e partecipazione.
Se l’imparare ad essere si realizza attraverso la partecipazione attiva e concreta alle pratiche realizzate da una
comunità all’interno di spazi “reali”, gli spazi “virtuali” offerti da Internet e dalle piattaforme per l’e-learning
rappresentano spazi aperti in cui diverse comunità vengono a tessere trame di riferimenti culturali e simbolici, a
codificare significati, a condividere e co-costruire esperienze, storie, saperi, a depositare conoscenze.
Capitolo 2: Metodologie per l’analisi della dimensione sociale in rete
Il riconoscimento dell’importanza delle dinamiche sociali, relazionali e affettive sta diventando sempre più ampio
anche nell’ambito di quegli orientamenti dell’e-learning più sensibili alla natura sociale delle interazioni
comunicative e collaborative che i membri di un gruppo online si scambiano.
Nell’ambito della COMUNICAZIONE MEDIATA DA COMPUTER (CMC) anche la dimensione socio-affettiva
dell’apprendere acquista specifiche caratteristiche, dal momento che è espressa e modulata dalla scrittura
(comunicazione scritta e asincrona).
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La CMC non può essere intesa come una modalità surrogata per esprime gli stessi bisogni emotivi che intervengono
nella comunicazione faccia-a-faccia, quanto piuttosto come un medium espressivo dotato di proprie specificità, cioè
di un proprio sistema di vincoli e possibilità.
- I primi approcci e l’emergere delle specificità della CMC I primi approcci nell’ambito degli studi sulla CMC hanno enfatizzato soprattutto la mancanza di alcuni importanti
indici (la voce, le espressioni del viso, la gestualità, la vicinanza spaziale) che limiterebbero fortemente gli obiettivi
della comunicazione sociale e quindi da questo punto di vista sembrerebbe una comunicazione impoverita. Inoltre
proprio perché l’assenza di informazioni visive riduce la presenza di indicatori di controllo essa sarebbe più incline
alla de-individuazione e alla spersonalizzazione.
Mancando quindi di indicatori non verbali, la CMC sarebbe caratterizzata da un basso livello di PRESENZA SOCIALE.
La PRESENZA SOCIALE è stata definita come l’abilità dei partecipanti di una comunità di ricerca di trasmettere
un’immagine sociale ed emotiva di sé, proiettandosi come persone “reali” attraverso il canale di comunicazione
adottato.
Un certo numero di studi ha evidenziato come anche la sola comunicazione scritta, tipicamente usata in contesti di
chat, e-mail ecc, purchè non soggetta a vincoli temporali troppo stretti, sia perfettamente in grado di sviluppare un
clima di presenza sociale e affettiva tra quanti vi sono coinvolti.
Gli utenti sopperirebbero alle carenze comunicative intrinseche dell’interazione scritta attraverso il ricorso a
invenzioni e adattamenti linguistici in grado di esprimere, anche mediante opportune strategie ortografiche, alcuni
degli aspetti metacomunicativi tipici della comunicazione non verbale (es. emoticons).
- Le nuove dimensioni esplorative
Considerando l’apprendimento come costruzione socio-identitaria, quali immagini di sé si costruiscono nella rete e
quali si propongono agli altri?
Se partiamo dall’idea che la realtà immateriale della rete non sia una realtà simulata bensì una realtà costruita e
continuamente ricostruita, allora diventa centrale indagare il ruolo che i processi di categorizzazione svolgono nella
costruzione attiva del sé individuale e collettivo.
Il cyberspazio diventa così il luogo della narrazione del sé.
Secondo l’approccio multidisciplinare della TEORIA DIALOGICA DEL SE’, l’identità è costituita da una molteplicità
dinamica di posizioni dell’Io relativamente autonome impegnate in un continuo dialogo “polifonico” che è funzione
anche e soprattutto dei contesti culturali e degli strumenti (tecnologici) di cui dispone per realizzarsi.
Al processo di creazione e rinegoziazione dell’identità si associa quasi sempre la creazione di un LUOGO: i
personaggi che si muovono nell’ambiente virtuale creano implicitamente uno spazio, innescano l’attivazione di
scenari o frame che completano l’informazione.
Da questo punto di vista, l’attivazione di “ambienti metaforizzati” può costituire un potente artificio retorico
attraverso cui incoraggiare la partecipazione e la realizzazione di una dimensione socio-identitaria condivisa,
diminuendo la distanza e motiva e psicologica e facilitando lo svolgimenti dei compiti di apprendimento.
- Vecchi e nuovi strumenti di indagine Uno degli obiettivi principali della ricerca nel settore della presenza sociale è quello di predisporre opportuni
strumenti in grado di rilevarla, misurare e rintracciare correlazione significative con gli obiettivi e i risultati
dell’apprendimento.
Gli approcci TRADIZIONALI sono soprattutto di tipo SOGGETTIVO: si basano sull’assunto che affinchè si crei
un’esperienza di presenza sociale occorre che questa venga percepita e riconosciuta come tale.
Per questo motivo si chiede ai partecipanti di produrre una valutazione dell’esperienza già vissuta o ancora in corso
attraverso la somministrazione di scale graduate, compilazione di questionari o interviste semi-strutturate.
Tra gli approcci più RECENTI quello ETNOGRAFICO e DELL’OSSERVAZIONE PARTECIPANTE rivedono profondamente
l’ottica di analisi interpretativa in quanto basati sul concetto di MEMBERSHIP KNOWLEDGE dell’osservatore
coinvolto nei processi in atto.
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Tra gli approcci QUALITATIVI un posto di rilievo assume quello basato sull’ANALISI DEL CONTENUTO: la dimensione
sociale viene rintracciata principalmente nei testi delle conversazioni che i membri del gruppo si scambiano,
attraverso la classificazione delle unità testuali significative alla luce degli indicatori individuali.
Tra i sistemi di categorizzazione più celebri che sono stati proposti per l’analisi della dimensione sociale, un gruppo
di ricercatori canadesi ha individuato un set di dodici indicatori da rintracciare nei testi delle interazioni
comunicative ripartiti in “affettivi”, “interattivi” e “coesivi”.
Un classico approccio di tipo quantitativo è quello che si basa sulla RILEVAZIONE DI DATI QUANTITATIVI legati ad
esempio alla frequenza dei messaggi che i partecipanti si sono scambiati.
Un ulteriore approccio di orientamento quantitativo è quello dell’ANALISI DELLE RETI SOCIALI o SOCIAL NETWORK
ANALYSIS (SNA): metodo di analisi che prende in esame le RELAZIONI che si instaurano tra i singoli individui
piuttosto che le proprietà e gli attributi che caratterizzano gli individui stessi.
Gli studi che attualmente si stanno rivelando più interessanti sono proprio quelli che prendono in esame diversi
frame di analisi, sia di natura quantitativa che qualitative in un’ottica di integrazione.
- Ulteriori prospettive di ricerca
Affidare il compito di individuare ogni traccia o forma di presenza a ciò che è stato detto o esplicitamente espresso
rischia di far trascurare un’altra dimensione importante della comunicazione, quella del silenzio e del non-detto.
Far emergere la presenza silenziosa si pone quindi come una sfida particolarmente impegnativa, in quanto
comporta l’adozione di strumenti alternativi a quelli che fanno perno sulla traccia scritta (attraverso ad esempio la
rilevazione di comportamenti registrati nei log dei sistemi predisposti a esperire l’”essere in connessione” con altri
senza dover necessariamente attivare un’interazione”).
Capitolo 3: Progettare la dimensione sociale nelle comunità di apprendimento in rete.
Numerosi interventi di formazione in rete si fondano sulle teorie del costruttivismo sociale e dell’apprendimento
situato, proponendo pratiche e attività che prevedono e promuovono l’interazione, la negoziazione di significati, la
costruzione collaborativa di conoscenze inserite in contesti autentici e significativi per chi apprende.
La diffusione delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione (ICT) nel settore educativo ha permesso di
realizzare esperienze di apprendimento collaborativo anche all’interno di comunità online.
Un settore che affonda le sue radici nel quadro teorico del costruttivismo sociale è il COMPUTER SUPPORTED
COLLABORATIVE LEARNING (CSCL), il cui approccio si basa sulla convinzione che la discussione tra pari possa
favorire lo sviluppo del pensiero critico e quindi la comprensione di concetti.
Una comunità di apprendimento include almeno quattro figure: i progettisti, i tutor, gli esperti e gli studenti.
Il PROGETTISTA identifica gli obiettivi didattici del corso e progetta l’ambiente di apprendimento nel suo complesso.
Il ruolo del TUTOR è quello di facilitare il processo di apprendimento durante il suo svolgimento, organizzando e
indirizzando le attività individuali e di gruppo.
Gli ESPERTI dei contenuti forniscono aiuto nella preparazione dei materiali e durante il corso possono essere a
disposizione dei partecipanti per rispondere a domande o fornire informazioni.
Non si deve assumere che i ruoli descritti debbano necessariamente essere ricoperti da individui distinti.
Spesso al fine di facilitare e incoraggiare le dinamiche collaborative tra i membri della comunità si ricorre a
strategie e tecniche capaci di sostenere lo sviluppo della dimensione sociale della comunità.
Tali strategie, che indicano talvolta procedure esplicite e complete, talvolta semplici accorgimenti, sono scelte dal
progettista a monte del percorso formativo in base a numerose variabili, che devono rispondere di volta in volta a
precise esigenze didattiche, proprio come avviene nell’apprendimento in presenza. - Strategie e tecniche per stimolare la dimensione sociale Esempi di strategie o tecniche collaborative sono il JIGSAW, il PEER REVIEW, il BRAINSTORMING, lo STUDIO DI CASO,
il GIOCO DI RUOLO.
Tali tecniche non sono nate nel settore dell’e-learning ma hanno origine nei contesti collaborativi in presenza, ma
possono essere utilizzate con efficacia anche nelle situazioni di apprendimento in rete.
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Dillenbourg introduce l’espressione “CSLC scripts” e sostiene che uno script è la sceneggiatura di una storia o di
uno scenario in cui gli studenti e i tutor devono recitare come attori in un film.
Lo script è dunque composto da cinque elementi: il compito che gli studenti devono eseguire, la composizione dei
gruppi, il modo in cui il compito viene distribuito all’interno del gruppo/i, la modalità di interazione all’interno e
all’sterno dei gruppi e la tempistica delle eventuali fasi.
La logica di queste strategie volte a favorire il confronto di opinioni è improntata al LEARNING BY DOING: mirano
alla creazione di un prodotto concreto o alla soluzione di un problema autentico.
La maggior parte delle strategie prevede due o più fasi in modo che i partecipanti contribuiscano a diversi livelli
differenziando i ruoli.
I gruppi sono generalmente di piccole dimensioni (5-7 persone) e alcune strategie prevedono il raggruppamento a
più livelli.
Uno dei requisiti fondamentali affinchè una strategia funzioni efficacemente da motore della collaborazione è che
essa sia in grado di promuovere l’interdipendenza reciproca di partecipanti.
- Il jigsaw
E’ una delle strategie più note, particolarmente indicato nelle situazioni in cui il tema in oggetto sia piuttosto
complesso, ma frammentabile in diversi aspetti o affrontabile da diversi punti di vista.
Il jigsaw si svolge in due fasi: la prima prevede la formazione dei cosiddetti “gruppi esperti”, che hanno il compito di
approfondire ciascuno un diverso aspetto del problema o tema prescelto; nella seconda fase si formano dei gruppi
nuovi, “gruppi jigsaw” composti da almeno un esperto per ciascun aspetto approfondito nella fase precedente. Il
compito affidato ai questi ultimi gruppi consiste spesso nell’elaborare una presentazione orale o scritta del tema
scelto.
Durante entrambe le fasi, l’interazione all’interno dei gruppi + di tipo reticolare (ognuno si rivolge a tutti i membri
del suo gruppo) e non è prevista alcuna interazione tra i gruppi).
- La peer review
Si tratta di un processo di analisi critica da parte degli studenti del lavoro svolto dai loro colleghi.
Di solito si svolge in tre fasi: nella prima gli studenti confezionano un elaborato, nella seconda devono produrre un
feedback rispetto a quanto realizzato da uno o più colleghi, nella terza mettono a punto l’artefatto prodotto sulla
base del feedback ricevuto.
La peer review si basa quindi sul principio del “reciprocal teaching”, secondo cui è particolarmente importante che
lo studente confronti le proprie interpretazioni di realtà con quelle degli altri.
Può essere particolarmente utile in situazioni in cui ci sia il problema dell’altro numero di partecipanti a fronte di
pochi tutor.
- Il gioco di ruolo e lo studio di caso Il gioco di ruolo è una tecnica che richiede ai partecipanti di recitare una parte così da assumere un particolare
punto di vista durante la discussione con i colleghi. Permette di bilanciare le responsabilità tra i partecipanti e di
sfruttare le attitudini di ognuno, promuovendo l’interdipendenza reciproca.
Per le sue caratteristiche il gioco di ruolo ben si presta all’associazione con lo studio di caso, un’altra tecnica basata
su un approccio “orientato al problema”.
Durante uno studio di caso si fornisce agli studenti del materiale che illustra un’esperienza concreta e viene loro
richiesto di analizzare criticamente il caso, così da creare un forte collegamento tra la teoria e la pratica.
- Ambienti collaborativi per gestire la dimensione sociale Il passaggio dalla scelta della tecnica didattica da adottare all’effettiva conduzione dell’intervento formativo
prevede la realizzazione di un ambiente adeguato allo svolgimento delle dinamiche di apprendimento previste.
In ambito CSCL si utilizzano ambienti CMC opportunamente configurati.
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La struttura dell’ambiente CMC che ospiterà i flussi comunicativi delle attività dovrà essere in qualche misura
isomorfa a quella delle attività e, per ciascuna di esse, a quella dei gruppi di lavoro previsti, in modo tale da
assicurare la privacy necessaria ai lavori dei singoli gruppi.
In aggiunta, l’ambiente dedicato al corso dovrà probabilmente ospitare alcune aree di discussione “accessorie”, che
normalmente vengono rese disponibili alla comunità di apprendimento nella sua totalità. Le aree accessorie
comprendono: l’area CAFFE’, l’AIUTO TECNICO, la BIBLIOTECA, l’area RIFLESSIONI e FEEDBACK SUL CORSO.
Un’altra area generalmente considera utile, denominata FAMILIARIZZAZIONE, ospita attività volte a prendereconfidenza con l’ambiente software e con i compagni di lavoro.
L’area CONCLUSIONI rappresenta uno spazio dedicato alla discussione conclusiva, comprensiva di riflessione sul
metodo del corso e di autovalutazione.
L’area STAFF rappresenta invece un’area riservata ai progettisti, ai tutor e agli esperti, dedicata a discussioni su
come gestire le attività e le eventuali situazioni inaspettate o critiche che si possono presentare.
Capitolo 4: Social Network Analysis: dal mondo reale agli ambienti virtuali. Colore che per primi definirono i concetti centrali su cui si basa la SNA (in particolare quelli di “relazione”, “rete” e
“struttura”) provenivano soprattutto dalla psicologia sociale, dalla sociologia e dall’antropologia.
- Caratteristiche essenziali della SNA I punti fondamentali della SNA sono costituiti dalle relazioni (collegamenti, contatti, legami) esistenti entro
determinate aggregazioni più o meno grandi di elementi; per tale motivo i dati analizzati dalla SNA sono detti
RELAZIONALI.
Vi sono due differenti tipologie di analisi che si concentrano, l’una, sulle reti sociali locali che caratterizzano i singoli
attori (EGO-CENTERED ANALYSIS) e, l’altra, sulla rete globale di relazioni di un gruppo o di una comunità (FULL
NETWORK ANALYSIS).
- gli elementi dell’insieme sono analizzati secondo un’ottica di interdipendenza.
- Le relazioni che legano le entità analizzate rappresentano dei canali per il trasferimento di flussi o risorse
materiali e/o immateriali
- La rete di legami che si crea fra gli elementi considerati costituisce una struttura avente la duplice funzione di
offrire specifiche opportunità ma contemporaneamente di definire i limiti dell’azioni individuale.
- La struttura dei legami rappresenta una configurazione in continuo sviluppo in cui si possono riconoscere un
inizio, uno sviluppo, una maturazione ed eventualmente una fine.
I METODI utilizzati nella SNA sono due distinti approcci che però si integrano a vicenda: la teoria dei GRAFI e le
analisi statistiche normalmente applicate nelle discipline sociali.
Gli SCOPI che persegue l’utilizzo della SNA sono l’analisi delle variabili strutturali che caratterizzano un gruppo di
individui o un più ampio sistema sociale e lo studio nel tempo del processo di cambiamento all’interno della
struttura di tali aggregazioni.
- SNA: elementi di base
Teoria dei Grafi:
Il GRAFO, detto anche SOCIOGRAMMA, è una rappresentazione grafica che riproduce la rete delle relazioni
riscontrate entro gli elementi di un determinato insieme, in questo caso comunità virtuali costituite da individui che
interagiscono a distanza tramite il Web.
Dunque il grafo riproduce su uno spazio bi/tridimensionale la rete di scambi (invio di messaggi o di file) fra i
soggetti appartenenti a una comunità virtuale.
Un grafo è costituito da un insieme di linee che collegano dei punti (o nodi) e la sua costruzione si basa su una
matrice di dati relazionali.
Fra le matrici maggiormente utilizzate nella SNA assumono particolare importanza quelle di adiacenza, costituite da
righe e colonne che rappresentano i singoli individui mentre le celle evidenziano se particolari coppie di individui
sono o no legate da una comune affiliazione.
- Orientamento e intensità delle relazioni fra i punti di un sociogramma
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- Il sociogramma non orientato/senza valore indica semplicemente le relazioni esistenti fra i punti rappresentati.
- Il sociogramma orientato (le cui relazioni anziché da semplici linee sono rappresentate da frecce)/senza valore
indica se la relazione è reciproca oppure se lo scambio è da considerarsi unidirezionale.
- Il sociogramma non orientato/con valore indica l’esistenza e l’intensità di una relazione.
- Il sociogramma orientato/con valore è tipico delle relazioni di scambio ed è quello che offre l’informazione più
ricca, indicando sia la direzione della relazione fra due punti sia l’intensità di tale relazione.
- La SNA applicata al Web: monitorare e analizzare le comunità virtuali A partire dai primi studi effettuati negli anni Ottanta, varie ricerche hanno applicato la SNA all’analisi di gruppi o
comunità di individui che interagiscono tramite gli strumenti di rete, particolarmente per quanto concerne
l’acquisizione di conoscenze e competenze in ambito lavorativo (Computer Supported Cooperative Work) o più
semplicemente didattico (Computer Supported Collaborative Learning).
Per l’analisi delle interazioni fra individui che partecipano a gruppi e comunità virtuali, le ricerche sinora effettuate
hanno rivolto l’attenzione prevalentemente ad alcune dimensioni: l’analisi del vicinato, l’analisi della connettività,
l’analisi della coesione e l’analisi della centralità.
- Analisi del vicinato: aggregazione di una comunità virtuali e supporto sociale diretto fra i suoi partecipanti.
L’analisi del VICINATO analizza la densità dei legami che caratterizzano un grafo.
I principali indicatori sono l’indice di densità e l’indice di INCLUSIVITA’ o di inclusione.
Quest’ultimo rileva la percentuale di punti o nodi fra loro connessi rispetto al totale.
Il concetto di densità indica la proporzione di linee realmente presenti all’interno di un grafo rispetto al numero
massimo di linee possibili.
L’analisi del vicinato può essere alquanto utile per monitorare la cooperazione e la collaborazione di un gruppo.
- Analisi della connettività: forza e vulnerabilità delle relazioni all’interno di una comunità virtuale
Un grafo di dice connesso se tutti i nodi in esso contenuti sono raggiungibili, ovvero se tutti i punti che lo
compongono sono fra loro collegati tramite percorsi.
L’analisi della CONNETTIVITA’ è volta a rilevare quanto un grafo è fortemente connesso, ovvero se vi sono punto i
componenti deboli e/o non raggiungibili.
L’indice di connettività di un sociogramma può essere misurato a partire dai nodi o dalle linee e da questo punto di
vista rappresenta anche una misura della sua vulnerabilità, ovvero della faciltà con cui si può disconnettere un
grafo.
- Analisi della coesione: le zone di confronto e scambio di una comunità virtuale Pur interagendo con molti o tutti i membri di una comunità, i partecipanti mostrano una certa preferenza per alcuni
“vicini” piuttosto che altri; potremmo definire tali aggregazioni come il “vicinato preferenziale” degli individui che
ne fanno parte e normalmente rappresentano zone caratterizzate da scambi più dinamici.
L’analisi della COESIONE permette di verificare la partecipazione dei singoli soggetti a queste “aree di interazione
preferenziale”.
- Centralità e centralizzazione: la struttura comunicativa di una comunità virtuale La CENTRALITA’ indentifica gli attori “più centrali” o “rilevanti” all’interno di una rete sociale.
A differenza degli indici di centralità dei nodi, gli indici di centralità del grafo o indici di CENTRALIZZAZIONE sono
stime concernenti l’intera comunità e descrivono quanto essa sia centralizzata attorno ai suoi elementi più
importanti (centrali).
Nell’ambito delle comunità virtuali di studenti, uno degli indici di centralità più interessanti da analizzare è
certamente il BETWEENNESS CENTRALITY INDEX, che si basa sul ruolo che possono avere alcuni nodi per le
connessioni di nodi non adiacenti. -Aspetti critici circa l’applicazione della SNA alle interazioni fra i partecipanti di comunità virtuali
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La SNA appare appropriata per le grandi comunità virtuali, dato il potere riduttivo che hanno le tipologie di analisi
effettuate (gli indici rilevati permettono di esprimere con un solo valore dinamiche relazionali piuttosto complesse)
mentre con i piccoli gruppi l’efficacia descrittiva della SNA è più debole in quanto gli indici strutturali raggiungono
valori critici difficilmente confrontabili.
La SNA è un’analisi quantitativa basata unicamente sull’ammontare degli scambi che caratterizzano i partecipanti
di una comunità virtuale e non contempla minimamente il contenuto dei messaggi.
Parte Seconda: Percorsi d’indagine: ambiti e scenari applicativi Capitolo 5: Teoria e pratiche di ricerca e di partecipazione per l’apprendimento online nell’alta formazione
- La formazione alla ricerca con il contributo dell’online learning come apprendimento dell’approccio scientifico Nell’architettura dell’istruzione superiore europea l’alta formazione corrisponde al terzo livello della formazione
universitaria (specializzazione e dottorato), che si raggiunge dopo la laurea e la laurea magistrale o specialistica.
La formazione permanente è formazione scientifica, diversamente approfondita e distribuita nei livelli di istruzionee di educazione non formale:
Il livello più alto di formazione è chiamato a realizzare le forme di apprendimento più evolute, che nella competenza
della ricerca scientifica raggiungono l’espressione più compiuta.
Tale competenza è richiesta oggi nelle professioni più elevate della società della conoscenza.
L’alta formazione è chiamata a formare “intelligenze collettive” nel mondo del lavoro che, valorizzando al massimo
grado i processi d’indagine propri della mente umana, siano in grado di gestire scientificamente i processi
accelerati del cambiamento sociale, culturale ed economico.
DIMENSIONE PARTECIPATIVA del soggetto nell’alta formazione:
sul piano delle scienze della formazione è risaputo che per garantire un buon successo formativo occorre attivare
un processo di apprendimento che coniughi le diverse dimensioni del coinvolgimento del soggetto nel contesto
dato.
Inoltre, poiché l’apprendimento avviene sempre in contesti dati, la sua dimensione sociale e culturale è di
particolare importanza: l’organizzazione di gruppi di studio e di ricerca nell’alta formazione tende a valorizzare
questo valore aggiunto, che però non è automatico, ma comporta la gestione convergente di rappresentazioni
mentali diverse, quanti sono i membri di una “comunità di pratiche”
La dimensione partecipativa dell’apprendimento individuale e collettivo richiama un’altra variabile dell’alta
formazione: L’ELABORAZIONE AVANZATA DEI SIGNIFICATI.
Nell’alta formazione il soggetto viene a coniugare saperi soggettivi con saperi oggettivi, senso comune e senso
scientifico.
I saperi scientifici nell’alta formazione, più che in ogni altra, vanno trattati attraverso la coerenza dell’APPROCCIO
INDAGATIVO proprio del processo di ricerca scientifica, basato sul criterio della scienza dimostrativa secondo cui un
assunto scientifico è la risposta ad un problema analizzato e risolto attraverso la costruzione di ipotesi sottoposte a
verifica.
Il lavoro di ricerca scientifica, di base o applicata, ha in sé una DIMENSIONE TRASFORMATIVA accanto a quella
interpretativa.
Il carattere trasformativo attiene alla produzione sia immateriale che materiale degli esseri umani.
Il rapporto teoria-pratica e pratica-teoria, sviluppatosi attraverso il carattere sperimentale della scienza moderna,
chiede ai ricercatori di maturare competenze di generalizzazione del caso particolare ai modelli aperti e
competenze di trasferimento da una situazione ad un’altra analoga.
Un campo di indagine innovativo è quello della RICERCA TRANSDISCIPLINARE, che comincia a prendere piede negli
ambienti scientifici più sensibili alla dimensione planetaria e transculturale dei processi di cambiamento ed alla
dimensione epocale esplorativa.
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Un ultimo caso del lavoro attivo e trasformativo della ricerca è espresso dalle competenze del ricercatore nella
GESTIONE DEI PROGETTI SCIENTIFICI.
Questo tipo di competenza operativa risulta necessaria più che mai al lavoro scientifico contemporaneo, che vede
impegnati sempre più gruppi di ricercatori attorno a una progettazione scientifica con fondi, fasi e prodotti da
realizzare ben definiti.
LA FORMAZIONE ONLINE assume le tre dimensioni (partecipativa, indagativa e trasformativa) non solo come
obiettivi formativi da raggiungere ma anche come metodologie di lavoro formativo:
- La dimensione partecipativa nell’alta formazione online può essere assicurata dalle possibilità interattive
attualmente molto articolate nelle ICT (come disporre di un e-portfolio dell’apprendimento e delle competenze che
permette di fare un bilancio delle competenze di ricerca in ingresso, in itinere e in uscita, o anche di una banca dati
di learning objects a cui attingere per strutturare percorsi articolati e flessibili).
- La dimensione indagativa ha anch’essa buone possibilità di traduzione tecnologica in chiave didattica.
- La dimensione trasformativa costituisce una delle possibilità maggiormente evolute delle attuali tecnologie
informatiche e telematiche. Esse possono lavorare sui concetti e sugli elaborati scientifici non solo in termini
descrittivi e interpretativi, ma attraverso appositi programmi possono anche realizzare operazioni sofisticate di
cambiamenti complessi, sia nel tempo che nello spazio, reali o prevedibili, relativi alla produzione umana sia
materiale che immateriale.
- L’apprendimento come partecipazione ad una comunità di pratiche nell’alta formazione I dispositivi e i setting formativi in cui si articola l’alta formazione devono necessariamente configurarsi come
contesti di apprendimento in cui diventa possibile non solo e non tanto fruire in modo passivo di saperi e di
conoscenze formalizzate, ma usare attivamente in modo legittimo saperi e conoscenze, partecipando alla loro
decostruzione/ricostruzione in situazioni di pratica.
In questa prospettiva, l’apprendimento può essere inteso come una TRAIETTORIA DI PARTECIPAZIONE ai saperi ed
alle pratiche che connotano un sistema/sottosistema sociale, interpretabile come una comunità.
- Ricerca, azione, partecipazione come vettori di apprendimento nell’alta formazione La formazione si presenta come un’azione complessa caratterizzata da azione intrapersonali (il processo di
apprendimento che permette il realizzarsi della formazione stessa) e da azioni interpersonali con altri soggetti e con
l’ambiente.
Gli interventi di alta formazione devono far dialogare queste dimensioni senza privilegiarne una piuttosto che
un’altra e superare così il modello lineare e unidirezionale ancora molto presente nella formazione superiore.
Le metodologie che meglio cercano di rispondere alla centralità, all’attivismo e al cooperativismo del soggetto in
educazione possono essere considerate democratiche, opposte cioè a quelle che vedono il soggetto in formazione
come semplice ascoltatore, ricettore, riproduttore dipendente di quanto detto dal formatore o dall’insegnante.
Nel modello formativo democratico viene attivata una situazione di apprendimento partecipata e sostenuta da
forme di comunicazione che sollecitano la libera espressione di idee e opinioni senza il timore di incorrere in giudizi
e quindi di essere in qualche modo censurati o esclusi: è un modello che riconosce non solo la dimensione
cognitiva, ma anche quella emozionale.
Il riferimento alla RICERCA AZIONE PARTECIPATIVA (RAP) è dato anche dalla ricerca di quei metodi che possano
meglio contribuire alla formazione diffusa di saperi democratici.
Nella sua proposta operativa la RAP rappresenta una risposta concreta al problema dell’educazione locale articolata
in un’ottica di educazione globale e quindi nelle sue possibilità di decentramento e di ampliamento dell’esperienza
stessa.
La RAP, proprio perché pensata e proposta soprattutto per la formazione in età adulta, deve saper riconoscere le
dinamiche elaborative e costruttive già in uso dei soggetti che partecipano ad una nuova esperienza formativa: non
è sufficiente dire che bisogna partire dalle conoscenze pregresse, se non si esplora la natura di queste conoscenze.
La metodologia della RAP riesce a fare circolare i saperi e consente di scoprirli nella relazione che si costruisce tra lepersone coinvolte.
Senza una positiva situazione relazionale di reciprocità, curiosità e accoglienze le esperienze educative trovano
facilmente il loro fallimento.
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La RAP è una metodologia che può essere considerata un processo progettato per poter potenziare tutti i
partecipanti del processo educativo, con l’obiettivo di migliorare le differenti pratiche presenti nell’esperienza
educativa.
Il metodo della RICERCA è proprio dell’attività conoscitiva perchè è il processo che viene attivato da ogni soggetto
nel momento in cui si riconosce non in grado di attivare codici interpretativi adeguati a comprendere un certo
fenomeno.
La ricerca si articola secondo le fasi del processo scientifico permettendo di procedere in modo ordinato
nell’esplorazione dei problemi e di seguire un andamento processuale, in modo tale che vengano messe in campole conoscenze già in possesso dal soggetto.
La ricerca ha una dimensione individuale ma anche collettiva perché per potersi meglio esprimere si avvale dei
saperi collettivi condivisi dai gruppi di appartenenza. Il metodo dell’azione si avvale del pensiero di Dewey e dei contributi dell’attivismo e riconosce l’importanza del
FARE nel processo di apprendimento.
E’ attraverso l’azione che il soggetto partecipa a e condivide un gruppo di ricerca, sperimenta le modalità con le
quali si passa dalle conoscenze alle competenze: il passaggio dal sapere ad un saper fare contestualizzato, con
l’integrazione del metodo della ricerca.
Con la dimensione partecipativa la ricerca azione si specifica anche come un contributo metodologico che riconosce
ai soggetti la dinamica del sentire come dinamica essenziale per il raggiungimento del successo formativo dellepersone.
Il soggetto deve sentirsi protagonista di ciò che sta facendo per gestire in prima persona e autonomamente ciò che
desidera apprendere.
Capitolo 6: Dalla trasmissione dei contenuti all’attivazione degli apprendimenti. Proposte metodologiche e
applicative per progettare learning objects efficaci.
- Cosa sono i learning objects (LO) e a cosa servono? I LO sono materiali didattici, solitamente multimediali, fruibili attraverso le piattaforme e-learning.
Essi (anche detti “oggetti di apprendimento”) possono essere definiti come componenti modulari capaci di veicolare
dal punto di vista tecnologico ed educativo unità elementari di apprendimento.Le caratteristiche peculiari dei LO sono:
-riusabilità, intesa come possibilità di molteplici utilizzi (Reausable LO, RLO)
-autoconsistenza, cioè l’indipendenza sia concettuale che tecnologica da altri moduli
-reperibilità, intesa come la possibilità di essere individuabili attraverso opportuni metadata
-portabilità, ossia l’indipendenza del sistema operativo e da qualsiasi altro software
-aggregabilità, ovvero la possibilità di essere utilizzati all’interno di percorsi didattici complessi.
- Elementi di debolezza del modello GRANULARITA’ degli oggetti: la questione è legata alla standardizzazione dimensionale dei LO, ovvero alla quantità
di “contenuto” che essi debbono trattare.
Il concetto di riusabilità gioca buona parte delle proprie possibilità di successo sul dimensionamento dei contenuti.Oggetti piccoli forniscono buone garanzie di riusabilità, ma sono poco gestibili, mentre oggetti di grandi dimensioni
sono difficilmente riutilizzabili perché non versatili.
Reperire un oggetto didattico specifico è tutt’altro che banale e, una volta individuato, non è detto che si adatti allo
scopo, assuma un livello di trattazione adeguato o usi il linguaggio appropriato.
In questi anni sono stati prodotti LO di medie dimensioni, ovvero contenenti almeno l’esposizione di un obiettivo
didattico, ma più spesso si è preferito produrre e diffondere quelli che più propriamente dovrebbero essere chiamati
COURSEWARE, corsi complessi fruibili in un tempo variabile, internamente articolati in più unità didattiche e
corredati da test di verifica degli apprendimenti.
Dal punto di vista pedagogico le critiche maggiori riguardano invece la concezione stessa di apprendimento sottesa
al modello dei LO.Sappiamo che affinchè l’apprendimento sia significativo è necessario che i nuovi concetti assumano un senso
all’interno della struttura cognitiva preesistente e vengono incorporati in essa.
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Nei LO tali difficoltà devono essere accuratamente previste e gestite a partire dalla ricerca della chiarezza
espositiva, dall’accurata scelta dei linguaggi (testuale,visivo,ecc) e dall’offerta di tracce e percorsi diversi.
- Ricerca di una specificità per i learning object Dal punto di vista dell’usabilità, intesa come facilità d’uso del sistema, per rendere esplicativo il funzionamento del
programma è importante scegliere gli opportuni comandi disponibili, alla loro trasposizione in simboli e riferimenti
iconici, fino al complessivo allestimento interfaccia.
Per quanto riguarda la scelta degli elementi mediali utilizzabili nella rappresentazione dei contenuti (testi,
immagini, animazioni, audio e filmati) si tratta di operare una selezione sulla base sia delle singole caratteristiche di
ognuno dei componenti elementari, sia dell’interazione con gli altri elementi.
E’ importante non sopravvalutare l’apporto dei media; essi sono un modo per rappresentare il contenuto, quindi la
multimedialità di per sé non determina efficacia formativa ma questa è data dalla condizione che il medium sia
rilevante per l’obiettivo specifico e che sia coerente con la strategia didattica complessiva.
- Progettare i learning objects. Come usare la multimedialità Tra i contributi teorici più rilevanti per la strutturazione di contenuti didattici sono da annoverare quelli prodotti
dalla psicologia dell’apprendimento e dalle scienze cognitive.
Secondo gli approcci che in seguito approfondiremo, l’esplorazione dei processi dell’attenzione e della memoria si
sviluppano a partire dai modelli teorici formalizzati nell’ambito del cognitivismo (prospettiva Human Information
Processing, HIP) secondo cui la mente umana è un “processore capace di elaborare informazioni”.
La TEORIA DEL CARICO COGNITIVO è volta ad illustrare come l’apprendimento dipenda dalle modalità con cui le
informazioni vengono offerte alle architetture cognitive umane.
Il carico cognitivo è la quantità totale di attività mentale imposta alla memoria di lavoro in un dato istante e
dipende dall’interrelazione fra i contenuti, lo studenti e il contesto di apprendimento. La buona progettazione riduce
tale carico eliminando componenti superflue e capaci di disturbare il processo.
La TEORIA DEL DOPPIO CODICE invece si focalizza sulle modalità con cui il sistema cognitivo umano riesce a
trattenere le informazioni in entrata e a richiamare quelle depositate nella memoria a lungo termine attraverso due
tipi di codifica, una verbale e una non verbale.
La TEORIA DELL’APPRENDIMENTO MULTIMEDIALE elaborata da Mayer fornisce una sintesi degli approcci precedenti.
Parole e immagini provengono dal mondo esterno e vengono elaborate, a partire dal filtro operato dalle diverse
memorie sensoriali (uditiva e visiva), da due diverse aree specializzate della memoria di lavoro; le informazioni
derivanti dai due modelli risultanti (verbale e pittorico) verranno successivamente organizzate ed integrate in un
unico modello grazie anche alle conoscenze precedenti provenienti dalla memoria a lungo termine.
L’obiettivo principale è il ricordo, cioè l’abilità di riconoscere e riprodurre il materiale presentato, insieme alla
comprensione che consente poi l’applicazione di quanto appreso ad altri contesti (transfer).
Affinchè ciò sia possibile è necessario che la presentazione degli stimoli, ovvero l’allestimento dei materiali
multimediali, rispetti sei principi di base: multimedialità, vicinanza spaziale e temporale, rilevanza o coerenza del
materiale, multi-modalità, ridondanza, personalizzazione.
- La modellizzazione didattica dei learning objects L’Instructional Design (ID) è un settore di ricerca che ha prodotto importanti indicazioni per la modellizzazione
didattica dei prodotti multimediali.
Secondo Merrill l’apprendimento è facilitato quando:
-chi apprende è coinvolto nella soluzione di problemi autentici connessi al mondo reale.
-si utilizza la conoscenza esistente come base di attivazione per quella nuova.
-i concetti sono ben dimostrati a chi apprende
-l’allievo è posto nelle condizioni di impiegare quanto appreso.
-la nuova conoscenza si integra nell’insieme delle conoscenze possedute dal discente.
Tra gli elementi più importanti di questo modello c’è il richiamo alla trasformazione del contenuto conoscitivo in
“problema”, ovvero in un quesito da risolvere.
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Le tipologie di courseware che più si prestano a questo scopo sono quelli esploratori (exploratory courseware) tra
cui i giochi e le simulazioni sono i rappresentanti più noti.
- L’importanza di rendere attivi i contenuti L’esigenza sottesa alla strategia sopra citata di Merrill è quella di giungere ad un coinvolgimento dello studente,
ossia ad una trasformazione del suo ruolo nel processo conoscitivo da passivo ad attivo.
Uno dei modelli più notti è quello della FLESSIBILITA’ COGNITIVA, che ha contribuito a sottolineare l’importanza di
mostrare le diverse modalità di rappresentazione della conoscenza e i vantaggi derivanti dall’offerta di percorsi
alternativi per l’esplorazione dei contenuti in contrapposizione all’esposizione lineare e didascalica di nozioni.
- Giochi, simulazioni o…anche solo “problemi aperti” Tra le numerose tipologie di LO che meglio integrano le istanze dell’apprendimento attivo, esperienziale e basato
sul coinvolgimento diretto dello studenti sono emblematiche: le storie ramificate, i fogli elettronici interattivi, i
laboratori virtuali e i giochi.
Ognuno di questi si applica in maniera peculiare in ambiti disciplinari (o tematico-professionali) specifici.
Nell’approccio per problemi che Allen chiama “centrato sull’utente”, attraverso il meccanismo della scoperta allo
studente viene data la possibilità non solo di acquisire i contenuti specifici, ma anche di sperimentare il modo di
porsi davanti al problema.
Oltre al sapere si consente di maturare anche una sensibilità sul comportamento da tenere (saper essere) e sulle
azioni da seguire per giungere alla soluzione del problema (saper fare).
Capitolo 7: Le simulazioni per l’apprendimento online: vantaggi e problemi.
- Due modi di apprendere Ci sono due modo di apprendere: attraverso il linguaggio, perché qualcuno ci racconta come è fatta la realtà e ce la
spiega, e attraverso l’esperienza, osservando la realtà e interagendo con essa.
Lo scenario tipico dell’apprendimento attraverso il linguaggio è la lezione di un insegnante in classe o la lettura di
un libro; lo scenario tipico dell’apprendimento attraverso l’esperienza è la vita di tutti i giorni.
La differenza fondamentale tra apprendimento attraverso il linguaggio e apprendimento attraverso l’esperienza è
che il primo è un apprendimento mediato dalle parole, mentre il secondo è un apprendimento diretto, attraverso i
sensi e le azioni.
L’osservazione della realtà può essere in qualche modo sostituita dalla sua descrizione linguistica: la realtà è
rappresentata dai simboli del linguaggio e i simboli funzionano anche in assenza della realtà a cui si riferiscono.
Invece la manipolazione della realtà non è proprio possibile usando il linguaggio: se la realtà non è direttamente
presente, non si può agire su di essa e non si può neppure osservare quello che succede come effetto delle nostre
azioni.
L’interazione attiva con la realtà è la caratteristica più importante dell’apprendimento tramite l’esperienza. Nella
vita di tutti i giorni, l’individuo non si limita a osservare passivamente la realtà come gli si presenta
spontaneamente, ma compie azioni che modificano la realtà e osserva gli effetti delle sue azioni.
- Il ruolo centrale del linguaggio verbale nei processi formativi Tradizionalmente l’apprendimento e la formazione avvengono attraverso l’utilizzo quasi esclusivo del canale del
linguaggio verbale.
Al contrario, il ruolo svolto dai canali non verbali, soprattutto quelli iconici e grafici, assume un peso decisamente
minore nelle attività di apprendimento (in termini quantitativi rappresentano soltanto il 10% dei materiali e delle
attività formative).
Le nuove tecnologie, cioè gli ipertesti, la multimedialità, Internet, l’e-learning, non cambiano nell’essenziale questo
stato di case: il linguaggio continua a svolgere un ruolo centrale e cruciale come strumento di conoscenze,
comprensione e apprendimento e quello che compare sullo schermo del computer sono ancora essenzialmente
materiali linguistici.
Ma i limiti del linguaggio come canale di informazione sussitono:
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-sul piano motivazionale,: apprendere operando soltanto al livello delle parole può essere spesso poco motivante.
-sul piano delle precondizioni necessarie per l’apprendimento: appendere attraverso il linguaggio presuppone
capacità linguistiche nello studente che non possono mancare
-sul piano della comprensione dei contenuti formativi: il linguaggio può portare ad apprendimenti superficiali
soltanto “verbali”, ma privi di comprensione
-sul piano del ricordo e dell’integrazione di ciò che si è appreso nelle conoscenze e nelle abilità già esistenti nello
studente.
L’uso quasi esclusivo del linguaggio come canale di comunicazione e apprendimento nella formazione tradizionale è
da collegare con la facilità e l’economicità dell’uso del linguaggio.
- Apprendere attraverso il vedere e il fare con i nuovi media digitali In qualche misura i canali non verbali della comunicazione sono stati usati da sempre nell’educazione, dalle figure
alle mappe e ai grafici, dai disegni alla creazione e manipolazione di oggetti dell’educazione attiva.
Le tecnologie digitali aprono orizzonti e possibilità impensabili fino ad oggi alla comunicazione non verbali
(apprendere attraverso il vedere e il fare).
I nuovi media digitali, se facilitano l’apprendimento a coloro che hanno scarsa familiarità con il linguaggio verbale,
sono un potente strumento di comprensione e apprendimento per tutti; si pensi anche a quelle categorie di
persone, quali alcuni disabili cognitivi e soprattutto i non udenti, o quelle fasce di popolazione interessate dal
cosiddetto digital divide, che trarrebbero un enorme giovamento da questo nuovo modo di apprendere.
I materiali multimediali finora utilizzano solo il VEDERE come canale e strumento di apprendimento, mentre ancora
non chiamano in causa il FARE.
Tuttavia, un’innovazione ancora più importante introdotta dai nuovi media digitali è costituita dalle possibilità di
interazione con gli oggetti di apprendimento che questi media offrono a chi deve apprendere: le SIMULAZIONI.
Una simulazione è una teoria, ovvero una serie di ipotesi sulle cause, i meccanismi e i processi che stanno dietro a
determinati fenomeni della realtà e li spiegano. Le simulazioni sono quindi un nuovo modo di esprimere le teorie
nella scienza, formulandole come programmi di computer.
Ma le simulazioni non sono soltanto teorie, sono anche laboratori sperimentali. Le simulazioni possono essere
potenti strumenti di apprendimento perché con esse si vedono i fenomeni, gli eventi, i processi sullo schermo del
computer, e si agisce su questi fenomeni, eventi e processi manipolando con il mouse e la tastiera le condizioni che
li influenzano.
- Problemi nello sviluppo di simulazioni e di ambienti multimediali per l’apprendimento Chi intende esplorare le possibilità di comunicazione pedagogica non verbale offerte dai nuovi media digitali deve
fare i conti con il fatto che questa comunicazione richiede competenze che:
-diversamente dal linguaggio verbale, non sono automaticamente possedute dalle persone, ma debbono essere
create mediante appropriate attività di formazione
-sono tendenzialmente competenze diverse e non facilmente possedute da un’unica persona
-sono competenze non ancora chiaramente definite in quanto non sono chiaramente conosciute e provate le stessepotenzialità di comunicazione e di apprendimento non verbale offerte di nuovi media.
Considerando la forma più semplice di multimedialità, che comporti visualizzazioni e animazioni ma scarsa o nulla
interattività, si pongono almeno tre problemi nella loro produzione.
Il primo è la scelta delle icone visive; le icone debbono essere scelte per la loro comprensibilità, efficacia,
gradevolezza e capacità di suscitare interesse.
Il secondo problema è quello dell’uso dei materiali testuali all’interno di una presentazione multimediale; non tanto
per la loro brevità e contenuti ma per le modalità di presentazione fisica di tali testi, che ovviamente debbono
essere coordinati con il contenuto del testo e dell’apprendimento e debbono essere selezionati in funzione
dell’obiettivo formativo che ci si pone con quella specifica schermata.
Il terzo problema che si deve affrontare riguarda la costruzione e l’analisi complessiva della schermata dal punto di
vista dei suoi effettivi cognitivi e motivazionali sullo studente.
Invece per costruire una simulazione di un certo tipo di fenomeni nel campo delle scienze naturali,
comportamentali, sociali e storiche, o per un certo tipo di applicazione, sono necessarie prima di tutto competenze
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di contenuto riguardanti quel particolare tipo di fenomeni, poi competenze nella costruzione di modelli simulativi di
quei fenomeni, e infine competenze informatiche per la traduzione di tali modelli in programmi che girano in un
computer.
L’uso delle simulazioni per scopi di formazione e di apprendimento aggiunge a queste competenze altre
competenze nel campo della multimedialità e della comunicazione e interazione pedagogica.
Capitolo 8: Apprendimento collaborativo in rete e didattica universitaria: aspetti gestionali e ricadute educative.
- Il contesto Il campo delle modalità di utilizzo delle ICT a supporto della didattica universitaria è piuttosto ampio.
Un forte orientamento è stato riconosciuto verso l’adozione di APPROCCI basati sulla DIDATTICA INTEGRATA e sulle
BLENDED SOLUTIONS.
Nel primo caso ci si riferisce alle possibilità di integrare l’attività d’aula tradizionale sia con l’uso del Web per la
distribuzione di materiale integrativo, sia con il supporto online agli studenti nello studio dei contenuti disciplinari
affrontati a lezione.
Nel caso invece delle blended solutions, ci si trova a metà strada fra una situazione di didattica tradizionale
propriamente detta in quanto l’approccio prevede un’alternanza di attività didattiche in aula e a distanza non
opzionali, tra loro strettamente correlate.
Meno applicati sono invece gli APPROCCI centrati sull’APPRENDIMENTO IN RETE e cioè processi formativi, animati in
rete dal docente (o da un tutor), basati sull’integrazione fra studio individuale degli e-content e studio collaborativo
in gruppo.
Questo approccio ha bisogno di diverse condizioni:
-la disponibilità del docente a ridisegnare il corso rispetto alla versione pensata per una didattica in presenza.
-una preparazione specifica dei docenti (e dei tutor) riguarda sia alla progettazione di attività didattiche basare
sull’apprendimento in rete, sia alle modalità di organizzazione e gestione dei gruppi di studio online.
-la pertinenza della strategia collaborativa rispetto agli obiettivi formativi dichiarati per il corso
-la presenza di classi numericamente limitate (15-20 studenti)
-la disponibilità di adeguati servizi di rete per la comunicazione di gruppo e la possibilità per gli studenti di accedere
frequentemente alla rete.
Per meglio comprendere come sia praticamente applicabile una strategia di apprendimento collaborativo in rete,
prenderemo a modello due corsi universitari erogati presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi
di Torino.
- La fase pre-corsuale di “riscaldamento” Entrambi i corsi hanno avuto la durata di 7-8 settimane, anche se in realtà, prima dell’incontro iniziale, sono state
previste 2 settimane pre-corsuali, di “riscaldamento”, in cui gli studenti si sono presentati via e-mail al docente per
ricevere la password di accesso al sistema di computer conference scelto per l’interazione a distanza.
Gli scopi di questa fase sono: avvicinare progressivamente gli studenti al corso e il tracciamento del PROFILING del
gruppo di apprendimento (attraverso un questionario informativo vengono richieste agli studenti informazioni sulgrado di familiarità all’uso di certi strumenti, sul livello di conoscenza degli argomenti del corso e su eventuali
precedenti esperienze di partecipazione a corsi online).
- La conduzione online del corso E’ consigliabile che l’approccio all’interazione collaborativa avvenga in maniera graduale e che il docente moduli
con differenti strategie la comunicazione con il gruppo di apprendimento, partendo dalla semplice interazione 1-a-1
con il singolo studente (MODULO 0) fino ad arrivare alla vera e propria interazione “a rete”.
Quest’approccio graduale, progressivo e lineare ha lo scopo di favorire le tre fasi attraverso cui di solito evolve il
gruppo di apprendimento:
- dipendenza dal tutor
- indipendenza (quando il corsista cerca di affermare il suo personale punto di vista)- interdipendenza (considerare gli altri come risorse per raggiungere meglio i propri scopi e quelli dell’intero
gruppo).
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MODULO 1: l’attività dello studente è di tipo individuale e consiste sia nello studio di materiali messi a disposizione
dal docente sul sistema di computer conference (CCS) sia nell’acquisire competenze sulla ricerca autonoma in rete
di informazioni specifiche si temi del corso.
La comunicazione avviene in un forum ed è detta “a stella”, dove il docente pur interagendo in modalità 1-a-1 con i
singoli studenti, lo fa pubblicamente in modo che sia le domande che le risposte siano lette da tutto il gruppo di
apprendimento.
MODULO 2: prevede un’esercitazione finalizzata all’esplorazione di un ambiente di rete; quindi il forum oltre allaspiegazione di consegna da parte del docente funge da spazio i SELF-HELP della comunità di apprendimento
soprattutto per la prevista attività esercitativa; si sperimentano le prime forme di collaborazione in rete e infatti
l’architettura della comunicazione è di tipo uno-a-molti.
MODULO 3:si tratta della prima esperienza di co-costruzione di un elaborato: è prevista un’esercitazione su un
sistema di e-group che gli studenti devono analizzare per poi produrne (lavorando a coppie attraverso la
messaggistica personale; comunicazione privata studente-studente) una sintetica guida all’uso.
MODULO 4:agli studenti viene proposto di produrre collaborativamente una tesina sulla base di una scaletta fornita
dal docente, nel momento in cui essi sono pronti per passare alle attività di studio collaborativo in gruppo usando la
comunicazione molti-a-molti, “a rete”.
Dato che un lavoro collaborativo del genere non è pensabile all’interno di un gruppo di 15-20 studenti, la co-costruzione dell’elaborato è stata articolata in due fasi: la prima di interazione in sotto-gruppo e la seconda di
interazione a gruppo riunito.
MODULO 5: in prossimità delle fasi finali del corso gli studenti vengono coinvolti in una discussione di gruppo
finalizzata alla riflessione e all’argomentazione su aspetti teorici legati agli argomenti del corso (una discussione
organizzata in “tavola rotonda” in cui il docente assume il ruolo di moderatore).
Nei due corsi online descritti non sono state previste attività basate sulla comunicazione sincrona (chat testuale o
vocale) per non disabituare gli studenti all’interazione di gruppo e alla circolazione delle domande e delle risposte;
tuttavia gli studenti ne hanno fatto uso soprattutto durante il lavoro collaborativo per ottimizzare i tempi decisionali
usando sia chat private sia le chat-room messe a disposizione di ogni sotto-gruppo di studio.
- Gli incontri in presenza Nel due corsi online erano previsti due incontri in presenza, entrambi della durata di 2 ore (oltre a quello destinato
all’esame finale).
L’incontro iniziale vuole creare le condizioni per migliorare la successiva partecipazione a distanza attraverso
quattro momenti:
la socializzazione dei partecipanti, la presentazione del corso e della metodologia scelta, le domande sul CCS scelto
per l’interazione di gruppo, la stipula di un patto formativo tra docente e gruppo di apprendimento.
Il secondo incontro è invece articolato in tre momenti principali: un debriefing sulle precedenti attività a distanza,
una discussione degli elaborati prodotti dagli studenti nei moduli precedenti, l’introduzione degli argomenti oggetti
dell’ultimo modulo del corso.
- Monitoraggio e valutazione L’online education, rispetto ad altre metodologie didattiche di e-learning, offre l’opportunità al docente di
monitorare costantemente lo sviluppo delle attività corsuali, la progressione nel raggiungimento degli obiettivi
formativi, il livello di coinvolgimento degli studenti nello studio collaborativo.
Infine l’applicazione di strategie basate sull’apprendimento collaborativo in rete non può prescindere dalla
consapevolezza del docente di mettere in atto un processo formativo sia a livello disciplinare sia a livello di impatto
personale dell’individuo.
Il docente quindi sposta il proprio approccio all’insegnamento da un modello di tipo trasmissivo del sapere a uno più
collaborativo (“docente educatore”), con un arricchimento del rapporto fra docente e studente che avviene
attraverso la comunicazione in rete, che comporta dinamiche relazionali molto intense e partecipative non menocoinvolgenti di quelle che si possono generare attraverso contatti diretti.
Capitolo 9: L’e-tutor nella formazione in rete
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La figura dell’e-tutor nei sistemi di formazione in rete è oggetto di crescente attenzione nel nostro paese su più
versanti.
L’interesse per questa figura è testimoniato anche dalla nascita nel 2004 dell’ Associazione Nazionale Italiana dei
Tutor E-Learning (ANITEL), che tra le sue principali finalità si propone di valorizzare la figura del formatore e tutor e-
learning.
- Identità e ruolo La varietà di espressioni utilizzate per riferirsi alla figura dell’e-tutor (online tutor, online moderator, distance
education tutor, e-teacher ecc) rivela che si tratta di una figura il cui profilo è per certi versi incerto e ancora in
evoluzione ed è indice della complessità di ruoli e funzioni che caratterizzano questa figura.
Alcune definizioni sottolineano che la figura del tutor in ambienti di apprendimento online è necessaria per superare
il senso di isolamento degli studenti.
Altre definizioni ne sottolineano la funzione di mediazione nella gestione dei processi relazionali e comunicativi.
Berge e Colling ritengono che il tutor per l’e-learning è una figura articolata che può essere definita a seconda del
modello formativo in cui la sua azione si colloca:
- in qualità di INSTRUCTOR il tutor assume un atteggiamento più orientato al supporto sui contenuti e deve
dunque possedere una competenza disciplinare.
- Come FACILITATOR il tutor è impegnato soprattutto nella gestione di discussioni e in varie forme di scaffolding
motivazionale e metodologico.
- Come MODERATOR il tutor si occupa principalmente della gestione di interazioni complesse, gruppi di
discussione e gruppi collaborativi online.
Il ruolo dell’e-tutor si sta progressivamente muovendo verso nuove articolazioni, sia nell’ambito di esperienze di
formazione in rete orientate al cooperative learning sia tenendo conto dell’evoluzione di alcuni modelli di e-learning
verso forme integrate di educazione continua.
In questi scenari, una parte consistente della funzione tutoriale può essere assunta e interpretata dagli stessi
componenti dei gruppi collaborativi e dai membri delle comunità.
Ciò non implica che il ruolo dell’e-tutor diminuirà in termini valoriali, perdendo la sua fondamentale funzione di
guida, ma è probabile che le sue funzioni evolveranno verso meta-funzioni con una valenza più strategica, basate
sul controllo della coerenza tra dinamiche di interazione e obiettivi della comunità.
- L’e-tutoring come pratica di mediazione della “presenza” Nonostante gli indubbi vantaggi che l’indipendenza dai vincoli spazio-temporali può comportare, è proprio sul
versante della delocalizzazione della relazione che sono più evidenti le criticità di una relazione educativa mediata
dal computer.
Il concetto di distanza entra normalmente in gioco nell’apprendimento.
Moore introduce il concetto di DISTANZA TRANSIZIONALE: si tratta di una variabile che non dipende dalla distanza
fisica, quanto piuttosto dal grado di strutturazione del percorso formativo e dall’assenza o meno di dialogo tra
docente e studente.
La francese Jacquinot sottolinea che la presenza fisica dell’insegnante non è sempre garanzia della sua presenza
psicologica e della sua disponibilità e capacità di ascolto.
Da questo punto di vista educativo, si tratta allora non tanto di perseguire quel progetto da sempre fallimentare
che consiste nel cercare di rimpiazzare ciò che è fisicamente assente, quanto piuttosto di “far circolare i segni della
presenza”: docenti, tutor e formatori devono sviluppare consapevolezza sui diversi modi di Dare e Sollecitare i
segni della presenza attraverso i nuovi media.
Una delle maggiori sfide dell’e-learning è costituita dalla messa in atto di dispositivi attraverso i quali l’e-learner
possa avvertire il senso della presenza intesa in senso pedagogico, ossia possa percepire l’esistenza di una
mediazione che lo guidi nel superamento delle difficoltà, lo supporti affettivamente ed emotivamente, o faciliti nel
processo di apprendimento, costruzione e negoziazione della conoscenza (per superare quindi il problema
dell’”ansia comunicativa”, caratteristica ascrivibile alla comunicazione online).
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Un gruppo di ricercatori canadesi ha elaborato un modello teorico per la rappresentazione delle comunità di
apprendimento online, basato sull’assunto che si possono raggiungere risultati d’apprendimento profondi e
significativi quando ci siano sufficienti livelli di tre componenti di “presenze”:
1) La PRESENZA COGNITIVA (cognitive presence) viene definita come la capacità dei membri di una comunità di
apprendimento di costruire e condividere significati attraverso argomentazioni strutturate.
2) La TEACHING PRESENCE si riferisce ai ruoli che un e-tutor può ricoprire per “far circolare i segni della sua
presenza”. Il primo riguarda le decisioni progettuali che vengono prese prima dell’inizio dell’esperienza formativa
(instructional design) e gli adattamenti introdotti in itinere per soddisfare maggiormente le esigenze degli studenti(instrucional organization).
Il secondo ruolo si iscrive nella formula del facilitating discourse e si traduce nelle attività di incoraggiamento delle
interazioni e degli scambi che l’e-tutor mette in opera per favorire pratiche discorsive articolate e costruttive tra gli
studenti, tra l’e-tutor e lo studente, nonché tra i singoli studenti e il resto del gruppo.
Il terzo ruolo, infine,riguarda ciò che gli autori chiamano la direct instruction : si riferisce alla competenza
epistemologica che l’e-tutor/docente possiede sui contenuti e che mette a disposizione degli studenti e indica la
sua funzione di “stabilire e comunicare il clima intellettuale del corso”.
La teaching presence inoltre non riguarda mai solo il docente, spesso viene delegata o assunta da studenti in un
rapporto di complementarità con il docente.
3) La terza componente è la SOCIAL PRESENCE, dimensione del tempo stesso preliminare e in continua
costruzione perché possano realizzarsi scambi fertili e proficui. Indica la capacità di presentare se stessi agli altrimembri del gruppo come soggetti dotati di personalità, emozioni, aspettative e motivazioni, attraverso la
comunicazione mediata dal computer.
Poiché i tessuti socio-emozionali sono di per sé costruzioni intersoggettive, alla creazione di un ambiente sociale
coeso partecipano tutti gli attori del processo, dall’e-tutor ai membri della comunità.
- Compiti e azioni Berge identifica i compiti dell’e-tutor sulla base di quattro distinti piani di intervento che comprendono non solo le
attività di natura strettamente didattica, ma che rimandano anche a compiti più generali, come ad esempio quelli di
carattere organizzativo.
Secondo questa prospettiva, l’e-tutor agisce sul piano:
- Tecnico, garantendo il corretto funzionamento del sistema utilizzato e aiutando i partecipanti a risolvere
eventuali problemi di natura tecnica.
- Pedagogico, fornendo stimoli intellettuali, definendo gli argomenti che saranno oggetto di discussione o di
attività, offrendo supporto alla comprensione dei contenuti
- Organizzativo, intervenendo soprattutto sulle procedure e sull’organizzazione, sulla pianificazione del lavoro e
sul rapporto studenti-istituzione
- Sociale, promuovendo la creazione di un clima coeso e di fiducia reciproca all’interno di gruppi di discussione o
collaborativi, osservando e monitorando le dinamiche interpersonali, cercando di risolvere eventuali conflitti e
incomprensioni.
- Competenze
Un bravo e-tutor dovrebbe possedere:
COMPETENZE TECNICHE: capacità di usare i principali strumenti di interazioni disponibili in Internet (posta
elettronica, forum, chat, audio o videoconferenza ecc) e di quelli disponibili nell’ambiente di formazioni in cui opera.
COMPETENZE DI DOMINIO: deve essere in grado di comprendere i contenuti proposti e di segnalare risorse
integrative per gli studenti.
COMPETENZE METODOLOGICHE: capacità di progettare attività formative didatticamente significative, di gestire
interazioni di gruppo orientate all’apprendimento, di coinvolgere e motivare i discenti, di orientali e motivarli, di
monitorare il processo di apprendimento, di valutare in senso formativo le prestazioni dello studente.
COMPETENZE COMUNICATIVE E RELAZIONALI: conoscenza approfondita della specificità della comunicazionemediata dal computer, delle implicazioni che questa ha sul versante fenomenologico, ossia sui vissuti emotivi e
socio-relazionali individuali e di gruppo; capacità di ascolto e di dialogo, di osservazione e monitoraggio costante
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delle dinamiche relazionali, di promuovere interazioni costruttive tra gli studenti, rassicurandoli e incoraggiandoli
nel gestire la propria emotività.
COMPETENZE ORGANIZZATIVE: capacità di organizzazione dello spazio di lavoro, di gestione dei tempi, di
pianificazione delle attività, di esplicitazioni degli obiettivi formativi, di mediazione tra i bisogni emergenti in itinere
da parte dei discenti e lo staff o la stessa istituzione educativa.
Parte Terza: Forme di valutazione integrata nell’e-learning
Capitolo 10: Problematiche legate alla valutazione nell’apprendimento online.
La valutazione in ambito formativo costituisce di norma un’attività complessa a causa della natura intrinsecamente
multidimensionale dei processi da valutare.
L’insieme delle variabili che intervengono in modo determinante sulla qualità di un processo formativo si estende
fino a comprendere la qualità degli strumenti di comunicazione utilizzati a supporto del processo stesso, la qualità
dei materiali didattici fruibili a distanza, l’efficacia degli interventi dei docenti e dei tutor, il valore aggiunto
derivante dall’interazione e dalla collaborazione tra pari.
Il processo di valutazione in ambito formativo distingue:
ASSESSMENT, la valutazione dell’apprendimento, ed EVALUATION, la valutazione del sistema formativo.
Per caratterizzare l’attività valutativa dal punto di vista delle sue finalità si distingue fra valutazione FORMATIVA,
che mira a ottenere informazioni sia puntuali sia generali allo scopo di migliorare l’oggetto della valutazione, e
SOMMATIVA, che tende a formulare un giudizio complessivo sull’oggetto valutato, spesso con finalità di
certificazione.
La SUMMATIVE EVALUATION dunque produce una valutazione dell’intervento didattico nella sua totalità.
Il SUMMATIVE ASSESSMENT è rivolto alla formulazione di un giudizio sull’apprendimento del singolo studente.
La FORMATIVE EVALUATION valuta l’intervento didattico in base alle caratteristiche e all’evoluzione dei processi che
lo compongono.
Infine nel FORMATIVE ASSESSMENT il lavoro svolto da ciascuno studente viene seguito con costanza per individuare
situazioni critiche e per consentirgli di sviluppare un buon grado di consapevolezza sul proprio stato e sulle proprie
possibilità di avanzamento.
- Valutare la qualità di un corso La valutazione dell’EFFICIENZA di un programma di formazione o di un singolo corso mette a fuoco anche aspetti
organizzativi e questioni inerenti il cosiddetto rapporto costi-benefici del sistema in esame.
Quest’ultimo viene spesso studiato con un approccio comparativo per identificare le condizioni che rendono un
metodo preferibile rispetto ad un altro dal punto di vista del “ritorno di investimento”.
Valutare l’EFFICACIA di un’iniziativa formativa è una questione centrale rispetto al tema dello sviluppo di iniziative
di e-learning perché prima di tutto comporta comprendere se e in che misura l’apprendimento si è effettivamente
verificato.
Inoltre ha ricadute importanti sulla progettazione delle iniziative stesse perché fornisce informazioni
sull’adeguatezza dell’approccio didattico adottato rispetto ai suoi obiettivi, scendendo nel dettaglio della struttura
del corso, dei materiali e dalla piattaforma usata, della qualità del tutoring e dei metodi di assessment utilizzati.
E’ tuttavia evidente che la valutazione formativa di un corso non si esaurisce con la verifica dell’apprendimento dei
discenti.
Altri aspetti contribuiscono alla individuazione di punti di forza e di debolezza dell’iniziativa didattica: ad esempio,
numerosi studi prendono in considerazione il cosiddetto gradimento, o grado di soddisfazione percepita dagli
studenti.
Normalmente le informazioni sul gradimento si ottengono intervistando gli studenti o proponendo loro dei
questionari volti a rilevare le loro opinioni sul corso e sulle sue componenti, preferibilmente in forma anonima.
- Valutare l’apprendimento
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Così come ogni giudizio di valore, la valutazione dell’apprendimento risulta legata alla scelta di determinati criteri di
metodo.
Ad esempio, in una logica comportamentista valutare l’apprendimento significa verificare che gli studenti siano in
grado di mettere in atto i comportamenti desiderati; mentre secondo le teorie del costruttivismo socio-culturale per
valutare l’apprendimento non basta valutare il conseguimento degli obiettivi predefiniti ma è necessario valutare
l’intero processo che ha portato alla costruzione di conoscenza.
Recentemente questa problematica è stata affrontata facendo ricorso al concetto di COMPETENZE, checomprendono i “saperi”, i “saper fare” e i “saper essere”.
La valutazione dei “saperi” si può effettuare utilizzando prove ad alta strutturazione (come test con quesiti a
domanda chiusa).
La valutazione delle abilità, i “saper fare”, necessita della messa in pratica delle abilità stesse, dunque è utile
somministrare prove a bassa strutturazione (brevi saggi, problemi, studi di caso, colloqui) che comportano una
valutazione di tipo soggettivo o intersoggettivo.
Infine, la valutazione degli atteggiamenti o delle meta-qualità (i “saper essere”) richiede di norma il coinvolgimento
dello studente in un contesto concreto, situato, dove si possa sviluppare un’interazione fra pari.
- La specificità della valutazione nell’apprendimento in rete Nell’ambito dei processi di apprendimento collaborativo mediati da computer occorre introdurre il concetto diMONITORAGGIO, che consiste in una costante e continua attività di controllo e regolazione svolta prevalentemente
dai tutor del processo formativo (spesso con il supporto di strumenti informatici), finalizzata a quattro principali
obiettivi:
-la falicitazione dei processi di apprendimento
-la messa a punto in itinere del progetto didattico
-la raccolta di informazioni globali e puntuali, qualitative e quantitative, circa gli apprendimenti individuali e di
gruppo
-la raccolta di dati utili al fine di svolgere attività di ricerca.
Le modalità di conduzione del monitoraggio nei processi di apprendimento online costituiscono una delle principali
peculiarità di questo approccio, in quanto l’uso del computer come mediatore della comunicazione tra individui
consente di avere a disposizione una traccia permanente degli eventi significativi del processo, incluse leinterazione tra i partecipanti, attraverso indicatori usati per analizzare il processo di apprendimento di ogni singolo
studente che consentono di quantificare il suo livello di partecipazione, attiva e passiva (come il numero e la
durata delle sessione effettuate da ciascun partecipante, il numero dei messaggi inviati e letti da ciascun
partecipante, il numero di chat a cui ha partecipato ecc).
La qualità della partecipazione invece è basata sull’analisi dei contenuti dei messaggi inviati e tiene conto della
propositività, dell’originalità dei contributi, delle qualità dell’argomentazione, dell’integrazione tra aspetti
riflessivi/teorici e casi concreti, della capacità di recepire e integrare i suggerimenti dei partecipanti.
- Dalla teoria alla pratica I criteri scelti per la valutazione in itinere delle attività online tendono a premiare le attitudini alla collaborazione ela partecipazione alle attività di gruppo, senza attribuire troppo peso alla correttezza dei contenuti negli interventi
dei partecipanti (è infatti legittimi che chi apprende commetta degli errori, faccia delle affermazioni scorrette o
formuli ipotesi azzardate).
Operativamente, il piano di valutazione elaborato per un corso può essere predisposto in maniera tale da attribuire
voce in capitolo sulla valutazione di ciascuno studente a tutti i tutor che lo hanno seguito durante il corso, in
ragione di un peso attribuito in fase di progettazione alle varie attività svolte.
In questa logica, la valutazione finale dell’attività online di ciascuno studente può essere elaborata in funzione del
parere dei vari tutor che lo hanno seguito nelle diverse attività svolte.
Questo consente evidentemente di armonizzare valutazione formativa e sommativa e ha un importante vantaggio:
quello di informare in itinere i partecipanti al corso del giudizio dei tutor sulla loro partecipazione.
Capitolo 11: Formazione e valutazione delle competenze nell’e-learning.
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I dispositivi tecnologici di cui l’e-learning stesso si avvale richiedono per certi versi il possesso a priori di
competenze specifiche e risultano al tempo stesso più adatti a sviluppare alcune forme di apprendimento e di
azione rispetto ad altre.
Quanto parliamo di MACRO-FAMIGLIE di COMPETENZE, ci riferiamo soprattutto alle competenze DI BASE, alle
competenze TRASVERSALI e quelle TECNICO-PROFESSIONALI.
E’ chiaro che l’e-learning può rappresentare uno strumento molto efficace, sia facendo ricorso a piattaforme di e-
learning in modalità source sia a pagamento, per l’accesso alle competenze DI BASE, ovvero quelle necessarieall’esercizio della cittadinanza e utili ad assicurarsi le condizioni minime per l’accesso al mercato del lavoro.
La tipologia delle cosiddette competenze TRASVERSALI è quella che può essere maggiormente sviluppata
attraverso l’e-learning: esse possono essere ricondotte a molteplici situazioni di vita, ambiti professionali e contesti
formativi in cui divengono componenti fondamentali di competenze TECNICO-PROFESSIONALI specifiche.
Questa dimensione traversale può essere considerata secondo due diversi punti di vista:
-Il WORK BASE APPROACH rimanda a specificità/similarità dei compiti e delle attività connesse a varie professioni o
a vari curricula professionalizzanti (ad esempio alcune competenze contabili, amministrative, informatiche, tecnico-
gestionali ecc sono presenti nell’esercizio di moltissime professioni e percorsi formativi, quindi risultano trasversali
a molteplici contesti di lavoro e famiglie occupazionali).
-Il WORKER BASED APPROACH considera le competenze trasversali come “strategie operazionali” del soggetto,
legate quindi al suo “modo di essere” nella realizzazione dell’attività lavorativa.
Nello specifico attraverso l’e-learning possono essere formate competenze TRASVERSALI EURISTICHE,
METACOGNITIVE, PROGETTUALI, di COOPERATIVE WORK e RELAZIONALI.
- Competenze euristiche Il rischio di ridurre la competenza a un insieme di pratiche e di procedure predefinite e automatiche da applicare nel
momento in cui insorge il bisogno di trasformare una situazione inaspettata è maggiore nell’e-learning, dove
l’espressione di comportamenti standardizzati e l’esecuzione di procedure già codificate in vista del conseguimento
di un risultato possono essere ulteriormente esasperate.
Il lavoro cooperativo che spesso anima le comunità di apprendimento e di pratica invece punta allo sviluppo di
percorsi di indagine che portano alla maturazione di competenze difficili da acquisire, e non alla riproduzione di
modelli già sperimentati.
Le modalità e le attività di e-learning possono risultare funzionali alla maturazione di competenze EURISTICHE,
legate cioè alla realizzazione di percorsi indagativi, all’impostazione di problemi complessi, alla ricognizione di dati
inerenti i fenomeni da studiare, alla formulazione di ipotetici percorsi risolutivi, alla sperimentazione di azioni e di
interventi predefiniti.
- Competenze metacognitive La competenza metacognitiva permette di selezionare e controllare le strategie e i processi mentali adeguandoli al
compito da portare a termine; prende avvio dalle modalità apprenditive ed esperenziali elaborate dal soggetto che
utilizza le informazioni già in suo possesso, integrandole con quelle che viene acquisendo in corso d’opera grazie
all’esperienza.
L’e-learning richiede il possesso di competenze METACOGNITIVE e al tempo stesso può essere considerato uno
strumento in grado di formare i soggetti a riconoscere le azioni che la mente compie nei processi di apprendimento
(attraverso ad esempio l’attribuzione di “label” –ricerca per etichetta- ai messaggi di chat nel momento in cui si
chiede al membro del gruppo di categorizzare e sistematizzare la tipologia dei propri contributi all’interno di una
classe virtuale, riflettendo così sul tipo di azione che sta per compiere).
- Competenze progettuali L’e-learning può fornire un valido contributo alla formazione di competenze legate al PROJECT MANAGEMENT,
configurandosi quindi come un setting all’interno del quale i soggetti lavorano e si confrontano intorno a
competenze di natura progettuale:
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saper costruire strumenti per l’analisi dei bisogni di pubblici specifici, di contesti territoriali, saper definire obiettivi
adeguati ai dati raccolti, saper predisporre interventi utilizzando apposite metodologie d’azione ecc.
- Competenze di cooperative work L’alta specializzazione del lavoro e la ricerca di prodotti sempre più innovativi e ipertecnologici ha introdotto
notevoli trasformazioni nell’organizzazione del lavoro: sempre più frequentemente ci troviamo a che fare on équipe
di professionisti chiamati a lavorare assieme per la realizzazione di prodotti o servizi, nonostante l’eterogeneità dei
background formativi e professionali (communities of practitioners).
Per ciò che riguarda l’e-learning, le competenze di COOPERATIVE WORK hanno a che fare con la definizione dei ruoli
all’interno del gruppo di lavoro, con la gestione dei flussi comunicativi fra i partecipanti ai forum e alle chat, con il
rispetto dei tempi e delle fasi di avanzamento del lavoro cooperativo, con eventuali attività di monitoraggio della
qualità dei contributi prodotti ecc.
- Competenze relazionali Per sollecitare costantemente le relazioni fra i soggetti appartenenti alla comunità di pratica/apprendimento si
individua nella classe un mediatore delle interazioni.
L’e-learning contribuisce alla costruzione di competenze RELAZIONALI quali la capacità di autodeterminazione,
ascolto, decentramento, mediazione, risoluzione e gestione di conflitti.
- L’agire competente e le competenze tecnico-professionali Le competenze trasversali in molti contesti professionali e formativi diventano competenze TECNICO-
PROFESSIONALI.
Nell’analizzare le tipologie di competenze che possono essere sviluppate grazie all’e-learning va detto che in alcuni
casi quelle maggiormente penalizzate risultano soprattutto quelle tecnico-professionali.
In questo caso le competenze più difficili da formare attraverso un intervento formativo a distanza rimandano in
primo luogo a competenze prettamente operative che richiedono un intervento diretto su artefatti, contesti.
Per molte professioni fortemente pratico-operativi quindi sono preferibili modalità BLENDED di formazione a
distanza, in cui le attività mediate dall’utilizzo del computer possono essere subito integrate da un’applicazione
immediata alla pratica.
- Approcci innovativi alla valutazione delle competenze nell’e-learning: dal testing assessment all’alternative
assessment. La valutazione delle competenze nell’e-learning non può prescindere dalla costruzione di dispositivi funzionali ad
accertare gli apprendimenti maturati dai soggetti.
In una prima fase in cui la formazione online ha avuto un imprinting prettamente erogativo, dove l’utilizzo delle
nuove tecnologie era testo soprattutto a soddisfare una diversa modalità di trasmissione di nozioni, si è fatto
ricorso a strumenti di valutazioni quali le prove oggettive, desumendoli direttamente dai modelli valutativi di tipo
scolastico: TESTING ASSESSMENT.
Quest’ultimo interpreta i processi apprenditivi più come un fenomeno da laboratorio che come un’attività
costruttiva, vitale, autentica in grado di guidare il comportamento dei soggetti.
Negli ultimi venti anni si sono intensificati notevolmente gli studi sull’ALTERNATIVE ASSESSMENT che si caratterizza
per tre aspetti fondamentali: il suo essere alternativo rispetto ai tradizionali test a risposta selezionata; il fare
riferimento a forme dirette di verifica della performance rispetto a compiti significativi, rilevanti anche ai fini
extrascolastici e professionali; il diverso modo di considerare l’apprendimento e la competenza, i quali
presuppongono l’attivazione di processi conoscitivi collegati al contesto di apprendimento e d’uso.
La valutazione dell’e-learning deve essere condotta tenendo presente la connotazione pluridimensionale delle
competenze, promuovendo strategie valutative altrettanto complesse e tra loro integrate che puntino
all’AUTOVALUTAZIONE, alla VALUTAZIONE TRA PARI e all’ETEROVALUTAZIONE.
- L’utilizzo del portfolio per la valutazione delle competenze nell’e-learning
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Tra gli strumenti che meglio si adattano a rispondere alla natura tridimensionale della valutazione delle competenze
nell’e-learning il PORTFOLIO può rappresentare un dispositivo dalle notevoli potenzialità.
Esso indica un “dossier” contenente una raccolta di informazioni sulle esperienze di un individuo tali da dimostrare
cosa egli sa e sa fare. Al portfolio possiamo riconoscere una valenza sia retrospettiva che prospettica nella
valutazione dell’apprendimento, dal momento che esso appare funzionale non solo ad accertare le conoscenze e le
competenze posseduta dal soggetto, ma soprattutto a fornire a quest’ultimo strumenti in grado di sviluppare
maggiore consapevolezza su come egli apprende, quali strategie di costruzione della conoscenza privilegia e quali
invece deve ancora potenziare: sulla qualità degli apprendimenti.Quest’ultima grazie alle diverse sezioni del portfolio viene osservata da molteplici punti di vista: quello del
soggetto, quello del gruppo e quello di valutatori esterni (docenti, formatori, tutor).
Qualora i risultati emersi dai processi di autovaluzione, valutazione tra pari ed eterovalutazione non corrispondano
alle aspettative del soggetto o agli standard previsti dal percorso formativo, il processo costruttivo
dell’apprendimento può essere ri-progettato e ri-orientato verso nuove traiettorie.