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Progetto Provincia di Pisa Assessorato Agricoltura, Forestazione, Turismo, Difesa Fauna Agricoltura Sociale e reti di protezione sul territorio provinciale di Pisa: stru- menti e metodi per il consolidamento delle pratiche Centro Interdipartimentale di Ricerche Agro-Ambientali Enrico Avanzi” A CURA DI: Prof. Francesco Di Iacovo Dott. Michele Sargenti Report Agricoltura sociale Centro Interdipartimentale di Ricerche Agro-Ambientali Via Vecchia di Marina, 6 - San Piero a Grado (PI) Tel.: 050 2210500 www.avanzi.unipi.it

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Progetto Provincia di Pisa Assessorato Agricoltura, Forestazione, Turismo, Difesa Fauna

Agricoltura Sociale e reti di protezione sul territorio provinciale di Pisa: stru-menti e metodi per il consolidamento delle pratiche

Centro Interdipartimentale di Ricerche Agro-Ambientali“Enrico Avanzi”

A CURA DI:

Prof. Francesco Di Iacovo

Dott. Michele Sargenti

Report Agricoltura sociale

C e n t r o I n t e r d i p a r t i m e n t a l e d i R i c e r c h e A g r o - A m b i e n t a l i • Vi a Ve c c h i a d i M a r i n a , 6 -

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INDICECapitolo 1 ............................................................................................................. !2L’agricoltura sociale: nuova forma di accoglienza ed integrazione nelle campagne.............................................................................................................. !2

1.1. - Costruire nuovi modelli: perché parlare di agricoltura sociale........... !2

1.2. - Evoluzione dei sistemi di welfare ...........................................................!2

1.3. - Aree rurali e welfare rigenerativo ...........................................................!3

1.4. - Agricoltura sociale: una possibile definizione ......................................!5

1.5. - Gli obiettivi e le pratiche in agricoltura sociale .................................... !7Capitolo 2 ............................................................................................................ ! 9 Alcune indicazioni di scenario per l’agricoltura sociale in Italia ed in Europa...................................................................................................................!9

2.1. - L’avvio del dibattito sull’agricoltura sociale in Italia ..........................! 9

2.2. - Il quadro di riferimento organizzativo per l’AS in Italia ................... ! 10

2.3. - Il riconoscimento delle pratiche d’AS in ambito comunitario ...........! 12Capitolo 3 ............................................................................................................ ! 15L’agricoltura sociale nella provincia di Pisa ..................................................! 15

3.1. - La diffusione delle esperienze di agricoltura sociale ......................... ! 15

3.2. - Le esperienze di agricoltura sociale in provincia di Pisa ..................! 16

3.3. - Punti di forza e limiti delle esperienze locali ......................................! 16

3.4. - Gli elementi della discussione: il risultato dei tavoli di discussione ..!17

3.5. - Dagli incontri alla rete ............................................................................... 22

Capitolo 4 ...........................................................................................................! 23

L’agricoltura sociale in Valdera: un’iniziativa di innovazione sociale .......! 23

4.1. - Il contesto di riferimento .........................................................................! 23

4.2.- Il percorso che ha portato all’avvio dell’iniziativa/progetto ...............!24

4.3. - I soggetti coinvolti nell’iniziativa ............................................................ 26

4.4. - Gli obiettivi dell’iniziativa ......................................................................! 26

4.5. - Le tipologie di utenti coinvolti ...............................................................! 26

4.6.-Gli strumenti e le metodologie di lavoro adottate .................................! 27

4.7. - La codifica delle pratiche di agricoltura sociale ................................... !27

4.8. - Il monitoraggio e la valutazione delle pratiche di agricoltura sociale. 28

4.9. - Gli esiti attuali del progetto ...................................................................... !29

4.10. - Gli elementi di riflessione ...................................................................... !30Capitolo 5 ............................................................................................................ ! 30Casi di studio ......................................................................................................! 30

Az. Agr. Bio Colombini ..................................................................................... !31

Fattoria Sant’Ermo............................................................................................! 34

Az. Agr. Il Lischeto ...........................................................................................! 37

Az. Agr. Il Querceto .......................................................................................... ! 40

Associazione Mondo Nuovo ............................................................................! 43

Cooperativa Sociale La Ficaia ...........................................................................!46

Cooperativa Ponte Verde .................................................................................. ! 49ALLEGATO ........................................................................................................ ! 51

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Capitolo 1

L’agricoltura sociale: nuova forma di acco-glienza ed integrazione nelle campagne

1.1. - Costruire nuovi modelli: perché parlare di agricoltura so-ciale

Le comunità locali, i sistemi urbani, le aree rurali, le imprese, i cittadini e le strutture istituzionali ed amministrative che li rappresentano, si trovano a fare fronte ad un processo significativo di cambiamento nella gestione delle pro-prie attività quotidiane. Un modello di società, quello che faceva leva sulla produzione della ricchezza da parte delle imprese, sulla leva fiscale nazionale e sulla redistribuzione della ricchezza ai ceti più deboli da parte del sistema pubblico nazionale, sta venendo meno, senza che siano del tutto chiare le co-ordinate del nuovo possibile sistema di relazioni. Anche nel campo della pro-duzione del cibo, acquisisce maggiore evidenza la necessità, da parte dei si-stemi locali e nazionali, di affondare le basi della loro sicurezza alimentare, non più e non tanto su flussi di mercati eterodiretti, quanto, sempre più, su fonti di approvvigionamento controllabili, nelle quantità e nelle qualità realiz-zate. La crisi ambientale, spesso lasciata al margine del dibattito quotidiano, fa emergere con sempre maggiore evidenza la necessità di incorporare il con-cetto di limite nella gestione delle pratiche e delle politiche quotidiane, rispet-to ai molti campi del vivere sociale e civile.Ciò che appare chiaro è che, proprio in conseguenza dei rischi e delle poten-zialità derivanti da mercati e società più aperte, dall’evolvere delle organizza-zioni sociali nelle diverse aree mondiali, diventa nuovamente rilevante, da parte delle comunità locali, generare nuova coerenza tra bisogni e risorse di-sponibili e rafforzare i livelli di organizzazione e coesione interna.

Il tema dell’agricoltura sociale si inquadra, e per molti versi anticipa, que-sta esigenza di cambiamento. Essa nasce dalla possibilità di valorizzare alcune risorse disponibili localmente per diversificare ed ispessire la rete dei servizi alla persona. Ma consente anche di guardare all’agricoltura ed al mondo rura-le in una nuova prospettiva, più strettamente legata al protagonismo ed all’at-

tivismo degli imprenditori e degli operatori coinvolti, piuttosto che all’ano-nimato di alimenti resi disponibili da filiere lunghe. Allo stesso tempo, resti-tuisce alla responsabilità dell’atto del consumo la scelta di privilegiare prodot-ti, comportamenti, imprese, capaci di operare in modo attivo a sostegno delle comunità locali e delle risorse del territorio. In questo report, cercheremo di chiarire meglio il significato, gli obiettivi, i protagonisti e le possibili evolu-zioni delle attività di agricoltura sociale. Cercheremo anche, di fornire delle indicazioni rispetto a quanto si sta realizzando nel campo dell’agricoltura so-ciale nel territorio Pisano e proveremo a fornire delle possibili indicazioni di percorso per inserire le pratiche di agricoltura sociale all’interno del sistema dei servizi alla persona.

1.2. - Evoluzione dei sistemi di welfare

E’ difficile affrontare il tema dell’agricoltura sociale senza fare riferimento all’organizzazione della rete dei servizi alla persona dal punto di vista so-cio-assistenziale, della formazione e dell’inclusione lavorativa. Non è obietti-vo di questo rapporto entrare in modo dettagliato nella tematica, che sconte-rebbe, necessariamente, una carenza di competenze, quanto, al contrario, pro-vare ad offrire alcuni spunti da non esperti, coerenti con il tema dell’agricoltu-ra sociale. Quello dei sistemi di welfare, dei criteri d’ispirazione, della loro sostenibilità, della loro evoluzione, è un dibattito che attraversa l’intera discussione delle società occidentali e non solo.In Europa, diversamente da quanto avvenuto per il mondo agricolo e rurale, il processo d’integrazione delle politiche sociali e del lavoro procede da meno tempo ed in modo più lento rispetto a quanto avvenuto per le politiche agri-cole. La scelta del metodo di coordinamento e la diffusione di buone pratiche ne rappresentano i due strumenti principali. Peraltro, l’uso dei fondi strutturali e, in particolare, delle politiche del Fondo Sociale Europeo, hanno ripetutamente messo a disposizione degli Stati Mem-bri strumenti e risorse ingenti per promuovere innovazione dei servizi ed adeguati livelli di coesione sociale all’interno della Comunità. Gli stessi documenti comunitari tendono ad offrire una lettura comparata del-le scelte assunte dai singoli Paesi, competenti per l’intervento in campo socia-le e socio-assistenziale, anche con l’intento di valutare la coerenza rispetto alle decisioni assunte in sede comunitaria dagli stessi Stati membri (Frazewr, Mar-lier, 2008)

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Peraltro, il dibattito sulle politiche sociali, viene di solito articolato in modo generale e trasversale per categorie di utenze e per tipologie di soggetti sociali, e non sempre tiene adeguato conto della diversità dei bisogni e del-l’organizzazione sociale di aree e territori, specie per quanto riguarda la di-stinzione tra ambiti urbani e territori rurali. Al contrario, quanti si occupano di sviluppo rurale, guardano con crescente attenzione al tema dei servizi alla persona come possibile ostacolo all’avvio di adeguate opportunità di cam-biamento e di attrazione di questi territori.Ancora, all’interno di uno schema, oramai consolidato di ragionamento, l’arti-colazione e la ricchezza dell’offerta dei servizi, viene solitamente messa in stretta connessione con il raggiungimento di adeguati livelli di sviluppo eco-nomico. Al contrario, proprio le evidenze offerte dalla crisi economica ed am-bientale, pongono la necessità di ridefinire modelli concettuali alternativi ca-paci di guardare ai servizi come possibile volano di crescita dello sviluppo locale, sebbene più scollegato dalla crescita finanziaria ed in modo più condi-zionato da una crescente interazione ed integrazione locale tra settori e risor-se, materiali (finanziarie e fisiche) ed immateriali (conoscenze professionali e reti di relazione informali).Questa affermazione è tanto più evidente quando si osserva come la sosteni-bilità economica e l’efficacia della spesa socio-sanitaria riguardi aspetti diversi tra cui: la crisi di risorse pubbliche, che spinge a cercare soluzioni innovative rispetto ai meccanismi fino ad oggi adottati; l’innalzarsi della spesa pro-capite per l’affermarsi degli elementi tecnologici nelle cure e l’aumento dell’età me-dia della popolazione. Il tema dell’efficacia, invece, si lega al dibattito sui sistemi d’inclusione sociale e di cura. Questi mettono in discussione servizi che si caratterizzano per una forte istituzionalizzazione e professionalizzazione, per porre una crescente attenzione nei confronti di servizi modellati sulla persona, dove acquisisce rilevanza la relazione e la umanizzazione del servizio, ma anche la creazione di un sistema di caring capace di assicurare un sistema qualitativamente vivi-bile ed inclusivo.

Per le ragioni descritte, al tema della organizzazione dei sistemi di welfare si è andato legando, in modo sempre più stringente, l’idea di welfare munici-pale e di governance locale. La necessità di generare coerenza tra risorse di-sponibili e bisogni locali implica sempre maggiori livelli di responsabilità.

Allo stesso tempo, è sempre più pressante la necessità di trovare i livelli e le modalità di decisione utili per tenere legate tra loro: la capacità di gestire ri-sorse trasferite attraverso i diversi livelli istituzionali con quella, sempre più pressante, di reperire risorse locali. Allo stesso tempo, è sempre più forte la necessità di generare innovazione nell’organizzazione dei servizi, in modo da renderne la gestione più efficiente dal punto di vista economico, assicurando livelli, se possibile, più elevati di efficacia. Per queste ragioni l’idea di welfare locale è legato alla programmazione e alla gestione delle risorse su scala locale e rimanda alle amministrazioni locali, attraverso logiche di partecipazione e di sussidiarietà, il compito di trovare soluzioni pertinenti in un quadro dive-nuto più difficile.Nell’esperienza Toscana, questo processo di decentramento decisionale è stato avviato da tempo, anche grazie ad una certa coerenza del quadro politico di riferimento. La sperimentazione, e poi l’avvio, delle Società della Salute ne rappresentano l’esempio più evidente, sebbene sia richiesta un processo di continua integrazione di missione e funzioni di queste con le strutture della formazione e, in modo evidente per quanto concerne l’agricoltura sociale, con gli stessi assessorati che si occupano di agricoltura e sviluppo rurale.

1.3. - Aree rurali e welfare rigenerativoLe aree rurali presentano delle specifiche esigenze in termini di organizza-

zione dei sistemi di welfare e sollecitano un rinnovamento più profondo del dibattito sul sistema dei servizi in generale. Nelle aree rurali è compito del welfare, non tanto e non solo, porre riparo ai processi di esclusione generati da uno sviluppo economico ineguale, quanto, anche quello di rigenerare e rinsaldare le comunità locali e renderle vitali, at-traenti e coerenti con la nuova domanda di ruralità. Per questo motivo è stato introdotto il termine di welfare rigenerativo. Il welfare rigenerativo ha una natura pro-attiva e punta a ridefinire, nell’ambito dei livelli minimi di assi-stenza, la rete dei servizi nelle aree rurali in modo coerente con le risorse, le specificità ed i bisogni locali. Questa visione del welfare tende ad attivare energie nuove nei servizi pubblici e negli operatori, sebbene si scontri con la difficoltà di un’effettiva integrazione delle politiche pubbliche e/o gestite da Enti Locali diversi di una stessa area. L’idea di welfare rigenerativo si svilup-

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pa nel solco del dibattito che lega insieme l’idea stessa di welfare, quella del welfare municipale e l’organizzazione di sistemi portanti.

Nelle aree rurali, peraltro, la crisi pubblica di risorse è resa più viva dal maggior costo unitario dei servizi1, che ne determina la rarefazione e una crisi di vivibilità. Al welfare rigenerativo, quindi, viene chiesto di operare ritro-vando sostenibilità economica e, allo stesso tempo, efficacia per i singoli por-tatori di bisogno, come per l’intera comunità.Le aree rurali hanno bisogni specifici che si legano alla struttura sociale della popolazione, alle modalità d’insediamento e ad alcuni trend evolutivi in atto (la rarefazione e l’invecchiamento della popolazione, il difficile ricambio ge-nerazionale, la trasmissione di conoscenze tacite tra residenti nuovi e vecchi, giovani ed anziani, le parità di genere alla luce della domanda di emancipa-zione delle giovani donne2, l’ingresso di nuovi migranti in comunità già frammentate).

Per fare fronte a tali bisogni sono necessarie scelte innovative nella rete di protezione sociale, capaci di definire un welfare mix, governato dal soggetto pubblico ma capace di avvalersi di un forte contributo dei privati e della so-cietà civile, fortemente disperso sul territorio attraverso strutture flessibili e multiscopo, pubbliche e private. Per raggiungere questo obiettivo è necessario definire scelte innovative nei metodi come nei contenuti.

Le questioni di metodo mirano ad evitare di riprodurre modelli di servizio diffusi e poco pertinenti e attivare risorse nuove e non scontate. In questo sen-so, l’adozione di forme partecipate di progettazione sociale e di sussidiarietà

nella gestione dei servizi (patti e carte di cittadinanza)3 hanno il compito di mobilizzare le risorse di comunità, ed in particolare le risorse del volontariato e del mutuo aiuto (Moro G., 1998). Queste sono dotate di una forte componen-te di relazionalità, utile per ricostruire dialogo e trasmissione di saperi locali. A tale riguardo, la presa in carico dei bisogni degli abitanti da parte della co-munità locale, deve avvenire in forte connessione con le reti istituzionali capa-ci di assicurare professionalità e qualità (grazie agli operatori socio-sanitari pubblici e del privato sociale), mediante l’organizzazione di meccanismi isti-tuzionali e contrattuali, ma anche attraverso una rivisitazione delle relazioni locali, dei valori del dono e della reciprocità, propri del modo di vivere delle comunità tradizionali. L’avvio di processi d’innovazione sociale si basa sul-l’apprendimento collettivo e multicompetente, l’adozione di sistemi volti a premiare il monitoraggio, la valutazione qualitativa dei progetti e l’efficacia dei risultati ottenuti.Per quanto riguarda gli aspetti di contenuto, invece, il welfare rigenerativo deve favorire una riflessione attenta circa le soluzioni tecniche ed organizzati-ve utili per assicurare risposte adeguate ai bisogni delle componenti più fragi-li della popolazione rurale. Esse devono basarsi su alcune specificità delle aree rurali, tra cui, i condizionamenti legati ad una diversa gestione del tempo e dello spazio. Connettività, e conciliazione dei tempi di vita, sono parole chia-ve nelle aree rurali, specie se si considerano le specificità dei ritmi di lavoro (ad esempio dell’agricoltura) e la distribuzione spaziale della popolazione. Per favorire l’accesso ai servizi è utile favorirne la loro dispersione territoriale,

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1! Per la difficoltà di raggiungere le economie di scala indispensabili per modelli di servizio concepiti per ambiti urbani ed elevate densità di popolazione, oltre che per una struttura sociale spostata verso le classi d’età più elevate2! Nelle aree rurali la presenza di giovani donne è spesso ridotta, in parte per i maggiori tassi di scolarità, ma anche per una visione diffusa che le costringe a ruoli poco adeguati alla domanda d’in-dipendenza delle generazioni più giovani.3! L’adozione di strumenti pattizi facilita la condivisione di strategie, obiettivi, strumenti, risorse e facilita il coordinamento locale, responsabilizzando ad un’azione trasparente. Quando questi pro-cessi sono adottati in modo non strumentale alla predisposizione di un progetto di finanziamento, ma in modo fattivo ed operante, è possibile avviare nuove possibilità di organizzazione delle reti di servi-zio e di risposta ai bisogni degli abitanti locali e non, spesso per categorie specifiche di utenti non locali. Ad esempio in Valle del Serchio (LU) è stato attivato un progetto per le disabilità che tende a legare le strutture pubbliche più classiche, quali i centri diurni, con alcune aziende agricole disponibili a svolgere attività di formazione ed avvio al lavoro per persone con diversa abilità. Alcuni di queste hanno poi preso in gestione un piccolo podere destinato a produrre vino che viene poi acquistato dalle mense gestite dalla ASL. Nel comune di Massa Marittima (GR) la ristrutturazione di un vecchio convento consen-te di legare insieme più funzioni: la presenza di servizi per minori e per le famiglie, spazi per gli anziani, attività di contatto per turisti, etc. L’intento è quello di favorire nuove interazioni tra soggetti interni e tra questi e i fruitori dell’area.

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individuando strutture con una molteplicità di funzioni, per target multipli di utenza (centri aggregativi, sportivi, luoghi di incontro familiare, centri multi-servizio, strutture di aggregazione e di recettività turistica allo stesso tempo, e-government, piazze virtuali, e-biblioteca). Studiare con attenzione la mobili-tà delle persone sul territorio mediante soluzioni del tutto diverse da quelle diffuse in aree urbane, mediante l’uso di soluzioni di trasporto su domanda e promiscue4 (poste e farmaci, bambini ed anziani), supportate dal volontariato delle associazioni o dei privati, anche mediante forme innovative di compen-sazione5 (Osti G., 2000). La chiave di intervento per la riorganizzazione della rete dei servizi nelle aree rurali è legata alla realizzazione di adeguate econo-mie di scopo6 o, grazie alla tecnologia, alla riduzione della scala minima di convenienza. Per operare nella direzione descritta è possibile far leva tanto sull’uso dell’informatica (dalla telemedicina alle reti), ma anche, come nel ca-so dell’agricoltura sociale, sull’uso delle risorse disponibili localmente. Queste ultime, si prestano meglio all’organizzazione di servizi flessibili e/o a richie-sta (è il caso degli agri-asili ad esempio), come per la domiciliazione e l’avvi-cinamento delle reti di servizio a diverse categorie di utenza (gli anziani, i bambini, i genitori)7, stimolando dialogo e accoglienza, relazioni e reciprocità, più intense relazioni tra generazioni e tra fasce di popolazione di estrazione diversa, con l’intento di ricreare comunità d’intenti. Tutti esempi, questi, utili per assicurare un adeguato livello di servizi, li dove le ordinarie strutture (un servizio di catering, un nido appositamente realizzato, etc.) non troverebbero ragionevole sostenibilità economica. Soluzioni, che operano nel solco della tradizione innovativa, assicurano servizi e, allo stesso tempo, una più intensa interazione sociale tra gruppi diversi di persone, alimentando il dialogo socia-le e il formarsi di nuove reti di relazione e di solidarietà.

L’agricoltura sociale può concorrere alla costruzione di un welfare rigene-rativo, attraverso una più piena valorizzazione delle sue strutture a fini di accoglienza e di servizio. In molti casi si tratta di ripensare le strutture agritu-ristiche largamente disponibili sul territorio provinciale, sebbene esclusiva-mente dedicate ad offrire servizi alla persona che si reca nei territori rurali per motivi di svago e di turismo. Le strutture agricole possono diversificare la

loro offerta di servizio rivolgendosi anche alle popolazioni locali mediante l’organizzazione di una rete di protezione sociale capace di legare le istituzio-ni pubbliche e le strutture private, capace di caratterizzarsi per il suo carattere diffuso, di semi formalità, mediante soluzioni tecniche (scheda allegato 2).Il tema dell’agricoltura sociale e del welfare rigenerativo è stato introdotto a vantaggio dellì’organizzazione del cambiamento di taluni servizi nelle aree rurali con l’intento di fare fronte ad esigenze sempre più pressanti e specifi-che. Allo stesso tempo, entrambi i temi si prestano ad essere praticati anche a vantaggio delle aree urbane, valorizzando il rapporto tra queste e le aree rura-li contermini e potenziando i livelli di interazione e scambio tra città e campa-gna. Non è un caso che, già oggi, una parte rilevante di utenti dell’agricoltura sociale sia rappresentata da ceti provenienti dalla città. Proprio il riconosci-mento dell’utilità di queste risorse e di un nuovo rapporto tra aree urbane ed aree rurali costituisce una premessa utile per ristabilire, più in generale, mag-giori livelli di coerenza e di interazione nei sistemi locali, tra bisogni e risorse disponibili.

1.4. - Agricoltura sociale: una possibile definizione

“L’ AS è quella attività che impiega le risorse dell’agricoltura e della zoo-tecnica, la presenza di piccoli gruppi, famigliari e non, che operano nelle aziende agricole, per promuovere azioni terapeutiche, di riabilitazione, di in-clusione sociale e lavorativa di ricreazione, di servizi utili per la vita quotidia-na e di educazione”. L’ AS rappresenta, quindi, un aspetto particolare della multifunzionalità del-l’agricoltura. “Essa svolge azione di ponte tra politiche agricole e politiche sociali, formative, sanitarie, della giustizia, in un processo di progressivo, seb-bene non semplice, avvicinamento. E’ possibile distinguere alcuni ambiti di attività di agricoltura-sociale: • ! Riabilitazione/cura: esperienze rivolte a persone con gravi disabilità (fi-

sica, psichica/mentale, sociale) con un fine principale socio-terapeutico;

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4! Quello dei trasporti è un aspetto particolarmente sentito in tutte le aree rurali, sia per lo spostamento delle persone che per la domiciliazione dei servizi (spesa, farmaci, lavanderia, etc.)5! Ad esempio, attraverso la costruzione di banche del tempo verdi e lo scambio di servizi disponibili nelle aziende agri-turistiche –piscine, centri ippici, mediante una mediazione del comune.6! Mentre le economie di scala si realizzano grande alla possibilità di ripartire i costi di gestione delle strutture su un numero elevato di utenti, nel caso delle economie di scopo, i costi di una struttu-ra sono ripartiti grazie ad una flessibilità e ad una molteplicità di impieghi delle strutture stesse (mezzi di trasporto a destinazione plurima, centri multifunzionali, valorizzazione di risorse non dedicate in modo esclusivo ad una missione esclusiva di servizio.7! Un’azienda agricola che dispone di spazi per la recettività turistica può convertire in alcuni momenti dell’ano queste strutture al servizio delle popolazioni locali. Sono già esistenti esperienze di agriasilo dove è di-sponibile il pasto per i bambini e per le stesse famiglie che passano a riprendere i figli. Stessa logica può essere adottata nel caso degli anziani.

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• ! Formazione e inserimento lavorativo: esperienze orientate all’occupa-zione di soggetti svantaggiati (con disabilità relativamente meno gravi o per soggetti a bassa contrattualità –detenuti, tossico dipendenti, mi-granti, rifugiati);

• ! Ricreazione e qualità della vita: esperienze rivolte ad un ampio spettro di persone con bisogni (più o meno) speciali, con finalità socio-ricreati-ve; tra cui:

o! particolari forme di agri-turismo “sociale”; o! le esperienze degli “orti sociali” peri-urbani per anziani4;

• !Educazione: azioni volte ad ampliare le forme ed i contenuti dell’appren-dimento per avvicinare alle tematiche ambientali persone giovani e me-no giovani; esperienze rivolte a minori con difficoltà nell’apprendimen-to e/o in condizioni di disagio, a rischio di esclusione nei percorsi scola-stici ordinari con la definizione di azioni di educazione parallele e con-cordati; possono essere legate a casi di affidi familiari, a rapporti con istituti scolastici o di giustizia minorile, all’inclusione di minori migran-ti, a ragazzi con difficoltà di concentrazione o iper-cinetici, ma anche ad adulti in momenti particolari della loro vita (burn out, malati termina-li)” (da Di Iacovo F. 2008 Agricoltura Sociale: quando le campagne col-tivano valori)

L’agricoltura sociale non costituisce una novità assoluta, come concetto e nelle pratiche. Tradizionalmente, ed ancora oggi, nelle aree rurali, le famiglie agri-cole, si fanno carico di percorsi inclusivi di famigliari in difficoltà. Nelle aziende agricole, la disponibilità di spazi e di processi che ben si prestano al contributo attivo di persone con diverso grado di conoscenza e di capacità, consente, più che in altri settori ed attività, di assicurare la partecipazione e l’inclusione di soggetti a più bassa contrattualità. Oggi, questa capacità delle strutture e dei processi agricoli viene resa disponibile, all’interno di un siste-ma di welfare fortunatamente più strutturato che nel passato, per tutti quei soggetti delle comunità locali che dall’agricoltura sociale e dai suoi servizi possono trarre beneficio. L’idea di fondo è di valorizzare di nuovo alcune delle risorse disponibili nei sistemi locali, per ampliare la gamma dei servizi disponibili, creare nuove al-leanze tra settori e competenze, innalzare la capacità di tenuta sociale di terri-tori e sistemi che, spesso, si trovano di fronte alla duplice difficoltà di innalza-re l’efficacia dei servizi offerti e, allo stesso tempo, di continuare ad assicurare una rete estesa di servizi, indipendentemente dall’ammontare delle risorse

finanziarie rese disponibili a livello locale dai trasferimenti pubblici regionali e nazionali.Nelle aree rurali, poi,la crisi fiscale, si traduce quotidianamente in una ridu-zione dei servizi e della capacità di tenuta delle comunità locali, spesso, peral-tro, in contrasto con i fenomeni che vedono crescere, accanto all’età dei resi-denti, la presenza di nuovi insediati, l’esigenza dei giovani di rimanere ad abitare questi luoghi, una domanda crescente dei servizi e della loro coerenza con le specifiche insediative e della struttura sociale di questi territori.Il modello tradizionale dell’agricoltura sociale si iscriveva in un sistema di regole dettato dallo stile di comunità, secondo il quale, in assenza di un inter-vento pubblico esterno, erano soprattutto il concetto di autosufficienza, di dono e di reciprocità che erano soliti regolare le relazioni interne. L’avvento dello Stato moderno ha favorito una crescita dei diritti dei singoli individui, nelle città come, sebbene con più lentezza, nelle campagne. I sistemi di rego-lazione usati erano rappresentati, quasi interamente, dal ricorso ai mercati, alla leva fiscale ed all’organizzazione di sistemi redistributivi, inizialmente pubblici, successivamente aperti al contributo del privato sociale.La crisi e la revisione di questo secondo sistema di regolazione porta nuova-mente, al centro del dibattito nel campo dei diritti sociali, il ruolo del quarto settore, ovvero della responsabilità delle famiglie, ampliandone il ruolo e ri-assegnando compiti spesso demandati all’intervento sociale pubblico e priva-to. Più di recente, anche con l’affermarsi di attitutidini di impresa innovative e con il richiamo ai temi della responsabilità sociale d’impresa, anche queste ultime sono chiamate a confrontarsi con la produzione di beni pubblici, tra cui, oltre che la produzione di beni ambientali, anche quelli della produzione di salute.Il tema dell’agricoltura sociale si inserisce, anche dal punto di vista dei mec-canismi di regolazione, in quest’ultimo scenario. Esso fa riferimento ad im-prese responsabili, capaci di produrre ricchezza, allo stesso tempo privata e pubblica, di introdurre scelte di responsabilità basate sul dono e sulla volonta-rietà, per assicurare, allo stesso tempo, la disponibilità di una maggiore quota di servizi sul territorio, una migliore capacità di presa in carico da parte delle comunità locali, anche grazie al loro contributo attivo e, allo stesso tempo, la possibilità di vedere crescere la loro reputazione e trovare un più diretto ap-prezzamento e riconoscimento da parte delle comunità locali, enti locali e consumatori.Nella prospettiva descritta il tema dell’agricoltura sociale costituisce una tra-dizione-innovativa. Esso riesce a coniugare in modo nuovo dei modelli di re-

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lazione propri delle comunità tradizionali, adattandoli ed inserendoli in una domanda di innovazione che coinvolge profondamente le comunità locali e la loro capacità di sopravvivenza futura.

1.5. - Gli obiettivi e le pratiche in agricoltura sociale

L’agricoltura sociale si inserisce nel dibattito sull’agricoltura multifunzionale e sul discorso legato alla diversificazione del settore agricolo ed alla possibilità di offrire servizi all’interno del sistema locale, a vantaggio delle aree urbani e dei territori rurali.Le innovazioni apportate possono essere distinte da più punti di vista.Da un punto di vista prettamente tecnico socio-sanitario, vi è la possibilità di far interagire il mondo dei servizi ed i suoi utenti con la natura, ed è provato da più tesi che questo porta un aumento di benessere ed autostima da parte degli utenti finali, per combattere insicurezze e disagi. Inoltre questo compor-ta una più veloce capacitazione delle persone, che ritrovano un migliore equi-librio della propria personalità e, spesso, un ruolo più attivo nella società.Dal punto di vista del mondo agricolo, l’agricoltura sociale facilita un con-fronto di questo mondo con un più ampio e diversificato numero di portori di interesse, assicurando alle aziende la possibilità di una migliore integrazione con il sistema locale ed una maggiore quota di opportunità. Dal punto di vista sociale favorisce la compenetrazione di conoscenze più ampie e multidisciplinari, accrescendo la formazione di nuovi saperi e favo-rendo legami tra settori inizialmente distanti. Il tema apre delle riflessioni anche dal punto di vista del tema dell’innovazio-ne e di quali possano essere le modalità di procedere per facilitare l’adegua-mento delle risposte locali ai problemi di cambiamento che la società pone. Quello dell’agricoltura sociale, infatti, è un modello di innovazione organizza-tiva che implica una intensa dinamica sociale, mediante l’attivazione di reti e lo scombinamento di logiche operative settoriali e specialistiche.In Italia le pratiche di agricoltura sociale sono piuttosto diffuse, sebbene non codificate e ancora in ombra agli occhi del dibattito. Se confrontate rispetto all’universo delle aziende agricole italiane, quelle di agricoltura sociale costi-tuiscono una piccola percentuale rispetto a quella presente in altri paesi euro-pei quali l’Olanda e le Fiandre. Allo stesso tempo, la sola Toscana conta circa un centinaio di progetti (tra aziende agricole, esperienze del volontariato e della cooperazione sociale), fermo restando la difficoltà di censire esperienze e pratiche che vivono in autonomia e, spesse volte, lontane dai riflettori e dal pubblico dibattito.

L’agricoltura sociale presenta alcuni punti di forza, affiancati ad altri elementi di debolezza. Che è utile evidenziare. Tra i punti di forza, va messa in evidenza la possibilità di personalizzare i ser-vizi alle esigenze individuali dei singoli soggetti. Le pratiche possono essere rivolte sia a piccoli gruppi di utenti che a nuclei più ampi di persone. L’agri-coltura sociale affianca, alle reti formali dei servizi, l’organizzazione di reti informali e di risorse specifiche, utili per facilitare i percorsi di inclusione.In questo senso, l’affiancamento tra operatori agricole, famiglie e operatori pro-fessionali rende assai più flessibile e ricca la possibilità di azione. In molte pratiche di agricoltura sociale, poi, si realizza una saldatura tra diffu-sione dei servizi, apprezzamento e crescita delle realtà d’impresa, inclusione ed integrazione, anche lavorativa, di persone a più bassa contrattualità all’in-terno di un circolo virtuoso di promozione economica delle aziende che assi-curano disponiblità nell’organizzazione dei servizi.Agli enti gestori dei servizi, l’AS, consente di diversificare l’offerta e, allo stes-so tempo, di accrescere la possibilità di presa in carico e il miglioramento del-l’efficacia delle prestazioni, anche a fronte di una contrazione delle risorse finanziarie trasferite dai livelli nazionale e regionale.

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In sintesi:AS: è sempre più pressante l’esigenza di rimodellare i modelli insediativi alla luce della crisi ambientale e finanziaria;AS: i sistemi di welfare che oggi dipendono dalla produzione di ricchezza economi-ca prelevate attraverso la fiscalità hanno necessità di ridefinire ruoli, modalità di intervento e modalità di finanziamentoAS: le aree rurali hanno bisogno di ripensare I loro sistemi di welfare per motivi di coerenza con I bisogni locali e in ragione dei percorsi di sviluppo che le caratteriz-zano;AS: il welfare rigenerativo potenzia ed innova il concetto di welfare e tende a ri-qualificare le reti di relazioni nelle aree rurali, rinsaldando valori di comunità e creando elementi di distinzione utili per rendere attraenti questi territoriAS: l’agricoltura sociale può rappresentare un valido strumento per potenziare e diversificare la rete di protezione sociale nelle aree rurali.AS: le aree rurali attraverso l’agricoltura sociale possono offrire maggiore vivibilità e sostenibilità alle strutture urbane.

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I Consumatori critici sono parte integrante di questo nuovo sistema di regola-zione che lega l’operato aziendale al mondo dei servizi e della formazione/in-clusione lavorativa, alle scelte di consumo degli abitanti locali i quali, privile-giando l’approvvigionamento presso le aziende che assicurano, accanto alla produzione di cibo, anche la produzione di servizi alla persona e/o ambienta-li, riescono ad assicurarsi, a prezzi ragionevoli e competitivi, non solo il ci-bo,ma anche parte di quella platea di servizi utile al mantenimento di comu-nità vitali ed attente.Proprio questa nuova centralità dell’agricoltura nelle reti locali costituisce un aspetto promettente, capace di fornire una migliore visibilità del ruolo del mondo agricolo e maggiore riconoscimento degli imprenditori coinvolti. Un riconoscimento ed una reputazione, quelli dell’agricoltura sociale, capaci di accrescere il potenziale attrattivo del mondo agricolo agli occhi di giovani im-prenditori. Infine, sebbene non per ordine d’importanza, bisogna tenere in considerazio-ne come l’agricoltura sociale sia in grado di offrire vantaggi tangibili per gli stessi utenti e per le famiglie coinvolte nella gestione di soggetti con disagio. Anche volendo guardare con scetticismo alla reale efficacia co-terapeutica del-l’agricoltura sociale, infatti, non vi è dubbio che l’offerta di servizi locali non può che risultare accresciuta dall’esistenza di una molteplicità di pratiche, con evidenti vantaggi per la capacità di offrire risposte più ampie e diversificate alla platea di potenziali utenti.

Non si possono, certo, sottovalutare i punti di debolezza che sussistono anco-ra su tale pratica, e in particolare, quelli che riguardano, la confusione del quadro giuridico, che ostacola la diffusione di tale pratica, causando spesso un differenziale tra la domanda e l’offerta, dovuto, tra le altre cose, anche al mancato riconoscimento da parte pubblica, delle aziende coinvolte e del loro impegno. Anche da parte dei soggetti che operano in campo socio-sanitario sussiste una certa tendenza ad evitare l’ingresso di nuovi soggetti nel settore e una tenden-za a seguire routine e prassi consolidate. La distanza culturale e giuridico-amministrativa esistente tra soggetti del so-ciale e del mondo agricolo rende, allo stesso tempo, più difficile l’avvio di nuovi progetti da parte delle aziende agricole– a meno di una forte motiva-zione da parte dei soggetti coinvolti – e una forte difficoltà nel trovare interlo-cutori nel mondo agricolo da parte degli operatori dei servizi interessati ad esplorare le opportunità offerte dal mondo dell’agricoltura sociale.

Proprio a causa della distanza oramai esistente tra mondo agricolo e mondo dei servizi alla persona, la diffusione delle pratiche di agricoltura sociale trova spesso ostacoli di rilievo. Allo stesso tempo, li dove si realizzano pratiche con-crete , diviene più facile favorire una diffusione ed una codifica delle espe-rienze. Una affermazione, questa che segna alcune linee operative utili per diffondere le pratiche di agricoltura sociale, ed in particolare:• la necessità di assicurare tempi di maturazione adeguati al confronto ed

al dibattito necessario per superare distanze culturali e assicurare l’av-vio di percorsi di apprendimento collettivo e multicompetenti;

• l’utilità di realizzare pratiche pilota sulle quali testare metodi e modali-tà operative innovative, dalle quali favorire il dibattito ed il confronto allargato;

• la progressiva codifica delle pratiche ed il loro riconoscimento da parte degli Enti gestori e delle politiche pubbliche;

• il consolidamento della visibilità delle aziende agricole, del loro opera-to sui mercati di consumo;

• l’estensione del numero delle aziende coinvolte, dei servizi realizzati e degli utenti inclusi.;

• il monitoraggio e la valutazione continua delle pratiche e dei loro esiti, pubblici e privati, a diverso livello.

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Grafico: Il contributo dell’AS al welfare locale

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Capitolo 2

Alcune indicazioni di scenario per l’agricoltu-ra sociale in Italia ed in Europa

2.1. - L’avvio del dibattito sull’agricoltura sociale in Italia

Le pratiche d’agricoltura sociale, in Italia, stanno vivendo una fase di forte evoluzione che riguarda le esperienze sul territorio, le pratiche di discussio-ne-animazione e l’interesse delle parti sociali, gli interventi di politica in cam-po rurale e nelle politiche socio-assistenziali, le iniziative della ricerca, di ta-glio socio-economico e medico.

Le pratiche sul territorio, infatti, stanno accrescendosi per numero, evidenza e complessità. La diffusione d’iniziative di incontro e confronto sul tema del-l’AS, hanno stimolato interesse e motivazione da parte di numerosi soggetti del mondo agricolo e della cooperazione sociale. Un interesse che ha spinto a riprogrammare le strategie d’azione degli operatori agricoli e sociali promuo-vendo nuove iniziative, rafforzando e rendendo più evidenti quei progetti che stavano operando nell’ombra ed in modo poco esplicito.

I primi portatori d’interesse che hanno avviato un lavoro di discussione, co-difica e comunicazione delle pratiche di agricoltura sociale sono state le Uni-versità (Tuscia e Pisa) insieme con Agenzie di supporto allo sviluppo agricolo e rurale (ARSIA, ARSIAL). Ben presto a questo primo nucleo si sono avvicina-te sia organizzazioni ed associazioni del mondo imprenditoriale di rilevanza locale (AIAB, Biodinamici, CTPB, CIA, Coldiretti, Unione Agricoltori in To-scana) e nazionale (AIAB, ACLITerra, ALPA, Coldiretti), sia soggetti del mondo politico amministrativo (la Provincia di Roma, la Provincia di Pisa e nel frattempo, la Regione Lazio, la Regione Sardegna, la Regione Toscana, la Regione Veneto). Sono nati i primi momenti organizzativi tra cui la Rete Na-zionale delle Fattorie Sociali, l’Associazione tra questa con AIAB, ALPA, Acli-Terra, e, nel frattempo, si sono andate consolidando iniziative di una certa

complessità su scala locale, ed iniziative di animazione organizzate da ope-ratori formatisi nel campo dell’AS (Lombrico sociale).

L’allargamento dei soggetti e della discussione sul tema ha finito per coinvol-gere una più ampia gamma di soggetti e il dibattito nel campo delle politiche socio-assistenziali. Gli stessi enti erogatori delle prestazioni socio-assistenzia-li a livello locale, singole strutture di servizio, ovvero interi Dipartimenti e strutture di programmazione hanno iniziato a riflettere con attenzione sulla possibilità di sperimentare ed avviare il riconoscimento di pratiche d’agricol-tura sociale. Ciò è avvenuto soprattutto dove il dibattito era più avanzato co-me nella Regione Lazio (progetto la buona terra) e Toscana (esperienza della Società della Salute della Valdera), aree nelle quali si è avviato il consolida-mento di alcune progettualità condotte in accordo tra mondo agricolo e socio-sanitario. Nel frattempo, nuove esperienze si sono organizzate, in Friuli Vene-zia Giulia –Distretto di agricoltura sociale- e Torino -agriasili-.L’interesse per l’agricoltura sociale, in questi casi, si lega ad alcuni aspetti, tra loro anche molto differenti, che fanno riferimento alla possibilità di: • accrescere l’efficacia e la personalizzazione delle risposte di servizio me-

diante l’uso di risorse nuove –quelle dell’agricoltura e delle strutture agricole – disperse sul territorio – a vantaggio della prossimità- e carat-terizzate da un elevato grado di informalità;

• assicurare il mantenimento di una rete di protezione ampia e dispersa anche a fronte della progressiva riduzione delle risorse disponibili per l’orga-nizzazione della rete dei servizi, mediante una diversa mobilizzazione delle risorse disponibili sul territorio e la definizione di nuovi patti tra mondo pubblico, del privato sociale e del privato d’impresa.

Anche il mondo politico legato all’agricoltura e allo sviluppo rurale ha guar-dato con attenzione alla tematica finendo per promuovere l’introduzione di specifici interventi negli strumenti di programmazione dello Sviluppo Rurale, tanto a livello nazionale (con espliciti riferimenti del Piano Strategico Nazio-nale), quanto a livello regionale (con l’introduzione di specifiche misure di sostegno per gli investimenti aziendali nel Piano di Sviluppo Rurale regiona-le).

Il mondo della ricerca, ha assecondato quest’evoluzione, promuovendo un legame tra le esperienze nazionali, tra queste e quelle europee, ma anche ap-profondendo meglio alcuni aspetti legati a:

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• ! le dinamiche dell’innovazione in agricoltura multifunzionale;• ! la precisazione dei campi di intervento dell’agricoltura sociale;• ! l’articolazione della gamma di strumenti utili per facilitare la diffusione

della pratica;• ! la valutazione dell’efficacia socio-terapeutica delle pratiche di AS median-

te la individuazione di protocolli operativi mirati.

Resta il fatto che, a distanza di un lasso di tempo relativamente ristretto nel quale è stato avviato il dibattito sull’AS, sono stati compiuti passi notevoli, sia nel campo delle pratiche, sia in quello della ricerca, sia ancora, negli strumenti di politica messi in atto e nella gestione delle dinamiche organizzative. Questo aspetto è, per se, esemplare rispetto alla produzione d’innovazione ed alla definizione delle politiche a supporto del cambiamento nello sviluppo rurale,

sebbene in un campo di forte intersezione con quello d’altri campi di inter-vento a sostegno del capitale sociale ed umano e dell’inclusione sociale.

Proprio l’intensa dinamica di cambiamento appena descritta ha finito per ac-crescere l’interesse e la domanda di procedure capaci di avviare un riconosci-mento più esplicito delle pratiche di agricoltura sociale in Italia, se non di vero e proprio accreditamento.

Compito di questo rapporto è quello d’indagare con più attenzione rispetto ai passi in atto e alle possibili soluzioni da percorrere al fine di riconoscere e rendere pratica diffusa l’AS nei territori rurali italiani.

2.2. - Il quadro di riferimento organizzativo per l’AS in Italia

In considerazione della dinamica secondo la quale l’AS ha trovato diffusione in Italia, si assiste oggi ad una notevole varietà di pratiche e di modalità e campi d’intervento.Il concetto d’agricoltura sociale si distingue per i seguenti elementi:! Il fatto di legare insieme attività di produzione e processi agro-zootecnici

e l’erogazione di servizi sociali per persone e comunità;! l’informalità e, allo stesso tempo, la responsabilità e la mutualità da parte

dei soggetti coinvolti, ed in particolare delle imprese agricole, aspetti che consento di mettere a disposizione degli utenti contesti e servizi inclusivi anche perché caratterizzati da un basso tasso di medicalizzazione;

! la flessibilità e l’adattabilità delle strutture di agricoltura sociale ad un’ampia gamma di bisogni e d’utenti;

! la possibilità da parte delle imprese agricole di partecipare alla produzio-ne di beni collettivi e di comunità;

! la diffusione di attitudini d’impresa più attenti alle esigenze dei portatori d’interesse locali e non, in un’ottica di responsabilità sociale d’impresa;

! il legame che si può generare tra la responsabilità dei produttori e quelli dei consumatori nell’ambito di relazioni più dirette ed improntate su comportamenti contraddistinti da valori etici più profondi;

! la possibilità, nei percorsi socio-terapeutici e di formazione/inclusione lavorativa, di favorire percorsi di transizione e di continuità favoriti dalla partecipazione a processi economici;

! la possibilità di ri-orientare delle risorse disponibili localmente alla mis-sione dei servizi alla persona e di generare strategie win-win, secondo cui

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Grafico: Il quadro organizzativo per l’AS in Italia

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ognuno dei soggetti partecipanti riesce a trovare un proprio vantaggio diretto, immateriale e materiale;

! l’opportunità di offrire e rigenerare beni di relazione nelle comunità locali e d’integrare concetti di mutualismo e di professionalità nella rete dei ser-vizi.

Allo stesso tempo, ci sono alcune caratteristiche indispensabili che devono essere assicurate nell’esperienze d’agricoltura sociale, ed in particolare:! la necessità di favorire una stretta integrazione tra la rete dei servizi di

protezione sociale e delle professionalità degli operatori in essa coinvolti e le reti informali assicurate dal mondo dell’agricoltura sociale;

! la necessità di porre al centro delle pratiche di agricoltura sociale, ed in particolare di quelle che coinvolgono soggetti a più bassa contrattualità, le persone coinvolte.

I servizi che i progetti d’agricoltura sociale possono assicurare offrono diverso supporto all’organizzazione della rete di protezione sociale territoriale. In particolare:!in ambito peri-urbano, le risorse dell’agricoltura consentono di diversifi-

care l’offerta della rete dei servizi rivolta a ceti di estrazione prevalente-mente urbana. I progetti di agricoltura sociale, peraltro, riescono a stabi-lire nuovi contatti tra mondo urbano e rurale, favorendo la crescita di nuove relazioni e di nuova conoscenza tra gli abitanti della città ed im-prese agricole. L’esito di questi percorsi può favorire la definizione di

nuovi significati intorno al cibo, e l’apertura di nuovi campi di opportu-nità, per i produttori come per i consumatori, con risvolti spesso positivi anche dal punto di vista dei percorsi d’inclusione sociale e lavorativa;

!Nelle aree che si caratterizzano per maggiori connotati di ruralità, ac-canto alla missione sopra descritta, si aggiunge la possibilità di ispessire la rete di protezione sociale, lì dove, per carenza di risorse e di adeguate economie di scala, questa stessa rischia di essere erosa. Allo stesso tem-po, le pratiche di agricoltura sociale consentono di riavviare nuove rela-zioni sociali e nuovi processi di presa in carico, accrescendo il capitale sociale nelle aree rurali e riorganizzando stili di vita distintivi e di mag-giore attrazione negli stessi percorsi di sviluppo legati al turismo rurale.

Nel panorama nazionale, le esperienze d’agricoltura sociale, nella loro diver-sità, nascono e si consolidano prevalentemente su scala locale.

In funzione dei diversi campi di applicazione, infatti, sono essenzialmente i Comuni, le Comunità Montane e le AUSL a rappresentare interlocutori privi-legiati dei portatori di progetto, essendo questi soggetti ad essere deputati alla erogazione dei servizi socio-assistenziali e sanitari. Nel campo delle politiche della formazione e dell’inclusione lavorativa, invece, sono prevalentemente le Province ad operare. Resta il fatto che, trattandosi di esperienze nate dal basso, quelle dell’AS sono pratiche che rischiano di essere a lungo confinate in ambito locale. Qui, so-prattutto dove la programmazione tende a fare maggiore leva sull’impiego di forme partecipative allargate, in sede di progettazione e gestione dell’offerta di servizi, diviene più facile per i portatori di progetto maturare e fare diffon-dere nuove consapevolezze e conoscenze. Nel contesto locale, quindi, l’inno-vazione sociale riesce a penetrare più facilmente, promuovendo l’integrazione nella rete di nuove risorse, tra cui, anche quelle dell’agricoltura.

Fatta eccezione per il campo della giustizia, dove il Ministero tradizionalmen-te ha sviluppato proprie iniziative che vedono l’uso del lavoro e delle pratiche agricole nei percorsi di riabilitazione della popolazione carceraria (attraverso le tradizionali colonie penali agricole, oppure mediante specifiche esperienze progettuali), i livelli amministrativi più alti, Regioni, ma in particolare Mini-

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Grafico: L’organizzazione dei network e l’evoluzione dell’AS in EU

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steri, difficilmente riescono ad essere soggetti attivi nel capo dell’agricoltura sociale. La spontaneità delle pratiche e una certa carenza nella documentazio-ne tecnico-scientifica riguardo l’organizzazione, i metodi di lavoro ed i risulta-ti conseguiti nelle esperienze di campo, non facilitano l’adozione di adeguati approcci valutativi e normativi in queste sedi, nonostante i passi già fatti in materia di riconoscimento nazionale delle pratiche di AS da parte di alcuni paesi dell’UE (Olanda e Norvegia). Come conseguenza di questo modo di procedere, emerge un sostanziale scol-lamento tra pratiche di terreno ed approcci d’indirizzo e normativi di rilevan-za nazionale che, specie in una fase successiva a quella pionieristica, rischia di limitare e rallentare la diffusione delle pratiche di agricoltura sociale, specie in quei territori meno attivi ed aperti al cambiamento.

Il quadro tratteggiato, restituisce una certa complessità che è utile avere pre-sente allorquando s’intende avviare la discussione circa il riconoscimento del-le pratiche di agricoltura sociale che, per forza di cose, oggi, non può che tro-vare sviluppo in ambito locale, secondo modalità anche molto diverse.

2.3. - Il riconoscimento delle pratiche d’AS in ambito comuni-tario

Può essere utile avere un’idea di quanto sta avvenendo in ambito comunitario rispetto al tema dell’Agricoltura Sociale. Offre spunto per questa riflessione quanto emerge dal progetto SoFar finanziato dal VI programma quadro sul-l’agricoltura sociale in Europa (http://sofar.unipi.it).

In EU il termine di agricoltura sociale individua realtà organizzative e forme di intervento anche assai diverse da Paese a Paese. Infatti, accanto a realtà molto pionieristiche dove si registrano esperienze isolate (novelties) e caratte-rizzate dalla sperimentalità (Irlanda e Slovenia) si ritrovano paesi dove l’agri-coltura sociale inizia a trovare una certa diffusione in iniziative e progetti che tendono a formale dei primi grappoli (nicchie) seppure a seguito di azioni di-versamente coordinate da soggetti pubblici, privati o del terzo settore (Francia ed Italia con un contributo rilevante delle singole imprese agricole e del terzo settore, in Germania con un prevalere dell’intervento pubblico), fino a paesi dove si striutturano nuove conoscenze (paradigmi) l’agricoltura sociale viene parzialmente riconosciuta (Belgio, sviluppata nelle aziende agricole e ricono-sciuta dalla politiche agricole ad integrazione della rete di protezione sociale) fino ad essere formalmente inserita in un nuovo sistema di regole (regimi) nel-la rete dei servizi (Olanda e Norvegia).

Il passaggio dalle novelties ai regimi è spesso il frutto di un’intensa azione operata da networks che consentono, a diversi livelli (locale,regionale, nazionale, internazionale) di fare convenire nuovi soggetti, costruire comunità, facilitare il confronto per sviluppare nuove azioni di supporto al processo di cambiamen-to, amplificare la tematica, fare crescere la capacità d’ investire. Le azioni sviluppate sono di diverso tipo e riguardano:! l’organizzazione di buone pratiche,

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Grafico: Consapevolezza degli attori pubblici e modelli d’AS in EU

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! attività di ricerca, ! training/educazione, ! supporto alle reti, !raccolta di fondi.

Nella totalità dei casi si tratta di percorsi che richiedono tempo per essere portati avanti e i cui esiti, a livello locale e sovra-locale non sono stabiliti in partenza, bensì risentono delle condizioni in cui si trovano ad operare.

In conseguenza delle specificità territoriali, ad oggi, l’AS trova diverso rico-noscimento da parte degli attori pubblici e privati e viene diversamente rego-lata e riconosciuta.

In particolare, in funzione del grado (alto-basso) di consapevolezza sviluppa-ta dagli operatori pubblici dei settori non agricoli che fanno leva sull’AS e quella di coloro che operano nel settore dell’agricoltura, si realizzano condi-zioni e modalità d’intervento assai diverse tra loro.

Ad un estremo si trova il caso Olandese dove, il riconoscimento da parte dei settori extra-agricoli dell’AS e la diffusione di un sistema di organizzazione dei servizi basato sul personal budget degli utenti, ha consentito un pieno riconoscimento delle pratiche e delle aziende di agricoltura sociale su scala nazionale, l’accreditamento del servizio ed il pagamento dello stesso ad aziende che tendono a strutturarlo in maniera specialistica. Di diverso segno è la situazione nelle Fiandre (Belgio), dove sono le politiche agricole a prevedere una compensazione dell’impegno e dell’accoglienza pre-stata dalle aziende agricole in un sistema di aiuti notificato in ambito comuni-tario. In questo caso la prestazione aziendale non si configura come un servi-zio accreditato, bensì come una disponibilità delle aziende agricole ad acco-gliere persone a più bassa contrattualità in azienda ed inserirle/avvicinarle allo svolgimento delle loro attività quotidiane, che viene ad essere integrata nella rete dei servizi e con questa armonizzata.Nel caso Francese, invece, tendono a prevalere progetti mirati da parte delle politiche d’inclusione lavorativa, piuttosto che regimi regolati con continuità. Questa situazione ricorre anche in Italia nel caso delle cooperative sociali di tipo B che operano in agricoltura e che spesso collaborano con le strutture del-la formazione in progetti d’inclusione sociale e lavorativa. Allo stesso tempo, in Italia, nel mentre si accresce la consapevolezza, specie a livello locale, di

una pluralità di portatori d’interesse, tende a strutturarsi un modello, piutto-sto informale, che sebbene oggi incentivato dalle politiche pubbliche (il PSR per interventi sulle strutture aziendali) e ad essere regolato con forme contrat-tuali da parte dei servizi (quantomeno dal punto di vista assicurativo) trova maggiore riconoscimento da parte dei consumatori o della comunità locale, a vantaggio della reputazione aziendale e, in alcuni casi, della possibilità di ri-costruire nuovi mercati per i prodotti offerti dalle aziende d’AS.In altri Paesi, si registrano situazioni di stampo più fortemente pionieristico. In questi casi la consapevolezza dei principali attori pubblici si presenta assai limitata, mentre, le esperienze avviate si sostengono grazie ad iniziative pun-tuali e a supporti provenienti da donazioni di parte pubblica e privata, sulla scia di uno spirito prevalentemente caritatevole.

Di conseguenza, ad oggi, le iniziative di agricoltura sociale rispondo a quattro diverse tipologie organizzative:! AS normata: l’erogazione di servizi è codificata secondo le pratiche socio

sanitarie, che la riconoscono, la remunerano e la accreditano, al pari di altri servizi e secondo modalità contrattuali di quasi-mercato;

! AS riconosciuta: una disponibilità aziendale informale viene integrata nella rete dei servizi e non codificata, sebbene riconosciuta e compensata da parte pubblica;

! AS a progetto: le esperienze d’agricoltura sociale s’inseriscono in inter-venti di tipo innovativo e/o in azioni progettuali finanziate a cadenza temporale;

! AS etica: i percorsi d’inclusione che coinvolgono le aziende agricole s’in-seriscono all’interno della riorganizzazione di una rete di presa in carico responsabile da parte di un esteso numero di soggetti pubblici e privati. I servizi sono riconosciuti ed organizzati insieme tra privato sociale, d’im-presa e soggetti pubblici. La compensazione per i servizi offerti dalle im-prese agricole proviene da un riconoscimento indiretto, da parte del con-sumo etico, dei prodotti agricoli ottenuti.

! AS di carità: fa riferimento a supporti esterni mutevoli e non codificati. La stabilità dei progetti è spesso legata al rapporto con fondazioni ed enti caritatevoli capaci di assicurare con una certa continuità le risorse neces-sarie per la gestione delle iniziative progettuali.

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Tipo di AS Aspetti rilevanti Modo di ricono-scimento

Aspetti comple-mentari

AS normata Diritti utenti ed efficacia

Pagamento servizi codificati e accre-ditati

Professionalizza-zione sociale ope-ratori agricoli

AS riconosciuta Diversità di servi-zi offerti ed ispes-simento reti in-formali

Gestione e verifica incongruenze

Integrazione e supporti comple-mentari per agri-coltori coinvolti

AS a progetto Esiti inclusivi/ ammortizzatore sociale

Indicatori risulta-to singoli progetti

Correttezza am-ministrativa e gestionale

AS etica Informalità, cam-biamento di mo-dello inclusione utenti

fiducia da parte dei consumatori con controllo in-formale sulla re-putazione e san-zione etica, panel di controllo opera-tori sociali

Estensione del concetto di benes-sere ad una molti-tudine di campi, dall’alimentazione a l l ’ i n c l u s i o n e , processo parteci-pativo

As di carità Costruzioni di reti di supporto per soggetti con forte svantaggio e ri-schio sociale

Reputazione di progetto e reti del mondo professio-nale

Scarso livello di inclusione sociale

I diversi sistemi di riconoscimento delle pratiche di agricoltura sociale ten-dono a modellarne la natura secondo sentieri anche molto differenti.

Così, se nel caso olandese (AS normata) prevale una grande attenzione orga-nizzativa nei confronti dei diritti degli utenti come dei diritti ed ai doveri del-le imprese coinvolte. L’accreditamento autonomo, ovvero l’interazione con strutture accreditate, rappresenta un momento fondamentale per potere ero-gare servizi come anche la professionalità degli stessi operatori agricoli. D’al-tra parte, la necessità di formalizzare l’organizzazione del servizio, che pure ha come controparte pagamenti interessanti, favorisce una specializzazione ed una formalizzazione delle pratiche che, in alcuni casi, ne riduce la carica d’in-novazione e ne confina il risultato ad un intervento dai tratti marcatamente

socio-assistenziali, riducendo le possibilità di inclusione lavorativa conse-guente a processi di cambiamento che fanno leva sulla riorganizzazione dei processi di produzione economica e sui mercati esplorati. In aggiunta, la pro-fessionalizzazione e la specializzazione nell’area dei servizi alla persona può finire per distogliere attenzione nei confronti delle pratiche di produzione agricola.

Nel caso delle Fiandre (AS riconosciuta), in considerazione della limitatezza del trasferimento monetario (una compensazione di 20€/utente per mezza giornata), la vera natura economica aziendale resta incentrata sui processi produttivi agro-zootecnici. Allo stesso tempo, l’esistenza di forme contrat-tuali chiare accresce la possibilità di nuove aziende di entrare nella rete di AS e facilita per gli stessi servizi, la possibilità di potere contare su una maggiore gamma di soluzioni per i propri utenti. In questo caso, quindi, la disponibili-tà aziendale viene confinata all’interazione con i servizi, senza che si riper-cuota sulle forme di gestione dell’impresa che continua a seguire i propri orizzonti produttivi. Da parte dei servizi viene impostata in forma nuova la

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Grafico: Traiettorie di cambiamento dell’AS tra politiche e attitudini d’impresa

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capacità di integrare soggetti non professionali nella rete, mediante supporti e tutoraggi direttamente nelle aziende agricole.

Nei modelli alimentati da progetti mirati (AS a progetto), così come in quelli che si fondano su donazioni (AS di carità), la natura aziendale e produttiva resta spesso confinata mentre tende a prevalere la rilevanza del servizio d’in-clusione, spesso reso discontinuo dall’incertezza della continuità del finan-ziamento. Nel primo caso, è l’azione pubblica a promuovere progetti che si caratterizzano per una coerenza con le politiche nazionali e comunitarie che regolano l’inclusione sociale e lavorativa. Nel secondo caso, invece, le espe-rienze possono aderire alle sole convenzioni sociali ed etiche in uso sul terri-torio.Infine, nel modello reputazione/responsabile (AS etica), che si sta sviluppan-do in Italia, emergono alcuni aspetti positivi accanto ad altri elementi più pro-blematici. Tra i primi, la possibilità di infittire con le reti informali quelle for-mali dei servizi, con risultati in molti casi inaspettati per gli utenti. Dall’altra la possibilità di legare in un percorso di crescente consapevolezza, la riflessio-ne sulle risorse locali e sui meccanismi di produzione e distribuzione della ricchezza, anche a fini di produzione dei servizi. Questo dibattito tende a ve-dere come soggetti privilegiati le imprese ed i consumatori, a fronte d’interes-santi percorsi che coinvolgono gli utenti in traiettorie di inclusione sociale e lavorativa. Gli organizzatori dei servizi, da parte loro, riescono finalmente ad inserire la loro azione in percorsi che escono dalla carità e dal sostegno per fare confliuire la loro azione in dinamiche che conferiscono dignità e rispetto degli utenti coinvolti. D’altra parte, le ombre sono legate ad una certa inde-terminatezza delle pratiche, alla forte dipendenza dalle interpretazioni dei soggetti coinvolti, alla necessità di assicurare controllo e discussione sui risul-tati acquisiti, seppure secondo modalità diverse dalle logiche proprie dell’ac-creditamento. Infine, da una certa limitatezza delle possibilità d’impiego delle pratiche di agricoltura sociale a quelle imprese che, dotate di una forte moti-vazione e da una scala produttiva adeguata meglio si prestano a percorsi di questa natura. In questi percorsi la verifica delle pratiche è affidata ad un con-trollo sociale – da parte dei consumatori utenti- rispetto alle pratiche avviate e ad un elevato livello di partecipazione condivisione da parte degli enti gestori dei servizi.

Resta il fatto che, in considerazione della diversità delle pratiche esistenti e delle relazioni che si instaurano tra modalità di regolazione dell’AS, ricono-

scimento delle pratiche ed effetti che si riescono a conseguire, è necessario sviluppare una riflessione attenta e mirata sul tema del riconoscimento in modo coerente con quelle che sono le caratteristiche rilevanti dell’AS e con le attese che i portatori d’interesse rivestono in tale modello di lavoro.

Capitolo 3

L’agricoltura sociale nella provincia di Pisa

3.1. - La diffusione delle esperienze di agricoltura sociale

Sul territorio provinciale sono presenti numerose iniziative di agricoltura so-ciale che, ultimamente, fanno registrare un’attenzione crescente da parte di più soggetti del privato sociale, delle imprese agricole private, del mondo as-sociativo, istituzionale, della ricerca.Forse, il territorio pisano è uno dei più ricchi dal punto di vista del patrimonio di esperienze disponibili, per la qualità e la diversità delle iniziative in atto, per la complessità dei soggetti istituzionali coinvolti e per le potenzialità di sviluppo esistenti. Un patrimonio che continua ad arricchirsi con il passare del tempo ad indicazione della vitalità delle iniziative in atto.

Proprio in ragione di queste evidenze è possibile pensare come possibile, sul territorio Pisano, il passaggio da progetti isolati e di nicchia, verso un sistema regolato, capace di favorire e modulare l’interazione tra soggetti pubblici (del sociale del sanitario, della formazione e lavoro e dell’agricoltura, della ricerca) e privati (privato d’impresa, privato sociale, volontariato) con l’intento di promuovere missioni locali ad elevato grado di inclusività.Nell’analisi delle realtà più significative presenti sul territorio pisano è utile sottolineare come alcune di esse presentino le caratteristiche dell’iniziativa pilota, consolidata e riproducibile su una scala più ampia, come utile esempio per l’avvio di iniziative analoghe. I progetti nati sul territorio provinciale sono legati alle specificità aziendali in cui si sono sviluppati e alle caratteristiche degli stessi attori coinvolti, che hanno saputo modellare le iniziative proposte.

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Compito dell’iniziativa coordinata dal CIRAA è stato quello di precisare il concetto di agricoltura sociale, analizzare le pratiche esistenti sul territorio locale, promuovere un’azione di animazione e comunicazione volta a genera-re le condizioni utili alla promozione di questo specifico aspetto della multi-funzionalità dell’agricoltura nei confronti delle aziende agricole, ma anche degli altri soggetti coinvolti da questa tematica, ed in particolare: il mondo della cooperazione sociale, gli operatori attivi nella gestione delle diverse ti-pologie di servizio, le Società della Salute ed i servizi delle AUSL, le strutture dell’Amministrazione provinciale che si occupano di formazione e di politiche sociali, oltre che di agricoltura e di sviluppo rurale. Il lavoro è risultato complesso, in quanto ha inteso promuovere ed avviare quel percorso di innovazione sociale ed organizzativa volta a promuovere sapere multicompetente sul tema dei servizi alla persona e dell’uso delle ri-sorse dell’agricoltura a fini sociali ed inclusivi.L’azione svolta nel progetto di comunicazione ha:o individuato le realtà coinvolte nella tematica;o promosso incontro e scambio tra esperienze spesso isolate;o favorito l’avvicinamento di nuovi portatori di interesse al tema;o promosso dialogo istituzionale tra soggetti coinvolti nella gestione della

tematica;o favorito azioni di coordinamento e codifica delle pratiche di agricoltura

sociale, in accordo con gli attori istituzionali Enti gestori delle diverse ti-pologie di servizio.

Al termine di questa fase del progetto sono state messe a disposizione del-l’amministrazione provinciale i seguenti prodotti:o un sito web, con informazioni sulle pratiche esistenti, i modelli di con-

venzione usati ed ai materiali realizzati nel corso delle attività;o seminari formativi e workshop sul tema dell’agricoltura sociale realizzati

con i principali attori coinvolti;o partecipazione attiva, mediante supporto metodologico ed animazione, in

accordo con la SdS della Valdera volta a definire procedure e codifiche delle pratiche di agricoltura sociale;

o avvicinamento della SdS area Pisana e della SdS della Valdicecina alla tematica dell’agricoltura sociale.

Nel rapporto, viene fornita evidenza dei risultati acquisiti dal punto di vista:o delle pratiche esistenti;o dei punti di vista emersi dal confronto con gli operatori;

o dei percorsi di codifica realizzati in accordo con la SdS della Valdera.

Successivamente, saranno delineate alcune possibili linee di sviluppo per l’agricoltura sociale in provincia di Pisa.

3.2. - Le esperienze di agricoltura sociale in provincia di Pisa

Il Panorama delle esperienze provinciali è ricco per tipologia e caratteristiche dei soggetti coinvolti, come in precedenza sottolineato.o Le esperienze individuali della Cooperazione: La Ficaia. o Le esperienze dell’Associazionismo: Ass. Mondo Nuovo CESVOT. o Le esperienze autonome delle imprese: Azienda Cannas Volterra. o Le reti territoriali pubblico-private: SdS Valdera e Giardino dei semplici,

Colombini, Il Querceto, San Ermo, o Le esperienze pubbliche: Farm Therapy CIRAA-DSM ASL5,o Provincia di Pisa Formazione: il database su migranti/agricoltura della

Provincia di Pisa.o Il CIRAA: polo e divulgazione Arsia su AS,

Allo stesso tempo sono state registrate manifestazioni di interesse da parte dei seguenti soggetti:• SdS Area Pisana• SdS Val di Cecina• Ente Parco Migliarino San Rossore Massaciuccoli• APA• CIA• CTPB• AIAB

3.3. - Punti di forza e limiti delle esperienze locali

Le prime attività di animazione e di incontro hanno focalizzato l’attenzione sui limiti e i punti di forza emersi nelle esperienze locali e comunitarie, al fine di evidenziare i modelli operativi presenti sul territorio provinciale e presen-tare alcune metodologie di progettazione, sia per i servizi a sostegno delle aree rurali, sia per l’inclusione lavorativa nell’ambito di agricoltura sociale.

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Come è noto l’agricoltura sociale fa leva sulle risorse presenti in agricoltura, vegetali ed animali, ma anche sulla possibilità di operare in ambienti meno protetti, seppure all’interno di gruppi ristretti di persone ad elevata interazio-ne sociale. I servizi che l’agricoltura sociale offre sono utili per diverse finalità, ed in particolare per: la riabilitazione, la co-terapia, inclusione socio lavorati-va, l’educazione, l’organizzazione di servizi utili per assicurare infrastrutture utili alla vita sociale nelle aree rurali (servizi per anziani, per bambini, etc.) alle persone presenti in aree rurali.

Le pratiche di agricoltura sociale offrono risposte utili sotto due diversi punti di vista: • la possibilità di allargare la gamma dei servizi disponibili sul territorio,

specie nelle aree dove è più difficile mantenere inalterata la rete di prote-zione sociale.

• La possibilità di allargare il ventaglio degli strumenti di intervento dispo-nibili, anche in quelle aree dove la presenza dei servizi è in ogni caso suf-ficiente.

Entrambe le possibilità assumono un significato di assoluto interesse in una fase caratterizzata dalla revisione dei sistemi di welfare e dall’esigenza di tro-vare soluzioni innovative e più coerenti con i bisogni delle persone (persona-lizzazione dei servizi) e, allo stesso tempo, con quelli propri dei territori rura-li, caratterizzati dalla necessità di assicurare una capillarità dispersa su territo-ri vasti e, allo stesso tempo, di contenere i costi dei servizi attraverso modalità alternative di organizzazione.

Dallo studio di casi attivi sul territorio provinciale sono emerse cinque espe-rienze diverse tra di loro, tutte integrate al mondo dei servizi pubblici tra cui:-! esperienze individuali di cooperazione: si tratta di esperienze dedicate

all’inserimento sociale e lavorativo, la cui matrice originari è laica o reli-giosa. I campi di lavoro riguardano tanto il recupero delle donne di stra-da, quanto l’inclusione di ex detenuti o di persone con disabilità mentale

-! esperienze dell’associazionismo: nascono all’interno dell’impegno giova-nile, ma sono capaci di legare ampi strati della società civile. Operano so-prattutto nel campo della disabilità mentale;

-! esperienze autonome delle imprese: anche in questo caso l’inclusione vie-ne assicurata per soggetti con disabilità psichiatrica o mentale, sebbene il campo di riferimento tenda ad ampliarsi con il rafforzarsi del rapporto tra aziende agricole e mondo dei servizi;

-! esperienze di reti territoriali pubblici-private: riguardano soprattutto il territorio della Valdera con la stesura di un protocollo d’intesa tra un am-pio numero di soggetti pubblici e privati (sociale e d’impresa), la realizza-zione di un tavolo sull’agricoltura sociale e la definizione di procedure di riconoscimento per le iniziative avviate;

-! esperienze pubbliche; riguarda soprattutto strutture universitarie, con l’impiego di azioni di farm therapy in accordo con il DSM.

3.4. - Gli elementi della discussione: il risultato dei tavoli di discussione

La raccolta di dati ed informazioni sulle esperienze in corso ha rappresentato il primo momento utile per avviare la discussione all’interno di specifici gruppi di discussione. Durante il progetto, infatti, si sono realizzate diverse occasioni d’incontro volte a facilitare il confronto e lo scambio di idee tra por-tatori di interesse sul tema dell’agricoltura sociale in provincia di Pisa. Per molti dei partecipanti queste occasioni hanno rappresentato il primo momen-to per condividere esperienze e bisogni, ma anche per comprendere meglio interlocutori, ruoli e aspettative e, di conseguenza, orientare in modo coerente le proprie azioni.Nel corso di tali attività sono emerse problematiche e bisogni comuni, sia da parte delle singole imprese agricole, sia delle associazioni e delle cooperative che operano in ambito sociale. Tra gli argomenti sollevati, sono emersi, come di particolare rilevanza per la promozione dell’agricoltura sociale sul territorio pisano, i seguenti aspetti:o riconoscimento delle attività svolte;o partecipazione a specifici strumenti di intervento attivati nel campo del-

l’agricoltura sociale a sostegno degli investimenti da realizzare (Piano di sviluppo rurale8, politiche sociali, FSE)

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8! Il nuovo PSR, nel prevedere sostegni finanziari per le aziende che realizzano investimenti per facilitare l’accoglienza di soggetti svantaggiati, devono mostrare coerenza con i Piani Integrati di zona. Come questo debba essere dimostrato può variare zona per zona, ed è strettamente legato al grado di conoscenza ed attenzione che le strutture socio-sanitarie locali destinano al tema dell’agricoltura sociale e alle aziende coinvolte. D’altra parte, sono presenti aziende che, sebbene sotto forme diverse ed in modo non sistematico, hanno avuto già in passato forme regolari di contratti con le strutture socio sanitarie pubbliche o private, forme di accordo preventivo.

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o accesso a forme di riconoscimento economico delle prestazioni erogate (in particolare da soggetti oggi non riconosciuti nell’ambito delle politiche sociali)

o evoluzione e consolidamento delle pratiche di agricoltura sociale, nell’or-ganizzazione delle esperienze aziendali così come nelle integrazione delle competenze e la definizione dei supporti utili per una valorizzazione competente delle risorse agricole a fini di utilità sociale.

3.4.1. Problematiche emerseNel corso della varie discussione sono stati affrontati tre aspetti di seguito specificati:

1.! il riconoscimento delle pratiche di agricoltura sociale;2.! i requisiti minimi per l’organizzazione di servizi sociali nelle aziende

agricole;3.! le modalità migliori per favorire l’avvio di progettualità comuni e

coordinate sui territori.

1) Il riconoscimento dell’agricoltura socialeQuesto tema assume una valenza molteplice e mutevole in relazione al tipo di strutture coinvolte. Ad oggi, molte delle attività di agricoltura sociale si sono realizzate in modo implicito e mediante accordi bilaterali tra strutture ed enti coinvolti. Alla tematica non è stata assegnato esplicito credito, se non recen-temente da parte della SdS della Valdera e dalle Istituzioni Pisane, anche gra-zie al lavoro di animazione svolto nell’ambito di questo progetto. La situazio-ne appare differente in funzione della ragione sociale del soggetto erogatore di servizi, ed in particolare la differenza riguarda il mondo della cooperazione sociale e quello delle imprese agricole, famigliari o cooperative che esse siano.Il tema dell’agricoltura sociale, infatti, interessa almeno due settori, quello dell’agricoltura e quello delle politiche sociali (ma si potrebbe parlare anche di quelle di carattere educativo, legate alla giustizia, etc.). In questi due campi, fino ad oggi, hanno operato settori chiaramente riconosciuti dalle strutture istituzionali, Le aziende agricole da parte degli Enti e soggetti che operano in agricoltura, e le strutture socio-assistenziali pubbliche e del privato sociale dea parte del mondo socio.-sanitario. Al contrario il riconoscimento delle at-tività di tipo sociale realizzate nelle aziende agricole, così come quelle di tipo agricolo realizzate dal mondo della cooperazione sociale, tarda ad essere faci-litato.

Così, per le cooperative sociali che fanno uso dell’agricoltura a fini riabilitativi (Coop. sociali di tipo A) o che operano nel settore agricolo a fini inclusivi e lavorativi (Coop. sociali di tipo B) si pone il problema del riconoscimento e della eleggibilità ai fini dell’intervento delle politiche agricole. Ciò, sebbene la normativa vigente preveda una possibilità di estensione del concetto di Im-prenditore agricolo professionale a realtà della cooperazione sociale che ve-dono al loro interno, almeno una persona che dispone dei requisiti oggettivi dell’IAP. Ovviamente le cooperative sociali hanno accesso a tutti gli interventi previsti dalle politiche sociali.

Per le realtà agricole, viceversa, si pone il riconoscimento e l’eleggibilità delle loro azioni a sostegno dell’organizzazione dei servizi alla persona, siano essi finanziati dalle politiche agricole (PSR) o da quelle sociali. Il loro riconosci-mento da parte delle politiche sociali non è previsto al momento. Al contrario, l’apertura di nuovi interventi del PSR nel campo della diversificazione nel campo dei servizi alla persona, dovrebbe assicurare la possibilità di riconosce-re quelle realtà che offrono servizi socio-assistenziali.Proprio per meglio regolare il settore e facilitare il consolidamento delle prati-che e dei servizi di agricoltura sociale, il tema del riconoscimento necessità di essere meglio definito. Le proposte emerse dal confronto iniziale e, successivamente, approfondite nel corso del tavolo aperto presso la SdS della Valdera hanno riguardato:o la possibilità di costituire un albo delle esperienze di agricoltura sociale al

quale riferirsi, in particolare per quanto riguarda le aziende agricole. L’al-bo potrebbe essere disponibile a livello di Società della Salute (opzione prevista oggi dalla SdS della Valdera) e a livello Provinciale/Regionale.

o Una possibile sede per il primo accreditamento delle strutture è stato ri-scontrato nella Società della Salute, assicurando riconoscimento a quelle aziende che partecipano ad appositi tavoli dedicati all’agricoltura sociale (questo modo di procedere sarebbe funzionale nelle realtà dove esiste già dibattito ed esperienze sul tema, ma rischia di generare problemi in terri-tori dove la discussione sull’agricoltura sociale non si è ancora avviata). Ad oggi questo percorso è stato realizzato dalla SdS della Valdera, mentre si sta aviando nella SdS della ValdiCecina e della Zona Pisana;

o L’accesso all’albo dovrebbe avvenire previa attestazione di un adeguato curriculum aziendale, ovvero, per le aziende che entrano nel settore, pre-via sottoscrizione di chiari impegni con l’Ente pubblico;

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o Di conseguenza, le azioni delle aziende agricole, diversamente da quanto si registra oggi, dovrebbe basarsi su un più chiaro, seppur minimo, livello di formalizzazione dei rapporti avviati con enti responsabili dei servizi;

o È possibile pensare al conferimento di una specifica dicitura/certificato che l’azienda possa esporre;

o Un ulteriore elemento riguarda la possibilità di assegnare il riconoscimen-to ad aziende che pur non avendo esperienze pregresse, iniziano ad ero-gare servizi alla persona a seguito di una attività di formazione mirata;

In più occasioni è stata affrontata la discussione sull’opportunità o meno che le aziende di agricoltura sociale siano chiamate ad adottare processi di produ-zione di tipo biologico, oppure che già operino nel campo dell’agriturismo o che vi operino all’interno persone con competenze specifiche in campo socia-le. Per quanto riguarda i primi due aspetti, appare evidente che sia le aziende bio, sia quelle agrituristiche, per motivi differenti, possono avvicinarsi più facilmente al mondo dei servizi, benché ciò non possa necessariamente rap-presentare motivo di esclusione di altre tipologie di aziende.. Per quanto ri-guarda il terzo aspetto, l’introduzione di un obbligo nella presenza di profes-sionalità del sociale, è stato valutato come potenzialmente controproducente, per più motivi:o perché tenderebbe a favorire la specializzazione delle aziende agricole nel

campo dei servizi al fine di assicurare la copertura dei costi che ne segui-rebbe, rischiando di modificarne a priori la natura e innescare fenomeni di competizione con il mondo della cooperazione sociale;

o perché la specializzazione nel campo dei servizi potrebbe mettere in di-scussione la stessa natura di produzione di alimenti dell’azienda agricola modificandone l’ordinaria gestione e attenuandone la portata in termine di utilità sociale, specie a fini di inclusione lavorativa;

o al contrario è stato visto con assoluto favore, e pressoché indispensabile per l’avvio di progetti di agricoltura sociale, il legame e l’integrazione di competenze tra mondo del sociale (da parte pubblica e della cooperazione sociale) e quello agricolo (per le cooperative sociali introducendo compe-tenze agricole e nel caso delle aziende agricole avendo accesso alle com-petenze del sociale).

o Ciò non toglie che in entrambi i casi, sia nelle cooperative sociali sia nelle aziende agricole, non possano formarsi staff multicompetenti in funzione della specificità del mix di offerta come, peraltro, già si riscontra nella pra-tica.

2) requisiti minimi per l’organizzazione di servizi sociali di agricoltura socialeUn secondo elemento di discussione ha riguardato la tipologia di servizi da organizzare nelle realtà di agricoltura sociale, nonché i requisiti minimi strut-turali utili. La gamma dei servizi offerti può variare anche molto, in funzione dei target cui si riferisce, della capacità di innovare, del contesto in cui ci si trova ad operare, così come dalle richieste che da questo stesso provengono.A tale riguardo possono esserci:1.! servizi in cui prevale il contenuto socio riabilitativo e terapeutico: la pro-

fessionalità sociale è dominante mentre le risorse dell’agricoltura assicu-rano uno strumento di facilitazione e accompagnamento di percorsi che vedono coinvolti persone con problematiche severe. In questi casi è il mondo dei servizi pubblici o della cooperazione sociale che organizza alcune risorse agricole di cui dispone per facilitare percorsi terapeutici o inclusivi. Il contenuto professionale in campo sociale è elevato, mentre quello agricolo è più contenuto e legato alla gestione di singoli piccoli processi; In alcuni casi si possono realizzare collaborazioni tra operatori sociali (pubblici e del privato sociale) e operatori agricoli, che mettono a disposizione la loro azienda, o porzioni di processi, per attività concorda-te e seguite dai primi;

2.! servizi dove prevale il contenuto di inclusione nel mondo sociale e pro-duttivo o dove prevalgono le funzioni di sollievo e stabilizzazione delle capacità delle persone coinvolte o, ancora, gli aspetti educativi- formativi di diverso tipo. In questo caso le risorse dell’agricoltura, il contatto con i cicli biologici, con la famiglia dell’imprenditore agricolo o con il gruppo nell’ambito di cooperative sociali di tipo B, possono assicurare risorse facilitanti i percorsi avviati. Le risorse professionali dell’agricoltura pos-sono essere messe a disposizione, in alcuni casi, grazie all’organizzazione dei processi produttivi ordinari, altre volte a seguito del disegno di spe-cifiche azioni e laboratori di attività. Anche in questo caso la collabora-zione tra competenze agricole e sociali sono auspicabili, sebbene nel-l’erogazione dei servizi prevalga la rilevanza del contenuto professionale agricolo.

3.! In ogni caso, è stat auspicato un minimo di codifica dei servizi e dei re-quisiti necessari per la validazione delle azioni di agricoltura sociale. Questa codificazione già portata avanti dalla Società della Salute della Valdera, attraverso un tavolo permanente di confronto ed un protocollo

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d’intesa stipulato con varie associazioni del territorio, sarebbe auspicabi-le potesse trovare estensione anche in altri territori della provincia.

Alcuni altri aspetti sono stati sottolineati nel corso della discussione, tra que-sti, la necessità che le esperienze di agricoltura sociale non siano considerate come alternative a strutture istituzionali, quali i centri diurni, ma possano, invece, valorizzare, nella rete di protezione sociale, un modo per personaliz-zare percorsi di inclusione rivolti a persone per le quali il rapporto con le spe-cifiche risorse dell’agricoltura può essere facilitante.

Un altro aspetto, collegato al precedente, riguarda i requisiti minimi struttura-li che dovrebbero essere presenti in una realtà di agricoltura sociale e che non potranno che essere coerenti con gli specifici target di utenza. D’altra parte, si pone la necessità, attraverso adeguate azioni di monitoraggio da parte delle politiche agricole e degli enti gestori dei servizi socio-assistenziali, di legare i miglioramenti aziendali alla corretta erogazione di servizi evitando ogni mo-tivazione di taglio opportunistico, volto ad intercettare finanziamenti pubbli-ci, senza poi migliorare la rete di protezione sociale.

3) Le progettualità comuni e coordinate sui territori.Il terzo aspetto affrontato negli incontri, ha riguardato la predisposizione di progettualità capaci di collegare più realtà sul territorio che fanno uso delle risorse dell’agricoltura a fini sociali. I campi di applicazione possono essere diversi, dall’inclusione lavorativa a quella della riorganizzazione dei servizi di prossimità per gli anziani nelle aree rurali, alla formazione dei minori.A questo riguardo, emerge la difficoltà, da parte di singole imprese agricole, di avere facile accesso al settore dei servizi, anche a fronte di un interesse so-ciale volto a promuovere l’uso di risorse che dimostrano efficacia nei percorsi di inclusione di soggetti a più bassa contrattualità.In questo contesto, appare particolarmente utile la diffusione di soggetti capa-ci di svolgere azione di facilitazione/intermediazione nell’incontro tra do-manda ed offerta di servizi e tra aziende agricole e rete dei servizi. L’azione di facilitazione può essere assicurata da soggetti diversi, in primo luogo le stesse realtà della cooperazione sociale, ma poi, accanto a queste, le associa-zioni no profit presenti sul territorio e le espressioni sindacali dell’agricoltura. L’azione di intermediazione ha il compito di: ridurre gli oneri di reperimento di informazioni da parte delle singole aziende; collegare esperienze e soggetti e facilitare/animare i rapporti sul territorio; ridurre i timori che possono na-

scere nell’accedere ad un ambito nuovo; dissipare lo stigma diffuso nei con-fronti di soggetti in condizione di svantaggio; facilitare la diffusione di meto-dologie comuni; promuovere progettualità condivise.A questo riguardo, nei territori coperti dall’iniziativa Leader, il Piano di Svi-luppo Rurale presenta misure diverse, a sostegno della diversificazione aziendale nel campo dei servizi alla persona e, per i soggetti pubblici, a soste-gno dell’ispessimento della rete di protezione sociale e dei servizi essenziali alla popolazione rurale. In questi territori sarebbe auspicabile promuovere progettualità condivise sui territori ed associare la capacità di azione delle due misure, favorendo innovazione nella rete dei servizi.La costituzione di un partenariato può seguire modalità differenti tra cui:o partenariati nei quali il partner partecipa al progetto sia in termini di co-

finanziamento sia in termini di agevolazione finanziaria ottenuta. In que-sto caso la co-progettazione è un atto sostanziale capace di legare in ma-niera trasparente e chiara i soggetti che partecipano al progetto e alla suc-cessiva erogazione delle attività attraverso una preventiva definizione delle risorse messe a disposizione da parte di ognuno dei partner di pro-getto e delle strutture/servizi da portare alla realizzazione;

o partenariati nei quali i soggetti partecipano alla definizione di un progetto di utilità locale senza risultarne poi beneficiari diretti. In questo caso la progettazione iniziale necessita di fasi successive di approfondimento per quanto riguarda la gestione e le modalità di organizzazione dei servizi, magari sulla base di criteri e strutture di supporto definite in sede di par-tenariato.

Benché l’agricoltura sociale possa contribuire attivamente per diversificare ed ampliare la gamma dei servizi offerti nei sistemi locali, urbani e rurali, è anche utile tenere presenti gli aspetti legati alla applicazione delle normative sulla sicurezza sul lavoro e alla gestione di tutti gli aspetti amministrativi ed auto-rizzativi legati alla presenza di nuovi soggetti all’interno delle aziende agrico-le.L’organizzazione di specifici tirocini ed azioni formative, la stipula di adegua-te polizze assicurative potrebbero facilitare la risoluzione di questo specifico problema. Dall’incontro emerge anche la necessità di predisporre due schede progettuali, una relativa all’ambito dei servizi offerti nelle aree rurali, mentre l’altra in ambito del FSE per l’inclusione lavorativa.

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Scheda tecnica per il potenziamento della rete di protezione so-ciale nelle aree rurali (tratto da Di Iacovo F. F, Angeli 2008)

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Cosa:(ripensare l’agriturismo ed estendere capillarmente la rete di protezione per servi-zi leggeri)– Agriasili e campi solari;– Centri di socializzazione per target diversi;– Turismo sociale e per disabili (supporti della cooperazione sociale)– Notturno temporaneo per anziani abili– Reti di prossimità (pasti, lavanderia, etc.)– Banche verdi del tempo

Come:– Co-progettazione sociale/agricoltura– Azioni di informazione, formazione, tutoraggio, estensione reti di pro-tezione sul territorio, rimodulazione rete di trasporti, definizione di procedure e regole.– Adeguamento strutture– Collaborazione servizi sociali pubblici, privato sociale, aziende agricole– Riconoscimento prestazioni e servizi organizzati nelle aziende agricole dap arte dei privati o dei responsabili delle politiche sociali

Chi:– Integrazione pubblico, privato sociale, volontariato, privato impresa, GAL, Associazioni di categoria

Con quali strumenti:– Aiuti investimenti pubblici e privati, sostegno ad iniziative e servizi– Risorse ordinarie politiche sociali/ Risorse formazione FSE– Risorse del piano di sviluppo rurale per pubblico e privato sociale/ diversificazione

Cosa:(allargare i campi di azione dell’agricoltura e delle risorse agro-zootecniche)– Laboratori Verdi (strutture di ooperazione sociale, pubbliche o del vo-lontariato a più forte contenuto riabilitativo e terapeutico, facenti leva sulle ri-sorse agro-zootecniche)– Laboratori Aziendali; (strutture agricole che si avvalgono della diretta cooperazione e colaborazione con personale socio-assistenziale per servizi in-clusive e terapeutici)– Inclusione lavorativa in aziende agricole del territorio provinciale;– Creazione di impresa sociale ad integrazione del tessuto agricolo pro-vinciale(imprese di lavoro e di servizio integrato nel sistema agricolo provincia-le)– Valorizzazione di risorse agricole abbandonate o sottoutilizzate (per creazione di impresa)Come:– Co-progettazione e integrazione sociale/agricoltura– Rete di inclusione sociale e lavorativa (banche dati aziendali, servizi di intermediazione e mediazione, tutoraggio aziendale, servizi di monitoraggio e valutazione)– Azioni di informazione, formazione, tutoraggio, estensione reti di pro-tezione sul territorio, rimodulazione rete di trasporti, definizione di procedure e regole– Collaborazione servizi sociali pubblici, privato sociale, aziende agricole– Riconoscimento prestazioni e servizi organizzati nelle aziende agricole dap arte dei privati o dei responsabili delle politiche sociali

Chi:– Integrazione pubblico, privato sociale, volontariato, privato impresa

Con quali strumenti:– Aiuti investimenti pubblici e privati, sostegno ad iniziative e servizi– Risorse ordinarie politiche sociali/ Risorse formazione FSE– Risorse FERS CREO– Risorse del piano di sviluppo rurale per diversificazione aziende agri-cole

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Scheda tecnica per la creazione di una rete di agricoltura sociale per la riabilitazione e l’inclusione lavorativa(tratto da Di Iacovo F. F, Angeli 2008)

3.5. - Dagli incontri alla rete

Il CIRAA, sulla base del protocollo di intesa siglato con la Provincia di Pisa, Assessorato Agricoltura e forestazione, turismo, difesa fauna, ha svolto azione di animazione e mediazione sul territorio provinciale tra soggetti che a diverso titolo lavorano o sono intenzionati a sviluppare iniziative intorno al tema del-l’agricoltura sociale.I primi incontri organizzati nell’ambito dell’iniziativa provinciale da parte del CIRAA hanno gettato le basi per organizzare una prima rete di soggetti inte-ressati nel promuovere e costruire nuove iniziative sul tema. Nella rete, la par-tecipazione di ARSIA assicura continuità con le iniziative in corso a livello regionale.La rete, sebbene non formalmente definita, nasce con il compito di favorire lo scambio delle iniziative, delle esperienze, delle acquisizioni, dei metodi, delle soluzioni istituzionali che possono consolidare diffusione ed utilità dell’agri-coltura sociale, in primo luogo sul territorio di Pisa.

Da questo punto di vista per singolarità delle iniziative e per tipologie di sog-getti coinvolti il territorio pisano presenta una particolare vivacità che può facilmente essere messa a frutto per allargare la capacità progettuale ed accre-scere capacità inclusiva ed opportunità per utenti rispetto a tematiche anche molto diverse.In questa prospettiva, la rete, oltre a rappresentare una base per fornire pronta risposta a progettazioni provinciali, si è già attivata per promuovere iniziative di carattere nazionale (partecipazione ad una Bando della Fondazione Banca Etica) ed internazionale (L’organizzazione a Pisa della CoP farming for Health).

Ovviamente il rafforzamento della rete dipenderà dalla continuità con cui i diversi partecipanti sapranno continuare a sviluppare iniziative comuni, a consolidare ed estendere la fiducia reciproca e la propria reputazione, a coin-volgere nuovi soggetti attivi a diversi livelli (aziende, cooperative sociali, agenzie formative, utenti ed associazioni, consumatori, soggetti istituzionali – SdS Comuni, Provincia, Enti di ricerca).A tale fine, il progetto ha cercato di mettere a spunto alcuni strumenti di co-municazione utili per facilitare la lettura delle esperienze in atto anche al-l’esterno, mediante la circolazione di materiali documentali comuni (schede aziendali, verbali di incontri, schemi tipo di convenzioni, brochure e materiali informativi).

La costituzione del tavolo dell’agricoltura sociale da parte della SdS della Val-dera ha rappresentato una ulteriore opportunità, per facilitare e tradurre la discussione avviata attraverso gli incontri in un’azione di policy research, vol-ta a promuovere discussione, precisare strumenti operativi e assicurare una migliore codifica delle pratiche dell’agricoltura sociale.Proprio per facilitare questa iniziativa ed approfondire alcune questioni solle-vate nel corso dei primi incontri organizzati dal CIRAA, il Centro ha forma-lizzato l’adesione al Protocollo della Valdera ed ha operato attivamente per fornire supporto ed animazione all’interno del tavolo, suggerendo metodolo-gie di lavoro e facilitando il confronto e lo scambio tra gli operatori ed i sog-getti partecipanti all’interno di quel tavolo.I risultati del tavolo della Valdera sono il frutto di un intenso e partecipato lavoro collaborativi e di confronto che ha saputo condensare e tradurre in modo operativo i risultati acquisiti attraverso le esperienze pilota realizzate su questo territorio (Il Giardino dei Semplici e le iniziative della costituita Asso-

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ciazione Valdera Insieme per Mauro Gallevi) e le conoscenze che hanno con-sentito di formare. (www.sdsvaldera.it).

I soggetti della rete o! Le esperienze individuali della Cooperazione: La Ficaia. o! Le esperienze dell’Associazionismo: Ass. Mondo Nuovo CESVOT. o! Le esperienze autonome delle imprese: Azienda Cannas Volterra. o! Le reti territoriali pubblico-private: SdS Valdera e Giardino dei semplici,

Colombini, Il Querceto, San Ermo, o! Le esperienze pubbliche: Farm Therapy CIRAA-DSM ASL5,o! Provincia di Pisa Formazione: il database su migranti/agricoltura della

Provincia di Pisa.o! Il CIRAA: polo e divulgazione Arsia su AS,

Le disponibilità raccolteSdS Area PisanaSdS Valdi CecinaEnte Parco Migliarino San Rossore MassaciuccoliAPACIACTPBAIAB

Capitolo 4

L’agricoltura sociale in Valdera: un’iniziativa di innovazione sociale

4.1. - Il contesto di riferimento:

L’area in cui nasce il progetto è quella della Valdera, in Provincia di Pisa. Un territorio caratterizzato da una profonda cultura agricola, travolta dallo svi-luppo industriale avviatosi negli anni ’60 e ’70 nell’area di Pontedera e del

Valdarno. In quel periodo molti piccoli agricoltori finiscono per abbandonare i poderi per iniziare a lavorare in fabbrica. Ovvero, a volte, mantengono la re-sidenza e la terra per continuare a vivere in un contesto rurale e per assicurar-si un poco di approvvigionamento alimentare e poi lavorare in città. A loro volta, gli abbandoni sono rimpiazzati dalle nuove presenze costituite da nuvi imprenditori agricoli provenienti dalle regioni più diverse d’Italia, secondo processi di classica migrazione interna, sostituti poi, da fenomeni di controur-banizzazione e d’inserimento di nuova imprenditoria da altri settori produtti-vi.Un’area che ha conosciuto nel tempo un processo di profonda trasformazione, produttiva e culturale, dove, però, l’agricoltura ha mantenuto una sua presen-za rilevante ed attiva, soprattutto nei rilievi collinari dove la cultura dell’olivo e della vite si alterna alla diffusa presenza di un sistema di produzione ortico-la e frutticola che, se tradizionalmente ha servito i mercati di Firenze, Livorno e Pisa, ha conosciuto, poi, momenti di difficoltà con l’avvento della distribu-zione organizzata.Dal punto di vista culturale, ancora oggi alcune iniziative si richiamano a queste tradizioni produttive, come nel caso della ciliegia di Lari (paese ade-rente alla rete delle cità della ciliegia), la diffusione di produzione frutticola a lotta integrata, la diffusione di produzioni biologiche di ortaggi.In questo territorio, di cerniera tra città e campagna, tra sviluppo urbano in-dustriale e rurale, nasce l’iniziativa del Giardino dei semplici. Il progetto è definito da ORISS, un’organismo no profit per la cooperazione allo sviluppo, che decide di operare attivamente nel territorio della propria sede, a Crespina, in provincia di Pisa. L’aspetto innovativo risiede nell’affrontare in modo nuovo il tema del disagio, attraverso l’attivazione di reti informali e l’uso dell’agricoltura. L’idea di fon-do definite da ORISS con il contributo di Mauro Gallevi, uno psichiatra che aveva a lungo lavorato con i servizi territoriali dell’area nasceva da una con-siderazione semplice ed arguta allo stesso tempo.Gran parte degli utenti che il dott. Gallevi era solito curare erano persone che, uscite dai ritmi della campagna, si erano trovate a lavorare nell’industria loca-le rimanendone, in diverso modo, personalmente condizionate. In questo stesso territorio, le risorse, spesso dimenticate, delle campagne, potevano ri-generare nuovo benessere per la cittadinanza locale, ricostruendo percorsi e territori di salute.Per avviare l’iniziativa si organizza un partenariato pubblico privato, che va-lorizza terre pubbliche abbandonate e coinvolge aziende locali. I primi passi

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hanno successo, sotto il presidio ed il tutoraggio di ORISS. Nato su un terreno pubblico finisce per coinvolgere un numero crescente di aziende agricole che operano in modo integrato, anche dal punto di vista aziendale e che, grazie al progetto, vedono crescere anche i risultati economici. Gli utenti trovano occu-pazione o continuano a seguire le aziende in terapia occupazionale. Il succes-so stimola una seconda iniziativa con il supporto della provincia. Sono coin-volti nuovi utenti e nuove aziende, oggi 5, quasi sempre di piccola scala ed a conduzione famigliare. Il progetto accresce la sua visibilità e inizia ad essere monitorato dalla Società della Salute della Valdera, che riconosce le attività di agricoltura sociale e organizza un tavolo di concertazione.

4.2.- Il percorso che ha portato all’avvio dell’iniziativa/progetto

Il progetto prende avvio nel 2002, nel territorio della Valdera, a seguito di una riflessione e di un’idea lanciata da ORISS, un’associazione non governativa attiva nello sviluppo locale all’interno di progetti di cooperazione allo svilup-po con Paesi terzi. La presenza all’interno della compagine associativa di uno psichiatra in pensione porta alla concezione di un progetto rivolto allo svi-luppo del territorio in cui ha sede l’associazione, questa volta a vantaggio di utenti dei servizi psichiatrici del territorio. L’idea si tramuta in progetto dopo un accordo firmato tra ORISS, il Consorzio di comuni della Valdera, comune di Capannoli e ASL di Pontedera. Il proget-to, denominato “Giardino dei semplici” nasce con l’idea di promuovere inclu-sione sociale e lavorativa di persone con disabilità psichica e psichiatrica valo-rizzando le risorse dell’agricoltura. I comuni assicurano un piccolo sostegno finanziario per la progettazione innovativa e, allo stesso tempo, un terreno non utilizzato appartenente al comune di Capannoli.L’intento è quello di testare forme nuove di riabilitazione e inclusione per utenti psichiatrici e mentali della rete pubblica di servizio. L’iniziativa prende avvio con la formazione di un gruppo di 8 utenti e il recupero del terreno co-munale da tempo abbandonato, che viene pulito e recuperato per l’organizza-zione di un’aula verde e di un orto progettato e curato dal gruppo. Le attività sono seguite da ORISS e dai servizi territoriali di zona. Dopo una prima espe-rienza durata circa 6 mesi nell’aula verde e al chiuso, il gruppo ritiene matura la possibilità di coinvolgere le aziende agricole del territorio e mettere a con-tatto gli utenti del progetto con un ambiente meno protetto. Alcune aziende danno la loro disponibilità a continuare l’azione di formazione e il tirocinio. Stabiliscono delle convenzioni con i servizi e con la provincia per gestire le

azioni di formazione ed inclusione socio-terapeutica (allegato 1) La prima fase del progetto termina con esiti positivi, sia per quanto riguarda la metodologia di lavoro adottata – ed in particolare l’interazione/mediazione tra ORISS, ASL ed aziende- sia per gli utenti dei servizi che rispondono in modo inatteso e positivo al le nuove pratiche proposte.Questo primo progetto viene sostenuto da una seconda iniziativa finanziata dall’assessorato alla formazione della provincia di Pisa che consente di dare continuità alle attività di formazione in azienda e di supporto al percorso d’inclusione lavorativa degli utenti coinvolti nel primo progetto.Nella riflessione avviata rispetto agli esiti del progetto per le diverse pareti coinvolte, emerge la necessità opportunità di legare i percorsi d’inclusione sociale ad un diverso riconoscimento delle aziende disponibili. Così ORISS e gli stessi servizi pubblici, si attivano per generare nuove opportunità per le aziende coinvolte nel progetto. Vengono lanciati i primi gruppi di acquisto solidale che coinvolgono persone che iniziano ad acquistare direttamente i prodotti ottenuti dalle aziende coinvolte nel progetto (in particolare dal pro-duttore di ortaggi) anche per riconoscere il contributo apportato al progetto (i primi a partire con gli acquisti diretti sono i dipendenti dell’ASL che si occu-pano dei servizi psichiatrici). Di fatto il ruolo di ORISS è attivo su due fronti: quello dell’intermediazione tra i servizi e le aziende, nelle fasi che vanno dalla progettazione, alla gestione, fino al monitoraggio; nell’intermediazione tra aziende e nuovi mercati, quelli dei GAS, dei mercatini locali, della distribu-zione organizzata.Il legame tra le due parti del progetto diviene l’elemento strategico ed innova-tivo. Per le aziende, infatti, si aprono nuovi mercati, più remunerativi, si mo-difica l’organizzazione e le strategie di condotta, si accresce l’esigenza interna di avere lavoro disponibile, una domanda che finisce per essere soddisfatta attraverso il coinvolgimento delle persone che seguono il percorso riabilitati-vo e formativo.

Gli esiti del progetto sono positivi per quasi tutti i partecipanti, come anche per le aziende coinvolte. ORISS assicura le necessarie azioni di tutorato nelle aziende e, allo stesso tempo, si adoperano per accrescere le opportunità anche economiche per le aziende agricole. I servizi continuano a seguire gli utenti, sempre più fuori della struttura pubblica. Le aziende sono coinvolte oltre le attese, nella riorganizzazione delle strategie aziendali. L’azienda biologica Colombini assume a tempo indeterminato tre degli utenti, che nel frattempo mostrano di avere buone capacità operative e continua ad accogliere per la

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terapia occupazionale due persone. Ciò è reso possibile anche grazie al suc-cesso economico che il progetto stimola. L’azienda, che è solita commercializ-zare i propri prodotti nella distribuzione e nel catering del bio, è avvicinata e vende a oltre 700 famiglie dei Gruppi di acquisto solidali, anche per il suo im-pegno. Partecipa e vince il premio nazionale etica & impresa. L’azienda vitivi-nicola San Ermo ri-organizza il proprio lavoro. Poi, anche l’azienda famigliare il Querceto (una piccola azienda multifunzionale con agriturismo, ristorante e bottega per la vendita della carne bovina prodotta) ed altre due aziende del territorio (produttrici di frutta e di latticini) si legano al progetto mettendo in mostra la capacità di apertura del mondo agricolo e,allo stesso tempo, met-tendo insieme un’offerta piuttosto diversificata di prodotti.

Sulla base di un secondo progetto della formazione della provincia di Pisa viene avviata una seconda iniziativa del giardino dei semplici, con un nuovo gruppo di utenti. Questa volta la gestione del progetto è facilitata dall’esisten-za di pratiche e rapporti più consolidati con le aziende del territorio. Allo stes-so tempo, i percorsi di inclusione lavorativa sono resi più difficili da una certa saturazione della domanda di lavoro nelle aziende agricole che hanno preso parte alla prima fase del progetto e dalla difficoltà delle nuove entrate, di farsi carico dell’assunzione di manodopera esterna.

Per iniziativa di Mauro Gallevi, sul territorio, l’iniziativa modifica ancora una volta la sua forma. L’idea è quella di operare sui gruppi di persone piuttosto che sulle abilità dei singoli. Le prime esperienze, infatti, mettono in mostra il differenziale inclusivo per soggetti con diverso grado di abilità. L’idea di man-tenere unito il gruppo risponde alla necessità di facilitare il persistere di un ambiente dialogante, e allo stesso tempo, favorire un rapporto diretto tra una rete di aziende ed una iniziativa economica direttamente gestita dal gruppo in modo da favorire la creazione di nuove opportunità economiche congiunte per i partecipanti.

Questa esigenza, più strettamente terapeutica, si lega alla difficoltà di genera-re occupazione attraverso i meccanismi dell’assunzione individuale. Nasce, quindi, l’ipotesi e, allo stesso tempo, l’esigenza, di utilizzare coordinate diver-se, soprattutto per quanto riguarda i percorsi d’inclusione lavorativa. In pri-mo luogo cercando di mantenere unito il gruppo degli utenti del secondo progetto e, allo stesso tempo, favorendo l’interazione delle singole aziendem, tra di loro, e tra le aziende ed il gruppo di utenti. L’idea è quella di valorizzare

il gruppo in quanto tale, piuttosto che singole individualità. Il gruppo di utenti, quindi, inizia a collaborare in iniziative produttive e commerciali mes-se a punto dall’insieme dei soggetti sul territorio. Alcune idee embrionali vengono testate, ad esempio mediante la vendita congiunta dei prodotti aziendali nel periodo natalizio mediante l’organizzazione di ceste predisposte e consegnate dal gruppo di utenti. Questa prima iniziativa predispone ad una progettualità più complessa ed in particolare alla definizione di nuove inizia-tive produttive (un pollaio) e commerciali (un punto vendita comune gestito dal gruppo di utenti.

La singolarità, la novità, ma anche gli esiti lusinghieri del progetto in termini inclusivi (nel primo progetto 3 persone assunte a tempo indeterminato, tra queste persone con gradi di disabilità certificata del 70% che hanno mostrato un recupero inatteso, due persone a tempo determinato ed altri due utenti che continuano ad operare in azienda mediante borse lavoro finanziate dalle ASL) spingono la SdS della Valdera a integrare l’agricoltura sociale nella rete di pro-tezione sociale e nell’offerta ordinari dei servizi.La Società della Salute è una sperimentazione della Regione Toscana che vede la programmazione e la gestione dei servizi realizzata mediante la partecipa-zione delle rappresentanze comunali insieme alle strutture tecniche delle Aziende Sanitarie locali. La SdS della Valdera, insedia un tavolo tecnico sull’agricoltura sociale atti-vando un protocollo d’intesa (allegato 2) tra circa 15 soggetti attivi a livello locale, regionale ed extra regionale, in campi diversi (dalla produzione alla formazione, dalla ricerca all’assistenza tecnica, dall’amministrazione delle politiche agricole a quelle sociali e sanitarie).

Il tavolo discute sulle esperienze di agricoltura sociale avviate sul proprio ter-ritorio, le confronta con pratiche in atto in italia ed in Europa, inizia a codifi-care servizi e regole per l’erogazione.

La scomparsa prematura di Mauro Gallevi rallenta lo sviluppo dell’iniziativa ma, allo stesso tempo, rinforza la motivazione dei partecipanti nel volere dare continuità al progetto. Nel mentre si rafforza all’ìnterno della SdS la volontà di dare seguito al riconoscimento delle attività d’agricoltura sociale, si conso-lida il legame tra le aziende attraverso la costituzione di una rete intitolata alla figura di Mauro Gallevi che vede il coinvolgimento delle aziende agricole e

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del gruppo di utenti che ha seguito un secondo progetto del giardino dei semplici.

Nel progetto, che ha finito per assumere una certa complessità, possono essere distinte parti tra loro diverse, seppure necessariamente collegate. Tra queste è possibile distinguere:! le iniziative progettuali che hanno coinvolto, e coinvolgono ancora oggi,

gli utenti;! le iniziative di promozione commerciale dei prodotti ottenuti da agricol-

tura sociale;! le iniziative di codifica e regolamentazione portate avanti dalla Sds della

Valdera insieme ad altri soggetti attivi sul territorio provinciale.

In questa sede si concentrerà l’attenzione su questa ultima parte del progetto, pur avendo chiari gli stretti legami esistenti tra le tre diverse parti.

4.3. - I soggetti coinvolti nell’iniziativa

Partecipano al tavolo organizzato dalla SdS Valdera sul tema dell’agricoltura sociale i seguenti soggetti:" SdS Valdera e Ufficio Comune Valdera (ente di programmazione socio-

sanitaria)" UFSMA Valdera USL 5 " Servizio Sociale Valdera USL 5 " Valdera Insieme (rete di aziende agricoltura sociale Valdera)" Provincia di Pisa , Assessorato Agricoltura (programmazione politiche di

agricoltura sociale – sviluppo rurale)" Provincia di Pisa _ Assessorato Formazione (programmazione politiche

di agricoltura sociale – formazione ed inclusione sociale)" ARSIA (agenzia Regionale Sviluppo ed Innovazione in Agricoltura)" CIRAA (Centro interdipartimentale di Ricerche Agro-ambientali E Avanzi,

UniPisa): ricerca in agricoltura sociale e polo di formazione ARSIA sul tema

" Scuola Superiore Sant’Anna (ente di ricerca e formazione universitaria: progetto per la messa in rete tra produzione e consumo

" Associazione Oriss (ONG promozione sviluppo e salute)

" Associazione Ulisse (agenzia formativa del territorio della Valdera)" Coordinamento Toscano Produttori Biologici (associazione di imprese

agricole)" Confederazione Italiana Agricoltura di Pisa (associazione di imprese agri-

cole)

Hanno chiesto di aderire al Tavolo" AIAB," Coop Ponteverde, che ha presentato richiesta di aderire al protocollo

Sono soggetti portatori d’interesse del progetto:" Gli utenti e le loro famiglie" I consumatori dei Gruppi di Acquisto solidale dell’area" Le strutture e le mense scolastiche dell’areaGli istituti per la formazione superiore tecnica

4.4. - Gli obiettivi dell’iniziativa

L’iniziativa è andata evolvendo rapidamente, modificando obiettivi e strategie nel suo percorso, mano a mano che si presentavano nuove opportunità e pro-blematiche e con l’avvicinarsi al progetto di nuovi soggetti e nuove potenziali-tà.Gli obiettivi iniziali: riguardavano la possibilità di definire metodi e percorsi nuovi a sostegno dell’inclusione di soggetti a bassa contrattualità ma, già in embrione, anche la possibilità di produrre territori inclusivi, dove l’agricoltura e la natura potessero esercitare un loro ruolo attivo.Più avanti gli obiettivi si sono adattati alle nuove circostanze. Oggi, l’obiettivo del progetto è quello di procedere nel consolidamento delle esperienze avvia-te ma, anche di predisporre un regime capace di riconoscere a livello locale, la possibilità di includere le risorse dell’agricoltura nella rete di protezione socia-le a diverso titolo e per diversi campi di applicazione.

4.5. - Le tipologie di utenti coinvolti

Ad oggi il progetto ha coinvolto in prevalenza persone con disturbi psichici e psichiatrie e/o utenti con doppia diagnosi. La discussione in atto sta allar-

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gando le categorie dei potenziali utenti dei servizi dell’agricoltura sociale. Accanto alle attuali categorie di utenti si stanno pianificando servizi per an-ziani (turismo sociale, servizi di prossimità, ospitalità temporanea per anziani abili), per minori (nidi, attività di didattica), per azioni di formazione ed inse-rimento lavorativo per soggetti a bassa contrattualità.

4.6.-Gli strumenti e le metodologie di lavoro adottate

Il progetto ha assunto dal suo primo avvio una natura fortemente partecipati-va che ne ha condizionato, in positivo, gli esiti. Proprio questo modo di operare, infatti, ha consentito il progressivo avvici-namento di nuovi soggetti portatori d’interesse, finendo per ampliare la gamma di opportunità create per tutti i partecipanti a diverso titolo.

Nelle varie fasi del progetto sono stati elementi rilevanti i seguenti aspetti:" Fase di avvio del progetto Giardino dei Semplici:

" accordo ORISS Associazione comuni Valdera" progetto finanziario di supporto per l’animazione territoriale (ge-

stito da ORISS);" accordo servizi ASL-ORISS;" risorse fondiarie messe a disposizione da comune di Capannoli" prima adesione al progetto di aziende agricole dell’area

" Fase di gestione del progetto Giardino dei Semplici:" Progettazione operativa progetto: fasi e scansione temporale" Definizione di strumenti di accordo e protocollo" Gestione delle fasi di progetto ed in particolare:

" Intermediazione da parte di soggetto terzo tra aziende e enti erogatori dei servizi

" accompagnamento in aziende degli utenti" Tutoraggio aziende ed utenti" Monitoraggio continuo e valutazione periodica partecipata

(utenti, aziende, Enti erogatori dei servizi, Oriss)" Creazione di opportunità economiche per imprese

" Mercatini locali" GAS (ASL pontedera, Calci, Pisa)" Rapporti con mense scolastiche

" Formazione ed inserimento lavorativo degli utenti

" Fase di codifica dell’agricoltura sociale:" Creazione di tavolo di lavoro;" Definizione del protocollo e raccolta adesioni;" Socializzazione aperta dei significati di agricoltura sociale (incontri, focus

group gestiti, gruppi di lavoro);" Codifica delle pratiche e delle attività (allegato 3)

o Tipologia di praticheo Servizi ai minori (agriasili, campi solari, fattoria didattica)o Servizi a soggetti a bassa contrattualità (azioni socio-terapeu-

tiche, formazione, inserimento lavorativo)o Servizi temporanei per anziani abili (residenze di sollievo,

servizi di prossimità)o Turismo sociale (anziani) (allegati 4);

" Codifica dei sistemi di controllo (da avviare);" Procedure di accettazione da parte del servizio (in fase di codifica);" Materiale informativo per aziende aderenti ( in fase di predisposizione);" Check list aziendali per verificare caratteristiche oggettive aziendali (alle-

gato 5);" Sistemi di riconoscimento/pagamento delle prestazioni offerte dalle

aziende (promozione commerciale prodotti, supporto per servizi azienda-li – sicurezza sul lavoro, certificazione, etc.- compensazioni monetarie per prestazioni prestate);

4.7. - La codifica delle pratiche di agricoltura sociale

Per quanto riguarda la codifica delle attività di agricoltura sociale sono presi a riferimento i seguenti aspetti:

Servizio: viene indicato il nome del servizioDescrizione: viene fornita una breve descrizione capace di espliciarei in sintesi gli elementi essenziali ed il funzionamento del servizio da attivareDefinizioni: si prevede di elencare le definizioni e gli acronimi che saranno utilizzati nella predisposizione della scheda di codificaRiferimenti normativi: viene richiesto di indicare le normative di riferimento per il servizio che si intende attivare e gli adattamenti/interpretazioni che si rendessero ne-cessari per favorire l’ingresso di strutture agricole nella rete

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Destinatari utenti: vengono indicate le caratteristiche soggettive/geografiche dei soggetti cui è rivolto il servizio, specificando gli eventuali requisiti necessari per l’ac-cesso ed i diritti e doveri dei partecipantiFornitori del servizio: sono indicate le caratteristiche che devono essere possedute da coloro che intendono erogare il servizio (requisiti strutturali, competenze, accredi-tamenti...), e i diritti ed i doveri del fornitore ed eventuali indicazioni di qualificazione delle strutture (ad esempio l’essere produttori biologici o aderire ad albi di produzioni tradizionali e tipiche può essere una specifica di qualificazione e non necessariamente un requisito d’ingresso.Altri soggetti coinvolti per l’organizzazione e l’erogazione del servizio: sono specificati altri soggetti – oltre a erogatore e destinatario –coinvolti nell’organizzazio-ne e nell’erogazione del servizio, specificando il ruolo, la funzione e l’intervento nel processo di ognuno dei soggetti citati, i loro compiti e le loro responsabilità. Solitente si fa riferimento agli Enti gestori della programmazione sociale e sanitaria locale (ASL Comuni, Comunità Montane, Province, Società della Salute nel caso della Toscana, mondo della cooperazione sociale, associazioni rappresentative del settore agricolo, enti di ricerca e agenzie formative)Strumenti necessari: prevede l’indicazione degli strumenti necessari (convenzioni, protocolli, bandi, supporti, finanziamenti...)per l’organizzazione e l’avvio del servizio proposto. Ad esempio si può fare riferimento a strumenti urbanistici, modelli conven-zionali per l’avvio della collaborazione tra il soggetto responsabile del servizio e il for-nitore, protocolli ed accordi da presentare per l’accesso a bandi di finanziamento del PSR, sistemi di verifica della qualità del servizio erogato e strumenti di monitoraggio, controllo, incentivazione e sanzionamento.Procedura per l’organizzazione del servizio: Indicare la procedura proposta per l’organizzazione del servizio (chi fa, cosa e quando – precisando compiti e responsabi-lità) per l’organizzazione del servizio. In questa area è utile precisare i passi che si prevede di compiere per consentire la predisposizione del servizio in tutte le sue com-ponenti ed in particolare: per la formazione dei fornitori, azioni di divulgazione ed informazione rivolte ai portatori di interesse, allestimento di punti informativi presso le strutture responsabili per l’erogaziojne dei servizi (ASL, Comuni, etc.) ,strutture organizzative per il monitoraggio delle attività, organizzazione delle attività dei ser-vizi pubblici eventualmente coinvolte nella erogazione /gestione dei servizi progettati (ad esempio nel caso delle di abilità mentali parte degli operatori dei servizi pubblici o del privatypo sociale potranno essere chiamati a svolgere il loro servizio presso aziende agricole in azioni di tutoraggio e formazione, counselling), anche per quanto riguarda i trasporti può essere necessaria un’attenta opera di valutazione.

Procedura per l’attivazione ed erogazione del servizio: viene precisata la proce-dura per l’attivazione, l’erogazione e il monitoraggio del servizio (chi fa, cosa e quan-do – precisando compiti e responsabilità). In particolare vengono dettagliate le fasi che vanno dalla identificazione della possibilità di offrire servizi da parte delle aziende di agricoltura sociale, alla autoverifica (mediante checklist) dei requisiti previsti per la partecipazione al servizio, ale procedure per la presentazione e la validazione di una domanda, alla stesura e sigla della convenzione, all’avvio della fornitura del servizio.Output e risultati attesi: prevede la definizione e le modalità di applicazione degli strumenti codificati per il processo di monitoraggio e di verifica dei risultati attesi in termini di utilità per destinatari, esiti per l’azienda di agricoltura sociale, il sistema locale, il soggetto erogatore dei servizi. Nel caso dei fornitori, evenetuali riconosci-menti e coompensazioni/pagamenti, saranno subordinati alla verifica dei servizi pre-stati.Fattibilità e priorità: Esprimere un giudizio circa la fattibilità pratica di quanto proposto, indicando anche il grado di priorità rispetto agli altri servizi proposti dal gruppo

4.8. - Il monitoraggio e la valutazione delle pratiche di agricol-tura sociale

Per quanto riguarda il monitoraggio e la valutazione di qualità dei servizi erogati da parte delle aziende di agricoltura sociale, essi differiranno in fun-zione delle modalità di riconoscimento previste (accreditamento per servizi interamente pagati dall’utente o dal soggetto pubblico, monitoraggio e verifi-ca di qualità/efficacia, verifica del rispetto di un codice etico, nel caso di rico-noscimento di compensazioni o di supporto a percorsi di qualificazione del-l’offerta commerciale.in particolare, nel caso della SdS della Valdera si è ritenuto utile promuovere percorsi capaci di legare lo sviluppo di servizi in campo sociale da parte di realtà agricole, con la rete di protezione pubblica, con lo sviluppo economico delle imprese, ed in particolare con riferimento alla diffusione dei circuiti di filiera corta e la promozione e l’ingresso dei prodotti di agricoltura sociale nei mercati etici privati o pubblici (mense pubbliche). In questa prospettiva si individuano come utili (sebbene ancora in fase di de-finizione) i seguenti elementi:

1. per il fornitore:

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" Il rispetto dei requisiti minimi strutturali previsti per l’erogazione degli specifici servizi che l’azienda si impegna ad offrire (e per i quali potrà eventualmente richiedere cofinanziamento da parte del PSR, verificata la congruità con le politiche sociali del territorio in cui l’azienda opera;

" la corretta precisazione dei doveri dei fornitori dei servizi (carta dell’offer-ta) e degli impegni (codice etico), capaci di individuare gli oneri che l’im-presa si assume e le norme di comportamento che si impegna ad adottare a sostegno della definizione di una specifica reputazione aziendale;

" l’assunzione di un impegno aperto da parte dell’impresa deve essere reso pubblico e trasparente (mediante comunicazione agli utenti ed ai portato-ri d’interesse dell’azienda di agricoltura sociale –carte dei servizi, web, etc-)

" l’azienda si impegnerà a fornire informazioni e ad essere aperta ad azioni di monitoraggio e verifica da parte delle strutture di controllo dell’ente responsabile del servizio offerto (comitati, operatori dei servizi);

2.! per utenti e portatori d’interesse" gli utenti ed i portatori d’interesse (consumatori privati e pubblici in par-

ticolare) saranno chiamati a verificare la qualità del servizio offerto e a fornire indicazioni e segnalazioni rispetto a comportamenti difformi ri-spetto alla politica aziendale dichiarata nella carta dell’offerta e nel codice etico;

" il cumulo di segnalazioni di difformità porterà ad accentuazione dei con-trolli in azienda a verifiche approfondite dei comportamenti dell’impresa e, nel caso, ad un allontanamento dell’impresa dalla rete dei servizi.

3.! Per i responsabili dei servizi" L’impegno è quello di organizzare il servizio e sottoporlo ad azioni di

monitoraggio e verifica della sua qualità e della sua efficacia;" Mettere a disposizione supporti per la promozione commerciale dei pro-

dotti aziendali (certificato di reputazione) ed a rendere visibili i prodotti che derivano da aziende di agricoltura sociale, indicando impegni e diritti delle imprese fornitrici come degli utenti dei servizi;

" Predisporre gli strumenti utili per rendere pubblica e comunicare in modo esteso i servizi di agricoltura sociale offerti, le modalità di selezione, ac-cesso –per fornitori ed utenti- e l’organizzazione degli stessi servizi (web, carte etiche, carte dei servizi, etc.).

" Predisporre modalità per comunicare all’esterno la reputazione aziendale delle imprese che entrano nella rete di agricoltura sociale (bollino etico);

" Fornire compensazioni economiche e riconoscimenti monetari per quelle prestazioni che implicano costi vivi per la predisposizione dei servizi (es. nidi aziendali, ospitalità notturna di persone a bassa contrattualità, som-ministrazione regolare di pasti ed altri servizi di prossimità, inserimenti socio-terapeutici per i quali viene richiesta un’azione di tutoraggio profes-sionale – da parte di operatori sociali individuati dall’azienda, ovvero da parte del terzo settore);

" Fornitura di servizi professionali di supporto, ove previsto, con operatori pubblici o del terzo settore o provenienti dal mondo del volontariato;

" Organizzare sistemi e strutture di monitoraggio e valutazione;" Precisare modalità di indirizzo e sanzionamento.

4.9. - Gli esiti attuali del progetto

" Il progetto continua ad operare seppure in forma nuova. I rapporti con la Società della Salute si sono consolidati. L’attenzione si è spostata dai sin-goli al gruppo, degli utenti e delle aziende, con formule molto innovative.

" Il secondo gruppo di utenti, dopo l’attività di formazione e la pratica in azienda sta avviando iniziative imprenditoriali autonome, seppure in col-laborazione con le aziende ospitanti. Queste riguardano la commercializ-zazione dei prodotti, mentre si discute l’opportunità di avviare un alle-vamento avicolo sui terreni del Querceto.

" Le aziende si sono unite sotto un marchio unico e stanno progettando ini-ziative da presentare insieme sul nuovo piano di sviluppo rurale regiona-le.

" La società della Salute ha avviato un protocollo di intesa che coinvolge il mondo della ricerca, quello associativo, le strutture di servizio pubblico e le imprese, volto a definire le procedure per il riconoscimento delle espe-rienze di agricoltura sociale, ma anche sistemi di promozione di sistemi e reti responsabili e capaci di fare guadagnare salute.

" Il passaggio successivo ha visto la definizione di regole chiare per I diver-si soggetti coinvolti nell’organizzazione, nell’erogazione e nella fruizione dei servizi da parte di esperienze di agricoltura sociale. Questo momento complesso e delicato è stato realizzato mediante un’azione aperta alla par-

C.I.R.A.A. “Enrico Avanzi” Via vecchia di Marina, 6 - San Pero a Grado - PI! ! ! ! www.avanzi.unipi.it29

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tecipazione di un vasto numero di componenti all’interno del tavolo è predisposto dalla SdS Valdera;

" Al termine del passaggiosono state definite regole di riconoscimento del-l’agricoltura sociale, mediante idonee procedure di accettazione/gestio-ne/validazione delle prestazioni offerte dalle aziende agricole (come ri-portato nell’allegato 1).

4.10. - Gli elementi di riflessione

In breve tempo, quella che era una iniziativa puntuale e sperimentale (simile ad una nicchia progettuale) sta trasformandosi nell’organizzazione di un si-stema a forte capacità inclusiva e capace di coinvolgere un numero cospicuo di soggetti (predisposizione di un regime). " Accanto ad ORISS, agli utenti, alle loro famiglie, alle aziende agricole,

sempre più numerose, si è avvicinato il mondo del consumo critico, le istituzioni pubbliche –Società della salute, Provincia, Università- e il mondo delle rappresentanze sindacali del mondo agricolo;

" Il progetto è entrato in profondità sul territorio della Valdera e coinvolge anche il mondo della scuola e le mense pubbliche;

" Tra i passi attesi, la formalizzazione delle attività di agricoltura sociale, una migliore definizione di prestazioni e del campo dei diritti e doveri, ma anche la riorganizzazione del servizio pubblico;

" Dal punto di vista degli utenti, il sostegno alla capacità di creare impresa e gestire nuove forme di collaborazione con le imprese locali, per lo più di piccola dimensione;

" Restano alcuni elementi problematici da sciogliere ed in particolare ri-guardo;

" Gli impegni delle imprese, la loro volontarietà, gli strumenti da adottare per la verifica delle prestazioni e le modalità di trasparente riconoscimen-to;

" Gli impegni dei servizi e le modalità di revisione della struttura organiz-zativa interna;

" Gli impegni e la responsabilità degli utenti e dei consumatori, elemento essenziale per il corretto funzionamento del servizio e per la restituzione di elementi informativi utili per la verifica della correttezza dei compor-tamenti aziendali e dell’efficacia dei servizi offerti.

La SdS della salute, insieme ai soggetti partecipanti al tavolo, sta avviando la progettazione di alcune azioni di comunicazione, volte a coinvolgere le altre SdS toscane e comunicare formalmente i risultati definitivi acquisiti.

La sfida più complessa sarà quella di riuscire a fare crescere un sistema a bas-so livello di formalizzazione e ad elevato livello di socializzazione, attraendo progressivamente nuove imprese e nuovi soggetti.

Capitolo 5

Casi di studio

• Az. Agr. Bio Colombini• Az. Agr. Il Lischeto• Az. Agr. Il Querceto• Fattoria Sant’Ermo• Associazione Mondo Nuovo• Cooperativa Sociale La Ficaia• Cooperativa Ponte Verde

C.I.R.A.A. “Enrico Avanzi” Via vecchia di Marina, 6 - San Pero a Grado - PI! ! ! ! www.avanzi.unipi.it30

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Azienda Agricola BioColombiniImprenditore: Alessandro Colombini

Indirizzo: Via del Prato - Crespina Pisa

Tel: +39 050 634239

E-mail: [email protected]

WebSite: www.biocolombini.com

Più di un semplice giardino

Azienda BIO Colombini era già attiva agli inizi del ‘900 da una famiglia contadi-na dedita alla produzione di ortaggi e alla loro vendita su mercati locali. Ancora

oggi, sui 18 ha aziendali si producono ortaggi in serra e pieno campo. L’azien-da è pressoché autosufficiente in tutte le fasi della produzione dal seme, in

gran parte autoprodotto, alla produzione e al trapianto delle piante, fino alla raccolta dei prodotti e alla loro vendita, gran parte venduti ai consumatori finali.L’azienda ha vissuto tutte le vicissitudini dell’evoluzione agricola: attraversando

le fasi delle guerre, e quella, ancora difficile, dell’esodo agricolo in cerca di fonti di reddito sicure nell’industria di fondovalle. L’azienda ha vissuto due “rivoluzio-

ni agricole”, con il passaggio da una coltivazione tradizionale all’uso della chi-mica e, poi, della conversione al biologico avvenuta 10 anni fa. Una scelta,

quest’ultima, fatta per tenere conto dell’igiene e della sicurezza dei lavorato-ri, per di più familiari, oltre che per motivazioni ambientali ed etiche.

Qualche anno dopo, l’azienda inizia le sue attività di agricoltura sociale, par-tecipando a progetti di terapia e di inclusione, lavorativa. Una scelta che ha modificato la vita aziendale e d’impresa, aprendo nuovi canali di mercato,

una diversa visibilità ed una nuova reputazione. Più recenti le attività didatti-che, per raccontare ai bambini, con fiabe appositamente studiate, l’agricol-

tura bio.

Un po’ di storia10 anni fa la scelta di tornare al biologico, non per un fattore di mercato ma soprattutto per scelta etica, “mi domandavo se l’agricoltura bio funzionava in

passato, perché non può funzionare anche ora?”. Così la nuova vita azien-dale. Di fatto, un modo di interpretare l’agricoltura, diverso ad ogni passag-gio generazionale: tradizionale prima, la moderna chimica poi, quindi un

modo contemporaneo di produrre biologico. Più che fratture tecniche, delle continue reinterpretazioni delle conoscenze acquisite in famiglia alla luce

delle nuove sollecitazioni quotidiane: “Sicuramente è stato più semplice perché il mio babbo è stato il maestro che mi ha trasmesso le sue cono-scenze che, a sua volta, gli aveva insegnato suo babbo quando facevano

l’agricoltura tradizionale”. Dopo l’acquisizione delle informazioni necessarie, grazie all’impegno e alla sperimentazione pratica, si avvia la conversione al

bio.Nel 2001, giunge da un’associazione locale, ORISS, la proposta di parteci-pare ad un progetto per inserire dei ragazzi disabili nel mondo lavorativo: “Il

Giardino dei Semplici”. La prima reazione quella comune, di scetticismo e di dubbio, motivati dal non sapere quale fosse il disagio sociale, ne cosa i ra-

gazzi potessero fare. Poi, il prevalere della tradizione dell’accoglienza, dopo una discussione in famiglia. Il primo percorso dura 5 mesi, cinque ragazzi si recavano in azienda tre volte a settimana per lavorare la terra, seguiti da

operatori sociali. Ad Alessandro, il conduttore aziendale, il compito di valuta-re le abilità dei singoli per impegnarli in attività tecniche, “studiavamo un pia-

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Azienda Agricola BioColombini

no delle mansioni che potessero svolgere”. I lavori in azienda sono molti e di vario livello di fatica, si va dalla pulizia delle strutture fino alla semina, raccolta,

pulizia dei prodotti, incassettamento. Ma in azienda c’è anche il fattore tempo: “magari una persona semina dieci cassette all’ora, mentre loro riescono a se-minarne solo una l’ora, ma in ogni caso collaborano e poi vedono il frutto del

loro lavoro. Una bella soddisfazione, per loro ma anche per noi, perché il bello è che esternano questa loro soddisfazione. Mi ricordo la prima volta che abbia-

mo seminato con alcuni ragazzi, dopo una settimana siamo tornati nella serra a pulire per terra, un ragazzo si è alzato ed ha visto la sua cassetta….e ha detto: quella è mia…” si era reso conto con una gioia enorme che le piante erano na-

te. Io non gli avevo fatto notare la cosa, perché per me è normale, per loro no”, aveva dato vita a qualcosa, e questo aveva fatto crescere la sua autostima”.

L’agricoltura sociale e i suoi effettiOggi nell’azienda lavorano tre persone, alcune avevano inizialmente un’invalidi-

tà mentale del 60-70%: hanno iniziato con il progetto “Il giardino dei semplici” nel 2001, e continuano a lavorare in azienda, con un regolare stipendio, con

diverse mansioni svolte con professionalità. Collaborano in azienda, per due, tre pomeriggi a settimana, altre tre persone con invalidità più gravi che seguono percorsi di terapia occupazionale. Sono accompagnati in azienda con un pul-

mino della farmacia comunale che serve per i servizi sociali. In questo caso, il contributo lavorativo in azienda è di difficile quantificazione e tale da non po-

tere dare luogo ad un rapporto regolare di lavoro. Sono i servizi pubblici ad offrire un supporto diretto sotto la forma della borsa lavoro. L’azienda offre ospitalità, senza versare compensi, allo stesso tempo le persone collaborano

sulla base delle loro capacità: mantenendo pulite ed ordinate strutture e ma-teriali, aiutando a movimentare le cassette da trasportare. Altre due persone

con una inabilità grave, vengono una volta alla settimana, seguiti da un tuto-re. Di recente, il comune ha riconosciuto un contributo monetario all’azienda. L’azienda Colombini, quindi, svolge le sue attività nel sociale, senza il paga-

mento di un compenso per servizi specifici. Ciononostante, e per certi versi in modo inatteso, la visibilità dell’azienda sul territorio è andata crescendo, e

così la reputazione aziendale. L’avere messo a disposizione dei servizi sociali la sua azienda agricola ha sviluppato meccanismi di reciprocità. A seguito dell’adesione al progetto, infatti, i dipendenti dell’Ospedale di Pontedera

hanno organizzato un Gruppo di acquisto per gli ortaggi aziendali. Questo episodio, accanto alla presenza nel progetto di un utente che non poteva

svolgere altremansioni se non quello della guida del camion aziendale, ha di fatto consentito uno sviluppo dei mercati di vendita diretta. Con il tempo, grazie anche ad ORISS, l’esperienza della vendita diretta si è allargata, modi-

ficando i rapporti dell’azienda con i mercati e con il territorio. Tra le motiva-zioni di scelta dei GAS, accanto alle caratteristiche Bio degli ortaggi, la pros-

simità dei luoghi di produzione, che assicura freschezza dei prodotti ed un basso impatto energetico dei trasporti, ma anche il contenuto etico e sociale delle scelte aziendali. Di contro i prezzi pagati sono corrispondenti a quelli dei

negozi tradizionali e dei supermercati. Di fatto, il percorso avviato mostra la possibilità di generare strategie in cui tutti i soggetti traggono vantaggi: gli

utenti, i servizi pubblici, i consumatori, l’azienda, il sistema locale nel suo in-sieme, restituendo nuova visibilità all’agricoltura, creando nuova occupazione e qualificando le relazioni sul territorio.

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Azienda Agricola BioColombini

Alcune problematiche riscontrateCome per ogni novità anche nel caso dell’agricoltura sociale ci sono aspetti

positivi accanto ad altri problematici. I servizi locali, l’Asl e ospedali, seguono i ragazzi con disabilità fino alle scuole superiori e dopo….. “non si sa, ci sono dei centri ma sono precari e non fissi” non sempre pienamente accettati dalle fa-

miglie. L’agricoltura sociale offre risposte nuove ai temi del disagio valorizzando risorse peculiari. Considerato il successo ottenuto, dal territorio continuano ad

arrivare richieste per l’invio di due, tre, quattro utenti, domande che non pos-sono essere soddisfatte: “Non posso diventare un centro di accoglienza per persone con difficoltà sociali, io sono una azienda e devo produrre cibi che

vanno al consumatore. Se l’agricoltura può essere considerata una risposta efficace al disagio sociale, bisogna trovare soluzioni idonee, altrimenti non è

sostenibile, un’azienda come questa può accogliere quattro persone, al mas-simo cinque, non di più, se si vuole far accogliere più persone, allora bisogna capire come rendere la situazione sostenibile, una via potrebbe essere un rico-

noscimento, da non considerarsi solo ed unicamente monetario”.Le aziende di agricoltura sociale meritano di essere riconosciute, attraverso la

valorizzazione dei prodotti ottenuti più che con pagamenti diretti: “perché poi si sa come va a finire…. quello prende dei soldi e poi dopo per ospitare magari 50 ragazzi gli danno 100.000 € e alla fine lascia stare i pomodori….” C’è la

possibilità di costruire mercati alternativi “esistono le mense scolastiche che si forniscono di prodotti che vengono da altri paesi per via dei prezzi: se i prodotti

fossero comprati dalle aziende locali ed in particolare ad esempio da quelle che fanno agricoltura sociale, le cose si invertirebbero le aziende farebbero agricol-tura sociale, e i loro prodotti sarebbero venduti ad un mercato locale ad un

prezzo degno, quando anche costasse un po’ di più il costo per il comune an-drebbe a pagare non solo il prodotto ma anche il servizio sociale svolto in

azienda. Inoltre si ridurrebbero le spese di trasporto, si avrebbe una riduzione dell’inquinamento e le risorse sarebbero reinvestite a livello locale. Un amplia-mento del numero delle aziende coinvolte nelle pratiche di agricoltura sociale e

l’organizzazione di una diversa rete di protezione sociale potrebbe assicurare un innalzamento delle condizioni sociali di vita.

PRIMA DI AS DOPO AS

SAU aziendale 18 ettari 18 ettari

Lavoro Familiare 4 persone 4 persone

Lavoro aziendale 6 unità lavorative 11 unità lavorative d cui 3 assunzioni di persone disabili

Mercati 4 varietà di ortaggi per un grossista BIO

50 varietà di ortaggi, per 700 famiglie

Riconoscimenti - l’azienda ha vinto il proemio etica impresa nel 2006

Attività attuali Produzione bio di ortaggi, agricoltura sociale, fatto-ria didattica, fornitura mercati locali e mense scola-stiche.

Produzione bio di ortaggi, agricoltura sociale, fatto-ria didattica, fornitura mercati locali e mense scola-stiche.

“Ho accettato perché non ho tempo di fare il volontario in un misericordia o accompagnare una signora fino a casa, ma se lo posso fare attività sociale

all’interno della mia azienda, ben venga” .... “Certo però non posso diventare un centro di accoglienza per persone che hanno problemi sociali, io sono una azienda e devo produrre dei prodotti che vanno al consumatore”.

A.Colombini

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Fattoria Sant’ErmoResponsabile: Renato Rognoni

Indirizzo: Via Sant’Ermete 1- Sant’Ermo- Casciana Terme- PI

Tel: +39 0587 649199

E-mail:[email protected]

WebSite: www.santermo.it

Una Fattoria solidale

In uno splendido scenario paesaggistico, immersa nelle colline pisane si trova

la Fattoria Sant’Ermo, la cui storia parte da molto lontano: vecchia villa del Ba-rone….. veduta ai proprietari attuali, produttrice di vitigni dal quale il mastro

fattore riesce a ricavare un nobile vino dal sapore delicato ma deciso. L’azienda non è a conduzione familiare, ma viene gestita da un dottore agronomo, con grande esperienza nel settore vitivinicolo. La proprietà ha sposato da anni il

progetto di recupero e valorizzazione di tutta l’azienda, curando sia il lato della produzione ma anche quella del mantenimento del paesaggio e del territorio in

cui si colloca, ristrutturando le strutture in armonia con i luoghi e valorizzando il lavoro umano. L’amore per la fattoria porta intrinseca in se anche l’amore per le persone che ci lavorano e il loro rispetto, tanto da abbracciare in pieno l’idea di

famiglia allargata. Questo grazie alla sensibilità della famiglia proprietaria, che

vive una vita impegnata nel volontariato e sensibile alle problematiche di in-clusione sociale. Non è stato quindi difficile per la proprietà accogliere e ab-

bracciare il progetto “Il Giardino dei Semplici” con il quale ha iniziato un per-corso di inclusione lavorava, e grazie al quale ha potuto prendere in conside-razione la possibilità di assumere persone con disabilità lavorativa.

Un po’ di storia Un azienda umile, ma con idee precise in campo imprenditoriale e produtti-vo, che mantiene un contatto diretto con le persone che lavorano all’interno dell’azienda, una struttura organizzativa è ben delineata, ma i cui rapporti

con il personale non sono meccanizzati dalla struttura stessa, ma sussistono i rapporti umani. Un azienda giovane e con molte aspettative, che quando

verrà lanciata sul mercato dei vini sicuramente troverà notevoli successi gra-zie al lavoro che hanno iniziato e che stanno svolgendo. La Fattoria San-t’Ermo ricorda molto uno scenario di un film dal copione gia scritto, e visi-

tandola non può che tornare alla mente il film “Un annata perfetta”. Il vecchio proprietario era indebitato e l'azienda era in mano delle banche quando è

stata rilevata dall'attuale proprietario. Il lavoro svolto per recuperare la pro-duzione è stato notevole: in cinque anni sono stati rinnovati tutti i vigneti, e cinquecento piante di olivo specializzato. La vecchia proprietà era di circa

cento ettari, ma quelli che compongono l'attuale proprietà sono “solo” cin-quanta ettari di cui ventuno sono a vigneto. Nell'azienda lavora un gruppo

stabile di cinque persone che hanno contratti a tempo determinato di sei mesi in sei mesi, sempre rinnovato, in più c'è il Fattore, ma durante l'anno si avvale anche di avventizi nei momenti di maggior richiesta di mano d'opera.

Gli ospiti che hanno iniziato a lavorare all’interno della azienda grazie al pro-getto “Il Giardino di Semplici” in principio erano due. Il lavoro che si svolge

qua, è molto stagionale, si concentra in particolari periodi dell’anno, soprat-tutto durate le potature e la raccolta, ma questi due fattori sono risultati una miscela perfetta in sincronia con le esigenze delle persone ospitate. Perso-

ne… e già si capisce che il rapporto è alla pari: tutti lavorano in campo, sen-za scale gerarchiche, e tutti si danno una mano. Qui è tutto in continua evo-

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Fattoria Sant’Ermo

luzione: “Non siamo ancora autosufficienti, abbiamo iniziato da zero, la com-mercializzazione non è ancora avviata, la parte produttiva riesce a coprire il 30-

35% dei costi e il resto proviene della integrazione della proprietari, che ha messo in conto ciò, e che non vogliono guadagnarci ma vogliono che non ab-bia alcun costo. Quindi vorremo che ci fosse anche l’agriturismo”.

L’agricoltura sociale e i suoi effetti Abbiamo partecipato al progetto di formazione didattica sempre con Gallevi, per far vedere l’azienda nelle diverse stagioni. Poi la richiesta id ospitare delle persone all'interno del progetto “il Giardino dei Semplici”. Dopo due mesi di

lavoro una di queste ragazze ha chiesto di poter rimanere in contatto con l’azienda, e abbiamo iniziato un rapporto stagionale. Lei ha retto in un momen-

to molto difficile, nel mese di luglio dove si iniziava dalla mattina alle sei e si fa-ceva un pausa alle dieci, e poi si continuava fino all’una”. Questa persona è una ragazza molto orgogliosa, e non a quanto ci racconta il Fattore, non fa ve-

dere la stanchezza, “voleva fare come gli altri e le piaceva essere trattata come gli altri anche se nel suo lavoro è meglio degli altri”. “Era orgogliosa e chiusa,

non dava confidenza, ma con il passare del tempo ci siamo conosciuti e siamo entrati più in confidenza, e ci siamo chiariti che se voleva fare una mezza gior-nata poteva farla tranquillamente”. Il lavoro in vigna è duro specialmente nei

periodi di potatura, quando si lavora sotto il sole e sotto il caldo dell'estate. Quattro persone sono state assunte nel periodo della vendemmia. Due di

questi sono assunte più regolarmente e altri due solo nel periodo della ven-demmia, ma tutti hanno mostrato l’interesse a continuare. Le persone che lavorano come zoccolo duro in azienda sono cinque, tra questi uno è pros-

simo alla pensione, ed un altro è in sostituzione di una ragazza che è in ma-ternità. Gli altri sono persone intorno ai quarant’anni. “Ho scoperto delle per-

sone che hanno un forte entusiasmo. Mi ci sono affezionato ed ho avuto del-le soddisfazioni perché ho scoperto delle persone di cui all’inizio hai delle perplessità e poi scopri che hanno delle capacità e lavorando in agricoltura

divengono solari”il fracconto del Fattore Renato Ragnoni sono significativi per capire lo stato d'animo delle persone che lavorano a contatto con gli ospiti:

“Mi ricordo che la prima volta che hanno ritirato lo stipendio, mi hanno chie-sto: “ Quando si inizia ha rilavorare?” e poi dicevano “Sono stato qua in un posto bello e a contatto con la natura e mi pagano pure, mi danno i soldi!”. Il

rapporto anche tra quelli del nocciolo duro e le persone che sono venute a lavorare qua, sono andati bene, e si vede che il lavoro che si svolge è in ar-

monia e non vi sono discriminazioni.

Alcune problematiche riscontrate Le aziende hanno un muro di diffidenza, che potrebbe essere abbattuto, sia con il tirocinio di tre mesi sono importanti, quindi penso che è importante

vedere e fare un tirocinio, e vedere che se anceh ci mettano un po' più di tempo il lavoro sia fatto bene, piuttosto che il lavoro fatto prima ma male”. Renato sembra veramente entusiasta della scelta aziendale anche se “Nella

prima esperienza abbiamo avuto la possibilità di testare le persone. Uno di questi ci ha dato molti problemi, e non abbiamo neppure rinnovato il contrat-

to, perché ha creato problemi con gli altri, anche con violenze. Tanto è vero che poi è stato attore di un omicidio. Ho avuto anche un risentimento di ri-morso, perché mi ricominciava la stagione e io non lo assunsi”. Si ricorda

ancora un episodi accaduto in pieno campo durante il lavoro di impianto del

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Fattoria Sant’Ermo

nuovo vigneto, quando uno degli ospiti gli si rivolse contro e gli disse: “vai a chiamare i polacchi per fare questo lavoro, perché io non lo faccio per 6€ l’ora”

lui prendeva molti farmaci e molte volte arrivava più tardi, per questo abbiamo dato sempre la massima opportunità, ma era lui che non voleva integrarsi, e poi diceva che il lavoro nei campi non gli piaceva molto. La prima esperienza

era questa. La seconda esperienza abbiamo partecipato ad un progetto, per un anno avevamo il progetto, poi c’è stato un tirocinio, e abbiamo avuto la

possibilità di poter scegliere le persone che posso introdurre allo stesso livello degli altri.” “Io faccio questo lavoro perché ho fatto agraria dopo il liceo, e quando ho fatto

le prime esperienze, e poi poco alla volta ho scoperto che mi piace. E così an-che i ragazzi hanno scoperto a poco alla volta che questo lavoro è interessan-

te. Certo ci sono delle persone che non posso inserire, e anche quelle che vengono a lavorare per noi bisogna che gli trovi una collocazione adatta. Ci sono persone che possono fare tutto in aziende altre che devono avere delle

mansioni specifiche, ma non è mai stato un problema, in azienda ci sono tanti tipologie di lavoro adatte a tutti”

SAU aziendale 50 ettari

Personale a contratto 6 persone

Minori ospitati un gruppo di quattro persone

Attività attuali Produzione di vite per la vinificazione e olive per olio

fatturato medio annuo € 300.000

“Abbiamo iniziato con due persone...il rapporto tra noi è sempre stato alla pari, niente pregiudizio o favoritismi”Renato Ragnoni

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Azienda Agricola Il LischetoAgente elenco: Alessandro Colombini

Indirizzo: Via del Prato - Crespina Pisa

Tel: +39 050 634239

E-mail: [email protected]

WebSite: www.biocolombini.com

Più di un semplice giardino

La Fattoria Lischeto di Giovanni Cannas nasce nel 1963 tra l'Alta Val di Ceci-na e Volterra, sulla Strada Provinciale del Monte Volterrano. Immersa in uno

spettacolare panorama composto da balze e da calanchi, fenomeni naturali di erosione unici al mondo, di antichissima origine, che si aprono sulle verdi pen-

dici collinari dedite al pascolo, sviluppa sin dal principio un indirizzo zootecnico e cerealicolo, tipico della zona. Le 1000 pecore, immerse in questa bella cam-pagna, offrono una ottima produzione di latte utilizzato enl annesso caseificio

per la produzione di formaggi pecorini di caria stagionatura, ricotta, ravaggiolo, tomine e baccellone. Nel 1990 l'azienda si converte al Biologico e nel 1995,

grazie alla ristrutturazione dei vecchi casolari, l'azienda apre l'attività d agrituri-smo. La particolarità dell'azienda è quella di aver creato una completa filiera

alimentare, dalla produzione alla trasformazione e in fine alla degustazione del prodotto aziendale. Questo ha permesso all'azienda di crescere, e grazie

ad una curata attenzione alle opportunità di investimento attraverso i bandi comunitari e regionali, abbinato al reinvestimento degli utili in azienda, e ad una buona dose di marketing, ha fatto veicolare il nominativo dell'azienda in

tutto il mondo, consentendo di sviluppare mercati lontani e internazionali. Oggi l'azienda, leader nella produzione di formaggi biologici, esporta i suoi

prodotti in Europa e negli Stati Uniti.

Un po’ di storia Tutto ebbe inizio quando il padre di Giovanni Cannas lasciò nuorese e si tra-sferì a Volterra “arrivò a primavera e trovò tutto verde e nessun sasso, gli

sembrò il paradiso” così nel 1963 nacque l'azienda che, originariamente , aveva un indirizzo esclusivamente zootecnico e cerealicolo. Oggi si estende su 250 ettari di terreno, in parte coltivati a cereali ed in parte destinati al pa-

scolo di circa 1000 pecore di razza sarda. Queste ultime sono alimentate con i foraggi propri dell'azienda e allevate allo stato semi brado, quindi non

sottoposte a stress psico-fisici particolari. L'attività di caseificazione è iniziata nel 1990 ed è a norma CEE. La lavorazione è artigianale, mantenendo e svi-luppando le tradizione dei sapori tipici della pastorizia toscana. Nel caseificio

si lavora solo il latte prodotto dalle pecore di proprietà, rispettando rigoro-samente i periodi di "asciutta": per questo alcuni formaggi non sono sempre

disponibili.Vengono prodotti anche pecorini a base di latte crudo, non trattato termi-camente, come nella millenaria tradizione della pastorizia: caci difficili da la-

vorare, ormai rari da assaggiare, ma dal gusto inconfondibile, sintesi mirabile di rigore tecnologico e di sapere antico. Attualmente in azienda lavorano 14

persone: due sono manodopera familiare, mentre dei 12 restanti, sei sono a tempo fisso sei a tempo parziale. Tra i lavoratori a tempo fisso ci sono an-che persone provenienti da altre nazionalità. L'azienda lavora anche come

fattoria sociale: l'idea è nata sicuramente da dialoghi avuti con operatori del settore, ma anche con i funzionari regionali e con gli stessi consumatori che

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Azienda Agricola Il Lischeto

arrivavano in azienda a comprare il prodotto presso lo spaccio aziendale. Il progetto è stato realizzato sicuramente grazie a finanziamenti ottenuti dalle

banche attraverso i mutui. L'azienda ha sviluppato in questi anni numerosi pro-getti, tra questi possiamo ricordare il progetto della linea cosmetica, che lo ha premiato con la “bandiera verde” dedicata a imprese e enti che tutelano l'am-

biente e promuovono prodotti legati al territorio, e che oggi vede in produzione tre prodotti creati a base di latte e olio e con qualche aggiunta di essenze natu-

rali. Ma non possiamo dimenticare di ricordare anche i progetti realizzati in col-laborazione con i detenuti ed ex detenuti del carcere Volterrano, tra queste ini-ziative vi è anche “le cene galeotte” promossa in collaborazione con Slowfood.

Giovanni Cannas è sicuramente un imprenditore moderno con un ampia visio-ne del marketing aziendale e delle possibilità di sviluppo legate al territorio e

alla sua azienda, e nel guardare alla salvaguardia del territorio che lo ha accol-to, tende una mano ai problemi sociali, cercando nel suo “piccolo” di contribui-re.

L’agricoltura sociale e i suoi effettiSono ormai dieci gli anni che l’azienda ha iniziato una collaborazione con il car-cere di Volterra, e da dieci anni sono state molte le persone che hanno collabo-rato con l’azienda. l’azienda non ha bisogno di pubblicizzare questa relazione,

perché la gente se ne accorge quando arriva a visitare il punto vendita. Il tut-to è iniziato perché nel carcere di Volterra c’era un carcerato sardo, che era

una guardia dello stesso carcere, poi accusato di omicidio, e per deviare alle problematiche che potevano nascere all’interno del carcere, insieme al diret-tore abbiamo cercato di integrarlo all’interno della azienda, dove ha lavorato

per cinque anni. Adesso ha aperto una azienda per conto suo. Visto che l’esperienza era stata positiva l’azienda ha continuato la collaborazione,a-

vendo in alcuni momenti in via eccezionale quattro detenuti. le persone che vengono dal carcere, hanno già superato dei test al livello interno, e che hanno la possibilità di usufruire dell’art.21. A livello economico non cambia

niente, l’unica cosa in più sono i contributi previdenziali che una parte sono pagati dallo stato, ma i diritti sindacali e tutto il resto è pagato come per un

normale lavoratore, quindi alla fine all’azienda non ha un tornaconto econo-mico che possa giustificare l’impiego di queste persone, deve essere mossa da un impegno sociale e da uno spirito personale dell’imprenditore stesso.

La vendita è diretta in azienda e viene venduto al livello internazionale, at-tualmente il locale è 10% 20% nazionale e il 70% internazionale, la maggior

parte del prodotto viene esportato in Francia, dove viene venduto il “pecorino delle balse Volterrane”, un prodotto a latte crudo ed a caglio vegetale. Inoltre l’azienda può vantare un punto vendita di proprietà negli Stati Uniti che ven-

de esclusivamente i prodotti, e l’esportazione in Taiwan. Sicuramente la par-tecipazione a molte fiere internazionali ha fatto conoscere il marchio “Il Li-

scheto”, e poco alla volta le persone hanno incominciato a rispondere, o visi-tando l’azienda o inviando richieste di collaborazione. L’azienda ha anche sviluppato in questi anni un ufficio commerciale, che si occupa del marketing

aziendale, e che è stato di fondamentale importanza . Si lavora il nostro latte e il latte di altri allevatori bio. maiali polli tqacchini pecore agnelli, e i prodotti

che abbiamo noi sono nostro il fine è quello di creare un giro di persone che vengono trovano una qualità e a prezzi contenuti, e tra le altre cose vogliamo fare un pastificiodi pasta fresca per la produzione aziendale

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Azienda Agricola Il Lischeto

SAU aziendale 200 ettari

Personale 15 persone

Personale Sociale 3 ragazzi

Attività attuali Produzione di latte di pecora sarda, e trasformazione del latte in formaggi, produzione zootecnica di suini, macel-lazione e produzione di insaccati, Agri-turismo e ristorazione

Riconoscimenti Contributi per accoglienza

“ NOI crediamo molto nel lavoro serio e costante nel tempo , con passo dopo passo senza fare un passo più lungo della gamba: non abbiamo im-

provvisato e nemmeno inventato nulla: già gli Etruschi e i Romani usavano il

latte per la cosmesi”. Giovanni Cannas

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Azienda Agricola Il QuercetoImprenditore: Angelo De Simone

Indirizzo: Via Querceto, 20- Lari- Pisa

Tel: +39 0587 685256

E-mail: [email protected]

WebSite: www.agriturismoquerceto.it

Non solo Agriturismo

La storia del Querceto è una storia di ordinaria emigrazione e di nuovo inse-diamento nelle campagne toscane iniziata nei primi anni sessanta, con l’esodo

dalla Campania di una famiglia che da Benevento giunge a Lari. Qui, l’aria di terra e di mare e la bassa umidità, giovano all’asma del patriarca, nel pezzo di

terra acquistano con fatica nella campagna pisana. L’azienda agricola “il Quer-ceto” è adagiata su un colle e guarda, tra panorami di bellezza indiscutibile, i ventisei ettari che oggi compongono la proprietà. L’azienda, ora come allora,

viene gestita da una famiglia allargata, con valori e modi di operare che si sono conservati nel tempo, pur adattandosi alle nuove esigenze familiari: il valore

della tradizione, dell’accoglienza e della partecipazione alla vita sociale del luo-go, costituiscono i tratti più evidenti trasmessi all’esterno e all’interno del-

l’azienda e del nucleo familiare. La passione era ed è quella di lavorare la terra, allevare i bovini e, dal nonno, è stata trasmessa l’arte della macellazio-

ne, oggi gestita attraverso una rivendita diretta del bestiame allevato. Ma sono molte le attività che si sono tramandate e che si sono rinnovate nel rispetto della tradizione, come la produzione del pane cotto nel forno a legna

e l’utilizzo dei prodotti aziendali certificati biologici – che biologici erano già prima del regolamento comunitario - e, di recente, l’accoglienza a gruppi di

persone con disabilità, oltre all’apertura dell’azienda alle scuole, a fini didatti-ci, ed al turismo rurale. Il Querceto è un’azienda-multifunzionale per definizione che trae vitalità da

un’intensa partecipazione alla vita sociale ed economica della località.

Un po’ di storia Il tutto inizia con un mutuo, fatto per acquistare la terra e pagato con i soldi che il padre ricavava dal lavoro di camionista. La passione era quella della

coltivazione del terreno: una famiglia patriarcale dove gli uomini lavoravano fuori per integrare il reddito familiare e le donne assicuravano la continuità

aziendale, cosa che tutt’oggi permane nella famiglia pluriattiva. Nel 1977 l’azienda non era in grado di assicurare completo sostegno eco-nomico alla famiglia, per via della dimensione ridotta e per la tipologia di alle-

vamento presente in azienda: quello dei bovini. I commercianti e i macellai decidevano il prezzo dei prodotti grazie anche alla competizione dei prodotti

di importazione che tagliavano le gambe alla piccola produzione locale. L’azienda è di fronte ad un bivio, iniziare una produzione intensiva di carne, passare a produrre latte, o mantenere la propria indole valorizzando le carni

con uno spaccio aziendale. Le prime due non erano sostenibili da un punto di vista economico, di tempo, manodopera e di tradizione. L’apertura della

bottega aziendale sembra la più logica. Poi viene la certificazione biologica, e l’agriturismo: una fattoria che vive come una volta. L’agriturismo ricorda molto del cambio di opere, dove si offriva da mangiare e da dormire per la

manodopera: oggi non è proprio così, gli ospiti non vanno ad “opere”, ma

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Azienda Agricola Il Querceto

l’azienda offre vitto e l’alloggio ai turisti, capace di assicurare il denaro necessa-rio a pagare la manodopera impiegata in azienda. Qui gli ospiti vivono in piena

armonia con le attività agricole: mangiano insieme, seguono i lavori quotidiani dell’azienda, la gente si trova immersa nella vita quotidiana della fattoria. Ogni cosa svolta dalla famiglia padronale contribuisce al raggiungimento di un obiet-

tivo generale: “stare qui e campare!”. L’azienda più che un modo per produrre reddito assicura qualità di vita alla famiglia e ai suoi ospiti.

Poi c’é stata la scelta di fare agricoltura sociale: perché? Perché come immi-grati del sud hanno subito prevaricazione, perché nella società è radicato il concetto di non accettare il diverso, e questo ha fatto aprire all’azienda le porte

a chi ha bisogno a coloro che sono considerati “diversi” come i proprietari del-l’azienda stessa. L’aderire al progetto “Il giardino dei semplici” ha proiettato

l’azienda in un mondo nel quale, di fatto, era già presente

Il Querceto è giunta all’agricoltura sociale un poco per natura un poco per una

richiesta esterna. Nel territorio della Valdera opera il progetto “ Il Giardino dei semplici” che ha avviato iniziative di riabilitazione ed inclusione sociale attraver-

so l’impiego dell’agricoltura. Il progetto è sostenuto dalla Provincia di Pisa at-traverso un progetto di formazione e coinvolge un nucleo di utenti affidati ai servizi della ASL di Pontedera. Nella ricerca di aziende interessate ad assicura-

re tirocinio pratico ai partecipanti giungono al Querceto per chiedere disponibili-

tà a partecipare. D’altra parte la famiglia e la stessa azienda sono già coin-volti in altre iniziative sociali del luogo – la Misericordia, il presepe vivente, la

ciliegia di Lari-. Forse anche su questa base il dottor Gallevi, arrivato a pre-sentare il progetto “Il giardino dei semplici”, chiede la disponibilità ad aiutare gli altri, ad offrire una possibilità mettendo a disposizione le strutture azienda-

li. In una azienda come il Querceto, tra l’allevamento dei bovini da carne, la

produzione vegetale e l’agriturismo, il tempo non c’è, tutti lavorano fuori e dentro l’azienda, eppure da fare c’è sempre ed il lavoro spesso rimane indie-tro. Le strutture ci sono, le cose da fare non mancano, ma cosa offrire in

cambio per il lavoro che i tirocinanti metteranno a disposizione dell’azienda? Non era previsto ne necessario, essendo il progetto formativo supportato

dalla provincia, poi una prima idea, riorganizzare lo scambio di opere: da mangiare, da dormire e da bere, il valore della vita non sono più i soldi, ma il calore della famiglia, l’amicizia, le tradizioni, lo star bene insieme e dividere la

gioia con gli altri. L’agricoltura sociale diviene un nucleo familiare allargato. Il rapporto tra le persone deve essere alla pari, quelli considerati diversi per

questa azienda sono uguali ai componenti del nucleo familiare, e l’accoglien-za è schietta e franca “se gli posso dare una mano, la do, ma non deve chiedere, perché è disabile”. Qui nella famiglia ancora più allargata si ritrova-

no a tavola a mangiare tutti insieme e vengono ascoltati tutti i punti di vista e poi vengono prese le decisioni. La soggezione e la diffidenza iniziale erano

presenti anche tra i componenti del nucleo familiare, soprattutto tra le perso-ne più anziane che continuano a lavorare in azienda, poi è stato fatto capire che dovevano comportarsi normalmente, e non preoccuparsi come “gli altri”,

al di fuori dell’azienda, potevano giudicare i nuovi frequentatori. Durante la fase del tirocinio l’aiuto dato dai ragazzi “è stato enorme” e il lavoro svolto ha

alleggerito il carico di lavoro di ogni familiare attivo in azienda. Al termine di un anno passato velocemente, dispiace che il progetto sia finito. Allo stesso tempo si programmano nuove iniziative, anche in collaborazione con il grup-

po di utenti del progetto. L’azienda ha risorse fisiche che altri possono valo-

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Azienda Agricola Il Querceto

rizzare, in piena autonomia seppure nello spirito di collaborazione e di interdi-pendenza.

Alcune problematiche riscontrateOggi sono in molti a chiedere all’azienda la disponibilità di tenere ragazzi disabi-

li. Ma l’azienda non accetta soldi, ne vuole o può assumere alcuna persona ne è intenzionata a strutturarsi per offrire specifici servizi alla persona.

D’altra parte, la prima iniziativa avviata ha aperto nuove possibilità. I ragazzi che hanno frequentato il corso si stanno organizzando in un gruppo di lavoro. La stessa cosa sta avvenendo per le aziende che hanno iniziato a collaborare con

il Giardino dei Semplici. In qualche modo il progetto, da un percorso di inclu-sione sociale sta mettendo in moto nuove energie e nuovi meccanismi di pro-

duzione economica, forse un poco più “caldi” di quelli tradizionali.Per l’azienda l’obiettivo è quello di ristrutturare un ambiente già presente in azienda dove disabili, disoccupati, anziani i “diversi” possono lavorare e colla-

borare. Con il gruppo di lavoro realizzato dagli utenti del progetto del giardino dei semplici vogliono realizzare un pollaio e gestirlo in collaborazione, dividendo

oneri e risultati “in percentuali prestabilite”. Il gruppo intende fondare una co-operativa, che dovrà realizzare la struttura di allevamento sui terreni dell’azien-da, si occuperà dell’allevamento nelle diverse fasi della gestione. L’azienda,

oltre a mettere a disposizione i terreni, potrà supportare la gestione in alcune fasi dell’allevamento ed occuparsi della vendita, anche mediante il negozio

aziendale. Il ricavato sarà ripartito secondo uno schema concordato a preventi-vo tra le parti, seguendo un poco quelli che sono i contratti di soccida diffusi in avicoltura. L’allevamento avicolo potrebbe rappresentare un reddito fisso, in

modo che i ragazzi risultino impegnati in modo continuativo e possano trarne una remunerazione.

Ma il progetto non si dovrebbe concludere con questa nuova attività. C’è, infat-ti, in cantiere la ristrutturazione di un locale dove sarà possibile svolgere attività ricreative, e la cui gestione dovrebbe essere svolta in collaborazione tra la co-

operativa e l’azienda, e, anche in questo caso i risultati economici ripartiti.

Di fatto, una sorta di partnership, dove, la costituenda cooperativa avrebbe la possibilità di crescere tutorata per quanto riguarda le competenze professio-

nali agricole e che, a sua volta, consentirebbe di assicurare una più piena valorizzazione delle risorse, al momento, poco utilizzate disponibili in azienda. Per coloro che fino a ieri erano solo utenti dei servizi si tratta di una proiezio-

ne nel futuro non irrilevante, per l’azienda un modo per continuare a crescere

e vedere crescere la propria reputazione nel contesto locale.

PRIMA DI AS DOPO AS

SAU aziendale 26 ettari 26 ettari

Lavoro Familiare 11 persone 11 persone

Lavoro aziendale solo familiari un gruppo di 7 persone con differenti disabilità

Mercati Spaccio aziendale e agri-turismo con ristorazione

Spaccio aziendale e agri-turismo con ristorazione

Riconoscimenti - l’azienda viene apprez-zata anche per il lavoro svolto c

“Il valore della vita non sono i soldi, ma sono la gente la famiglia, l’amicizia e le tradizioni, lo star bene insieme, dividere la gioia con gl i

altri”...L’imprenditore oggi non può stare fermo al ciglio e guardare il canale, deve oltrepassarlo velocemente, senza bagnarsi e senza far danno agli altri”.

A.De Simone

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Associazione Mondo NuovoReferente: Andrea Bandinelli

Indirizzo: Villa Giardino - Volterra Pisa

Tel: +39 0588 85311

E-mail: [email protected]

WebSite: www.villagiardino.it

L’orto del Lolli

All’interno di un villa del fine ‘600 inizi ‘700 dell’antica famiglia Inghirami, si trova

la casa per ferie Villa Giardino, ricevuta di recente in comodato all’associazione Mondo Nuovo. L’associazione Mondo nuovo è una Onlus di recente istituzione,

la cui missione è quella di “affrontare e contribuire a risolvere I problemi dei por-tatori di handicap, siano essi fisici, psichici e/o sensoriali.Villa Giardino, negli ultimi anni, è stata oggetto di restauro architettonico grazie

al supporto economico assicurato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Vol-terra, ed ospita oggi persone con diverso grado di disabilità coinvolte in terapie

di riabilitazione. Villa Giardino è aperta ad ospitalità ed al turismo sociale. La villa è circondata da un parco con un grande giardino all’italiana, corredato da mosaici e da giochi d’acqua. Il ripristino del parco alle sue origini è uno degli

obiettivi a lungo termine che l’associazione gestore della villa si è prefissata. Più

di recente, L’associazione ha avviato iniziative nel campo dell’agricoltura sociale. Obiettivo di quest’ultima iniziativa progettuale è quello di sviluppare

metodi co-terapeutici, mediante l’uso della terra e favorendo l’interazione con le risorse naturali. Peraltro, si tratta di una vocazione antica. Nel periodo in cui faceva parte del manicomio di Volterra, la Villa ospitava il direttore ge-

nerale, mentre nel giardino intere colonie di “agricoltori” facevano ergotera-pia. Il manicomio rappresentava una piccola città nella più grande città ma-

nicomiale che contava 5.000 utenze. Una delle attività portate avanti era la floricoltura: i crisantemi del manicomio di volterra erano acquistati da tutto il territorio, e intere serre erano dedite a tale produzione. Era inoltre presente

un allevamento di suini, che valorizzava i sottoprodotti della mensa del mani-comio, ed I cui prodotti erano destinati al consumo della stessa mensa in-

terna.

La storiaLa casa, così viene comunemente chiamata, è aperta a tutti per tutto l’anno. Un laboratorio per svolgere attività di formazione sta per essere completato,

e la speranza è quella di realizzare un punto di riferimento per tutto il territo-rio di Volterra. Al momento attuale sono messi a disposizione gli spazi della villa per gruppi e associazioni che affittano tutta la struttura per svolgere atti-

vità varie e temporanee. Il parco della villa, abitato da alberi secolari di leccio e quercia, è circondato da campi coltivati e coltivabili anch’essi abitati da

olivi secolari. La disponibilità di risorse fondiarie scarsamente utilizzate e il dibattito avviatosi sul tema dell’agricoltura sociale, hanno spinto l’Associa-zione a riprendere l’uso delle risorse agricole per finalità terapeutiche. La

predisposizione di un progetto di massima accolto dal CESVOT ha rappre-sentato l’elemento di avvio delle iniziative di terapia orticolturale. Una prima

fase di sperimentazione si è tenuta nel 2007, sebbene attività più strutturate, supportate dal finanziamento ricevuto dal CESVOT prenderanno avvio a gennaio 2008. “L’orto del Lolli”, il nome del progetto in questione, prevede la

realizzazione, da parte di soggetti diversamente abili, di un orto di verdure, un pretesto per organizzare attività di gruppo, e riprendere confidenza con le

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Associazione Mondo Nuovo

proprie capacità. Nel corso del 2007 si sono svolte delle prove generali, “come in un buon teatro gl i attor i sono entrat i in campo ed hanno

provato….improvvisando: il risultato è stato splendido, tanto che ora non ve-dono l’ora di iniziare con il vero e proprio progetto” racconta Andrea Bandinelli, animatore dell’iniziativa. I prodotti ottenuti (pomodori, melanzane zucchini, insa-

late, prezzemolo, basilico, cocomeri e meloni) hanno dato spunto per l’avvio di altre iniziative all’interno della Villa. Così i prodotti sono stati consumati con gli

ospiti della struttura, nel corso di iniziative ricreative, alle quali hanno partecipa-to i soci. Dal punto di vista tecnico ed organizzativo, le attività si sono svolte secondo

una successione di eventi: il terreno è stato preparato con mezzi meccanici da parte di esterni; successivamente, gli utenti, seguiti da un agronomo, hanno

appreso le tecniche della coltivazione degli ortaggi e l’impiego degli strumenti di lavoro (vanga e zappa), imparato a riconoscere le piante in campo, le avversità e a seguire i cicli produttivi, affrontando anche a gestire le infestanti mediante il

diserbo meccanico, effettuato a mano. Con il passare dei giorni, quelle che prima sembravano timide comparse hanno acquisito dimestichezza ed auto-

nomia, tanto da divenire attori autonomi, capaci di trasmettere ai meno esperti i saperi acquisiti. Più tardi, l’iniziativa ha iniziato a sollecitare la curiosità e l’inte-resse di molti anziani locali, che hanno iniziato a collaborare con i giovani meno

esperti, fornendo spunti utili nella realizzazione di orti e nell’impiego di metodi tradizionali di lotta agli infestanti ed ai parassiti delle piante, ed insegnando a

distinguere tra insetti utili e nocivi.

Elemento strategico è risultato derivare dalla costruzione di gruppi di pari, dove, la trasmissione dei saperi ed i tentativi di lavoro sono stati realizzati

insieme, nel pieno della collaborazione, stimolando l’entusiasmo di molti, senza alcuna separazione di ruoli.Al termine dell’esperienza è emersa la felicità di produrre qualcosa di tangibi-

le grazie all’impegno e alla fatica del proprio lavoro.

Il progetto Allo stato attuale il progetto sta muovendo i propri passi grazie al supporto iniziale assicurato dal CESVOT. Nel medio-lungo periodo la sostenibilità del

progetto dovrebbe essere garantita dalla società della salute, attraverso un diretto riconoscimento delle pratiche realizzate. Ovviamente si tratta di pen-

sare ad uno spostamento di risorse dalle strutture tradizionali di assistenza, per molti versi più gravose, all’Associazione ed alle sue iniziative. Ovviamente non si tratta di un passaggio semplice. Il ruolo giocato dall’associazione si

pone a metà tra quello che è il sistema di intervento istituzionale svolto nei centri diurni, e le iniziative di agricoltura sociale portate avanti da imprese

agricole: di fatto, intento dell’Associazione è quello di assicurare un luogo protetto e seguito di prima formazione e formazione di competenze e capa-cità da parte degli utenti che, nei casi in cui questo si mostrasse utile e pos-

sibile potrebbero trovare un impiego più stabile in aziende agricole della zo-na. Nel caso in cui questo non si rendesse possibile, la volontà, almeno ini-

ziale, è quella di assicurare una possibilità d’impiego nella struttura assicu-rando un compenso derivante dalla vendita degli ortaggi prodotti. In ogni caso, l’idea è quella di fornire risposte innovative al tema delle disabilità., de-

finendo strutture, spazi e pratiche che si legano alla costituzione di reti infor-mali o semi formali, capaci di assicurare sostegno ma anche relazionalità. In

questo senso l’iniziativa si propone come integrativa rispetto alle iniziative fino ad oggi condotte dalla società della salute attraverso il centro diurno. Per quanto riguarda le professionalità presenti nell’associazione, chi ci ha

guidato nella Villa Giardino, ha acquisito una laurea in informatica, poi ha svolto il servizio civile in un centro diurno entrando in contatto con il mondo

del sociale. Successivamente ha acquisito competenze sociali ed agricole.

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Associazione Mondo Nuovo

I partner del progetto sono il Santa Chiara, La Società della Salute dell’Alta Val di Cecina, la Comunità Montana, la CIA, Idealcoop, e la Cooperativa Mondo

Nuovo, che si sono coordinati in fase di presentazione del progetto finanziato dal CESVOT (con 58.000€ dei 74.000€ preventivati). Il prossimo anno 14 persone disabili, con problematiche psichiche, potranno

prendere parte attiva del progetto, collaborando con volontari ed educatori, è previsto infatti un lavoro svolto con gli utenti quattro giorni alla settimana, men-

tre i restanti giorni l’orto sarà curato e mantenuto dai volontari, “naturalmente ancora una volta sotto l’occhio vigile di Zelinda, lo spaventapasseri realizzato durante le prove generali”

Alcune problematiche riscontrateLa struttura polivalente di Villa Giardino, gestita dall’Associazione Mondo Nuo-vo, alla quale è stata concessa in comodato gratuito, con il progetto “L’orto del Lolli “ si propone come nodo di rete socio-agricola dell’Alta Valdera di Cecina.

La struttura è caratterizzata a finalità sociali ed attraverso l’utilizzo delle pratiche agricole e delle risorse agro-rurali può affrontare in modo diverso i temi dell’in-

clusione, dello sviluppo di capacità e di autonomie, della formazione e del inse-rimento lavorativo di persone svantaggiate, in particolare disabili psichici, fisici e sensoriali. Questo obiettivo sarà raggiunto grazie alla collaborazione con i Ser-

vizi Sociali e Sanitari dell’AUSL, con cui è stato individuato un programma con-giunto.

L’intervento, dopo la prima fase di individuazione dei beneficiari e formazione di gruppi, opera sulle risorse umane in chiave abilitativa, i lavori agricoli hanno, inizialmente, una valenza terapeutica, per poi acquisire una dimensione profes-

sionale, tecnica ed economica. Il progetto individuerà concrete opportunità di percorsi formativi, tirocini, ed

inserimenti lavorativi in un reale contesto produttivo (aziende agricole, di giardi-naggio, vivai).Per la realizzazione delle attività proposte nel progetto, i soggetti partner si av-

valgono di strumenti derivati dal Sistema di Qualità sulla base della normativa UNI EN ISO 9001:2000, cercando accertare il livello di conseguimento delle

finalità del progetto e di rispondere alle necessità dei soggetti beneficiari, che è

già stato introdotto precedentemente in fase di pianificazione. La certificazio-ne di qualità rappresenta una garanzia dell’appropriatezza del processo e

della organizzazione che portano alla realizzazione delle attività, attestandone la caratteristica di strumento per il miglioramento delle attività stesse attra-verso una sempre maggior capacità di individuare i bisogni e le risposte ade-

guate per il raggiungimento del benessere dei beneficiari. Per questo motivo, i soggetti partner predispongono i seguenti strumenti di

verifica del conseguimento degli obiettivi, al fine di avere criteri di valutazione il più possibile oggettivi dell’andamento delle attività: - programmi di assistenza individualizzati: schede di verifica e valutazione

(capacità di apprendimento delle tecniche più grado di interesse, parte-cipazione, relazione e autonomia)

- progetti di attività generali e relative verifiche- rapporto di riunione- programmazioni delle attività

- questionari da somministrare ai familiari dei beneficiari del progetto- relazioni di verifica quadrimestrali

- rilevamento delle non conformità

PRIMA DI AS DOPO AS

SAU aziendale 1,5 ettari 1,5 ettari

personale disabile coin-volto

14 persone persone

Lavoro volontario 7 persone

Attività attuali Produzione bio di ortaggi, agricoltura sociale, fatto-ria didattica, fornitura mercati locali e mense scola-stiche.

Produzione bio di ortaggi, agricoltura sociale, fatto-ria didattica, fornitura mercati locali e mense scola-stiche.

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Cooperativa Sociale La FicaiaResponsabile: Don Bruno Frediani

Indirizzo: Via Ficaia - Piano Quercone, Massarosa

Tel: +39 050 634239

E-mail: [email protected]

WebSite: www.biocolombini.com

Lavorare e vivere insieme

La cooperativa Sociale “La Ficaia” è stata fondata e viene tutt’ora gestita da don Bruno Frediani. L’idea è nata a seguito dell’esperienza maturata nel corso della sua vita, lavorando sempre con le comunità della lucchesia e con i giova-ni. In precedenza viveva a Torcigliano in una comunità dove insieme a dei ra-gazzi, dal 1991 ha svolto un’esperienza di valorizzazione delle culture locali: il castagno. Visto l’impegno e la dedizione messa, e visto la vicinanza della terre di famiglia ha iniziato a prendersi cura dei quelle terre con i suoi ragazzi, quelli della comunità, ed insieme hanno cominciato a coltivare prima un orto poi ha gestire le selve di castagno e in seguito hanno avviato l’attività zootecnica, alle-vamento di suini.Tutte quelle attività a contatto con la natura, oltre ad essere stata un’esperienza lavorativa, misero alla luce anche un altro fattore: aveva notato che il rapporto con la natura e con gli animali era una risorsa incommensurabile dal punto di

vista educativo. Lavorando con molti bambini e ragazzi con problemi com-portamentali, in una realtà immersa nella natura, dove ci si prende cura del territorio e dove vi è un rapporto diretto sia con la natura ma anche tra le persone serviva come strumento per svolgere la rieducazione. Questa è sta-ta la vera molla che ha fatto maturare l’idea: realizzare qualcosa di più gran-de, di più aperto e accessibile alle persone con problemi sociali. Ma qui un problema insorgeva: bisognava trovare la terra.

Un po’ di storiaDopo qualche ricerca effettuata è stata trovata un azienda privata, già orga-nizzata come agriturismo e dove veniva fatto un po’ di allevamento di suini e bovini circondato da un terreno con un oliveto abbandonato. Ed ecco affac-ciarsi un secondo problema: il proprietario chiedeva quattro miliardi di lire, ed il problema era trovarli. Grazie all’auto delle Fondazione Bancaria Cassa di Risparmio di Lucca, alla quale fu presentato il progetto, riuscirono trovare un miliardo di lire, che permise il rogito del contratto ….. il resto verrà pagato in cinquanta anni. Otto ettari di terreno e otto camere, un locale dove si lavora-no le carni, e uno per il punto vendita, il ristorante, gli uffici e tre grandi “stal-le”. Una è adibita a stalla, una verrà trasformata in sede per accogliere ado-lescenti, e un’altra è già adibita a piccoli appartamenti che già accolgono varie persone che hanno problemi tipo donne che escono dalla prostituzio-ne, persone che hanno problemi di AIDS o droga, persone che escono dal carcere o immigrati con difficoltà, transessuali. Quando sono venuti qui, nel 2002, hanno aperto la cooperativa sociale. Ed è incominciato il lavoro di ac-coglienza: per alcuni questo luogo è solo di passaggio, per altri è stata una scelta di vita, e tutt’oggi rimangono all’interno della cooperativa. La posizio-ne dell’azienda, situata sotto un viadotto dell’autostrada Lucca-Viareggio, sembra voler rappresentare la società umana: un autostrada dove la gente passa velocemente scorgendo a malapena il paesaggio che li circonda, chi ha problemi cade dall’autostrada della vita e precipita nel baratro, ma lì, for-tunatamente si trova una casa d’accoglienza, che dal basso della società accoglie tutti coloro che hanno bisogno di aiuto, ed insieme riscoprono il significato della vita, e riacquistano forza per risistemare quel passaggio che il turista viaggiante scorge velocemente dal finestrino della propria auto. Po-co alla volta hanno aumentato le loro attività, ed hanno risistemato tutto l’oli-

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Cooperativa Sociale La Ficaia

veto, gli immobili sono stati restaurati, e infine hanno iniziato l’attività produttiva. I loro prodotti vengono utilizzati nel ristorante e sono venduti oltre che nel punto vendita aziendale, nei Gruppi d’Acquisto Solidale di Viareggio e Pisa, da qui è nata l’esigenza di fornire anche il prodotto ortaggio, che è coltivato su quattro ettari di terreno che si trova a Vecchiano e che è stato concesso in comodato gratuito da parte di un privato.

Prospettive futureL’azienda è autosufficiente e riproduce quello che era lo stile di vita di una vec-chia fattoria: i tempi sono scanditi dal mondo agricolo, ma il tempo è importan-te e non va sprecato, quindi negli intervalli di tempo ci si dedica ad altri lavori. Ogni settimana macellano un maiale, la carne fresca la vendano allo spaccio aziendale e poi fanno insaccati rinomati nella zona per la loro bontà. Nella azienda hanno anche altri animali oltre a maiali, sono presenti infatti dei bovini, degli asini e dei cavalli, che sono stati accolti come gli altri ospiti e non per scopi produttivi. Inoltre c’è la produzione di olio, ortaggi, frutta, e viene prodot-to anche il miele, e poi hanno sempre al erra a Torcigliano dove viene prodotto anche un po’ di vino. Per i mangimi degli animali hanno in comodato gratuito a Viareggio dei campi che coltivano a mais, ma non arrivano all’autosufficienza, mentre arriviamo al-l’autosufficienza per il fieno, anche perché prendano campi nella zona da pulire, dove tagliano l’erba, la pressano, e lo mettiamo nei loro fienili. Inoltre hanno un accordo con dei forni della zona che gli forniscono il pane secco, che poi viene

utilizzato come mangime per i maiali. D’estate vengono accolti gruppi di ra-gazzi che lavorano la terranell’azienda durante la mattina, mentre nel pomeriggio svolgono attività cul-turali.Il mercato dei prodotti: si vende solo nello spaccio, gruppi d’acquisto sia nel pisano e nella zona di Viareggio, e anche in qualche negozio. C’è qualcuno che apprezza il fatto che si faccia agricoltura sociale e altri apprezzano solo il prodotto, i salumi sono molto buoni, e in realtà non riescono a

Problematiche riscontrateL’essere gia inserito in una rete di cooperative è un vantaggio non indifferen-te, soprattutto per il collocamento delle persone che hanno sviluppato un’esperienza con noi”. La Cooperativa la Ficaia è infatti inserita nella rete So&Co di Lucca, un consorzio di cooperative di tipo A e di tipo B, e grazie a questo consorzio riescono a poter sistemare e persone in esubero. Gli ospiti normalmente vengono inviati dal Tribunale dei Minori, mentre la realtà, cen-trata soprattutto sui problemi sociale dell’infanzia, non necessita di stretti rapporti con le ASL, con le quali collaborano più raramente. Altre categorie svantaggiate che vengono ospitate nella comunità hanno normalmente problemi derivanti da tossicodipendenza, prostituzione, e le problematiche che possono emergere sono quelle della normale gestione di queste persone. Qua imparano un lavoro, ma quando escono dalla coopera-tiva molte volte vanno a svolgere altri lavori, e manca una continuità lavorati-va di ciò che hanno imparato. I motivi sono vari, c’è sicuramente una man-canza di collegamenti con la rete del mondo lavorativo esterno. Don Bruno Frediani, grazie a suoi contatti personali, molte volte è riuscito a sistemare le persone in situazioni dal punto di vista economico migliori, soprattutto con le persone della cooperativa che avevano sviluppato un’esperienza lavorativa nel settore della ristorazione. I problemi invece nascono nell’inserimento lavo-rativo delle persone che si sono dedicate all’agricoltura o alla zootecnia. Ec-co che da questo lato le cooperative del consorzio So&Co corrono ai ripari, cercando di assorbire nelle loro strutture, queste persone. È importante che le persone possano avere la possibilità di proseguire un lavoro che hanno imparato, altrimenti tutto potrebbe risultare una perdita di tempo, o un siste-mazione momentanea. Per far ciò però serve anche lo sviluppo di un percor-

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Cooperativa Sociale La Ficaia

so formativo, attualmente la Cooperativa la Focaia non ha sviluppato un tale percorso, ma le richieste sono molte e intendono offrire un pacchetto di orien-tamento e di formazione in vista di una formazione professionale che possa rendere autonome queste persone

SAU aziendale 8 ettari

Personale Cooperativa 10 persone

Minori ospitati 7 ragazzi

Attività attuali Produzione di ortaggi, produzione zoo-tecnica di suini, macellazione e produ-zione di insaccati, Agriturismo e risto-razione

Riconoscimenti Contributi per accoglienza

“L’idea è venuta a seguito del percorso della mia vita”.....”potevo fare di più, ed ho deciso di iniziare questo viaggio”....” il fattore tempo è importante e

non va sprecato”. Don Brun Frediani

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Cooperativa Sociale Ponte VerdeAgente elenco: Clemens Seeberger

Indirizzo: Via T. Romagnola, 154 - Pontedera PI

Tel: +39 0587 53450

E-mail: [email protected]

WebSite: www.ponteverde.it

Una Cooperativa agricola

La Coop. Sociale Ponteverde nasce nel 1994 come azienda non profit con

l'intento di offrire un'opportunità reale di reinserimento sociale attraverso un percorso di tipo lavorativo, teso a coniugare:

•       qualità del servizio offerto al cliente nel settore del Verde, delle Pulizie, del Turismo;•       sviluppo di capacità relazionali, competenze professionali e senso di re-

sponsabilità nella persona svantaggiata.

La filosofia di base è quella di coniugare l’aspetto lavorativo con quello del re-cupero sociale di persone svantaggiate, attraverso il lavoro come strumento idoneo al reinserimento nel normale tessuto sociale. La cooperativa si trova

così a svolgere un duplice ruolo: quello di normale impresa e quello del re-cupero socio-educativo.

La definizione di cooperativa di tipo B viene data soltanto a quelle cooperati-ve che hanno al loro interno una percentuale di lavoratori/soci svantaggiati di almeno il 30%.

Facendo riferimento al quadro normativo in materia di Cooperative Sociali di tipo B l'articolo 1 della legge 381/91 contempla come soggetti svantaggiati

"gli invalidi psichici fisici e sensoriali, gli ex degenti di istituti psichiatrici, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, i condannati ammessi alle

misure alternative alla detenzione previste dalla legge in materia."

Un po’ di storiaL’intervento della cooperativa Ponte Verde si rivolge principalmente a perso-ne con problemi legati alle tossicodipendenze e nel corso degli anni, si è

esteso ad altre tipologie di svantaggio sociale permettendoci un allargamen-to dell'esperienza sul settore dell'handicap, della Salute Mentale, della Psi-

chiatria, della detenzione, delle altre dipendenze.la Cooperativa ha sempre avuto un rapporto di collaborazione con i Servizi Sociali dei Comuni e delle Aziende USL, dalle quali arrivano le richieste di

inserimenti lavorativi, al fine di definire dei "progetti individuali" di inserimento, attraverso la sottoscrizione di specifici protocolli d'intesa. Al fine di garantire

continuità per le attività sociali della Cooperativa, opera anche in collabora-zione con le Amministrazioni Pubbliche che, con lo strumento offerto loro dalla L. 381/91 e dalla LR. 87 del 24.11.1997, possono utilizzare la forma di

convenzionamento diretto con le cooperative sociali di tipo B, in deroga alla normativa che regola gli appalti, realizzando programmi e progetti di inseri-

menti lavorativi di persone socialmente svantaggiate.I punti di forza possono essere così sintetizzati:1. territorialità: l'esperienza maturata in questi anni e lo stretto legame con

altre cooperative fa della PONTEVERDE una realtà ben radicata sul terri­

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Cooperativa Sociale Ponte Verde

torio, di cui conosce i bisogni e i principali attori, sia nel settore sociale che in quello dei servizi commerciali offerti.

2. professionalità: dispone di professionisti con i titoli e le esperienze idonei a gestire e promuovere le commesse possedendo sia le competenze tecniche richieste dal servizio commerciale, sia quelle "trasversali", richieste dal fatto di

lavorare a contatto con persone svantaggiate, la cui gestione richiede accorgi-menti e conoscenze ulteriori;

3. competenza nel gestire percorsi di inserimento: la PONTEVERDE dispone di un'organizzazione complessa ed ha sviluppato un clima di accoglienza anche attraverso il lavoro di un educatore professionale appositamente dedicato, che

opera a stretto contatto con i referenti delle politiche sociale, da una parte, e con i soggetti coinvolti nell'inserimento, dall'altra.

L’Agricoltura SocialeIl rogetto nasce con l’obiettivo di promuovere innovazione responsabile e colla-

borazione nel campo della produzione agricola di qualità e nel campo delle po-litiche di inclusione e collaborazione sociale. Infatti questa iniziativa poggia su

un’idea di innovazione sociale secondo la quale la conoscenza e l’innovazione nascono dalla collaborazione multicompetente e dalla possibilità di legare ricer-ca e pratica in modo sempre più stretto. Questa idea è stata valorizzata dalla

creazione di una concertazione tra risorse pubbliche, obiettivi di ricerca e di innovazione, promozione di buone pratiche e di esiti inclusivi, realizzazione di

prodotti ad elevato contenuto di qualità alimentare e di dialogo sociale.Il progetto Orti E.T.I.C.I., cioè Orticoltura Economia, Tecnica ed Inclusione soCiale Innovativa, nasce dalla collaborazione tra il Dipartimento di Biologia

delle Piante Agrarie (Università di Pisa), Il CIRAA, l’azienda agricola BIO Co-lombini e la Cooperativa Sociale Ponteverde. Ogni soggetto coinvolto nel

progetto ha un suo specifico compito: Il Dip.Biologia delle Piante dell’UniPi-sa, attraverso un comodato d’uso, mette a disposizione le proprie risorse fondiarie; l’Az. Agricola Bio Colombini mette a disposizione la professionalità

agricola e la propria rete commerciale-solidare (GAS). Il CIRAA mette a di-sposizione la rete di informazioni sul tema dell’agricoltura sociale, e la Co-

operativa ponteverde, con la sua professionalità nel settore sociale ha il compito di progettare e condurre iniziative formative e riabilitative nei con-fronti di persone con bassa contrattualità lavorativa.

SAU aziendale 2 ettari

Personale Cooperativa 3 persone

Minori ospitati 4 ragazzi

Attività attuali Produzione di ortaggi di stagione

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Allegato

La rete provinciale: elenco dei partecipanti e protocollo della SdS della Valdera

Agricoltura sociale: principali tipologie di rapporti e strumenti di formalizzazione

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Allegato

La rete provinciale: elenco dei partecipanti e protocollo della SdS della Valdera

Nome Ente appartenenza

Mauro Gallevi ORISS- Organizzazione Interdisciplinare Sviluppo e Salute

Giacomo Sanavio Vice Presidente Provincia di Pisa, Assessorato Agricoltura e Forestazione, Turismo, Difesa Fauna.

Anna Romei Provincia di Pisa, Assessore Politiche del lavoro, Forma-zione professionale e permanente, Collocamento

Alberto Mariannelli Provincia di Pisa, Servizio Produzioni Agricole

Anna Rossi Provincia di Pisa

Marco Marchetti Provincia di Pisa

Patrizia Frangioni Provincia di Pisa

Giacomo Lorenzini Direttore CIRAA

Francesco Di Iacovo Vice Direttore CIRAA

Gian Paolo Soria Direttore GAL Etruria

Giovanni Forte Società Salute ValderaIvan Mencacci Sindaco Comune di Lari

Gino Melani Comune San Miniato

Bertelli Daniele Cooperativa Pegaso

Daniele Calosi Cooperativa Pegaso

Angelo Lippi Associazione Mondo Nuovo, Onlus Volterra

Silvia Bianchi Società della Salute VolterraLenzi Psichiatra Università PisaRossi Distretto AUSL5

Roberto Dones La Ficaia Cooperativa Sociale

Stefano Berti presidente CIA PISA

Serafino Lai CIA Pisa

Alessandro Colombina Azienda BIO Colombini

Michele Sargenti CIRAA

Andrea Bandinelli Cooperativa Viaggio Antico

Nome Ente appartenenza

Agr. Ghirardi Ettore Cooperativa Sociale Ponte Verde

Alessanfra Funghi Agronomo Libero Professionista

Angelo de simone Il Querceto

Ragnoni Renato Fattoria Sant'Ermo

Andrea Simonetti Istruzione Superiore SANTONI

Diana Gallo Associazione L'Alba

Nella Oggiano ARSIA

Dell'Aiuto Leonardo Slow Food

Orlando Rossi cooperativa Sociale ONLUS Lo Spigolo

Simona Brotini cooperativa Sociale ONLUS Lo Spigolo

Rosanna (progetto So-farm)

Pieri Edi Asl5 Dip.salute mentale Servizio Sociale

Ventura Viviana (progetto So-farm)

Marco Bignardi CTPB

Anrea De Angelis Veterinario libero professionista

Marco Veronesi Apa Pisa e Lucca

Simona Zerbinati Aiab

Paolo Alessandro Sgambati

 

Simone Solfanelli Direttore Col diretti

Marco Verdone veterinario Carcere Isola Gorgona

Sert Valdera  Sert Valdera

Paffi Usl 5

Cellesi Usl 5

Pietroni SDS Caldera

Vallini Enrico Coldiretti

Massimo Rosoni Provincia di Pisa consulente a progetto

M.Patrizia Latini Cooperativa L'Amaranto S.C.S. Coop.B

Donati Alessandro imprenditore agricolo

Riccardo Bandecchi az.agricola bandecchi

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Tabella 1: Agricoltura sociale: principali tipologie di rapporti e strumenti di formalizzazione

Soggetto responsabile del servizio Soggetto prestatore di attività Oggetto della prestazione Strumento di formalizzazione

Società della Salute, Conferenza dei Sindaci Soggetto di intermediazione (Associazione, ONG, Organizzazione di rappresentanza)

animazione facilitazione della diffusione del-l’agricoltura sociale

Piano integrato di salute, Convenzione, proto-collo d’intesa

Società della Salute, Conferenza dei Sindaci Esperienze di agricoltura sociale (aziende agri-cole e cooperative sociali)

Consolidamento rete di protezione sociale Protocollo e carta dell’agricoltura sociale locale

Centri per l’impiego Soggetto di intermediazione (Associazione, ONG, Organizzazione di rappresentanza)

Creazione di rete per l’inclusione lavorativa in agricoltura

Convenzione, protocollo d’intesa

ASL, DSM, Comuni, Cooperative sociali con-venzionate

Azienda agricola, Azioni di inclusione, formazione, percorsi tera-peutici

Convenzione (a fini assicurativi e/o compensa-tivi, e/o per copertura costo prestazioni)

Provveditorato agli Studi,Agenzie formative Azienda agricola, Azioni di educazione/ formazione mirata a fini sociali

Convenzione (a fini assicurativi e/o compensa-tivi, e/o per copertura costo prestazioni)

Centri per l’impiego Azienda agricola, Azioni di formazione ed inclusione lavorativa Convenzione (a fini assicurativi e/o compensa-tivi, e/o per copertura costo prestazioni)