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RELAZIONE PER IL CORSO Laboratorio di didattica della Fisica Anno accademico 2006/07 La luce: fenomeni di riflessione e rifrazione Allieva Francesca Tedone Classe 59

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RELAZIONE PER IL CORSO

Laboratorio di didattica della Fisica Anno accademico 2006/07

La luce: fenomeni di riflessione e

rifrazione

Allieva Francesca Tedone Classe 59

In relazione ai contenuti presenti nel seguente progetto didattico, ritengo che possa essere proposto

ad alunni di una classe terza della scuola secondaria di primo grado.

Lo spirito che anima questo progetto è quello di presentare il più possibile applicazioni concrete dei

fenomeni analizzati, per condurre i ragionamenti degli studenti su un piano reale e quotidiano,

evitando il rischio che ciò che viene presentato resti esclusivamente in una dimensione astratta, e

percepito dai ragazzi come distante dal loro mondo.

Gli obiettivi principali del progetto sono:

• Riconoscimento dei fenomeni della riflessione e della rifrazione (individuare raggio

incidente, raggio riflesso, raggio rifratto)

• Conoscenza delle principali caratteristiche di tali fenomeni

• Capacità di descrivere gli elementi caratteristici di un’onda

• Sviluppo della capacità di applicare la teoria alla realtà quotidiana per spiegare alcuni

fenomeni, come ad esempio la scintillazione stellare o la comparsa in cielo dell’arcobaleno

• Conoscenza e riconoscimento del funzionamento di strumenti che sfruttano fenomeni di

riflessione/rifrazione

Perchè il progetto possa essere svolto è necessario che gli studenti siano in possesso di alcuni

requisiti, necessari per la comprensione delle attività proposte.

Gli allievi devono avere già acquisito familiarità con il concetto di densità di una sostanza, la cui

variazione ha conseguenze importanti sui fenomeni che si andranno a presentare. Dovranno inoltre

essere consapevoli del fatto che la pressione atmosferica varia con l’altitudine, influenzando la

densità dell’aria.

Per quanto riguarda l’analisi geometrica dei fenomeni incontrati, gli studenti devono possedere il

concetto di perpendicolare, avere dimestichezza con gli angoli e con il goniometro per la misura

degli stessi.

Gli argomenti trattati si prestano a collegamenti interdisciplinari, in particolare con lo studio delle

Scienze della Terra.

Per la prima parte del modulo didattico ho scelto di trattare i fenomeni di rifrazione e riflessione

della luce senza scendere nel dettaglio della sua natura ondulatoria. Penso che sia più utile

introdurre queste precisazioni successivamente, quando gli esperimenti proposti metteranno

maggiormente in evidenza le conseguenze della natura ondulatoria della luce. Per mostrare le leggi

della rifrazione e della riflessione non è strettamente necessario trattare i raggi luminosi come onde:

credo che in questo modo si eviti una possibile confusione dovuta alla mancata applicazione

immediata della teoria all’esperienza pratica.

L’OTTICA GEOMETRICA

L’Ottica è la parte della Fisica che studia le proprietà della luce e la sua propagazione attraverso i

mezzi materiali; in particolare, l’Ottica Geometrica assume che la luce viaggi in linea retta ed

incontri ostacoli la cui dimensione sia molto maggiore della lunghezza d’onda della luce.

La direzione di propagazione di un fascio di luce viene detta raggio luminoso e schematizzata con

una semiretta. Quindi, una sorgente luminosa così piccola da poter essere considerata come un

punto (sorgente puntiforme) va pensata come un centro da cui partono in tutte le direzioni infiniti

raggi luminosi rettilinei.

L’Ottica Geometrica comprende lo studio di fenomeni ottici quali la riflessione e la rifrazione, che

verranno di seguito presentati.

RIFLESSIONE

L’argomento può essere introdotto in classe servendosi di uno specchio: in questo modo si porta

immediatamente il discorso su un piano reale. Le prime considerazioni che si possono fare

riguardano il fatto che i raggi luminosi che provengono dalla persona che si specchia “tornano

indietro” e sono percepiti dal suo occhio. A questo punto si può schematizzare il fenomeno con un

disegno, rappresentando con una linea retta i raggi luminosi che vanno dalla persona allo specchio e

viceversa.

Successivamente verranno proposte altre situazioni. Ad esempio si può chiedere agli studenti di

descrivere come varia l’immagine sullo specchio se questo viene inclinato.

Un’esperienza interessante può essere realizzata facilmente in classe: si posiziona uno specchio (S)

sulla cattedra, posta al centro dell’aula; di fronte alla cattedra vengono messi alcuni banchi in fila,

come in figura.

Sopra al banco all’estrema destra si posiziona un oggetto (OG). A questo punto si chiede agli

studenti di trovare il banco alla sinistra della cattedra dal quale è possibile vedere l’oggetto riflesso

nello specchio.

Si schematizza la situazione alla lavagna e si traccia il percorso dei raggi luminosi dall’oggetto

all’osservatore (OS).

L’esperienza descritta può essere un buon punto di partenza per presentare la legge della riflessione,

poiché tutte le spiegazioni seguenti trovano immediato riscontro nell’esempio sopra citato.

Viene detto riflessione il fenomeno ottico per cui un raggio luminoso che colpisce uno specchio (o,

in generale, una superficie riflettente) viene rimandato indietro nel semispazio dove si trova la

sorgente luminosa.

Il raggio che colpisce la superficie riflettente prende il nome di raggio incidente, mentre quello che

torna indietro prende il nome di raggio riflesso.

Nel punto in cui il raggio incidente colpisce la superficie, si può tracciare la perpendicolare alla

superficie stessa e definire due angoli: l’angolo di incidenza θ1, tra la normale e il raggio

incidente, e l’angolo di riflessione θ2, tra la normale e il raggio riflesso.

S

OG OS

Sperimentalmente si osserva che:

• l’angolo di incidenza θ1 è sempre uguale all’angolo di riflessione θ2;

• il raggio incidente, il raggio riflesso e la normale alla superficie riflettente nel punto di incidenza

giacciono tutti sullo stesso piano.

Se θ1 = 0, cioè se il raggio incidente cade perpendicolarmente sulla superficie, si ha θ2 = 0, cioè il

raggio incidente si riflette su se stesso.

RIFRAZIONE

Fino a questo punto sono stati considerati casi in cui la luce attraversa un unico mezzo: l’aria.

Il passo successivo consisterà nell’osservare cosa accade nei casi in cui la luce attraversa mezzi

differenti e passa, ad esempio, dall’aria all’acqua.

Si propone innanzitutto un’esperienza pratica, per il cui svolgimento occorrono un contenitore

pieno d’acqua e una torcia elettrica che emetta un fascio luminoso sottile. Si invitano a questo punto

gli studenti a dirigere il raggio luminoso sulla superficie di separazione dei due mezzi trasparenti

(aria e acqua). In questo modo potranno osservare il fenomeno che appare in figura.

L’insegnante a questo punto inviterà gli studenti a considerare le differenze tra i due mezzi

attraversati dalla luce, richiamando il concetto di densità (già affrontato dagli studenti).

Gli allievi possono osservare che quando il fascio luminoso passa da un mezzo meno denso (ossia

l’aria) ad uno più denso (ad es. l’acqua), la sua direzione di propagazione cambia bruscamente.

Schematicamente la situazione si presenta come segue:

Analogamente a quanto è stato visto per la riflessione, anche in questo caso è possibile fare

riferimento alla perpendicolare alla superficie di separazione e individuare gli angoli formati con

questa dal raggio “entrante” e dal raggio “uscente”.

A questo punto l’insegnante può introdurre i seguenti concetti:

- si chiama raggio incidente quello che giunge alla superficie di separazione dei due mezzi;

- si chiama raggio rifratto quello che passa nel secondo mezzo;

- l’angolo di incidenza (come già visto per la riflessione) è quello formato dalla perpendicolare

alla superficie di separazione e dal raggio incidente;

- l’angolo di rifrazione è quello formato dal raggio rifratto e dalla perpendicolare alla superficie

di separazione.

- viene chiamato rifrazione quel fenomeno ottico che avviene ogni qualvolta un raggio luminoso

attraversa la superficie che separa due mezzi trasparenti di diversa densità (per esempio, aria e

vetro, aria e plexiglas, plexiglas ed acqua, aria e acqua, ecc.)

In riferimento all’esperienza eseguita, gli studenti potranno osservare che nel passaggio dall’aria

all’acqua, il raggio luminoso si è avvicinato alla perpendicolare (cioè l’angolo di rifrazione è

minore dell’angolo di incidenza): sarà compito dell’insegnante collegare tale osservazione alla

differenza di densità tra i due mezzi, e spiegare che una situazione di questo tipo si verifica ogni

qual volta la luce passa da un mezzo a minore densità a un mezzo a densità maggiore.

L’insegnante farà riflettere gli studenti sul fatto che sicuramente essi hanno già avuto a che fare con

questo fenomeno, mettendo ad esempio un cucchiaino in un bicchiere d’acqua o immergendo un

bastone in un corso d’acqua, un lago o nel mare.

Se invece la luce compie il percorso inverso (per esempio, dall’acqua all’aria), il raggio rifratto si

allontana dalla normale e l’angolo di rifrazione è maggiore di quello di incidenza.

E’ interessante considerare anche il caso in cui il raggio incidente è normale alla superficie di

separazione dei due mezzi, cioè l'angolo di incidenza è nullo: il raggio penetra nel secondo mezzo

senza subire alcuna deviazione, per cui anche l’angolo di rifrazione sarà nullo.

In tale sede l’insegnante può introdurre il concetto di indice di rifrazione, n, definendolo come il

rapporto tra la velocità della luce nel vuoto, c (≈ 300.000 Km/s), e la velocità della luce nel mezzo:

1>=vcn

Sulla base di tale formula si può dedurre che n è sempre maggiore di 1, in quanto la velocità v in

qualsiasi materiale è sempre inferiore alla velocità c della luce nel vuoto.

Ogni mezzo di propagazione è caratterizzato da un indice di rifrazione, n, che, salvo casi del tutto

particolari (quali ad esempio alcol, benzina e petrolio), aumenta all'aumentare della densità del

mezzo stesso. L'aria, per esempio, possiede un n poco superiore a 1 (per definizione n=1 per il

vuoto); l'acqua ha n = 1.33; il vetro tra 1.4 (per quelli meno dispersivi) e 1.7; nel diamante, la

sostanza più dispersiva nota in natura, n è addirittura superiore a 2.4.

Esiste una legge fisica (nota come legge di Snell) che consente di calcolare l’angolo di rifrazione r

conoscendo la velocità di propagazione della luce nei due materiali e il loro rapporto, che coincide

con il rapporto fra gli indici di rifrazione:

senrseni

nn

vv

==12

12

Ovviamente in una scuola secondaria di primo grado la legge di Snell non è proponibile, almeno

non in questa forma. Sarà necessario riferirsi a deviazioni del raggio luminoso che avvengono non

sempre in ugual misura, poiché la deviazione dipende da una caratteristica del materiale, chiamata

indice di rifrazione. Quindi il raggio luminoso passando da un mezzo all’altro, potrà avvicinarsi o

allontanarsi dalla perpendicolare, e l’entità dell’avvicinamento o allontanamento dipenderà

dall’indice di rifrazione del mezzo.

Si possono presentare le due seguenti situazioni (rappresentate in figura):

- nel caso in cui n2>n1, il raggio rifratto si avvicina alla normale;

- nel caso in cui n1>n2, il raggio rifratto si allontana dalla normale e l’angolo r tende a diventare

sempre più grande fino ad assumere ampiezza 90°. L’angolo di incidenza i per il quale abbiamo

r = 90° si chiama angolo limite.

Dopo aver esaminato separatamente i due fenomeni di rifrazione e riflessione è doveroso osservare

che in realtà i due fenomeni si verificano contemporaneamente: quando un raggio luminoso incide

su una superficie piana di separazione tra due mezzi omogenei e trasparenti, una parte della luce

incidente viene riflessa e una parte viene rifratta, ossia:

Una volta chiarita la situazione illustrata in figura è interessante chiedere agli studenti cosa succede

se la luce incide con un angolo superiore all’angolo limite. Dalla discussione potrebbe emergere

l’idea che l’angolo rifratto sarà superiore a 90°, ma in questo caso si farà notare che se l’angolo di

rifrazione supera 90° il raggio non si propagherà più in acqua, ma eventualmente in aria.

Ciò che in realtà accade per angoli di incidenza maggiori dell’angolo limite è che non avviene

rifrazione, ma soltanto una riflessione: per cui il raggio verrà riflesso interamente. Questo fenomeno

si chiama riflessione totale.

E’ importante osservare questi fenomeni anche dal punto di vista energetico, considerando che se

parte del raggio incidente viene riflessa, verrà riflessa con essa parte dell’energia che il raggio

trasporta (energia luminosa) e che quindi il raggio rifratto trasporterà un carico energetico ridotto.

Tale osservazione diventa fondamentale se si vuole dare un risvolto pratico alle considerazioni

precedenti: infatti nel caso della riflessione totale non si ha rifrazione nel secondo mezzo, e quindi il

raggio riflesso trasporterà la stessa energia del raggio incidente; lo studio di questo fenomeno è

servito per sviluppare sistemi di trasporto dell’energia senza che vi siano perdite, come le fibre

ottiche.

Tali fibre sono costituite da fili molto sottili di vetro o di

plastica con le pareti estremamente lisce e regolari spesso

coperte da un sottile strato di materiale trasparente a basso

indice di rifrazione. La luce che vi penetra all’interno si riflette

totalmente (dato che hanno un angolo limite abbastanza basso,

42°) diverse volte sulla superficie laterale della fibra ed esce

all’estremità.

Le fibre ottiche vengono attualmente usate in medicina e nelle telecomunicazioni.

Osservazioni di questo tipo contribuiscono a dare un senso a quanto è stato sperimentato, poichè

conducono a cogliere uno dei motivi per cui è interessante scoprire l’angolo limite.

Per questo motivo ritengo importante che la trattazione teorica venga supportata, laddove possibile,

da esempi che gli studenti possono facilmente ritrovare nel mondo che li circonda o di cui sentono

spesso parlare.

Alcuni esempi

Scintillazione stellare

Un fenomeno che sicuramente gli

studenti hanno già osservato è il

“palpitare” delle stelle. Osservando una

stella si può notare come la luce

proveniente da essa appaia di intensità

irregolare, alternando momenti di

maggiore luminosità a momenti di

luminosità minore. La ragione di questo

fatto risiede proprio nelle dinamiche dei

raggi luminosi osservate negli

esperimenti precedenti. Il raggio luminoso che proviene da una stella, per arrivare al nostro occhio,

deve attraversare l’atmosfera terrestre che è composta da numerose cellule di aria a diversa

temperatura, il che implica per ogni cellula un indice di rifrazione leggermente diverso (si ricordi

che l’aria a diverse temperature presenta diverse densità). L’aria è in continuo movimento e le varie

cellule sono tutt’altro che statiche: perciò un raggio luminoso che attraversa l’atmosfera non seguirà

una traiettoria rettilinea, ma sarà soggetto a numerose deviazioni e verrà quindi continuamente

scomposto, ricomposto, indebolito e rinforzato, con il risultato che al nostro occhio la stella pare

mutare la sua intensità luminosa.

Per le stelle luminose basse sull'orizzonte, come Sirio, l'effetto viene enfatizzato a causa del

maggior strato atmosferico che la luce deve attraversare per giungere ai nostri occhi.

Rifrazione atmosferica

Gli studenti dovrebbero già essere a conoscenza del fatto che la pressione dell'aria, e con essa la sua

densità, decresce con l'altezza. Infatti, se al livello del mare un metro cubo d'aria pesa mediamente

1,29 kg, a 5500 metri il suo peso è ridotto di circa la metà. Basti ricordare che in alta quota l’aria è

più rarefatta e, infatti, si respira peggio: ne sono una conferma le immagini di alpinisti con le

bombole di ossigeno in Tibet a quote dove l’ossigeno è così scarso che si fatica terribilmente a

respirare e a svolgere attività fisica.

A questo punto si può ricordare che variando la densità dell'aria varia anche il suo indice di

rifrazione. Di conseguenza i raggi luminosi che provengono dagli astri devono attraversare,

nell'ultima parte del loro cammino, un mezzo non omogeneo di densità via via crescente, col

risultato che s'incurvano verso il basso.

Osservando la figura si possono fare alcune considerazioni:

Se la stella si trova in S, ad un osservatore O situato sulla superficie terrestre sembra che la stella sia

in realtà situata in S', ossia un poco più alta sull'orizzonte. L’osservatore colloca la stella in S'

perchè è portato a considerare che il cammino dei raggi luminosi avvenga in linea retta, senza

subire deviazioni nel mezzo atmosferico. Questa apparente elevazione prende il nome di Rifrazione

Astronomica e può assumere il valore massimo di 36' per gli oggetti prossimi all'orizzonte.

Allo zenit tale angolo è nullo in quanto i raggi giungono perpendicolarmente e non vengono quindi

deviati.

Per proseguire l’attività, a questo punto si rivela necessario un breve approfondimento sulle onde.

Si può iniziare chiedendo agli studenti qualche esempio di onde che conoscono (onde del mare,

onde sonore, onde sismiche..).

Un esempio di onda che può essere facilmente riprodotta in classe è quella prodotta facendo vibrare

una corda fissata al muro o tenuta da uno studente.

Questo esempio aiuta la visualizzazione degli elementi caratteristici di un’onda. Infatti un’onda è

caratterizzata da cinque grandezze fondamentali:

- l’ampiezza, cioè il massimo spostamento dell’onda in altezza;

- la lunghezza d’onda, λ, cioè la distanza tra due creste successive (ossia tra due massimi o tra

due minimi);

- la frequenza, f, cioè il numero di oscillazioni complete compiute in un secondo;

- il periodo, T = 1/f cioè l’intervallo di tempo in cui l’onda compie un’oscillazione completa;

- la velocità, V, di propagazione definita come V = λ/T = λ f.

Un punto da chiarire immediatamente, per evitare che gli studenti sviluppino un concetto errato di

onda, riguarda il fatto che un’onda trasporta energia e non materia. Per quanto riguarda il trasporto

di energia (a cui si era già accennato in precedenza), basta pensare all’esempio della corda per

rendersi conto che l’energia proveniente dalla persona a un capo della corda viene trasmessa via via

nei diversi punti della stessa, provocandone il sollevamento. Per la seconda precisazione occorre

un’osservazione un po’ più attenta: sempre in riferimento alla corda precedente, sarà necessario

notare che i vari punti vengono sollevati e riabbassati, ma non vengono trasportati insieme all’onda.

Si può pensare anche al caso in cui viene gettato un sasso in acqua: nel punto in cui esso cade si

forma un’increspatura di forma circolare, che si allarga con il tempo; sulla superficie dell’acqua si è

creata proprio un’onda che si propaga verso l’esterno e trasporta con sé energia, senza trasportare

materia. Infatti, basterebbe osservare un pezzo di legno galleggiante vicino al punto in cui il sasso è

entrato in acqua: questo oggetto non verrà trascinato dall’onda verso l’esterno, bensì oscillerà

attorno al punto in cui si trovava prima dell’arrivo del sasso

Si può concludere questa parte facendo notare che fenomeni molto diversi tra loro, quali il suono, la

luce, i segnali radio, i terremoti, hanno in comune la caratteristica di essere delle onde; si parla,

infatti, di onde sonore, di onde luminose, di onde radio e di onde sismiche. Tale caratteristica rende

applicabili a tutti questi fenomeni le caratteristiche viste per i raggi luminosi, che ora potranno

essere più correttamente chiamati onde luminose.

Per cui tutti i tipi di onde, non solo quelle luminose, sono soggetti a fenomeni di rifrazione e

riflessione. Questa caratteristica viene sfruttata in diversi campi: in geologia, per lo studio

dell’interno della terra ma anche nella pesca, per individuare la presenza di banchi di pesci.

L’insegnante a questo punto può scegliere di approfondire l’argomento analizzando uno dei

seguenti esempi, oppure di proseguire il percorso didattico proponendo l’esperienza della

scomposizione della luce bianca.

Approfondimenti

L’INTERNO DELLA TERRA

Questo approfondimento, unitamente a quello successivo, può rivelarsi molto utile se collegato al

programma di Scienze della Terra, che viene di solito affrontato nella classe terza.

La parte più esterna del nostro pianeta, quella su cui viviamo, è la crosta terrestre: ha uno spessore

di circa 40 km in corrispondenza dei continenti, ed è composta da rocce elastiche e leggere.

Le miniere e i pozzi scavati dall’uomo arrivano ad una profondità di pochi km, mentre il raggio

terrestre misura oltre 6000 km: pertanto non è possibile vedere direttamente cosa c’è all’interno

della Terra, ma bisogna servirsi di metodi indiretti. Tali metodi sfruttano le proprietà di riflessione e

rifrazione delle onde sismiche (vibrazioni che si producono durante i terremoti) che si propagano

all’interno della Terra: per questi studi vengono utilizzati strumenti molto sensibili, i sismografi,

che sono in grado di rilevare le onde sismiche, anche quelle impercettibili da un essere umano.

Nelle immagini possiamo vedere due diversi tipi di sismografo (verticale e

orizzontale) e un tracciato che indica il rilevamento di onde sismiche.

La velocità di propagazione di un’onda dipende dal mezzo attraverso il quale si propaga: in

materiali più densi l’onda viaggia a velocità maggiore rispetto a quanto accade per materiali meno

densi. I geologi calcolano la velocità di propagazione di un’onda misurando l’intervallo di tempo

impiegato dall’onda per attraversare il mezzo e dividendo la lunghezza del cammino percorso per

questo intervallo di tempo .

Le onde sismiche si propagano all’interno della Terra, proprio come le onde luminose si propagano

all’interno del contenitore d’acqua visto nell’esperimento. La Terra è formata da strati concentrici di

materiali diversi, aventi quindi densità differenti.

Se un’onda sismica si propaga nello strato più esterno, quando incontra la superficie di separazione

con lo strato successivo parte di essa verrà riflessa e parte rifratta, continuando il suo percorso nello

strato successivo. L’onda riflessa potrà essere rilevata da un sismografo sulla superficie terrestre.

Le onde sismiche che si propagano all’interno della Terra sono di due tipi:

- Onde P (prime): sono le più veloci e si propagano nei solidi, nei liquidi e negli aeriformi.

- Onde S (seconde): sono meno veloci delle onde P e si propagano solo nei solidi.

Dallo studio delle onde sismiche, anche provocate artificialmente e tenendo presente che esse

possono essere registrate a grande distanza dall’ipocentro, possiamo ricavare importanti

informazioni:

• le traiettorie descritte dalle onde sismiche nell’attraversare la Terra sono curve, e ciò

significa che la densità dei materiali attraversati cambia continuamente;

• la velocità di propagazione delle onde aumenta con la profondità, e ciò significa che

procedendo verso l’interno la densità dei materiali aumenta;

• a distanze notevoli dall’ipocentro, alcune zone della superficie terrestre non sono raggiunte

dalle onde sismiche (zone d’ombra), e ciò può essere spiegato solo ipotizzando che esistano

dei materiali in grado di rifrangere e/o riflettere le onde quando ne sono attraversati;

• a notevole profondità, la velocità delle onde cambia bruscamente, e ciò mette ancora in

evidenza che la densità dei materiali cambia in modo notevole, creando superfici di

discontinuità.

In seguito agli studi effettuati con tale tecnica, sono state individuate all’interno della Terra tre

importanti superfici di separazione tra materiali diversi, dette superfici di discontinuità.

La discontinuità di Mohorovicic (5-70 Km) separa due mezzi a diversa composizione: la crosta ed il

mantello.

La discontinuità di Gutenberg (2900 Km) separa due mezzi diversi per composizione e stato fisico:

il mantello che è solido dal nucleo esterno che è liquido.

La discontinuità di Lehmann (5100 Km) separa due mezzi di uguale composizione ma di diverso

stato fisico: il nucleo esterno liquido dal nucleo interno solido.

In base ai dati raccolti è stato possibile ipotizzare il seguente modello dell’interno della Terra:

ALLA RICERCA DEL PETROLIO

A questo scopo vengono utilizzate navi che trainano una sorgente di onde sonore e una serie di

idrofoni subacquei, strumenti in grado di captare tali onde. Le onde sonore emesse dalla sorgente

(un cannone ad aria) si riflettono sulle superfici di strati rocciosi sotto il fondo oceanico e vengono

captate dagli idrofoni. In questo modo, le onde riflesse permettono di “cartografare” le strutture

sedimentarie ubicate sotto la superficie terrestre, come faglie o pieghe, nelle quali può essere

presente il petrolio. In pratica, questa tecnica è capace di rivelare, nella disposizione geometrica

delle rocce sedimentarie sotto il fondo del mare, strutture che potrebbero essere trappole di petrolio

o di gas naturale.

UTILIZZO DELLE ONDE SISMICHE PER LA PESCA

I pescatori professionisti utilizzano l’ecoscandaglio: questo strumento sfrutta la riflessione di un

segnale acustico, ad alta frequenza, lanciato verso il fondo e rimbalzante su di esso.

Un trasduttore, fissato sotto all’imbarcazione, emette onde sonore e le riceve di ritorno: quando l’

impulso incontra un oggetto, come un pesce o il fondale, viene parzialmente riflesso verso l’

imbarcazione. La profondità dell’ oggetto o del fondo è calcolata dall’ecoscandaglio misurando il

tempo che intercorre fra l’ invio di un impulso e la ricezione del segnale riflesso.

Più il fondale è lontano, più tempo impiegherà la riflessione per tornare; il calcolo del tempo di

ritorno viene trasformato in valore, riportato dallo strumento sottoforma di numero o meglio ancora

di grafico.

SCOMPOSIZIONE DELLA LUCE

Inizierei questa fase del progetto presentando immediatamente un fenomeno che catturerà

l’attenzione degli studenti,e cioè la scomposizione della luce bianca mediante un prisma.

Per l’esperimento occorrono:

- un prisma di vetro;

- una torcia;

- un cartoncino;

- uno schermo.

Si pratica una fessura nel cartoncino che poi si dispone davanti alla torcia, in modo tale che il fascio

luminoso venga adeguatamente collimato sulla superficie del prisma.

Si dispone il prisma in modo tale che il raggio luminoso collimato, dopo essere passato attraverso la

fessura, colpisca una delle sue facce, lo attraversi ed esca da una delle facce non parallele alla

prima. Infine, si dispone lo schermo in modo che su di esso venga a formarsi lo spettro di

scomposizione della luce bianca. In questo modo si può far osservare ai ragazzi la striscia di colori

che si forma, in maniera analoga a quanto accade nel caso dell’arcobaleno, con una disposizione dei

colori nel seguente ordine: rosso, arancione, giallo, verde, azzurro, indaco, violetto. In pratica si ha

una situazione analoga a quella illustrata nella figura seguente:

La stessa esperienza può essere eseguita servendosi di un bicchiere d’acqua, una torcia e uno

schermo: si dispone la bottiglia di cristallo o il bicchiere pieno d’acqua tra la torcia e lo schermo in

modo tale che su di esso si formi lo spettro di colori che compongono la luce bianca analogamente a

quanto visto per il prisma.

Dopo che gli studenti hanno osservato il fenomeno e riflettuto sulle possibili rifrazioni che

subiscono le onde luminose che attraversano il prisma, si propongono le seguenti precisazioni.

La luce si propaga nel vuoto con una velocità c corrispondente a 3 ⋅108 m/sec. Quando la luce entra

in un mezzo omogeneo diverso dal vuoto, la sua velocità v diminuisce in accordo con la relazione

vista in precedenza a proposito dell’indice di rifrazione:

vcn = da cui

ncv =

Di conseguenza anche λ diminuisce.

La lunghezza d’onda della luce nel mezzo può essere espressa nel seguente modo:

nnfc

fv vuotomezzo

mezzoλλ ===

In base a questa relazione si osserva che n è inversamente proporzionale alla lunghezza d’onda.

Questo significa che se un raggio luminoso è formato da componenti caratterizzate da lunghezze

d’onda diverse, la rifrazione separerà tali componenti attraverso un fenomeno che prende il nome di

dispersione cromatica.

Infatti, quando un raggio di luce bianca (ossia una composizione di tutte le lunghezze d’onda

visibili) incide sulla faccia di un prisma di vetro o di quarzo, esso si scompone in modo tale che la

componente a lunghezza d’onda maggiore (ossia il rosso) verrà deviata meno, mentre la

componente a lunghezza d’onda inferiore (ossia il blu) verrà deviata maggiormente.

Per semplicità si può considerare il caso di un fascio di raggi luminosi costituito da due radiazioni

monocromatiche di lunghezza d’onda l1 > l2 che incide su un prisma con un angolo θ1.

Si verificherà una situazione di questo tipo:

Quando il fascio luminoso incide sulla prima faccia del prisma (ossia superficie di separazione aria-

vetro), esso verrà scomposto nei due raggi luminosi che corrispondono alle due lunghezze d’onda

differenti in maniera tale che quello a lunghezza d’onda inferiore verrà deviato maggiormente.

Quando i due raggi incontrano l’altra faccia del prisma (ossia la superficie di separazione vetro-

aria), questi verranno ulteriormente deviati per effetto del fenomeno della rifrazione.

L’angolo di deviazione δ esprime la capacità del prisma di separare angolarmente le diverse

componenti spettrali della luce che lo attraversa.

Le diverse componenti spettrali (ossia i diversi colori) vengono trasmesse secondo angoli di

deviazione diversi in funzione della lunghezza d’onda in modo tale che l’angolo di deviazione δ

cresce al diminuire della lunghezza d’onda λ.

Si può cogliere l’occasione per fare una breve parentesi sul colore degli oggetti che ci circondano.

Noi vediamo gli oggetti perchè essi sono raggiunti da onde luminose (quasi sempre si tratta di luce

bianca) che possono essere riflesse. Un oggetto colpito da un raggio di luce bianca può assorbirlo

completamente (apparendo nero), rifletterlo completamente (apparendo bianco) oppure

parzialmente. In quest’ultimo caso un oggetto ci può apparire rosso perché assorbe tutti i colori

della luce tranne il rosso, che viene riflesso e raggiunge i nostri occhi.

Il colore dei corpi trasparenti dipende dal colore del raggio luminoso che essi lasciano passare. Se

ad esempio vediamo un vetro di colore blu vuol dire che solamente il raggio luminoso di colore blu

è riuscito a passare. Se il vetro ci appare incolore vuol dire che esso è trasparente a tutti i tipi di

raggi luminosi.

La trattazione di questo argomento si conclude con l’analisi di un fenomeno che ogni studente ha

sicuramente potuto osservare almeno una volta: l’arcobaleno.

Dopo un temporale, molto in alto nell’aria restano moltissime goccioline d’acqua e quando il sole è

basso all’orizzonte (tramonto o alba), si può verificare il fenomeno dell’arcobaleno.

La chiave per capire il fenomeno è considerare che ogni gocciolina d’acqua funge da prisma,

scomponendo la luce bianca proveniente dal Sole. Il raggio di luce solare subisce una rifrazione

nell'attraversare, entrando, la superficie della goccia d'acqua, separandosi quindi nei colori dello

spettro, e poi questi incidono, dall’interno, sulla seconda superficie con un angolo maggiore

dell'angolo limite. Quindi si riflettono totalmente, per poi uscire di nuovo in aria all’indietro, dalla

stessa parte cioè da cui è entrato il raggio originario. In questo modo si ottiene la separazione nei

colori componenti del raggio di sole e si vede l'arcobaleno.

I vari colori dell'arcobaleno si hanno perché i raggi di diverso colore (diversa lunghezza d’onda)

non sono deviati dello stesso angolo: in questo modo la luce solare incidente, normalmente bianca,

viene scomposta nei suoi costituenti dal rosso al violetto

Capire il perchè della forma arcuata è invece un po’ più complesso.

Affinchè la luce solare ci appaia scomposta, l’angolo tra il sole e il nostro occhio (passando per la

goccia d’acqua) deve essere di circa 42°.

La ragione di questo è che esiste una distanza angolare ottimale dal centro dell'arco dalla quale

osservare agevolmente la scomposizione della luce, senza che questa appaia troppo dispersa ed

essere così percepita a fatica. Si può dimostrare matematicamente che questa distanza ottimale è

mediamente ( riferita cioè a tutti i colori ) di 21°. Dal momento che i raggi rossi si rifrangono meno

di quelli violetti, in base al percorso effettuato si vede che quelli all'estremità rossa si disporranno

all'esterno, mentre quelli violetti si troveranno all'interno.

Questo avviene per ogni singola goccia: dal momento che nell'aria sono sospese milioni di gocce,

solo quelle disposte sulla superficie di un cono con vertice nel punto d'osservazione e di ampiezza

pari a 42° (il doppio di 21°) saranno effettivamente responsabili della colorazione.

Il fatto che noi osserviamo una semicirconferenza è dovuto al fatto che per rimandare la luce verso

l'osservatore, completando la circonferenza, le goccioline dovrebbero trovarsi sotto l'orizzonte, cioè

sottoterra. Questo spiega anche perché, alle volte, risulta visibile solo uno spicchio di arcobaleno e

non tutto il semicerchio. Infatti se le goccioline di pioggia non coprono l'orizzonte per almeno 80

gradi rispetto all'osservatore, verso quest'ultimo non vi sarà rifrazione dei raggi luminosi dalla zona

di cielo non interessata dalla pioggia, cioè non vi sarà arcobaleno.

Anche le goccioline d’acqua presenti all'interno dell'arco invieranno al nostro occhio la luce

prodotta per rifrazione; ma questa avviene secondo tutte le possibili direzioni: i singoli colori si

sovrappongono casualmente e la luce risultante è bianca; tutto ciò che possiamo percepire è

un'intensità leggermente maggiore della luce all'interno dell'arcobaleno rispetto all'esterno.

Generalmente si osserva un altro arco colorato più debole, esterno al primo e coi colori invertiti.

Questo si forma da quelle goccioline all'interno delle quali la luce ha subito 2 riflessioni.

Per vedere questo secondo arco, l’angolo tra il sole e il nostro occhio (passando per la goccia

d’acqua) deve essere di 52 gradi e mezzo.

Non è necessario aspettare un temporale per vedere l’arcobaleno: è sufficiente trovarsi in una

situazione in cui la luce bianca subisca rifrazione da parte di goccioline d’acqua, e questo avviene

anche in prossimità di una cascata.

Prima di concludere occorre sottolineare che se ci si sposta osservando l'arcobaleno, questo sembra

seguire l'osservatore nel suo movimento, cosa che invece non accade se osserviamo una casa o un

edificio lontano (in termini tecnici si dice che l'arcobaleno non ha parallasse). Questo è dovuto al

fatto che mentre osserviamo un edificio lontano e siamo in movimento, la luce che ci raggiunge

proviene comunque dallo stesso edificio; al contrario, mentre osserviamo l'arcobaleno e ci

spostiamo, la luce che ci raggiunge è quella rifratta da goccioline sempre diverse. In altre parole è

come se nel nostro movimento osservassimo a ogni istante un arcobaleno diverso, da qui

l'impressione che l'arcobaleno si sposti con noi e l'impossibilità di raggiungere la tanto agognata

pentola d'oro.