ravenna in magazine - 3/2009

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Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in A. P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB - FILIALE DI FORLÌ - Contiene i. p. - Reg. al Tribunale di Forlì il 16/01/2002 n. 1 - E 3,00 Rita Mazzillo La Romagna mi ha conquistata Giuliano Babini Ibride tenerezze Dal mondo a Ravenna Trasferte di successo Lo Stato Pontificio 1859: un’estate “italiana”

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Un brindisi a Ravenna. “IN Magazine” lo fa insieme a Rita Mazzillo, cover di questo numero, che ci accoglie alla Ca’ de Vén, tempio dei sapori di Romagna, che questa signora, milanese di nascita e ravennate d’adozione, ha saputo in questi anni gestire in maniera brillante, rinnovandone anche gli spazi interni. Un viaggio nelle aziende del territorio “in controtendenza” c’informa su come la crisi, che sta colpendo l’economia a livello generale, cerchi di essere affrontata, da parte delle imprese di Ravenna e provincia, investendo in ricerca, prodotti, innovazione e in risorse umane . Siamo andati a visitarne alcune, per per conoscere la loro esperienza. L’arte vede protagonista il mosaicista e scultore Giuliano Babini, mentre l’articolo storico ci ricorda come, nell’estate di 150 anni fa, terminasse il dominio su Ravenna da parte dello Stato Pontificio, preludio all’annessione al futuro Regno d’Italia.

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RitaMazzilloLa Romagna mi ha conquistata

Giuliano Babini Ibride tenerezze

Dal mondo a Ravenna Trasferte di successo

Lo Stato Pontificio 1859: un’estate “italiana”

Anno VIII - N. 3 - AGOSTO 2009

Ravenna

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Una romagnola adottiva, ma che può ormai considerarsi nostra con-terranea a tutti gli effetti, apre que-sto numero estivo di “IN Magazi-ne”: è Rita Mazzillo, alla guida della Ca’ de Vén, locale tra i più celebri di Ravenna e non solo, metà di “in-digeni” e turisti, che lei ha saputo brillantemente condurre in questi anni, insieme ai suoi collaboratori, rinnovandolo profondamente.La storia della signora “de Vén” è davvero affascinante: abbiamo sco-perto come si sia pian piano appas-sionata alla Romagna, diventando-ne, dopo anni di lavoro nel settore della ristorazione, alternati all’ap-profondimento dei tesori storici e culturali del nostro territorio, una

delle sue più ferventi promotrici e rappresentanti.Ne risulta un fatto chiaro: chi arriva qui, fa poi molta fatica ad andarse-ne e comunque, se questo accade, se ne va con molto più di un bel ricordo. Ce lo confermano le sei donne straniere che abbiamo scel-to come testimonial dei tanti nuovi cittadini che, per scelta di vita o di lavoro, si sono stabiliti a Ravenna e che, con maggiore o minore dif-ficoltà, si stanno inserendo in un contesto sociale in cui ospitalità e accoglienza sono da sempre parole d’ordine.Ci sembra un bel segnale, special-mente ora, in cui c’è più che mai bisogno di gente che abbia voglia

di fare, d’impegnarsi seriamente. Le risorse umane, insieme alla continua innovazione, sono l’uni-ca strada percorribile per uscire, più forti di prima, dalla crisi mon-diale in corso. Abbiamo davanti al-cune settimane di meritata pausa, dopo una prima parte di 2009 non certo semplice; e l’autunno che ci attende sarà davvero decisivo, com-plicato quanto stimolante. Cosa ci aspetta davvero non è neppure op-portuno immaginarlo, perché gli ultimi mesi hanno scombussolato decenni di (false) certezze. Di sicu-ro Ravenna, e il territorio, hanno nel loro dna le risorse per farcela. E su questo numero abbiamo volu-to dare un piccolo segnale, positivo come è nelle caratteristiche della nostra rivista. Un breve viaggio tra alcune aziende “in controtenden-za”, che in questa fase economica hanno saputo rilanciare, investen-do in prodotti e uomini. La storia, l’arte, la gastronomia, insieme alle rubriche in chiusura di rivista, completano il numero, offrendo tanti altri ricchi spunti, che vi invitiamo a scoprire, conce-dendovi una pausa intelligente nel caldo d’agosto. Buona lettura!

Brindiamo alla Romagna

di Andrea Masotti

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Oreste

Capocasail poliziotto diventato Questore

Davide Salvadei Scrivilo sui muri

Virginio Cupioli Una città che non c’è più

Vittorio Pullè Veglio sui voli

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RitaMazzilloLa Romagna mi ha conquistata

Giuliano Babini Ibride tenerezze

Dal mondo a Ravenna Trasferte di successo

Lo Stato Pontificio 1859: un’estate “italiana”

Anno VIII - N. 3 - AGOSTO 2009

Ravenna

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Page 4: Ravenna IN Magazine - 3/2009

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Page 5: Ravenna IN Magazine - 3/2009

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www.inmagazine.it

[email protected]

Stampa: Graph S.N.C. - San Leo (PU)

Direttore Responsabile:Andrea Masotti.

Redazione centrale: Giulia Bazzocchi,Andrea Biondi, Francesca Renzi.

Progetto grafico: Lisa Tagliaferri

Impaginazione: Emanuele Dall’Acqua

Controllo produzione e qualità:

Isabella Fazioli, Alberto Mantellini,

Sara Ravaioli.

Ufficio commerciale:

Roberta Missiroli.

Collaboratori:

Lidia Bagnara, Roberta Bezzi,

Pier Antonio Bonvicini, Andrea

Casadio, Anna De Lutiis, Massimo

Fiorentini, Antonio Graziani,

Claudia Graziani, Massimo

Montanari, Aldo Savini,

Gianmaria Zanotti.

Chiuso per la stampa il 5/8/2009

Sommario3 Editoriale|

6 Annotare| Brevi IN

12 Essere| Rita Mazzillo

18 Approfondire| Aziende “in controtendenza”

22 Migrare| Dal mondo a Ravenna

26 Creare| Giuliano Babini

30 Ricordare| Lo Stato Pontificio

34 Gustare| Ristorante Luciano

40 Vedere| Nicola Samorì

42 Confidare| Stefano Rossi

44 Collezionare| Duilio Donati

46 Vincere| Alberto Servidei

48 Incontrare| Roberto Spadoni

50 Scegliere| Shopping

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Donazione del Rotary Club

Ravenna - “La barella doccia donata a maggio dal Rotary Club Ravenna

Galla Placidia è più che mai utile”, ha detto Liviana Maretti, coordinatrice

della Casa Protetta S. Chiara. La donazione del Club, resa possibile

grazie alla raccolta fondi effettuata nel corso della precedente annata

rotariana, rientra nei services attuati a favore della comunità locale.

A Riccardo Muti la chiave di Sarajevo

Sarajevo - Momento di grande commozione, la sera del 13 luglio,

quando il sindaco Alija Behmen ha donato al Maestro la chiave

della città. Alla fine del concerto, intitolato Children together, che ha visto affluire all’Olympic Hall Zetra

circa 9000 persone, Muti ha avuto il riconoscimento che testimonia stima,

fiducia e gratitudine da parte della città che nel ’97, a guerra appena

finita, aveva invocato la sua presenza e lo aveva visto accorrere e portare con la musica una nota di speranza,

come dicono le parole di Zlatko Dizdarevic: “Con l’Eroica abbiamo sconfitto, per la prima volta dalla

guerra, il dramma dell’umiliazione”. “Maestro Muti - da detto il Sindaco -

oggi le consegno la chiave della città ma la porta lei l’aveva già aperta 12

anni fa”. (A.D.L.)

Trofeo Anneau d’Or: Bartorelli celebra Patek Philippe

Una lunga notte fra l’oro dei Mosaici

Milano Marittima - Lo scorso luglio, in occasione di uno degli appunta-menti sportivi più glamour della Riviera romagnola, il prestigioso Trofeo Patek Philippe Anneau d’Or, all’Adriatic Golf Club di Cervia, le vetrine della boutique Bartorelli Gio-ielli hanno esposto le collezioni Pa-tek Philippe, tra cui quella presentata all’ultimo Salone di Basilea. Golfisti e appassionati d’orologi, inol-tre, hanno potuto ammirare anche al ristorante La Frasca 24 modelli in oro rosa, in occasione della cena organizzata per i clienti della maison Bartorelli: un abbinamento ideale tra alta cucina e alta orologeria.

Ravenna - La Notte d’Oro si rispec-chia nella luce dei mosaici. Una not-te da vivere insieme per le strade e le piazze della città: la grande festa dell’autunno, fino alle prime luci dell’alba. Sabato 10 ottobre si parte dal tardo pomeriggio. Quattro i per-corsi principali: il tema del Mosaico, oltre alle inaugurazioni del Primo Fe-stival del Mosaico Contemporaneo, accompagneranno il pubblico lungo il centro storico con mostre, installa-

zioni, laboratori e visite guidate. La Musica aspetta i visitatori in Piazza del Popolo alle 23, col concerto di Cesare Cremonini. Ma anche luoghi celebri come le antiche basiliche e i sagrati diventeranno palcoscenici musicali. Il terzo tema sarà dedicato a Racconto e Poesia: incontri con auto-ri, reading e laboratori di scrittura. Al Teatro Alighieri Ravenna Poesia alle 21 proporrà NonSoloSanRemo: poeti per la canzone, mentre Komikazen, Festival Internazionale del Fumetto di Realtà, racconterà attraverso le im-magini storie inconsuete. I chiostri della Classense accoglieranno le an-ticipazioni notturne dell’Open Day delle biblioteche. L’appuntamento col Mistero si svolgerà al Centro Con-gressi di Largo Firenze, con Eraldo Baldini e altri noti scrittori. L’incon-tro sarà preceduto dalla Passeggiata del Mistero, negli scenari di eventi de-littuosi accaduti a Ravenna nel corso dei secoli. www.lanottedoro.it.

Annotare | Brevi IN

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Rimini - “Comincian per lo ciel nove parvenze” (Paradiso, canto XIV, verso 71): torna dal 3 al 6 settembre 2009, con la direzione artistica di Davide Rondoni, Dante 09. La quarta edizio-ne, s’ispira a questo verso della terza cantica della Commedia. Il programma della manifestazione è come sempre denso: dagli incontri nel tardo pome-

riggio in Piazza del Popolo alle serate con protagoniste le arti, fra tutte la poesia. Tra i protagonisti: Alberto Be-vilacqua, Sergio Zavoli, Gianni Riot-ta, Italo Cucci, Anna Galiena, Remo Girone e Tosca. Dante09 si conclu-de con la terza edizione del Premio Casella. Il vincitore di quest’anno è David Riondino, artista poliedrico sempre attento al valore popolare e comune della canzone, tra ironia e canto. www.dante09.it

Il gladiatore dimenticato di Eraldo Baldini

Ravenna - Cosa lega la storia della città all’evento che esattamente

2000 anni fa fu uno dei grandi spartiacque della storia europea?

In un giorno di primo autunno del 9 d.C., le armate germaniche guidate

dal condottiero Arminio sconfissero nella selva di Teutoburgo, nella

Germania settentrionale, le legioni di Quintilio Varo, bloccando per

sempre l’espansione romana nel cuore d’Europa. Qualche anno dopo,

la moglie di Arminio, Tusnelda, fu catturata dai Romani, e il figlio nato in prigionia, Tumelico, venne

portato da Roma a Ravenna, dove visse la propria esistenza e,

secondo la leggenda diffusa nella cultura tedesca, divenne gladiatore. Instancabile ricercatore di tutto ciò

che è nascosto nelle pieghe della storia ravennate, Eraldo Baldini

dedica a questi eventi un agile ma ben documentato volume, dove la

vicenda di Tumelico è sottoposta a una disamina dall’ineccepibile rigore storiografico. Un libro che getta luce

su una storia dimenticata riscoprendo al contempo uno dei tanti aspetti che

nei millenni hanno intessuto la trama dei rapporti privilegiati fra Ravenna e

il mondo germanico. Eraldo Baldini, Il gladiatore dimenticato. Mito e

realtà nella vicenda di Tumelico, figlio dell’eroe germanico Arminio, Longo,

pp. 118, € 14,00. (A.C.)

Sapori, colori e profumi di Matteo Casadio

Rudy Travagli miglior sommelier di Romagna

Dante09 tocca al Paradiso

Cervia - “Con questo libro vorrei tra-smettere le emozioni che si possono provare vivendo per quattro stagioni tra saline, pineta, spiaggia e mare.” Sono le parole dello chef (e fotogra-fo) Matteo Casadio, alla guida del ri-storante Kalumet in centro di Milano Marittima, dove l’intera brigata di cu-cina si è trasferita in seguito all’incen-dio che ha distrutto la storica palafitta sul molo cervese. Cervia e Milano Marit-tima. Sapori Colori Profumi (Foschi Edi-tore, euro 28,00) non è solo un libro di ricette, perché l’autore ha affiancato a preparazioni e immagini dei piatti realizzati un ricco patrimonio fotogra-

fico della vita di Cervia e del territorio, fatto di tramonti sulle saline, campi di girasole, giorni di bonaccia e mare in burrasca. Un percorso emotivo tra ambiente, cultura, tradizioni e buona cucina. www.foschieditore.com

Rimini - Originario di Cervia, som-melier con esperienze professiona-li in ristoranti stellati in Toscana e

Inghilterra, attualmente Direttore del ristorante “Kalumet in centro” di Milano Marittima, Rudy Travagli è il Miglior Sommelier di Romagna 2009. La finale del concorso, si è svol-ta a inizio giugno al Grand Hotel di Rimini. Al secondo posto Vincenzo Donatiello, sommelier de La Frasca di Milano Marittima, mentre al ter-zo gradino del podio è salito Simone Rosetti, sommelier dell’Hotel Gallia di Milano Marittima.

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Una città raccontata e illustrata

Ravenna - Regina del silenzio. Così Pierluigi Moressa, medico

psichiatra e giornalista pubblicista, profondo conoscitore della storia

locale, appella Ravenna, alla quale è dedicata questa Guida storico-

artistica (Foschi Editore, 2009, pagg. 224, euro 15,00) arricchita dalle

illustrazioni di Sauro Rocchi. Con sapienza e sguardo ammirato i due

disegnano il profilo regale della città del passato e il suo splendore

presente, realizzando una guida preziosa per una visita alla città, ma

che sa evocare il fascino di luoghi, personaggi ed emozioni di uno dei

maggiori gioielli urbani d’Italia. www.foschieditore.com

“GiovinBacco” 2009 a novembre

Ravenna - “GiovinBacco in Festa”, appuntamento dedicato al Sangiovese

di Romagna, alla settima edizione, passa da due a tre giorni e porta espositori e visitatori al Pala De

André. Oltre all’offerta dei produttori, tornano laboratori del gusto, incontri

e iniziative collaterali. Altre novità, entrambe in cantiere per venerdì

6 novembre: la Festa del Novello e il Premio Piadina d’Oro. La Festa

è un appuntamento col vino nuovo, stappato e degustato con caldarroste,

ciambella e altre specialità del territorio. Il Premio Piadina d’Oro è

organizzato da CNA e Confartigianato per promuovere questo prodotto

tipico. Da venerdì a domenica (ingresso € 10,00 - riduzioni € 8,00)

esposizione e degustazione anche di prodotti d’eccellenza della Romagna

e dei più noti Presidi Slow Food del territorio. www.giovinbacco.it

La serata della Taranta al Pirata

Cervia - Amore per le tradizioni della terra salentina, desiderio di proporle in Romagna, dove hanno scelto di la-vorare, impegno umanitario: sono il mix che contraddistingue Francesco Iasi e Mario Buia, giovani titolari del ristorante Al Pirata. Dinamici perché hanno saputo coniugare buona cu-cina e iniziative culturali, legandole alla raccolta di fondi per aiutare chi è in difficoltà. Non ultima quella ef-fettuata recentemente a favore delle popolazioni d’Abruzzo. Inoltre, han-no un legame d’amicizia con l’Inter-

national Police Association di Ravenna, che aiuta i figli dei poliziotti caduti in missione, in particolare nei pae-si dell’Est. Tra le attività di maggior successo, che ripropongono anche quest’anno, il 25 agosto, la Serata del-la Taranta. Francesco e Mario, sulla scia dell’omonimo famoso Festival nel Salento, celebrano e contribui-scono a tenere viva la cultura di quei luoghi, favorendone la conoscenza attraverso la “pizzica”, musica che scandiva l’antico rituale di cura dal morso immaginario della tarantola, il pericoloso ragno velenoso. Al suono dei tamburelli si accompagnava un ballo ossessivo e ripetitivo, che con-tribuiva ad esaurire il veleno. Così, in una notte d’estate, trasformano il ristorante in una miniatura di suoni, sapori e colori del leccese, creando una magica e coinvolgente atmosfera. Il gruppo che quest’anno si esibisce è “Alla Bua”, nato nel 1990. (C.G.)

La foto di Licinio FariniRavenna - Poco sappiamo della vita di Licinio Farini (1840-1917), se non che era discendente di un ramo della nobile famiglia di Russi trasferitosi a Ravenna nel ’700, che era laureato in Matematica e Storia Naturale, che insegnò per anni all’Istituto tecnico e al Liceo classico. Quello però che abbiamo ricevuto da lui è un patri-monio culturale: circa 1200 negativi fotografici su lastre di vetro che im-presse, a fine ’800, nella sua attività di fotografo dilettante, con ritratti, nature morte e soprattutto vedute pa-esaggistiche scattate fra campagna, città e mare. Donato dagli eredi al Comune di Russi nel 2001, il fondo è stato re-

centemente oggetto di una mostra e sarà in futuro disponibile on line in OPAC. Il volume edito per iniziativa del Comune ne presenta un piccolo campione, con un apposito corredo di interventi critici coordinati da Giuseppina Benassati. Il mondo in una stanza. Licinio Farini fotografo pittorialista, a cura di Giuseppina Be-nassati, Longo, € 25,00. (A.C.)

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Milanese d’origine, ravennate d’adozione. Rita Mazzillo, prima donna sommelier professionista in Romagna e chef, ci racconta la sua affascinante storia e i progetti futuri legati al celebre locale che gestisce ormai da qualche anno, tra gli emblemi del nostro territorio.

testo Anna De Lutiisfoto Lidia Bagnara

La signora “de Vén”

Essere | Rita Mazzillo

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Intervistarla è stato un piacere per-ché il suo parlare, veloce, concreto, razionale, corrisponde esattamente al suo modo di muoversi, rispondere e servire i clienti, sempre attenta ad avere la visione completa di quanto accade in quello che oggi è il suo regno: la Ca’ De Vén. RitaMazzillo è persona eclettica che, fuori dal-la portata di piadina e affettati, sa parlare con disinvoltura dei monu-menti di Ravenna, delle numerose attività culturali che qui si svolgono, dei personaggi della città. Edirecheèravennatediadozione. “Sono mi-lanese d’origine. Frequentavo l’uni-versità dove conobbi mio marito, siciliano. Lui si laureò. Io, invece, non terminai gli studi. Trovò lavoro a Ravenna, nel settore industriale: si occupava di progettare i carichi sulle navi, e qui venimmo ad abita-re. La prima abitazione fu a Milano Marittima ma io raggiungevo Ra-venna ogni mattina per portare a scuola i bambini. Era una città che mi stava stretta, se confrontata con Milano: parliamo di una Ravenna di circa 40 anni fa. Ma, nell’attesa che i bambini finissero le lezioni, cominciaiagirareperlevie,peripiccolivicolichemiaffascinavano,visitavochieseemonumenti; giorno dopo giorno, imparai a conoscerla, forse meglio degli stessi ravennati, me ne innamorai e, anche quando ci furono occasioni per trasferirci, decidemmo di restare qui.”Sorprende davvero quanto ci rac-conta perché, quando non è tradita dall’accento, Ritasembraromagno-la,anziravennate,perilsuomodosicurodiparlaredelletradizioni,deipiattitipici,deivini. Conoscere la

città le ha permesso, in seguito, un inserimento più veloce, soprattutto quando vi si stabilì definitivamente. Spesso si recava alla Drogheria Bel-lenghi, che l’affascinava non solo per quanto vi si poteva acquistare ma per il luogo in sé, parte del noto edificio storico, Palazzo dei Polen-tani, in seguito Palazzo Bellenghi, edificato presumibilmente prima del 1318 (come scrive Corrado Ric-ci) da Guido Novello, ma soggetto a ripetuti interventi che ne hanno modificato parzialmente la struttu-

ra. Rita racconta di essersi soffer-mata spesso a guardarsi intorno, ad ammirare gli affreschi ottocen-teschi della volta “a ombrello” in cui si rincorrevano graziosi motivi ornamentali che spaziavano dai se-gni zodiacali agli uccelli tipici del territorio a paesaggi, tutti compresi in festoni decorativi. “Pensaisubitochesarebbestatobellosefossedi-ventatounristorante, ma mai avrei immaginato che questo mio pensie-ro sarebbe diventato realtà.” Intan-to, col passare del tempo, Rita, don-

Rita Mazzillo ritratta alla Ca’ de Vén: la sua gestione ha rappresentato una svolta per il locale.

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na instancabile, aveva iniziato a lavorare a Bologna come chef, dopo aver frequentato scuole specializzate nel settore, conservando il ricordo di famiglia di un’antica osteria gesti-ta dai nonni. Fu allora che ebbe l’idea di un piccolo risto-rante, “Ai Capannetti”, nel romantico vicolo omonimo, che in breve tempo divenne punto d’incontro per discutere di cultura e arte, di musica e politica, mangiando piatti raf-finati fatti con prodotti tipici, e gustando ottimo vino. “Ai Capannetti venivano letterati, vennero Vittorio Sgarbi, To-nino Guerra, Simona Marchini, Vittorio Gassmann, molto spesso Cristina Muti coi suoi ospiti, molti artisti dopo lo spettacolo, perché avevo dato al piccolo locale una impron-ta raffinata ma allo stesso tempo disinvolta e l’apertura si prolungava fino a tardi. Si andò avanti per circa 14 anni durante i quali ebbi modo di allargare le mie conoscenze e inserirmi ulteriormente nell’ambito cittadino.” IlpassaggioallagestionedellaCa’deVénavvennequandoPasqualePe-troncini,cheavevarappresentatol’animadellocale,vennemenoinaspettatamenteeprematuramente; fu allora che l’Ente Tutela Vini le chiese di subentrare perché vedeva in lei le necessarie capacità per dare nuovo input al ristorante e far “decollare” i vini romagnoli: nel frattempo, infatti, la curiosità e il desiderio di conoscere a fondo le cose aveva portato Rita a frequentare numerosi corsi dai quali era uscita diplomata sommelier, qualifica che ha ulteriormente

completato al punto di diventare, come lei stessa conferma, laprimadonnasommelierprofessionistainRomagna. Ma la conoscenza dei vini l’ha portata ad appassionarsi alla ricerca e riscoperta di quelli fatti con vitigni autoctoni, come il Burson e a programmare incontri per gruppi “ri-dotti” per la degustazione di vini, anche quelli provenienti da altre regioni e paesi, scoperti personalmente, senza mai trascurare il Sangiovese, che ritiene a pieno diritto il re dei vini di Romagna.Rita scherza sulla necessità di saperne sempre di più e cita una frase di Edoardo De Filippo “Nella vita gli esami non finiscono mai”. Il suo arrivo alla Ca’ de Vén diede una svolta non solo al menu abituale, che andò ad arricchirsi, ma an-che al modo di bere vino, al bicchiere, per degustarlo con

Un sogno? Tavoli all’aperto

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tranquillità guardandosi intorno e gustando a pieno l’atmosfera calda e accogliente che caratterizza il lo-cale. Cominciò anche a caldeggia-re l’idea della ristrutturazione non solo della zona cucina ma anche del soffitto del cortile, che oggi sfoggia una volta di cristallo architettoni-camente complessa ma perfetta ed elegante, opera progettata dall’ar-chitetto Mauro Ruscitti con la col-laborazione dell’Ente Tutela Vini di Romagna. “La ristrutturazione è stata lunghissima e impegnativa, siamo andati avanti per un anno. Era necessario seguire da vicino il lavoro delle maestranze perché solo chi avrebbe lavorato nel locale pote-va conoscerne le esigenze. Trascor-revo intere giornate a seguire loro e, affacciandomi sul portone, a ri-spondere alla consueta e insistente domanda ‘ma quando riapre la Ca’ de Vén?’. È stato necessario interve-nire anche sui tubi che forniscono acqua calda e sul circuito elettrico. Certamente il restauro più visibile riguarda gliaffreschi,oggidavverosplendentineilorocolorioriginali, ma all’interno sono state davvero tante le modifiche, che oggi rendo-no il locale più funzionale.”Rita non si arrende ancora e, dal momento che le mancava la cono-scenza specifica dei formaggi si è

iscritta all’Università di Piacenza dove si tiene un corso di perfezio-namento proprio sulle origini e le caratteristiche dei formaggi. Le chiediamo se ha nella sua fer-vida mente un ulteriore progetto. Risponde senza esitazione: “Il mio è un sogno, più che un progetto, vorrei tanto poter far respirare all’aperto la Ca’de Vén, con tavolini fuori, nella stradina laterale Guido da Polenta, in modo da accontenta-re chi ama mangiare la piadina al fresco, oppure sotto le stelle. Ci stia-mo muovendo in questa direzione, speriamo di avere il permesso dai

vari organi competenti.” Sarebbe bello poter rivivere l’atmosfera di una volta, quando poco distante si ergeva la locanda Rizzetti (oggi al suo posto c’è la Biblioteca Oria-ni). Dove aveva soggiornato Byron, che aveva sorseggiato un vino forse meno buono di quello di oggi, sedu-to al tavolino, proprio in Piazza San Francesco; ammirando, in quella che oggi è denominata “Zona del Silenzio”, i luoghi che avevano ospi-tato Dante mentre scriveva la Com-media; e mentre attendeva di incon-trare Teresa Guiccioli, la donna di cui si era innamorato. IN

Rita insieme alle sue due preziose collaboratrici, Maria Grazia Guidi e l’americana Yvonne Doris Moulder. Sotto, scorcio delle librerie e del soffitto affrescato del locale.

La Ca’ de Vén oggi

Gestita da Rita Mazzillo, con la valida collaborazione di Maria Grazia Guidi e da Mrs. Moulder, la sua cucina dalla nascita ad oggi si è andata arricchendo di numerosi piatti, basati essenzialmente su prodotti locali. Partita con vino, piadina e affettati oggi offre anche cappelletti al ragù oltre a vecchie e nuove ricette frutto di una continua ricerca e di un continuo confronto e collaborazione tra Rita e lo chef Gianni Avveduti. C’è un angolo particolare, un po’ appartato, con piccoli tavoli schermati da una libreria con libri che raccontano di vini, cucina e tradizioni. È per chi si ferma a bere un bicchiere e trascorrere mezz’ora chiacchierando, per l’intellettuale che ama centellinare i pensieri insieme al vino, per chi cerca un angolo discreto per rilassarsi leggendo il giornale e sbirciando, di tanto in tanto, chi affolla il locale, mentre si diletta al profumo della piadina preparata, poco più in là, da mani esperte.

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In una fase economica in cui disoccupazione e calo dei profitti sono sempre più all’ordine del giorno, la provincia di Ravenna si dimostra territorio ancora fecondo. Lo testimoniano alcune aziende locali, che nei loro rispettivi settori, progettano nuovi prodotti e investono per crescere ancora.

testo Roberta Bezzi - foto Massimo Fiorentini

La crisi batte, noi Rispondiamo

Disoccupazione, aumento dei co-sti, calo della produzione: questo è il nuovo vocabolario della recessio-ne. Eppure la provincia di Ravenna si dimostra un territorio fecondo sotto il profilo imprenditoriale con aziende di varie dimensioni e ope-rative in diversi settori che vanno controtendenza. A cominciare da un colosso che qui ha uno dei suoi stabilimenti, il GruppoMarcega-glia che scommette sulla ripresa del mercato dell’acciaio. La sede ravennate si appresta a raddop-piare laproduzioneedassumerenuovopersonale. Il progetto pre-vede interventi d’ampliamento per circa dieci ettari coperti, di cui sei sono già stati realizzati. Si stanno completando i lavori relativi ai ca-pannoni e sono partiti quelli per gli impianti. Il tutto per un inve-stimento complessivo che supera i 300 milioni di euro. La lavorazione dell’acciaio passerà da 1,2 milioni di tonnellate annue a 2, mentre i

processi di zincatura arriveranno a un raddoppio della produzio-ne, passando da 800 mila tonnel-late a 1,6 milioni. Attualmente nello stabilimento di via Baiona lavorano 700 dipendenti diretti ai quali si aggiungono altre 300 unità (fra facchini e dipendenti di aziende varie). Al termine dei lavori, il Gruppo guidato da Steno ed Emma Marcegaglia prevede di assumere direttamente altri 300 dipendenti, mentre il personale terzo è destinato a raddoppiare. La prima ondata d’assunzioni arrive-rà nel 2010 e interesserà soprattut-to tecnici del comparto meccanico e dell’elettronica.Sul fronte dell’innovazione, meri-ta una citazione la ravennate ChicTrading che nel 2007 ha lanciato Napkin, nuova linea di prodotti e accessori compressi, protetti da modelli di design tutelati in tutta Europa e in diversi paesi al mon-do, pratici, moderni ed efficienti,

adatti a svariati usi: dai ristoranti ai centri estetici, in auto, per il ba-gnetto e il cambio del neonato, per il trucco e l’igiene personale, ma anche per le pulizie domestiche e in viaggio. Tecnicamente si tratta di telini in viscosa 100% naturali e biodegradabili, liofilizzati e ridotti ai minimi termini, alla stregua di una compressa. La “magia” inizia quando entrano a contatto con l’acqua e si reidratano del 400% in pochi secondi, con un effetto sbalorditivo per chi se li trova da-vanti.Spostandosi a Castelbolognese c’è la Comecer che, nata negli anni ’70, ha iniziato creandosi una grande esperienza nel nucleare, progettando e realizzando per Enea prodotti per il contenimento e la protezione da radiazioni nelle centrali. Negli anni ’80, a seguito del cambio di politica, in Italia, nei confronti dell’energia nuclea-re, l’azienda ha trasferito il proprio

Approfondire | Aziende “in controtendenza”

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A fianco, da sinistra, Luigi Bravi mostra la linea dei prodotti Orva vita, nuova gamma dell’azienda di Bagnacavallo; Alessia Zanelli negli stabilimenti di Comecer di Castelbolognese. Sotto, Giorgio Del Prato, AD di Deco Industrie di Bagnacavallo. In apertura momenti di lavoro alla Unitec di Lugo e alla Deco.

know-how nel settore medicale, in particolare sulle nuovetecnologiedidiagnosticaoncologica. L’orga-nico attuale è di oltre 160 unità e il trend di fatturato è di crescita costante. “Siamo leader su scala mondiale nel radiofarmaceutico, esportando il 70% del prodotto - spiega il direttore generale Alessia Zanelli. Le prime otto università al mondo, che sviluppano ricerca nella medicina nucleare, utilizza-no laboratori Comecer. Fra i no-stri abituali partner nella ricerca ci sono importanti atenei americani, come quelli del Wisconsin e MD Anderson di Houston, mentre in Italia ricordiamo il San Raffaele di Milano e l’Istituto Europeo di Oncologia.” Negli ultimi anni, Co-mecer si è impegnata a fondo an-che nella “Isolation Technology”, ovvero la realizzazione di isolatori che garantiscono la perfetta ste-rilità delle linee di produzione di farmaci.A Bagnacavallo, Deco Industrierappresenta un’oasi felice per in-vestimenti e occupazione. Uno sguardo ai dati è significativo. Dal

2002 a oggi il fatturato, equamen-te suddiviso fra settore alimentare e detergenza, è cresciuto da 57 a 92 milioni di euro, mentre sono stati investitioltre17milioniinin-novazionediprodotto,diprocessoedifferenziazione (soprattutto con l’acquisizione dello stabilimento e del marchio Scala nel 2003). Posi-tivo anche il versante occupazione, con un aumento di oltre il 50% con quasi 350 dipendenti, di cui più della metà soci della coopera-tiva. La carta vincente del 2009 è la nuovalineadibiscottisalutistici“EasyLife”, frutto di una lunga ri-cerca nata nel 2005 in collabora-zione con le università di Milano e Bologna, e cosiddetti “Biscotti ric-chi” e di pasticceria, con farcitura di creme. “Malgrado l’incremen-to dei prezzi delle materie prime e dei costi effettivi di produzione, siamo riusciti a gestire questo trend negativo con interventi mirati sul-la produzione - ha illustrato l’am-ministratore delegato Giorgio Dal Prato. A seguito della dismissione di una linea alimentare poco pro-duttiva, quella dei cracker, si è

dato più spazio a quella nuova dei biscotti e alla produzione di deter-sivi industriali con il marchio Scala Professional, con cui è stato avviato il progetto Detergenza I&I, in col-laborazione con Dubois Chemical. A ciò si aggiunge l’attenzione per la riduzione dell’impatto ambientale con imballaggi più leggeri, riciclati e riciclabili. In questo modo, siamo riusciti ad aumentare il fatturato e il margine operativo lordo.”Sempre a Bagnacavallo, ha appena festeggiato i trent’anni di attività l’Orva, diventata industria di pri-maria importanza nel comparto dei pani morbidi e sostituti del pane, imponendosi sul merca-to con proprio marchio e come copaker di aziende leader della grande distribuzione e dell’indu-

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stria. In collaborazione con Isti-tuti universitari e con il CNR, ha sviluppato unagammadiprodottiadaltocontenutotecnologico, dal pane salutistico della linea Orva vita, con il betaglucano che aiuta a ridurre il colesterolo, al pane e piadina ricche di fibre per il benes-sere dell’intestino, alla linea Orva bio. “Le caratteristiche che hanno permesso la crescita - commenta il titolare Luigi Bravi -, si possono riassumere in tre elementi fonda-mentali. Offrire dei plus rispetto ai concorrenti agendo sulla leva del rapporto qualità-prezzo, ga-rantire un servizio veloce nell’eva-sione degli ordini e, soprattutto,

sfruttare la leva della creatività e fantasia delle risorse umane, vale a dire innovazione. Entro fine anno sarà installata una nuova linea completamente automatica per la produzione del pane per tramez-zini, con un investimento di oltre due milioni di euro, e l’organico verrà ampliato.”Ha sede a Lugo, invece, la Unitec, leader internazionale nella costru-zione di macchine e impianti per la lavorazione dell’ortofrutta che, in quindici anni, ha moltiplicato per dodici il proprio fatturato, portandolo da 1,5 a 18 milioni di euro. Nonostante la crisi, l’azienda continua tutt’ora ad assumere ed è la prima a cogliere al volo l’inizia-tiva “Premio Ipr”, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio

di Imola e da Innovami, che mette a disposizione 100 mila euro alle impreseimpegnateinprocessidibrevettazioneinternazionale.Meritano una segnalazione anche altre due piccole aziende raven-nati, a cui sono andati gli oscar dell’eccellenza della CNA Emilia Romagna, per aver ottenuto le mi-gliori performance nel 2008 grazie all’adozione di pratiche manage-riali innovative. Si tratta di DeltaSrl che progetta, produce e instal-la quadri elettrici di distribuzione e automazione e di EnergyCasa, fondata nel 2003 da sette soci, che opera nel settore dell’installazio-ne e manutenzione di impianti di riscaldamento e condizionamento, specializzandosi nell’ambito del ri-sparmio energetico. IN

A fianco, rotoli di acciaio negli stabilimenti ravennati di Marcegaglia.

Sotto, alcuni prodotti della linea Napkin Bathrobe, realizzati dalla

Chic Trading di Ravenna.

L’assemblea 2009 di Confindustria Ravenna

L’assemblea annuale di Confindustria, per il presidente Giovanni Tampieri, è stata l’occasione per far luce su come affrontare l’attuale crisi economica. “Non ci sono

alternative all’economia di mercato che ha dimostrato di essere il modello migliore di produzione e distribuzione della ricchezza - ha spiegato lo scorso 19 giugno. Oggi gli stati sono chiamati a ridefinire le regole e a garantirne il puntuale rispetto lasciando

però all’impresa e al mercato il compito di produrre ricchezza, creare innovazione, scoprire nuove frontiere. Guai a teorizzare una nuova statalizzazione.” Il territorio

ravennate è fatto di piccole e medie imprese che, secondo Tampieri, devono continuare a crescere attraverso internazionalizzazione e innovazione per rimanere competitive. Ha poi ricordato il progetto Ravenna2030 - Il futuro è adesso, lanciato nel settembre 2008, che vuol essere “il contributo degli imprenditori ravennati per il futuro sviluppo

socio-economico del territorio nei prossimi decenni.”

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Mosaicista, impiegate, regista, ricercatrice

e cameriera. Queste le occupazioni di sei

cittadine straniere che hanno scelto Ravenna per lavorare e, in certi

casi, stabilirsi. Le abbiamo scelte come rappresentanti della

popolazione straniera femminile presente in

città e nel territorio in numero sempre

maggiore.

testo Antonio Graziani - foto Lidia Bagnara

Trasferte di Successo

StephanieJurs, americana della Ca-lifornia, fa la mosaicista. GiuliannaCampodonicoDelgado, italo - peru-viana, è impiegata presso un’agen-zia di spedizioni portuali. MennaPrice, gallese, fa la regista teatrale. ShimritPerkolFinkel, israeliana, ha una borsa di studio come ricerca-trice. LoFatouBoro, senegalese, è impiegata presso la CNA. Marce-laMovileanu, doppia nazionalità, moldava e romena, ha un contrat-to stagionale da cameriera. Sono unarappresentanzadelledonnechehannosceltoRavennaperviverciesvolgervilaloroattività, professio-nale, artistica e culturale.Stephanie si è spostata dall’Ameri-ca, una decina d’anni fa, assieme al marito col quale già aveva una bot-tega per il mosaico, portandosi die-tro anche i due figli. Sono venuti a Ravenna per soddisfare il desiderio di approfondire le tecniche dell’ar-te musiva. “Abbiamo comprato una casa con annesso un piccolo stu-dio e pensiamo di stare qui per un po’ di tempo. Chiederemo la cit-tadinanza italiana per i figli. Usia-mo regolarmente la bicicletta per i nostri movimenti. La macchina l’abbiamo comprata soltanto dopo tre anni, ma la usiamo poco.” Un trasferimento che comunque non ha risentito alla loro attività: Ste-phanie e suo marito hanno ancora tutti i loro clienti dagli Stati Uniti.

Giulianna Campodonico Delgado, 45 anni, padre italiano e madre del Perù, è venuta in Italia, per la prima volta, vent’anni fa, quando aveva già venticinque anni. È di nuovo in Italia da tre anni e fa l’im-piegata in un’agenzia di spedizio-ni portuali. “Ma nonèstatofacilel’inserimentonell’ambiente citta-dino - dice. All’inizio la gente mi guardava con sospetto, ma io sono andata avanti per la mia strada, e il rapporto delle persone nei miei confronti è cambiato.” Il problema maggiore è stato quello di avere il riconoscimento del titolo di studio d’ingegnere in computer, ottenuto nel suo paese. “Quando sono anda-ta all’Ufficio di Collocamento mi hanno qualificata ‘analfabeta’, per-ché il titolo non era riconosciuto in Italia. Non mi sono arresa e sono riuscita ad ottenere, dopo lunghe traversie, la qualifica di Ragionie-ra.” Per migliorare la sua posizione lavorativa ha anche frequentato un corso sul commercio estero. A Ravenna, Menna Price, gallese di 41 anni, nata a Cardiff, fa la regista teatrale. Era la sua professione an-che in Gran Bretagna. È a Ravenna da nove anni. “Sono venuta per im-parare la lingua e hocollaborato,comeregista,conRavennaTeatrodiMarcoMartinelli. Mi sono innamo-rata degli splendidi mosaici, che non conoscevo prima - racconta.

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Migrare | Dal mondo a Ravenna

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A fianco, la mosaicista Stephanie Jurs col marito nello studio annesso alla loro casa; nell’altra pagina Lo Fatou

Boro, impiegata in CNA. In basso, da sinistra, Marcela Movileanu, cameriera

romena; Giulianna Campodonico Delgado, impiegata italo-peruviana; la

regista gallese Menna Price; la biologa israeliana Shimrit Perkol Finkel con le

sue due figlie.

Ravenna è una città piena di cul-tura e di arte”. In Italia si è sposata cinque anni fa, un piemontese che lavora come grafico e DJ. Menna ha realizzato, in Gran Bretagna, progetti teatrali di grande impor-tanza e spettacoli televisivi. Redige anche articoli di critica teatrale per giornali gallesi. Sta continuando a lavorare con gruppi di giovani del Teatro della Gioventù Nazionale del Galles. A Ravenna ha in corso un progetto coi ragazzi della se-conda media della scuola Guido Novello. Menna ha un obiettivo: realizzareunlegametralaculturaitalianaequellagallese. “Per quan-

to mi riguarda, ci sto riuscendo: possiedo due case, una a Cardiff e una qui.”Shimrit Perkol Finkel, laureata in Israele in biologia è giunta a Raven-na con unaborsadistudiobiennaledelprogrammaeuropeo“MarieCu-rie”, da realizzare presso la facoltà di Scienze Ambientali. Resterà in città ancora per un anno. Sta svol-gendo unaricercasuuntipodial-ghe,quasiestintoinAdriatico. “È un tipo di alga, si chiama cystoseira, importante per l’ambiente. Forma un habitat per alcune qualità di pe-sci, che senza quest’alga non vivreb-bero.” Non conosceva Ravenna, in

cui circola in bicicletta, con le sue bimbe. Le piace il centro storico e avere il mare vicino. Dopo Ravenna tornerà a Tel Aviv o si trasferirà ne-gli Stati Uniti.Lo Fatou Boro è nata a Dakar, in Senegal. Ha 37 anni. Sposata, con una figlia di cinque anni, ha dop-pia cittadinanza, avendo sposato un italiano. Ha conseguito la lau-rea in lingue straniere ad Algeri. A Ravenna da quasi dieci anni, sioc-cupadell’ufficioimmigrazioni“CNAnel mondo” e sbriga le pratiche per la permanenza in Italia, aiutando connazionali e altri stranieri quan-do vogliono creare un’impresa.

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“Ho collegamenti coi miei conterranei attraverso l’As-sociazione provinciale senegalesi, aiutandoli quando hanno bisogno, e faccio da ponte tra loro e le istituzioni locali. L’immigrazione senegalese è molto diversa dalle altre etnie - spiega. Salvo rare eccezioni, restano in Italia per periodi più o meno lunghi, ma nessuno per sem-pre. A volte fanno ritorno in Italia, ma poi rientrano in patria.”Marcela Movileanu, nata in Moldavia 32 anni fa, ha la doppia nazionalità, moldava e romena. Laureata in eco-nomia giuridica, è in Italia da quattro anni. Dall’inizio di maggio fa la cameriera in una frutteria. Ha un contratto per quattro mesi. Èinlistad’attesaperunimpiegodopountirociniopressouncentrodiformazioneprofessionalepersegretariaperlacontabilitàgenerale.Per rimanere in città si è tuttavia adattata a svolgere lavori manuali. Ha fatto la badante, la donna delle pulizie, la commessa in una bancarella di dolciumi. Ma qua si trova bene. Ha anche trovato un ragazzo, col quale convive a San Pietro in Campiano, una frazione della campagna ravennate. “Penso che non tornerò più in Moldavia. Speroditrovareunlavorostabile. Sarà difficile che lasci Ravenna.” IN

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Creare | Giuliano Babini

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Una forma d’arte innovativa, quella di Giuliano Babini, che riunisce insieme scultura e mosaico. Opere uniche che mescolano la tradizione della tecnica alla particolarità delle forme, creando un senso di stupore, spaesamento, ma, allo stesso tempo, infinita dolcezza.

testo Aldo Savinifoto Massimo Fiorentini

Ibride Tenerezze

Nel corso degli anni Settanta il cli-ma culturale ravennate, sull’onda dei fermenti provocati dai movi-menti di protesta e contestazione sociale ed anche del sistema dell’ar-te, vede l’aperta contrapposizione tra schieramenti: da una parte chi sosteneva con convinzione la tra-dizione e non era disposto a met-tere in discussione il linguaggio, le modalità e le forme espressive dell’arte, e dall’altra chi auspicava la definitiva rottura con l’eredità del passato in favore dell’innova-zione e di ardite sperimentazioni. GiulianoBabini s’inserisce nel pieno del dibattito senza esitazioni, con-vinto nello specifico della neces-sitàdirivitalizzareilmosaiconelquadrodiunradicalerinnovamentodell’arte, per sottrarlo all’origina-ria funzione puramente decorativa che, in ultima analisi, lo relegava a pratica artigianale. La contamina-zione poteva essere una soluzione praticabile. Così, mentre i mosai-

cisti storici ravennati si impegna-no nell’esecuzione dei mosaici moderni, attenendosi fedelmente ai cartoni di pittori di fama rico-nosciuta, ora esposti nel chiostro al pian terreno del MAR, Babini si concentra sulla sperimentazione delle valenze puramente pittoriche del mosaico. Dalla ricerca hanno origine veri e propri quadriibridi che si caratterizzano per le sugge-stive atmosfere di respiro natura-listico. Sono paesaggi facilmente identificabili con rocce, case e al-beri, talvolta immersi nelle tene-bre notturne, sempre vagamente definiti nelle linee essenziali, nei quali è assente qualsiasi traccia di presenza umana. Questi lavori rivelano come il mosaicista debba essere indubbiamente abile nel possesso della tecnica, ma che non possa prescindere da una persona-le poetica ideativa e creativa che dia vita a soluzioni visive estetiche, tali da consentirgli di rivendicare

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iltitolodiartista. L’inquietudine e la costante insoddisfazione per gli esiti della ricerca lo inducono ad abbandoni e spostamenti d’in-teresse: si profila il momento della pittura e di un confronto diretto con le tendenze più avanzate del panorama artistico internaziona-le, soprattutto con la nuova figura-zione tedesca, e contestualmente con il design industriale a cui non sembravano estranee prospettive imprenditoriali.Nel ’96 è impegnato nella rea-lizzazione musiva della tomba di Rudolf Nureiev per il cimitero russo-ortodosso Sainte Genevieve des Bois di Parigi. Il tappeto ispi-rato all’iconografia kilim, morbi-damente drappeggiato, allegge-risce la solidità della sagoma del sarcofago con sorprendenti effetti cromatici e di luce, ottenuti con l’utilizzo di una ventina di tonalità di rossi, una decina di ori e una gran varietà di bianchi e azzurri. Da questo momento la sua attività si orienta verso opereincuisiar-monizzanosculturaemosaico, con il conseguente abbandono della superficie bidimensionale propria del mosaico di tradizione. Animal

Skin del 2003 è un ciclo in cui pel-li di animali sono reinterpretate a mosaico ad imitazione della pel-le di mucca o giraffa, nei quali la dimensione piana, ma non rigida, è ancora evidente. Da quell’espe-rienza, quasi per evoluzione, na-scono i lavori più recenti: lepellisonoadagiatesupiccolesculture, ne ricoprono plasticamente l’in-volucro ad imitazione sensibile e pittorica, tanto che sembrano in attesa di farsi accarezzare. Fa ec-cezione il “bucranio”, dove la pelle bruciata e carbonizzata dopo un processo metamorfico di fossiliz-zazione diventa corazza, elemento superstite di un passato forse glo-rioso. La componente trasgressiva e dissacratoria si accentua, quindi, verso soluzioni ludicamente provo-catorie che potrebbero sconfinare nella banalità del kitsch, ma si ri-vestono di una forte carica espres-siva visivamente ed emotivamente coinvolgente, come per gli anima-letti domestici, dai nomi eroici: la gattina è chiamata Onoria, come la figlia di Galla Placidia, e i piccoli cani Narsete e Totila, protagoni-sti della guerra gotico-bizantina che nel VI secolo ebbe profonde ripercussioni proprio a Ravenna. Sonopiccolesculturemosaicate,omosaiciscultorei, che nella dimen-sione ibrida, anche per la commi-stione tra passato e presente, tra storia e quotidianità, trovano una straordinaria forza espressiva ras-sicurante, pur ironica, ma tale da produrre spaesamento, stupore e tenerezza. IN

Giuliano Babini al lavoro su una delle sue sculture mosaicate. In apertura, l’artista di Lugo in mezzo ad alcuni dei suoi “animali”. A fianco, un cagnetto appoggiato sopra scatole di tessere colorate.

La carriera dell’artista

Giuliano Babini, nato a Voltana di Lugo nel 1951. Dopo l’Istituto d’arte per il mosaico di Ravenna si diploma all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Nell’81 fonda a Ravenna insieme a Enzo Tinarelli l’Associazione culturale “Spazio G”, punto di riferimento di giovani artisti locali. Esegue mosaici moderni presso lo studio “Il Mosaico” di Carlo Signorini. Dal 1991 al ’96 è direttore artistico della “Galleria Rasponi Arte Contemporanea” e dello Studio Akomena insieme a Francesca Fabbri. Attualmente si dedica all’insegnamento, collabora con Gallerie d’arte e aziende e prosegue la ricerca artistica con la creazione di sculture/mosaico, esposte recentemente presso l’atelier “Emme Di” a Ravenna in Via Salara 33.

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Un anniversario importante per la città: nel giugno di 150 anni fa veniva ufficializzata la “liberazione” dal dominio pontificio, che segnò la fine dello Stato della Chiesa a Ravenna e l’entrata nel futuro stato unitario d’Italia.

testo Andrea Casadio

Estate1859,centocinquant’annifa:quelladellafinedeldominioponti-ficio e dell’ingresso di Ravenna in quello che sarebbe diventato di lì a poco lo Stato unitario italiano. Era un appuntamento al quale la cit-tà, e la Romagna, giungevano più che mature. Restaurato in maniera posticcia, dopo la parentesi napo-leonica, e scosso dalle rivoluzioni del 1831 e del ’48-’49, il governo pontificio sulla regione, sostenuto solo dalla presenza delle armate austriache, era svuotato dall’inter-no di ogni prestigio e di ogni legit-timità. Mentre il resto dell’Europa viveva il “miracolo” del telegrafo e delle ferrovie, gli anni ’50 erano stati un “decennio perduto” per la Romagna. Ormai screditato di fronte a ceti dirigenti e popolari delle città, il governo della Chiesa poteva contare solo sul sostegno delle campagne, che però, per sua sfortuna, non facevano “opinione pubblica”.In questo contesto, le fila dei movi-menti d’opposizione si erano rapi-damente riorganizzate, dopo il ’49, secondo due direttrici principali.

Daunapartelatendenzapiùnazio-nalistaerepubblicana,compostaingranpartedagiovaniepopolani;dall’altraquellaliberaleefilo-pie-montese,checomprendevasoprat-tuttonotabilidellanobiltàedellaborghesia. Quando, col governo di Cavour, il Piemonte si impose come la stella polare della riscossa nazionale, mentre i venti di guer-ra tornavano a soffiare impetuosi, anche in Romagna i repubblicani decisero di rinunciare temporane-amente alla propria pregiudiziale ideologica per unirsi ai liberali, or-ganizzati da Torino nella “Società nazionale”. A Ravenna, la fusione fu decisa in una riunione svoltasi la sera dell’8 dicembre 1858 nel palazzo di GioacchinoRasponi, che portò alla nomina di un comita-to unico con a capo il padrone di casa, uno dei più prestigiosi espo-nenti dell’aristocrazia cittadina.Venne infine la primavera 1859, e l’inizio di quella che nella storia del Risorgimento sarebbe stata chiamata la “seconda guerra d’in-dipendenza”. A conferma della totale abulia del potere vigente,

incarnato dal “delegato aposto-lico” mons. Achille Maria Ricci (“uomo di non gran mente, ma di indole assai mite e di modi af-fabili”, scrisse molti anni dopo in una memoria manoscritta Luigi Guaccimanni, protagonista degli eventi), in città il reclutamento dei volontari per il fronte piemontese avvenne alla luce del sole e senza alcuna opposizione. Al tempo stes-so, però, mentre attorno tutto pre-cipitava, la vita sociale continuava secondo i ritmi abituali, scandita da quelli lunghissimi della reli-gione. Il caso volle che proprio in quelle settimane cadesse il secon-do centenario della traslazione della Vergine del Sudore, patrona della città. Il triduo celebrato dal 28 al 30 maggio, con messe solen-ni in duomo e processione con le autorità, il clero e le confraternite, con i ceri e il suono di tutti i cam-panili, non si era svolto in manie-ra molto diversa cento o duecento anni prima. Questa volta, invece, fu l’ultima rappresentazione della “Chiesa trionfante” della Restau-razione, mentre sui campi del Ti-

1859: un’estate “Italiana”

Ricordare | Lo Stato Pontificio

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cino le prime sconfitte degli Au-striaci decidevano del suo destino.La mattina del 12giugno, il comita-to romagnolo della Società nazio-nale era riunito nella villa Laderchi di Prada, nei pressi di Faenza, per decidere il da farsi, quando giunse la notizia che Bologna, abbando-nata dalle truppe austriache, si era ribellata e aveva proclamato la so-vranità del Piemonte. Alritorno,quelpomeriggio,irap-presentanti ravennati trovaronola città in preda all’agitazione esull’orlodellarivolta. Monsignor Ricci non aveva potuto fare altro che schierare una compagnia di carabinieri nella sala del palazzo e attendere gli eventi. Incontratosi coi membri del comitato, si accor-dò per essere avvertito preventiva-mente di ogni mossa, in modo da poter partire spontaneamente e pacificamente. In questo clima, ilsolecalavaperl’ultimavoltasullaRavennapontificia: erano passati 44 anni dalla restaurazione del potere papale, esattamente 350 dalla conquista da parte di Giulio II, 1103 da quando il re dei Franchi Pipino il Breve aveva per la prima volta concesso alla Chiesa la sovra-nità formale sulla Romagna.

C’è da scommettere che, per mol-ti, quella fosse una notte insonne. Probabilmente lo fu anche, nella sua villeggiatura di Coccolia, per GiuseppePasolini, liberale filo-pie-montese e futuro presidente del Se-nato del Regno d’Italia. Nella sua veste di gonfaloniere (equivalente del sindaco) alle prime luci del 13 giugno si presentò da monsignor Ricci per accogliere il commiato dell’ultimo governatore pontificio. Fattolo accomodare nella sua car-rozza, lo accompagnò nell’ultimo viaggio attraverso la città, oltre porta Sisi e ponte Nuovo, fino a S. Apollinare in Classe, dove i due si congedarono con una cordiale

stretta di mano. Intanto, a Raven-na, la folla aveva invaso festante la piazza, armata solo di tricolori, mentre sulle colonne comparivano i primi proclami che annunciava-no il passaggio dei poteri a una Giunta provvisoria, formalmente nominata dal Municipio e compo-sta da Gioacchino Rasponi, Ippoli-to Gamba e Domenico Boccaccini. Come primi atti, la Giunta istituì una Guardia civica e decretò di unirsi a quella di Bologna, condi-videndo con questa la richiesta di annessione al Regno di Sardegna. La caduta del governo pontificio, dunque, fu un evento incruento, una festapiùcheunaribellione. Non altrettanto poté dirsi a Cer-via, dove le truppe papaline di stanza a Ravenna, uscite dalla cit-tà nonostante gli inviti della folla alla diserzione, ingaggiarono uno scontro a fuoco con la popolazio-ne che causò alcuni morti. Un più grave pericolo per Ravenna si profilò pochi giorni dopo, il 17 giugno, quando all’orizzonte del

Nel 1509 l’inizio del dominio

Per una singolare bizzarria della storia, nel 2009 ricorrono anche i 500 anni dall’inizio del dominio pontificio. Già nell’anno 756 Pipino il Breve, dopo avere sconfitto i Longobardi, aveva concesso al pontefice la sovranità formale sui territori ex bizantini. La svolta ci fu però col “papa guerriero” Giulio II. Già padrone di gran parte della Romagna, nel 1508 si alleò con l’imperatore e la Francia nella Lega di Cambrai, per sottrarre a Venezia i restanti territori della regione, in particolare Ravenna, dal 1441 governata dalla Serenissima. Nella primavera 1509 le truppe del duca di Urbino Francesco della Rovere, alleato del papa, dopo avere assalito Russi si accamparono presso il mausoleo di Teodorico. Dopo avere fallito un primo assalto alla rocca Brancaleone si preparavano all’assedio, quando giunse la notizia della sconfitta veneziana ad Agnadello, e dell’accordo con cui la Serenissima cedeva i territori romagnoli alla Chiesa. Era un imprecisato giorno di fine maggio. Salvo due parentesi (un breve ritorno dei veneziani nel 1527-30 e la temperie napoleonica fra 1796 e 1815), iniziava un dominio concluso 350 anni e una manciata di giorni dopo.

A fianco, da sinistra, Giuseppe Pasolini e Gioacchino Rasponi; in apertura il proclama ufficiale della Giunta provvisoria di governo, datata 13 giugno 1859. Riproduzione effettuata su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Archivio di Stato di Ravenna, aut. n. 8/2009.

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Dismano comparve il profilo minaccioso di un corpo di oltre 5000 austriaci (in realtà soldati di nazionalità ita-liana e ceca) provenienti da Ancona e diretti in Veneto. Mentre in città i tricolori venivano deposti in tutta fretta, e mentre la Giunta si ritirava per precauzione nella villa di Rasponi a Savarna, toccò ancora a Pasolini recarsi al “casino Forani”, presso ponte Nuovo, dove le truppe era-no accampate, ad affrontare il comandante austriaco, generale Mollinary. Alla fine fu raggiunto l’accordo che le truppe sarebbero state rifornite senza entrare in città, e così avvenne; uniche divise bianche ad aggirarsi nelle strade furono quelle di Mollinary e di altri ufficiali, che trovarono il tempo di fare turismo lasciando traccia del proprio passaggio nel registro dei visitatori della tomba di Dante. Il giorno dopo i soldati ripartirono, e quello strano 17 giugno restò solo una parentesi (fonte di mal-celato imbarazzo) nella “rivoluzione” dei ravennati. In realtà, la sorte della città e della Romagna era ancora ben lontana dall’essere definita, perché i suoi destini si decidevano altrove, sui campi di battaglia e nelle cancel-lerie dei governi europei. Intanto, come rappresentante dello stato sabaudo giunse il 24 luglio il marchese Ema-nuele Luserna di Rorà, con la carica di “commissario straordinario” della provincia e poi di “intendente ge-nerale” per la Romagna. Il 20 settembre fu Garibaldi in persona a visitare la città che esattamente dieci anni pri-ma lo aveva salvato durante la Trafila, e alla quale rivolse un affettuoso discorso di saluto dal balcone del palazzo del governo. Due giorni dopo si recò a Mandriole, dove riesumò le spoglie di Anita per trasferirle a Nizza.Forse, in quell’estate, nulla simboleggiò la consunzio-ne del potere della Chiesa meglio del rincrudire della “morbosa affezione al cuore” che da tempo tormentava l’arcivescovo Chiarissimo Falconieri. Il 22 agosto, l’uo-mo che da 23 anni reggeva la cattedra di S. Apollinare accolse infine la morte a lungo attesa. La processione con cui la salma fu trasportata dal palazzo in duomo, svoltasi all’imbrunire alla luce dei ceri, fu il simbolo di un’epoca che tramontava. Dopo qualche mese, l’11 e 12 marzo 1860, il “plebiscito” con cui i romagnoli votarono la definitiva annessione avrebbe sancito la fine di quei mesi di passione. A quel punto, come si dice in questi casi, cominciava davvero un’altra storia. IN

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Gustare | Ristorante Luciano

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Cambia la sede ma non il menù che ha reso celebre il locale. Verrete allora a Cesenatico al Ristorante Luciano, nuova destinazione della gastronomia di mare, per aprire un’altra stagione della tavola, non soltanto estiva. Quindi, saporose paste fatte in casa e poi invitanti astici, aragoste, rombi e pesce azzurro. Senza dimenticare le crudità del pescato. E per chiudere in gloria, le golose torte della casa.

testo Pier Antonio Bonvicini foto Gianmaria Zanotti

Carta Canta

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Quand’ero più giovane, era una consuetudine pranzare a Cesena-tico nelle feste comandate. Allora c’erano i cuochi, quelli che oggi chiamiamo chef. Il paesaggio toc-cava l’anima, il pesce azzurro il palato. Ora raggiungo raramente la città, ma quando capito ritrovo l’atmosfera dei tempi andati. Arri-varequisignificarendereomaggioaVittorioBoldrinieGiorgioSapo-retti,duecolossidiquestarinoma-taristorazione,chepartedagliuo-minidelmare,sapendobenecheilorosaperisonostatiunaereditàpertutti. Quindi non è un caso se quest’anno un cesenaticense sia giunto secondo al concorso per il miglior cuoco di bordo dei pesche-recci italiani, alla Fiera Internazio-nale del pesce di Ancona. Perciò, se rimarrete in zona, il RistoranteLuciano alimenterà (se l’avete) il vostro entusiasmo per il mare. È in via Mazzini 33 (mai di lunedì e di martedì a pranzo), quasi di fronte al Teatro Comunale, dove un tem-po c’era l’Hotel Savini. Ad aprirlo

ci ha pensato il romagnolo Ernesto Rossi, noto ristoratore del luogo, uno di quelli che quando parla di cucina sa di cosa parla. In realtà, per Rossi, si tratta di un cambio di sede. Dall’Hotel e Risto-rante Pino, che ha diretto con altri soci per una ventina d’anni, a que-sta nuova destinazione, poco di-stante dalla precedente. Ma è negli anni Sessanta che Rossi, detto Lu-ciano, muove i primi passi nell’ho-

tellerie e cosi è in più alberghi della riviera, e poi anche in Abruzzo. Seguono altre iniziative a Madon-na di Campiglio, l’apertura di un ristorante nella zona e “Pino”, sul finire degli anni Ottanta. Quellaristorazioneclassica,tradizionale,legataalmare,laritroviamoanchenellanuovasede,elegante,curataerisalenteall’Ottocento,incuicisisenteaproprioagio.Purestavoltailportocanaleèvicinomaèvicina

In apertura, Ernesto Rossi con la moglie Maria Celina e le due figlie

Monica e Samuela. A fianco, la sala più grande del Ristorante.

La ricetta: tagliolini al ragù bianco di pesce

Ingredienti per 4 persone: 400 gr. di tagliolini fatti in casa, 1 carota, 1 zucchina, 4 canocchie sgusciate (crude), 8 mazzancolle sgusciate (crude), 4 frutti di capesante, 4 seppioline, 4 calamari, 1 spicchio d’aglio, 1 spicchio di scalogno, sale, pepe e olio extra vergine q.b.

Preparazione: pulire e lavare la carota e la zucchina, tagliarle a fiammifero, sbollentarle in acqua per 3 minuti e successivamente scolarle. Pulire il pesce, tagliarlo a pezzi non troppo grossi. Quindi, fare soffriggere aglio e scalogno tritato in olio extra vergine di oliva, mettere nel soffritto il pesce, in questo ordine: seppioline, calamari, capesante, canocchie e mazzancolle. Successivamente, aggiungere del fumetto di pesce e le verdure. Fare insaporire il tutto per 5 minuti circa a fuoco lento. Cuocere a parte in acqua salata i tagliolini, scolarli al dente e versarli nella padella col sugo di pesce e le verdure.Saltare finché il tutto sia bene amalgamato, aggiungere un filo d’olio extra vergine di oliva e un pizzico di prezzemolo.

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anchel’abitazionestoricadelpoe-taMarinoMoretti,dicuiricorreiltrentennaledellamorte.Ecco allora “Luciano”. Superato l’ingresso, il grande acquario con astici e aragoste e poi l’invitante banco del bar. Quindi, l’angolo in cui prepara pizze e fornarine il si-ciliano Pietro Crispino e l’ampia sala di tono classico, rallegrata da opere d’arte alle pareti, con lam-pade marinare e luci incastonate al soffitto rivestito in legno. Ai tavoli, rotondi e quadrati, giusta apparecchiatura, fiori freschi e su alcuni anche i candelabri. Inoltre, piacevoli mobili in arte povera e un armadio climatizzato per i vini bianchi. Dopo la sala, una salet-ta anticipata da tende di tono e alla fine un giardino interno, più contemporaneo, per l’estate. A go-vernare gli interni, oltre al patron (che indirizza anche la cucina), le due figlie Monica e Samuela e talvolta la moglie Maria Celina. Ai fornelli, apprezzati cuochi prove-nienti dalla Puglia e dall’Emilia.

Così Maurizio Andreula si occupa dei primi, Odino Bergamini della griglia e Nunzio Barile di antipasti, secondi e pasticceria.Tra i piatti in carta, accompagnati da pane fatto in casa e fornarina, zuppetta di frutti di mare, mazzan-colle al sale grosso di Cervia, razza al vapore, capesante brasate con insalata belga. Al primo, spaghetti agli scampi, tagliolini alle canoc-chie, monfettini in brodo di seppia e cannellini, tortelli al branzino. Al secondo, crudità del pescato, rombo al profumo di porcini, cala-maretti fritti, triglie ai ferri. E per chi non ama il mare, cappelletti in brodo, risotto al radicchio tre-vigiano, filetto alla griglia ed altro ancora. Quanto alla pizza, ben 46 proposte. Tra queste, quella alla calabrese, al salmone affumicato e alla veneziana. Per terminare, frut-ti di bosco, gelato alla crema, crepes suzette e torte della casa. Ma ci sono pure zuppa inglese e torta mimosa della Pasticceria Ro-magna di Cesena. Ricca carta dei vini, dominata dai bianchi, con oltre 130 etichette regionali. E se-lezionate bollicine italiane e fran-cesi. Consistente anche l’offerta dei distillati con una cinquantina d’etichette. Menù degustazione a 40 euro, bevande escluse, e al ve-nerdì sera anche una cena a base di pesce azzurro a 21,50 euro (tut-to compreso). Altrimenti la carta, con un ottimo rapporto fra qualità e prezzo. Ogni giorno l’atto del cibarsi muta la natura in cultura: si può dar torto a Michel Pollan dopo aver mangiato qui? www.ristoranteluciano.it IN

Culinaria News:

Soprattutto il mareIn via Faentina 273, vicino Ravenna, all’Osteria del Pescatore, specialità di pesce (anche al cartoccio) e piatti romagnoli in un rustico casolare. L’esperienza dello chef-patron e le sue origini pugliesi aggiungono valore al menù. Che comincia con squisiti pani fatti in casa. Vini di qualità, cortesia e conto corretto. Chiuso lunedì sera e martedì. www.osteriadelpescatore.com

Tradizione e panoramaIl Molo 22 ora è un’Osteria sul Mare. Accoglienza e panorama già valgono il viaggio. Ma anche la cucina, a prezzi contenuti, è una garanzia. Quindi, crudità, marinati della tradizione, preparazioni al tegame, al testo e alla griglia. Ma anche piatti di terra. Paste casalinghe e buona selezione di carni, salumi e formaggi. Zuppa inglese, ciambella alla ricotta con crema vaniglia al profumo di Strega e altre golosità per terminare. A Rimini, nuova Darsena, Via Ortigara, 78/80. www.molo22.it

Novità in libreriaRoberto Raisi, agente di commercio di origini ferraresi e scopritore di nuove tavole e buoni vini, ha scritto Scusi, mi porta il conto? Guida semiseria delle trattorie dell’Emilia Romagna. Ci si può fidare del suo palato e di questa appassionata ricerca, scoprendo destinazioni meno note completate dalla storia dei luoghi. Tinarelli, pagg. 195, euro 13,00.

Per chi non si accontentaSul porto canale di Cesenatico, in Corso Garibaldi, c’è l’Officina del Gusto, gran bel negozio di prodotti enogastronomici di qualità. Ricca selezione di paste artigianali, salumi, formaggi, confetture, oli, vini, aceti, distillati. Chiuso lunedì. www.officinadelgustocesenatico.com

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Le sue barche hanno fatto il giro del mondo, per la felicità di migliaia di persone che amano andar per mare. Con la sua passione ed energia, rimaste inalte-rate nel tempo, Giancarlo Dellapasqua - vero e pro-prio self made man - ha festeggiato i cinquant’anni di attività, con un grande party di trecento persone che si è tenuto lo scorso 11 luglio al Club DC e a Marinara. Alla serata, presentata da Giacomo Crosa, hanno partecipato diversi olimpionici, fra cui Eduar-do Mangiarotti e Gelindo Bordin, oltre a diversi clien-ti fedeli. Uno di questi, dopo dieci anni di “trattative”, gli ha rivenduto il primo DC6 del 1963, per rendere omaggio al suo mezzo secolo di lavoro. Dellapasqua è uomo di parole buone e sincere che ama recarsi ogni giorno nel suo “piccolo grande cantiere”: “picco-lo” perché ha sempre le stesse dimensioni, “grande” perché continua a esserci. Usa termini marinareschi ma efficaci anche per par-lare dell’attuale crisi economica che non ha scalfito il suo successo prolungato. “Le mareggiate non sono mancate in questi anni, ma chi ha una barca buona arriva sempre in porto”, afferma. E l’imbarcazione che gli ha regalato maggiori soddisfazione è il DC9, la più venduta, con circa 500 esemplari, in oltre quarant’anni, con oltre 3 mila persone che l’hanno utilizzata. Un risultato che nessun altro cantiere può vantare. Una sorta di barca best-seller (nata nel 1965 come DC8 e diventata DC9 nel 1971), che sviluppa-

va l’idea innovativa della carena Hunt, già introdotta dal 1962 da Dellapasqua realizzando il primo fuo-ribordo al mondo di 4 metri con questa soluzione, che ben funzionava anche in gara. Il DC9 si è dimo-strata un’imbarcazione adatta a diversi usi, che ha fatto letteralmente “impazzire” i lupi di mare di ogni continente, dal Dubai al Kuwait, dagli Stati Uniti a Cuba. Per rendere omaggio a questo fortunato mo-dello dal grande valore affettivo, è nato il DC9 Eli-te, frutto del restyling del figlio Mirco. Parlando di numeri, in questi cinquant’anni di attività, il Cantiere Dellapasqua ha realizzato una media di circa 25 im-barcazioni, dai 7 ai 18 metri, all’anno: per un totale quindi prossimo alle 1250 unità.

Ne ha fatta di strada Dellapasqua, nato a Savignano sul Rubicone nel febbraio 1936. Sin da giovanissimo, inizia a frequentare la bottega da falegname dello zio, diventando presto bravo a lucidare i mobili. Già a 15 anni, si trova ad affrontare il primo lavoro da impren-ditore a Bellaria: realizzare armadi, letti e comodini per una pensione di 18 camere. La bottega dove rea-lizza il primo scafo è a Savignano. Era di proprietà dei signori Libici e Giacomoni, suoi datori di lavoro dopo lo zio; qui lavora dal ’51 al ’55. In quegli anni Secondo Casadei incideva Romagna Mia. Nel ’54 la figlia del maestro, Riccarda, e il fratello Piero sono testimoni della costruzione della sua prima barca, abitando dal-la parte opposta della strada. A settembre del ’55 va

a lavorare ai cantieri Lugaresi di Bellaria. Si tratta-va di fare più di 10 km in bicicletta, per una paga di 850 lire al giorno. Così è scoppiata la passione per la nautica. Il suo primo acquirente è un amico cliente di Lugaresi, che praticava sci nautico “trainato” dallo stesso Giancarlo. Col guadagno della prima imbarca-zione, Dellapasqua acquista il materiale per costruire le due successive. Poi la scelta di trasferirsi a Marina di Ravenna, dove c’erano le possibilità di realizzare strutture adatte e dove aveva amici in grado di aiu-tarlo. Nel ’60 si aggrega anche Carnevali, che aveva conosciuto da Lugaresi e col quale ha lavorato sino al ’90, quando le loro strade si sono separate. Il resto è storia recente, di un grande successo che continua.

Dellapasqua ha festeggiato

i 50 anni di attività.Il Cantiere celebra i tanti successi

e rilancia presentando il DC9 Elite. Info

rmaz

ione

Pub

blic

itari

a

Da sinistra, il nuovo modello DC9 Elite e il DC7 Elite, equipaggiato con motore Ferrari.

Qui sopra, Giancarlo Dellapasqua al taglio della torta per i 50 anni del cantiere.

Qui sopra, da sinistra Giacomo Crosa, il Vicesindaco di Ravenna Giannantonio Mingozzi, Giancarlo Dellapasqua, Alvaro Ancisi, Giuseppe Gallucci e Gelindo Bordin.

Da sinistra, Giancarlo Dellapasqua al lavoro nel primo cantiere a Savignano sul Rubicone e alla Centomiglia del Lario del 1967, a bordo del 1° DC6.

Via del Marchesato, 11 48023 Marina di Ravenna

Tel. 0544 530243 - 531146 Fax 0544 530490

[email protected]

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Le sue barche hanno fatto il giro del mondo, per la felicità di migliaia di persone che amano andar per mare. Con la sua passione ed energia, rimaste inalte-rate nel tempo, Giancarlo Dellapasqua - vero e pro-prio self made man - ha festeggiato i cinquant’anni di attività, con un grande party di trecento persone che si è tenuto lo scorso 11 luglio al Club DC e a Marinara. Alla serata, presentata da Giacomo Crosa, hanno partecipato diversi olimpionici, fra cui Eduar-do Mangiarotti e Gelindo Bordin, oltre a diversi clien-ti fedeli. Uno di questi, dopo dieci anni di “trattative”, gli ha rivenduto il primo DC6 del 1963, per rendere omaggio al suo mezzo secolo di lavoro. Dellapasqua è uomo di parole buone e sincere che ama recarsi ogni giorno nel suo “piccolo grande cantiere”: “picco-lo” perché ha sempre le stesse dimensioni, “grande” perché continua a esserci. Usa termini marinareschi ma efficaci anche per par-lare dell’attuale crisi economica che non ha scalfito il suo successo prolungato. “Le mareggiate non sono mancate in questi anni, ma chi ha una barca buona arriva sempre in porto”, afferma. E l’imbarcazione che gli ha regalato maggiori soddisfazione è il DC9, la più venduta, con circa 500 esemplari, in oltre quarant’anni, con oltre 3 mila persone che l’hanno utilizzata. Un risultato che nessun altro cantiere può vantare. Una sorta di barca best-seller (nata nel 1965 come DC8 e diventata DC9 nel 1971), che sviluppa-

va l’idea innovativa della carena Hunt, già introdotta dal 1962 da Dellapasqua realizzando il primo fuo-ribordo al mondo di 4 metri con questa soluzione, che ben funzionava anche in gara. Il DC9 si è dimo-strata un’imbarcazione adatta a diversi usi, che ha fatto letteralmente “impazzire” i lupi di mare di ogni continente, dal Dubai al Kuwait, dagli Stati Uniti a Cuba. Per rendere omaggio a questo fortunato mo-dello dal grande valore affettivo, è nato il DC9 Eli-te, frutto del restyling del figlio Mirco. Parlando di numeri, in questi cinquant’anni di attività, il Cantiere Dellapasqua ha realizzato una media di circa 25 im-barcazioni, dai 7 ai 18 metri, all’anno: per un totale quindi prossimo alle 1250 unità.

Ne ha fatta di strada Dellapasqua, nato a Savignano sul Rubicone nel febbraio 1936. Sin da giovanissimo, inizia a frequentare la bottega da falegname dello zio, diventando presto bravo a lucidare i mobili. Già a 15 anni, si trova ad affrontare il primo lavoro da impren-ditore a Bellaria: realizzare armadi, letti e comodini per una pensione di 18 camere. La bottega dove rea-lizza il primo scafo è a Savignano. Era di proprietà dei signori Libici e Giacomoni, suoi datori di lavoro dopo lo zio; qui lavora dal ’51 al ’55. In quegli anni Secondo Casadei incideva Romagna Mia. Nel ’54 la figlia del maestro, Riccarda, e il fratello Piero sono testimoni della costruzione della sua prima barca, abitando dal-la parte opposta della strada. A settembre del ’55 va

a lavorare ai cantieri Lugaresi di Bellaria. Si tratta-va di fare più di 10 km in bicicletta, per una paga di 850 lire al giorno. Così è scoppiata la passione per la nautica. Il suo primo acquirente è un amico cliente di Lugaresi, che praticava sci nautico “trainato” dallo stesso Giancarlo. Col guadagno della prima imbarca-zione, Dellapasqua acquista il materiale per costruire le due successive. Poi la scelta di trasferirsi a Marina di Ravenna, dove c’erano le possibilità di realizzare strutture adatte e dove aveva amici in grado di aiu-tarlo. Nel ’60 si aggrega anche Carnevali, che aveva conosciuto da Lugaresi e col quale ha lavorato sino al ’90, quando le loro strade si sono separate. Il resto è storia recente, di un grande successo che continua.

Dellapasqua ha festeggiato

i 50 anni di attività.Il Cantiere celebra i tanti successi

e rilancia presentando il DC9 Elite. Info

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Da sinistra, il nuovo modello DC9 Elite e il DC7 Elite, equipaggiato con motore Ferrari.

Qui sopra, Giancarlo Dellapasqua al taglio della torta per i 50 anni del cantiere.

Qui sopra, da sinistra Giacomo Crosa, il Vicesindaco di Ravenna Giannantonio Mingozzi, Giancarlo Dellapasqua, Alvaro Ancisi, Giuseppe Gallucci e Gelindo Bordin.

Da sinistra, Giancarlo Dellapasqua al lavoro nel primo cantiere a Savignano sul Rubicone e alla Centomiglia del Lario del 1967, a bordo del 1° DC6.

Via del Marchesato, 11 48023 Marina di Ravenna

Tel. 0544 530243 - 531146 Fax 0544 530490

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Lo splendido complesso polivalen-te dei Magazzini del Sale di Cervia diventa, anche quest’anno, palco-scenico di uno spettacolo che ha per protagonista l’arte. Il produt-tore “dell’opera” intitolata Presente è NicolaSamorì, celebre artista for-livese, giovane rivelazione dell’arte italiana, che, grazie alla sua forma-zione poliedrica, spazia, attraverso differenti tecniche espressive, dalla pittura, all’affresco, passando per l’incisione e la scultura.In mostra, i suoi manufatti più significativi degli ultimi quattro anni: quindicilavoridigrandidi-mensioni,unaquadreriadipezzidimedioformatoeoltrequarantata-volepiùpiccole, a cui si aggiungo-no numerose sculture ricavate da pezzi appartenenti alle collezioni civiche di Bagnacavallo. Un’ampiasezionediinediti, creati apposita-mente per l’occasione, va a com-

pletare la “mise en place”, che co-stituisce la più vasta monografica dell’artista finora realizzata.La mostra, organizzata dalla CNA di Ravenna, in collaborazione col Comune di Cervia, è stata inau-gurata lo scorso 5 luglio e resta in corso fino al 30 agosto 2009. Suc-cessivamente, per la stagione au-tunnale, l’ambientazione cambia e, dal 12 settembre 2009, si sposta a Bagnacavallo, nell’AnticoConven-todiSanFrancesco, dove rimarrà fino all’11 ottobre prossimo.La scelta dei luoghi per l’allestimen-to dell’esposizione, non è affatto ca-suale, in quanto entrambi presenta-no un aspetto chiaramente datato, d’impronta storica. Particolari cor-nici che vanno a fondersi con lo sti-le contemporaneo, sia pittorico, sia plastico, dei lavori in mostra e che, di conseguenza, mettono in luce la loro condizione di corpi che si

limitano ad essere “presenti”. Solo e nient’altro che presenti. Quindi, adeguati a se stessi.Come afferma lo stesso Nicola Samorì: “Le opere vengono ri-presentate, ri-contestualizzate, ri-organizzate, e caricate di segnali, trasferite in un’ottica di estraneità a se stesse, che alimenta l’equivoco spazio/temporale. Ciò che sembra ovvio viene de-banalizzato al fine di obbligare lo spettatore a rivede-re e rileggere la presenza, o il sen-so, di questi testimoni.” Concepita ed allestita ad hoc per questi due spazi, Presente nasce con l’obiettivo specifico di comunicare il presen-te con versi antichi, creando un’at-mosfera in cui opere e ambiente si reinterpretano nella mente di chi guarda, che può considerarli allo stesso tempo, lavori d’epoca e mes-saggi d’arte contemporanea. www.turismo.comunecervia.it IN

testo Giulia Bazzocchi

L’arte del Presente

Ora e luoghi della mostra

Magazzino del Sale “Torre”, Cervia.Fino al 30 agosto.Aperto: tutti i giorni 20 alle 24; lunedì e giovedì dalle 17 alle 24.Tel. 0544.993435.Antico Convento di San Francesco, BagnacavalloDal 12 settembre all’11 ottobre.Aperto: da martedì a domenica, dalle 15 alle 18.30;Sabato e domenica dalle 10 alle 12.Dal 24 al 29 settembre dalle 10 alle 12, dalle 15 alle 18.30, dalle 20 alle 23.30.Tel. 0544.993435Ingresso gratuito.

Vedere | Nicola Samorì

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BEING

Cervia Magazzini del Sale 5 luglio / 30 agosto 2009

BagnacavalloConvento di San Francesco

13 settembre / 11 ottobre 2009

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Dietro la divisa inappuntabile StefanoRossi, comandante della Polizia Municipale di Ravenna, è una persona molto interessante e interessata a tanti aspetti della vita: la famiglia, la lettura, la musica. È stato nominato nel ruolo attuale circa un anno fa e, in questo pur breve tempo, è diventato punto di riferimento per i cittadini: ogni giorno legge le numerose mail con richieste di interventi o chiarimen-ti e per tutti ha una risposta.Cosaspingeafareunasceltacomelasuaequalèilprincipiochelagui-daallavoro?“Avevo 20 anni, frequentavo l’uni-versità. La perdita di mio padre mi suggerì di arruolarmi nella Polizia di Stato, scelta alla quale mi sen-tivo portato, rimandando solo di poco la laurea in Giurisprudenza: la parola responsabilità ha sempre governato la mia vita, sul lavoro e in privato. Entrare nella Polizia era un modo per rispondere al bi-sogno della gente, agli eventi che ogni giorno si verificano e allo stesso tempo ad una mia intima esigenza, essere di aiuto agli altri, cosa che esprimo anche attraverso il volontariato: con un gruppo di amici abbiamo effettuato un’ado-zione a distanza, stiamo lavorando per una missione in Uganda; a tale scopo, noi genitori, abbiamo mes-so insieme una piccola compagnia teatrale per raccogliere i fondi ne-cessari.”

Leièfriulanoma,in16annidicar-riera,havissutoperlavoroindiver-secittà.OggirisiedeaForlìelavoraaRavenna.Sentelamancanzadellasuaterra?“Ci torno, di tanto in tanto, perché lì vive mia madre. Porto su di me l’impronta dell’educazione che lì ho ricevuto. Ora ho la mia fami-glia, moglie e tre figli, la cosa più importante della mia vita.”Quantotemporiesceadedicarealoro,vistoillavoroimpegnativochesvolge?“In questi ultimi anni riesco ad organizzare la mia presenza in fa-miglia e seguire i bimbi, Caterina, Lucrezia e Gerardo. Trovo il modo di stare con loro, accompagnarli a scuola e, subito dopo, recarmi al lavoro, per chiedere, poi, loro notizie durante il giorno. Il nuovo lavoro mi permette di organizzare le giornate in modo da essere pre-

sente, accettando impegni serali solo quando sono indispensabili.”Lerimaneunpo’ditempodadedi-careasestesso?“Mi piace molto il cinema, amo le biografie, i libri di storia e adoro la musica, in particolare la classica, che sento mi arricchisce interior-mente. Non avendo studiato mu-sica mi accontento di suonare le canzoni di Battisti, Dalla, De An-drè, senza escludere gruppi rock come gli U2. Amo ascoltare la mu-sica in macchina: ho decine di cd.” Il Comandante adora Mozart e le poesie di Eliot, Mallarmé, Baude-laire, e non teme che queste sue preferenze possano diminuire la sua credibilità sul lavoro perché, ama precisare: “Sono sempre io: la persona rigorosa sul lavoro ma allo stesso tempo quella che ama trascorrere una serata cantando e suonando con gli amici.” IN

testo Anna De Lutiisfoto Massimo Fiorentini

Incontri di Stile

Confidare | Stefano Rossi

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C M Y CM MY CY CMY K

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DuilioDonati, ravennate, 79 anni, una vita dedicata alla professio-ne di medico di base, è anche un grande collezionista di medaglie. in Giappone lo chiamano “LaBib-biadellemedagliediDante”. La sua specialità sono, infatti, le imma-gini del Sommo Poeta, ma la sua collezione comprende oltre 2.000 esemplari, che occupano molti spazi della sua casa. Si può dire che oramai non sa più dove collocarli, da dover ricorrere alle scatole da scarpe.La collezione dantesca di Donati comprende circa 700 tra medaglie d’artista, distintivi, placchette, og-gettistica decorativa di vario gene-re, monete in vari metalli e lavori

in legno, in ceramica e a smalti. È una collezione, come afferma Giancarlo Altieri, direttore del Dipartimento di Numismatica del Medagliere della Biblioteca Apo-stolica Vaticana, che “onora il più grande poeta della letteratura ita-liana”, “restituisce alla medaglia il suo vero ruolo” ed esalta “l’indi-scussacompetenzascientificaeilprofondoamoreperlamateriadiDuilioDonati”.“Fu il professore Luigi Fontana, primario dell’Ospedale Civile di Ravenna, - racconta il dottore - a far nascere in me la passione per la medaglia, facendomi ammirare la sua collezione che comprendeva un esemplare del ’500, di soggetto

dantesco che recava, da un lato, l’immagine del Poeta e, dall’altro, un’allegoria del poema. Ne rimasi talmente affascinato che nacque in me il desiderio di cercare e racco-gliere medaglie, ovunque le potessi trovare. Ricordo che laprimadellamiacollezioneèiltritticooro,ar-gentoebronzodelloscultoreGior-gioVioladiBologna. Il cofanetto conteneva le medaglie che rappre-sentavano un profilo di Dante, sul diritto e, sul rovescio, lo stemma del Comune di Ravenna.”La collezione comprende varie se-zioni: personaggi religiosi (Papi, cardinali, vescovi e sacerdoti); il culto della vergine e dei santi; inoltre, protagonisti della musica (compositori, direttori, cantanti), della cultura (poeti, scrittori, let-terati), delle arti figurative e dello spettacolo (scultori, pittori, regi-sti, attori), delle scienze (scienziati, medici, esploratori), delle signorie e delle armi (condottieri, eroi, vittime, briganti), della politica (uomini di stato, politici, coope-rativi). Quindi avvenimenti reli-giosi, storici, artistici, culturali e sportivi; istituti pubblici e privati; monumenti; medaglie del centro Dantesco dei frati conventuali di Ravenna. La sua ultima passione è la raccolta che va sotto il nome di “Romagna delle medaglie” e che è stata esposta in Germania nella città di Speyer. LemedagliediDu-ilioDonatisonostatepresentateinmostreeinconvegninumismaticiinItaliaeall’estero. IN

testo Antonio Graziani - foto Lidia Bagnara

Per qualche pezzo in Più

Collezionare | Duilio Donati

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All’interno del suggestivo convento francescano di Bagnacavallo, fraBologna e Ravenna, La Scottona è un locale dalle raffinate atmosfere,ideale ambientazione per convention, meeting, presentazioni e festeaziendali. Cultura, arte e gastronomia qui si fondono in un tutt’uno:alle pareti e nelle sale sono esposte opere di pittori, scultori e creato-ri di gioielli mentre a tavola è protagonista assoluta la cucina tradizio-nale romagnola. Il menu è un susseguirsi di ricette di perduta memo-ria all’insegna della Scottona, giovane bovina femmina che dà il nomeal ristorante e a cui è legata una leggenda contadina. Questa carne,saporita e profumata, è proposta in diverse preparazioni: arancini diScottona al caciocavallo su crostone di pane con rucola all’aceto bal-samico, in deliziosi primi piatti come i tortelli di Scottona ai cardi e olio

extravergine d’oliva al timo, nelle abbondanti grigliate, con il filetto ela costata, nelle carni stufate come la guancia di Scottona al miele dicastagno con polenta integrale. Il menu che varia ogni 45/50 giornisegue l’alternarsi delle stagioni in modo da proporre piatti realizzaticon ingredienti sempre freschi. I passatelli, la zuppa di cipolle diMedicina, le lasagnette al radicchio di Treviso, le costolette di cinghia-letto e il petto di piccione in fagotto croccante sono piatti che espri-mono profumi e sapori inarrivabili. Di notevole rilevanza la carta deivini con oltre 500 etichette di pregio, interessante la carta delle acqueminerali unitamente a quella dei distillati, con oltre 100 referenze edavvero particolare quella riservata ai caffèDa non perdere: una cena al tavolo di cristallo accanto al pozzo secolare.

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Di corsa verso il mondiale. È l’obiettivo che AlbertoServidei in-travede all’orizzonte. Un obiettivo diventato concreto a fine maggio quando, al Pala De Andrè, il pu-gile ravennate ha conquistato il titolo Intercontinentale, valevole come semifinale per il mondiale. “Un match difficile - ricorda Servi-dei - reso più difficile dal fatto che ero inattivo da diverso tempo. Di Isava (l’avversario, ndr) sapevo tut-to, è un pugile preciso e potente, me l’aspettavo così. Alla seconda ripresa mi ha messo giù e questa situazione l’ho patita. Alla fine avrei potuto dare più continuità alla mia azione, ma quando vado in vantaggio tendo a non cercare rischi, sono fatto così.” L’appunta-mentoconlacoronairidataèafineannooall’iniziodel2010. “Con il mio manager Lontani e il comu-ne di Ravenna riusciremo a orga-nizzarlo sicuramente in città. In

previsione di questo, con Rosanna Conti Cavini (titolare della sua scu-deria, ndr) stiamo programmando per ottobre o novembre un incon-tro di preparazione. È ancora da decidere però sede e nome dello sfidante.” Il mondiale a Ravenna è un’occasione anche per la città per testimoniare affetto e sostegno al proprio pugile, e per riscattare il ‘boicottaggio’ dell’ultimo incon-tro, visti i larghissimi vuoti sugli spalti del Pala De Andrè. “Ma non sono deluso - prosegue il pugile ra-vennate. Anzi, voglio ringraziare chi è venuto a vedermi. A livello pubblicitario non è stato fatto mol-to, in più la giornata del giovedì era di sicuro penalizzante. InvistadelMondiale bisognerà lavoraretantissimo, anchesotto il profilodellapromozionedell’evento.” Ser-videi evidenzia poi un particolare: “All’estero, ad esempio in Spagna e Inghilterrra, ci sono dalle 15 alle 20mila persone che assistono agli incontri. Da noi è diverso, c’è un immagine distorta del pugilato, troppo bistrattato. Le notizie che vengono date sono soprattutto quando c’è l’arresto di un pugile.” In attesa di afferrare il titolo mon-diale, Servidei un obiettivo, però, l’ha raggiunto: quello, finalmente, di potersi allenare a casa, in una palestra cittadina, dopo tanto giro-vagare. “Adesso, dopo tanto tempo senza palestra, ci alleniamo a Pon-te Nuovo, all’interno dell’Olympia Center. È una soluzione tempo-ranea, la scadenza è annuale. A questo punto è importante dare

continuità, vogliamotrovareunapalestrachediventilacasadelpu-gilatodellaRavennaBoxe. Assieme all’amministrazione comunale ab-biamo ipotizzato delle soluzioni, sia l’assessore Stoppa, sia il sindaco Matteucci ci stanno aiutando per risolvere definitivamente il proble-ma.” La palestra è sempre piena di ragazzi che si avvicinano al pu-gilato, anche se pochi provano a farlo a livello agonistico. “Una vol-ta, almeno 20 ragazzi provavano a combattere come dilettanti, ora il numero è calato parecchio. La boxe non è pericolosa come può apparire, anzi èunosportchetem-prailcarattere. Negli incontri da dilettante si ha il caschetto, i guan-ti grossi, sono in programma quat-tro riprese e gli avversari hanno lo stesso peso, età ed esperienza: insomma, si è tutelati sotto tutti gli aspetti.” IN

testo Massimo Montanarifoto Massimo Fiorentini

Obiettivo Iridato

La carriera

Alberto Servidei è nato a Ravenna il 23 giugno ’75. Debutta come dilettante nel 1989 e disputa 112 incontri. Diventa campione italiano nel ’97 e l’anno dopo conquista l’europeo a Minsk. Dopo un’apparizione nel 1994 veste la maglia azzurra da dilettante nel ’98 e nel ’99. Nel dicembre ’99 passa professionista: finora in 29 incontri ha ottenuto 27 successi e 2 pareggi. Per due volte ha conquistato il titolo di campione intercontinentale pesi piuma nelle due versioni WBF e IBF. È stato campione italiano dal 2003 al 2008 e campione europeo dal 2007 al 2008 sempre nei piuma.

Vincere | Alberto Servidei

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C’è un ristorante che conserva anco-ra ilsaporedellaMarinadiRavennadiunavolta. Si chiama Maddalena e a gestirlo, con dedizione e passione per la cucina della tradizione a base di pesce, è il 74enne RobertoSpa-doni. A sentirlo parlare è un fiume in piena e passare un pomeriggio con lui significa ripercorrere quasi sessant’anni di storia della località. Fine conoscitore delle persone e acuto osservatore dei cambiamenti, si diverte a chiacchierare coi clienti più affezionati, raccontando aned-doti che hanno fatto epoca ma non sempre trovano spazio nella crona-ca dei giornali. Tutto ha inizio con l’intuizione di sua madre, Maddale-na Mazzanti, che nel 1950 apre un ristorante e pensione Villa dei Pini, in centro a Marina. Dopo circa dieci anni, l’attività - nel frattempo ribat-tezzata Maddalena - si trasferisce in viale delle Nazioni, sede diventata storica. “Mia madre era una cuoca molto brava e amava le ricette tradi-zionali, per cucinare come diceva lei alla ‘solita maniera’. Il suo brodetto era una specialità, così come il fritto misto con pesce fresco e olio sem-pre di prima cottura. In più, aveva inventato il semifreddo Maddalena, zuccotto realizzato con canditi e ma-scarpone per cui la gente impazziva; ancora oggi continuiamo a farlo.” Un talento premiato con una stel-la della Guida Michelin e con una clientela di cultori del buon cibo, fatta anche di personaggi celebri.

Neglianni ’60e ’70,allapensioneMaddalenahasoggiornatounodeipiùgranditenoridel’900,GiuseppeDiStefano.Inquasisessant’annidaquisonopassatiartisticomeAlbertoFremuraeMathieuMercier,WalterChiarieAlighieroNoschese,politicidelcalibrodiRomanoProdieGiovan-niSpadolini,dirigentieindustriali. Nel 1979, alla morte della madre, e dopo una breve parentesi in cui il locale era stato affittato, Spadoni ha deciso di portare avanti l’attività, af-frontando gli alti e i bassi degli anni a venire. “Ho assistito alla fine delle pensioni - illustra. Quarant’anni fa, a Marina di Ravenna, c’erano 55 alberghi che spesso praticavano la pensione completa, oggi sono una decina. Dalla fine degli anni ’90, quando la località ha conosciuto il boom degli stabilimenti balneari, lavoriamo soprattutto nel weekend quando arrivano i turisti dall’Emi-lia, per lo più giovani a cui interessa

solo una camera per la notte. Il ri-storante, invece, continua ad avere una clientela selezionata. L’altro giorno ho ricevuto una prenota-zione da un signore, nipote di una cliente che veniva qua molti anni fa. Questo mi ha dato grande sod-disfazione.” Dopo aver viaggiato a lungo per il mondo e aver esercitato più d’una attività (è stato proprietario anche del celebre stabilimento balneare Dolce Vita, venduto negli anni ’70 e oggi meglio noto come Duna degli Orsi, ndr), Spadoni si gode i due ni-potini e sidilettaincucinadovefaunottimorisottoallamarinara. Il perso-nale è lo stesso da quasi trent’anni, le due cuoche sono allieve della ma-dre e il menù è di quelli che ancora colpiscono per l’ampia varietà di antipasti freddi e caldi, la grigliata e il fritto misto con pesce d’alta qua-lità scelto dallo stesso Spadoni, con pignoleria e attenzione. IN

testo Roberta Bezzi - foto Massimo Fiorentini

Vi racconto la mia Marina

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Incontrare | Roberto Spadoni

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