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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI PAVIA
FACOLTA' DI INGEGNERIA
Dipartimento di Elettronica
PROGETTAZIONE E
REALIZZAZIONE IN FILM SOTTILE
DI CIRCUITI A MICROONDE
Relatore :Chiar.mo Prof. P. Arcioni
Correlatore :Chiar.mo Prof. L. Perregrini
Tesi di Laurea
di Christian Di Falco
Anno Accademico 1997/98
Alla mia Mamma,Grazie.
INDICE
Introduzione 1
Capitolo 1 Tecnologia dei circuiti ibridi in film sottile 4
INTRODUZIONE 4
1.1 MATERIALI COSTITUENTI IL CIRCUITO 61.1.1 Substrati e loro proprietà 61.1.2 Tecniche di metallizzazione del substrato 81.1.3 Strati deposti e loro proprietà 101.1.4 Descrizione del materiale utilizzato 13
1.2 PRODUZIONE DELLE MASCHERE 14
1.3 FOTOLITOGRAFIA 15
1.4 INCISIONE DEGLI STRATI DEPOSTI 19
1.5 TARATURA DEI COMPONENTI 20
1.6 MONTAGGIO ED IBRIDIZZAZIONE 21
1.7 TARATURA DEL CIRCUITO E TEST ELETTRONICO FINALE 21
Capitolo 2 Progetto ed ottimizzazione dei circuiti di test 22
INTRODUZIONE 22
2.1 FILTRO PASSA-BANDA 242.1.1 Considerazioni di progetto di un filtro passa-banda 242.1.2 Progetto ed ottimizzazione di un filtro passa-banda a 10 GHz 28
2.2 FILTRO PASSA-BASSO 382.2.1 Considerazioni di progetto di un filtro passa-basso 382.2.2 Progetto ed ottimizzazione di un filtro passa-basso a 4.5 GHz 41
INDICE
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II
2.3 ACCOPPIATORI DIREZIONALI A 3 dB 472.3.1 Progetto ed ottimizzazione di un
accoppiatore direzionale a 3 dB di tipo “branch” 482.3.2 Progetto ed ottimizzazione di un
accoppiatore direzionale a 3 dB di tipo “rat-race” 54
Capitolo 3 Messa a punto del processo di realizzazione 60
INTRODUZIONE 60
3.1 REALIZZAZIONE DELLA MASCHERA DI PROVA 62
3.2 PULIZIA DEL SUBSTRATO 64
3.3 DEPOSIZIONE DEL FOTORESIST SULLA SUPERFICIE DI MASSA 65
3.4 DEPOSIZIONE DEL FOTORESIST SUL LATO COMPONENTI 66
3.5 ESPOSIZIONE 67
3.6 SVILUPPO 68
3.7 HARD-BAKE 69
3.8 INCISIONE DEL RAME 70
3.9 RIMOZIONE DEL FOTORESIST RESIDUO 71
3.10 REALIZZAZIONE DELLE MASCHERE DEI QUATTRO CIRCUITI DI TEST 71
3.11 MONTAGGIO SU APPOSITI SUPPORTI 75
Capitolo 4 Risultati sperimentali 76
INTRODUZIONE 76
RISULTATI DELLA SPERIMENTAZIONE 77
APPENDICE A Dati tecnici del substrato RT/duroid 5870 88
APPENDICE B Il software Microwave Office 90
APPENDICE C Descrizione dell’ambiente di lavoro 93
APPENDICE D Processo di fotoincisione RT/duroid 5870 97
BIBLIOGRAFIA 103
INTRODUZIONE
I circuiti a microstriscia sono la più importante versione di circuiti integrati per
microonde (MICs), cioè strutture planari nelle quali tutti i componenti vengono
fabbricati e connessi l’un l’altro usando la medesima tecnologia. Il loro utilizzo è
limitato a frequenze comprese tra 0.5 GHz e 30 GHz, oltre le quali sono preferibili altre
tipologie circuitali. I principali vantaggi della realizzazione a microstrisce sono:
• significativa riduzione dello spazio occupato rispetto ai circuiti in cui si fa uso di
guide d’onda, in quanto tutti i componenti vengono realizzati sul medesimo
substrato (generalmente un dielettrico a basse perdite);
• possibilità di ottenere conduttori sottili di elevata accuratezza utilizzando la tecnica
della fotoincisione;
• aumento dell’affidabilità dovuto al basso peso e all’assenza di connessioni fra i
componenti, che rendono i circuiti resistenti agli impatti ed alle vibrazioni.
INTRODUZIONE
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2
Questo rende le microstrisce particolarmente indicate alla produzione di circuiti
utilizzati in ponti radio, equipaggiamenti satellitari, sistemi di misura, oscillatori,
accoppiatori direzionali, divisori di potenza, mixers ecc. Non sono invece indicati per la
realizzazione di stadi di uscita di amplificatori, attenuatori di potenza, filtri a banda
molto stretta (inferiore all’1%), ecc. a causa dei limiti nelle massime potenze utilizzate,
onde evitare l’insorgere di scariche nel dielettrico ed il surriscaldamento dei
componenti, nonché per la difficoltà di raggiungere alti isolamenti tra circuiti adiacenti,
dovute alla presenza di onde superficiali tanto maggiori quanto più la frequenza di
lavoro è elevata.
La tecnica più comunemente utilizzata nella produzione di circuiti integrati per
microonde è la tecnologia dei circuiti ibridi, nella quale sono comprese:
• la tecnologia del film sottile;
• la tecnologia del film spesso.
Queste si distinguono, oltre che dallo spessore degli strati deposti e dalle minime
larghezze di linea realizzabili, anche per le tecniche di fabbricazione che genericamente
sono: la serigrafia e la sinterizzazione per il film spesso, il deposito mediante tecnologia
PVD (Physical Vapor Deposition) in vuoto e fotolitografia, oppure la fotoincisione di
substrati già metallizzati, per il film sottile.
Lo scopo del seguente lavoro è stato quello di riorganizzare e rendere funzionante,
nel Dipartimento di Elettronica di Pavia, un laboratorio (“camera bianca”) per la
realizzazione di circuiti a microstriscia in film sottile.
Si sono messe a punto le attrezzature, i materiali e le tecnologie necessarie per
rendere funzionante il laboratorio sviluppando, in particolare, un processo per la
creazione di circuiti a microstriscia su substrati Rogers RT/duroid (vedi
APPENDICE A).
Al fine di saggiare i risultati ottenuti si sono progettati e realizzati quattro circuiti di
prova, due filtri e due accoppiatori direzionali.
Quello che si vuole mettere particolarmente in evidenza, oltre all’aspetto progettuale,
sono gli aspetti di laboratorio, le tecniche utilizzate ed i risultati ottenuti con la
produzione di una prima serie di circuiti.
INTRODUZIONE
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3
Il lavoro di tesi è costituito da due parti: la prima (capitolo 1 e capitolo 2) è rivolta
principalmente all’aspetto teorico, sia del progetto che della realizzazione; la seconda,
che comprende gli altri capitoli, riguarda l’aspetto realizzativo.
Nel capitolo 1 viene data una panoramica sulla tecnologia, descrivendo le tecniche
realizzative utilizzabili per la creazione di circuiti in film sottile e dando particolare
risalto ai processi che vengono effettivamente utilizzati.
Il capitolo 2 comprende la descrizione dei quattro circuiti di prova, delle teorie con le
quali sono stati progettati e dei criteri che sono stati seguiti per la loro ottimizzazione
(che è avvenuta utilizzando il software MICROWAVE OFFICE).
Al termine del progetto e dell’ottimizzazione, è seguita la parte di messa a punto del
processo di realizzazione, la costruzione dei circuiti ed il loro montaggio, che vengono
descritte nel capitolo 3.
L’ultimo capitolo descrive i risultati sperimentali, ottenuti in seguito a questa prima
esperienza di laboratorio.
Infine, in appendice, sono riportati i materiali utilizzati, i processi seguiti in
laboratorio ed i tempi necessari per ogni fase realizzativa, la descrizione dell’ambiente
di lavoro e del software utilizzato.
Capitolo 1
Tecnologia dei circuiti ibridi in film sottile
INTRODUZIONE
La tecnica più comunemente utilizzata per la produzione di MICs è la tecnologia
ibrida in film sottile, la quale copre una vasta gamma di discipline che includono la
scienza dei materiali, la fisica, la chimica e l’ingegneria elettronica. La denominazione
“ibrido” viene utilizzata per il fatto che solo alcuni elementi possono essere integrati su
un singolo supporto (substrato), mentre altri (tipicamente i semiconduttori) vengono
successivamente aggiunti durante la fase detta di “ibridizzazione”. In pratica si possono
produrre in film sottile resistenze, conduttori e piccole capacità, anche se genericamente
le capacità integrate non sono quasi mai usate per problemi di costo di produzione.
CAPITOLO 1 – TECNOLOGIA DEI CIRCUITI IBRIDI IN FILM SOTTILE
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5
Nel seguente capitolo si illustreranno brevemente i vari tipi di processi utilizzabili
per la creazione di circuiti in film sottile; particolare risalto verrà dato alle fasi che
verranno da noi utilizzati per la realizzazione delle piastrine. Generalmente la
produzione di un circuito in film sottile, a partire dal substrato, può essere illustrata con
lo schema a blocchi di Fig.1.1.
Test Elettronico Finale
Imballaggio
Divisione Substrato
Ibridizzazione
Taratura dei Componenti
Scelta del Substrato
Preparazione e Metallizzazione del
Substrato
Scelta delle Specifiche
Realizzazione delle Strutture (Fotolitografia, Incisione)
Produzione Fotomaschere
Fig. 1.1 – Schema a blocchi semplificato di un processo per la produzione di MICs
in film sottile.
CAPITOLO 1 – TECNOLOGIA DEI CIRCUITI IBRIDI IN FILM SOTTILE
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1.1 MATERIALI COSTITUENTI IL CIRCUITO
1.1.1 Substrati e loro proprietà
Il substrato è il piano di supporto su cui vengono posti i percorsi conduttivi e gli
elementi ibridi necessari alla costruzione del circuito. Nella scelta del substrato vanno
tenute presente diverse caratteristiche che dipendono principalmente dalla destinazione
finale, dalle tecniche di realizzazione e dal tipo di montaggio del circuito. I principali
criteri sono i seguenti:
• stabilità meccanica, richiesta per consentire un sicuro montaggio e perché il circuito
deve essere in grado di resistere agli stress ambientali cui verrà sottoposto durante
l’utilizzo;
• coefficiente di dilatazione termica simile a quello dei metalli, in quanto le specifiche
industriali prevedono variazioni di temperatura tra -55°C e +125°C;
• buona conducibilità termica, per permettere lo smaltimento del calore dei
componenti;
• uniformità dello spessore, in quanto è necessaria la riproducibilità dei parametri del
circuito in diverse produzioni;
• bassa rugosità superficiale, per consentire la perfetta adesione degli strati conduttivi;
• uniformità ed isotropia della costante dielettrica, per avere omogeneità dei parametri
del circuito in quanto nelle microstrisce l’onda si propaga prevalentemente nel
substrato.
Va inoltre tenuto presente che le varie tecniche utilizzate per la costruzione del
circuito possono prevedere elevate temperature ed attacchi chimici, che non devono
modificare le caratteristiche del substrato.
Genericamente si dividono i materiali in due gruppi, plastici (organici) ed inorganici;
questi ultimi vengono ulteriormente suddivisi in ceramici, monocristallini, ferriti e
semiconduttori.
I substrati plastici sono generalmente utilizzati in forme semplici (ad esempio
il PTFE) che hanno basse costanti dielettriche relative (circa 2÷3) e basso fattore di
dissipazione, ma anche instabilità meccanica. Per ovviare a questo inconveniente si
CAPITOLO 1 – TECNOLOGIA DEI CIRCUITI IBRIDI IN FILM SOTTILE
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aggiungono al substrato fibre di vetro; se invece sono necessari valori di costante
dielettrica relativa più elevati (da 5 a 20) si devono aggiungere pezzetti di ceramica.
Tra i materiali inorganici ceramici il più utilizzato è l’allumina (Al2O3). La sua forma
monocristallina è lo zaffiro che presenta un’alta qualità della superficie, un basso fattore
di perdita ed una bassa variazione della costante dielettrica relativa; è però un dielettrico
anisotropo. Altre ceramiche sono l’ossido di berillio (BeO) e l’ossido di titanio (TiO2).
L’BeO ha un’alta conducibilità termica ma presenta lo svantaggio della produzione di
polveri velenose durante la lavorazione. Il TiO2 ha alti valori di εr (maggiori di 80) ma
le sue caratteristiche dipendono fortemente dalla temperatura. Se si desiderano superfici
a bassa rugosità si deve ricorrere ai vetri, che hanno alte perdite dielettriche, ed ai
quarzi; questi ultimi presentano basse perdite fino ad alte frequenze, il che li rende
particolarmente adatti alla realizzazione di microstrisce operanti in banda millimetrica.
I substrati ferromagnetici sono necessari per la produzione di componenti non
reciproci come circolatori, isolatori e sfasatori. I più rappresentativi sono le ferriti ed il
granato, che hanno una εr compresa tra 9 e 16 e sono dielettrici a bassissime perdite
(tanδ<0.001).
I substrati a semiconduttore (silicio, germanio, arseniuro di gallio) dispongono di una
conduttività specifica molto elevata (dipendente dal drogaggio), associata però a perdite
di dispersione significative.
Se non si hanno particolari esigenze di riproducibilità, e neppure necessità di perdite
stringenti, si possono utilizzare a basse frequenze dei substrati poco costosi quali la
porcellana su acciaio. Per ridurre le perdite nel conduttore, alla frequenza delle
microonde, l’acciaio viene ricoperto con uno strato di rame prima di applicarvi la
porcellana. In questo modo si ottengono substrati più robusti delle ceramiche, con alta
stabilità meccanica e termica, a prezzi moderati; presentano però elevate perdite alle alte
frequenze e variazioni dello spessore.
Per le nostre esigenze si è deciso di utilizzare substrati plastici facenti parte della
serie RT/duroid, che presentano i vantaggi illustrati nel sottoparagrafo 1.1.4.
CAPITOLO 1 – TECNOLOGIA DEI CIRCUITI IBRIDI IN FILM SOTTILE
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1.1.2 Tecniche di metallizzazione del substrato
Una volta scelto il substrato su di esso vanno deposti gli strati nei quali si
realizzeranno, mediante fotoincisione, le geometrie dei componenti circuitali. La
metallizzazione, che viene eseguita sia sul retro che sul fronte (generalmente la
posteriore precede la frontale), viene preceduta dalla fase di pulizia del substrato
(diversa a seconda dei tipi).
Le tecniche più utilizzate per la deposizione dei film sottili sono essenzialmente tre:
1) evaporazione sotto vuoto;
2) sputtering;
3) deposizione galvanica.
Evaporazione sotto vuoto:
per l’applicazione di questa tecnica sono necessarie condizioni di alto vuoto, da 10-6
a 10-7 Torr; all’interno di una camera, nella quale viene fatto il vuoto attraverso un
sistema che riduce la pressione, vengono posti il substrato da metallizzare ed il
materiale da deporre (che deve essere puro onde evitare contaminazioni). Quest’ultimo
è riscaldato da un elemento elettrico fino ad ottenerne l’evaporazione e, se la distanza
tra materiale e substrato è inferiore al “mean free path” (definito come la distanza
media che una molecola di vapore può sperare di attraversare senza collidere con le altre
molecole di vapore o di gas residui presenti nella camera), circa il 50% delle molecole
evaporate si depositeranno sul substrato. Per evitare che le molecole di gas presenti
nella camera interagiscano con il vapore, contaminando così il film, si cerca di
mantenere fra sorgente e substrato una distanza più breve del “mean free path” (che per
le molecole tipiche, a queste pressioni, è intorno a 40 cm), per quanto praticamente
possibile. Usualmente anche il substrato viene riscaldato per permettere una buona
adesione del film depositato. Le sorgenti riscaldanti dipendono dal materiale da
evaporare e possono essere di diversi tipi: resistenze, induttanze, radianti termici,
bombardamento “electron beam” (utilizzato per le alte energie). A causa di difetti nel
meccanismo di crescita vi possono essere delle imperfezioni nei cristalli del film (atomi
mancanti, atomi impuri, atomi collocati in posti sbagliati), che ne modificano le
proprietà.
CAPITOLO 1 – TECNOLOGIA DEI CIRCUITI IBRIDI IN FILM SOTTILE
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Sputtering o polverizzazione catodica:
lo sputtering è molto usato per deporre film sottili di elevata uniformità e purezza.
Esso utilizza ioni di gas inerte per bombardare il “target” del materiale da deporre,
causando l’eiezione di atomi; in questo modo si possono ottenere film di metalli e non
metalli (RF sputtering) senza utilizzare sorgenti ad alta temperatura. Il sistema è
costituito da una camera, nella quale viene fatto il vuoto fino a raggiungere 10-6 Torr,
dove vi sono due elettrodi (anodo e catodo); il “target” viene collegato al catodo ed
all’interno della camera viene aggiunto il gas inerte, normalmente argon. Applicando
un’alta tensione fra gli elettrodi (DC da 1000 V a 3000 V per i metalli e tensioni a
RF per i non metalli) si forma un plasma di elettroni e ioni positivi di argon; questi
ultimi vengono accelerati verso il catodo e lo bombardano, sottraendo atomi del
materiale di cui è costituito alcuni dei quali, proiettati verso il substrato con energie di
5÷10 eV, lo intercettano formando uno strato sottile ed uniforme.
Inserendo piccole quantità di gas reattivi, come l’ossigeno e l’azoto, nell’atmosfera
inerte si può cambiare la composizione chimica dei film deposti variandone le proprietà;
questo processo è detto “sputtering reattivo”.
Un’altra tecnica molto simile allo sputtering è il “plasma etching”, nel quale sono i
substrati metallizzati ad essere erosi dagli ioni generati dal plasma (tecnica “fine line”),
che possono quindi sostituire i solventi chimici.
Deposizione galvanica:
la deposizione galvanica o “electroplating” può essere definita come la produzione di
rivestimenti metallici attraverso l’azione di una corrente elettrica; si tratta quindi di un
particolare esempio di elettrolisi. È costituita da un bagno galvanico (soluzione nella
quale è disciolto un sale contenente il metallo da crescere), una batteria di
alimentazione, due anodi contrapposti (per permettere la crescita su entrambe le facce
del substrato) e un catodo, su cui è sospesa la piastrina da metallizzare; quest’ultimo
viene sottoposto a movimentazione per permettere l’agitazione del bagno, consentendo
così una maggiore velocità ed uniformità di crescita. Il bagno viene inoltre filtrato per
rimuovere eventuali cause di impurità, che possono essere adsorbite o deposte con il
metallo alterando così le proprietà del film, le caratteristiche del quale dipendono dalla
CAPITOLO 1 – TECNOLOGIA DEI CIRCUITI IBRIDI IN FILM SOTTILE
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densità di corrente, dall’agitazione e dalla temperatura della soluzione, dalla velocità di
diffusione degli ioni metallici e dalla struttura degli elettrodi. I cristalli sono costruiti
strato su strato, perpendicolarmente e lateralmente alla superficie; quelli vicini hanno
orientazioni diverse e perciò la struttura risulta policristallina. Gli attuali bagni sono
costituiti da un sistema complesso, che usa speciali additivi per controllare il pH della
soluzione e la lucentezza del film. Temperatura (normalmente 60°±5°C raggiunti
utilizzando riscaldatori in ceramica ad immersione), agitazione, viscosità, tensione
superficiale della soluzione sono molto importanti; anche la densità di corrente, che
controlla la velocità di deposizione, ha grande effetto sulle caratteristiche del film. Per
permettere una buona adesione di quest’ultimo la piastrina va preventivamente pulita e
sgrassata, attraverso varie tecniche, con solventi, emulsioni, acidi, ecc.
Nella realizzazione del circuito non si è resa necessaria l’applicazione delle tecniche
appena illustrate, in quanto il materiale utilizzato (illustrato nel sottoparagrafo 1.1.4)
viene distribuito con una metallizzazione di rame su entrambe le facce.
1.1.3 Strati deposti e loro proprietà
Strati metallici
Le strisce di conduttore non sono solo una parte del circuito a microstriscia ma anche
punti di contatto per la connessione di elementi ibridi. Le più importanti proprietà che lo
strato metallico deve soddisfare sono:
(a) bassa resistenza specifica ρ (conduttori con basse perdite);
(b) spessore del conduttore maggiore di 3δ (dove δ è lo spessore pelle; alla frequenza
di 1 GHz si ha nel rame δ = 2 µm);
(c) alta precisione strutturale;
(d) bassa suscettibilità all’ossidazione e al danneggiamento dei gas (H2S eSO2);
(e) saldabilità (il saldante non deve diffondere nel conduttore);
(f) saldatura a termocompressione ed ultrasuoni;
CAPITOLO 1 – TECNOLOGIA DEI CIRCUITI IBRIDI IN FILM SOTTILE
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(g) buona adesione al substrato, anche in presenza di vibrazioni e cambi di
temperatura;
(h) stabilità all’invecchiamento.
Non esiste un metallo in grado di soddisfare questo insieme di caratteristiche: buoni
conduttori, come argento, rame, oro e alluminio, aderiscono con difficoltà ai substrati,
mentre mediocri conduttori, come cromo, tantalio e titanio presentano una buona
adesione (dovuta alle forze di legame chimico-forze di Van der Waal come forza
attrattiva fra le molecole e coesione atomica). Per evitare vi possa essere diffusione tra i
due strati (con corrispondente aumento della resistenza specifica nel conduttore)
bisogna separarli con uno strato barriera di materiali come platino e palladio. In Tab. 1.1
sono elencati i vari materiali conduttori, utilizzati nella tecnologia film sottile, con le
rispettive proprietà.
Materiali ρ/ρCu δ ∆lTh/(l ∆T) Adesione Produzione
Conduttori
Ag 0.95 1.4 21 scarsa evap.
Cu 1.0 1.5 18 scarsa evap., galv.
Au 1.36 1.7 15 scarsa evap., galv.
Al 1.6 1.9 26 scarsa evap.
Adesivi
Cr 7.6 4.0 8.5 buona evap.
Ta 9.1 4.5 6.6 buona sp., evap.
Ti 27.7 7.8 9.0 buona sp., evap.
Separatori
Pt 6.2 3.6 9.0 - sp., evap.
Pd 6.2 3.6 11.0 - sp., evap.
Tab. 1.1 – Proprietà dei materiali conduttori per la tecnologia film sottile:
ρ/ρCu = resistenza specifica relativa; δ = effetto pelle (in µm a 2 GHz);
∆lTh/(l ∆T) = coefficiente di espansione termico (in 10-6/K).
CAPITOLO 1 – TECNOLOGIA DEI CIRCUITI IBRIDI IN FILM SOTTILE
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Strati resistivi
Gli strati resistivi sono utilizzati per la costruzione di resistenze impiegate per
attenuatori e carichi in alta frequenza e per reti di alimentazione in continua. Le
specifiche di questi strati sono:
(a) basso coefficiente termico;
(b) spessore dello strato << δ (dove δ è lo spessore pelle; alla frequenza di 1 GHz si
ha nel cromo δ = 5.5 µm) onde rendere il valore della resistenza indipendente
dalla frequenza;
(c) resistenza specifica superficiale di 50 Ω (l’impedenza specifica dei conduttori
varia in genere da 10 Ω a 500 Ω);
(d) basso rumore;
(e) resistenza agli effetti ambientali (umidità, gas corrosivi, H2S, CO2);
(f) nessuna interazione con gli strati di conduttore;
(g) potenza massima elevata.
In Tab. 1.2 sono elencati i vari resistori in film sottile, con le rispettive proprietà.
Materiali Rf ∆R/(R ∆T) Stabilità Produzione
NiCr 40÷250 -100 ÷ +100 <0.2 buona evap.
Cr 10÷500 -300 ÷ +300 media evap.
Ta 40÷200 -200 ÷ +200 <1 media sp.
Ta2N 10÷100 -60 ÷ +30 <0.2 buona sp. reattivo
Ti 5÷2000 -500 ÷ +500 media evap.
Cr-SiO 500÷2000 -250 ÷ +250 <0.5 media sp. flash
Tab. 1.2 – Proprietà dei resistori in film sottile:
Rf = ρ/t (con t<<δ) = resistenza specifica superficiale (in Ω);
∆R/(R ∆T) = coefficiente di temperatura di resistenza (in 10-6/K).
Stabilità (in %/1000h)
CAPITOLO 1 – TECNOLOGIA DEI CIRCUITI IBRIDI IN FILM SOTTILE
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I materiali più utilizzati sono il nickel-cromo ed il tantalio che hanno bassa resistività
(meno di 200 Ω/ ). Quando sono richiesti alti valori di resistività, da 100 a 500 Ω/ , è
utilizzato l’SnO2. I film di Ta2N, invece, hanno dimostrato di avere molte proprietà
riproducibili.
1.1.4 Descrizione del materiale utilizzato
Il substrato che verrà utilizzato per la messa a punto del processo per la creazione di
circuiti in microstriscia è l’RT/duroid 5870 (vedi APPENDICE A). Si tratta di un
composto di PTFE (politetrafluoroetilene), rinforzato da microfibre di vetro orientate a
caso per consentirne i benefici in ogni direzione, le cui facce sono ricoperte da 34 µm di
rame; la sua ε rimane costante su larghe bande di frequenza ed il suo basso fattore di
dissipazione ne consente l’utilizzo fino alla banda X ed oltre. Genericamente, in questo
tipo di substrati, gli strati di rame vengono realizzati attaccando delle lamine di metallo
con pressioni a caldo, mediante l’uso di collanti o tramite deposizione elettrochimica
(che consente la creazione di strati puri e a basse perdite). In questo modo si evita il
raggiungimento di alte temperature, alle quali non potrebbero resistere. Questo tipo di
substrati hanno una costante dielettrica relativa bassa (pari a 2.33, che ne riduce il
fattore di miniaturizzazione) ma consentono la produzione di circuiti a microstriscia con
modesti investimenti, in quanto è sufficiente mettere a punto un accurato processo di
fotoincisione, per la creazione delle geometrie desiderate, aggiungendo i resistori,
condensatori e semiconduttori come elementi ibridi. Presentano inoltre un’eccellente
stabilità dimensionale e resistenza ai solventi e reagenti normalmente usati nelle
tecniche di attacco e di placcatura; infine sono facilmente lavorabili (taglio,
foratura, ecc.).
CAPITOLO 1 – TECNOLOGIA DEI CIRCUITI IBRIDI IN FILM SOTTILE
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1.2 PRODUZIONE DELLE MASCHERE
Il primo passo verso la creazione delle forme geometriche costituenti il circuito è la
creazione delle maschere che verranno utilizzate durante il processo di fotolitografia. Le
fotomaschere sono substrati di elevata planarità e trasparenza sui quali sono riprodotte
con elevata precisione , in scala 1:1, le strutture conduttrici o resistive del circuito che si
vuole costruire; genericamente vengono realizzate in vetro o in particolari pellicole.
Possono essere prodotte sia manualmente che automaticamente.
Nella produzione manuale di fotomaschere le strutture richieste dal circuito
(o “layout”) sono generalmente in scala 10:1, incise su un doppio foglio costituito da un
foglio chiaro ed uno rosso opaco che viene tagliato ed asportato nelle zone richieste dal
“layout”. Questa operazione viene svolta da un coordinatagrafo, cioè da una macchina
in grado di muovere con un’accuratezza di ±20 µm un attrezzo di taglio. Il foglio è
successivamente ridotto di un fattore 10 per produrre le fotomaschere (con una
accuratezza di ±2 µm). In determinate situazioni l’originale può anche essere realizzato
manualmente (senza il coordinatagrafo)[1].
Nella produzione automatica vengono utilizzati dei sistemi CAD in grado di fornire
maschere dalle corrette dimensioni. Il software CAD, sul quale viene disegnato il
circuito, è in grado di convertire le informazioni ricevute in comandi (genericamente in
formato GERBER o ORBOTECH) che pilotano un fotoplotter, il quale riproduce il
“layout” in scala 1:1 nella emulsione fotosensibile di una pellicola fotografica ad
elevata risoluzione. Sviluppando quest’ultima si ottiene una riproduzione del circuito in
zone opache e trasparenti.
Le fotomaschere possono essere diverse a seconda del circuito che si desidera
realizzare: una per i conduttori, una per i resistori, una per il retro, una per i fori
metallizzati, ecc.
CAPITOLO 1 – TECNOLOGIA DEI CIRCUITI IBRIDI IN FILM SOTTILE
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1.3 FOTOLITOGRAFIA
La fotolitografia è una tecnica, utilizzata anche nei circuiti monolitici, che consiste
nel trasferimento del un modello di un circuito, utilizzando tecniche ottiche, su un
polimero fotoattivo detto fotoresist.
I fotoresist sono materiali che, se sottoposti all’esposizione di raggi
ultravioletti (UV), subiscono un marcato cambiamento di solubilità. Quelli commerciali
normalmente contengono fotosensibilizzanti, cioè composti organici che assorbono
energia radiante, su una larga regione dello spettro, trasferendola ai centri attivi del
polimero che iniziano le reazioni chimiche. I fotoresist, utilizzati nella tecnologia
planare di semiconduttori e circuiti in film sottile, devono essere:
(a) capaci di riprodurre le immagini con eccellente accuratezza ed alta risoluzione;
(b) insensibili ai diversi tipi di attacchi;
(c) facilmente e totalmente rimovibili;
(d) sicuri da maneggiare.
A seconda della natura dei cambiamenti fotochimici in solubilità si dividono in due
classi:
1) fotoresist positivi, i quali sotto l’azione di raggi UV subiscono reazioni di
decomposizione fotochimiche, che colpiscono i loro momenti di dipolo
aumentandone la solubilità in certi solventi. Per questo le regioni su cui non deve
essere rimosso il conduttore vanno protette dall’esposizione agli UV, mentre quelle
dove va asportato devono essere trasparenti.
2) fotoresist negativi, i quali sotto l’azione di raggi UV subiscono reazioni di
“cross-linking”, che ne diminuiscono la solubilità in certi solventi. Per questo è
necessario che le regioni su cui non deve essere rimosso il conduttore siano
trasparenti, mentre quelle dove va asportato vanno protette dall’esposizione
agli UV;
Gli strati protettivi ottenibili con i fotoresist positivi sono più sottili di quelli
ottenibili con i negativi; inoltre in commercio è più semplice reperire i primi perché più
facili da utilizzare.
Uno dei passi più critici del processo fotolitografico è l’esposizione ai raggi UV, in
quanto è in questo stadio avviene il cambiamento della solubilità.
CAPITOLO 1 – TECNOLOGIA DEI CIRCUITI IBRIDI IN FILM SOTTILE
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La definizione del modello sul fotoresist avviene in due passi:
a) formazione di un’immagine latente sul fotoresist, mediante esposizione ai raggi UV;
b) sviluppo di questa immagine fino al raggiungimento della struttura tridimensionale.
La qualità e la fedeltà dell’immagine latente sono governate da fisica e chimica
dell’esposizione.
Un tipico processo di utilizzo del fotoresist è mostrato nello schema a blocchi di
Fig.1.2.
La deposizione del fotoresist può avvenire mediante varie tecniche, tra le quali
citiamo l’utilizzo di bombolette spray, l’immersione, la ricopertura mediante pennello e
la stesura tramite uno spinner (“spin coating”). L’ultima, che consiste nel rivestimento
del substrato stendendo il polimero mediante uno spinner (centrifuga), è composta da
quattro passi:
a) inondamento del substrato con il fotoresist;
b) accelerazione al desiderato numero di giri (rpm);
c) rotazione a velocità costante;
d) decelerazione ed arresto.
Si depone una idonea quantità di fotoresist all’interno del substrato, si ruota
quest’ultimo ad un basso rpm (per consentire la stesura di un film liquido uniforme) e si
accelera fino al raggiungimento della velocità finale desiderata; dopo un tempo
adeguato si arresta la rotazione in modo più o meno brusco. I parametri che governano
la velocità e lo spessore del film comprendono la composizione del polimero, il peso
molecolare, la concentrazione della soluzione (viscosità), la velocità angolare,
l’accelerazione dello spinner, ecc. Lo spessore t del film di fotoresist dipende dalla
velocità angolare secondo la seguente funzione:
αωkt =
dove α e k sono delle costanti.
Durante lo “spin coating” possono generarsi dei difetti, nel qual caso sono osservabili
e distribuiti radialmente. Le condizioni che governano l’uniformità del film ed i difetti
di densità includono: la pulizia dell’ambiente, il controllo della temperatura e
dell’umidità, l’integrità meccanica dello spinner. L’operazione di ricopertura deve
avvenire in ambienti ad elevata pulizia (“camere bianche”).
CAPITOLO 1 – TECNOLOGIA DEI CIRCUITI IBRIDI IN FILM SOTTILE
___________________________________________________________________________________
17
Deposizione Fotoresist
Soft-bake
Esposizione
Sviluppo
Hard-bake
Attacco o Crescita Galvanica
Strip
Fig. 1.2 –Schema a blocchi semplificato di un processo fotolitografico.
CAPITOLO 1 – TECNOLOGIA DEI CIRCUITI IBRIDI IN FILM SOTTILE
___________________________________________________________________________________
18
Dopo lo “spin coating” il fotoresist viene precotto (polimerizzazione mediante
“soft-bake”) ed esposto ai raggi ultravioletti (λ=350÷450nm). Una delle tecniche
fotolitografiche più comuni è la stampa a contatto, nella quale la maschera viene fatta
aderire al fotoresist e quindi esposta agli UV. La definizione della zona impressionata
dipende, oltre che dalla qualità del fotoresist, anche dalla presenza di ombre dovute alla
maschera; per questo l’esposizione va effettuata con fasci di luce piani e paralleli. Un
inconveniente della tecnica a contatto risulta essere il danneggiamento della maschera
per usura; infatti gli sfregamenti di quest’ultima possono portare ad un danneggiamento
della stessa, in particolar modo quando il suo utilizzo avviene nella produzione di un
elevato numero di circuiti. Una prima soluzione al problema è l’utilizzo di copie
derivate da un originale (“master”), anche se la soluzione più utilizzata è la tecnica
“in prossimità”; questa consiste nel mantenere uno spazio tra maschera e substrato per
minimizzarne il danneggiamento, a spese della risoluzione (infatti in questo modo il
fenomeno di diffrazione comincia ad una maggior distanza dal substrato). Le capacità di
una tecnologia fotolitografica sono valutate rispetto a cinque criteri principali:
(a) sensitività e contrasto;
(b) risoluzione;
(c) controllo delle larghezze delle linee;
(d) difetti di densità;
(e) resistenza all’attacco.
La sensitività ed il contrasto di un fotoresist sono determinati principalmente dalla
composizione chimica, dai parametri molecolari e dalle proprietà fisiche dei polimeri.
La sensitività è definita come l’energia incidente, per unità d’area, necessaria per
ottenere la risposta chimica desiderata dal fotoresist:
A
ED =
dove E è l’energia incidente ed A è l’area esposta. Entrambe possono essere misurate
sperimentalmente, variando la dose di radiazione e misurando lo spessore dopo lo
sviluppo.
La risoluzione è determinata dalla strumentazione, dal materiale e da considerazioni
di processo.
CAPITOLO 1 – TECNOLOGIA DEI CIRCUITI IBRIDI IN FILM SOTTILE
___________________________________________________________________________________
19
Il controllo della larghezza delle linee si riferisce alla necessità di mantenere, sul
substrato, le corrette dimensioni delle configurazioni.
Una densità disomogenea può dar luogo a vari difetti: contaminazioni, macchie
opache, buche piccole e grandi, eccesso di materiale, mancanza di adesione, intrusione,
graffi, ecc.
La resistenza all’attacco consiste nell’abilità del polimero a resistere all’ambiente
attaccante durante il trasferimento del modello; questa include anche l’adesione del
fotoresist.
Il passo successivo è lo sviluppo del fotoresist, cioè l’asportazione del materiale che
non deve proteggere le geometrie del circuito dai successivi attacchi chimici, mediante
l’utilizzo di particolari soluzioni dipendenti dal fotoresist utilizzato. Segue una
post-cottura (“hard-bake”), per renderlo più resistente, e quindi le operazione di
incisione chimica o crescita galvanica.
Il passo finale del processo fotolitografico è l’eliminazione del fotoresist rimasto
dopo lo sviluppo (“stripping”); si effettua immergendo il substrato in apposite sostanze
fino alla completa eliminazione del fotoresist rimasto. È importante che la procedura di
“stripping” non alteri il film sottostante o induca contaminazioni che possano
deteriorare eventuali successivi passi fotolitografici.
1.4 INCISIONE DEGLI STRATI DEPOSTI
Dopo la deposizione del fotoresist, l’impressione e lo sviluppo dello stesso, bisogna
asportare le zone di materiale conduttore o resistore non facenti parte della geometria
del circuito. Questa operazione avviene normalmente immergendo la piastrina in una
soluzione contenente acidi idonei all’attacco del materiale da rimuovere. Generalmente,
per garantire un attacco uniforme su tutta la superficie del substrato, si usa agitare la
soluzione; questa operazione, che nei casi meno critici è fatta manualmente, viene
solitamente svolta in delle “vaschette d’incisione”, cioè delle macchine che creano il
movimento mediante la creazione di bolle d’aria, schiume, ecc. Un problema della
tecnica ad incisione è che se la piastrina viene immersa per un tempo maggiore di quello
necessario all’asportazione del materiale non protetto, l’acido inizia ad attaccare anche
la zona coperta dal fotoresist, iniziando dai bordi (sottoincisione). Per evitare questi
CAPITOLO 1 – TECNOLOGIA DEI CIRCUITI IBRIDI IN FILM SOTTILE
___________________________________________________________________________________
20
problemi si usa ricavare le geometrie dei conduttori utilizzando un altro metodo: si
deposita sul substrato un sottile strato del materiale, su cui viene deposto e sviluppato il
fotoresist, facendo in modo di lasciare non protetta la parte su cui si desidera ottenere il
conduttore; si raggiunge lo spessore desiderato accrescendo quest’ultimo
elettroliticamente. Infine, dopo aver tolto il fotoresist rimanente, si elimina la parte di
conduttore non necessaria eseguendo un nuovo processo di fotoincisione. In questo
modo si ottengono delle geometrie con bordi più ripidi e, quindi, strutture dalla maggior
precisione ed accuratezza.
Siccome sui materiali RT/duroid lo strato di conduttore è già presente noi
utilizzeremo la prima tecnica illustrata, facendo particolare attenzione alla durata del
tempo in cui la piastrina verrà immersa nell’acido.
1.5 TARATURA DEI COMPONENTI
Generalmente la taratura dei componenti è possibile solo per i resistori integrati,
qualche volta per i conduttori ed occasionalmente per le capacità integrate. Bisogna
distinguere tra taratura del componente, che consiste nella variazione del valore di un
singolo elemento, e taratura del sistema, che consiste nel raggiungere le prestazioni
desiderate dal circuito cambiando il valore di un elemento; quest’ultima è generalmente
più costosa, a causa delle attrezzature di test utilizzate e perché le prestazioni sono
influenzate da più elementi.
Per la taratura dei resistori i metodi più utilizzati sono:
• abrasione a sabbia: asporta meccanicamente con getto di sabbia porzioni di film
resistivo, alterando la forma del resistore;
• fascio laser: asporta, mediante evaporazione, porzioni di film, alterando anch’esso la
forma del resistore.
La taratura dei conduttori consiste nel cambiamento delle lunghezze dei circuiti
aperti, cortocircuiti, linee di connessione ed, alle alte frequenze, delle capacità dei
condensatori superficiali e delle induttanze degli induttori a spirale. Le tecniche più
utilizzate sono l’abrasione, l’asportazione mediante laser, l’utilizzo di cavi di
connessione e l’aggiunta di strisce [1];
CAPITOLO 1 – TECNOLOGIA DEI CIRCUITI IBRIDI IN FILM SOTTILE
___________________________________________________________________________________
21
1.6 MONTAGGIO ED IBRIDIZZAZIONE
Prima del montaggio la piastrina viene tagliata a laser, con sega a diamante, ecc.
Segue poi il montaggio (attraverso saldatura a caldo o mediante colle conduttive) del
substrato in un contenitore metallico ed il montaggio dei componenti ibridi, quali
capacità, diodi, transistor, connettori, ecc.
Le tecniche più comunemente usate per la saldatura sono:
• termocompressione con bandelline d’oro;
• saldatura a caldo utilizzando particolari leghe contenenti stagno, indio e piombo.
1.7 TARATURA DEL CIRCUITO E TEST ELETTRONICO FINALE
A questo punto il circuito viene provato e tarato nel laboratorio di misure, asportando
i materiali con il trapano o aggiungendo delle macchiette di argento colloidale, fino al
raggiungimento delle condizioni di funzionamento desiderate.
Capitolo 2
Progetto ed ottimizzazione dei circuiti di test
INTRODUZIONE
Per non ridurre la messa a punto del processo di realizzazione di circuiti a
microstriscia con la tecnologia in film sottile ad un mero esercizio di costruzione di
forme geometriche ad elevata precisione, ma di scarso interesse dal punto di vista
elettromagnetico, si è deciso di progettare quattro circuiti di test. La scelta è ricaduta su
un filtro passa-banda a 10 GHz, un filtro passa-basso a 4.5 GHz e due accoppiatori
direzionali a 3 dB, uno ad anello risonante e l’altro di tipo “branch”. Questi
consentiranno la valutazione dell’influsso di eventuali errori realizzativi su circuiti a
banda larga e a banda relativamente stretta operanti a frequenze diverse; inoltre
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
23
permetteranno il confronto della produzione di strutture dal medesimo comportamento
elettromagnetico ma dalle differenti geometrie (i due accoppiatori).
I filtri sono componenti in grado di eseguire una selezione in frequenza. Nel campo
delle microonde possono essere definiti come un circuito a due bocche, schematizzabile
come doppio dipolo, che permette il passaggio dei segnali occupanti le bande di
frequenza che si desidera lasciar passare, e ne arresta altri che occupano bande di
frequenza che si desidera non trasmettere. A seconda della posizione che assumono,
nello spettro delle frequenze, la banda passante e quella arrestata, si è soliti classificare i
filtri come passa-basso, passa-alto, passa-banda, arresta-banda. Siccome ad alta
frequenza le dimensioni dei circuiti diventano paragonabili alla lunghezza d’onda, non è
possibile trascurare le variazioni di fase connesse alla propagazione delle onde, quindi i
filtri non possono essere costruiti con elementi concentrati (condensatori, induttanze,
resistenze) ma devono essere realizzati mediante elementi distribuiti. Questo implica
l’impossibilità di ottenere una singola banda passante (cosa possibile nel caso di
progetto a costanti concentrate), poiché al crescere di ω sarà presente una successione
infinita di bande passanti separate da bande oscure.
Gli accoppiatori direzionali sono delle giunzioni a quattro bocche (vedi Fig. 2.15)
aventi nel caso ideale le seguenti proprietà: un’onda incidente sulla porta 1 accoppia
potenza sulla porta 2 e 3, ma non sulla porta 4; allo stesso modo la potenza incidente
sulla porta 4 è accoppiata sulla porta 2 e 3 ma non sulla porta 1; così si ha
disaccoppiamento tra le porte 1 e 4. Per onde incidenti sulla porta 2 o 3, la potenza è
accoppiata solo sulle porte 1 e 4, in modo che anche le porte 2 e 3 sono disaccoppiate.
In più tutte le porte sono adattate. Gli accoppiatori direzionali sono largamente utilizzati
nella tecnica delle misura come ponti d’impedenza, per il monitoraggio di potenza ed in
particolare come riflettometri. Se l’accoppiatore è progettato per avere un
accoppiamento di 3 dB, divide la potenza entrante sulla porta 1 a metà tra la porta 2 e 3
dando origine ad un divisore di potenza. Gli accoppiatori direzionali a 3 dB sono anche
chiamati giunzioni ibride e sono largamente utilizzati per realizzare convertitori e
modulatori bilanciati, mixers a microonde, diplexer e duplexer d’antenna, ecc.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
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24
Obiettivo di questo capitolo è ricavare le forme geometriche e le dimensioni dei
quattro circuiti di test, che verranno realizzati seguendo il processo illustrato nel
capitolo 3.
Siccome la strumentazione che verrà usata per la misurazione dei circuiti utilizza
connettori aventi impedenza di 50 Ω, nei seguenti capitoli l’impedenza caratteristica Z0
delle linee di connessione in microstriscia è da intendersi del medesimo valore.
2.1 FILTRO PASSA-BANDA
Nel seguente paragrafo si spiegherà come avviene la progettazione di un filtro
passa-banda passando attraverso il prototipo passa-basso. Si mostrerà il passaggio dal
circuito ad elementi concentrati a quello ad elementi distribuiti e si illustrerà con quali
criteri di ottimizzazione il filtro è stato migliorato mediante opportuni software, in modo
di ottenere la risposta in frequenza desiderata, compatibilmente alle specifiche
necessarie per la realizzazione fisica del progetto mediante gli strumenti a nostra
disposizione.
2.1.1 Considerazioni di progetto di un filtro passa-banda
La progettazione di filtri viene generalmente impostata partendo da un filtro
prototipo a elementi concentrati, determinando i valori degli elementi che lo
compongono in funzione della frequenza, a partire dalle specifiche richieste. Ci si deve
quindi ricondurre alla individuazione di una struttura a costanti distribuite che abbia un
circuito equivalente, nella banda di frequenza di applicazione, il più possibile
coincidente a quello di un filtro a costanti concentrate progettato per soddisfare le
specifiche di progetto.
Generalmente si utilizza come caratteristica di trasmissione del filtro l’andamento in
frequenza del rapporto perdita di inserzione (o più semplicemente attenuazione)
definito come rapporto αi [Neper] tra la potenza P0 disponibile dal generatore e quella
PL erogata effettivamente al carico:
( )L
0
P
P log 10=dbiα
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
25
I due filtri prototipo maggiormente utilizzati sono:
• prototipo alla BUTTERWORTH o a risposta massimamente piatta, che ha un
andamento di αi il più possibile prossimo all’asse delle frequenze nell’intorno della
frequenza di taglio, per un dato numero di elementi n;
• prototipo alla CHEBYSHEV o ad ondulazione costante che, per un dato n, permette
di realizzare la salita più rapida di αi fuori della banda passante.
Noto il filtro prototipo passa-basso è possibile passare facilmente a filtri passa-banda
operanti nell’intervallo di frequenza desiderato:
se poniamo
−
−=
ωω
ωω
ωωωω
12
' dove 12ωωω =
ω′ = frequenza angolare nel filtro prototipo (il prototipo passa basso ha pulsazione di
taglio rad/sec 1=′pω ), ω2 = pulsazione di taglio superiore del filtro, ω1 = pulsazione di
taglio inferiore del filtro, si ottiene una perdita di inserzione del tipo passa-banda. Il
modello ad elementi concentrati, composto da circuiti risonanti LC serie e parallelo
accordati alla pulsazione
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
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26
La presenza contemporanea di entrambi i tipi di risuonatori - serie e parallelo -
comporta dei problemi di realizzazione fisica. Infatti non esistono strutture di
risuonatori a microstriscia del medesimo tipo che, oltre a consentire un accoppiamento
elettromagnetico, permettano di realizzare simultaneamente risuonatori serie e parallelo.
Per ovviare a questo inconveniente è possibile ricorrere a filtri passa-banda realizzati
con risuonatori a microstriscia accoppiati parallelamente [2]. Per ottenere la risonanza,
ogni elemento risonante deve essere di lunghezza pari a λg/2 o ad un suo multiplo (λg è
la lunghezza d’onda in microstriscia alla frequenza centrale del filtro). Il massimo
accoppiamento ottenibile tra due risuonatori paralleli si ha quando la regione di
accoppiamento è lunga λg/4, o un multiplo dispari di essa. Assumendo una
propagazione quasi-TEM, la regione di accoppiamento può supportare due modi base di
propagazione, che dipendono dall’eccitazione delle due linee [5]. Questi modi sono
chiamati pari e dispari:
• il modo pari si presenta quando sulle due linee agiscono segnali di uguale polarità
ed intensità, il che equivale ad avere una “parete magnetica” in corrispondenza
dell’asse di simmetria, dove i campi elettrici sono tangenziali; questa
“parete magnetica” può anche essere intesa come circuito aperto;
• il modo dispari si presenta quando sulle due linee agiscono segnali di uguale
intensità ma di polarità opposta, il che equivale ad avere una “parete elettrica” in
corrispondenza dell’asse di simmetria, dove i campi elettrici sono perpendicolari;
questa “parete elettrica” può anche essere intesa come un cortocircuito.
Ad ognuno di questi due modi è associata una impedenza caratteristica ed una
costante di fase, Z0e e βe per il modo pari e Z0o e βo per il modo dispari, dalle quali si
ricaveranno le dimensioni fisiche del circuito. Si otterrà un accoppiamento tanto
maggiore quanto più stretta sarà la spaziatura tra i due risuonatori.
La forma generale del circuito a microstriscia sarà quella mostrata in Fig. 2.2, dove
l1,….,l4 ! λg/4.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
27
WZ0
S 1
S 1
S 2
S 3
S4
S3
S 2
W1
W1 W2
W2 W3
W3 W4
W4 W3
W3 W2
W2 W1
W1 WZ0
l1 l2 l3 l4 l3 l2 l1
Fig. 2.2 – Configurazione generale di un filtro passa-banda con sette elementi
risonanti accoppiati parallelamente.
Assumendo che questa semplice cascata di accoppiatori paralleli in microstriscia
possa essere intesa come l’insieme di una rete di risuonatori paralleli e di invertitori, è
possibile disegnare il circuito approssimativo mediante i seguenti quattro passi:
(a) determinare il tipo di circuito risonante in grado di realizzare le specifiche del
filtro prototipo originale;
(b) valutare, dai parametri del circuito, le impedenze caratteristiche di ordine pari e
dispari, Z0e e Z0o, da applicare all’accoppiatore parallelo in microstriscia;
(c) ricavare, per gli accoppiatori, i valori di larghezza e spaziatura (W, S) che
forniscano i parametri Z0e e Z0o del passo precedente;
(d) calcolare la lunghezza completa 2l′ dei risuonatori, che deve essere leggermente
più corta di λg/2, e quindi la lunghezza l′ della regione di accoppiamento, che
diventa leggermente inferiore a λg/4.
Gli accorciamenti devono essere fatti per compensare gli effetti di circuito
semi-aperto presenti alla fine di ogni elemento a microstriscia del circuito. Le
deviazioni dal modello ideale, dovute all’approssimazione di quello appena descritto,
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
28
sono considerate piccole, probabilmente inferiori agli errori inerenti alle varie teorie
sull’argomento che sono approssimate.
2.1.2 Progetto ed ottimizzazione di un filtro passa-banda a 10 GHz
La fase di progettazione del filtro avverrà in due passi:
a) preliminarmente si ricaveranno le dimensioni degli elementi del filtro utilizzando
formule approssimate;
b) i dati così ricavati saranno successivamente utilizzati come base di partenza per
l’ottimizzazione del filtro stesso, che avverrà mediante l’utilizzo di software
specifici in grado di analizzare il problema elettromagnetico in modo approfondito.
Il substrato di cui si dispone per la realizzazione fisica del filtro è l’RT/duroid 5870
avente costante dielettrica relativa 2.33 e spessore del dielettrico 787 µm
(vedi APPENDICE A). Si è deciso di realizzare un filtro passa-banda di tipo Chebyshev
avente frequenza centrale a 10 GHz ed una banda passante del 10%; sia T=0.01 dB il
massimo valore di αi tollerato in banda e si imponga che a 9 GHz αi sia superiore a
25 dB ed a 11 GHz non sia inferiore a 23 dB (Fig. 2.3).
Sapendo che rad/sec 10 753362 912 .== ωωω si ricava:
• per la frequenza di 9 GHz
0833.212
−=
−
−=′
ωω
ωω
ωωωω e quindi 1.08331 =−′ω
• per la frequenza di 11 GHz
9318.112
=
−
−=′
ωω
ωω
ωωωω e quindi 9318.01=−′ω
Dal grafico di Fig. 2.4 si ricava che, per entrambe le frequenze, il minimo valore di n
in grado di soddisfare le specifiche desiderate risulta essere 5.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
29
Frequenza - [G Hz ]11=10759=975T=0.0125Perdita di Inserzione - [dB]23Fig. 293 –Maschera teorica del filtro passa-banda a 10lGHz.0
1 0
2 0
3 0
4 0
5 0
6 0
7 0 0 . 0 1 0 . 1 1 1 0| '|-1Parametri di Scattering - [dB]
n=1n=2n=3n=4n=5n=6n=7n=8n=9n=10Fi g. 204 – Curve caratteristiche di un filtro Chebyshev con ripple di 0.01 dB.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
30
Dalla Tab. 2.1 si ricavano i seguenti valori dei parametri gi:
7563051 .gg ==
3049142 .gg ==
577313 .g =
1=r
n g1 g2 g3 g4 g5 g6 g7 g8 g9 g10 g11
1 0.0960 1.0000
2 0.4488 0.4077 1.1007
3 0.6291 0.9702 0.6291 1.0000
4 0.7128 1.2003 1.3212 0.6476 1.1007
5 0.7563 1.3049 1.5773 1.3049 0.7563 1.0000
6 0.7813 1.3600 1.6896 1.5350 1.4970 0.7098 1.1007
7 0.7969 1.3924 1.7481 1.6331 1.7481 1.3924 0.7969 1.0000
8 0.8072 1.4130 1.7824 1.6833 1.8529 1.6193 1.5554 0.7333 1.1007
9 0.8144 1.4270 1.8043 1.7125 1.9057 1.7125 1.8043 1.4270 0.8144 1.0000
10 0.8196 1.4369 1.8192 1.7311 1.9362 1.7590 1.9055 1.6527 1.5817 0.7446 1.1007
Tab. 2.1 – Valori degli elementi per filtri Chebyshev aventi T=0.01 dB, ω′p=1.
Fra i possibili metodi di sintetizzazione disponibili si è deciso di utilizzare quello di
Cohn le cui formule, nel caso di risposta equi-ripple, hanno un’eccellente accuratezza
per larghezze di banda fino al 30% [3]. Per larghezza di banda maggiori sono
disponibili altre teorie. Le caratteristiche dei filtri ottenuti con questo metodo sono
molto interessanti:
• Le dimensioni del filtro sono piuttosto contenute.
• La prima risposta spuria sopraggiunge ad una frequenza pari a circa tre volte quella
centrale del filtro.
• L’ampia spaziatura presente tra microstrisce adiacenti permette tolleranze di
fabbricazione rilassate ed inoltre consente la trasmissione di grosse potenze.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
31
In Fig. 2.5 è illustrato il layout del filtro: questo è costituito da n+1 sezioni che danno
origine a n risuonatori. Le sezioni sono, all’incirca, di lunghezza uguale (λg/4) e di
larghezza univocamente determinata, mediante le impedenze di modo pari, Z0e, e
dispari, Z0o. Si ottiene quindi:
GHz 102
210 =+= ff
f2
,,,
ii
i
efforeffereffr
εεε
+=
ieffr
gif
c
,0 ελ =
4gi
ilλ
=
dove ieffr ,ε è la costante dielettrica relativa efficace [1]. L’introduzione di questo
parametro permette di studiare la propagazione nella microstriscia come se il mezzo
circostante fosse omogeneo. Infatti si può immaginare che l’onda si propaghi con un βgi
ottenuto risolvendo il problema elettromagnetico riguardante la presenza
contemporanea di due mezzi, il dielettrico e l’aria. Come si è visto nel paragrafo 2.1.1
i risuonatori a microstriscia accoppiati parallelamente supportano un modo pari ed un
modo dispari, ai quali sono associati due costanti dielettriche relative efficaci, ieffer ,ε ed
ieffor ,ε . Dato che il valore di li deve essere univoco si è calcolata λgi approssimando ieffr ,ε
con la media aritmetica di ieffer ,ε ed
ieffor ,ε .
Le impedenze caratteristiche degli invertitori sono date dalla formula:
2
1
112
12
,1
0 1
+−
′=
−− iipii ggff
ff
K
Z
ωπ
nella quale i valori delle gi sono quelli di Tab. 2.1, ad esclusione di g0 e gn+1 che
vengono calcolati nel seguente modo:
+−
′=
12
120 ff
ff
rg
pωπ
+−
′=+
12
121 ff
ffg
pn ω
π
dove ω′p=1 rad/sec è la frequenza di taglio del filtro prototipo passa-basso.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
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32
Infine si ricavano i valori delle impedenze di modo pari e di modo dispari come
segue:
11,...., 1
2
1
0
1
000 +=
++=
−−
ni,K
Z
K
ZZZ
i,ii,iei
11,...., 1
2
1
0
1
000 +=
+−=
−−
ni,K
Z
K
ZZZ
i,ii,ioi
Il passaggio dalle impedenze alle dimensioni fisiche degli accoppiatori in
microstriscia avviene mediante l’utilizzo di un software: il WINLINE (progettato da
Steve Maas ed Art Nichols). Questo software, l’attendibilità del quale è stata appurata
simulando esempi predefiniti e controllando la coerenza dei risultati, è in grado di
fornire i valori Z0e, Z0o, εr,effe, εr,effo una volta ricevute le caratteristiche del substrato e le
dimensioni della regione di accoppiamento.
I valori numerici vengono mostrati in Tab. 2.2.
gi Z0ei [Ω] Z0oi [Ω] Wi [µm] Si [µm] li [µm]
i=0 0.15708
i=1 0.7563 83.1715 37.5980 1487 64 5459
i=2 1.3049 59.1560 43.3441 2119 570 5345
i=3 1.5773 56.0739 45.1249 2185 930 5326
i=4 1.3049 56.0739 45.1249 2185 930 5326
i=5 0.7563 59.1560 43.3441 2119 570 5345
i=6 0.15708 83.1715 37.5980 1487 64 5459
Tab. 2.2 – Dimensioni di progetto del filtro passa-banda a 10 GHz.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
33
WZ0
W1
W1 W2
W2 W3
W3 W3
W3 W2
W2 W1
W1
WZ0
S1
S2
S3
S3
S2
S1
l1 l2 l3 l1l3 l2
Fig. 2.5 – Layout di un filtro passa-banda a 10 GHz realizzato con 5 risuonatori.
CFCD
CDCF
CF
CF
CFCD
CDCF CF
CF CFCD
CF CFCD
CF CD
Fig. 2.6 – Effetti trascurati nella progettazione del filtro di Fig. 2.5.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
34
Nel progetto di questo filtro sono state fatte diverse approssimazioni tra le quali:
• si sono considerati gli estremi dei risuonatori come dei circuiti aperti, mentre in
realtà sono sede di accoppiamenti capacitivi verso massa, schematizzabili con le
capacità di fringing CF di Fig. 2.6, di cui si dovrebbe tenere conto accorciando la
lunghezza della regione di accoppiamento di un valore dipendente dalla capacità
stessa [4] (vedi Fig. 2.2);
• si è trascurato l’effetto dei salti di impedenza fra le varie regioni di accoppiamento,
che conduce a delle brusche variazioni di larghezza della linea in microstriscia (step)
il cui comportamento è schematizzabile con le capacità CD di Fig. 2.6;
• le lunghezze delle regioni di accoppiamento vengono calcolate alla frequenza
centrale del filtro e non tengono conto delle altre frequenze presenti in banda.
Tutto questo comporta la necessità di simulare ed ottimizzare il circuito progettato. Il
software utilizzato a tale scopo è il MICROWAVE OFFICE (distribuito dalla
Applied Wave Research, Inc. e progettato dal Dr. Stephan A. Maas ) che è in grado di
analizzare le strutture fornitegli usando modelli circuitali degli elementi distribuiti
utilizzati (vedi APPENDICE B).
La simulazione del filtro progettato in Tab. 2.2 fornisce la risposta di Fig. 2.7. Come
si nota non corrisponde alle specifiche di progetto:
• la banda del filtro non è quella specificata ma è spostata di circa 0.5 GHz;
• non compaiono tutte e cinque i minimi di |S11|;
• nella banda passante S11 non è inferiore ai –26.4 dB come dovrebbe essere nel caso
di T=0.01 dB.
Si deve quindi procedere alla ottimizzazione del filtro mediante il
MICROWAVE OFFICE. In esso è possibile definire, per le variabili di uscita
desiderate, dei “goals” che l’ottimizzatore cercherà di soddisfare variando i parametri
selezionati dall’utente in un intervallo di valori opportunamente imposto. Ad ogni
variazione viene effettuata un’analisi e viene determinato il valore di un’opportuna
funzione di errore (rappresentante la distanza tra la funzione obiettivo e la risposta del
componente); il processo si interrompe quando quest’ultima ha raggiunto il valore
minimo. Nel nostro caso si è deciso di consentire la variazione delle larghezze,
spaziature e lunghezze di accoppiamento di tutti i risuonatori paralleli imponendo, come
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
35
-60
-50
-40
-30
-20
-10
0
8 8.5 9 9.5 10 10.5 11 11.5 12
Frequenza - [GHz]
Pa
ram
etr
i di S
catt
eri
ng
- [
dB
]
S11 [dB] S21 [dB]
Fig. 2.7 – Risposta del filtro progettato, avente le dimensioni di Tab. 2.2.
vincolo principale, la conservazione delle simmetrie del circuito. Si sono inoltre scelti
degli intervalli tali da non snaturare la geometria del circuito e da non permettere il
raggiungimento di valori fisicamente irrealizzabili. Questo comporta, ad esempio, la
necessità di impedire che la minima spaziatura fra i risuonatori possa essere inferiore
ai 50 µm, che per la tecnologia a nostra disposizione è un valore limite. Le prove
eseguite sui vari ottimizzatori messi a disposizione dal software hanno condotto
all’utilizzo prevalente della Simplex Optimization anche se, in determinate situazioni, si
è dovuto ricorrere alla Random (Local) ed alla Gradient Optimization
(vedi APPENDICE B). Per non sovraccaricare il programma si è eseguita
l’ottimizzazione in passi successivi, variando i “goals” da attribuire ad S11 ed S21 a
seconda dei risultati ottenuti dal passo precedente; si è deciso inoltre di trascurare le
perdite del substrato e del metallo. Si sono definiti i seguenti tre “goals”:
a) S21 inferiore al valore LIVELLO1 per frequenze minori di FREQ1≤9 GHz;
b) S11 inferiore al valore LIVELLO2 nella banda di frequenza 9.5÷10.5 GHz;
c) S21 inferiore al valore LIVELLO3 per frequenze maggiori di FREQ3≥11 GHz.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
36
Inizialmente si è imposto un LIVELLO2 = -30 dB, LIVELLO1 = LIVELLO3 = -20 dB,
FREQ1 = 8 GHz, FREQ3 = 11 GHz in modo di spostare la banda passante nelle
frequenze di progetto; in seguito si sono variati questi parametri fino ad ottenere un
compromesso che consentisse di raggiungere i minimi valori di LIVELLO1,
LIVELLO2, LIVELLO3, sapendo che i valori finali di FREQ1 e FREQ3 dovevano
essere 9 GHz e 10 GHz, come richiesto dalla maschera teorica di Fig. 2.3. Le
dimensioni ottenute dalla ottimizzazione, che per essere compatibili con il fotoplotter
mediante il quale si sono realizzate le maschere devono essere arrotondate a multipli di
12.7 µm (vedi Capitolo 3), sono mostrate in Tab. 2.3 e generano la risposta di Fig. 2.8.
Da un punto di vista ingegneristico si può osservare che il grafico ottenuto presenta un
buon accordo con le curve di progetto.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
37
Wi [µm] Si [µm] li [µm]
i=1 1003 152 5169
i=2 1511 635 5042
i=3 1930 851 5042
i=4 1930 851 5042
i=5 1511 635 5042
i=6 1003 152 5169
Tab. 2.3 – Dimensioni del filtro passa-banda a 10 GHz ottimizzato.
-60
-50
-40
-30
-20
-10
0
8 8.5 9 9.5 10 10.5 11 11.5 12
Frequenza - [GHz]
Pa
ram
etr
i di S
catt
eri
ng
- [
dB
]
S11 [dB] S21 [dB]
Fig. 2.8 – Risposta del filtro ottimizzato, avente le dimensioni di Tab. 2.3.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
38
2.2 FILTRO PASSA-BASSO
Nel seguente paragrafo ripercorreremo per il filtro passa-basso i passaggi
precedentemente visti per il filtro passa-banda.
2.2.1 Considerazioni di progetto di un filtro passa-basso
Come illustrato nel Paragrafo 2.1 la progettazione di un filtro avviene passando
attraverso le specifiche del prototipo passa-basso, che è un dispositivo fisicamente
realizzabile nel quale si ha una pulsazione di taglio rad/sec 1=′pω ed una resistenza di
carico pari ad un Ohm. Il passaggio da quest’ultimo ad un filtro passa-basso avente
banda diversa da 1 rad/sec avviene nel seguente modo:
se poniamotω
ωω =′ trasformiamo l’intervallo ( )pω′,0 dell’asse ω′ (banda
passante del prototipo) nell’intervallo ( )t,ω0 dell’asse ω; l’intervallo ( )∞,1 dell’asse ω′
(banda oscura del prototipo) nell’intervallo ( )∞,tω dell’asse ω. Il modello ad elementi
concentrati, composto da capacità trasversali ed induttanze longitudinali, è mostrato in
Fig. 2.9. Le reattanze e suscettanze del circuito sono rispettivamente date da:
ωω
=
t
ii
gX ω
ω
=
t
ii
gB
dove i coefficienti gi dipendono dal filtro prototipo Butterworth o Chebyshev
considerato e dalle specifiche del filtro progettato. Il loro valore può essere ricavato sia
da apposite formule che da apposite tabelle.
Per passare dal circuito a parametri concentrati a quello a parametri distribuiti si
utilizza una teoria approssimata nella quale a linee aventi lunghezza l molto minore di
λt/4 (λ t è la lunghezza d’onda in microstriscia alla frequenza di taglio del filtro)
corrispondono i circuiti equivalenti di Fig. 2.10 che hanno valori di capacità ed
induttanze rispettivamente dati da:
fl vZ
lC =
f
l
v
lZL =
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
39
Ln-1 L4
C1
L2
1Ω
r
C3Cn-2Cn
(a)
Ln L4
C1
L2
1Ωr C3Cn-1
(b)
Fig. 2.9 – Filtro passa-basso ad elementi concentrati normalizzati per n dispari (a)
ed n pari (b).
L
CC2
C2
L2
L2
Fig. 2.10 – Circuiti equivalenti ad una linea avente lunghezza molto minore di λt/4.
dove Zl è l’impedenza della linea e vf è la velocità di fase dell’onda che si propaga nella
microstriscia alla frequenza angolare ωt. Si noti che per bassi valori di Zl le induttanze
assumono valori trascurabili e le capacità diventano prevalenti; in caso di Zl alta si ha
invece un elevato effetto induttivo, mentre il capacitivo è irrisorio. Il circuito a
parametri distribuiti, mostrato in Fig. 2.11, verrà quindi realizzato come sequenza di
tratti di linea a bassa ed alta impedenza ai quali corrisponderanno rispettivamente le
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
40
capacità ed induttanze di Fig. 2.9. Perez ha messo in evidenza che il rapporto tra alta e
bassa impedenza influisce sulla variazione della frequenza di taglio da quella ideale [6];
si è visto che un valore ottimo di quest’ultimo è circa 200/9, ma non sempre è possibile
raggiungerlo perché in molti substrati occorrerebbero linee aventi larghezze
difficilmente realizzabili.
Approssimativamente si può quindi disegnare il circuito di Fig.2. 11 mediante il
seguente procedimento iterativo:
(a) valutare, dai parametri del circuito, i valori delle capacità ed induttanze che
danno la risposta in frequenza desiderata;
(b) determinare i valori di impedenza ZC e ZL più idonei alla realizzazione di
quest’ultime, tenendo presente i limiti della tecnologia a disposizione;
(c) ricavare, per ogni tratto di linea, i valori di larghezza e lunghezza (W, l) che
forniscano le reattanze ottenute nel passo (a);
(d) verificare che le lunghezze delle linee siano molto minori di λ t/4 ed in caso
contrario ripetere le operazioni dal passo (b), variando i valori ZC e ZL.
Le lunghezze ottenute in questo modo dovrebbero poi essere modificate per tenere
conto degli effetti induttivi e capacitivi trascurati durante i passi precedenti.
WZ0 WZ0
l5
W5 W4 W2 W1
l4 l3 l2 l1
W3
Fig. 2.11 – Configurazione generale di un filtro passa-basso a cinque elementi.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
41
2.2.2 Progetto ed ottimizzazione di un filtro passa-basso a 4.5 GHz
La fase di progettazione del filtro avverrà in due passi:
a) preliminarmente si useranno formule approssimate per ricavare le dimensioni di un
filtro passa-basso di tipo Butterworth, avente frequenza di taglio a 4.5 GHz ed una
perdita di inserzione di almeno 9 dB a 5.5 GHz;
b) i dati così ricavati saranno successivamente utilizzati come base di partenza per
l’ottimizzazione del filtro, che avrà come obiettivo il raggiungimento della miglior
caratteristica ottenibile in banda mantenendo le specifiche del passo precedente.
Realizzeremo il filtro usando come substrato l’RT/duroid 5870 avente spessore del
dielettrico 787 µm, le cui proprietà sono mostrate in APPENDICE A.
Per la frequenza 5.5 GHz si ricava:
221.t
==′ωωω da cui 2201 .|| =−′ω
che posto nel grafico di Fig. 2.12 fornisce in n = 5 il minimo valore soddisfacente le
specifiche desiderate.
Dalla Tab. 2.4 si ottengono i seguenti valori dei gi:
618051 .gg ==
618142 .gg ==
23 =g
1=r
che consentono di calcolare le capacità ed induttanze del circuito a parametri
concentrati:
pF 437200
151 .
Z
gCC
c
===ω
pF 414710
33 .
Z
gC
c
==ω
nH 861220242 .
ZgLL
c
===ω
Si è deciso di realizzare tutte le capacità ed induttanze rispettivamente con linee di
impedenza Ω= 30CZ e Ω= 80LZ ; questi valori, oltre a soddisfare la condizione
LC ZZZ << 0 , forniscono dimensioni compatibili con la tecnologia di realizzazione a
nostra disposizione.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
42
0
10
20
30
40
50
60
70
0.1 1 10
|ω'|-1
Pe
rdita
di I
nse
rzio
ne
- [
dB
] n=1
n=2
n=3
n=4
n=5
n=6
n=7
n=8
n=9
n=10
Fig. 2.12 – Curve caratteristiche di un filtro avente risposta massimamente piatta.
n g1 g2 g3 g4 g5 g6 g7 g8 g9 g10 g11
1 2.0000 1.0000
2 1.4140 1.4140 1.0000
3 1.0000 2.0000 1.0000 1.0000
4 0.7654 1.8480 1.8480 0.7654 1.0000
5 0.6180 1.6180 2.0000 1.6180 0.6180 1.0000
6 0.5176 1.4140 1.9320 1.9320 1.4140 0.5176 1.0000
7 0.4450 1.2470 1.8020 2.0000 1.8020 1.2470 0.4450 1.0000
8 0.3902 1.1110 1.6630 1.9620 1.9620 1.6630 1.1110 0.3902 1.0000
9 0.3473 1.0000 1.5320 1.8790 2.0000 1.8790 1.5320 1.0000 0.3473 1.0000
10 0.3129 0.9080 1.4140 1.7820 1.9750 1.9750 1.7820 1.4140 0.9080 0.3129 1.0000
Tab. 2.4 – Valori degli elementi per filtri aventi risposta massimamente piatta.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
43
Infine si ricavano le lunghezze delle linee usando le seguenti formule:
• per le linee rappresentanti capacità fiCii vZCl =
• per le linee rappresentanti induttanze fiL
ii vZ
Ll1=
dove fiv è le velocità di fase dell’onda nel tratto di linea a microstriscia considerato,
data da ieffr
c
,
0
ε con c0 = velocità della luce nel vuoto ed
ieffr ,ε = costante dielettrica
relativa efficace calcolata alla frequenza di taglio.
Le larghezze e le ieffr ,ε dei vari elementi vengono ottenute usando il software MWI,
progettato dal Dr. G.R.Traut e distribuito dalla Rogers Corporation, Microwave and
Circuit Materials Division come supporto all’utilizzo dei propri prodotti.
Le dimensioni finali del filtro progettato sono mostrate in Tab. 2.5 e forniscono la
risposta di Fig. 2.13.
Come si può notare in Fig. 2.13 la risposta del filtro è di tipo Butteworth ma la
frequenza di taglio e la condizione sulla perdita di inserzione non sono soddisfatte.
Questo a causa delle approssimazioni fatte durante il progetto, tra le quali:
• si è trascurata l’influenza delle C/2 ed L/2 dei circuiti equivalenti di Fig. 2.10 e
l’effetto delle capacità associate alle brusche variazioni di larghezza della linea in
microstriscia (le CD di Fig. 2.6, dovute ai salti tra le varie impedenze); questi
contributi porterebbero ad una diminuzione del valore delle capacità ed induttanze
da realizzare con le linee, e quindi ad una lunghezza inferiore di quest’ultime;
• la lunghezza delle linee di Tab. 2.5 non è molto minore di λ t/4 come richiesto dalla
teoria;
• il valore del rapporto fra la ZL e la ZC è circa un decimo di quello consigliato da
Perez, il raggiungimento del quale comporterebbe la realizzazione di linee aventi
dimensioni irraggiungibili con il substrato e la tecnologia a nostra disposizione.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
44
giieffr ,ε λt [µm] Wi [µm] li [µm]
i=1 0.618 2.074 46262 4771 2732
i=2 1.618 1.870 48719 1029 7846
i=3 2.000 2.074 46262 4771 8841
i=4 1.618 1.870 48719 1029 7846
i=5 0.618 2.074 46262 4771 2732
Tab. 2.5 – Dimensioni di progetto del filtro passa-basso a 4.5 GHz.
-60
-50
-40
-30
-20
-10
0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Frequenza - [GHz]
Pa
ram
etr
i di S
catt
eri
ng
- [
dB
]
S11 [dB] S21 [dB]
Fig. 2.13 – Risposta del filtro progettato, avente le dimensioni di Tab. 2.5.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
45
Si deve quindi procedere all’utilizzo del MICROWAVE OFFICE, a cui si è richiesto
di raggiungere il minimo S11 ottenibile tra 0÷4 GHz, il minimo S21 ottenibile tra
6÷9 GHz (comunque inferiore ai –9 dB) e, per entrambi i parametri, un valore di –3 dB
a 4.5 GHz. In questo modo non si è più cercata una risposta massimamente piatta, pur
mantenendo le caratteristiche del filtro di partenza, ma ci si è posti come obiettivo il
miglioramento della selettività in banda. Per consentire all’ottimizzatore di soddisfare
i “goals” si è deciso di permettere la variazione delle larghezze e lunghezze dei tratti di
linea costituenti il filtro, imponendo che l1 = l5, l2 = l4, W1 = W3 = W5 ed W2 = W4 in modo
di conservare la simmetria del circuito. Si sono inoltre scelti degli intervalli tali da non
snaturare la geometria del circuito e da non permettere il raggiungimento di valori
fisicamente irrealizzabili. Questo comporta, ad esempio, la necessità di impedire che la
larghezza delle linee costituenti condensatori possa essere inferiore di quella delle linee
costituenti induttanze. Le dimensioni ottenute dall’ottimizzazione, arrotondate a
multipli di 12.7 µm (vedi Capitolo 3), vengono mostrate in Tab. 2.6 e generano la
risposta di Fig. 2.14. Da un punto di vista ingegneristico si può osservare che il grafico
ottenuto presenta un buon accordo con i “goals” richiesti.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
46
Wi [µm] li [µm]
i=1 6198 4343
i=2 597 4013
i=3 6198 7721
i=4 597 4013
i=5 6198 4343
Tab. 2.6 – Dimensioni del filtro passa-basso a 4.5 GHz ottimizzato.
-60
-50
-40
-30
-20
-10
0
0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Frequenza - [GHz]
Parametri di Scatterin
S11 [dB] S21 [dB]
Fig. 2.14 – Risposta del filtro ottimizzato, avente le dimensioni di Tab. 2.6.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
47
2.3 ACCOPPIATORI DIREZIONALI A 3 dB
Nel seguente paragrafo si mostrerà la progettazione ed ottimizzazione di due tipi di
accoppiatori direzionali, uno di tipo “branch” e l’altro ad anello risonante (meglio noto
in letteratura come “rat-race”). Lo schema generale di un accoppiatore direzionale è
mostrato in Fig. 2.15.
1
3
2
4
Fig. 2.15 – Accoppiatore direzionale. Le frecce indicano la direzione del flusso di
potenza
Le prestazioni di un accoppiatore direzionale sono misurate da due parametri, il
coefficiente di accoppiamento e la direttività. Sia Pi la potenza incidente sulla porta 1 e
sia Pf la potenza accoppiata uscente dalla porta 3. Il coefficiente d’accoppiamento in
decibel è dato da:
f
i
P
PLogC 10=
Idealmente la potenza Pb uscente dalla porta 4, che dovrebbe essere disaccoppiata
dalla porta 1, sarebbe zero. Per dare un valore numerico alla bontà dell’accoppiatore si
suole usare il rapporto tra la Pf e la Pb, al quale si dà il nome di direttività:
b
f
P
PLogD 10=
Un accoppiatore direzionale a 3 dB, o giunzione ibrida, è un divisore di potenza nel
quale si ha C = 3 dB.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
48
2.3.1 Progetto ed ottimizzazione di un accoppiatore direzionale a 3 dB di
tipo “branch”
L’accoppiatore direzionale di tipo “branch” è mostrato in Fig. 2.16; oltre a
consentire un facile progetto per accoppiamenti di 3 dB, è particolarmente indicato ad
essere realizzato in microstriscia.
WZ0
l1
B B
A
A
l2
WZ0
W2W2
W1
W1
WZ0
WZ0
4
1 2
3
Fig. 2.16 – Accoppiatore direzionale a 3 dB tipo “branch”.
L’analisi di questo accoppiatore viene svolta in modo semplice sfruttando i piani di
simmetria del circuito e, per valori di l1 ed l2 pari a λg/4 (dove λg è la lunghezza d’onda
in microstriscia alla frequenza di lavoro) fornisce la seguente matrice dei parametri di
scattering [7]:
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
49
[ ]
−−
−−
−−
−−
=
00
00
00
00
1
0
1
2
1
0
1
2
1
2
1
0
1
2
1
0
Y
Yj
Y
YY
Yj
Y
YY
Y
Y
Yj
Y
Y
Y
Yj
S dove 20
22
21 YYY =−
Per ottenere un accoppiatore a 3 dB è sufficiente porre 01 2YY = e 02 YY = ,
condizioni che sono facilmente raggiungibili.
Si è deciso di progettare una giunzione ibrida avente frequenza di lavoro pari
a 5 GHz. Il substrato su cui verrà realizzato il circuito è l’RT/duroid 5870 avente lo
spessore di 787 µm, le cui proprietà sono mostrate in APPENDICE A. Le larghezze e le
effr ,ε dei vari elementi, calcolate usando il software MWI, sono mostrate in Tab. 2.7. e
forniscono la risposta di Fig. 2.17.
Come si può notare la frequenza di lavoro dell’accoppiatore non è 5 GHz. Si vede
infatti che a questo valore i parametri S21 ed S31 non valgono –3 dB; inoltre i parametri
S11 ed S41 non forniscono rispettivamente la massima riflessione ed il maggior
disaccoppiamento a questa frequenza.
Yiieffr ,ε λg [µm] Wi [µm] li [µm]
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
50
-40
-35
-30
-25
-20
-15
-10
-5
0
2 3 4 5 6 7 8
Frequenza - [GHz]
Pa
ram
etr
i di S
catt
eri
ng
- [
dB
]
S11 [dB] S21 [dB] S31 [dB] S41 [dB]
(a)
-5
-4.5
-4
-3.5
-3
-2.5
-2
3.5 4 4.5 5 5.5 6 6.5
Frequenza - [GHz]
Pa
ram
etr
i di S
catt
eri
ng
- [
dB
]
S21 [dB] S31 [dB]
(b)
Fig. 2.17 – Risposta dell’accoppiatore progettato, avente le dimensioni di Tab. 2.7.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
51
Durante il progetto non si sono considerati gli effetti introdotti dalle giunzioni a T; si
deve quindi procedere all’ottimizzazione del circuito mediante il
MICROWAVE OFFICE. Si è deciso di imporre come “goals” che il valore
di S21 ed S31 sia pari a –3 dB nell’intervallo di frequenza 4.9÷5.1 GHz; si è inoltre
richiesto che alle medesime frequenze i parametri S11 ed S41 abbiano valore inferiore
ai –25 dB. Per permettere all’ottimizzatore di raggiungere i “goals” si è consentita la
variazione delle lunghezze l1 ed l2. Le dimensioni ottenute dall’ottimizzazione,
arrotondate a multipli di 12.7 µm (vedi Capitolo 3), vengono mostrate in Tab. 2.8 e
generano la risposta di Fig. 2.18 e di Fig. 2.19. Da un punto di vista ingegneristico si
può osservare che il grafico ottenuto presenta un buon accordo con i “goals” richiesti;
si può inoltre notare che alla frequenza di progetto i segnali uscenti dalla porta 2 e 3
sono in quadratura, proprietà dovuta alle simmetrie degli accoppiatori tipo “branch”.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
52
-40
-35
-30
-25
-20
-15
-10
-5
0
2 3 4 5 6 7 8
Frequenza - [GHz]
Pa
ram
etr
i di S
catt
eri
ng
- [
dB
]
S11 [dB] S21 [dB] S31 [dB] S41 [dB]
(a)
-5
-4.5
-4
-3.5
-3
-2.5
-2
3.5 4 4.5 5 5.5 6 6.5
Frequenza - [GHz]
Pa
ram
etr
i di S
catt
eri
ng
- [
dB
]
S21 [dB] S31 [dB]
(b)
Fig. 2.18 – Risposta dell’accoppiatore ottimizzato, avente le dimensioni di Tab. 2.8.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
53
Wi [µm] li [µm]
i=1 3844 9702
i=2 2333 15100
Tab. 2.8 – Dimensioni della giunzione ibrida a 5 GHz di tipo “branch” ottimizzata.
0
20
40
60
80
100
120
140
160
180
2 3 4 5 6 7 8
Frequenza - [GHz]
Sfa
sam
en
to -
[G
rad
i]
S21-S31
Fig. 2.19 – Differenza di fase tra S21 ed S31 dell’accoppiatore ottimizzato.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
54
2.3.1 Progetto ed ottimizzazione di un accoppiatore direzionale a 3 dB di
tipo “rat-race”
La giunzione ibrida di tipo “branch” precedentemente trattata presenta, in uscita alle
porte accoppiate, dei segnali sfasati tra loro di 90°. Se si desidera ottenere delle uscite
aventi segnali in fase o sfasati di 180° si deve ricorrere ad altri tipi di accoppiatori
direzionali ed in particolare, per una realizzazione mediante microstrisce, si può
utilizzare il modello “rat-race” mostrato in Fig. 2.20.
WZ0
λg
A
4
12
3
A
WZ0
WZ0WZ 0
4
λg43
W a
l =
λg
4l =
λg
4l =
3l =
R m
Fig. 2.20 – Accoppiatore direzionale a 3 dB tipo “rat-race”.
λg/4 è la lunghezza d’onda in microstriscia alla frequenza di lavoro.
Le lunghezze l sono da intendersi misurate sul raggio medio Rm.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
55
Per comprendere il funzionamento del circuito consideriamo un’onda incidente sulla
porta 4. Questa si divide in due onde uguali che si propagano sull’anello in direzioni
opposte ed arrivano in fase sulle porte 2 e 3 ed in opposizione di fase sulla porta 1; si ha
quindi disaccoppiamento tra le porte 4 ed 1. Allo stesso modo le porte 3 e 2 sono
disaccoppiate poiché le distanze percorse dalle due onde differiscono di λg/2.
L’analisi di questi accoppiatori, che per motivi di realizzabilità sono in grado di
fornire dei valori del coefficiente di accoppiamento limitati tra 3 dB e 6 dB, viene svolta
sfruttando le simmetrie del circuito e, nel caso di giunzione ibrida, fornisce la seguente
matrice dei parametri di scattering [8]:
[ ]
−−
−=
0110
1001
1001
0110
2
jS ottenuta imponendo 02ZZ A =
dove ZA è l’impedenza della microstriscia costituente l’anello.
Si è deciso di progettare una giunzione ibrida avente frequenza di lavoro pari
a 5 GHz, così da poter confrontare le prestazioni della geometria “rat-race” con quelle
della “branch” precedentemente analizzata. Il substrato su cui verrà realizzato il circuito
è l’RT/duroid 5870 avente lo spessore di 787 µm, le cui proprietà sono mostrate in
APPENDICE A. Utilizzando il software MWI si ottengono le seguenti dimensioni del
circuito:
Ω= 7.70AZ mWA µ1307= mg µλ
108774
=
che forniscono la risposta di Fig. 2.21, nella quale S11 ed S44 sono diversi a causa della
disimmetria del circuito.
Come si può notare la frequenza di lavoro dell’accoppiatore, seppur prossima, non
coincide esattamente a 5 GHz; infatti i parametri S11 ed S44 non presentano il massimo
adattamento e su S41 non si ha il maggior disaccoppiamento.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
56
-50
-45
-40
-35
-30
-25
-20
-15
-10
-5
0
2 3 4 5 6 7 8
Frequenza - [GHz]
Pa
ram
etr
i di S
catt
eri
ng
- [
dB
]
S11 [dB] S21 [dB] S31 [dB] S41 [dB] S43 [dB] S44 [dB]
(a)
-5
-4.5
-4
-3.5
-3
-2.5
-2
-1.5
-1
3 3.5 4 4.5 5 5.5 6 6.5 7
Frequenza - [GHz]
Pa
ram
etr
i di S
catt
eri
ng
- [
dB
]
S21 [dB] S31 [dB] S43 [dB]
(b)
Fig. 2.21 – Risposta dell’accoppiatore “rat-race” progettato.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
57
Durante il progetto non si sono considerati gli effetti introdotti dalle giunzioni a T e
quindi si procederà all’ottimizzazione del circuito mediante il MICROWAVE OFFICE.
Si è deciso di imporre come “goals” che il valore di S21 ed S31 sia pari a –3 dB
nell’intervallo di frequenza 4.95÷5.05 GHz; si è inoltre richiesto che alle medesime
frequenze i parametri S11, S44 ed S41 abbiano valore inferiore ai –35 dB. Per consentire il
raggiungimento dei “goals” si è permesso all’ottimizzatore di variare la circonferenza
dell’anello e la larghezza WA. Le dimensioni ottenute dall’ottimizzazione, arrotondate a
multipli di 12.7 µm (vedi Capitolo 3), sono le seguenti:
mWA µ1359= ml µ10985=
e generano la risposta di Fig. 2.22 e di Fig. 2.23.
Da un punto di vista ingegneristico si può osservare che il grafico ottenuto presenta
un buon accordo con i “goals” richiesti; si nota inoltre che, come anticipato all’inizio
del sottoparagrafo, alla frequenza di progetto i segnali uscenti dalle porte 4 ed 1 sono
sfasati di 180° per onde incidenti sulla porta 3, mentre se l’onda incide sulla porta 1
quelli uscenti dalle porte 2 e 3 sono in fase.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
58
-50
-45
-40
-35
-30
-25
-20
-15
-10
-5
0
2 3 4 5 6 7 8
Frequenza - [GHz]
Pa
ram
etr
i di S
catt
eri
ng
- [
dB
]
S11 [dB] S21 [dB] S31 [dB] S41 [dB] S43 [dB] S44 [dB]
(a)
-5
-4.5
-4
-3.5
-3
-2.5
-2
-1.5
-1
3 3.5 4 4.5 5 5.5 6 6.5 7
Frequenza - [GHz]
Pa
ram
etr
i di S
catt
eri
ng
- [
dB
]
S21 [dB] S31 [dB] S43 [dB]
(b)
Fig. 2.22 – Risposta dell’accoppiatore “rat-race” ottimizzato.
CAPITOLO 2 – PROGETTO ED OTTIMIZZAZIONE DEI CIRCUITI DI TEST
___________________________________________________________________________________
59
-100
-500
50
100
150
200
250
300
350
2 3 4 5 6 7 8
Frequenza - [GHz]S f a s a m e n t o - [ G r a d i ]
f a s i S 3 1 - S 4 3f a s i S 3 1 - S 2 1 F i g . 2 4 5 3 – D i f f e r e n z a d i f a s e t r a S 3 1 ed S43 e tra S31 ed S2 1 dell’accoppiatore
o t t i m i z z a t o .
Capitolo 3
Messa a punto del processo di realizzazione
INTRODUZIONE
La riorganizzazione della “camera bianca” non si è limitata alla messa a punto del
processo di realizzazione di circuiti in film sottile, ma ha richiesto un lavoro preventivo
di scelta e ricerca dei materiali e degli strumenti necessari alla costruzione dei circuiti.
In particolare si è deciso di mettere a punto un processo di fotoincisione di substrati
aventi le superfici superiore ed inferiore metallizzate con del rame; la scelta è caduta su
dei prodotti distribuiti dalla Rogers Corporation con il nome di RT/duroid e, fra questi,
quello che utilizzeremo in questa tesi è l’RT/duroid 5870, avente
CAPITOLO 3 – MESSA A PUNTO DEL PROCESSO DI REALIZZAZIONE
___________________________________________________________________________________
61
costante dielettrica relativa 2.33, spessore del dielettrico 787 µm, spessore del
conduttore 34 µm e fattore di perdita (misurato a 10 GHz) 0.0012
(vedi APPENDICE A). Siccome in facoltà non è disponibile una macchina in grado di
costruire maschere, e la possibilità di un acquisto è stata scartata a causa del prezzo
elevato e degli alti costi di gestione, si è deciso di far realizzare queste ultime da una
ditta esterna; dopo un’accurata ricerca è stata individuata la Baselectron che, oltre ad
essere in grado di fornire maschere aventi tolleranze inferiori ai 50 µm a prezzi
favorevoli, è situata in prossimità del nostro istituto e si è detta disponibile a collaborare
con noi. Infine si sono scelti ed acquistati un bromografo ed una vaschetta di incisione,
di cui il laboratorio non era provvisto (vedi APPENDICE C), e tutto il materiale
chimico necessario alla fotoincisione (acidi, fotoresist, ecc.).
Nel seguente capitolo tratteremo tutte le problematiche affrontate nella messa a punto
del processo di realizzazione, illustrando tutte le fasi che hanno portato alla costruzione
del circuito:
a) realizzazione di una maschera di prova da utilizzare, oltre che per verificare la bontà
dei prodotti forniti dalla Baselectron, anche per la messa a punto del processo di
fotoincisione, onde evitare danneggiamenti per usura delle maschere contenenti i
quattro circuiti di test;
b) messa a punto del processo di fotoincisione;
c) realizzazione delle maschere dei quattro circuiti di test e costruzione di questi
ultimi;
d) montaggio su appositi supporti.
CAPITOLO 3 – MESSA A PUNTO DEL PROCESSO DI REALIZZAZIONE
___________________________________________________________________________________
62
3.1 REALIZZAZIONE DELLA MASCHERA DI PROVA
Il primo problema che si è dovuto affrontare, per poter realizzare le maschere, è stato
la ricerca di un software con il quale disegnare le geometrie da porre su di esse; il
software richiesto doveva, oltre a consentire il disegno di svariate forme (linee dritte,
inclinate, curve, ecc.), essere economico e consentire l’esportazione di file in formato
GERBER. Questo è il formato più utilizzato per la creazione di file contenenti comandi
da impartire ai fotoplotter (le macchine utilizzate per realizzare la maschera), in quanto
è semplice da utilizzare e crea file dalle dimensioni contenute. Per capire l’importanza
che riveste la conversione dal file PCB (quello su cui viene disegnato il circuito) a
quello contenente i comandi utilizzati per pilotare il fotoplotter, basti pensare che la
maggior parte degli errori contenuti nelle maschere è dovuto ad incompatibilità fra
questi due formati. I primi fotoplotter erano costituiti da un piano, in grado di muoversi
con elevata precisione nelle direzioni X-Y, sul quale veniva posta della pellicola ad alto
contrasto; un fascio di luce veniva diretto contro una ruota sulla quale vi erano delle
aperture di determinate forme e dimensioni e, una volta assunto l’aspetto di una di
queste, focalizzato sopra la pellicola. Il passaggio della luce era regolato attraverso un
interruttore; facendo girare la ruota ed aprendo o chiudendo l’interruttore si
impressionava la pellicola, che veniva opportunamente mossa, con “flash” o linee
generate dall’apertura selezionata. Il file GERBER è quello nel quale vengono poste le
informazioni sulle aperture (forma, dimensioni e quale utilizzare), i comandi
dell’interruttore ed i movimenti della pellicola che il fotoplotter doveva eseguire per
realizzare le geometrie del file PCB convertito. La maggior parte dei fotoplotter è in
grado di utilizzare formati GERBER o è possibile convertire questi ultimi in dati a loro
comprensibili.
Dopo varie ricerche si è deciso di utilizzare, come software di disegno dei circuiti,
il CAM 350 FAMILY VERSION 5.0 distribuito dalla Advanced CAM Technologies,
che dispone delle caratteristiche appena illustrate.
La ditta esterna fornisce delle maschere aventi come supporto una speciale pellicola
per circuiti stampati (in poliestere indeformabile), la quale viene impressionata e
sviluppata da un laserplotter che opera nel seguente modo: la pellicola viene fatta
aderire ad un rullo (creando il vuoto attraverso dei fori distribuiti sulla sua superficie)
CAPITOLO 3 – MESSA A PUNTO DEL PROCESSO DI REALIZZAZIONE
___________________________________________________________________________________
63
rotante a 35 giri/sec; un pennino laser scorre lungo l’asse del cilindro impressionando i
pixel delle zone che, dopo lo sviluppo, rimarranno nere. La massima risoluzione del
laser ed i minimi spostamenti dello stesso e del rullo valgono 12.7 µm; perciò i comandi
contenuti nel file GERBER generato dal software vengono convertiti in pixel e
spostamenti di queste dimensioni.
Tutto questo comporta che la griglia e le aperture con le quali vengono disegnate le
maschere non possano avere dimensioni inferiori a questi valori. Un altro limite è che il
software che converte il file GERBER in comandi da impartire al fotoplotter non è in
grado di interpretare tutte le aperture supportate dal CAM 350 FAMILY VERSION 5.0
e limita la scelta a cerchi, quadrati, rettangoli ed una forma particolare studiata per
realizzare le piazzole delle saldature (“target”), seppur delle dimensioni preferite dal
disegnatore (oggetti dalle forme particolari, ad esempio i triangoli, vanno realizzati
come poligoni riempiti); inoltre gli oggetti inclinati non possono essere ottenuti
ruotandone altri ma vanno realizzati o come linee o come poligoni riempiti.
Si è quindi disegnata e fatta realizzare, tenendo presente i limiti appena enunciati, la
maschera di prova di Fig. 3.1.
In essa sono rappresentati oggetti dalle svariate forme e dimensioni, quali ad esempio
linee rette, inclinate, curve, cerchi, poligoni, ecc. che sono stati congiunti in diversi
modi, onde consentire il controllo della qualità di gradini ed angoli. Le dimensioni degli
oggetti variano da 50 µm ad 1 cm, così come le distanze fra gli stessi. Sia in verticale
che in orizzontale si sono disegnati dei “righelli” aventi linee (di larghezza 100 µm)
distanti, a seconda del “righello”, 900 µm, 1000 µm o 1100 µm; tutto ciò ha consentito
di verificare la bontà degli spostamenti del pennino laser e del rullo.
Dopo la realizzazione si è controllata la qualità della maschera con un microscopio
ottico; si è inoltre verificata la precisione del laserplotter, misurando le dimensioni degli
oggetti e le loro distanze mediante l’uso di un misuratore di “gaps”
(vedi APPENDICE C).
Si è visto che le caratteristiche della maschera erano soddisfacenti, in quanto i bordi
delle figure apparivano ben definiti e le misure avevano scostamenti inferiori a 50 µm
rispetto ai valori di progetto.
CAPITOLO 3 – MESSA A PUNTO DEL PROCESSO DI REALIZZAZIONE
___________________________________________________________________________________
64
Fig. 3.1 – Maschera di prova.
3.2 PULIZIA DEL SUBSTRATO
Ogni qualvolta si esegue un processo di fotolitografia, per ottenere la massima
affidabilità è necessario pulire accuratamente il substrato.
L’RT/duroid 5870 è protetto da una pellicola plastica, onde evitare danneggiamenti
delle superfici; l’asportazione di quest’ultima avviene manualmente e quindi, per avere
la certezza che le metallizzazioni siano pulite, si è deciso di lavare il substrato in una
soluzione chimica così composta: dopo aver pulito attentamente il “becker”
(la vaschetta che conterrà la soluzione) diluire 1 l di acido solforico con 200 cc di acqua
ossigenata 12 vol. (è molto importante che sia l’acido ad essere diluito nell’acqua e non
il contrario, onde evitare il verificarsi di una reazione esplosiva).
CAPITOLO 3 – MESSA A PUNTO DEL PROCESSO DI REALIZZAZIONE
___________________________________________________________________________________
65
La piastrina viene quindi immersa nella soluzione per circa t = 2 min (con tempi
minori non era garantita la pulizia) e poi sciacquata abbondantemente in un “becker” di
H2Od (acqua deionizzata) per almeno t = 5 min; infine viene asciugata con un getto
d’azoto.
3.3 DEPOSIZIONE DEL FOTORESIST SULLA SUPERFICIE DI MASSA
Prima di procedere all’attacco della metallizzazione è necessario proteggere le zone
sulle quali deve rimanere il rame con uno strato di fotoresist.
Il prodotto da noi utilizzato è il MICROPOSIT SP25-10. Si tratta di un fotoresist
positivo particolarmente indicato per la produzione di MICs, in quanto presenta
un’ottima aderenza ai materiali maggiormente utilizzati, grande resistenza agli attacchi,
buon contrasto, alta velocità di impressionamento quando esposto agli UV ed assenza di
grumi dopo la deposizione; inoltre garantisce, in operazioni di copertura diverse ma
eseguite alle medesime condizioni, variazioni dello spessore inferiori a ±200 Å.
Appena prima della deposizione del fotoresist la piastrina va posta in stufa statica
a 100°C per t = 10 min, onde eliminare le tracce di acqua o vapore eventualmente
presenti (a temperature più alte si sono verificati dei cambiamenti nelle caratteristiche
del substrato, in particolare del rame). Dopo averla lasciata raffreddare a temperatura
ambiente (cosa che generalmente avviene in t = 5 min) viene posta sull’elemento rotante
dello spinner con la superficie di massa rivolta verso l’alto, in quanto sarà la prima ad
essere ricoperta; la piastrina rimane attaccata alla superficie di appoggio grazie
all’utilizzo di una pompa a vuoto. Dalle varie prove effettuate si è visto che, per ottenere
uno strato compatto di fotoresist dello spessore di 1 µm, bisogna:
a) deporre, utilizzando un contagocce, una quantità di 0.75 ml di
MICROPOSIT SP25-10 su tutta la superficie della piastrina (che nel nostro caso è
7×7 cm2), facendo attenzione a metterne poco ai bordi e qualche goccia in più al
centro; questo onde evitare che il fotoresist possa scivolare lungo i fianchi della
piastrina rischiando così di sporcare il lato componenti, che è quello più importante.
Durante questa operazione si deve fare particolare attenzione che non si siano
formate delle bollicine d’aria nello strato deposto, perché potrebbero minarne la
CAPITOLO 3 – MESSA A PUNTO DEL PROCESSO DI REALIZZAZIONE
___________________________________________________________________________________
66
compattezza. Quantità di fotoresist minori non garantivano un’adeguata copertura
mentre quando si è posto quest’ultimo solo in centro si è notato che, dopo il
livellamento mediante spinner, la superficie non risultava totalmente ricoperta.
b) posto lo spinner in modalità TIME ed il regolatore di frenata su OFF
(vedi APPENDICE C) regolare la velocità di rotazione dello spinner a 4000 giri/min
ed azionare il dispositivo per t = 30 sec. Con velocità di rotazione minori si è notato
che il fotoresist tendeva a scivolare lungo i bordi della piastrina, sporcando così
l’altro lato della stessa; con velocità maggiori, invece, lo spessore del fotoresist era
inferiore ad 1 µm. Quest’ultimo problema si è posto anche per tempi d’azionamento
superiori ai 30 sec, mentre per tempi di livellamento più brevi lo spessore non
risultava uniforme.
Dopo il livellamento il fotoresist è ancora allo stato liquido. Prima di procedere alla
deposizione dello stesso sul lato componenti, è quindi necessario porre la piastrina in
stufa statica, ad una temperatura di 100°C, per t = 15 min (soft-bake superficie di
massa). Questo tempo si è dimostrato sufficientemente lungo da consentire un
indurimento del fotoresist tale da permettere l’esecuzione dei passi successivi e
sufficientemente corto da evitare che le caratteristiche di quest’ultimo vengano
modificate dal soft-bake del lato componenti.
3.4 DEPOSIZIONE DEL FOTORESIST SUL LATO COMPONENTI
La deposizione del fotoresist sul lato componenti è simile a quella appena vista per la
superficie di massa. Ora il substrato, che è appena uscito dal forno, non ha più il
problema delle tracce d’acqua e di vapore e quindi, quando è raffreddato a temperatura
ambiente (cosa che generalmente avviene in t = 5 min), vi si può subito deporre il
fotoresist.
Facendo molta attenzione a non danneggiare il fotoresist deposto sulla superficie di
massa, che ora è diventata il piano d’appoggio, posizionare la piastrina sull’elemento
rotante dello spinner ed azionare la pompa a vuoto. Deporre, utilizzando un contagocce,
una quantità di 0.75 ml di MICROPOSIT SP25-10 su tutta la superficie della piastrina,
mettendone di più al centro e facendo particolare attenzione che durante
quest’operazione non si siano formate delle bollicine d’aria nello strato deposto, perché
CAPITOLO 3 – MESSA A PUNTO DEL PROCESSO DI REALIZZAZIONE
___________________________________________________________________________________
67
potrebbero minarne la compattezza; il problema che il fotoresist possa scivolare sui
bordi non è più rilevante, in quanto la superficie di massa non è quella che deve essere
esposta e quindi ci si può permettere leggere disuniformita nello spessore del fotoresist
deposto su di essa. Il livellamento avviene in modo identico a quello visto per la
superficie di massa; al termine di quest’ultimo il fotoresist è ancora allo stato liquido.
Prima di procedere all’esposizione ed allo sviluppo va quindi posto in stufa statica, ad
una temperatura di 100°C, per t = 25 min (soft-bake lato componenti), in modo di
consentirne la polimerizzazione, e lasciato raffreddare a temperatura ambiente (cosa che
generalmente avviene in t = 5 min); si è notato che gli strati ottenuti in questo modo
presentano caratteristiche ottimali per affrontare le fasi successive.
Al termine di questa operazione viene fatto un primo controllo visivo per controllare
la compattezza ed eventuali difetti nel fotoresist deposto.
3.5 ESPOSIZIONE
Il fotoresist MICROPOSIT SP25-10 può essere esposto con sorgenti di luce aventi
spettro di 350÷400 nm. L’esposizione che viene effettuata è del tipo “a contatto” (cioè
la maschera viene fatta aderire al fotoresist) in quanto il numero di pezzi da produrre è
basso e quindi i danneggiamenti per usura sono irrilevanti. L’operazione si svolge
utilizzando un bromografo in grado, oltre che di produrre un fascio di luce dalle
frequenze desiderate, di mantenere la maschera a stretto contatto con la piastrina
mediante una membrana elastica trasparente; creando il vuoto sotto quest’ultima essa
esercita una pressione sulla maschera e la fa aderire perfettamente al fotoresist. Per
ridurre al minimo eventuali diffrazioni, il lato della maschera che deve aderire al
fotoresist è quello su cui è stata formata l’immagine fotografica.
Il processo si svolge nel seguente modo: dopo aver pulito attentamente il substrato, il
bromografo, la membrana e la maschera con getto d’azoto (per evitare che eventuali
particelle di polvere si frappongano fra la sorgente di luce ed il fotoresist) posizionare la
maschera sulla piastrina, farvi aderire la membrana e creare il vuoto facendo attenzione
che non rimangano bolle d’aria nella zona da esporre. Attivare la sorgente luminosa per
un tempo t = 2 min; per tempi d’esposizione minori si è notato che le zone protette dal
fotoresist non rispecchiavano quelle richieste dalla maschera, mentre un’esposizione
CAPITOLO 3 – MESSA A PUNTO DEL PROCESSO DI REALIZZAZIONE
___________________________________________________________________________________
68
prolungata determinava un allargamento dei “gaps” ed una diminuzione della larghezza
delle linee.
3.6 SVILUPPO
Lo sviluppo è quella fase in cui il fotoresist impressionato dalla luce viene asportato
dalla superficie della piastrina.
Il prodotto da noi utilizzato è il PHOTOPOSIT 160 X DEVELOPER. Si tratta di un
concentrato alcalino liquido appositamente studiato per lo sviluppo del fotoresist da noi
impiegato. Grazie ai suoi bassi valori di alcalinità, si possono sviluppare metalli
sensibili mantenendo irrisorie le corrosioni; questo consente il suo utilizzo in tutti i
processi produttivi su dielettrici, metalli e semiconduttori. Inoltre permette il
raggiungimenti di alti contrasti ed elevate velocità di sviluppo, le quali sono poco
dipendenti dalla quantità di fotoresist disciolto nella soluzione durante precedenti
processi.
La soluzione va preparata nel seguente modo: dopo aver pulito attentamente
il “becker” diluire una parte per volume di PHOTOPOSIT 160 X DEVELOPER in tre
parti per volume di H2Od, ottenendo così un bagno avente il valore del pH pari a 13.1;
dopo lo sviluppo di alcune piastrine, nella soluzione si trova del fotoresist disciolto, che
ne riduce l’efficienza facendo diminuire il pH ed aumentare il tempo di sviluppo nella
stessa. Per raggiungere risultati ottimali il bagno deve lavorare ad una temperatura
compresa tra 20°C e 25°C, mentre una buona ripetibilità si ottiene quando i processi
vengono svolti con variazioni di quest’ultima inferiori a ±1°C. Di notevole importanza è
anche il pH della soluzione che deve avere valori compresi fra 12.6 e 13.1, risultato che
si ottiene aggiungendo al bagno del PHOTOPOSIT 160 X DEVELOPER puro quando
si esce da questo intervallo (aggiungendone l’1% del volume totale del bagno si ottiene
un incremento di pH pari a 0.05). In pratica il parametro più importante per il controllo
della qualità della soluzione è il tempo di sviluppo; questo aumenta a causa della
presenza di fotoresist disciolto e, quanto più si allontana dal valore ottenuto la prima
volta che il bagno è stato utilizzato, tanto più è necessario apportare delle aggiunte di
PHOTOPOSIT 160 X DEVELOPER. La soluzione va comunque sostituita quando
CAPITOLO 3 – MESSA A PUNTO DEL PROCESSO DI REALIZZAZIONE
___________________________________________________________________________________
69
il pH scende sotto il valore 12.6, oppure quando è stata sviluppata una superficie pari
a 5 m2 o quando il tempo richiesto dallo sviluppo supera del 150% quello originale.
Una volta preparato il bagno si passa alla fase di sviluppo vera e propria: si agita la
soluzione, utilizzando un’ancoretta magnetica, e vi si immerge la piastrina per
circa t = 75 sec; immediatamente dopo questa operazione la piastrina va sciacquata
abbondantemente con H2Od corrente ed asciugata con getto d’azoto, onde evitare che il
fotoresist venga attaccato per un tempo superiore a quello previsto e quindi le larghezze
delle linee ottenute siano inferiori al valore desiderato. Oltre che dalla qualità della
soluzione, la velocità di sviluppo è direttamente proporzionale all’energia fornita
durante l’esposizione; se il fotoresist non viene asportato nei tempi previsti, e si è certi
che la soluzione ha le caratteristiche ottimali, controllare che non vi siano stati errori
nella fase di esposizione, in quanto il tempo di sviluppo precedentemente dichiarato è
stato ricavato dopo aver eseguito i passi del paragrafo 3.5. Infine, se il tempo di
sviluppo è inferiore a quello consigliato, il fotoresist non viene asportato totalmente e la
larghezza delle linee ottenute è superiore a quella desiderata.
3.7 HARD-BAKE
Dopo lo sviluppo si controllano al microscopio la superficie di massa ed il lato
componenti. Se il fotoresist presenta buchi e/o imperfezioni è possibile apportare le
necessarie correzioni; in particolare si possono riparare eventuali buchi, sulla superficie
di massa, utilizzando un pennellino intriso di fotoresist (nel lato componenti è
preferibile evitare questa operazione onde evitare variazioni delle dimensioni degli
oggetti).
La piastrina va quindi posta in stufa, alla temperatura di 115÷120°C, per un
tempo t = 30 min. Questa operazione viene eseguita per aumentare l’affidabilità e la
selettività del fotoresist durante il processo d’incisione del rame. Il substrato va fatto
raffreddare a temperatura ambiente (cosa che generalmente avviene in t = 5 min) prima
di passare al passo successivo.
CAPITOLO 3 – MESSA A PUNTO DEL PROCESSO DI REALIZZAZIONE
___________________________________________________________________________________
70
3.8 INCISIONE DEL RAME
Per l’incisione del rame è possibile utilizzare diversi tipi di composti chimici, tra i
quali il cloruro ferrico ed il cloruro rameico; nel nostro caso utilizzeremo un particolare
solfato di incisione di nome SIT, che è il prodotto consigliato per l’utilizzo della
vaschetta d’incisione a nostra disposizione. Questo prodotto è inodore, non intorbidisce,
non cristallizza e consente tempi di incisione molto brevi.
La soluzione va preparata nel seguente modo: riempire la vaschetta di incisione
di H2Od, facendo attenzione che il livello sia circa 5 cm al di sopra della spirale di
riscaldamento. Accendere la pompa a membrana e verificare che escano bolle d’aria dai
tubi porosi posti sul fondo della vasca; è possibile che i micropori dei tubi si ostruiscano
impedendo la fuoriuscita dell’aria. Per ovviare a questo inconveniente, battere
leggermente con l’astina di pulizia sulle zone ostruite. Attivare l’elemento scaldante e
regolare la temperatura a circa 40÷45°C. Dopo aver scollegato le spine di rete
diluire 200÷250 gr di SIT per litro di H2Od; successivamente ricollegare la pompa a
membrana e l’elemento riscaldante. Le bolle d’aria che salgono provocano un
rimescolamento del liquido che, oltre a favorire lo scioglimento del solfato di incisione,
consentirà un attacco uniforme su tutta la superficie della piastrina.
Una volta preparata la soluzione si passa alla fase d’attacco vera e propria: si monta
la piastrina sull’apposito supporto e la si immerge dentro il bagno, preventivamente
riscaldato ad una temperatura di 40÷45°C, per un tempo t = 9 min. Immediatamente
dopo questa operazione la piastrina va sciacquata abbondantemente in un “becker”
di H2Od, onde evitare che il rame venga attaccato per un tempo superiore a quello
previsto, e quindi asciugata con getto d’azoto. Per tempi di immersione inferiori a
quello consigliato si è notato che le larghezze delle linee ottenute erano superiori a
quelle desiderate, mentre per tempi maggiori si è presentato il fenomeno della
“sottoincisione”, cioè il SIT iniziava ad attaccare il rame protetto dal fotoresist
(iniziando dai bordi che venivano così danneggiati) e quindi le larghezze ottenute erano
più strette di quelle desiderate.
Mentre tutte le altre fasi del processo, enunciate in questo capitolo, vanno bene anche
per altri tipi di substrati aventi spessore del rame diverso da quello
dell’RT/duroid 5870 (che vale 34 µm), il tempo di attacco dentro il SIT varia. In questo
CAPITOLO 3 – MESSA A PUNTO DEL PROCESSO DI REALIZZAZIONE
___________________________________________________________________________________
71
caso la procedura per ricavare il nuovo tempo è la seguente: dopo aver deposto, esposto,
sviluppato e cotto il fotoresist si pone la piastrina dentro il SIT e la si mantiene in
immersione finché non si distinguono nettamente le zone metallizzate da quelle dove il
rame è stato asportato; si estrae la piastrina, la si sciacqua in H2Od e la si asciuga con
getto d’azoto. Facendo molta attenzione a non danneggiare il fotoresist si controllano le
larghezze delle linee con il misuratore di “gaps”; qualora queste ultime siano superiori
ai valori desiderati si immerge nuovamente la piastrina dentro il SIT. Ripetendo questa
operazione fino al raggiungimento delle dimensioni progettate, si ottiene una stima del
tempo di attacco; è molto importante tenere presente che quest’ultimo non è dato dalla
somma dei tempi parziali ottenuti da questa prova ma è inferiore, in quanto ogni volta
che la piastrina viene riposta nell’acido le reazioni chimiche devono ricominciare,
mentre se non si estrae la piastrina rimangono a regime. Il processo va quindi rifatto
fino a che non si ottengono i risultati sperati con un unico passo.
3.9 RIMOZIONE DEL FOTORESIST RESIDUO
Terminata la fase di attacco, sulla piastrina vi è ancora deposto lo strato di fotoresist
non rimosso durante lo sviluppo. Quest’ultimo viene eliminato mediante l’immersione
in uno “stripper”, cioè una sostanza chimica in grado di sciogliere il fotoresist rimasto
senza attaccare il rame ed il substrato. Il prodotto da noi utilizzato è l’AZ. THINNER e
la rimozione viene effettuata immergendo ed agitando la piastrina in quest’ultimo
per t = 5 min; infine si provvede ad asciugare con getto d’azoto.
3.10 REALIZZAZIONE DELLE MASCHERE DEI QUATTRO CIRCUITI DI TEST
Come spiegato in precedenza, le maschere sono state realizzate da una ditta esterna;
il disegno delle stesse, invece, è stato fatto utilizzando il
CAM 350 FAMILY VERSION 5.0. Le maschere realizzate devono avere un’area
massima di 7×7 cm2, in quanto questa è la massima superficie d’appoggio degli
elementi rotanti (dello spinner) a nostra disposizione. Siccome i circuiti progettati nel
capitolo 2 hanno al massimo quattro porte d’ingresso/uscita, si è deciso di
standardizzare la posizione delle piazzole di saldatura, alle quali queste verranno
CAPITOLO 3 – MESSA A PUNTO DEL PROCESSO DI REALIZZAZIONE
___________________________________________________________________________________
72
collegate, imponendo che vengano poste due per lato, su due lati contrapposti della
piastrina, ad una distanza di 2 cm dagli angoli, onde consentire un semplice montaggio
di connettori. L’impedenza delle linee di connessione, onde evitare disadattamenti
indesiderati, deve essere la stessa dei connettori ai quali vengono saldate, cioè 50 Ω;
è questo infatti il valore d’impedenza dei cavi di collegamento all’analizzatore di rete.
La larghezza di queste linee, calcolata utilizzando il software MWI, deve
essere 2333 µm nelle maschere degli accoppiatori e del filtro passa-basso (che lavorano
a 5 GHz), mentre in quelle del filtro passa-banda (che lavora a 10 GHz) deve
valere 2392 µm. Si è cercato di disegnare i circuiti in modo che le linee di connessione
compiano curve il più “morbide” possibile (le curve strette generano discontinuità che
eccitano i modi superiori) ed, in particolare per gli accoppiatori, che siano della
medesima lunghezza (onde evitare variazioni nelle differenze di fase dei parametri di
scattering); infine devono giungere sui bordi della piastrina perpendicolarmente ad essi,
per facilitare la saldatura dei connettori.
Le maschere che sono state realizzate sono mostrate in Fig. 3.2, Fig. 3.3,
Fig. 3.4 e Fig. 3.5.
Si può notare che la maschera di Fig. 3.2 è inclinata; questo perché, per ottenere le
linee di connessione il più “morbide” possibile, la parte rappresentante il filtro
passa-banda è stata disegnata sulla diagonale del quadrato e quindi, siccome il software
che converte il file GERBER in comandi da impartire al fotoplotter non è in grado di
ruotare gli oggetti, si è preferito posizionare la diagonale orizzontalmente onde garantire
la precisione del disegno.
Nella maschera contenente il filtro passa-basso (vedi Fig. 3.3), invece, vi erano
spazio e piazzole inutilizzati, per cui si è introdotta una linea a 50 Ω da utilizzare come
riferimento.
La realizzazione della maschera di Fig. 3.5, siccome il disegno della giunzione ibrida
tipo “rat-race” non presenta simmetria orizzontale, ha richiesto la stesura di un
programma, con il software MATHEMATICA 3.0 distribuito dalla Wolfram Research,
per calcolare le coordinate e le lunghezze degli archi di cerchio e delle linee costituenti
le connessioni (onde ottenere linee di connessione “morbide” e della stessa lunghezza).
CAPITOLO 3 – MESSA A PUNTO DEL PROCESSO DI REALIZZAZIONE
___________________________________________________________________________________
73
Utilizzando queste maschere si sono realizzati i circuiti analizzati nel capitolo 2
seguendo i passi appena illustrati, che per semplicità sono stati riassunti in
APPENDICE D.
Fig. 3.2 – Maschera del filtro passa-banda a 10 GHz.
CAPITOLO 3 – MESSA A PUNTO DEL PROCESSO DI REALIZZAZIONE
___________________________________________________________________________________
74
Fig. 3.3 – Maschera del filtro passa-basso a 4.5 GHz.
Fig. 3.4 – Maschera della giunzione ibrida a 5 GHz di tipo “branch”.
CAPITOLO 3 – MESSA A PUNTO DEL PROCESSO DI REALIZZAZIONE
___________________________________________________________________________________
75
Fig. 3.5 – Maschera della giunzione ibrida a 5 GHz di tipo “rat-race”.
3.11 MONTAGGIO SU APPOSITI SUPPORTI
Terminata la realizzazione dei circuiti in “camera bianca” si è provveduto a montarli
su appositi supporti. Il montaggio viene eseguito nel seguente modo:
a) incollare le piastrine, con colle conduttive, su supporti d’alluminio (onde garantire il
contatto tra il piano di massa dei circuiti e quella dei connettori, che verranno
avvitati sul supporto). Inizialmente si era pensato di costruire i supporti con dei
pezzi di alluminio quadrati, incollando tutto il piano di massa; si è però visto che in
questo modo, a causa della fragilità del filetto su cui tiravano le viti (che possono
avere diametro massimo di 2.6 mm) utilizzate per fissare i connettori, non si riusciva
a bloccare bene questi ultimi. Si sono quindi costruite delle bacchette di alluminio
spesse 10 mm che, anche se non permettono l’adesione di tutta la superficie di
massa, consentono il fissaggio dei connettori con viti passanti e dado, migliorando
la stabilità meccanica.
b) saldare, utilizzando dello stagno, le piste a dei connettori SMA aventi impedenza
di 50 Ω; i connettori utilizzati sono prodotti dalla SUHNER con il nome
23 SMA-50-0-46.
Capitolo 4
Risultati sperimentali
INTRODUZIONE
Dopo aver messo a punto il processo di fotoincisione sono state realizzate, presso la
“camera bianca” del Dipartimento di Elettronica, più copie dei quattro circuiti di test.
Questo ci ha consentito di controllare la ripetibilità del processo sia in termini di qualità
e dimensioni delle microstrisce ottenute, sia in termini di prestazioni dei circuiti; infatti
l’obiettivo di questa tesi non è tanto il conseguimento di prestazioni eccezionali da parte
di questi ultimi, quanto il raggiungimento dei medesimi risultati tutte le volte che il
processo viene eseguito.
Nel seguente capitolo verrà illustrato quanto ottenuto.
CAPITOLO 4 – RISULTATI SPERIMENTALI
___________________________________________________________________________________
77
RISULTATI DELLA SPERIMENTAZIONE
In Fig. 4.1, Fig. 4.2, Fig. 4.3 e Fig. 4.4 sono mostrati quattro dei circuiti di test
costruiti.
Fig. 4.1 – Filtro passa-banda a 10 GHz.
Fig. 4.2 – Filtro passa-basso a 4.5 GHz.
CAPITOLO 4 – RISULTATI SPERIMENTALI
___________________________________________________________________________________
78
Fig. 4.3 – Accoppiatore direzionale a 3 dB tipo “branch”.
Fig. 4.4 – Accoppiatore direzionale a 3 dB tipo “rat-race”.
Tutti i circuiti realizzati sono stati controllati al microscopio ottico, grazie al quale si
è notato che, in particolare sul lato componenti, la qualità delle microstrisce è
soddisfacente, così come i bordi delle stesse, che risultano nitidi ed uniformi
(vedi Fig. 4.5, Fig. 4.6); grazie al misuratore di “gaps” si è invece visto che tutte le
dimensioni delle linee misurate eccedono quelle progettate di valori inferiori ai 25 µm,
risultato che può essere considerato lusinghiero.
CAPITOLO 4 – RISULTATI SPERIMENTALI
___________________________________________________________________________________
79
Fig. 4.5 – Particolari del filtro passa-banda a 10 GHz.
CAPITOLO 4 – RISULTATI SPERIMENTALI
___________________________________________________________________________________
80
Fig. 4.6 – Particolari dell’accoppiatore direzionale a 3 dB tipo “rat-race”.
CAPITOLO 4 – RISULTATI SPERIMENTALI
___________________________________________________________________________________
81
Le prestazioni dei circuiti sono state verificate utilizzando un analizzatore di rete,
cioè uno strumento in grado di mostrare il modulo e la fase dei parametri di scattering.
La prima misura effettuata è stata quella della linea a 50 Ω, che idealmente dovrebbe
presentare riflessione nulla (S11 = S22 = 0) e trasmissione totale (|S21| = 1). Come si nota in
Fig. 4.9, il comportamento della linea realizzata approssima abbastanza bene quello
teorico: il modulo di S11 ed S22 è sempre minore di –20 dB (tranne che alle frequenze
più elevate), mentre quello di S21 è sempre maggiore di –2 dB. Le discrepanze con il
comportamento teorico si spiegano tenendo conto che le riflessioni proprie (S11 ed S22)
dipendono fortemente dalla presenza e dalla qualità delle saldature, che introducono
comunque delle piccole discontinuità, nonché dalla bontà dei connettori e del loro
collegamento ai cavi di connessione dell’analizzatore di rete. L’andamento di S21, che
diminuisce al crescere della frequenza, va invece imputato alla presenza di perdite del
dielettrico, di conduzione e d’irraggiamento, queste ultime sempre presenti in strutture
aperte come le microstrisce. Inoltre, durante la calibrazione dell’analizzatore di rete, vi
sono stati dei problemi dovuti al logoramento per usura dei connettori, il che può aver
accentuato questi comportamenti.
-60
-50
-40
-30
-20
-10
0
2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
Frequenza - [GHz]
Pa
ram
etr
i di S
catt
eri
ng
- [
dB
]
S11 [dB] S21 [dB] S22 [dB]
Fig. 4.9 – Risposta in frequenza della linea misurata.
CAPITOLO 4 – RISULTATI SPERIMENTALI
___________________________________________________________________________________
82
Le seguenti figure mostrano il confronto fra i parametri di scattering misurati
dall’analizzatore di rete (linee spesse) e quelli ricavati dall’ottimizzatore (linee sottili).
Nell’analisi dei grafici vanno fatte le seguenti considerazioni:
• le ottimizzazioni descritte nel capitolo 2 erano avvenute in condizioni ideali, cioè
senza considerare le perdite, onde facilitare il compito del software; inoltre non si
era tenuto conto, durante l’elaborazione, della lunghezza e della geometria delle
linee di connessione, che sono state aggiunte durante la fase di disegno delle
maschere;
• il comportamento degli adattamenti, ed in particolare quello dei loro picchi (che
raggiungono valori molto bassi), è molto sensibile alle imprecisioni di misura e di
realizzazione; lo stesso ragionamento può essere fatto per i disaccoppiamenti
delle giunzioni ibride;
• nel filtro passa-banda le perdite sono maggiori che negli altri circuiti, perché
lavora a frequenze più alte; inoltre, dato che si tratta di una struttura a banda
relativamente stretta, aumenta la sensibilità dell’S11 alle problematiche del passo
precedente.
Da un punto di vista ingegneristico si può notare che le curve misurate presentano un
buon accordo con quelle di progetto; durante le misurazioni si è inoltre visto che gli
andamenti dei parametri di scattering di circuiti diversi, ma dalla medesima geometria,
sono in gran parte identici (si hanno differenze rilevanti solo negli adattamenti che,
come spiegato in precedenza, dipendono molto dalle saldature e dai connettori).
CAPITOLO 4 – RISULTATI SPERIMENTALI
___________________________________________________________________________________
83
-60
-50
-40
-30
-20
-10
0
8 8.5 9 9.5 10 10.5 11 11.5 12
Frequenza - [GHz]
Pa
ram
etr
i di S
catt
eri
ng
- [
dB
]
S11_ott. S21_ott. S11_mis. S21_mis.
Fig. 4.10 – Parametri misurati ed ottimizzati del filtro passa-banda a 10 GHz.
-60
-50
-40
-30
-20
-10
0
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Frequenza - [GHz]
Pa
ram
etr
i di S
catt
eri
ng
- [
dB
]
S11_ott. S21_ott. S11_mis. S21_mis.
Fig. 4.11 – Parametri misurati ed ottimizzati del filtro passa-basso a 4.5 GHz.
CAPITOLO 4 – RISULTATI SPERIMENTALI
___________________________________________________________________________________
84
-15
-13
-11
-9
-7
-5
-3
-1
2 3 4 5 6 7 8
Frequenza - [GHz]
Pa
ram
etr
i di S
catt
eri
ng
- [
dB
]
S21_ott. S31_ott. S21_mis. S31_mis.
(a)
-40
-35
-30
-25
-20
-15
-10-502 3 4 5 6 7 8
Frequenza - [GHz]P a r a m e t r i d i S c a t t e r i n g - [ d B ]
S11_ott. S41_ott. S11_mis. S41_mis.(b)
Fi g. 4812
– Pa r a m e t r i m i s u r a t i e d o t t i m i z z a t i d e l l a g i u n z i o n e i b r i d a a 5 G H z
d i t i p o “ b r a n c h ” .
CAPITOLO 4 – RISULTATI SPERIMENTALI
___________________________________________________________________________________
85
0
20
40
60
80
100
120
140
160
180
2 3 4 5 6 7 8
Frequenza - [GHz]
Sfa
sam
en
to -
[G
rad
i]
Fasi_S21-S31_ott. Fasi_S21-S31_mis.
Fig. 4.13 – Sfasamenti della giunzione ibrida a 5 GHz di tipo “branch”.
-100
-50
0
50
100
150
200
250
300
350
2 3 4 5 6 7 8
Frequenza - [GHz]
Sfa
sam
en
to -
[G
rad
i]
Fasi_S31-S43_ott. Fasi_S31-S21_ott. Fasi_S31-S43_mis. Fasi_S31-S21_mis.
Fig. 4.14 – Sfasamenti della giunzione ibrida a 5 GHz di tipo “rat-race”.
CAPITOLO 4 – RISULTATI SPERIMENTALI
___________________________________________________________________________________
86
-20
-18
-16
-14
-12
-10
-8
-6
-4
-2
0
2 3 4 5 6 7 8
Frequenza - [GHz]
Pa
ram
etr
i di S
catt
eri
ng
- [
dB
]
S21_ott. S31_ott. S43_ott. S21_mis S31_mis. S43_mis.
(a)
-50
-45
-40
-35
-30
-25
-20
-15
-10
-5
0
2 3 4 5 6 7 8
Frequenza - [GHz]
Pa
ram
etr
i di S
catt
eri
ng
- [
dB
]
S11_ott. S41_ott. S44_ott. S11_mis. S41_mis. S44_mis.
(b)
Fig. 4.15 – Parametri misurati ed ottimizzati della giunzione ibrida a 5 GHz
di tipo “rat-race”.
Ringraziamenti
Desidero ringraziare il Prof. Paolo Arcioni per avermi affidato questolavoro e per avermi seguito con interesse in tutte le sue fasi, ed ilProf. Luca Perregrini per il paziente aiuto fornitomi.
Ringrazio i dottorandi e gli amici del Laboratorio di Microonde, per icontinui consigli ed incoraggiamenti ricevuti in tante occasioni; inparticolare desidero ringraziare Enrico, perché ha sempre dimostrato diessere una persona eccezionale.
I miei ringraziamenti vanno inoltre a tutte le persone che ho stressatodurante lo svolgimento di questa tesi e fra i tanti al Sig. Girometta, per ladisponibilità dimostrata nei miei confronti.
Un grossissimo ringraziamento va ai miei genitori ed a mio fratello, checon il loro sostegno mi hanno aiutato a raggiungere questo importantetraguardo.
Per ultima, ma per prima nel mio cuore, ringrazio Elisa perché mi hafatto scoprire le gioie di un amore profondo e sincero.
APPENDICE A
Dati tecnici del substrato RT/duroid 5870
APPENDICE B
Il software Microwave Office
INTRODUZIONE
Microwave Office è un software progettato per disegnare circuiti a RF/microonde in
ambiente Windows 95 ed NT.
Nel pacchetto sono compresi:
• VoltaireXL, cioè un simulatore lineare e non lineare di circuiti;
• EMSight, cioè un simulatore per una completa caratterizzazione elettromagnetica
(“full-wave”) tridimensionale.
APPENDICE B – IL SOFTWARE MICROWAVE OFFICE
___________________________________________________________________________________
91
La risoluzione del circuito è ricavata usando metodi avanzati di programmazione
orientati all’oggetto, che forniscono elevate prestazioni, affidabilità e semplicità
d’utilizzo.
IL SIMULATORE DI CIRCUITI
VoltaireXL è ottimizzato per applicazioni a frequenze RF/microonde ed utilizza le
più recenti tecnologie per la simulazione di circuiti. Il software permette: la simulazione
di circuiti non lineari con il bilanciamento armonico a singola e multi frequenza
utilizzando le serie di Volterra (sia statiche che tempo varianti), l’analisi mixer
(chiamata anche analisi della matrice di conversione), veloci analisi lineari e di rumore;
in aggiunta è in grado di interpretare altri tipi di listati (dispone di supporti
per NMICAD e SPICE).
VoltaireXL utilizza un approccio guidato agli oggetti che consente all’utente di
mettere a punto i circuiti in tempo reale, utilizzando delle finestre su cui controllare i
valori dei parametri. La simulazione lineare, non lineare e l’analisi del rumore sono
particolarmente veloci, in quanto le equazioni del circuito sono derivate direttamente
dallo schema dello stesso, senza la necessità di produrre listati. Inoltre è possibile
mettere a punto ed ottimizzare i parametri circuitali in modo istantaneo, anche in circuiti
complicati e di grandi dimensioni. Nel simulatore lineare sono inclusi un vasto elenco di
modelli di elementi a parametri concentrati e distribuiti (ad esempio microstrisce,
stripline, ecc.), che possono essere utilizzati per la costruzione di circuiti ad alta
frequenza.
Dopo aver impostato i valori di frequenza a cui si desidera far elaborare il
programma ed aver disegnato il circuito è possibile ottimizzare le prestazioni di
quest’ultimo utilizzando diversi tipi di ottimizzatori. In questa tesi si sono utilizzati:
• Random (Local): esegue, negli intervalli imposti dall’utente, variazioni casuali
dei valori delle variabili; questo è probabilmente il miglior ottimizzatore da
utilizzare quando si ha un grande numero di variabili, in quanto la sua efficienza
non dipende da quest’ultimo ed inoltre, ad ogni iterazione, richiede la valutazione
di un basso numero di funzionali.
APPENDICE B – IL SOFTWARE MICROWAVE OFFICE
___________________________________________________________________________________
92
• Gradient Optimization: come metodo dei gradienti viene inteso quello di
Davidon-Fletcher-Powell; in particolare viene utilizzata una ottimizzazione
quasi-Newton. Per iterazione è il più potente dei tre ottimizzatori, ma richiede la
valutazione di un elevato numero di funzionali per ognuna di esse; quindi il suo
utilizzo è consigliato quando deve operare su circuiti e richieste semplici, in
modo di mantenere elevata la velocità di ottimizzazione.
• Simplex Optimization: il metodo di ottimizzazione utilizzato è il Nelder Meade,
che è lento ma efficace; uno dei vantaggi è la sua capacità di seguire molto bene,
anche se lentamente, difficili profili della funzione d’errore. A differenza della
Gradient Optimization, che tende a creare oscillazioni quando sta per raggiungere
il valore ottimo, la Simplex Optimization trova un valore preciso; per questo è
l’ideale per portare a termine una ottimizzazione quando quella della Gradient va
in stallo. L’inizio dell’ottimizzazione è tanto più lungo quanto maggiori sono le
variabili in gioco, in quanto il numero di funzionali da valutare aumenta con esse;
quando è a regime, invece, la velocità di iterazione è indipendente dal numero di
variabili, ma tanto questo è più alto tanto minore sarà il miglioramento della
funzione d’errore ad ogni iterazione.
IL SIMULATORE ELETTROMAGNETICO
Nei casi in cui non siano disponibili dei modelli, o quando gli effetti di bordo
determinano una non accuratezza degli stessi, è possibile ricorrere al
simulatore EM Sight, che fa un’analisi “full wave” utilizzando il metodo dei momenti,
secondo Galerkin, nel dominio della frequenza. Si possono analizzare circuiti aventi
illimitato numero di strati e porte; l’analisi viene svolta dentro una cavità rettangolare,
che viene automaticamente divisa in celle dalla griglia e dimensioni variabili (piccole
nelle zone dove vi sono brusche variazioni della densità di corrente e larghe dove questo
non accade). L’utente può controllare la “mesh” (che viene visualizzata) aumentando o
diminuendo la densità dei poligoni con cui viene eseguita.
APPENDICE C
Descrizione dell’ambiente di lavoro
INTRODUZIONE
Uno dei requisiti essenziali per la realizzazione dei circuiti in film sottile è
l’ambiente di lavoro.
Il laboratorio deve essere sterile, cioè privo di agenti contaminanti che potrebbero in
qualche modo essere adsorbiti sulla superficie del substrato durante i processi di
realizzazione, compromettendo la funzionalità del circuito.
Nel nostro caso il laboratorio, o “camera bianca”, è di tipo classe 100, e le condizioni
di pulizia sono mantenute da una macchina che filtra in continuazione l’aria e mantiene
la pressione della stanza ad un valore superiore a quello dell’ambiente circostante.
APPENDICE C – DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE DI LAVORO
___________________________________________________________________________________
94
Per garantire l’assenza di agenti contaminanti durante gli attacchi, questi vengono
effettuati esclusivamente sotto cappa; inoltre, per il lavaggio, si utilizza
acqua deionizzata (H2Od) e carta speciale per “camera bianca”.
Poiché il fotoresist è sensibile alle radiazioni UV, il laboratorio è illuminato con luce
gialla; inoltre la temperatura della camera deve essere T = 23±2°C.
Tra le attrezzature vi sono: una stufa (Tmax = 300°C), che serve sia per l’essiccazione
della piastrina (che precede la fase di fotoincisione), sia per la polimerizzazione del
fotoresist; una bilancia di precisione; un microscopio ottico, per controllare la qualità
del fotoresist deposto e delle microstrisce; un misuratore di “gaps”, per verificare le
dimensioni delle linee e dei “gaps” (costituito da un microscopio e da un piano in grado
di muoversi in X-Y con elevata precisione; guardando nel microscopio, l’utente genera,
lungo l’asse X, spostamenti del piano di una distanza pari alla larghezza da misurare e
dei sensori registrano l’entità di questi ultimi); due agitatori magnetici, che oltre a
muovere la soluzione (facendo girare un’ancoretta magnetica alla velocità desiderata)
possono riscaldarla alla temperatura d’utilizzo.
Inoltre vi sono anche le seguenti macchine:
SPINNER
Il modello dello spinner utilizzato è il PRS 5V, indicato per la deposizione di
fotoresist liquidi su substrati per film sottili; all’interno di una camera di centrifugazione
(che provvede ad eliminare i solventi del fotoresist tramite un aspiratore incorporato),
vi è un elemento rotante sul quale viene posta la piastrina (dentro all’elemento passa un
tubo attraverso il quale viene creato il vuoto che, per aspirazione, mantiene la piastrina
aderente alla superficie). La velocità di rotazione è regolata da una manopola
(la massima raggiungibile è 6000 giri/min) e viene raggiunta in modo graduale
(attraverso una “rampa di salita”), mentre le frenate possono essere di tre tipi: arresto
per inerzia (brake = off), frenata con bassa coppia frenante (brake = low) e con alta
coppia frenante (brake = high). Lo spinner può lavorare in due modalità: continuous,
che predispone la centrifuga a funzionare per un tempo indefinitamente prolungato
(e va arrestata premendo il pulsante stop); timer, dove tutte le funzioni dipendono
APPENDICE C – DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE DI LAVORO
___________________________________________________________________________________
95
dall’impostazione dell’orologio su un certo tempo prefissato (eccetto la frenata che può
essere anticipata premendo il pulsante stop).
BROMOGRAFO
Il bromografo utilizzato viene distribuito dalla ELMI S.r.l. con il nome B1-PV-E;
si tratta di un bromografo monofaccia, studiato per l’esposizione di prodotti
fotosensibili, che offre ottimi risultati nell’impressionamento delle piastrine, grazie al
suo sistema di adesione maschera-laminato. Per l’esposizione dispone di quattro
tubi UV da 15 W (che quando sono accesi non hanno nessun contatto con l’operatore),
mentre maschera e metallizzazione aderiscono grazie alla pressione esercitata da una
membrana trasparente, sotto la quale viene creato il vuoto (durante questa operazione
premere leggermente i bordi del telaio, su cui è montata la membrana, onde assicurare
una buona tenuta). Un timer meccanico (0÷7 min) regola la durata dell’esposizione
(spegnendo le lampade al momento opportuno); se si preferisce utilizzare dei
cronometri, regolare il timer ad un tempo maggiore di quello desiderato ed, al momento
opportuno, spegnere le lampade con l’apposito interruttore (se il timer non è attivo le
luci rimangono spente).
VASCHETTA D’INCISIONE
La vaschetta d’incisione utilizzata viene distribuita dalla ELMI S.r.l. con il
nome 2030; è una vaschetta appositamente studiata per l’incisione di prototipi o di
piccole produzioni in serie, in laboratori di progettazione ed in tutti quei luoghi ove sia
richiesta velocità e pulizia di lavorazione. Il sistema è costituito da una vaschetta in
vetro con apertura superiore, ove vengono introdotte le piastrine da incidere fissate su
un apposito supporto plastico; una pompa a membrana genera l’uscita di bolle d’aria da
dei tubi porosi (posti sul fondo della vaschetta), agevolando così un attacco uniforme.
Un’astina di pulizia viene utilizzata sia per la pulizia di eventuali buchi otturati, sia per
pulire la vaschetta quando questa è molto sporca (operazione che viene effettuata con
acqua mischiata ad un po’ di acido nitrico al 30%). La temperatura di lavoro viene
ottenuta utilizzando un termoriscaldatore automatico, costituito da una provetta di vetro
APPENDICE C – DESCRIZIONE DELL’AMBIENTE DI LAVORO
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che contiene un termostato di precisione con lampada-spia (la quale indica che la
resistenza sta portando il liquido in temperatura). Per gli attacchi viene utilizzato un
particolare solfato di incisione di nome SIT. Il contenitore di vetro è stato costruito con
un collante speciale, resistente ad acidi e basi diluite ed al SIT, però non resiste a
solventi ed a miscugli contenenti questi ultimi, come ad esempio: sviluppatore per
negativi, lacca, solvente alla nitro, essenza di trementina, benzina, ecc. Se la vaschetta
dovesse essere utilizzata per lo sviluppo di piastrine con idrossido di sodio, allora il
bagno di sviluppo deve essere svuotato alla fine del lavoro, da una parte perché diventa
inutilizzabile se lasciato a lungo nella vaschetta, dall’altra perché la lacca fotografica
sviluppata, che si accumula nella vaschetta, attacca il collante speciale.
La “camera bianca”.
APPENDICE D
Processo di fotoincisione RT/duroid 5870
INTRODUZIONE
In questa appendice viene riassunto il processo di fotoincisione del substrato
RT/duroid 5870, messo a punto nella “camera bianca” del Dipartimento di Elettronica
dell’Università di Pavia.
APPENDICE D – PROCESSO DI FOTOINCISIONE RT/duroid 5870
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(g) Soft-bake lato
componenti
(h) Esposizione
(i) Sviluppo
(j) Controllo
(k) Hard-bake
(l) Incisione del rame
(m) Rimozione fotoresist
residuo
(a) Pulizia del substrato
(b) Copertura superficie
di massa
(c) Livellamento
fotoresist mediante spinner
(d) Soft-bake superficie
di massa
(e) Copertura lato
componenti
(f) Livellamento
fotoresist mediante spinner
Schema a blocchi del processo di fotoincisione del substrato RT/duroid 5870
APPENDICE D – PROCESSO DI FOTOINCISIONE RT/duroid 5870
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a) PULIZIA DEL SUBSTRATO
• Preparazione della soluzione:
pulire accuratamente il “becker” e diluire 1 l di acido solforico con 200 cc di
acqua ossigenata 12 vol.;
IMPORTANTE: mettere l’acido nell’acqua non il contrario, onde evitare il
verificarsi di una reazione esplosiva.
• Lavaggio della piastrina:
immergere la piastrina nella soluzione per t = 2 min; sciacquare
abbondantemente con H2Od (lasciarlo nel “becker” di H2Od per almeno
t = 5 min) ed asciugare con getto d’azoto.
b) COPERTURA SUPERFICIE DI MASSA
• Porre il piastrino in stufa statica a 100°C per un t = 10 min; riportare a
temperatura ambiente (t = 5 min) prima di ricoprire.
• Posizionare il piastrino sull’elemento rotante, con la superficie di massa rivolta
verso l’alto, ed azionare la pompa che crea il vuoto.
• Deporre, utilizzando un contagocce, 0.75 ml di fotoresist
MICROPOSIT SP25-10 su tutta la superficie (7×7 cm2), facendo attenzione a
metterne poco ai bordi (per evitare che scivoli sui fianchi fino a sporcare il lato
componenti) e qualche goccia in più al centro.
Attenzione che non vi siano bollicine d’aria visibili.
c) LIVELLAMENTO FOTORESIST MEDIANTE SPINNER
In modalità TIME e con il regolatore di frenata su BRAKE=OFF, regolare la
velocità di rotazione a 4000giri/min ed azionare per t = 30 sec. Lo spessore del
fotoresist così ottenuto è circa 1 µm.
APPENDICE D – PROCESSO DI FOTOINCISIONE RT/duroid 5870
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d) SOFT-BAKE SUPERFICIE DI MASSA
Porre il piastrino in stufa statica, ad una temperatura di 100°C, per t = 15 min.
Riportare a temperatura ambiente (t = 5 min) prima di ricoprire.
e) COPERTURA LATO COMPONENTI
Appena ripristinata la temperatura:
• Posizionare il piastrino sull’elemento rotante (facendo molta attenzione a non
danneggiare il fotoresist deposto sulla superficie di massa, che ora diventa quella
d’appoggio), con il lato componenti rivolto verso l’alto, ed azionare la pompa che
crea il vuoto.
• Deporre, utilizzando un contagocce, 0.75 ml di fotoresist
MICROPOSIT SP25-10 su tutta la superficie (7×7 cm2), con qualche goccia in
più al centro.
Attenzione che non vi siano bollicine d’aria visibili.
f) LIVELLAMENTO FOTORESIST MEDIANTE SPINNER
In modalità TIME e con il regolatore di frenata su BRAKE=OFF, regolare la
velocità di rotazione a 4000giri/min ed azionare per t = 30 sec. Lo spessore del
fotoresist così ottenuto è circa 1 µm.
g) SOFT-BAKE LATO COMPONENTI
Porre il piastrino in stufa statica, ad una temperatura di 100°C, per t = 25 min.
Riportare a temperatura ambiente (t = 5 min) prima di esporre.
APPENDICE D – PROCESSO DI FOTOINCISIONE RT/duroid 5870
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h) ESPOSIZIONE
L’esposizione va fatta con sorgenti di luce aventi spettro di 350÷450nm.
Dopo aver pulito attentamente il substrato, il bromografo, la membrana
trasparente e la maschera con getto d’azoto, posizionare quest’ultima sulla piastrina,
farvi aderire la membrana e creare il vuoto facendo attenzione che non rimangano
bolle d’aria nella zona da esporre.
Attivare la sorgente luminosa per un tempo t = 2 min.
i) SVILUPPO
• Preparazione della soluzione:
Dopo aver pulito accuratamente il “becker”, diluire ¼ di
PHOTOPOSIT 160 X DEVELOPER in ¾ di H2Od. La soluzione, per ottenere
risultati ottimali, deve lavorare ad una temperatura di 20÷25°C ed avere un pH
compreso fra 12.6÷13.1. Se nel bagno è presente del fotoresist disciolto, il pH della
soluzione diminuisce e il tempo di sviluppo aumenta; per ripristinare le condizioni
ottimali aggiungere PHOTOPOSIT 160 X DEVELOPER puro (aggiungendone
l’1% del volume totale del bagno si ottiene un incremento di pH pari a 0.05).
Preoccuparsi di sostituire la soluzione quando il valore del pH scende sotto 12.6,
oppure quando è stata sviluppata una superficie pari a 5 m2 o quando il tempo
richiesto dallo sviluppo supera del 150% quello originale.
• Sviluppo della piastrina:
Agitare la soluzione, utilizzando un’ancoretta magnetica, ed immergervi la
piastrina per t = 75 sec; immediatamente dopo lo sviluppo risciacquare la piastrina
con H2Od corrente ed asciugare con getto d’azoto.
j) CONTROLLO
Controllare al microscopio se il fotoresist presenta buchi e/o imperfezioni ed
apportarne le correzioni.
APPENDICE D – PROCESSO DI FOTOINCISIONE RT/duroid 5870
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k) HARD-BAKE
Porre il piastrino in stufa alla temperatura T=115÷120°C per un tempo t = 30 min.
Riportare a temperatura ambiente (t = 5 min) prima di incidere il rame.
l) INCISIONE DEL RAME
• Preparazione della soluzione:
riempire la vaschetta di incisione di H2Od facendo attenzione che il livello sia
circa 5 cm al di sopra della spirale di riscaldamento, accendere la pompa a
membrana che permette l’agitazione del fluido e riscaldare fino a 40÷45°C.
Qualora i micropori dei tubi, posti sul fondo della vasca, siano bloccati e quindi
impediscano la fuoriuscita dell’aria, battere leggermente con l’astina di pulizia
sulle zone ostruite. Dopo aver scollegato le spine di rete diluire 200÷250 gr di
SIT per litro di H2Od; successivamente ricollegare la pompa a membrana e
l’elemento riscaldante.
• Incisione del rame:
montare la piastrina sull’apposito supporto ed immergerla per circa t = 9 min
nella soluzione (che deve avere una temperatura di 40÷45°C); subito dopo
sciacquare la piastrina in un “becker” di H2Od ed asciugare con getto d’azoto.
m) RIMOZIONE FOTORESIST RESIDUO
Per eliminare il fotoresist rimasto sulle piste dopo l’incisione della
metallizzazione, immergere ed agitare la piastrina nello “stripper” AZ. THINNER
per circa t = 5 min; asciugare con getto d’azoto.
BIBLIOGRAFIA
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Inc., 1987.
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Matching Networks, and Coupling Structures, McGraw-Hill, New York, 1964.
(Ristampato nell’Ottobre 1980: Artech House Inc., Dedham, Massachusetts.)
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[4] Edwards, Terry, Foundations for Microstrip Circuit Design, Second Edition, John
Wiley & Sons Inc., 1992.
[5] Pennock, S. R., Shepherd, P. R., Microwave Engineering with Wireless
Applications, McGraw-Hill, 1998.
[6] Perez, R., ‘Avoiding doubts in low-pass filters’, Microwave Systems News, June
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[7] Collin, Robert E., Foundations for microwave engineering, Second Edition,
McGraw-Hill, 1992.
[8] Stracca, Giovanni Battista, Teoria e tecnica delle microonde, guide d’onda e
circuiti, CittàStudi, 1995.