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I.C. Jean Piaget-Ettore Majorana
Piazza Minucciano 33 00139 Roma
Biblioteca scolastica Michele Maronta
Premio“Michele Maronta” 2018
Il meglio di me
Raccolta degli elaborati premiati e finalisti
a cura di
Elisabetta Venerosi Pesciolini
Referente della Biblioteca scolastica “Michele Maronta”
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Premio “Michele Maronta” 2018
Il meglio di me
Raccolta degli elaborati premiati e finalisti
a cura di
Elisabetta Venerosi Pesciolini
Referente della Biblioteca scolastica “Michele Maronta”
Giuria
Dirigente scolastico Prof.ssa Marina Todini
Prof. Enzo Bellotti, docente di Lettere classi 2a H e 3
aH
Prof. ssa Paola De Muro docente di Arte e Immagine corsi A-B-E
Prof.ssa Emanuela Fiorelli, docente di Arte e Immagine corsi D-H
Prof.ssa Giuliana Piras, docente di Musica corsi E-F-H
Prof.ssa Annamaria Sulpizii, docente di Religione corsi B-C-D-E-G-H
Elisabetta Venerosi Pesciolini, referente della Biblioteca
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Introduzione
Nel presente opuscolo sono raccolti i temi e i disegni vincitori e finalisti che hanno partecipato
alla 18a edizione del Premio Maronta; un premio dedicato al ricordo di Michele che ha frequentato
la scuola tra il 1998 e il 2000.
Il concorso che, come di consueto, ha previsto una sezione artistico-grafica e una di scrittura
creativa è stato indirizzato alle classi terze al fine di premiare, a conclusione del triennio di scuola
secondaria di primo grado, gli alunni e le alunne che hanno raggiunto un alto livello di
competenze, maturità e mezzi espressivi.
Il titolo scelto per il Premio di quest’anno è stato: “Il meglio di me”.
Hanno partecipato alla sezione di scrittura creativa le classi 3D, 3E, 3F, 3H. a quella grafico
pittorica le classi 3A, 3B, 3C, 3D, 3E, 3F, 3G, 3H.
I docenti delle classi partecipanti Angela Rossi, Cristina Rossetti, Claudio Piccirillo , Enzo Bellotti,
(Italiano); Emaniela Fiorelli, Paola De Muro e Antonietta Belsito (Educazione all’immagine)
hanno presentato alla giuria gli elaborati migliori, realizzati nel corso dell’anno, a scuola o a casa,
dai propri alunni
I temi e i disegni quindi, pur rappresentando i lavori più significativi svolti, vertono su tematiche
diverse.
La giuria, formata dal Dirigente scolastico, dai proff. Enzo Bellotti, Emanuela Fiorelli, Maria
Paola De Muro, Giuliana Piras, Annamaria Sulpizii, e dalla sottoscritta ha deciso di assegnare un
premio per la sezione di scrittura creativa e due premi per quella di grafica.
La scuola desidera ringraziare ancora una volta i signori Margherita e Francesco Maronta che
rendono possibile ogni anno, grazie alla loro generosità, l’assegnazione di questo premio
La Bibliotecaria
Elisabetta Venerosi Pesciolini
Roma, 5 giugno 2018
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Vincitori
Premio “Michele Maronta” 2018
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Vincitore sezione scrittura creativa
Nina Livadiotti classe 3aF
Motivazione
Ha affrontato la tematica proposta esponendo le
proprie idee in maniera spontanea e scorrevole,
dimostrando maturità nella riflessione personale
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Il rapporto genitori figli
Genitori-figli, uno dei rapporti più scontati eppure complessi di sempre.
Autorità e severità o complicità e libertà di scelta?
Secondo me i genitori devono far sviluppare ai figli una propria identità, senza imporsi ma a volte
negando qualcosa, perché non si può avere tutto, offrendosi sempre come un punto fisso su cui
poter contare. Però non è mica così facile!
Già dalla nascita iniziano i primi problemi. E se la sua prima parola non è mamma? E se la sua
seconda parola non è papà?
A mio parere bisogna lasciar respirare i propri figli, non opprimerli e mettere loro ansia già dalla
tenera età .
Poi si sa, bambini piccoli problemi piccoli; perciò, cari genitori, godetevi i primi anni di vita dei
vostri figli, anche perché saranno i più belli, infatti in tutti i miei ricordi di infanzia ci sono o
mamma o papà, spesso e volentieri entrambi, affianco a me; però su una cosa si deve stare attenti:
non bisogna far diventare il proprio figlio la fotocopia di se stessi, su cui riversare le proprie
aspettative o le proprie frustrazioni, quando queste aspettative sono disattese, con gli stessi
interessi, le stesse abilità, gli stessi hobby.
Io ad esempio sono stata lasciata libera di scegliere i miei sport e le mie attività pomeridiane, e
anche se mia madre ha amato e praticato il basket per molti anni, non ha influenzato la mia scelta.
Poi, ovviamente, se un genitore ha una passione e vede che il figlio è interessato a condividerla, è
una buona occasione per passare del tempo insieme. Mio padre ad esempio mi ha trasmesso la
passione per il calcio e ancora adesso guardiamo insieme, spesso anche allo stadio, le partite della
Roma.
Nell’infanzia, comunque, i genitori devono essere presenti per tutti i problemi, perché per un
bambino essi costituiscono il punto di riferimento per tutto. A volte vengono persino “divinizzati”,
ma questo a mio parere è sbagliato perché si deve far capire che anche mamma e papà hanno dei
limiti. Anche se dapprima può essere uno shock dover accettare i primi “no”, è importante farlo,
anche perché meglio accettare “non si può fare un’altra merenda” che “non sei adatto a questo
lavoro” e tutti i no che la vita ti sbatterà in faccia.
I miei genitori non sono severi con me ma se non vogliono qualcosa gli do retta perché, anche se a
volte non ne comprendo il motivo, so che lo fanno per me.
Dopo l’infanzia arriva comunque l’adolescenza, seguita dai primi litigi seri, i primi dubbi, le prime
scelte importanti. Secondo me, in questo periodo, i genitori hanno un ruolo molto difficile, infatti
devono lasciare che siano i figli ad affrontare i loro problemi ma devono comunque continuare ad
essere un appoggio solido, soprattutto nei momenti di crollo: non gli possono andare contro, non
servirebbe a nulla, anzi aumenterebbero solo il caos che già c’è nella testa di un adolescente. In
questo i miei genitori sono perfetti, anche se a volte mi irrita quando mi chiedono se mi piace
qualcuno o cose così, perché sono “mamma e papà”e non devono comportarsi da amici; devono
essere i miei genitori.
Dopo l’adolescenza si diventa grandi. Se hai sviluppato una tua personalità, come a mio parere è
corretto, sei pronto ad affrontare la vita degli adulti; se invece sei il risultato di “quello che
volevano fare di te” i tuoi genitori, probabilmente hai ancora molte incertezze.Ovviamente non tutti
la pensano come me. C’è chi vede i figli come una opportunità per tutto quello che non si è riusciti
ad essere e non ha potuto avere nella propria vita ma questo è sbagliato.
Mia nonna infatti, ad esempio, non portava alle mostre o ai musei mio papà che alla mia età
avrebbe voluto andarci ma questo non è un buon motivo per portarmici a forza tutti i week end. E’
un ragionamento sbagliato, perché siamo due persone diverse. Sono sua figlia ma non può
obbligarmi ad essere come lui.
C’è anche chi pensa che la severità sia un buon modo per far comprendere certi concetti. Secondo
me invece no; come ho detto negare è importante ma si può negare anche senza essere
eccessivamente severi, perché se si è severi con i propri figli, essi inizieranno a sentirsi oppressi e,
ad un certo punto, esploderanno, quindi l’effetto desiderato non verrà nemmeno ottenuto perché
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più una cosa viene imposta severamente più sale la voglia di disobbedire alle regole e disattendere
le aspettative.
Perciò, parlando ai genitori: “Aiutate i vostri figli e siate sempre un sostegno morale e fisico, ma
quando sarà il momento, lasciateli andare e assicuratevi che abbiano sviluppato una propria
personalità, consapevole e responsabile.
Nina Livadiotti 3F
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Vincitore a pari merito
sezione grafica
Giulia Palmeri Guidi classe 3aD
Motivazione
Si premia l’alunna per l’abilità nella tecnica della
tempera e per la fedeltà e la sensibilità manifestata nella
esecuzione della copia del quadro” Notte stellata “di
Van Gogh
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Giulia Palmeri Guidi Classe 3aD Copia da“Notte stellata di Vincent van Gogh”
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Vincitore a pari merito sezione grafica
Alessandro Sica classe 3aD
Motivazione
Si premia l’alunno per la personale creazione in stile
cubista di una natura morta composta di oggetti
disegnati dal vero
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Alessandro Sica 3D Natura morta in stile cubista
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Menzioni di merito per la sezione
scrittura creativa
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Social Network
Gli adolescenti di oggi, di cui faccio parte, sono circondati dalla tecnologia, vivono in un’era
digitale e sono continuamente stimolati, sotto questo punto di vista, fin dalla nascita.
Smartphone, app. e social network sono parte integrante della loro vita e quindi è normale
utilizzarli: essi infatti navigano in internet continuamente per poter comunicare con amici vicini e
lontani condividendo contenuti di vario genere.
Questo modo di comunicare però, secondo me, sta cambiando la personalità dei giovani e la loro
capacità di instaurare rapporti sociali e di amicizia perché scrivere e comunicare attraverso uno
schermo è sicuramente più facile, non si arrossisce, si ha meno paura e più coraggio ma allo stesso
tempo li priva del calore di un abbraccio, di uno sguardo penetrante o semplicemente di un sorriso.
Spesso si è talmente concentrati nelle amicizie on line che quasi non si ha più il tempo e a volte
anche la voglia, per le relazioni interpersonali vere, quelle in cui ci si guarda, ci si sta vicini, ci si
tocca o magari si sta insieme anche senza dire nulla.
Comunicare in questo modo, certamente è senz’altro rapido ma spesso può nascondere dei pericoli
tra cui il cyberbullismo, perché ci sono dei ragazzi che si fanno forti del fatto di essere dietro ad
uno schermo, spesso in modo anonimo o non identificabile, per attaccare compagni di scuola e
amici prendendoli in giro o divulgando foto private che arrivano contemporaneamente a
moltissime persone senza che si abbia la possibilità di difendersi.
Purtroppo ci sono stati anche fatti di cronaca che ci hanno raccontato di suicidi, da parte delle
vittime di questo terribile e vigliacco fenomeno.
A volte ho chiesto ai miei genitori come facevano da adolescenti ad incontrarsi, a cercare notizie e
a studiare senza l’aiuto di internet; la loro risposta è stata semplicemente: ci citofonavamo, ci
telefonavamo, ma solo se necessario, e per studiare c’erano le enciclopedie.
Questo oggi sembra quasi preistoria; a noi giovani sembra impossibile che siano riusciti a
“sopravvivere” eppure, da ciò che raccontano, sembra che abbiano nostalgia per quei tempi in cui
i rapporti umani erano diretti.
Per me comunicare con whatsapp è naturale, immediato e rapido e non nego che a volte ho
confidato i miei pensieri alle mie amiche in questo modo, ma sempre singolarmente e solo con
amiche di cui ho fiducia e che conosco bene di persona con le quali, però, non sempre è possibile
incontrarsi.
Non apprezzo, invece, coloro che litigano con gli amici in “un gruppo virtuale”perché ritengo che
le questioni private debbano rimanere tali e inoltre è anche irritante per chi “assiste” essere
disturbati da continui messaggini. Non sono d’accordo neanche con la pubblicazione di foto non
autorizzate, magari imbarazzanti, perché ognuno ha il diritto di proteggere la propria privacy e
tutti hanno il dovere di rispettare gli altri.
Le amicizie che nascono sui social, secondo me, sono solo “contatti”; a volte sembra che tra i
giovani ci sia una gara a chi ne ha di più come se ciò significasse essere i più bravi, i più simpatici,
i migliori; inoltre sono molti i casi di coloro che si iscrivono sui social con false identità; quindi
ritengo che non può esserci amico uno sconosciuto di cui abbiamo solo qualche indizio magari
anche falso e di cui non conosciamo le vere intenzioni.
L’amicizia invece è una perla rara e credo che si è già molto fortunati se nella vita si riescono a
trovare due o tre amici veri, cioè sempre disposti ad ascoltare senza giudicare, pronti a correre
anche di notte se li chiamassi, che non guardano le apparenze ma l’animo della persona, che
capiscono con lo sguardo o dal tono della voce lo stato d’animo dell’amico e soprattutto che non
hanno bisogno di una bacheca per confidarsi.
Giulia Franchini 3D
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Una conferenza su Gandhi
Venerdì 19 la mia classe ha avuto la possibilità di partecipare a una conferenza su Gandhi.
Abbiamo potuto vedere ed ascoltare un documentario realizzato da Massimilian Troiani, che si è
basato sulle testimonianze di chi ha conosciuto il Mahatma o che ha vissuto nella sua stessa epoca.
Gandhi ha rivoluzionato la visione della guerra, ha cambiato il modo di pensarla; difatti l’India,
colonia inglese, rivendicava l’indipendenza. Per ottenerla Gandhi ha deciso di boicottare
l’economia, di procurarsi tutto personalmente così da impoverire il mercato inglese e costringerlo
ad arrendersi.
Ha coinvolto una moltitudine di persone che hanno seguito il suo esempio rendendo l’impresa
possibile.
Questo movimento, in atto dal 1942, non comprendeva nulla che avesse a che fare con le armi. Era
la “teoria della non violenza”, che a molti può sembrare una forma di debolezza, ma che in realtà
costituisce una grandissima forza.
Egli ripudiava dunque la lotta come mezzo di risoluzione dei problemi. Questo suo ideale, nato con
il confronto diretto con l’apartheid, si diffuse poi nella più industrializzata Europa, nella quale
intanto proseguiva la seconda guerra mondiale.
Il pensiero del Mahatma mi ha immensamente stupita e trovo incredibile come un uomo
dall’aspetto così fragile nasconda invece una potenza unica. Tra i suoi innumerevoli insegnamenti
vi è anche questo:la realtà dietro l’apparenza e l’incorrettezza del pregiudizio. Non ci fu più onesto
pacifista di lui. Addirittura scrisse alcune lettere a Hitler nelle quali espose in modo cordiale le sue
opinioni sul nazismo, alla base delle leggi razziali, affinché si fermasse. Tuttavia pare che esse non
siano mai arrivate nelle sue mani.
La sua ideologia mi ha fatto comprendere il vero significato dei termini “compassione”ed
“empatia, pochè la non violenza può diventare una realtà concreta solo quando vi sono i due
elementi.
Mi è ancora arduo credere che un uomo del genere sia esistito, ha dimostrato che la sua vittoria è
risultato di volontà e unione e non solo di sangue causato dalla furia.
Gandhi era ed è tutt’ora di considerevole rilevanza, ma è sempre stato sorprendentemente umile,
una persona particolare che ammirava le piccole cose, che ha fatto tanto senza chiedere nulla in
cambio.
Quest’uomo ha resuscitato la tolleranza perduta, l’idea di discutere e mettersi d’accordo.
Durante tutto il documentario mi sono lasciata trasportare dallo stupore e dalle mille sensazioni da
esso provocate.E’ stata una conferenza non solo interessante, ma anche commovente, mi ha
estasiata.
Gandhi è stata una delle rare voci che ha parlato. Il Mahatma provava un rispetto assoluto per
chiunque, era di una tolleranza lodevole. E’ morto disgraziatamente venerdì 10 gennaio 1948 alle
17 e 10 a causa dello sparo di un Indù integralista..
Gandhi era favorevole alla donazione di una somma di denaro pretesa dai musulmani, pur di
mantenere la tranquillità e la pace. Questo era visto dal fondamentalista un tradimento e così
Gandhi venne assassinato da un praticante della sua medesima religione.Questa perdita ha
decisamente devastato il paese, che lui aveva reso libero e indipendente, ha variato l’atteggiamento
della gente.
Personalmente credo che dovremmo attendere dei secoli prima che rinasca un uomo dai tali
principi e dal tale carisma. Tutti noi dovremmo essergli devoti e riconoscenti
Alice Adinolfi 3E
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Menzioni di merito
per la sezione di grafica
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Sara Russo classe 3G
Bianca Colorito classe 3C
18
Simona Palumbo classe 3C
Margherita Borghi classe 3D
19
Laura Rizzo classe 3D
Livia Spitella classe 3D
20
Sofia Briganti classe 3E
Chiara Petroni classe 3E
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Adriano Iervella classe 3G
Sergio Nicola Troiano classe 3G
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Lucrezia Venturini classe 3H
Rebecca Tomasi classe 3H
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Altri partecipanti
per la sezione di scrittura creativa
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Lettera sulla felicità
Cara Francesca,
oggi volevo parlarti di un argomento che mi sta particolarmente a cuore:la felicità.
Penso che sia una delle cose più belle che la vita ci possa offrire. Essere felici è la chiave per avere
una bella vita e realizzare i propri sogni.
Alla felicità, si lega, però, la tristezza.
Se non conoscessimo momenti di sconforto, non vivremmo nemmeno momenti di felicità, dato che
non avremmo un termine di paragone, Quindi ricorda, che anche la tristezza, come la felicità, va
accolta e vissuta al massimo.
La felicità di una persona può scaturire da diversi fattori: un buon voto a scuola, un pomeriggio fra
amici, una giornata di sole, il mare, la musica, una conchiglia. Qualsiasi cosa può renderti felice e
non devi vergognartene.
Secondo me si è veramente felici quando si riesce a provare gioia anche per piccoli gesti, come ad
esempio una persona che ti saluta per strada. Non è tenuta a farlo, eppure lo fa, casomai anche
involontariamente, ma lo fa. Ed è anche quando si riesce a dar peso a questi piccoli gesti, che si
vive veramente bene.
La felicità può nascere anche da quella di qualcun altro, come un amico, un parente, un conoscente
o un idolo.
Personalmente, mi succede spesso. Quando vedo sorridere qualcuno, a cui sono particolarmente
legata, viene involontario farlo anche a me. Accade anche con te, nonostante come sappiamo
entrambe, non possiamo vederci: sapere che stai bene e che sei felice, fa stare bene anche me.
E’ questo il senso della felicità: stare bene. Per fortuna io ho trovato delle persone in grado di
farmi provare tutto ciò.
Con loro mi basta veramente poco per essere felice. Bastiamo noi, insieme, a ridere di tutto. Ridere
forte, ridere fino a sentirsi male. Bastano le nostre prese in giro, le parole non dette, gli abbracci.
Bastano i pomeriggi trascorsi a fare pazzie e figuracce in centro e quelli passati, sdraiate sul letto
l’una sull’altra a non fare nulla. Bastano le volte in cui urliamo “Nencio” tutte assieme, quelle in
cui ci arrabbiamo per poi fare pace, un minuto dopo.Bastano tutte queste piccole cose a rendermi
felice, ma in realtà basta anche solo la loro presenza.
Se ripenso ad alcuni momenti nella mia vita in cui sono sicura di essere stata veramente felice, il
primo che mi viene in mente è il 18 marzo 2017, giorno in cui finalmente, dopo lunghi anni di
attesa, sono riuscita ad andare al concerto del mio cantante preferito: Fedez. Quel giorno,
nonostante tutte le sue imperfezioni, è stato perfetto. Ho avuto tutto il tempo un sorriso stampato
sul volt oche nessuno riusciva a togliermi. Per due ore e mezza ho cantato a squarciagola, ho
ballato e saltato, ho pianto dalla gioia, ho vissuto i pezzi che mi hanno sempre aiutata ad andare
avanti e, dopo tanto tempo e infinite speranze, sono riuscita a cantarle insieme a lui. Lui, Federico,
quella persona che per anni mi ha resa felice attraverso uno schermo, dei testi e delle cuffiette, Non
ci ho mai messo così tanto impegno nel realizzare un sogno perché sapevo che una volta realizzato,
sarei stata felice, per davvero . E così è stato.
Ad avermi resa felice sono state anche tutte quelle volte che ho viaggiato assieme alla mia famiglia.
Infatti, adoro viaggiare: salire su un aereo, partire, visitare luoghi nuovi, conoscere culture e stili
di vita differenti produce tanta gioia.Qualsiasi sia la meta ne sono entusiasta, ma quando si tratta
dell’America, non ci vedo più dalla felicità. Ho avuto la fortuna di visitare gli Stati Uniti, sia la
costa orientale che quella occidentale, e sono state esperienze affascinanti.Ora spero di andare, il
più presto possibile, in Canada e in Brasile, luoghi che ho sempre desiderato visitare.
Eppure esistono tanti altri avvenimenti più semplici che mi hanno fatto provare seriamente la
felicità, per esempio, quando questa estate ho trascorso una settimana in Abruzzo assieme alla mia
palestra di Judo. Nonostante ci dovessimo sempre svegliare presto per la corsa mattutina, non
avessimo il telefono (ritiratoci il primo giorno) e dovessimo allenarci due volte al pomeriggio, è
stata una settimana splendida. Siamo riusciti ad instaurare un rapporto d’amicizia meraviglioso e
ho scoperto che persone stupende sono. Ciò è stato possibile anche grazie alla mancanza di
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cellulare. Se lo avessimo avuto, infatti, invece di passare pomeriggi interi sdraiati sul letto a
chiacchierare o in piscina a giocare a carte o a farci il bagno, saremmo stati tutti attaccati al
display. Nei momenti morti, invece di parlare e inventarci giochi strani, come è effettivamente
accaduto, avremmo acceso il dispositivo per chiuderci nei social o in stupidi viedeogiochi.
Secondo me è anche a causa del cellulare che perdiamo numerosi attimi di felicità e tante piccole
cose in grado di cambiare il nostro umore. Se una volta tanto spegnessimo quell’oggetto e
vivessimo la vita reale, potremmo scoprire nuovi luoghi e incontrare o riscoprire persone in grado
di renderci seriamente felici. Dico questo perché lo ho provato sulla mia pelle, legando con dei
ragazzi che prima erano quasi degli estranei e ora sono alcune tra le persone che preferisco e di
cui non potrei fare a meno.
In conclusione, ti auguro di incontrare persone che ti facciano stare bene e che ti rendano felice
tutti i giorni, anche con piccoli gesti e anche se non sono fisicamente vicine a te.
Impara a dare peso a tutte quelle piccole e apparentemente insignificanti cose che possono
migliorare le tue giornate, prendendo meno sul serio quelle brutte e concentrandoti su quelle più
belle.Cerca l’aspetto positivo in tutto ciò che ti accade e vivi al massimo i momenti più belli della
tua vita.
Nessuno ha il diritto di sminuire la tua felicità, quindi fregatene di quello che dicono gli altri e
tieniti stretto tutto ciò che ti fa stare bene.
La vera felicità è solo un insieme di tanti piccoli tasselli e per trovarli basta solo aprire gli occhi e
accogliere tutte le cose belle che la vita ci dona ogni giorno. E non dimenticare mai che, se
affrontata con il sorriso, ogni ostacolo sarà solo un salto in più.
Ti voglio tanto bene,
ci vediamo presto
Agata
P.S.Grazie di rendermi sempre felice!
Matilde Agata Nitti 3F
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Macchè barriere! Questo è sport
Il 13 dicembre 2017 abbiamo spezzato la monotonia della giornata-scuola con una “conferenza”
sulle paralimpiadi.
Quando eravamo tutti seduti, Marco Banarrigo ci ha accolti premettendo che lui avrebbe dovuto
parlare delle paralimpiadi, far parlare Edoardo Giordan e farci un noiosissimo discorso. Ma lui ha
deciso di cambiare il programma: prima ha stimolato le nostre emozioni facendoci vedere un video
sulle olimpiadi di Rio o meglio, le sue emozioni: felicità, tristezza, gioia, sacrificio, adrenalina, vari
altri sentimenti, stati d’animo che non hanno ancora un nome, perché non sono ancora ben definiti.
Queste sono le parole che abbiamo detto quando ci hanno chiesto che cosa avevamo provato, cosa
ci aveva trasmesso il video.
Poi, subito dopo, abbiamo visto un altro video. Come l’altro, era un video musicale. Era montato
alla perfezione e in quei tre minuti, in tre soli minuti, riusciva a trasmetterti tutto il dolore, la
passione e l’impegno che ci avevano messo gli atleti paralimpici.
Appena tornata a casa avrò rivisto quel video almeno tre volte, e ogni volta riuscivo a trovarci
qualcosa di nuovo, che mi sorprendeva. Con quel video si capisce perfettamente perché li chiamano
super-abili:perché una persona “normodotata” non riuscirebbe mai a fare certi movimenti, a
saltare più di un metro in altezza, correndo e saltando con una sola gamba.
Abbiamo visto un video di Bebe Vio, medaglia d’oro alle paralimpiadi. Nel video raccontava di
come, sin da piccola, amava molto la scherma. Purtroppo quando aveva circa la nostra età, prese
il meningococco che la costrinse a farsi amputare le braccia e le gambe. Lei voleva continuare a
fare scherma e ha scoperto il mondo delle paralimpiadi. Anche se all’inizio se ne vergognava,
presto imparò ad usare le protesi e potè ricominciare a fare scherma, anche se in carrozzina. La
cosa che mi ha sorpreso di più è che lei scherzava, prendeva alla leggera il fatto che avesse delle
protesi: ormai ci conviveva.
Poi abbiamo il video in cui Edoardo Giordan raccontava la sua esperienza. Ci ha raccontato, dal
vivo, come erano gli inizi, dopo l’amputazione, di come si fosse depresso.
Abbiamo fatto in seguito alcune osservazioni e confronti: per esempio, in Kenia i ragazzi per
andare a scuola devono percorrere tra gli 11 e i 17 chilometri a piedi. Quando sono piccoli li fanno
camminando ma crescendo, li fanno correndo e la loro media è di cinque minuti e mezzo al
chilometro. Poi abbiamo visto come la maggior parte di noi, ragazzi italiani, non fosse riuscita a
percorrere un solo chilometro in quel tempo e come perfino i nostri genitori alla nostra età ci
avessero messo di meno.
Marco Bonarrigo ci ha anche raccontato di un esperimento: avevano calcolato che, in media, un
adolescente italiano percorre meno di un chilometro al giorno e di come la maggior parte dei
bambini non sappiano fare le capriole. Sinceramente mi sono vergognata di questi studi, del fatto
che la nostra generazione sia più pigra che mai. Il fatto è che, con le nuove tecnologie, i servizi a
portata di mano e la scuola o dietro casa o troppo lontana, non ci muoviamo mai abbastanza.
Ci ha parlato inoltre della corsa di Miguél. Avevo già sentito parlare delle origini dell’omonima
corsa ma sono stata comunque a sentire, in attesa di nuovi particolari. Ci ha raccontato come
l’anniversario della scomparsa di Miguel, fosse solo un trafiletto, una di quelle notizie che si
mettono nei giornali per riempire i buchi;di come fosse descritto” podista e poeta” e di come, da
tutto questo, sia nata la corsa di Miguél, alla quale oggi partecipano tantissime persone.Ci ha
anche spiegato come quella non fosse una corsa per ricordare solo Miguél , ma tutti i
desaparecidos fucilati, gettati in fosse comuni; giovani, vecchi, donne, uomini di mezza età.
Trentamila persone scomparse nel nulla. Di loro, però, dobbiamo mantenere vivo il ricordo: è per
questo che l’anno scorso ho partecipato alla “Corsa di Miguél”, per fare in modo che quelle
persone non siano del tutto scomparse e anche per fare una corsetta per Roma.
Grazie a questa conferenza ho capito come sia importante non arrendersi mai, nonostante tutte le
difficoltà che affrontiamo e tutte le disgrazie che ci possono capitare:l’importante è seguire il
proprio sogno, qualsiasi cosa accada. E se qualcuno ci vorrà impedire di realizzarlo solo perché
siamo diversi, dobbiamo comunque lottare per realizzarlo. Inoltre ci ha fatto rifletter sul fatto che
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le protesi degli atleti paralimpici stiano raggiungendo le capacità umane e che forse, un giorno , le
supereranno.
Questa conferenza mi è piaciuta molto e ha allargato le mie conoscenze in questo campo.
Beatrice Casini 3E
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Racconta un episodio della tua vita che ti ha insegnato qualcosa di importante o che ti ha fatto
acquistare una particolare abilità nello svolgimento di un’attività o che ha migliorato i tuoi
rapporti con chi ti è accanto
Ho preso parte ad una “gara di interpretazione”. Consisteva nell’esibirsi sulle note di una canzone
uguale per tutte le atlete e rese note alle stesse solo durante il riscaldamento pre-gara; ma non era
questa la difficoltà maggiore: si doveva anche improvvisare, senza prepararsi, una coreografia,
precedentemente!
Dal giorno in cui ho deciso di iscrivermi alla gara, fino al momento prima di esibirmi, passavo il
tempo a chiedermi quale canzone ci sarebbe toccata ballare. Ero comunque preoccupata però,
perché anche se quando si tratta di interpretare o improvvisare un balletto sono davvero infallibile,
ma dal momento che nella coreografia era obbligatorio inserire otto o nove esercizi imparati da
poco; altra difficoltà, il timore di fallire, si faceva sentire. Eh già , gli esercizi da inserire ancora
non mi riuscivano alla perfezione…diciamo che li eseguivo correttamente due volte su cinque.
Un giorno, mentre mi recavo alla pista di pattinaggio per allenarmi, ho incontrato Cristina, la
direttrice tecnico-sportiva della sezione del centro sportivo, occupata dal pattinaggio, e appunto
insegnante di questa disciplina di mia sorella. La ho salutata e con l’occasione le ho chiesto
qualche informazione sulla gara d’interpretazione e lei, con la sua risposta, mi ha davvero
sollevata. Mi ha detto che, in quella tipologia di gara, la parte tecnica, ovvero l’esecuzione degli
esercizi,era relativamente importante e che “quel che conta davvero è l’interpretazione”
Dopo quelle parole mi ero subito sentita meglio, e ho pensato che se la parte tecnica era davvero
meno importante…avevo già vinto! Quel sollievo, tuttavia, non durò per molto.
Affisse davanti all’ingresso in pista, c’erano le categorie con i nomi delle atlete e io avrei dovuto
gareggiare anche con Sofia, una mia cara amica, ahimè bravissima ad interpretare e le sorelle
M***, da sempre vincitrici infallibili di ogni tipo di gara. Tanto volevo bene a Sofia, tanto la
temevo e fidatevi quando dico che le voglio molto bene. Così, piano piano, il giorno della gara si
avvicinava, finchè non giunse il momento di esibirmi.La canzone che ci avevano assegnato era
davvero niente male e questo mi dava molta sicurezza.
Mentre ballavo eseguivo mosse davvero belle e a quanto pare questo piaceva al pubblico, che
applaudiva forte e sorrideva. Riguardo alla parte tecnica, andò quasi tutto bene ma quel che mi ha
stupita è stata la madre delle M*** che si complimentava con la mia, dopo l’esibizione; insomma
era andata benissimo ma non avrei potuto saperlo con certezza prima della premiazione.
Dopo di me toccava a Sofia. Si muoveva con delicatezza e sicurezza, ma purtroppo era caduta e
andava squalificata. Mi era dispiaciuto molto per lei, nonostante tutto.
Una delle sorelle M***si sentì male e decise di ritirarsi, mentre l’altra, la più “cattiva”, si esibì
dopo Sofia. Come già avevo intuito, guardandola in faccia, non era proprio tipo da interpretazione
lei, e infatti pensava solo ad eseguire bene gli esercizi,senza neanche l’ombra di un sorriso.
Subito dopo l’esibizione dell’ultima atleta, c’è stata la premiazione e, con mia grande sorpresa, è
stata proprio la sottoscritta a vincere, a trionfare, ad arrivare prima!
Non ho pouto fare a meno di far salire sul podio Sofia, insieme a me e chi se ne importa se non si
poteva fare.
Tutto questo mi ha insegnato che credere in sé stessi è indispensabile e che e che se lo si vuole, si
possono fare anche cose “ impossibili”, come battere le M***, e raggiungere i propri obbiettivi
senza farsi intimorire da niente e da nessuno, come ha fatto Sara M***, scegliendo di ritirarsi.
Ho finalmente appreso che non importa quanto sia bravo o impeccabile chi hai di fronte, ma dare
sempre il meglio di sé ad ogni “sfida” che la vita propone.
Ho imparato che spesso si è troppo severi con sé stessi, ci si convince che le proprie abilità non
sono abbastanza eppure si trionfa comunque.
Dopotutto il pubblico non mi avrebbe appalaudita, se io non fossi stata all’altezza della situazione
Federica Lo Sicco 3H
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I pirati del cervello (Lorraine de Feluche, Le Monde)
In questo articolo di Lorraine de Foucher su Le Monde, un giornale di Parigi, la giornalista sta
facendo una ricerca sulla capacità di concentrazione, intervistando una ragazza di quindici anni di
nome Emma e molti ex ingegneri di Google o Facebook.
Per prima, viene intervistata Emma, ma la conversazione viene sempre e interrotta dai continui
squilli del cellulare della ragazza, dei suoi vari social network, soprattutto Snapchat. Poi Emma
rivela che, sempre su Snapchat, si scrive da ormai 150 giorni consecutivi con Anna, la sua migliore
amica, e se si dimentica appare una clessidra vicino al nome di Anna per ricordarle di farlo.
Dice anche che ogni mattina, appena sveglia, passa sempre almeno dieci minuti sui social network.
In seguito, la giornalista afferma che Emma ed Anna appartengono alla cosiddetta “generazione
pesce rosso”, cioè sono adolescenti che non riescono a concentrare la loro attenzione su una
conversazione, una lezione o un libro perché sono sempre distratte.
Secondo uno studio realizzato da Microsoft, l’uomo in media ha una capacità di concentrazione
pari a otto secondi, si concentra per minor tempo di un pesce rosso (nove secondi)!
Secondo un’altra ricerca, invece, ogni dodici minuti veniamo interrotti da una notifica del nostro
smartphone e siamo incapaci di rimandarne la lettura ( come l’ottantanove per cento dei francesi)
e poi per riconcentrarci ci mettiamo ventitré minuti, come dimostrato da Gloria Mark, ricercatrice
della università della California, a Irvine.
L’articolo continua con l’ingegnere statunitense Ramsey Brown, che nel 2016 creò Space, un’icona
per proteggere l’attenzione, prima rifiutata ma poi accettata da Apple.
Poi si parla di Justin Rosenstein, che inventò, una decina di anni fa, il pulsante like su facebook,
ma ora è molto preoccupato dell’ “economia dell’attenzione”, cioè del fatto che nuove tecnologie
creino dipendenza agli utenti e probabilmente abbassano anche il loro quoziente intellettivo.
Infine Harris, ex dipendente di Google, parla proprio di dipendenza dai social network e del nostro
impulso nello aprire una notifica.
L’autore del testo è Lorraine Foucher.
Il testo appartiene al genere dell’articolo di giornale. Le tematiche sono la dipendenza dai social
network
Lo scopo del testo è informare i lettori del pericolo dei social netwok : il titolo stesso “I pirati del
cervello” fa riferimento all’aggressività dei social network che depredano la nostra capacità
attentava.
L’autrice esprime punti di vista personali quando racconta che anche lei stessa viene distratta dalle
notifiche del suo cellulare.
I contenuti sono espressi sia in prima persona, sia in terza persona. Il testo esprime punti di vista
sia soggettivi che oggettivi.
Questo testo lo ho trovato molto interessante anche se parla di una tematica he non mi riguarda
direttamente, in quanto io non faccio parte di social network e quindi riesco a concentrarmi
quando voglio.
L’informazione che mi ha colpito di più è che questi “ Pirati del cervello”riescono a farci avere un
livello di attenzione minore di quello di un pesce rosso
Riccardo Paternoster 3H
30
Altri partecipanti
per la sezione di grafica
31
Martina Puliani classe 3A Giorgia Russo classe 3A
Bianca Colorito classe 3C Beatrice Maltinti classe 3C
Gaia Nocco classe 3C Simona Palumbo classe 3C
32
Giulia Franchini classe 3D Giulia Franchini classe 3D
Valerio Ligas classe 3D Sara Mascolo classe 3D
Laura Rizzo Classe 3D Irene Parracino classe 3F
33
Nina Livadiotti classe 3F Michele Amatucci classe 3G
Marianna Bertolo classe 3G Sara Chiaramonti classe 3G
Marco Nocco classe 3G Alessandro Pellegrini classe 3G
34
Federica Lo Sicco classe 3H Rebecca Tomasi classe 3H
Lucrezia Venturini classe 3H
35
Indice
Introduzione_________________________________________________________pag. 4
Vincitori premio Michele Maronta 2018__________________________________ pag. 5
Vincitore Sezione scrittura creativa_____________________________________ pag. 6
Vincitori sezione grafico pittorica______________________________________ pag. 9
Menzioni di merito per la sezione scrittura creativa_________________________pag. 13
Menzioni di merito per la sezione grafico pittorica__________________________pag. 16
Altri partecipanti sezione scrittura creativa_________________________________pag.23
Altri partecipanti sezione grafico pittorica__________________________________pag 30
Indice_______________________________________________________________pag.35
36
I.C. Jean Piaget-Ettore Majorana - Piazza Minucciano 33 00139 Roma
http://www.icpiazzaminucciano.gov.it/
Biblioteca scolastica Michele Maronta
Roma, 5 giugno 2018