pier lodovico bertani - il problema dell'alto adriatico (1936)
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Numero di Studi di politica economia sociologia relativo al problema dell'alto Adriatico, di Pier Lodovico Bertani con prefazione di Gino Arias.TRANSCRIPT
I. S. A.V E N E Z I A
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PIER LODOVICO BER TAN I
IL PROBLEMA
DELL’ALTO ADRIATICO
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IL PROBLEMA
DELL'ALTO ADRIATICO
PIER LO D O V IC O BERTANI
IL PROBLEMA
DELL'ALTO ADRIATICO
Prefazione di Gino Arias
L ' E C O N O M I A I T A L I A N A E D I T R I C E I N R O M A
I N D I C E G E N E R A L E
P R E F A Z I O N E ................................................................................................................................. pag. IX
P A R T E P R I M A — L’ALTO ADRIATICO NELLA STORIA POLITICA EDE C O N O M I C A ...................................................................... » 3
1. Per uno studio geopolitico del problema adriatico.2. La natura geografica: osservazioni preliminari sul retroterra dei vari porti. 3. L 'Alto Adriatico e le tendenze egemoniche absburgiche : la funzione individuale e coordinativa dei tre porti italiani nel dopoguerra. 4. La posizione politica ed economica di Fiume prima e dopo 1’ annessione. 5. 1 Protocolli di Roma con l’Austria e l’ Ungheria del 17 Marzo 1934 ; i Protocolli addizionali del 23 Marzo 1936. 6. Le marine mercantili particolarmente interessate al traffico adriatico. 7. Distinzione delle correnti latitudinali e longitudinali. Nota bibliografica.
PARTE SECONDA — IL TRAFFICO M ARITTIMO NEI VARI PORTI . . » 3
1. Analisi del traffico attraverso il porto di Venezia, prima e dopo la guerra mondiale. 2. Le correnti del traffico triestino nell’ultimo venticinquennio. 3. Le condizioni econom iche di Fiume, con riferimento allo scalo di Susak.4. Le fluttuazioni stagionali come indice del carattere del porto e del suo retroterra. S. L’ importanza dei porti minori nei vari settori dell’ A driatico; la funzione
Ravenna. 6. La possibilità che i porti della costa orientale ed occidentale svolgano attività concorrente con quella degli empori alto-adriatici. 7. La posizione dei
porti jugoslavi nel traffico adriatico : il m ovimento di Susak. 8. Lo sviluppo commerciale del porto di Sebenico. 9. L’attrezzatura del porto di Spalato e il traffico marittimo. 10. Le condizioni economico-ambientali dell ’em porio di Ragusa e lo sviluppo del suo movimento. Nota bibliografica.
P A R T E T E R Z A — LE PROSPETTIVE DEL TRAFFICO A LT O -A D R IA TICO ......................................................................................... * 91
1. La politica econom ica internazionale e l’opera di collaborazione fra i porti d e ll 'A lto A driatico: i rapporti commerciali fra Italia e Jugoslavia 2. 11 nuovo sistema porto-ferroviario nella politica adriatica jugoslava.3. La politica tariffaria jugoslava. 4. La posizione dei tre empori italiani. 5. I progetti ferroviari favorevoli al traffico di Trieste e Venezia. 6. I porti della costa orientale e la loro interferenza a ll ’ attività alto-adriatica.7. I noli negli nltimi anni. 8. Il problema dell’ A lto A- driatico nel più vasto campo della vita economica e politica internazionale. Nota bibliografica.
P R E F A Z I O N E
La dotta, esauriente monografia di Pier Lodovico Bertani sul problema dell'Alto Adriatico, che io ebbi la viva soddisfazione di proporre per il primo premio in un recente concorso bandito dal Partito Nazionale Fascista, conquista senz'altro un posto di prim’ordine nella ricca, ma piuttosto frammentaria, letteratura, antica e recente, sull’argomento, di così vitale importanza per l'imminente e necessaria espansione dell’economia imperiale italiana, anche a traverso i suoi porti adriatici.
I fatti, che il Bertani enumera, ed illustra magistralmente, hanno dimostrato senza fondamento l'infausto e malevolo pregiudizio, che pur senti- vasi mormorare prima e durante la grande guerra, secondo il quale i porti di Venezia, Trieste e Fiume avrebbero dovuto, con reciproco danno, invadere l’un l'altro la rispettiva zona d'influenza e contrastarsi le future possibilità d'irradiazione.
A questa tesi disfattista, Mario Alberti ed io ci opponemmo vigorosamente fino dal 1915.
II Bertani dimostra che i porti italiani dell’ Alto Adriatico costituiscono ormai un solo sistema e che hanno tutti le più grandi probabilità di ulteriori ed anche grandiosi sviluppi, con grande vantaggio dell'economia italiana. Bene osserva il Bertani che la concorrenza fra i porti di uno stesso mare è relativa. « Nel nostro caso Venezia, Trieste e Fiume possono prosperare tranquillamente, lavorando ciascuno per quella zona di cui sono lo sbocco più vicino ed economico. Il possesso dei tre empori da parte di un’ unica potenza non solo non è un male per alcuno di essi, ma, se artifici politici non intervengono a turbare i naturali rapporti internazionali, è anzi un bene, perchè il potere centrale, specie se forte e non turbato nelle sue decisioni da inframettenze e speculazioni parlamentari, può disporre un coordinamento delle singole funzioni».
La volontà politica, anche in questo campo, ha un'influenza poderosa e determinante: sempre più si dimostra che la disciplina politica degli scambi internazionali, sopra tutto col metodo delle compensazioni, è una esigenza fondamentale per l'economia italiana, nella sua attuale fase di
unificazione corporativa e di conquista progressiva dei mercati stranieri. Le convenzioni doganali e portuarie fra l ’Italia e l'Austria, l'Italia e l'Ungheria, l'Austria e l'Ungheria sono uno fra g li innumerevoli documenti di questa grande verità, che g li economisti ligi al decrepito utilitarismo negano od ammettono di mala voglia e con limitazioni non giustificate.I protocolli di Roma del 17 marzo 1934 e quelli addizionali del 23 marzo 1936 segnano il trionfo della concezione Mussoliniana, pienamente accolta dall'Austria e dall'Ungheria, secondo la quale i tre paesi, senza disconoscere la utilità dello sviluppo delle loro relazioni economiche con gli Stati danubiani, formano un unico gruppo e un unico fronte. Oià se ne vedono gli effetti sull’aumento di traffico nel porto di Trieste.
Il Bertani, con mirabile conoscenza dei dati di fatto, pazientemente raccolti e accuratamente elaboratici dà una descrizione chiara ed efficace delle varie marine mercantili interessate al traffico adriatico e quindi procede all’ analisi del traffico marittimo nei vari porti adriatici, compresi quelli dalmatici.
Rimangono inalterate le condizioni naturali, che fanno di Venezia lo strumento indispensabile di un vasto e ricco retroterra esclusivamente nazionale; rimangono inalterate e possono in parte ritenersi anche migliorate per le nuove opere idriche, per il più largo impiego di vie fluviali, per la previdente assistenza del governo nazionale e per il forte incremento dato all'attività industriale. Questo fu in passato ed è oggi il porto che nelle relazioni fra l’Europa Centrale e l'Estremo Oriente permette il più ampio sfruttamento dei trasporti marittimi.
E ben noto che Venezia e Trieste presentano le stesse caratteristiche di un fortissimo squilibrio fra importazioni ed esportazioni: 3 milioni e 275 mila tonti, importate contro 455 mila esportate a Venezia nel 1934 ;1 milione e 816 mila tonn. importate, contro 591 mila esportate a Trieste nello stesso anno.
Non si può ritenere che questo carattere possa essere sensibilmente attenuato in brevissimo tempo, ma certo molto gioverebbe che ciò si verificasse come tendenza, sia pure a lungo periodo, quale segno della crescente espansione italiana e per le ben note conseguenze sul corso dei noli e per riflesso sull'ulteriore sviluppo del traffico marittimo.
lo penso che l'economia imperiale italiana sarà sempre più indipendente, ma sempre meno racchiusa in se stessa, pur entro i suoi vastissimi confini; essa potrà e dovrà inserirsi sempre più nell'economia mondiale, con volontà di dominio.
In questo periodo dell’economia italiana, forse imminente, comunque non lontano, i nostri grandi porti, e sopra tutto quelli dell'Adriatico, raggiungeranno un volume di traffico di gran lunga superiore a quello attuale, con un maggiore equilibrio fra gli elementi da cui è costituito ; rappresenteranno insomma le grandi porte a traverso le quali l'imperialismo economico italiano si incamminerà trionfalmente per le vie del mondo.
Roma, R. Università, 27 Ottobre 1936-X IVGINO ARIAS
............ Si è riunita a Palazzo Littorio la Commissione nominata perl’esame dei lavori presentati ai “ Littoriali della Cultura,, indetti dai Gruppi Universitari Fascisti.
Erano presenti S. E. il Prof. Santi Romano, per il Ministero delle Corporazioni ; S. E. il Prof. Giuseppe Bottai e il Prof. Gino Arias per il Ministero dell’Educazione Nazionale ; il Dott. Salvatore Gatto per i Gruppi Uni - versitari Fascisti, nonché i rappresentanti delle Confederazioni Nazionali : Dott. Daniele Gorga, Avv. Marcello Andreoli, Avv. Emanuele Cabibbo, Avv. Giuseppe Arcangeli, Avv. Roberto Roberti, Prof. Filippo Carli, Dott. Raimondo Michetti, Prof. Alfonso Cermonti, Dott. Fernando Martelli, Avv. Mario Mammoli, Comandante Alberto Coda, Dott. Giuseppe Sallicano, Console Ivo Oliveti.
L ’on. Starace ha affidato la presidenza a S. E. il Prof. Santi Romano.
Fra tutti i lavori premiati è stato segnalato, in modo particolare, quello contrassegnato col motto “ Vincere per vivere, vivere per vincere,,, che ha svolto il tema della Confederazione fascista della gente del mare e dell’ aria: “ 11 traffico marittimo dell’Adriatico con speciale riguardo a quello compiuto da navi battenti bandiera italiana, jugoslava e greca,,. L ’autore del lavoro, che ha dimostrato soprattutto di essersi dedicato con passione e serietà di studi allo svolgimento del tema prescelto, è il fascista universitario Pier Lodovico Bertani, studente in giurisprudenza presso la R. Università di Bologna, al quale è stato così assegnato un premio di L. 2000, mentre la Commissione ha indicato il lavoro alla Confederazione Fascista della gente del mare e dell’aria come meritevole di pubblicazione.
D alla rela z ion e u ffic ia le della C om m ission e esa m in a tr ic i dei la - oor i p resen ta ti a i L ittoria li della Cultura - R om a, 2 4 A p r ile /9 3 3 -X Ì .
I l p ro b le m a J e l l A l t o A d r ia t ic o
P A R T E P R I M A
L A lto A d r ia t ic o nella storia politica ed econom ica
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1. Per uno studio geopolitico del problema adriatico pag.
2. La natura geografica : osservazioni preliminari sulretroterra dei vari p o r t i .........................................
3. L ’ Alto Adriatico e le tendenze egemoniche absburgi-che: la funzione individuale e coordinativa dei tre porti nel dopoguerra.........................................
4. La posizione politica ed economica di Fiume primae dopo 1’ annessione....................................................„ 14
5. 1 Protocolli di Roma con l’Austria e l’ Ungheria del17 Marzo 1934; i Protocolli addizionali del 23 Marzo 1936 .............................................................. ...... 18
6. Le marine mercantili particolarmente interessate altraffico adriatico......................................................... ....... 20
7. Distinzione delle correnti del traffico adriatico : correnti latitudinali e longitudinali............................... ...... 28
AJota bibliografica.................................................................... 29
i . Il problema ddl'Adriatico, certo assai più complesso di quello riguardante gli altri mari che circondano la nostra penisola, è stato oggetto di numerosi trattati, taluni per vero pregevoli, da parte di scrittori d’ogni Nazione e tempo.
Ma il più delle volte si è preso in consi' derazione uno solo degli aspetti della que- stione, o ci si è lasciati fuorviare il pensiero da sentimenti e passioni personali, o si sono seguite tendenze politiche ed economiche comunque particolaristiche, giungendo a conclusioni erronee, perfino antistoriche. Vorremmo, insomma, uno studio possibilmente completo, che trattasse l’argomento da un punto di vista universale, cioè nella sua portata storica, che tenesse conto delle evoluzioni economiche e degli sconvolgimenti politici, senza per questo abbandonarsi a visioni deontologiche nazionali e ultrapatriottiche, altrettanto ideali quanto pericolose.
Il problema dell’Adriatico va posto nel tempo, non solo per studiarne gli sviluppi
avuti in passato, ma anche per conoscerne e valutarne esattamente lo stato di potenzialità nel quale si presenta al futuro; in altri termini, si devono prender le mosse da quei sani criteri di Geopolitica, senza i quali è nostro convincimento che non si possano analizzare questioni di indole politicoeconomica. Diciamo subito che i nostri criteri divergono assai da quelli della scuola francese e germanica, che pur hanno il merito di aver avvalorato tale disciplina; se è vero, come è di fatto, che la Geopolitica è la scienza del legame territoriale dei processi politici (i), non scorgiamo come si pos-
(i) Vedasi: W ILHELM ZlEGl.ER : «Einführung in die Politik », pag. 27 . Lo ZlEGLER, insieme all'HAUSHOFER
(K arl H .: « Die Grenzen in ihrer geographischen und politischen Bedeutung ») e al DlX (ARTHUR D. : « Geopolitik », in « Staat und Wirtschaft », n. 16) è un si- stematore della Geopolitica come scienza a sè stante.
Per una critica profonda e coscienziosa, sia pure sintetica, delle tendenze delle scuole geopolitiche francesi e tedesche, rammentiamo: U g o M orICHINI: Introduzione a: « Il Bacino adriatico e la Dalmazia », Libreria del Littorio, 1932, che avremo occasione di citare spesso ad altro proposito.
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sano poi sostituire i logici fondamenti: la Geografia fisica, l'Antropogeografia e la Storia, con presupposti politico-filosofici, a secondi fini.
Data dunque questa nostra concezione, sarà opportuno, tralasciando per ovvie ragioni una esposizione del problema dal punto di vista geografico-fisico, premettere alcune considerazioni di natura antropogeografica, cioè relative alla funzione svolta dal mare nei riguardi degli abitanti le zone marittime.
2. La assoluta superiorità della costa orientale sulla occidentale, che si rileva qualora si considerino solamente le regioni litoranee, specialmente ai fini della navigazione, scompare se si porta l’esame a maggiore pro
fondità: anzitutto la costa occidentale ha un retroterra più vasto, e, per quanto scarse siano le precipitazioni, non risente così fortemente della bora e dello scirocco. Ma la differenza geografica più essenziale, e di
maggior effetto per una valutazione sociale, si deve cercare nel raccordo dei versanti alla propria catena e nella posizione complessiva di questa rispetto alle altre regioni circostanti. Infatti la costa italiana, mercè i comodi valichi appenninici, fu facilmente influenzata e rafforzata dai popoli dello altro versante: Toscani, Latini e Campani, che con la loro maggiore civiltà e ricchezza diedero vita alla regione e neutralizzarono le forze barbariche orientali, già impedite nel loro passaggio dall’Adriatico.
La costa orientale invece risentì della sua particolare infelicità, perchè, oltre ad avere nelle montagne uno spartiacque bizzarro e indeciso, manca di un vero versante dall’altra parte, ed anche quell’altopiano che lo
sostituisce è rivolto a settentrione. Dal Carso si passa ai Balcani con una serie di piccole catene, che si intrecciano in modo tale da impedire qualunque confine naturale.
Da questo fatto traggono origine gli innumerevoli conflitti e la discordia innata, che costituisce la piaga fondamentale dei popoli balcanici. Di tali vicende dolorose subì le conseguenze la regione litoranea, della quale le orde barbariche si servirono come di un ponte di passaggio per le loro migrazioni dall’Oriente all’Occidente d’Europa.
Devesi anche aggiungere che la costa o- rientale, se ebbe dei benefizi dall’Adriatico, li ebbe per imposizione; quindi, nel subire la supremazia delle regioni italiche, si trovò da questo lato in una dipendenza che moralmente pregiudicò il valore di quei benefizi.
Si comprende quindi, come la fortunata condizione geografica — ricchezza d’isole e
di insenature, presenza di coste adatte alla
navigazione — disgiunta da criteri di sana
coscienza politica nelle popolazioni, sia stata
nociva al progresso economico, alla pace e particolarmente allo sviluppo del senso di nazionalità degli abitanti la costa orientale. Di contro, la costa italiana si sviluppò sotto l ’influsso della civiltà italica, basata sulla unità geografica e nazionale, per sua natura indistruttibile. Questo ci basti a dimostrare le ragioni intime della superiorità sociale dell’elemento italiano nel bacino del
l’Adriatico.Un altro fenomeno, derivante da fattori
puramente fisici, che rende ancor più complesso il problema, è costituito dalla particolare conformazione del retroterra dei vari porti adriatici. Mentre in tutta la parte
occidentale le condizioni dell’entroterra so- no in genere molto più favorevoli all’ inse- diamento umano, che non la zona costiera, nell’altra costa esse sono assai poco propizie, sino a diventare addirittura impossibili, allontanandoci anche solo per pochi chilometri dalla costa, su per l’impervia scarpata delle Alpi Bebie e delle Dinariche.
Questa diversità di fattori ambientali trova riscontro nella storia politica ed economica, che ha per teatro il bacino dello Adriatico, come si può vedere esaminando le condizioni naturali, il processo del popolamento e le vicissitudini politiche di questa zona così ricca di eventi storici (i).
L ’esatta conoscenza della situazione geografica ed antropogeografica dovrebbe indicare la via più favorevole segnata dalla natura allo sviluppo ed alla prosperità degli Stati; ma questa considerazione non deve indurci ad un determinismo geografico tale da non ammettere spostamenti ad opera della volontà, come se si trattasse di un campo al di fuori della realtà umana; anzi, è esatto sostenere che la quantità e la qualità del litorale possono essere sostituiti da un solo buon porto, magari artificiale, sempre che il popolo, cui appartiene l’approdo, sia industrialmente potente, commercialmente attivo, marinarescamente capace, a- bile nelle direttive dei suoi dirigenti politici e finanziari.
Non per questo sono invertiti i principi geopolitici: nessuna forza umana può imporre all’Adriatico una funzione diversa da quella stabilita da natura, confermata da due millenni di attività storica. Anzi, la speciale conformazione del retroterra dei
( i ) V e d i am plrus: U . MORICHINI, o p . c it .
singoli porti rende più sentiti gli spostamenti di confine e di zone di influenza.
Tipico è il caso di Trieste, dopo l’annessione all’Italia.
3. Con lo spostamento del confine politi- co-doganale, Trieste, che spingeva la sua influenza nell’Europa centrale fino a contendere ad Amburgo i traffici di Praga e di Norimberga, venne improvvisamente a trovarsi priva del suo poderoso retroterra nazionale. I fatti hanno poi dimostrato come fosse errato il credere che il porto di Trieste fosse votato alla inazione e alla morte; infatti, il retroterra politico può essere sostituito da un retroterra economico, che è in gran parte naturale, anche se in questo caso lo sfruttamento, pur facilitato da comode vie di comunicazione, costa ai porti ingenti sacrifici, come la istituzione e la manutenzione di speciali organismi capaci di attirare e dirigere il traffico.
Particolare interesse presenta il porre a confronto — senza entrare ad esaminare le attuali condizioni che considereremo in seguito — i caratteri antropici ed economici che presentava Trieste prima della guerra, con la sistemazione ottenuta in seguito al conflitto mondiale, in relazione alla coesistenza di Venezia e di Fiume.
La scoperta dell’America e quella della via delle Indie per il Capo di Buona Speranza, ebbero per effetto il lento spostamento dei traffici europei dal Mediterraneo al- l’Atlantico. A partire dal ’500, le guerre coi Turchi logorarono e sottrassero alla Potenza veneta le basi navali e le colonie, tanto necessarie alla sua vita commerciale.
La decadenza di Venezia si manifesta appieno agli albori del secolo XVIII; nel 1702 le proteste della Repubblica non valgono più
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ZONE DI COMPETENZA ECONOMICA DEI VARI PORTI NELL’ ANTEGUERRA
'SCALA 1: 91000000
VENEZIA ] GENOVA
TRIESTE AMBURGO
FIUME ZONE CONTESE
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ad impedire l ’esistenza di navi armate triestine e fiumane. Carlo V I approfitta della alleanza veneziana per proclamare, il 2 Giugno 17 17 , la libertà dei mari. Sotto questo colpo e dopo l’infausta pace di Passarowitz (1718), la vecchia Regina dell’Adriatico, onusta di gloria, piega vieppiù il capo al suo destino, finche un grande Tiranno le strappa anche la corona, per aggiungerla, ambito trofeo, ai suoi cimeli di vittorie.
Trieste, senza industrie, nè commerci, poco popolata, sfornita di capitali e "di attrezzatura, sia portuaria che stradale, seppe approfittare delPindebolimento politico ed e- conomico della Serenissima e, costruendo strade, migliorando il codice mercantile, aumentando la flotta, soppiantare la decadente Repubblica nella sua funzione di intermediaria fra l ’Oriente e l ’Occidente, assumendone il traffico col Levante, fonte di vitale grandezza.
Le condizioni di Venezia rispetto a Trieste peggiorarono naturalmente quando il Veneto, dal Trattato di Campoformio (1797) al 1866, appartenne, con alterne v icende, all’Austria, la quale, prevedendo che prima o poi Venezia sarebbe tornata in dominio della Nazione cui doveva appartenere, dedicò a quel porto poche cure e solo formali.
Mentre Trieste e Fiume furono eretti a porti franchi il 18 Marzo 17 19 , per Venezia Francesco I firmò il Decreto con cui si attuava la franchigia (durata poi, salvo la interruzione 1849 ^ 51, fino al 1873), con vigore dal i° Febbraio 1830; nel 18 3 1 si fondarono a Trieste le Assicurazioni Generali, vera base della fortuna economica dell’emporio; finalmente, due anni prima che sorgesse la Riunione Adriatica di Sicurtà,
ecco presentarsi in campo la meravigliosa arma di espansione austriaca : il Lloyd (1836). Contemporaneamente aH'affermarsi di potenti nuclei di marineria, sorsero le prime ferrovie che unirono Trieste a Lubiana e a Vienna.
Nel 1869, l’apertura del Canale di Suez restituì all’Adriatico la sua naturale funzione di bacino di smistamento dei traffici fra l’Oriente e l’Europa centrale, impedendo così che altre linee internazionali, attraverso i porti del Nord e lungo il Danubio passassero in prima linea, davanti al nostro bacino. Immediatamente il traffico dell’Adriatico tornò a pulsare con ritmo accelerato. Ma i porti adriatici, e Venezia in special modo, non essendo preparati al riattivarsi in grande scala del traffico marittimo, si ridussero ad avere un’influenza poco più che locale — ad ogni modo alquanto limitata — , con parziale vantaggio dei porti germanici e inglesi.
La causa della impreparazione degli empori adriatici va ricercata principalmente nelle variazioni del momento storico e del fattore antropogeografico. Le correnti politiche del moderno nazionalismo europeo intensificarono i traffici e gli scambi internazionali, dando vita a sistemi economici sempre più complessi; mentre si cercava di ridurre i costi, si aumentò la potenza, la qualità e la sicurezza delle comunicazioni; si elevarono barriere doganali, mentre d’altro lato si cercava di eliminarne gli effetti con sistemi fiscali ed economici speciali, come la tendenza al monopolio, la clausola della nazione più favorita, gli scambi bilanciati, ecc.
Nel frattempo anche il fattore antropogeografico mutò il campo nel quale si svol
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gevano i commerci. Il vecchio attrezzamento marittimo-commerciale non era più sufficiente all’economia delle nuove correnti di traffico; per applicare le recenti invenzioni alla struttura economica nazionale, occorrevano non solo ricchezze ingenti, ma anche una visione ampia e organica del momento, con un programma chiaro ed armonico, le cui basi risiedessero su di una salda unità nazionale e una potente riserva finanziaria da parte dello Stato. Pertanto le N azioni europee fecero a gara a diminuire le esigenze tariffarie, fiscali e tributarie in genere, a costruire ed arredare porti, col perfezionare i sistemi lavorativi, col rendere i fondali proporzionati ai nuovi scali, aumentando l’area delle banchine e corredandole di mezzi rapidi di carico e scarico delle merci.
L ’alterazione più profonda prodotta dai moderni sistemi di comunicazione fu quella relativa all’area di gravitazione economica dei vari centri marittimi. I porti del Nord, collegati al retroterra da pianeggianti ferrovie e da poco costose linee fluviali, hanno la preferenza in confronto ai porti adriatici, più vicini e in passato anche più convenienti, i cui servizi non sono adatti alle nuove esigenze commerciali. In secondo luogo, si rende sempre più indispensabile allo sviluppo dei commerci una salda base industriale e, negli ultimi tempi, l’assistenza di un organismo finanziario poderoso, che comunemente è lo Stato.
Questa intromissione dello Stato nel fenomeno economico, tipica dell’attuale momento storico, non significa affatto che l’organismo politico possa invertire i principii economici e contrastare alla forza logica delle cose: la migliore riprova si ha nel fal
limento della artificiosa politica di privilegi e di monopoli, che per parecchi decenni ha dato potenza rigogliosa a empori locali durante la decadenza di Venezia. Vero è che le coste soggette all’Austria erano sotto taluni aspetti in migliori condizioni di quelle italiane; ma la abbondanza di approdi e la presenza di elementi ricchi ed attivi non sarebbero state sufficienti, senza la volontà tenace di un organismo formidabile, bramoso di avere il predominio dell’Adriatico. Allora si iniziò quel tentativo antistorico di slavizzazione del nostro mare, che fu causa non ultima deH’intervento italiano nel Maggio del ’ 15 .
Agli effetti del problema dell’Adriatico, la grande guerra non è altro che il crollo violento degli artifici coi quali gli Imperi centrali volevano imporre un instabile e- quilibrio economico; con un processo improvviso, logico, anche se si è manifestato attraverso la distruzione di innumeri vite, l ’Italia ha riavuta la sua naturale supremazia.
Durante il conflitto, i traffici marittimi
furono completamente sospesi ed ogni attività commerciale paralizzata. Di tale stato di cose i porti adriatici risentirono le conseguenze in modo assai più grave di tutti gli altri. Spentasi la conflagrazione, il traffico marittimo dell’Adriatico si trovò ostacolato, oltre che dalla crisi politica interna, dalle particolari condizioni dei Paesi dai quali
doveva trarre vita; i Balcani, la Turchia, la Russia, i Paesi dell’estremo Oriente erano tormentati da guerre, perturbazioni sociali e rivoluzioni economiche. Contemporaneamente, le condizioni economico-finanziarie dell'antico retroterra, particolarmente per
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Trieste, non permettevano il riallacciarsi di relazioni commerciali, per le quali gli scambi erano impediti dalla instabilità e dal rin- vilimento progressivo della moneta. Solo cosi ci possiamo spiegare il lento riprendere del movimento commerciale adriatico nel dopoguerra.
Facendosi appunto forti di questa indolenza dei nostri empori a riassumere la loro funzione di primo piano, alcuni scrittori ed uomini politici stranieri hanno preteso sostenere che la moderna economia dei trasporti non sopporta la coesistenza in uno stesso mare di più porti della stessa Nazione; quasi che non si possa attribuire a ciascuno di essi una speciale funzione, determinata dalla natura del retroterra e dalle vie di comunicazione che ad esso fanno capo. Quindi la concorrenza fra i porti di uno stesso mare è relativa; infatti, nel nostro caso, Venezia, Trieste e Fiume possono pro
sperare tranquillamente, lavorando ciascuna per quella zona di cui è lo sbocco più vicino ed economico. Il possesso dei tre empori da parte di una unica Potenza non solo non è un male per alcuno di essi, ma, se artifici politici non intervengono a turbarei naturali rapporti internazionali, è anzi un bene; perchè il potere centrale, specie se forte e non turbato nelle sue decisioni da in- trammittenze di speculazioni parlamentari, può disporre un coordinamento delle singole funzioni ; il che non si poteva certo fare quando soltanto Venezia apparteneva alla Italia, debole rispetto a un’Austria-Unghe- ria, che con ostinati sacrifici voleva il predominio incontrastato dei suoi porti.
Trieste e Fiume, sbocchi di retroterra appartenenti a diverse Nazioni, hanno necessariamente risentito le conseguenze economiche della guerra e della crisi postbellica più di qualunque altro porto italiano. Il
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frazionamento dell’impero absburgico nei vari Stati ha prodotto un eccezionale sconvolgimento di confini, accompagnato da un improvviso nuovo orientamento delle correnti della politica economica. Tale fenomeno, la crisi monetaria conseguente e le condizioni particolari dei mercati orientali hanno contribuito fortemente a rendere più difficile il risorgere dei traffici triestini e fiumani.
Si noti la tendenza al riassestamento dell’equilibrio economico, col riattivamento della produzione e degli scambi; nel caso di Trieste, il grave squilibrio fra esportazione ed importazione marittima verificatosi nel 19 19 non è più avvenuto; questo dimostra che Trieste ha riassunta la sua funzione di collegamento fra l’O- riente e l’Europa centrale, come nell’an- teguerra. Non che si sia raggiunta la intensità di traffico di allora, ma il movimento marittimo totale medio del decennio I925 ' 34 costituisce l’82,o8 % di quello del quinquennio i909-’ i 3 : percentuale per vero rilevante, se si tien conto delle diverse condizioni economiche del territorio retrostante e della depressione generale iniziatasi nel 1929.
La situazione economica dei tre porti italiani deU’Alto Adriatico sarà da noi analizzata in seguito, ma possiamo subito trarre una conclusione da quanto abbiamo fin qui esposto.
La ripresa del movimento commerciale con tutti i Paesi del retroterra conferma che il porto di Trieste va riacquistando la sua intensità ed importanza d’anteguerra e che la nuova barriera politico-doganale che lo separa dal suo retroterra economico non ne diminuisce, nè cambia affatto la funzione;
anzi, possiamo già preventivamente affermare che una vigile e lungimirante politica economica italiana potrà, nella ripartizione del traffico europeo, determinare a Trieste, in collaborazione con Venezia e Fiume, u- na influenza superiore a quella che poteva darle, con i suoi artifici contrastanti coi sani principi geopolitici, il sistema economico dell’Austria-Ungheria. Quindi, la « nociva concorrenza » fra i porti dell’Adriatico si cambierà in nobile emulazione, a tutto beneficio della Nazione.
4. Esaminiamo ora un’altra questione, forse più complessa e intricata di quella triestina: il problema di Fiume, con particolare riguardo alla coesistenza di Trieste e alla concorrenza di Susak.
In conseguenza dell’artificiosa e forzata politica adriatica dell’Austria, alla quale si è già avuto occasione di accennare, il porto di Fiume completò l ’opera di concorrenza ai porti italiani, in attesa di essere restituita all’Italia. Il Patto di Londra contiene le basi della ricompensa per l ’intervento italiano in guerra; quello che accadde fino all’annessione di Fiume all’Italia con l’Accordo di Roma del 27 Gennaio 1924 è noto ai più.
Gli Articoli 4, 5 e 6 del Patto di Londra dimostrano, con chiarezza maggiore degli altri, che le rivendicazioni italiane si ispiravano a criteri di grandezza romana e veneta:
Ari. 4. — « Nel Trattato di pace, l’Ita- « lia avrà il Trentino, il Tirolo cisalpino « con la sua frontiera geografica e naturale « (la frontiera del Brennero); Trieste, le « Contee di Gradisca e Gorizia, tutta l’Istria « fino al Quarnaro compresavi Volosca e le « isole istriane di Cherso, Lussino, come an-
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« che le piccole isole di Plavnik, Unia, Cali nidole, Palazzuoli, S. Pietro di Nembi,« Asinelio, Gruica e i vicini isolotti.
« Nota. — La frontiera sarà tracciata...« fino a Idria. Da questo punto seguirà in « direzione di sud-est verso lo Schneeberg « (Nevoso) lasciando fuori del territorio itaci liano tutto il bacino della Sava e dei suoi <» affluenti; dallo Schneeberg la frontiera « scenderà verso la costa in modo da inclu- « dere Castua, Mattuglie, Volosca nel terri- « torio italiano.
Art. 5. — « L ’ Italia avrà anche la pro- « vincia di Dalmazia nei suoi confini am- « ministrativi attuali.
« Nota. — Sarà dato alla Croazia nell’Al- « to Adriatico tutta la costa, dalla baia di « Volosca, sul confine istriano, fino alla « frontiera settentrionale della Dalmazia « comprendente il litorale attualmente unii gherese e tutta la costa della Croazia, il « porto di Fiume...
Art. 6. — « L ’Italia avrà la completa so- < vranità tra Vallona, l’isola di Saseno e « su un territorio circostante... ».
Naturalmente si supponeva che, a guerra vinta, si potessero ottenere tali compensi; ma, purtroppo, quando il conflitto mondiale stava per cedere il posto alla pace, un nuovo fattore di discordie si aggiunse; l ’abitudine alle Conferenze, suscitate e mantenute da parassiti voraci, desiderosi di difendere gli altrui eroismi per sfruttare a proprio indegno vantaggio la situazione dolorosa. Astro del momento fu il teorico politico Wilson.
Già dal 18 Ottobre 19 19 , il deputato fiumano Ossoinak richiedeva apertamente per la sua città, italiana nel passato, italiana nel presente, il diritto di autodecisione. Finita
la guerra, i Trattati del Trianon e di San Germano, dimentichi dei Patti prebellici, restituirono all’Adriatico press’a poco la configurazione che aveva prima della guerra. Fiume fu abbandonata alla mercè di due v icini in contrasto; poco dopo, gli Alleati, spinti dal contegno della cittadinanza fiumana, che ardeva di passione nazionale, cominciarono a formulare i vari progetti: Wilson, Tardieu, Gay (ispirato dall’Ossoi- nak), Richard (di ispirazione fiumana) e infine quello George; tutti falliti.
A ll’opera internazionale si intrecciarono gli eventi, che, per quanto cari al nostro cuore di italiani, non possiamo qui considerare minutamente; certo, l ’eroismo dei Fiumani e l ’intervento pronto dei Legionari d’Annunziani influirono enormemente sulle decisioni prese in seguito. La soluzione della questione fu affidata alle due parti contendenti, fuori dell'ambito di discussione in sede di Conferenza internazionale. Durante i ministeri Giolitti e Sforza si tennero le Conferenze di San Remo e di Pai- lanza, che terminarono nell’Accordo sui generis di Rapallo, il 12 Novembre 1920; Fiume divenne Stato indipendente, l’ Italia ebbe la Venezia Giulia fino al Monte N evoso con le isole del Quamero, Cherso e Lussin, ma rinunziò alla Dalmazia e alle sue isole, meno Zara e Lagosta. Il malcontento dei Fiumani per questa soluzione si risolse con l’annessione di Fiume all’Italia, il 27 Gennaio 1924.
Fu poi indetta una Conferenza italo- jugoslava, che, dopo varie vicende, terminò con l ’Accordo di Nettuno, firmato il 20 Luglio 1925 ad Anzio; per tale Accordo si è resa possibile l’assistenza alle minoranze i- taliane sulla costa dalmata. Inoltre al Regno
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S. C. S. è garantito libero sfogo nel porto bene attrezzato di Fiume, non soltanto per i suoi prodotti, ma per tutto il suo traffico di transito e coi vantaggi del regime per i punti franchi. Sono state eliminate ragioni di dannose reciproche concorrenze fra i porti di Fiume e di Susak, senza pregiudicare per questo l'opera dei due Governi, intesa a sviluppare i traffici del proprio Paese. Si è decisa l ’istituzione dei Magazzini Generali nel Bacino Thaon di Revel, con l’obbligo di emissione di warrants.
Naturalmente al susseguirsi degli eventi politici corrispose una diversità di indirizzi economici destinati al porto di Fiume. Così, col Patto di Londra, Fiume con tutto lo immediato retroterra veniva assegnata alla Croazia; quindi il porto doveva assoluta- mente competere ai Croati, con ampia libertà di traffico anche e soprattutto a danno di Trieste. In tal modo restava la concorrenza fra i porti nord-adriatici, minaccia continua alla nostra sovranità economica, anche se, col possesso della Dalmazia e dell’Albania,lo sbocco fiumano godeva di una autonomia molto relativa.
Nei vari progetti presentati alla Conferenza della Pace si ebbero in poco conto gli obbiettivi economici. Il progetto Gay-Ossoi- nak, unico, mirò chiaramente ad evitare la temuta scissione dell’organismo portuario, per la questione del Delta e del Piazzale della Braidizza; eliminato questo, cadde subito dopo anche il progetto Richard, che risolveva la questione economica con l’erezione di tutto l ’impianto a porto franco.
Il Trattato di Rapallo, che non eccelle per la sua limpidità, permise lo spezzamento dell’unità portuaria, essendo stati assegnati al Regno S.C.S. il Delta e Porto Barros. Non
ostante vari tentativi, fra i quali notevole quello del Senatore Quartieri per rivedere i confini orientali, si giunse al Trattato di Roma, che riconobbe la sovranità jugoslava sul Delta e Porto Barros, e concesse al Regno S. C. S. in affittanza il bacino Thaon di Revel nel Porto di Fiume. Si stabilirono inoltre accordi per il funzionamento del porto e della ferrovia, istituendo, per le questioni di dettaglio, apposite commissioni, che portarono all’Accordo di Nettuno, di cui abbiamo fatto menzione poc’anzi.
Sarebbe superfluo dire che tutti i sunnominati progetti riguardanti l ’organizzazione economica interna di Fiume avevano come presupposto e scopo unico la possibilità di traffici col retroterra. Certo, finche si parlò di Stato libero, l ’unico sistema per dar vita all’organismo macrocefalo era il regime di porto franco (progetto Richard), perfezionato con l’istituzione del consorzio portuario. In seguito si sarebbe voluto dar vita ad un sistema di «resistenza», facendo di Fiume un porto industriale col dare impulso alle industrie esistenti e creandone delle nuove. Ma Fiume aveva, come ancora ha, carattere anche e soprattutto commerciale. Vero è che circa un terzo della popolazione totale anteguerra era addetto alle industrie; ma il particolare momento economico di rilassamento generale non permetteva Uno sviluppo industriale così enorme da sostituire la attività commerciale. Quindi anche tale nuovo indirizzo fu presto lasciato e si tornò a considerare Fiume come porto di grande transito. Sorse allora lo spinoso problema della concorrenza: Fiume è una minaccia per Trieste, così come questa lo è per Venezia.
Si è già notato come, prima della guerra,
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esistesse effettivamente una concorrenza fra i porti italiani e austro-ungarici, e come la politica austriaca abbia cercato di accentuare il dualismo Trieste-Fiume. Ma oggi che questi porti sono riuniti sotto la stessa bandiera per proseguire, in modo organico e coordinato, la loro azione contro l’ invadenza dei porti del Nord, dobbiamo considerare assolutamente cessata ogni ragione di concorrenza più o meno forzata fra di essi. Fiume permane lo sbocco naturale dei traffici provenienti o destinati all Ungheria, anche se la politica jugoslava tenta di sosti
tuire al nostro emporio i suoi porti centrosettentrionali: Spalato, Sebenico e, in par- ticolar modo, Susak.
Pur riserbandoci di studiare nella parte seguente i problemi speciali relativi a tale questione, possiamo brevemente accennare ai caratteri generali che in-
T R A F F IC O M A R IT T IM O DI IMPORT A Z IO N E
dividuano la funzione dei due porti di Fiume e Susak. A favore del porto italiano sta la maggiore disponibilità di linee regolari di navigazione e il possesso di impianti portuali capaci e modernamente attrezzati, che
assicurano una rapida manipolazione e buona custodia delle merci. Susak, invece, ha maggiore disponibilità di spazi per il deposito dei legnami, tariffa preferenziale ferroviaria e minor costo della mano d’opera.
L ’esistenza di tali fattori sembra segnare la via ad una specializzazione dei due porti: a Fiume le merci ricche e bisognevoli di cure e deposito in spazi coperti; a Susak le merci di massa che non hanno tali esigenze. Dato però che le prime, per la struttura economica del retroterra fiumano,
non bastano da sole ad alimentare un porto della capacità di quello di Fiume, questo non può disinteressarsi delle altre merci. I
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noltre bisogna tener presente che le deficienze di Susak possono, in tempo brave, essere eliminate. Epperò ai dirigenti responsabili delPavvenire economico di Fiume incombe l’obbligo di vigilare e di provvedere tempestivamente, affinchè sia difesa, mantenuta e anche aumentata l'efficienza del porto. Soprattutto, data la nuova attrezzatura dei porti dalmati, dobbiamo impedire che i traffici destinati naturalmente ai nostri porti, attratti da benefici di monopoli e da tariffe preferenziali, prendano altra via, con grave danno del nostro commercio marittimo.
5. Torna quindi a proposito ricordare l’opera recentemente svolta dal Governo fascista a favore dei porti di Trieste e di Fiume.
11 Capo del Governo italiano aveva negli ultimi anni fissate le direttive per la ricostruzione danubiana, precisandole successivamente a Stresa, e determinandole nel Settembre 1933 nel suo memorandum. Appunto da tali direttive e da tale piano danubiano sono scaturiti i Protocolli di Roma del 17 Marzo 1934, che hanno segnato un passo deciso verso il riassestamento economico internazionale.
11 primo Protocollo firmato a Roma dalle tre Potenze è essenzialmente politico; i tre firmatari si impegnano a consultarsi su tutti i problemi che li riguardano, allo scopo di svolgere una politica concorde, secondo i piani prestabiliti. Gli altri due Protocolli hanno contenuto strettamente economico: mentre il secondo riguarda tutti e tre i Paesi, il terzo è limitato all’Italia ed all’Austria e si riconnette ai precedenti per le questioni particolari.
Tali Protocolli stabiliscono: a) l ’allarga
mento delle convenzioni commerciali esistenti tra l’Italia e l’Austria, l’ Italia e l ’Ungheria, allo scopo di facilitare le esportazioni reciproche, sviluppando il carattere complementare delle rispettive economie nazionali; b) la concessione di dazi preferenziali a prodotti industriali austriaci e la conclusione di intese fra le industrie austriache e quelle italiane; c) l ’adozione dei provvedimenti necessari per superare le difficoltà derivanti all’Ungheria dal ribasso dei prezzi del grano; d) lo sviluppo del traffico di transito attraverso i porti adriatici (Protocollo II, Art. 3 : « I tre Governi si obbligano a facilitare ed a sviluppare quanto più possibile il movimento di transito nei porti dell’Adriatico. A questo scopo saranno conclusi quanto prima possibile accordi bilaterali »).
Grazie alla attivissima azione svolta dalle amministrazioni competenti, vennero firmati il 14 Maggio Accordi separati, che danno rapida applicazione ai Protocolli del 17 Marzo.
L ’Accordo italo-austriaco contiene: a) la concessione a favore dell’Austria di diritti preferenziali per un numero considerevole di prodotti industriali; b) la concessione a favore dell’Italia, sotto il regime della clausola della Nazione più favorita, di alcune facilitazioni di carattere doganale per un certo numero di prodotti, la maggior parte dei quali è di tipica produzione italiana. L ’Accordo italo-ungherese contiene: a) l’impegno da parte dell’Italia di acquistare per mezzo della Società «Safni» da una organizzazione ungherese un milione ed eventualmente due milioni di q.li di grano, ad un prezzo che permetta all’Ungheria una conveniente valorizzazione del suo prodot
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to; b) l'impegno dell’Ungheria di prendere in particolare considerazione le domande dell’ Italia per facilitazioni doganali soggette al regime della clausola della Nazione più favorita, come pure per l’attuazione del regime delle restrizioni alle importazioni.
Tra l’ Italia e l ’Austria, l ’Italia e l’Ungheria e l ’Austria e l’Ungheria sono intervenute intese per apportare miglioramenti a- gli Accordi bilaterali esistenti sulle importazioni, conosciuti comunemente col nome di « Accordi del Semmering ». E ’ stata i- noltre firmata una Convenzione italo-au- striaca per lo sviluppo del traffico italo-au- striaco attraverso il porto di Trieste, ed è
stata parafata una Convenzione italo-un- gherese per lo sviluppo del traffico ungherese in transito per il porto di Fiume.
La visita a Trieste del Signor Stock- inger, Ministro federale austriaco del commercio, segnò la fase conclusiva delle trattative italo-austriache, con l’attuazione dell’Accordo portuale. Il 20 Giugno giungeva a Trieste la Delegazione austriaca pel
le prime prese di contatto ufficiali con gli esponenti dell’economia triestina. Lo scopo di tale visita era di sanzionare ufficialmente la convenzione di Roma e di elaborare le clausole in sede tecnica. In questo senso il lavoro portato a termine è stato cospicuo: nei due giorni di permanenza a Trieste la Delegazione ebbe modo di esaminare gli elementi fondamentali delPeco- nomia triestina e di accertarne l’efficacia non solo nel quadro dell’economia nazionale, ma in quello delle possibilità per una ripresa dei traffici austriaci anche verso i mercati dell’estero più lontani.
Due anni dopo la firma di tali Protocolli,
il Capo del Governo italiano, il Cancelliere federale d’Austria e il Presidente del Consiglio d’Ungheria si sono riuniti in Roma il23 Marzo 1936, per firmare tre Protocolli addizionali ai Protocolli di Roma del 17 Marzo 1934- Nei Protocolli I e III si riafferma la concezione politica italiana, per evitare ogni e qualsiasi complicazione im prevedibile nel bacino danubiano: i tre Paesi decidono di costituirsi in gruppo e di creare a questo scopo un organo competente di consultazione reciproca, composto dai Ministri per gli Affari Esteri dei tre Stati firmatari. Importanza specifica, dal punto di vista economico, ha il Protocollo II, in cui è detto che, sebbene i tre Governi siano completamente d’accordo sull’utilità dello sviluppo delle loro relazioni economiche con altri Stati danubiani, essi riconoscono che per ora una tale intensificazione non potrebbe effettuarsi che con accordi bilaterali.
Ma, per la loro natura, i tre Protocolli devono considerarsi un tutto unico: il testo politico è la premessa necessaria degli accordi economici e questi danno sostanza a quelli.
Ad ogni modo è lecito attendersi che, man mano che il volume dei traffici aumenterà in grazia delle ricordate concessioni e in vista della ripresa generale e di quella specifica dell’economia austriaca, il vantaggio dell’economia triestina vada accrescendosi in proporzione. Questa aspettativa è confortata dal fatto che le cifre relative al traffico totale attraverso il porto di Trieste hanno segnato nel 1934 un aumento di 605.087 tonnellate rispetto al 1933. T ale aumento ci autorizza quindi a sperare anche che, quanto prima, gli uomini d’affari triestini possano trasfor
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T R A F F IC O M A R IT T IM O DI E S P O R T A Z IO N E
mare la loro attività, che ora si limita alle operazioni portuali e di spedizione, in par- tecipazione proficua all’economia nazionale, prendendo parte viva nel movimento commerciale, come acquirenti e rivenditori delle merci. Chè se questo si verificherà, allora sarà veramente opportuno prendere seriamente in esame il progetto per l’ istituzio
ne a Trieste di una «Fiera Danubiana», a simiglianza della Fiera del Levante di Bari.
6. Al suaccennato pericolo di deviamento dei traffici destinati naturalmente ai nostri porti ci fa pensare la politica portuaria e ferroviaria jugoslava, sulla quale dovremo intrattenerci diffusamente a suo luogo. Per
ora ci limitiamo a far presente che il Regno S. C. S., maneggiando con destrezza le tariffe ferroviarie, è riuscito, in parte, a
deviare artificialmente il traffico dalle sue vie naturali.
La concorrenza straniera si esplica anche nella tendenza a monopolizzare i traffici a favore di determinate bandiere: vediamo infatti che la nostra marina mercantile è, oggi più che mai, premuta da tale concorrenza delle bandiere estere, specialmente
nordiche. La nostra marina mercantile, sotto la spinta delle larghe previdenze del Governo, sta investendo ingenti capitali nelle
costruzioni per rendere il suo naviglio a- datto alle odierne necessità del traffico marittimo. Perciò ogni atto che venga ad accrescere l’ intensità delle forze perturbatrici già in azione deve essere considerato con vigile ed ansiosa attenzione.
La marina mercantile jugoslava non è ancora per la nostra marina un concorrente
di eccezionale importanza, ma tutti gli sfor
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zi del Governo jugoslavo tendono a renderla almeno un concorrente di notevole portata. Epperò bisogna tener conto di questa forza, che si aggiunge al gioco delle competizioni commerciali, non tanto per il valore attuale, quanto per la efficienza che ora possiede potenzialmente e che in un giro di tempo più o meno breve può mettere in opera. Tuttavia non dobbiamo dimenticare che, oltre alla marina jugoslava, altri competitori, benché di minore importanza, contendono all’Italia il predominio assoluto nel campo commerciale adriatico: in particolare la marina greca.
La Grecia, dato il suo sviluppo costiero, possiede numerosi porti: il Pireo, emporio di transito e di approvvigionamento di A- tene, Salonicco, sbocco della Macedonia e della Serbia meridionale. Patrasso, Cavalla, Volo, porto della Tessaglia, Corfù e Can- dia. Ultimamente il Governo greco ha rivolto grande cura per aumentare l ’efficienza del Pireo, come porto di transito, ed è riuscito a renderlo adatto alle nuove esigenze ed ai nuovi desideri. Ora, dato lo sviluppo naturalmente felice di numerosi porti in Grecia, se si tiene conto dell'eccezionale carattere dei marinai greci che offrono il loro lavoro anche dietro minimo compenso, per la particolare capacità di a - dattamento e di sacrifìcio, facilmente si comprende come la marina mercantile ellenica si trovi disseminata un po’ in tutti i porti mediterranei, e come, data la estrema vicinanza, tale marina svolga una attività di penetrazione non trascurabile in tutti i porti dell’Adriatico.
Riteniamo opportuno fornire i dati relativi alle marine mercantili italiana, jugoslava e greca, particolarmente interessate nel
problema adriatico. Ecco la situazione della marina mercantile italiana:
Tonnellaggio di stazza netta delle navi della M arina M ercantile Italiana
Anno (al 31 D icem bre) a vela a propulsione
meccanica
Media 1881-1890 750.000 150.000„ 1891-1900 570.000 280.000
1901 575.207 424.711’ 02 570.403 448.404’ 03 584.223 460.535’ 04 570.355 462.259’ 05 541.171 484.432’ 06 503.260 497.537’ 07 468.674 526.586’ 08 453.324 566.738’ 09 439.941 631.252’ 10 432.690 674.4971911 410.991 696.994’ 12 374.835 762.274’ 13 355.963 876.885’ 14 348.959 933.156’ 15 332.262 934.396’ 16 261.769 1.035.702’ 17 281.498 895.668’ 18 — 698.933’ 19 — 631.822’ 20 — 835.0301921 — 1.075.200’ 22 — 1.508.708’ 23 — 1.635.950’ 24 191.182 1.588.589’ 25 168.255 1.763.944’ 26 154.809 1.877.366, 27 151.793 1.946.209’ 28 143.952 2.009.690’ 29 135.383 1.918.073’ 30 127.583 1.990.3661931 120.741 2.043.273’ 32 119.837 2.050.743’ 33 115.820 1.867.442’ 34 112.249 1.775.776
Per la valutazione dei dati surriportati dobbiamo ricordare che: a) noi ci basiamo sui dati forniti dalla Direzione Gen. della Marina Mercantile all'istituto Centrale di Statistica del Regno d’ Italia; b) dall’anno 1924 in poi le notizie si riferiscono al Regno entro gli attuali confini; c) dal 19 15 al 19 18 non furono computati i piroscafi di
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stazza netta inferiore a 250 tonnellate; dal 19 18 al 1923 non furono computati i piroscafi di stazza netta inferiore a 50 tonnellate; d) il tonnellaggio di stazza netta era determinato fino al 1905 col sistema Moor- som; con Legge 21 Dicembre 1905, n. 59° ’ fu adottato il metodo inglese stabilito dal « Merchant Shipping Act ».
La prima cosa che si rileva è il netto profilarsi di due movimenti: l’uno fortemente ascensionale per il tonnellaggio delle navi a vapore, l’altro discendente per le navi a vela. Ora sarà bene vedere in che proporzione, rispetto al totale nazionale, il naviglio mercantile si trovi inscritto nei 13 compartimenti adriatici. Riportiamo i dati pubblicati per l’ultimo decennio:
Tonnellaggio di stazza netta delle navi italiane Inscritte nel com partim enti adriatici
Anno (al 31
Dicembre)
a vela a propulsione meccanica
semplici con motore ausiliario piroscafi motonavi
1924 31.638 549.414’ 25 30.470 568.303’ 26 28.942 609.048’ 27 28.183 627.224’ 28 25.461 649.194’ 29 18.170 7.639 487.480 140.719’ 30 16.968 9.359 471.307 159.2131931 15.245 10.612 461.438 179.735’ 32 14.070 10.421 443.244 151.405’ 33 12.575 11.787 407.421 158.314
Come si vede confrontando questa tabella con la precedente, il naviglio dei compartimenti adriatici è in media la terza parte del totale nazionale; solo nel 32-*33 si nota una contrazione sensibile nel tonnellaggio delle motonavi e dei piroscafi, verificatasi per Trieste e per Venezia, con una diminuzione media di 15-16.000 tonnellate all’anno. Troppo lungo sarebbe qui seguire la politica marittimo-armamentaria
italiana, analizzando gli effetti che i provvedimenti a fine nazionale hanno determi' nato sul nostro naviglio adriatico. Ricorderemo quindi solo alcune basi del programma di perfezionamento italiano (1).
Anzitutto il Governo nazionale ha imposto una logica disciplina ai servizi marittimi, contribuendo a stabilire regolarmente quelle comunicazioni riconosciute indispensabili, come naturale prolungamento delle linee ferroviarie, e provvedendo affinchè l’espletamento di tali servizi sia effettuato da navi di speciali caratteristiche, ma con tariffe ragionevoli. A tali fini non può naturalmente servire la marina libera, che si basa su principi di tornaconto immediato; quindi lo Stato interviene direttamente con aiuti finanziari, riservandosi un controllo sull’esercizio.
La rete di tali linee indispensabili è stata stabilita definitivamente nel 1926; in base ad attento studio dei mercati più propizi alla nostra penetrazione commerciale, si è creato un sistema organico di linee utili, che, in uscita da Trieste, toccando gli altri scali nazionali, s’irradia nel mondo: con maggiore frequenza si verifica l’uscita dal Canale di Otranto verso il Levante e il Mar Nero, e, con frequenza progressivamente minore, verso il Mediterraneo occidentale, verso l’estremo Oriente e verso le Americhe.
Non è possibile vedere ora quale quota di partecipazione sulla cifra destinata alle sovvenzioni venga distribuita per i servizi adriatici. Notiamo solo che, mentre prima della sistemazione del ’26 i servizi sovvenzionati, sottoposti nel periodo postbellico al
(i) V ed i amplias : l'ed itoria le di COSTANZO C ia n o sul
Popolo d ’ Italia» del 28 O ttobre X e quello di L U IG I
L o JACONO sul Popolo d ’ Italia» del 28 O ttobre X II.
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cosiddetto esercizio in compartecipazione che le Società effettuavano per conto dello Stato, importavano all’Erario una spesa di 3 1 7 milioni di Lire circa, e, ad esempio, nel 1922 la percorrenza totale era di miglia 4 milioni 398.623, effettuata da 162 navi, per tonnellate lorde 390.901, e con età media di 22 anni e 3 mesi, attualmente la flotta sovvenzionata, composta in tutto di 224 navi, di età media di 14 anni e 1 mese, con stazza lorda di 774 .915 tonn., percorre un migliatico annuo di 7 .14 2 .14 4 miglia e costa allo Stato solo 263 milioni di Lire.
L ’efficienza dei servizi aumenterà certamente in seguito alla attuazione di quel processo dt razionalizzazione che ha raggruppato quasi tutta la flotta adriatica sovvenzionata nei due potenti organismi: il Lloyd Triestino e la Adriatica. Tale processo è suscettibile di ulteriore sviluppo nei riguardi delle linee minori.
Poiché il movimento passeggeri, specie quello transoceanico, è svolto nella quasi totalità dai porti del Tirreno, evidentemente le cure più attente nei riguardi della marina adriatica si sono dirette a dare impulso al traffico mercantile.
Pertanto il Governo nazionale, mediante la vigilanza affidata ad un apposito organo parastatale, « Il Registro Italiano », e mediante le disposizioni del Regolamento di sicurezza, aderente alle norme delle Convenzioni di Londra del ’29 e ’30, ha mirato particolarmente a migliorare l ’efficienza dal punto di vista tecnico. Tale programma è stato fortemente facilitato dall’assistenza dell’ istituto di Credito Navale e, ancor più, dal Decreto del ’26, che ha per fine di stimolare il progresso tecnico del naviglio, ac
cordando protezione maggiore alle costruzioni più perfette. Inoltre è stato istituito un compenso di armamento per navi di velocità superiore ai 14 nodi orari e sono stati attuati due provvedimenti rispondenti a esigenze contingenti, che destinano premi di demolizione e premi di navigazione, in modo che gli armatori italiani, oberati da maggiori oneri in confronto ai concorrenti esteri, siano in grado di far fronte alle ripercussioni della attuale depressione economica mondiale.
Possiamo dunque concludere che la marina mercantile italiana nell’Adriatico, come tutto il naviglio nazionale, resa tecnicamente perfetta dalle benefiche cure del Regime, è degna di provvedere alle comunicazioni marittime con efficienza maggiore che per il passato e con prospettive sempre più floride, relativamente, s’intende, alle condizioni economico-commerciali del campo internazionale.
La marina mercantile jugoslava sorse naturalmente quando la politica commerciale jugoslava si orientò alle rotte adriatiche, come avremo occasione di vedere meglio in seguito.
Il primo nucleo della marina mercantile jugoslava risale al Trattato di Versailles (1919) ed al successivo Accordo Bettolini- Trumbic (7 Settembre 1920), che provvide alla ripartizione fra le bandiere italiana e jugoslava di tutta la flotta mercantile ex austro-ungarica (vedi il « Bollettino Ufficiale del Provveditorato al Porto di Venezia », Marzo 1932). Furono allora assegnate al Regno S.C.S. 114 .388 tonnellate, che aumentarono lentamente fino al ’25 (176.382 tonnellate); dopo quell’anno il progresso di
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venta molto più rapido (224.719 tonn. nel ’26; 254.247 nel ’27; 315.500 nel ’29).
Dal « Lloyd’s Register of Shipping » (ed. ’34-’35) si rileva che al i ” Luglio 1934 la marina jugoslava era costituita da 357 migliaia di tonnellate lorde (0,54 °/0 del naviglio mondiale), così ripartite: 355.000 tonn. di piroscafi (0,66 %); 2.000 tonn. di motonavi (0,02 %) e poco più di 200 tonn. di velieri. Tale rapido aumento è in gran parte da attribuire alla assistenza che il Governo ha dato alla marina e che, caratterizzata in un primo tempo dalle sovvenzioni, è notevolmente aumentata a datare dall’anno finanziario 1924^25, come dimostra chiaramente il seguente prospetto:
Annofinanziario
N.dellelinee
Sovvenzioni corrisposte dall’Era-
rio in DinariM iglittico
Dinariper
miglia
1922-’23 48 13.700.000 756.954 11,771923-’24 51 11.250.000 674.892 16,63l?24-’25 57 39.999.568 979.310 40,801925-’26 62 39.936.173 958.506 41,661926-’27 63 30.271.935 1.007.801 30.031927-’28 58 36.360.000 1.060.350 34,28
Con la Legge di Finanza del ’ 28-’29 il regime fu modificato, cosicché fu prevista — per un decennio — la sovvenzione annua di 49 milioni e mezzo di Dinari, ripartita nella seguente misura alle diverse Società: alla « Jadranska Plovidba » (58 piroscafi; 23.436 tonn. lorde; 6 linee regolari) 30 milioni e mezzo di Dinari; alla « Ragu- sea » o « Dubrovacka Parabrodska Plovidba » (22 piroscafi; 44.476 tonn. lorde; 10 linee regolari) 11.250.000 Dinari; alla « Bo- ka » (8 piroscafi; 1.0 3 1 tonn. lorde; 9 linee) 7 milioni di Dinari; alla « Hum », 750.000 Dinari.
Le compagnie si sono impegnate a man
tenere durante il periodo predetto un certo numero di linee regolari ed a far costruire24 navi per complessive 8.800 tonn.
Ma a datare dal 1930 furono pure stipulate altre due convenzioni decennali: la prima — sovvenzione annua di 6 milioni di Dinari — con la Società « Oceania » per l’esercizio di una linea quindicinale celere Susak-Spalato-porti spagnoli (Barcelona- Valencia-Alicante) e ritorno, inaugurata un paio di anni fa, in seguito al noto Accordo commerciale Spagna-Regno S.C.S.; la seconda — 8 mil. e mezzo — con il «Jugoslaven- sky Lloyd», per la prima linea regolare col Sud America. L ’ « Oceania » si impegnava a costruire due piroscafi da 3-4.000 tonn. e 14 miglia orarie; il « Jugoslavenski Lloyd », 4 piroscafi da 8 -x 0.000 tonn. e12 miglia di velocità.
Ma l’assistenza non si è limitata alle sovvenzioni, poiché la Legge 3 1 Maggio ’ 29 (Gazzetta Ufficiale n. 142, del 20 Giugno 1929) ha concesso alle aziende armatoriali ed ai cantieri in esercizio — a decorrere dai i° Aprile 1928 e per 12 anni — l’esonero dal pagamento delle imposte dirette sugli utili di esercizio e sugli edifici che servono alla gestione; esonero dalle imposte sul giro di affari; di tutte le addizionali, statalio del Banato o municipali; dei dazi di importazione delle navi; dei diritti sui contratti di noleggio, su quelli dei mutui ipotecari, ecc. Di tali larghissimi esoneri trarranno vantaggio anche le aziende armatoriali ed i cantieri costituiti dopo il ’28, sempre per 12 anni dal giorno successivo alla registrazione.
Per completare il quadro dell’assistenza statale, occorre far menzione del progetto relativo agli aiuti alla costruzione nava
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le, che estende, in primo luogo, l’esonero fiscale predetto — quanto ai cantieri — si' no al 3 1 Marzo ’950; tale esonero concede ad essi cantieri, senza onere di canone, le zone demaniali marittime necessarie, l ’importazione in franchigia dei materiali occorrenti, nonché un compenso di costruzione per tonnellata lorda, variabile secondo il tipo di nave e secondo la maggiore o minore percentuale dei materiali nazionali adoperati. Un elemento di successo dell’ar- mamento jugoslavo è certamente costituito dal basso costo di esercizio derivato dal cambio della valuta nazionale, dalle tabelle di armamento, dalla mancanza di oneri sociali e fiscali.
Inoltre si deve notare che la marina in parola non è sfuggita al movimento di concentrazione caratteristico del dopoguerra; già pochi anni dopo l’armistizio, piccole compagnie di cabotaggio si erano fuse con la « Jadranska Plovidba »; nel ’28 poi si erano fuse la « Atlantska Plovidba » e la « Jugoslavenska Amerikanska Plovidba », costituendo il « Jugoslavenski Lloyd », con una flotta che attualmente conta 26 piroscafi, per tonn. lorde 131.000 circa.
Gli ultimi tre anni sono stati poco soddisfacenti per l ’armamento jugoslavo, sul quale si è anche ripercosso il crollo della sterlina.
Anche le società sovvenzionate hanno sofferto non poco; infatti, le eccessive spese, fatte specialmente a fini politico-milita- ri, non hanno permesso al bilancio di pagare le sovvenzioni. Secondo il « Novo Doba » di Spalato, del 27 Gennaio ’32, la « Jadranska Plovidba », essendo in credito per 30 milioni di Dinari, minacciava di sospendere i servizi se non pagata.
Comunque, parecchio materiale di seconda mano e nuovo è stato recentemente acquistato all’estero.
Furono poi costituite tre Compagnie, la cui flotta è formata da un solo piroscafo. Infine fu costituita a Susak la « fadran Bro- darsko », con tre piroscafi di circa 4.000 tonn. lorde l'una, ad opera di armatori inglesi di Newcastle, dove è rimasta la sede sociale, mentre naturalmente a Susak si è dovuta tenere una direzione sotto un suddito jugoslavo amministratore, per poter ottenere il minor costo di esercizio e gli esoneri fiscali, concessi, appunto, con decreto della Direzione di Finanze di Zagabria per il periodo 26 Ottobre 19 31 -2 5 Ottobre 1943.# Ciò apre l’adito ad accennare all'interes
se britannico negli affari marittimi jugoslavi, che mira a trarre vantaggio dalla politica di protezione svolta dagli organi amministrativi nei riguardi del traffico marittimo adriatico. Tale interessamento degli istituti finanziari britannici si è verificato anche nella vendita a prezzo di favore da parte della « Royal Mail » al « Jugoslavenski Lloyd » di un transatlantico di 17.000 tonn., destinato a compiere crociere, in un primo tempo lungo la costa dalmata e la Grecia, toccando in seguito anche Venezia ed Istambul.
Ma l ’interessamento britannico si è rilevato anche sotto altra forma: così i cantieri Carrow hanno acquistato nel '30, per riattrezzarlo modernamente, il cantiere di Kraljevica, che dal ’ 18 praticamente non lavorava più.
Anche la Francia si interessa degli affari adriatici della Jugoslavia; infatti la So- ciété Anonyme des Ateliers et Chantiers
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de la Loire » ha acquistato nel Marzo del ’31 gli impianti ed il bacino galleggiante del cantiere Marjan di Spalato, che è stato riat- trezzato ed ampliato con l’acquisto di un altro cantiere di riparazioni di Spalato: il <, Jug ».
Accanto alla navigazione marittima è da ricordare la navigazione fluviale, che si svolge quasi totalmente sul Danubio e quindi non presenta un interesse particolare pel nostro studio.
Ci resta ora da dire qualcosa della marina mercantile ellenica, di cui però non ci dilunghiamo a considerare minutamente lo sviluppo, tanto più che essa partecipa al traffico totale adriatico di bandiera estera per il 25-27 °/0. Attingendo le notizie dal Bollettino del Porto di Venezia, riportiamo nella seguente tabella i dati riferentisi ad alcuni anni tipici, limitandoci ad osservare che la marina ellenica ha subito, in seguito ai danni prodotti dal conflitto mondiale, una decurtazione di navi a propulsione meccanica del 64 % , cifra notevolis
Tonnellaggio di stazza lorda del N avig lio M ercantile Ellenico
Anno a vela a propulsione meccanica
1813 153.580 _1876 347.847 —
1912 101.459 600.0001915 107.466 893.6501919 80.000 175.6501 >31 55.993 1.403.7821933 49.000 1.411.0001934 48.000 1.507.000
sima, specie se si pensa che la cifra relativa alla Germania raggiunge il 36,8 °/0.
Vediamo dunque che la percentuale del naviglio greco a vapore raggiunge il 2,79%
sul tonnellaggio mondiale, contro 0,66 della marina jugoslava, 4 ,19 della marina italiana.
Altissima è la percentuale delle navi da carico, che, secondo le statistiche del 31 Dicembre 1930, costituiscono il 92,55 % della flotta. Fra le varie categorie di tali navi, si trova poi che la più elevata proporzione è raggiunta dal gruppo 3.001- 4.000 tonn.: 3 3 .9 0 % ; segue il gruppo 4.001-5.000, col 3 1,2 2 °/0; il 5.001-6.000, col 12 ,6 4 % ; 3 soltanto sono i «cargo» superiori a questo tonnellaggio.
Non vogliamo dilungarci a parlare delle singole società: ci limitiamo a far presente che predomina il piccolo armamento; infatti il 74 % delle aziende armatoriali elleniche è costituito da armatori di una sola nave, contro il 69,9 % in Danimarca, il 67 per cento in Italia, il 65 % in Olanda e Germania (dalla « Nautical Gazette », 14 Novembre 1931).
Fra le caratteristiche meno confortevoli per la marina greca, sono da ricordare l ’alta quota del materiale invecchiato e la mancanza di un società nazionale per le assicurazioni, che vengono totalmente coperte dal Lloyd britannico.
Fra i vari progetti per una sistemazione organica della marina mercantile ellenica il più notevole è senza dubbio quello espresso dalla Commissione extraparlamentare presieduta dal Michelacopulos. Di tale disegno, veramente razionale e degno di ogni considerazione, fanno parte la creazione di una società assicuratrice nella proporzione del 30 % e la fondazione di un « Istituto di Credito Marittimo », per la concessione di mutui. Norme speciali vengono istituite per la marina transatlantica e per quella da pas- seggeri; ma la proposta che più direttamen
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te interessa il traffico adriatico è quella di assistere indirettamente, a mezzo di esoneri fiscali, la marina da carico.
Concludendo, la flotta contribuisce alla bilancia commerciale greca con un utile netto di oltre i milione di Sterline circa, cui sono da togliere circa 100.000 Sterline per gli interessi sui prestiti con garanzia ipotecaria, ed aggiungere 5 o 600 mila Sterline di salari degli equipaggi, che vengono annualmente rimesse in Patria; si ha quindi un utile netto superiore in media a 1.400.000 Sterline all’anno.
Anche la classe armatoriale greca ha risentito sinistramente degli effetti della depressione economica; infatti, negli ultimi anni, la media dei disarmi ha oscillato fra il 15 e il 18 % .
Da quanto si è detto risulta all’evidenza che la marina italiana si trova in posizione di indiscusso e indiscutibile predominio nel bacino dell’Adriatico.
A rendere più sensibile la concorrenza svolta dalle macine straniere a quella italiana, contribuisce l’incremento potente dato dal Governo albanese ai suoi porti. Tut- tavia, per il carattere montagnoso del terreno, che ostacola assai le comunicazioni interne, ed il numero degli abitanti (un milione circa), l ’entità del traffico marittimo albanese è poco rilevante. Dei principali porti albanesi: Scutari, Durazzo, Va- lona e Santi Quaranta, Durazzo è destinato ad assorbire quasi tutto il commercio di importazione albanese proveniente dalla costa della Puglia.
Interessante è considerare l’ importanza eccezionale che il principale porto pugliese, Bari, ha nel commercio con l’Albania. Questo Paese, infatti, mancando di un
grande centro che rifornisca il mercato interno, si rivolge all’emporio italiano per la maggior parte delle sue forniture. I bisogni, relativamente limitati per la popolazione a non alto tenore di vita, rendono convenienti gli acquisti in piccola quantità direttamente a Bari e alimentano un commercio che raggiunge parecchie decine di milioni di Lire ogni anno. Si tratta di centinaia di voci, alcune delle quali per quantità limitatissime, che, col loro numero, danno una idea della frequenza degli scambi commerciali fra le due sponde. Ad ogni modo, oltre il 50% del traffico italo-albáñese si concentra a Bari.
Naturalmente il commercio con l’Albania non è che una parte del traffico marittimo che Bari ha con i Paesi del Levante,i cui rapporti con l’ Italia vanno vieppiù intensificandosi. L ’accrescimento rapido e costante del porto in parola è favorito dal fatto che Bari, per la sua felice posizione, è divenuto anche un importante centro di collocamento della produzione italiana. I rapporti con la Jugoslavia e la Grecia sono pure notevoli e si basano principalmente sullo scambio di materie prime e prodotti agricoli con manufatti. Tale movimento, già così intenso, non ostante la crisi che attanaglia i Paesi d’Oriente, è destinato ad aumentare vieppiù, man mano che la situazione economica mondiale tenderà a normalizzarsi.
La quasi totalità di tali scambi, come in genere i commerci con il Levante mediterraneo, si compie con navi battenti bandiera italiana, greca o jugoslava.
Appunto per tale ragione ci siamo diffusi ad analizzare la consistenza di queste tre marine mercantili.
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7- Tra le caratteristiche del traffico adria- tico possiamo notare la corrente di trai- fici, che chiameremo longitudinali, tra il gruppo dell’Alto Adriatico e le coste orien- tali, e due correnti, che diremo latitudinali, l'una fra la Dalmazia e le Marche, l’altra fra la Puglia e l’Albania,
Agli effetti del nostro studio, solo la prima di tali correnti riveste importanza, men- tre le due correnti latitudinali, essendo di minore entità data la economia delle regioni, interessano soltanto in quanto esercitano influenza concorrente con quella dei porti dell’Alto Adriatico. Ma a questi traffici interni del nostro bacino sovrasta per entità la corrente di transito che, superato il Canale d’Otranto, si dirige all’Orien- te e ai Paesi transoceanici.
In questa corrente di transito internazionale sta la vera chiave di volta del problema dell’Alto Adriatico: si è già detto che Venezia, Trieste e Fiume possono svolgere la loro azione di attrazione dei traffici centroeuropei all'Adriatico oggi meglio di ieri; al fine di dimostrare il nostro asserto, crediamo opportuno di passare in rassegna
minuta i porti adriatici, per prospettarne
anche i caratteri salienti, la consistenza in atto o potenziale e la funzione in rapporto al dominio immediato o fluitante-
La naturale divisione delle correnti di traffico ci porta a classificare i porti in: a) porti dell’Alto Adriatico; b) porti dell’A driatico Occidentale; c) porti dell’Adriatico Orientale. Degli empori di queste due ultime classi proporremo un esame di scorcio, per rilevare solo la possibilità o meno di concorrenza con i centri dell’Alto A- driatico.
Nella seconda parte del presente saggio prenderemo analiticamente in esame i porti dell’Alto Adriatico, per studiarne le condizioni geografico-ambientali, l ’attrezzatura tecnico-meccanica e lo sviluppo del traffico mercantile marittimo nell’ultimo trentennio, con particolare riguardo agli effetti della concorrenza jugoslava. Anche gli empori occidentali ed orientali saranno da noi brevemente considerati, per presentare una visione il più possibile organica della attuale situazione economica adriatica.
N O T A B IB L IO G R A F IC A
Abbondantissima è la letteratura: ricordiamo
solo quelle opere che abbiamo avuto particolar
mente presenti, o ci sembrano interessanti per
sviluppi analog ci o consderazioni cr.tiche più o
meno antitetiche. Così per la parte generale si
ricorda: U . M orichini: « I l bacino adriatico e
la Dalmazia », Roma, Libreria del Littorio, 19 3 2 ;
del medesimo; « Civiltà mediterranea», Monda-
dori, 19 2 8 ; M . A lb erti: «A driatico e Mediter
ran eo», Milano, 1 9 1 5 ; (del medesimo ricordiamo
anche : « L a Dalmazia, il suo valore economico
e politico e l ’Italia», Roma, 1 9 1 5 ; « La fortuna
economica di Trieste e i suoi fattori », Trieste,
1 9 1 3 ; « L a conquista di T rie ste», Roma, 1 9 1 4 ;
« Trieste e la sua fisiologia economica », in Ri
vista delle Soc. Commerciali, Luglio-Dicembre
19 1 5 ) ; nei « Quaderni federali delle T re V en e
zie », 19 2 6 , è molto pregevole il « Saggio sul
l'ordinamento adriatico », di M . Griffini; del
medesimo ricordo il « Saggio sull’assetto econo
mico di F iu m e», Roma, 1 9 2 1 ; G . Cassi: « I l
mare A d riatico », Milano, 1 9 1 5 ; C . V e lla y : « La
question de l’Adriatique », Parigi, 1 9 1 5 : C . Di
Cesari) : « T h e Adriatic question », Londra,
1 9 1 7 ; Italiens Senator: « L a question de l’A -
driatique » ; L . L u ig g i: « I bisogni dei porti adria-
tici », Venezia, 1 9 1 9 : L . Lu zzatti: « P e r l’A
driatico », al Convegno adriatico nazionale, V e
nezia, 1 9 1 9 ; ricordiamo anche gli « Atti del Con
gresso della Marina mercantile e della Lega N a
vale », Venezia, 1 9 1 9 ; Adriacus: « L a Ques
tion Adriatique », Recueil de documents officiels
par Adriaticus, Parigi, 19 20 ; Id .: « D a Trieste
a Valona - Il problema adriatico e i diritti ita
liani », Milano, 1 9 1 8 ; di B. Frescura ricordia
mo : « Il problema dell’Adriatico », Genova; E.
Lém onon: « L ’ Italie d ’après-guerre ( i 9 i4 - ’ 2 i ) » ,
Parigi, 19 2 2 ; Id .: « L a nouvelle Europe cen
trale et son bilan économique ( i 9 i9 - ’3o) »,
Parigi 19 3 1 ; vedi anche gli A tti della Commis
sione per il dopoguerra - Sottocommissione eco
nomica : « I problemi economici urgenti », Roma,
19 1 9 ; * * * (O. Randi): « L ’A d riatico», Milano,
del medesimo si ricordi: « L a Jugoslavia»,
Napoli, 19 2 2 ; « I popoli balcanici », Roma,
19 2 8 ; T . Sillani : « Mare Nostrum », Milano
(Alfieri); del medesimo; «C ap isald i» (Il proble
ma adriatico e la Dalmazia, Milano, 19 1 8 ; L ’ I
talia e l’Asia Minore, 1920); A . Solm i: « L ’ A
driatico e il problema nazionale », Roma, 19 20 ;
Tomaso Sillani ha anche curato il volume su
« L ’Italia e il Levante », in cui ricordiamo parti
colarmente « I porti dell’Alto Adriatico nella po
litica dell’ espansione italiana nel Levante », di
G. Stefani, Bari, 1 9 3 4 ; A . Tam aro: « L ’A dria
tico golfo d ’Italia - L ’ italianità di T rieste», M i
30
lano, 1 9 1 5 ; (de] medesimo ricordo: «Italiani e
Slavi nell’Adriatico », Roma, 19 15 ; « La Vénétie
Julienne sur les frontières orientales », Roma,
19 1 9 : « Raccolta di documenti sulla questione
adriatica », Roma (nella Rivista Polit:ca)i, 19 20 ;
« La lotta di Fiume contro la Croazia », Roma;
« La lotta delle razze nell’Europa danubiana »,
Bologna, 19 23); G. Dainelli: «F iu m e e la Dal
m azia» (particolarmente il Capo II), U .T .E .T .,
19 2 5 ; del medesimo: « L a D alm azia», Novara,
19 18 ; « La regione balcanica », Firenze, 19 2 2 ;
M. Angelini; « Il nuovo Stato cecoslovacco e i
porti italiani», Roma, 1 9 1 9 ; G . Stuparich: « L a
Nazione Ceca », Napoli, 19 2 2 ; G. A rias: « Porti
italiani e porti del Nord », in « Rivista delle So
cietà commerciali », Roma, e « Principi di eco
nomia commerciale», Milano, 1 9 1 7 ; Auerbach:
« Races et Nationalités d ’Autriche-Hongrie », Pa
rigi, 1 9 1 7 ; notevole interesse presentano anche
due opere di noti stranieri : C. Benoist : « Les
lois de la politique française », Parigi, 19 28 ;
E. Benes: « L a Boemia contro l’Austria-Unghe-
ria », Roma, 1 9 1 7 ; F. C aburi: «Italiani e Jugo
slavi nell’Adriatico», Milano, 1 9 1 9 ; J. C v ijic :
«Stu d io sull'italianità della D a!m azia»; B. Cu
rie: « Privrada i radnici u Dalmacija »; A . D ’A -
lia: «La Dalmazia nella storia, nella politica, nella
guerra, nella pace», Roma, 19 2 8 ; F . Coppola:
« L a politica della P ace», Bologna; Id .: « L a
pace coatta », M lano, 19 29 ; D . De Am -
brosis : « L ’Italia Padano-Adriatica » (Monogra
fie di Geografia militare nazionale), Genova,
1 9 2 5 ; S. Fournol: « G li eredi della successione
d 'A u stria» , Milano, 1 9 1 8 ; M . U d in a: « L ’estin
zione dell’ impero austro-ungarico nel diritto in
temazionale », Trieste, 1 9 3 3 ; B. Frescura: « I l
Trattato di Rapallo ed i rapporti economici fra
l'Italia e la Jugoslavia» (dalla V ita Marittima e
Commerciale, 19 22); id .: «S u lla questione della
Siidbahn », 19 20 ; di G . Fusinato: « I l regime
tecnico ed economico del Danubio nei riguardi
del traffico marittimo dell’Adriatico », Trieste,
1 9 2 2 ; il Griffini ha uno studio su « L ’Ungheria
odierna », Roma, 1 9 2 2 ; A . H odnig uno su
« L ’U n g h e ra e i Magiari »; V . Tissot pubblicò a
Parigi, nel 18 8 3 , « La Hongrie de l’Adriatique
au Danube »; R. Pernice scrisse nel 1 9 1 5 , a M i
lano, de « L ’origine ed evoluzione storica delle
Nazioni Balcaniche»; sull’argomento ricordo:
M . N ew bigin : « Geographical Aspects of Bal-
kan », Londra, 1 9 1 5 ; due anni dopo, a Parigi,
L . Leger pubblicò « Le Panslavisme et l’ intérêt
français » ; A . Mousset, nel ’22, a Parigi, Office
National du Commerce Extérieur : « Le Royau
me des S. H . S. »; F. Musoni a Firenze, nel
19 2 3 ; « La Jugoslavia », Profilo etnico, enigmi
stico, economico; P. Rencer: « L a Jugoslavia
economica e gli interessi italiani nei rapporti
con la Ju goslavia»; G . Paresce: « Italia e Jugo
slavia dal 1 9 1 5 al 19 29 »; Firenze, 19 3 5 ; W .
Warren : « Gli Slavi nell’Adriatico », Parigi,
1 9 1 8 : Z . C. : « G li sbocchi naturali della Jugo
slavia all'Adriatico», 1 9 1 9 ; A . Gauvain : « L a
question yougoslave», Parigi, 1 9 1 8 ; I. Juras:
« Pregled gospodarstva i trgovine Dalmacije »,
Spalato, 19 2 3 ; M. M arcic: <• Gospodarski
polozaj Dalmacije u Jugoslaviji », Spalato, 19 20 ;
S. Osterman : « Italija i Jugoslavia na Jadranu »,
Zagabria, 19 20 ; dello stesso ricordo anche:
« Rijeka i Ju goslavia », Zagabria, 19 20 ; F.
Salata : « Le mouvement yougoslave en A u-
triche-Hongrie pendant la guerre », Parigi,
1 9 1 9 ; del medesimo: « I l diritto d'Italia su
Trieste e l'Istria », Roma, 1 9 1 5 ; P. Senjanovic :
« Dalmatinska zeljeznica u Jugoslaviji »; P. So-
kolovich : « Le problème italo-slave », Parigi,
1 9 1 5 ; Seton-W atson : « German, Slave and
M a gya r», Londra, 1 9 1 6 ; Id. : « T h e Balkans,
Italy, and thè Adriatic », Londra, 1 9 1 5 ; F. Bay-
lon : « Lo sviluppo economico della Dalmazia in
relazione a quello dell’Italia », Venezia, 19 2 4 ;
G. Prezzolini: « L a D alm azia», Firenze, 1 9 1 5 ;
L. Lakalos : « Industria Dalmacije », Zagabria,
19 22 .
Per quanto concerne i trasporti in relazione
alle esigenze tecnico'portuarie, ci limitiamo a
ricordare : G. Roletto : « Porti, Cantieri e N avi
d’Italia», Brescia, 19 3 4 ; E . C ucchini: « I porti
marittimi in relazione alle esigenze dei traffici
m oderni», Milano, 1 9 1 1 ; F . T a jan i: « I tra
sporti sotto l’aspetto economico », Milano, 19 3 2 ;
G. Fries: «M arina da carico adriatica», V en e
zia, 1 9 1 9 ; G . Supino: «Rapporti fra lo Stato e
la Marina mercantile », Roma, 1 9 1 9 . Per l’at
31
tuale economia dei trasporti dei singoli empori,
vedi le note bibliografiche delle parti seguenti.
M. D ew avrin (del quale ci piace ricordare l'o
pera : « Les Ports et leurs fonctions économi-
ques », Louvain, 19 10 ) dimostra col suo lavoro
su « Les ports de Trieste, Fiume et Venise »,
pubblicato a Louvain nel 19 19 , l’ interessamento
degli studiosi stranieri al problema de i nostri porti nell’immediato dopoguerra. N el voi. IV ,
neli’Archivio di Stato, il Marin tratta la « Storia
civile e politica del commercio dei Veneziani ».
E. M usatti: « Per la storia di Venezia », Padova,
1909, e « Cenni storici sul commercio di V en e
z ia » ; Ministero della M arina: «M onografia
storica dei porti dell’antichità nella penisola ita
liana », Roma, 19 0 5 ; P. Foscari; « P e r il più
largo dominio di V e n e zia» , Milano, 1 9 1 7 ; C .
Battistella : « Relazione sull’avvenire del porto
di Venezia », Camera di Commercio di Venezia,
1 9 1 9 ; G . Lu zzatto: «li porto di Venezia e il
suo retroterra », Venezia, 1 9 2 3 ; G . Giuriati (ju
nior): « I l porto di V e n e zia» , Venezia, 19 2 4 ;
A . R. T on iolo: « I l nuovo retroterra commer
ciale di Venezia in confronto a quello di Geno
va e di Trieste », al Congresso Geografico Ita
liano, Firenze, 1 9 2 1 .
Per lo studio de il porto di Trieste, si ved a: P.
G ribaudi: « Il porto di Trieste e la sua funzione
geografica », in R iv. Soc. Geogr. It., 1 9 1 7 ; G .
Costantin Jangakis: « L e port de Trieste avant
et après la revolution de la Monarchie austro-
hongroise », Bologna, 19 2 3 ; ma particolare atten
zione merita lo studio di A . Chiaruttini: « L a
funzione economica del porto di T rieste», V e
nezia, 1 9 2 3 ; l’ istituto di Geografia della R. U n i
versità di Trieste ha pubblicato nel ’3 1 la « G u i
da per il commercio con il Levante », a cura di
G . Roletto e M . Vergottini; sull’argomento ri
cordo anche : « Le développement économique
de Trieste », Parigi, 1 9 3 1 , di G . Roletto; C . Mo-
schitti: « Mercati d ’Oriente », Napoli, 19 2 3 (fuo
ri commercio); R. Babich: « L a concorrenza fra
Trieste e Fiume nell’anteguerra », Venezia,
1 9 2 3 ; L . C . M oier : « Der Karst und seine
Hohlen », Trieste, 1896.
Notevoli, a scopo storico, i « Cenni sulle con
dizioni commerciali di Fiu m e», Fiume, 18 8 0 ;
F. Rachi : « Fiume gegenüber von Croatien »,
Zagabria, 18 6 9 ; R. H o rvat; «Sto ria politica
della Città di Fiume », Fiume, 1 9 1 8 ; S. Gigante:
« Storia del Comune di Fiume », Firenze, 19 28 ;
A . H o d n ig: «Fiu m e e i baluardi delle G iulie»,
Roma, 1 9 1 7 ; dello stesso: «Fiu m e italiana e la
sua funzione antigermanica », Roma, 1 9 1 7 ; I.
Baccich : « Fiume, il Quarnero e gli interessi
italiani nell’Adriatico », Torino, 1 9 1 5 ; C . Batti
sti : « Il sacro diritto di Fiume ad essere unita
all’ Italia», Bologna, 1 9 1 4 ; del Burich: «Fium e
e l’ Italia», Torino, 1 9 1 5 ; V . Scialoia: « L a po
sizione giuridica di Fiume » (Rass. »tal., a. II,
vol. II, fase. IX), Roma, 1 9 1 9 ; notevole il « L i
bro Verde », sui negoziati diretti fra il Governo
italiano e il Governo jugoslavo per la pace adria-
tica, Roma, 1 9 2 1 (ricordiamo anche quello sui
« Documenti diplomatici presentati dal Ministro
Sonnino al Parlamento italiano », Milano, 1 9 1 5 ;
E . Susm el: «Fiu m e attraverso la storia», M i
lano, 1 9 2 1 ; del medesimo ricordo anche; « I l
porto di Fiume » e « L a Città di passione », M i
lano, 1 9 2 1 ; A . Ossoinak: «P erchè Fiume deve
essere italiana». Fiume, 1 9 1 9 ; dello stesso:
« Perchè Fiume deve essere porto franco », Fiu
me, 1 9 2 1 ; di G. D ’Annunzio: «D isegn o di un
nuovo ordinamento dello Stato libero di Fiu
me », Fiume, 19 2 0 ; C . Zoli : « Le giornate di
Fiu m e», Firenze, 1 9 2 1 ; interessanti anche il
Bollettino della Deputazione fiumana Storia pa
tria e il Bollettino Ufficiale del Comando d ’A n
nunziano di Fiume; di A . D epoli: « I l diritto
storico ed etnico di Fiume di fronte alla Croa
zia », Fiume, 1 9 1 9 ; del medesimo: « I l confine
orientale di Fiume e la questione del Delta e
della Fium ara», Fiume, 1 9 2 1 ; «Porto Barros »,
Fiume, 1 9 2 1 ; G . Benedetti: « Fiume, Porto Bar
ros e il retroterra », Roma, 19 2 2 ; ricordo pure
del Benedetti : « Italia e Jugoslavia dopo il patto
di amicizia », Roma, 19 24 , e « La pace di Fiu
me. Dalla conferenza di Parigi al Trattato di
R o m a», Bologna, 19 2 4 ; E . Cim bali: «G abriele
d’Annunzio prima e dopo il Trattato di Rapai-
Io » , Catania, 19 3 1? per quanto riguarda i Trat-
tati cui s’è fatto cenno, si v ed a: A . Giannini:
« Il Trattato di Rapallo al Parlamento italiano »,
Roma, 1 9 2 1 ; « Il Trattato di Rapallo nei com
32
menti della stam pa», Roma, 1 9 2 1 ; «Fiu m e nei
Trattato di Trianon », Roma, 1 9 2 1 ; «Raccolta
di Trattati ed Accordi per la pace adriatica »,
Roma, 19 2 4 ; « La questione di Porto Barros e
gli Accordi di Santa Margherita al Parlamento
italiano », Roma, 19 2 3 ; « Gli Accordi di Santa
M argherita», Roma, 19 2 3 ; «T rattati ed A c
cordi per l’Europa danubiana », Roma, 19 2 3 ;
« Documenti per la storia dei rapporti fra l'Ita
lia e la Jugoslavia », Roma, 19 3 4 ; L . Federzoni:
« Il Trattato di Rapallo », Bologna, 1 9 2 1 ; « Porto
Barrcs », Fiume, 1 9 2 1 ; su « L a restaurazione del
Patto di Londra e la difesa di Fiume » ha scritto
Forges Davanzati (Roma, 1920); dell’Associazione
Nazionalista Italiana: « I d ritti dell’Italia alla
Conferenza della Pace », Roma, 1 9 1 9 ; P. Orano:
« L ’Italia e gli altri Stati alla Conferenza
della P ace», Bologna, 19 3 r ; S . Shishich:
« Jadransko pitanje na Konferencij mira u Pa-
rizu, Zbirka akata i dokumenatata », Zagabria,
19 20 ; U . Silvagn i: « Les révendications natio-
nales italiennes au Congrès de la Paix », Roma,
19 1 9 ; « Italy’s great war and national aspira-
tion », a cura di Hodnig, Sillani, Alberti, Corsi,
Tamaro, Tolom ei, Milano 1 9 1 8 ; A . Tardieu:
« La Paix », Parigi, 1 9 2 1 ; T . T itto n i-V . Scialoia:
« L ’Italia alla Conferenza della Pace », Roma,
1 9 2 1 ; per le vicende parlamentari del periodo
storico considerato, ricordiamo: Hautecoeur:
« L ’Italie sous le Ministère Orlando », Parigi,
1 9 1 9 ; G . G iolitti: «M em orie della mia v ita » ,
voi. II, Milano, 19 2 2 ; A . Salandra: «Discorsi
sulla guerra », Milano, 19 2 2 : notevole interesse
presenta la lettura di « U n anno di politica este
ra », di C . Sforza, Roma, 1 9 2 1 ; gli Atti parlamentari contengono importanti Relazioni sugli
argomenti da noi trattati, come il famoso D i
scorso del Senatore A . Grossich (1923).
P A R T E S E C O N D A
traffico m a rittim o n e i v a ri p orti
1. Analisi del traffico attraverso il porto di Venezia,prima e dopo la guerra m on d ia le ...........................pag.
2. Le correnti del traffico triestino nell’ultimo venticinquennio ..........................................................................„
3. Le condizioni economiche di Fiume, con riferimentoallo scalo di S u s a k ........................................................
4. Le fluttuazioni stagionali come indice del caratteredel porto e del suo r e t r o te r r a ................................„
5. L’importanza dei porti minori nei vari settori dell’Adriatico; la funzione di R a v e n n a ............................ .
6. La possibilità che i porti della costa orientale ed occidentale svolgano attività concorrente con quella degli empori alto-adriatici.......................................... .......
7. La posizione dei porti jugoslavi nel traffico adriatico:il movimento di S u sa k ................................................„
8. Lo sviluppo commerciale del porto di Sebenico . . ,,9. L’attrezzatura del porto di Spalato e il traffico ma
rittimo .......................................................................................10. Le condizioni economico-ambientali deH’emporio di
Ragusa e lo sviluppo del suo movimento . . . „Nota bibliografica..................................................................... .
37
47
55
62
64
67
6975
79
86
89
i . Venezia si presentò nella lotta economica mondiale, a causa della rivoluzione operata nei mezzi di trasporto, in condizioni di assoluta inferiorità, sia nei confronti della sua funzione nazionale, sia nei riguardi della sua funzione di intermediaria fra l’Oriente e l’Europa centrale.
Benché interessantissimo, dobbiamo tralasciare per ovvie ragioni l ’esame del traffico affluito al porto di Venezia nel quaran
tennio che possiamo chiamare iniziale del suo esercizio, in quanto condizioni geografiche, politiche ed economiche non consentivano che lo scalo lagunare potesse am
pliare il suo respiro per tutta la capacità dei suoi polmoni.
Riguardo all’attrezzatura del porto in parola, è fuor di dubbio che si provvide con
ragionevole cura solo negli anni immediatamente precedenti la guerra e dopo il 1922.
Dalla seguente tabella appare il raffronto tra gli impianti esistenti nel 19 19 , quasi
identici a quelli prebellici, e quelli realizzati alla fine del ’23.
Meccanismi esistenti
nel porto di Venezia
Gruidrauliche
Gruelettriche
da tonn.
} 1,5 < 10 -20
11,5 1,5- 3 3- - 6
10 -20 15 -30
Scaricatoria ponte
Elevatoriper cereali
Montacarichia ) I d r .Argan. ( g ,
Trasportatori a teleferica
Totale meccanismi
310,41,5
Num ero
1919 ’23 '34
52 73
79
42311
48
23
1102
Potenzialità di sollevamento
installata
1919 ’23
1520
348
1280,4
15
121,4
10,5816
2030
8
128
33
208,5
’34
713.5
128152030
12
128
34.5
3,7283,7
Inoltre le banchine da 4 .150 mq. sono salite a 4.226; le calate sono restate in 41.436 mq.; gli impianti ferroviari sono saliti da 82.000 a 94 000 m. Pur restando imprecisabile l’area del porto, a causa della
38
speciale configurazione di Venezia, che non permette di precisare tali dati, le aree
occupate da magazzini per depositi di mer- ci hanno subite le seguenti variazioni:
Aree del m agazzini esistenti in mq.
Anno
In muratura in legno
TotaleO rdinari Punto franco D a ricostruire
in m uratura
1919 16.426 5.300 10.180 31.906
1 23 29.296 13.710 2.10 1 45.107
* 34 54.430 13.710 — 68.140
Appare dai dati esposti che l’organiz- zazione portuale è negli anni presi in esame sensibilmente migliorata, essendo più che raddoppiata la potenzialità di sollevamento installata, aumentati i magazzini, perfezionati i servizi; tanto che si calcola che la rapidità media giornaliera di scarico delle merci alla rinfusa potesse arrivare nel ’24 alle 800 tonn., contro una cifra inferiore alle 500 tonn. neH’anteguerra. In questi
ultimi anni, con l’eliminazione di talune gravi deficienze, specialmente per quanto riguarda l’esportazione, con l’ampliamento di magazzini, con l’aumento di mezzi di carico e di trasporto dalle aree coperte a banchina, col perfezionamento dei sistemi di trasbordo; tali servizi sono perfettamente adeguati alla organizzazione ed alla necessità di un grande porto moderno. Si calcola che oggi la predetta media giornaliera di 800 tonnellate possa superare le 1.000.
Riteniamo ora opportuno, prima di analizzare le attuali correnti di traffico, fer
marci a considerare le condizioni nell’im- mediato dopoguerra, ponendole a raffronto con quelle del periodo prebellico, per osser
vare, sia pur brevemente, quali conseguenze la guerra mondiale abbia avuto per il commercio veneziano e come la nuova conformazione politica ed economica influisca su di esso. Riportiamo, nel prospetto seguente, le cifre relative al movimento commerciale di Venezia.
Naturalmente non possiamo dilungarci ad esaminare le correnti di traffico partita- mente per ciascun anno; pertanto ci serviremo, per i confronti, delle medie quinquennali, al fine di eliminare le irregolari ed accidentali fluttuazioni annuali, pur ri- serbandoci di mettere in evidenza singolarmente le peculiarità di un certo interesse.
AnnoM erce arrivata e partita (In tonnellate)
Via mare Via terra
1909 2.702.833 1.472.877
’ 10 2.669.542 1.578.148
’ 1 1 2.743.403 1.525.365
’ 12 2.881.839 1.660.338
’ 13 2.662.835 1.449.785
Media1Q09-’ 13 2.732.090,4 1.537.302,6
1919 1.265.603 998.315
’20 1.270.526 1.119.045
’ 2 1 1.656.676 1.344.966
’22 1.735.499 1.358.657
’ 23 2.013.854 1.639.126
Media1919-’23 1.588.431,6 1.292.021,8
Nel quinquennio i909-’ i3 , si nota una stasi, che deriva dalla saturazione della potenzialità del porto, il quale non è più in grado di offrire all’afflusso delle merci condizioni vantaggiose, che consentano al traffico quella libertà di movimento, rapidità
39
di operazioni ed economia, che sono ad esso necessari.
La ripresa del movimento commerciale nel dopoguerra, come si è notato, fu assai lenta e faticosa: in particolar modo poi quella del traffico adriatico, più duramente colpito dalla guerra prima e poi dallo sconvolgimento economico dei Paesi che principalmente lo alimentavano.
Numerose, e in parte già ricordate, furono le cause di debolezza dei porti adriatici, e di Venezia soprattutto, che tuttavia dopo il 1920, attenuandosi le cause in parola, sia pure con lento progresso, andò riacquistando la sua funzione regionale e nazionale. Il carattere della ripresa del traffico veneziano nel dopoguerra può essere rile
AnnoMerce arrivata e partita (percentuali)
V ia mare Via terra
Media 1909-’ 13 100 ICO
1919 46,32 64,94
’ 20 46,50 72,79
’2 1 60,64 87,49
’22 63,52 88,38
’23 73,71 106,62Media
19l9-’23 58,14 84,04
vato dai raffronti in percentuale sulla media del quinquennio 1909-’ ! 3.
Si nota subito che, mentre il movimento ferroviario ha ripreso l ’intensità d’anteguerra, il commercio marittimo ha raggiunto appena il 73 .7 1 per cento, rispetto alla media del quinquennio 1909-’ !3 .
Se poi esaminiamo il rapporto fra importazione ed esportazione, abbiamo il prospetto raffrontativo riportato qui di fianco.
Movimento delle merci in tonnellate
AnnoImportazione Esportazione
Rapporto p e r centuale tra Imp. ed E sp .
19C9 2.348.417 354.416 15,09
’ 10 2.335.443 334.099 14,31
’ 1 1 2.404.625 338.778 14,09
’ 12 2.498.564 383.275 15,34
’ 13 2.286.375 376.460 16,46
Media1909-’ 13 2.374.684,8 357.405,6 15,05
1919 1.095.150 170.453 15,56
’ 20 1.138.801 131.725 11,57
’2 1 1.547.590 109.086 7,05
’ 22 1.577.887 157.612 9,99
’ 23 1.850.731 163.123 8,81
Media1919-’23 1.442.031,8 146.399,8 10,15
Rapporto % fra le
Medie 60,72 40,96
Appare subito che Venezia è sempre stata uno scalo di importazione e che neppure la guerra ha potuto modificare tale suo carattere. Questo dipende naturalmente dalla funzione regionale ed industriale dello scalo veneziano; infatti notiamo una diminuzione da 15,05 a 10 ,15 nel rapporto percentuale fra esportazione ed importazione nei due quinquenni presi in esame, perchè la zona di influenza per mezzo di ferrovia è aumentata, a causa dello spostamento del confine al di là della Venezia Giulia, e perciò è minore la quantità di merci che ripartono per via mare. Le importazioni sono infatti costituite per la maggior parte da materie prime e semi-lavorate per industria e da generi alimentari di prima necessità; quindi merci povere, pesanti ed ingombranti, tra le quali nel periodo
40
prebellico tiene il posto predominante (oltre il 50%) il carbone; seguono i cereali (oltre il 13% ), i petroli ed olii minerali, i concimi e minerali metallici, ecc.
Lo squilibrio maggiore nell’importazione fra i due periodi considerati è determinato dalla differenza del carbone arrivato al porto di Venezia in tali anni; mentre infatti la media annuale nel quinquennio prebellico è di circa 1.295.000 tonn., nel periodo postbellico la media è inferiore alle 700 mila tonn., e raggiunge appena le 910.000 tonn. nel 1923. Questo deriva principalmente da due fattori; da una parte, il mi
nor consumo di carbone determinato dalla diminuita produzione industriale entro terra, dal suo alto costo e dall’impiego di altri mezzi di energia; dall’altra, gli arrivi
di carbone dalla Francia e dalla Germania, in conto riparazioni e debiti, di cui si vale in special modo la amministrazione ferroviaria.
Una notevole ripresa si è invece avuta nella importazione dei cereali, che, contro una media di 280.000 tonn. nel quinquennio prebellico, ha raggiunto nel dopoguer
ra una media di 350.000 tonn.Abbiamo visto come in sostanza siano
le merci povere che ricostituiscono il traffico attraverso il porto di Venezia, che va così riassumendo il suo carattere d’anteguerra. Esaminiamo ora più particolarmente le principali correnti di traffico nei periodi in esame.
L ’andamento naturale del commercio nel periodo postbellico viene fortemente alterato, e per le varie cause di ordine internazionale, fiscali, economiche, sociali, e per lo sconvolgimento nella produzione nazionale,
particolarmente nella regione veneta, come risulta dal seguente prospetto :
Im portazioniM edia
1908-’ 121921 1922 1923
Combustibili tonn. 1.280.780 659.160 769.461 910.490
Fosfati, concim i » 220.750 38.889 121.075 166.264
Cereali . . . » 280.661 442.991 359.146 363.498
M ater. da costruz.» 84.767 — — 27.974
Metalli . . . »
Pirite di ferro •
81.409
3.053 5.39326.603
Legnami. . . » 59.487 11.641 24.731 33.248
Cotone . . . » 32.069 48.270 45.753 47.029
Canapa e jnta » 14.223 4.476 8.165 10.346
Petrolio ed olii minerali . . . » 31.010 21.786 28.937 67.741
Olii vegetali . » 21.465 —8.699Sevo,ecc. (1912) » 6.461 77 5.736
CafTè . . . »
Coloniali, droghe» 6.661
1.226 7.0721 5.909
Zucchero . . » — 11 .10 0 SO —
La merce che apporta il più forte contributo alla diminuzione totale dell’ importazione è il carbone; i cereali, pur diminuendo a causa del maggior rendimento della produzione nazionale dovuto alla rimessa in valore dei territori danneggiati, restano sempre superiori alla media prebellica^ senza raggiungere tuttavia la cifra del 19 12 ; i fosfati e concimi raggiungono in media il 65 %, benché nel 1923 si superi il 75 % della media prebellica. L ’importazione del cotone e degli olii minerali è eccedente in confronto a quella anteguerra; troviamo invece diminuiti i metalli e i minerali, i legnami, i materiali per costruzione, gli olii vegetali e molti altri pròdotti minori. Scompare la impor
41
tazione dello zucchero per la ripresa efficienza della nostra industria zuccheriera; vediamo riprendere la importazione del caffè in seguito al ripristino del regime di libero commercio.
I Paesi di provenienza delle merci esaminate sono naturalmente i grandi mer-
ni economiche e sociali dei vari Paesi: quasi nullo il commercio di importazione dall’Austria nel dopoguerra; stabile quello con la Germania, costituito in gran parte da materiale in conto riparazioni; un aumento notevole nell’importazione dall'Inghilterra, bilanciato parzialmente dalla di-
M O V IM E N T O T O T A L E D E L L E M E R C I N E L PO R TO DI V E N E Z I A
cati di produzione delle varie materie prime: 1 Inghilterra per i carboni, la Rume- nia per i cereali, il bacino del Danubio per i legnami, la Tunisia per i fosfati, la costa orientale adriatica e la Grecia per le pietre da costruzione e i marmi; il tonnellaggio importato da altre regioni italiane è costituito prevalentemente da sale, da vini e spiriti, da materiale da costruzione e da zolfo. Raffrontando i dati relativi, che omettiamo di riportare per brevità, appaiono le alterazioni dovute alle perturbazio-
minuzione degli Stati Uniti, determinata dalla fine dello sciopero minerario inglese del 19 2 1, che abbassò in quell’anno le forniture del carbone a favore deH’America.
Assai sensibile è l ’aumento dei traffici con la Jugoslavia, dovuto all’ importazione di bovini, lignite e legna, mentre si nota
una diminuzione negli scambi con la Romania, che continua ad essere la principale fornitrice di cereali, ma che, a causa della crisi del suo mercato, ci fornisce solo per
42
un terzo della importazione totale di cereali. 1 fosfati e concimi vari vengono ora quasi esclusivamente dalle Colonie Nordafricane francesi, a scapito del Belgio.
La guerra mondiale contribuì non solo a diminire le esportazioni in senso assoluto, ma anche relativamente alle importazioni nei due periodi.
EsportazioniMedia
1909-’ 131921 1922 1923
Cercali tonn. 103.47714.592
Riso lavorato » 58 2.685
Combustibili » 42.605 — — 1.843
Manifatture e filati . . . » 25.681 14.182 13.892 17.545
Materiali da costruzione . » 25.042 1.063 1.306
Marmo greggio » — 3.906 2.115
Conterie, smalti, ecc. . . . » 3.060 355
j
639123.663
Chincaglie, terraglie, ecc. . > 400 _ —
'
Fosfati, concim i » 20.225 — _ 1.448Legnami . . » 11.579 5.264 4.219 3.059Metalli . . » 8.892 — — 1.200Carta e cartone » 4.716 8.898 660 1.250Pelli greggic e la
vorate . . » I.0S2 _ 488Cot one . . . » 109 — ---
Cauapa, lino, ju- ta . . . » __ 1.420 3.263
5.122
Candele steariche e c c . . . . » 1.267 525 853 879
Riportiamo nel prospetto che precede le principali merci che hanno costituito le varie correnti di esportazione, riserbandoci di trarne sintetiche deduzioni.
Oltre ai cereali, materiali da costruzione
e combustibili, diretti prevalentemente alle altre regioni d’Italia, abbiamo nelle esportazioni un buon quantitativo di manifatture e filati, fosfati e concimi lavorati, legnami e canapa pure lavorati; titoli tutti che si dimostrano in aumento costante. Notevole è che queste merci sono tutte di rilevante valore. Non potendo fare raffronti tra i dati dei vari anni a causa delle variazioni di quotazione della moneta italiana, riportiamo solamente i dati relativi al 19 12 , secondo la Camera di Commercio:
Merci importate: tonn. 2.328.656, Lire 336.834.676; Merci esportate: tonnellate 331.384 , Lire 195.633.330.
Queste cifre danno risalto all’alto costo delle merci di esportazione in confronto al basso prezzo delle merci importate: infatti, su una cifra di tonnellaggio d’esportazione che sale ad appena il 14,23 % di quello d’importazione, il valore in Lire sale alla percentuale del 58,08 % .
La lentezza della ripresa della esportazione veneziana è una delle manifestazioni
più naturali dello speciale carattere assunto dai traffici nel dopoguerra e delle perturbazioni che alteravano il regolare svolgimento. Questo fenomeno è diminuito naturalmente per il progressivo risanamento economico di Paesi, che un lungo travaglio di guerre e di distruzioni ha reso bisognosi di ampi rifornimenti. Ad intensificare il traffico veneziano ha poi provveduto il Governo nazionale con vigili provvidenze statali e con gli acccrdi commerciali coi Paesi di Oriente, con l’U.R.S.S., con la Jugoslavia, ecc.
In conclusione, permane la caratteristica del grande squilibrio tra importazione ed
esportazione nel traffico marittimo vene- ziano, accentuato dalla forte ripresa delle correnti di importazione e dal forte incremento presentato dal movimento ferroviario; il che sta a denotare che è aumentata la percentuale delle merci in arrivo o partenza dal mare che usufruiscono, per giungere rispettivamente al luogo di destinazione o dal luogo di provenienza, di linee ferroviarie. Ad esempio, le merci esportate via terra nel 1923 sono state superiori alla media di quelle esportate via terra nel quinquennio 1909-'13 di oltre il 20 °/Q.
Vediamo ora la divisione delle merci per destinazione. I dati relativi dimostrano che una parte soltanto, in media circa il 45 % , delle partenze via mare è contemplata nelle statistiche doganali del commercio speciale di esportazione, il che sta a denotare che la maggior parte delle merci imbarcate nel porto di Venezia non è effettivamente diretta all’estero, ma ad altri porti nazionali. Si è così accentuata la doppia caratteristica del traffico marittimo di esportazione del porto in parola: la bassa entità in confronto alla importazione e la elevata percentuale delle partenze verso porti nazionali.
Dall’esame del traffico marittimo nei periodi immediatamente precedente e seguente la guerra, passiamo ora a considerare il traffico svolto attraverso il porto di Venezia dal 1925 in poi, con particolare riguardo al quinquennio i930-’ 34.
il movimento commerciale è andato migliorando fino al 1929, anno in cui ha incominciato ad influire sul movimento commerciale quel complesso di fenomeni eco
nomico-finanziari e politico-doganali, che si sogliono definire la crisi. Il che risulta dal seguente prospetto:
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Movimento delie merci (in tonn.)
Anno Via mare Via terra
Importaz. Esportaz. Totale Totale
Media1909-’ 13 2.374.684,8 357.405,6 2.732.090,4 1.537.302,6
Media1919-’23 1.442.031,8 146.399,8 1.588.431,6 1.292.021,8
1924 2.069.147 226.682 2.295.829 —
’ 25 1.937.239 284.901 2.122.140 1.912.320
’26 1.676.750 232.652 1.909.402 1.627.777
’27 2.187.921 267.549 2.445.470 2.019.086
’28 2.465.857 332,970 2.798.827 2.297.665
’29 2.592.315 422.723 3.015.038 2.479.346
’30 2.523.637 438.649 2.962.286 2.310.310
’31 2.321.499 472.519 2.794.018 1.903.498
’32 2.375.292 457.301 2.832.593 1.541.698
’33 2,444.926 523.879 2.968.805 1.459.029
’34 3.274.859 455.245 3.730.104 1.810.190
Media 1930-’34 2.588.042,6 469.519,6 3.057.561,2 1.804.945
Notiamo particolarmente che, mentre le importazioni sono notevolmente diminuite nel ’30 e nel ’3 1 , per poi aumentare fino ad oggi, con un massimo eccezionale nel ’34, le esportazioni sono andate lievemente, ma costantemente aumentando. La diminuzione degli arrivi è da attribuirsi specialmente alla diminuita importazione di cereali e di carbone; l ’aumento degli imbarchi è dovuto alla aumentata esportazione di fertilizzanti, ceneri di piriti e manufatti.
Per i fattori determinanti tale diminuzione di sbarchi è da tenersi presente an-
44
che il famoso Decreto-Legge 21 Dicembre no annullato nel totale del traffico il lie- 19 3 1 (1), che non ha tuttavia portate le ve aumento subito nelle esportazioni, sono paurose conseguenze prevedute in un pri- le seguenti:
T i t o l i 1930 1931 1932 1933 1934
Carboni . . . . tonn. 1.233.091 1.161.363 966.132 1.123.168 1.766.504
Materie fertilizzanti „ 213.762 121.735 111.622 143.719 174.699
C e r e a l i ...................... ...... 287.822 229.358 313.171 93.393 175.930
76.012 62.162 60.086 58 511 58.549
Di queste diminuzioni la più grave e preoccupante era quella che colpiva l'importazione delle materie fertilizzanti (fosfati minerali in prima linea), non solo per l ’altezza della sua proporzione, che superava il 43% dell’importazione del ’30 ed era confermata dalla diminuzione dell 8 ,3 1% verificatasi nel 1932 rispetto al precedente anno, ma anche perchè rivelava le condizioni particolarmente difficili in cui si trovavano gli agricoltori veneti, ed in conseguenza l ’industria dei concimi chimici, che aveva assunto così grande e promettente sviluppo a Marghera ed in tutto lo immediato retroterra di Venezia; ma nel ’33 e nel ’34 l'importazione di materie fertilizzanti ha superate le cifre del ’3 1 - ’32, tanto che si può sperare che tale crisi sia superata.
Meno preoccupante invece la diminuzione del sale, dovuta probabilmente all’esuberante rifornimento dei magazzini degli anni precedenti, e quella dei carboni, che, sebbene considerevole, era stata a Venezia
(5-75%) sensibilmente inferiore a quella di tutto il Regno (oltre il 10 %); ma tale diminuzione aumentò nel 1932 rispetto all’anno precedente (16,81 %); fortunatamente nel
mo momento dai finanzieri inglesi e dalla loro stampa.
Prima di analizzare le varie correnti del traffico, osserviamo che, mentre la cifra del tonnellaggio di esportazione verso altri Paesi sale in media ad appena il 10 % dell’importazione, il valore di tali merci raggiunge ben il 49% . Riteniamo ora opportuno considerare le correnti del traffico veneziano, nell’ultimo quinquennio, avendo particolare riguardo ai principali elementi determinanti la diminuzione avvenuta dopo il 1929. A tale scopo scegliamo il 19 3 1 . perchè la diminuzione di 168.268 tonn. rispetto al 1930 è abbastanza forte da poter essere considerata.
Le merci che han subito le diminuzioni più sensibili nelle importazioni e che han-
(1 ) R egio D ecreto-Legge 21 D icem bre 19 5 1 . n . 1592 : « T a ssa speciale pcv le m erci provenienti d all'estero
che si sbarcano nei porti c nelle spiaggie del R egno ».
C on tale D .-L . si istituisce una tassa di sbarco sulle m erci d i a rrivo v ia m are nei porti nazionali, nella m i
sura seg u en te : L . 1 per tonn. per i fo sfati, nitrati (escluso quello di soda) e m ateriali da costruzione m u
raria : L , 2,50 per le altre m erci (carbone). Sono in
vece esenti da tale tassa le m erci di transito pro ve
nienti per v ia terra (per la discussione di tale D .-L .
ricordiam o i num eri del 7 ed 11 G en n aio 1932 del
« Journal o f C om m erce », ed il « S yren and Sh ip p in g »
del 13 G en n aio ’32).
45
33 e 34 S1 ® avuta una notevole ripresa anche in questo settore.
Nel caso infine dei cereali, per cui la diminuzione considerevole si è manifestata esclusivamente nelle importazioni del grano (mentre per il mais si è avuto un lieve aumento), la perdita del movimento portuale è largamente compensata dal vantaggio deH’agricoltura nazionale, che, pur non essendosi verificato nel 1932, si è ripetuto negli ultimi due anni.
Di fronte a queste diminuzioni, troviamo due indici confortanti nella costante a- scesa delle importazioni di olii minerali e petrolio, salite da 326 823 tonn. nel ’30 a 355-387 nel ’3 1 , a 366.897 nel ’ 32, a 465.186 nel ’33 ed a 441.060 nel ’34 e nella comparsa per una cifra abbastanza significativa, di una voce nuova: i minerali metallici, di cui si importarono nel 19 31 37 mila 241 tonn., nel ’32 38.962, nel ’33 38.342 e nel ’34 38 .716 , in seguito allo sviluppo delle nuove ed importanti industrie di Marghera per la produzione dell’alluminio e delle leghe metalliche leggere.
Per quanto riguarda gli imbarchi, si rileva che anche nel 19 3 1 la esportazione è salita (circa il 9% rispetto al 1930), si è mantenuta a questo livello nel 193?-, ed ha ripreso ad ascendere nel ’ 33; ma gli aumenti del ’33 sono tanto più confortanti, perchè non sono determinati, come in anni precedenti, dalle ceneri di pirite, scese anzi da 146.003 a 12 7 .2 10 tonn. nel ’ 3 1 , 82 mila 7 15 nel '32 e 50.664 nel ’ 33, ma dal grano, salito da 38.569 a 67.264 tonn. nel ’3 1 , a 104 .817 nel ’32 e 1 47 .75t nel '33 e, soprattutto, dalle merci varie, in cui si è manifestata nel ’3 1 una ascesa del 38 °/Q, che meriterebbe di essere analizzata e spiegata
nelle sue cause, che forse si devono ricercare nel minor costo dei trasporti marittimi per l ’inoltro ad altri porti italiani. In tale aumento, che è tanto più significativo in quanto non si riscontra nel movimento di alcuni altri importanti porti, si può ritenere che abbia avuto notevole influenza la nuova sezione portuale di Marghera, il cui movimento portuale è in aumento sensibile anche per gli imbarchi.
Infatti l ’incremento di tale sezione appare costante e parallelo all ampliamento degli impianti; negli ultimi sei anni dei quali si conoscono le statistiche, esso ha seguito l ’andamento seguente:
Movimento delle merci a Marghera (in tonn.)
Anno Sbarchi Imbarchi Totale
1929 579.461 140.485 719.496
'3 0 682.016 142.397 824.113
’ 31 705.536 159.194 864.730
’ 32 712.345 164.856 877.201
’ 33 895.967 157.613 1.043.580
’ 34 996.715 134.459 1.131.174
Di questo movimento, che rivela una ascesa così promettente, si può calcolare che almeno i due terzi siano dovuti ai bisogni dei grandi stabilimenti che si sono andati moltiplicando e perfezionando nella zona industriale ed ai grandi e modernissimi depositi che si sono andati costruendo per il sale e soprattutto per gli olii minerali.
Vediamo ora i Paesi di destinazione e di provenienza delle correnti del traffico esaminato. Anzitutto è da notare che, mentre gli imbarchi per porti nazionali raggiungono in media il 43% dell’esportazione to
4ó
tale, gli sbarchi di merci provenienti da altre regioni italiane salgono ad appena l*i i % dell’ importazione totale.
Dopo il 1929, si è notato nelle importazioni una contrazione notevole nei traffici con l’Olanda, con gli Stati Uniti, con l’Ar- gentina e con la Jugoslavia, mentre sono sensibilmente aumentate le correnti provenienti dalla Romania e dalla U.R.S.S..
Nelle esportazioni invece sono diminuite le cifre relative agli Stati Uniti, Albania, Grecia, Turchia, Egitto e Sudan e sono cresciute invece quelle relative alla Jugoslavia, alla U.R.S.S. e alla Germania.
Come è facile osservare, tali diminuzioni, particolarmente nelle correnti di scambio con l'America, sono sintomatiche del periodo di crisi iniziatosi appunto nel ’29.
Pér quanto interessantissimo, dobbiamo omettere lo studio delle cause determinanti tale fenomeno; perciò passiamo senz’altro ad esaminare il traffico marittimo svolto attraverso il porto di Venezia distinto per bandiere.
Dal 1925 in poi il traffico compiuto da navi battenti bandiera nazionale è andato con alterna vicenda aumentando fino al 1929, anno in cui ha raggiunto un massimo del 68,5% del totale, per poi ascendere nel ’30 e riprendere lentamente la via dell’ascesa nel ’3 1 . Le bandiere estere sono fortemente diminuite nel ’26, ma hanno lentamente ripreso a salire fino al ’30, per scendere di nuovo lentamente dopo tale anno: nel 1934 , le bandiere estere hanno partecipato al totale in proporzione del 38,5 per cento.
Passiamo ora brevemente in rassegna le correnti di traffico compiute con navi bat
tenti bandiera jugoslava e greca. Quest’ulti- ma partecipa al movimento totale con una media annua superiore al 9% , quella jugoslava con una media del 7 ,8% . Però, mentre la percentuale della bandiera greca tende ad aumentare, quella jugoslava tende a diminuire; particolarmente notevole poi è il fatto che, mentre la bandiera greca interessa
un grandissimo numero di Paesi, pur avendo una corrente più intensa verso i! Nord- Europa e l ’America latina, quella jugoslava interessa quasi esclusivamente i Paesi mediterranei in genere e, particolarmente, i Nord-europei.
Per quanto riguarda poi il movimento dei passeggeri attraverso il porto di Venezia, non crediamo vi siano molte considerazioni da fare. Notiamo che la bandiera italiana supera in media il 90% del totale, mentre fra le bandiere estere solo quelle inglese e germanica toccano rispettivamente circa il 3,5 e 2 ,5% ; cifre invero poco preoccupanti, benché nel ’32 la bandiera estera abbia fatto un balzo in avanti, portandosi dall’8 ,3% nell’anno precedente al 17,3 e a ben il 36 ,7% nel 1934.
Nella tabella alla pagina seguente riportiamo dettagliatamente i dati riferentisi all’ultimo decennio, dato che le condizioni politiche, tanto cambiate rispetto all’ante- guerra, non ci permettono di eseguire sintetici confronti statistici fra i due periodi.
Concludendo, possiamo dire che la potenzialità notevolmente aumentata e la organizzazione amministrativa sempre più perfetta del porto di Venezia ci incoraggiano, anche nelle attuali poco floride condizioni economiche generali, a considerare l ’avvenire con tranquillità e fede.
47
Le lievi contrazioni del traffico manife- statesi nel ’30 e nel ’3 1 , già largamente compensate dal leggero aumento verificatosi nel ’32 e nel ’33 e dall’eccezionale ascesa del ’34 confermano i meravigliosi risultati ottenuti nel quinquennio precedente.
Bandiera AnnoV i a g g i a t o r i
Sbarcai1 * Imbarc. “lo Totale °lo
1925 52 075 100 39.145 100 91.218 100
’ 26 42.880 100 33.319 100 76.194 100
a ’27 33.291 100 27.138 100 60.429 100—H ’28 29.255 100 26.979 100 56.232 100
O
a<H
’29
’30
37.613
46.591
100
100
27.225
36.572
100
100
64.843
83.163
100
100
’31 38.188 100 34.447 100 72.635 100OH ’32 42.968 100 37.163 100 80.131 100
’33 35.913 100 31.561 100 67.474 100
’34 33.895 100 32.978 100 66.573 100
1925 51.667 99.2 38.739 99 90.406 99,1
’26 39.354 91,8 29.837 89,5 69.191 90,8<!Z ’27 31.194 93,7 25.881 95,4 57.075 94,4
<! ’28 24.235 82,8 22.395 82,9 46.600 82,9N*
’29 33.833 89,9 24.171 88,8 58.004 89,4•<Hl—l
’30
’31
40.732
35.194
87,4
92,2
31.634
31.163
86.5
90.5
72.366
66.357
87,1
91,4
’ 32 35.375 82,3 30.719 82,7 66.094 82,5
’33 26.244 73,1 23.557 74,6 49.801 73,8
’34 21.853 64,5 20.449 92,6 42.302 63,5
1925 406 0,8 406 1 812 0,9
’26 3.526 8,2 3.482 10,5 7.008 9,2
< 7 7 2.097 6,3 1.257 4,6 3.354 5,6
« ’28 5.018 17,2 4.614 17,1 9.632 17,1
H’29 3.735 10 ,1 3.054 1 1 ,2 6.839 10,6
CO ’30 5.859 12,6 4.938 13,5 10.797 12,9W
’31 2.494 7,8 3.384 9,5 6.278 8,6
’32 7.593 17,7 6.444 17,3 14.037 17,5
’33 9.669 27,9 8.004 25.4 17.673 26,2
’34 12.042 35,5 12.229 37,4 24.271 36,5
Le condizioni naturali, che fanno di V enezia lo strumento indispensabile di un vasto e ricco retroterra, esclusivamente nazionale e perciò più sicuro, rimangono inalterate, e possono in parte ritenersi anche migliorate per le nuove opere idriche, per il più largo impiego di vie fluviali, per la previdente assistenza del Governo nazionale e per il forte incremento dato alla attività industriale.
2. Trieste deve la sua importanza economica soprattutto alla favorevole posizione geografica; infatti Trieste è naturalmente il porto che nelle relazioni fra l’Europa centrale e l ’estremo Oriente permette il più
ampio sfruttamento dei trasporti marittimi.Il moderno sviluppo economico del no
stro porto comincia solo dopo le guerre napoleoniche, favorito particolarmente dalla fondazione del Lloyd Triestino e delle varie Società d’Assicurazione e dalla costruzione delle linee Lubiana e Vienna-Trie- ste.
Unita così col suo retroterra, Trieste, col sorgere di potenti compagnie di navigazione, acquistò ben presto una notevole importanza commerciale e industriale, con intenso traffico marittimo e con moderna attrezzatura portuale.
Il porto di Trieste è quindi d’origine relativamente recente. Le prime installazioni portuali moderne sono state iniziate nel 1868, cioè 1 1 anni dopo la ferrovia Vien- na-Trieste. In tale anno si cominciò anche la costruzione del porto nuovo, detto ora Vittorio Emanuele III, terminata nel 1883. Per la protezione del bacino si costruì nella parte meridionale del nuovo porto una diga e un’altra calata, un porto per il le
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gname e uno per gli olii minerali a S. Sab- ba. Per lo sviluppo del traffico di Trieste negli anni seguenti, fu necessario costruire un nuovo porto, cominciato nel 190 1. Al 1880 si può far risalire la data di fonda- zione dell’Azienda dei Magazzini Generali, quando, in pieno regime di porto franco, il Comune e la Camera di Commercio si assicurarono i mezzi per costruire ed esercire dei magazzini da erigere nell’area del porto. Nel 1894 un accordo fra gli istituti interessati portò alla statizzazione dei Magazzini Generali, che costituiscono oggi un Ente parastatale con carattere autonomo. La maggior parte delle installazioni portuali è utilizzata dai Magazzini Generali, la cui funzione consiste nella amministrazione deH'attrezzatura, nella cura dell’an- damento portuale e nella gestione dei servizi relativi allo scarico, al carico ed al deposito delle merci.
Nel seguente prospetto, diamo una idea della attuale grandezza ed importanza del porto in parola:
A re a to tale d e l p o r t o ................................ m q. 9 5 4 .2 10
A re a d ei b a c i n i ............................................. » 5 5 1 .3 9 0
A re a d ei m o l i ...................................................» 26 5 .78 6
A rc e e d i f i c a t e ...................................................> 248 .932
S v ilu p p o d e lle b a n ch in e . * . . . m . 16 .3 4 0
E d i f i c i .............................................................................. 1 6 1
A re e u t iliz z a b ili n egli hangar» e m a
gazzin i ......................................................... m q. 349 .436
Aree Scoperte ad uso commerciale . » 133.030 Capacità negli hangar» e magazzini . tonn. 501.531
| Binari . . . m. 59.776 Impianti ferroviari Piattaforme . n. 169
( Deviatori . . » 175Alle rive da tonn. 1,5 » 103
» » » » 3 . » 8
q ; Galleggianti * » 25 . » 1J ► » » 40 . » 1
Fisse » » 120 . » 1\ Martelliformi » » 120 . » 1
Montacarichi e gru fisse nei magazzini » 108Bilance a p o n t e ....................................... » 14Apparati scaricatori del grano . . . » 17
Come si vede, l ’attuale attrezzatura del porto di Trieste è poderosa ed assoluta- mente rispondente alle necessità del traffico.
Per meglio analizzare la utilizzazione di tale porto e le sue attuali correnti commerciali, crediamo opportuno studiare lo sviluppo del traffico triestino nell’ultimo venticinquennio.
Anzitutto vediamo brevemente come tale traffico si sia svolto nei quinquenni im
mediatamente precedente e seguente la guerra mondiale. Dal seguente prospetto possiamo trarre un’idea del traffico triesti
no in tali anni:
Merce arrivata e partita (in tonnellate)
Anno V i a m a r e V i a t e r r a
Cifre assolute "lo Cifre assolute °l.
1909 2.909.487 95 2.146.334 88,6
’ 10 2855.007 93,2 2.208.633 91,2
’ 1 1 3.072.178 100,3 2.424.886 100,1
’ 12 3.023.972 98,8 2.630.770 108,6
’ 13 3.449.728 112,7 2.697.634 111,4
Media1909-’ 13 3.062.074,4 100 2.421.651,4 100
1919 1.479.009 48,3 1.378.420 56,9
’ 20 1.474.550 48,1 1.632.314 67,4
’ 21 1.490.980 48,7 1.402.103 57,9
’22 1.506.125 49,2 1.419.295 58,6
’23 2.050.948 67 2.020.457 83,4
Media1919-’ 23 1.600.322,4 52,3 1.570.517,8 64,8
Come si vede, il movimento commerciale di Trieste ha avuto negli anni pre
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cedenti la guerra un continuo e sensibile aumento, culminante nel 19 13- Nell’immediato dopoguerra invece il porto in parola, come sbocco di un retroterra formato da varie Nazioni, ha naturalmente sentito più fortemente di qualunque altro porto italiano (escludendo Fiume, che, per le note cause politiche, non ha ripreso ancora la sua funzione normale) la ripercussione della crisi economica postbellica. Il frazionamento dell’ impero nei vari Paesi, i loro sconvolgimenti interni e le diffìcili vicende finanziarie, le condizioni precarie di tutti i mercati orientali, hanno fortemente contribuito alla depressione del movimento commerciale triestino. Per tutte queste ragioni il traffico marittimo riprende molto lentamente il ritmo ascensionale.
Riteniamo ora opportuno analizzare le cifre riportate, confrontando l’importazione e l’esportazione. Dal prospetto seguente rileviamo anzitutto che nel periodo prebellico lo squilibrio fra importazione ed esportazione è molto meno sensibile nel porto triestino che non in quello veneziano: vediamo infatti che nel 19 13 le esportazioni hanno raggiunto quasi la metà delle importazioni. Il rapporto fra esportazione ed importazione nel quinquennio 1909-13 è di poco inferiore al 45 per cento, con forte tendenza a superare tale livello nel 19 12 - 19 13 . Questo fatto ha notevole importanza neH’avvaloramento dello scalo triestino, poiché la maggiore intensità dei noli di ritorno influisce beneficamente sul prezzo dei noli di andata.
Inoltre la sproporzione fra merci povere e ricche è a Trieste assai minore di quanto non sia a Venezia: il valore infatti delle merci importate ed esportate nel 19 13 (ri
ferendoci sempre ad un solo anno, per evitare gli errori di confronto derivanti dalle
Anno
Movimento delle merci (In tonn.) Rapporto
°lo ira Esp. e Imp.Importazione Esportazione
1909 2.094.567 814920 38,91
’ 10 1.983.921 8 71086 43,91
• 1 1 2.144.124 928.054 43,28
' 1 2 2.042.319 981.653 48,07
’ 13 2.314.017 1.135.711 49,08
Media1909-M3 2.115.789,6 946284,8 44,72
1919 1.356.656 122.353 9,02-
’20 1.183.665 290885 24,57
’ 21 1.138.652 352328 30,94
’ 22 952.856 553.269 58,06
’23 1.356.819 694.129 51,16
Media1919-’23 1.197.729,6 402.592,8 33,61
Rapporto fra le Medie 56,61 % 42,54 o /o —
variazioni di quotazione monetaria) è il seguente :
Esportazione tonn. 1 - 13 5 .7 1 1 , Corone 932.074.013.
Importazione tonn. 2 .3 14 .0 17 , Corone 869.518.300.
Vale a dire che su una cifra di esportazione che sale al 49,1 % di quelle di importazione, il valore della prima raggiunge il 107,2 °/0 della seconda.
Dalle cifre riportate si vede che il traffico triestino va riprendendo il suo carattere d’anteguerra. Il fortissimo squilibrio fra importazione ed esportazione marittima verificatosi nel 19 19 va via via diminuendo; questo perchè, mentre subito dopo
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T R A F F IC O D E L L E G N A M E A T R I E S T E
la guerra i Paesi del retroterra hanno avuto un estremo bisogno di merci di approvvigionamento (producendo la forte importazione di farina, granaglie, grassi, ecc.), a poco a poco si va riassestando l’equilibrio economico, riprende la produzione e gli scambi riassumono l’andamento normale. Le esportazioni, che nel 19 ammontavano a sole 122 .353 tonn., salgono a oltre mezzo milione nel 1922 e nel ’23 a quasi 700.000 tonn., mentre le importazioni, diminuite dal 1920 al ’22 per il minor bisogno di approvvigionamenti, riprendono il loro movimento ascensionale, raggiungendo il quantitativo del 19 19 . Il fatto che il rapporto fra esportazione ed importazione tnel 1923 ha leggermente superato quello del '13 prova che Trieste ha ripreso la sua funzione di scalo intermediario tra l ’Euro
pa e l ’Oriente, con le precise caratteristiche che aveva anteguerra.
Naturalmente il traffico triestino nel quinquennio deH’immediato dopoguerra è ben lontano dal raggiungere l’ intensità prebellica, poiché il movimento ferroviario del1923 ha toccato l’83,4 °/0 della media del movimento nel quinquennio 1909-’ ! 3 e quello marittimo il 67 °/0.
Evidentemente non possiamo dilungarci ad esaminare le varie correnti del traffico triestino negli anni considerati; in linea di
massima notiamo che negli anni del dopoguerra, rispetto a quelli precedenti il conflitto mondiale, sono in forte diminuzione il carbone, i minerali, il cotone e il caffè, mentre sono in aumento sensibile i cereali, gli olii minerali, il tabacco e lo zucchero.
51
Anche per quanto riguarda i Paesi di provenienza e di destinazione, ci limitiamo a ricordare la grande importanza che hanno la Gran Bretagna nelle importazioni (con una percentuale media superiore al 30 %) e gli altri porti italiani nelle esportazioni (in media il 25 %).
Ma il rilevamento più interessante che si può trarre da tale analisi è che l’Italia nel periodo prebellico è in media al quarto posto nelle importazioni, ma al primo nelle esportazioni; e questo significa che Trieste assolve un compito di intermediaria nel commercio fra l ’ Italia e i Paesi del suo retroterra, come appare dalle cifre relative al movimento ferroviario, che per brevità omettiamo; ne deriva dunque che l’incremento e lo sviluppo dei traffici triestini sono strettamente connessi alle condizioni economiche italiane. Con la caduta poi delle barriere doganali che dividevano Trieste dall’Italia, molti prodotti destinati al rifornimento della città e del suo retroterra friulano ed istriano, che anteguerra provenivano dall’Austria, possono ora essere forniti dai nostri industriali e commercianti; così per i cotonati, le lanerie, seterie, macchine e prodotti siderurgici, cereali, zucchero, olii minerali, ecc.
Naturalmente nel dopoguerra l’ Italia continua ad occupare il primo posto nelle esportazioni triestine, confermando il carattere che il porto aveva anteguerra e di cui abbiamo or ora fatta menzione; si passa anzi da una percentuale del 20 °/Q di par-' tecipazione al totale nella media prebellica ad oltre il 30 % nel 1922.
Una notevole diminuzione si nota tuttavia nelle correnti di esportazione per il Levante, ridotte a circa un terzo dell ante
guerra; però tali correnti sono in costante aumento, e dimostrano la tendenza a riprendere l’ intensità prebellica-
Vediamo quindi come il riattivato traffico marittimo e la ripresa del movimento commerciale con tutti i Paesi del retroterra confermino che la funzione del porto di Trieste risulta del tutto inalterata, nè diminuita per la variazione di appartenenza politica.
Esaminate così le salienti caratteristiche del traffico marittimo triestino nei periodi immediatamente precedente e seguente la guerra, vediamo ora come si siano svolte le correnti commerciali nel periodo che va dal 1924 ad oggi.
Il prospetto seguente ci dimostra l’andamento del porto in parola:
Movimento delle merci (in tonnellate)
Anno V i a m a r e Via terra
Importaz. Esportaz. Totale Totale
Media 1909-’ 13 2.115.689,8 946.284,8 3.061.974,6 2.421.651,4
Media 1919-’23 1.197.728,6 402.592,8 1.600.321,4 1.570.517,8
1924 1.891.845 985.432 2.877.277 2.984.487
’25 1.905.727 958.577 2.864.304 2.612.436
’26 1.539.564 998.193 2.537.757 2.339.013
’27 1.717.221 856.080 2.573.301 2.422.727
'28 1.994.481 827.293 2.821.774 2.502.561
’29 2.175.541 891.060 3.066.601 2.537.591
’30 1.637.083 806.265 2.443.348 2.052.195
’31 1.822.417 649.882 2.472.299 1.889.905
’32 1.618.000 528.000 2.146.000 1.541.708
’33 1.322.581 479.298 1.801.879 1.217.445
’34 1.816.160 590.806 2.406.966 1.580 416
Media1925-’34 1.754.877,5 758.545,4 2.513.422,9 2.069599,7
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Dopo la prima debole ripresa dei traffici verificatasi negli anni dell’immediato dopoguerra, il porto di Trieste avvertiva nel1924 un improvviso risveglio di traffico, dovuto alla situazione politica ed economica maturatasi allora in Germania, che trattenne temporaneamente l’influsso della concorrenza degli scali nordici. Ma, col ritorni alla condizione normale di quello Stato, il traffico portuale ripiegava lentamente negli anni successivi, diminuendo in media di un centinaio di tonn. all’anno. Nel 1928 e ’29 si aveva una nuova forte ripresa, che nel ’ 30 veniva arrestata dalla ripercussione determinata dalla crisi economica sui traffici adriatici, che diminuiva anzi la cifra del movimento marittimo del ’29 di quasi il 20 % . La tendenza ascensionale ha ripreso nel 19 3 1 , ma nel ’32 e nel ’33 la depressione economica ha prodotto gravi effetti, riducendo ancora annualmente del 12,5 °/0 circa il movimento totale, aumentato poi del 34 % nel 1934.
Tuttavia dobbiamo essere sicuri che il porto di Trieste è destinato ad occupare posizioni che rispondano al suo prestigio, alla sua funzione ed alla sua perfezione tecnica. Tale sicurezza ci infondono appunto gli istituti che costituiscono insieme il complesso organismo portuario; essi hanno resistito, con tenacia veramente degna della nostra epoca, nella lotta contro gli effetti di depressioni improvvise e riprese eccezionali, derivanti in gran parte dalle ricerche di equilibrio e di assestamento nell’Europa danubiana; si sono anzi posti sistematica- mente sulla via della riconquista dei mercati, che, neH’anteguerra, avviavano copiosamente all’emporio triestino le proprie correnti commerciali, portando, ovunque ab
biano avuti rapporti di affari, di interessio di scambi, una larga fiducia nella loro organizzazione.
A dimostrare il nostro asserto varrà l ’esame delle correnti di traffico negli ultimi anni, dal 1927 ad oggi, che ci proponiamo di eseguire ora.
A tale uopo ci serviremo dei dati relativi al traffico svolto attraverso i Magazzini Generali, che rappresenta in media circa i tre quarti del movimento portuale complessivo.
Vediamo così che il traffico marittimo nel 1928, che prendiamo in considerazione perchè anteriore allo scoppio della crisi mondiale, è stato superiore a quello del ’27 del 6,6 % , pur restando leggermente inferiore alla media prebellica. Tale eccedenza rispetto all’anno precedente è dovuta al miglioramento verificatosi per i carboni e minerali (aumento del 12 ,3 %) e per le altre merci (5,4 %). Gli aumenti assoluti più forti si sono avuti nello sbarco, mentre 1 aumento relativo più forte si è avuto nell’imbarco di carboni e minerali (aumento del
35*5 %)•L ’incremento registrato nelle importa
zioni va attribuito essenzialmente al transito di ingenti quantitativi di cereali, destinati al retroterra estero, e alle piriti. Migliorato risulta pure il movimento dei semi oleosi, del carbone, delle cipolle, dei grassi animali e vegetali e della copra; mentre risultano in perdita anche notevole il vino, i tabacchi, il caffè, il riso, i fosfati, gli agrumi e lo zolfo, omettendo i minori.
L ’esportazione è leggermente diminuita rispetto al 1927; tale diminuzione è dovuta ai principali articoli di esportazione dall’entroterra estero, quali la carta, i car
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toni e la cellulosa, la magnesite, la ghisa, ferro e acciai d’ogni genere, i legumi ed altri titoli di minore importanza. Anche lo zucchero risulta in diminuzione negli im- barchi (con una perdita del 7 %), poiché il commercio con l’interno è tanto aumentato da assorbire anche l’aumento verificatosi negli arrivi dall’entroterra.
Poste così a confronto le varie correnti di traffico negli anni 1927 e ’28, vediamo ora l ’andamento di tali correnti negli anni 1930 e *31, quando cioè hanno cominciato a farsi sentire gli effetti delle speciali condizioni economiche manifestatesi nella pienezza della loro gravità alla fine del ’29, per poter dedurre le influenze di tali condizioni sullo sviluppo del traffico marittimo.
Malgrado la notevole depressione degli imbarchi, che hanno perduto circa il 20 % in seguito alle diminuite esportazioni nazionali ed estere, il totale del commercio marittimo del ’3 1 ha superato del 5 % i contingenti dell’anno precedente.
A tale risultato si è giunti grazie al notevole incremento delle importazioni, che hanno superato di 2 .174 4 16 q.li il quantitativo raggiunto nel ’30. Negli arrivi si avverte appunto un aumento del 15 % per quanto riguarda i carboni e minerali e un aumento del 2 9 ,1% per le altre merci. Nelle partenze invece si nota una diminuzione media del 20 °/ot alla quale partecipano i carboni e minerali con oltre il 69 % di perdita in confronto all’anno precedente. N otevolissimo poi è l ’aumento del 565,5 % di importazione di cereali, che ha fatto salire le cifre relative da 352.942 q.li a 2 .350.014 q.li.
Dall’esame dei dati relativi, emerge an
che che nel 19 3 1 hanno in generale riguadagnato le voci che nel 1930 avevano subite le maggiori diminuzioni. Infatti, per gli sbarchi, oltre ai cereali, si notano in aumento i carboni, i semi oleosi, le cipolle, tutte merci che erano diminuite nel ’30. In sofferenza si notano il cotone, i tabacchi, la copra, le pietre, il ferro e derivati, ed altre merci in minore quantità. Quanto alle correnti di esportazione, notiamo che, mentre nel 1930 avevano resistito agli effetti della depressione economica, grazie al forte movimento avutosi con l’Egitto, nel ’ 3 1 esse sono state più duramente colpite dal persistere di tali precarie condizioni, bilanciando quasi completamente i vantaggi dhe erano derivati al porto in parola dal maggior movimento negli arrivi: le più forti diminuzioni si notano nelle cifre riguardanti lo zucchero, la ghisa, ferro e acciai, la magnesite, i minerali di zinco e i cementi. Hanno migliorato invece i cereali, l ’orzo tallito, il riso e, lievemente, il caffè, il quebracco e le frutta secche.
Per quanto riguarda l’andamento del traffico nel 1934 , poiché abbiamo avuto occasione di intrattenerci sulla influenza esercitata dalle Convenzioni italo-ausitriaca e italo-ungherse (Roma, 17 Marzo 1934), ci limitiamo a riportare le cifre relative all’ importazione delle principali merci:
Carbone f o s s i l e ...................... tonn. 451.219
» 170.236
Residui della distillazione di olii minerali . . . . » 115.950
Semi o l e o s i ............................ » 104.222
O lii m in e ra li............................ » 61.215
» 55.123
C e r e a l i ....................................... » 36.086
» 19.109
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Metalli lavorati e m acchine. » 12.443
Materiale da costruzione (e- scluso il legno e il ferro) » 7.625
Olii v e g e t a l i ............................ » 6.329
P e l l i ............................................ > 5.895
Per quanto concerne i Paesi di prove-nienza o destinazione delle correnti in esame, notiamo che le importazioni (che costituiscono in media quasi i tre quarti del movimento marittimo totale) sono formate principalmente dagli arrivi dalla Gran Bretagna, da altri porti d’Italia, dall’Olan- da, dall’Argentina, dalla Grecia, dalla U. R. S. S., dai Paesi dell’estremo Oriente e dall’Egitto. Nelle esportazioni il maggior movimento si è svolto con i porti nazionali, la Grecia, gli Stati Uniti, i Paesi orientali, la Jugoslavia e l’Albania. Risulta anche che circa 1*85 °/Q del traffico marittimo totale è assorbito dal movimento con l’estero.
Le correnti più importanti negli arrivi sono quelle del carbone dalla Gran Bretagna, Danzica, U.R.S.S. e Olanda, dei cereali dall’Argentina e dalla U.R.S.S., delle piriti dalla Grecia, del cotone dall’Egitto e dall’india, della frutta, ortaggi e agrumi dall’interno, Grecia e Turchia, dei tabacchi dalla Grecia, Turchia e Bulgaria. Nelle partenze prevalgono invece le correnti di zucchero per la Grecia, Turchia, Siria e Palestina e Albania, di carta e derivati per l’ india, la Cina, l'Egitto, la Grecia e la Turchia, di magnesite per gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, e i prodotti di varie industrie per la Grecia, l’Albania, la Jugoslavia, l’ india e il Levante asiatico.
Per quanto riguarda il traffico marittimo triestino distinto per bandiera, notiamo che la quota di partecipazione della bandiera
italiana al totale è in media del 73% nel decennio considerato; in ordine d’importanza vengono poi le bandiere inglese, jugoslava, greca e germanica. Si nota però che, mentre le correnti di importazione costituiscono la quasi totalità del traffico compiuto con bandiera inglese, greca e germanica, le correnti di esportazione compiute con bandiera jugoslava si aggirano sul 60 % del movimento totale d’imbarco compiuto da navi battenti bandiera estera. Di un certo interesse è pure la constatazione che, mentre le bandiere jugoslava e inglese prevalgono nella navigazione di linea, nella navigazione libera partecipa spessissimo, e talora con non lieve importanza, la baiidiera greca; il che sta a convalidare le considerazioni d’indole generica da noi già espresse nella parte riguardante il porto di Venezia.
Riguardo al movimento passeggeri, riportiamo una tabella riferentesi all’undi- cennio 1924-1934, omettendo comparazioni con altri periodi, sia per evitare confronti fra dati determinati da fattori e condizioni diverse, sia per non dilungarci troppo su tale questione, approfondendo l’esame delle cause relative.
L unico fatto degno di nota è che il movimento passeggeri ha avuto in media un aumento costante di circa 60.000 viaggiatori in più ogni anno fino al 19 3 1 ; inoltre si nota che la già lievissima partecipazione estera al movimento passeggeri (meno del- l ’ 1 % , e quasi tutta di bandiera jugoslava) è andata diminuendo in modo relativamente sensibile. Questo dimostra la grande fiducia che cittadini e stranieri ripongono nelle compagnie di navigazione italiane, tanto più confermata dal fatto che la po
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tenziata attrezzatura jugoslava non è riuscita, non diciamo a migliorare, ma neanche a conservare le posizioni raggiunte.
Come si rileva dall’esame fin qui con*
Bandiera AnnoV i a g g i a t o r i
Sbarcati Imbarcati
1924 738.099 732.710
’25 761.640 767.196
’26 843.279 857.018
’ 27 808.752 813.959
’28 1.053.056 1.062.094T O T A L E
’ 29 1.127.280 1.122.383G E N E R A L E
’30 1.153.360 1.166.922
’31 1.194.276 1.163.695
’32 1.068.189 1.068.908
’33 688.636 702.586
’34 738.232 741.555
1924 733.950 729.487
’25 755.690 761.759
’26 836.390 851.076
’27 802.852 808.926
’28 1.047.706 1.056.880I T A L I A N A ’ 29 1.121.270 1.117.026
’30 1.147.663 1.162.066
’31 1.191.127 1.162.899
’32 1.066.393 1.067.290
’33 686.894 701.144
1 ’34 736.665 740.779
1924 4.149 3.223
’25 5.950 5.437
’26 6.889 5.942
’27 5.900 5.033
’28 5.350 5.214
E S T E R A’ 29 6.010 5.357
’30 5.697 4.856
’31 3.149 796
’32 1.796 1.618
’33 1.742 1.442
’ 34 1.567 776
dotto, il traffico marittimo svolto attraverso il porto di Trieste, e in particolare attraverso i Magazzini Generali, che ne costituisco- no l ’organismo più delicato e potente, risente ancora, se pur lievemente, delle conseguenze della guerra mondiale; tuttavia esso porto sostiene con degna tenacia la lotta contro le attuali precarie condizioni economiche, nell attesa che l’Europa realizzi il suo definitivo riassetto economico e finanziario. Tale riassetto porterà certamente una revisione della politica economica della Jugoslavia, e Trieste non subirà
più la artificiosa concorrenza di Susak e di Spalato, riassumendo la sua posizione prebellica ed aumentandone anche il prestigio e l ’importanza.
3. Fiume, la città nobilissima per il perenne e volontario olocausto, risente tuttora le conseguenze del suo patriottico attaccamento ; la guerra ha prodotto i suoi effetti certo non confortevoli; vicinissima al confine, la città è troppo legata al retroterra per non subire le ripercussioni di una crisi economica, che in qualunque entità si abbatta su di esso. Quindi Fiume è indubbiamente il meno protetto economicamente fra i porti adriatici.
Avendo notato precedentemente le ragioni delle condizioni attuali del porto in parola dal punto di vista sia politico, sia economico, ci limiteremo ora a fare delle constatazioni analitiche, d’indole puramente economica, riserbandoci di studiare nella terza parte le prospettive di vita del porto, tenendo presente l ’eventualità di una revisione di confini che interessi, anche indirettamente, lo scalo di Fiume.
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Poiché è opportuno vedere quali varia- lato e dei progettati nuovi impianti di Suzioni abbia subito l ’attrezzatura portuale sak, è assolutamente necessario che gli isti- nell’ultimo ventennio, riportiamo i dati re- tuti ed organi responsabili continuino nei lativi, tenendo presente nel periodo post- provvedimenti atti ad arrestare la azione bellico la divisione operata dal Trattato di jparalizzatrice della attività commerciale
Attrezzatura portuale 1 9 141 9 2 4
19 3 4Italia s. c. s. Concessione
s. C. S.
Area del p o r t o ....................... hmq. 58,2 40 8,2 10 74,5
Svilupppo banchine . . . . m. 6.300 4.100 1.450 750 6.300
m q‘ 81.000 59.000 8.000 10.000 70.500
Magazzini generali . . ’ . » 116.800 109.500 — 43.300 116.543,2
Magazzini in legno . . . . > 18.000 3.600 3.200 — 2.646
Sviluppo ferroviario. . . . m. 60.000 52.000 8.000 52.000 60.000in comune in comune
| Delta . . . mq. 119.000 — 119.000
Arce scoperte \ Braidizza . . » 212.000 — 212.000 — > 43.000
( Altri . . . > 150.000 25.000 130.000 3.000
tonn. — — — — 6.000
/ da tonn. 0,5 . • 1 1 — — 1
Gru a mano S » » 1 2 2 — - - -
( » » 10 . . — — — — 1
/ da tonn. 1,5 . . 25 1 1 1 1 3 14
Gru elettriche s » » 3 . • 6 5 — 1 6
( » * 6 . . 1 1 — — 1
Pontoni da tonn. 40 . . . 1 1 — — 1
Roma, per mostrare le diverse possibilità dei due scali, di Fiume italiana e di Susak jugoslava. Vediamo brevemente per quali mezzi di lotta ciascuno dei due porti si trovi in vantaggio.
Fiume è destinata ad essere lo scalo delle merci ricche e dei manufatti in genere, Susak delle merci povere. Poiché le prime non sono sufficienti ad alimentare un porto commerciale della capacità di quello di Fiume, e poiché la Jugoslavia tende con tutte le sue forze a strappare al porto italiano anche tali correnti, a favore di Spa-
fiumana. Assai provvidenziali sono stati gli Accordi conclusi nel 1934 a Roma con l’Austria e l’Ungheria; e particolare attenzione merita la razionale organizzazione dei servizi marittimi regolari; vedremo infatti colia mantenuto servizi marittimi regolari, rapidi nei confronti di quei Paesi coi quali ha mantenuto servizi marittimi regolari, con la propria bandiera.
Esposte in linea di massima le ragioni differenziali dei due scali italiano e jugoslavo, analizziamo il traffico marittimo attraverso il porto di Fiume nell’ultimo venti-
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M ER C I A R R I V A T E V I A T E R R A M E R C I P A R T IT E V I A M A R E
M E R C I A R R I V A T E V I A M A R E M E R C I P A R T IT E V I A T E R R A
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cinquennio. Naturalmente non potremo porre a raffronto i dati del periodo immediatamente postbellico, e per la quasi assoluta inoperosità del porto e per la mancanza di statistiche ufficiali attendibili, che datano solo dal i° Marzo 1924.
AnnoMovimento delle merci (In tonnellate)
Importazione Esportazione T otale
1909 842.327 771.371 1.613.698
’ 10 695.587 828.893 1.524.480
’ 1 1 775.152 853.765 1.628.917
’ 12 879.197 1.092.084 1.971.281
’ 13 922.959 1.173.882 2.096.841
Media1909-’ 13 823.044,4 943.999 1.767.043,4
1924 197.257 145.170 341.427
’25 404.680 304.779 709.459
’26 385.413 366.273 751.686
’27 442.228 353.367 795.595
’ 28 502.692 378.309 881.001
Media1924-’28 386.454 309.620,1 695.833,6
1929 523.141 585.281 908.422
'30 482.625 300.741 733.366
’31 369.523 218.988 588.520
’32 283.210 194.228 477.438
’33 402000 168.000 570.000
’34 375.000 230.000 605.000
Media1930--34 382.471,6 222.391,4 604.865,3
Per la giusta valutazione del rapporto con la media prebellica è necessario sommare alle cifre del porto di Fiume quelle di Susak, dato che in quell’epoca i due scali formavano un tutto unico. A tale uopo ci serviremo del quinquennio i925-’29, come quello che oltre a presentarci dati molto attendibili, non risente deH’inffuen-
za della attuale anormalità, riserbandoci di studiare questo problema nel seguito della trattazione.
0 Im portazione (In tonn.) Esportazione (in tonn.)
e< Fium e Susak Totale Fiume Susak Totale
Media190Q-M3 S23.044,4 943.999
1925 404.680 156.430 561.110 304.779 154.050 458.829
’26 385.413 120.624 506.037 366.273 134.518 500.791
’27 442.228 225.626 667.854 353.367 210.123 363.490
’28 502.692 255.144 757.836 378.309 308.678 686.987
’29 523.141 305.229 82S.370 385.281 328.915 714.196Medial925-’29 451.631 212.611 664.241 357.602 227.257-544.859
Anno
Totale Im portazione ed Esportazione
Totale generale
Fiume Susak Assolute °l.
Media1909-’ 13 1.767.043,4 1.767.043,4 100
1925 709.459 310.480 1.019.939 57,72
’26 751.686 255.142 1.006.828 56,98
’ 27 795.595 435.749 1.231.344 69,68
’28 881.001 563.822 1.444.823 81,76
’29 908.422 634.144 1.542.566 87,30
Media1925-’ 29 809.232,6 439.867,4 1.249.100 70,69
Come si vede, il totale generale del traffico marittimo è andato costantemente aumentando; quindi è logico supporre che Fiume riprenda presto la sua marcia ascensionale, con un movimento degno della sua importanza e funzione.
Analizziamo ora le correnti del traffico marittimo fiumano, li prospetto seguente ci
dà un’idea dell’andamento dei principali titoli nel periodo considerato, confrontato con lo sviluppo avuto nell’anteguerra:
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I m p o r t a z i o n i 1909 1910 1911 1912 1913
t o n n . 272.467 142.258 158.026 145.496 227.859
99 123.172 127.348 131.740 115.851 128.914
9> 68.594 76.331 80.895 96.357 118.493
38.905 37.281 23.593 36.037 42.025
O l i i m i n e r a l i ............................. 9» 6.391 4.978 7.496 7.582 11.157
M i n e r a l i ( p i r i t i ) . . . . 99 15.593 10.831 14.567 25.545 23.146
I m p o r t a z i o n i 1925 1926 1927 1928 1929
95.173 69.800 107.700 100.300 104.600
R i s o ....................................... „ 38.384 35.200 38.900 35.100 35.200
F o s fa t i .................................. „ 102.001 86.000 55.900 67.000 43.000
V in o ........................................ „ 11.579 29.900 24.500 24.100 15.700
Olii m inerali....................... ,, 73.796 106.900 107.700 119.900 189.200
Minerali (p iriti). . . . „ 45.468 29.900 27.100 34.500 19.900
8.331 6.800 9.700 13.200 14.300
E s p o r t a z i o n i 1909 1910 1911 1912 1913
208.377 228.773 224.777 236.748 239.059
Traversine ferroviarie . „ 21.603 21.921 34.805 38.161 37.915
Z u c c h e r o ............................ „ 132.981 159.795 141.533 305.549 388.931
16.922 9.974 10.586 9.585 6.483
11.178 9.904 28.220 15.699 13.552
38.534 61.244 46.386 53.916 67.500
E s p o r t a z i o n i*
1925 1926 1927 1928 1929
v / Squadrato e segato . tonn. ' 161.800 171.500 203.400 161.000
a ̂ G re g g io ....................... ( 115.110 7.800 9.700 1 1 .10 0 6.200
r Da ardere . . . . 99 5.700 7.700 7.200 4.400\
Traversine ferroviarie »9 — 13.700 16.000 20.000 6.000
Zucchero » . . . . 99 71.132 50.200 55.800 43.300 104.900
R is o ....................................... 99 10.067 12.800 19.600 26.400 23.500
99 2.325 4.300 5.300 8.800 10.600
99 — 34.200 4.100 1.300 4.400
Cascami di barbabietola. 99 10.142 — 1.400 5.300 16.900
60
Anche per tale analisi, riteniamo oppor- tuno tener presenti le cifre riferentisi al movimento di Susak; a tale scopo prende- remo in esame le merci più importanti, sulle quali si esplica la concorrenza fra i due scali, per stabilirne anche le posizioni reciproche.
I legnami, come vedremo meglio in seguito, rappresentano quasi l ’unico articolo di esportazione da Susak per l’estero (in media il 95% del traffico totale), mentre nell’importazione predominano i fosfati per una media di quasi il 45% , il carbon fossile (20%) e le piriti (15% )-
Notiamo subito che, per il legname, mentre per Trieste ha avuto una influenza fortissima la cessione di Susak al Regno S.C. S., Fiume ha subita una sensibilissima diminuzione per il Trattato di Commercio fra Spagna e Regno S.C.S. (1928), a completo favore di Susak; infatti, mentre nel 1924 Trieste esportò 2 15 .755 tonnellate di legname, negli ultimi anni ne ha in media esportato meno di un quarto; e Fiume, che nel ’28 esportò 234.442 tonnellate, ora ne esporta circa un terzo; per Susak è invece andata continuamente aumentando la intensità dell’esportazione dei legnami, che ha raggiunto nel ’29 le 3 17 .526 tonnellate, con lieve tendenza alla diminuzione. Anche nei fosfati e nelle piriti si nota un sensibile
T R A F F IC O D E L L E G N A M E N E L P O R T O DI
F IU M E
spostamento a favore di Susak, pur mante- nendo Fiume la prevalenza negli scambi con le Americhe; ma in tale questione entreremo più avanti. Per il carbone fossile non è possibile fare alcuna comparazione, data l ’esistenza di un forte traffico fra i due porti, dovuto particolarmente alle necessità della navigazione.
Come si vede, sono andati sempre più manifestandosi i diversi caratteri e le ten
Ar r i v i Paesi di provenienza 0 di destinatone
Par t enz e
1926 ’27 ■28 ’29 1926 ’27 •28 ’29
23,7 13,5 18 23,4 Italia 18,4 23,9 20,3 10,6
54,7 50 48,9 52,9 Regno S. C. S. 10,2 15,4 17,7 19,2
18,3 21,8 27,1 16,5 Ungheria 17,8 21,9 24,4 8,9
— — — — Austria 11,4 7,9 12 ,1 13,5
— — — — Cecoslovacchia 41,6 21,9 25,4 44,1
denze dei due scali, italiano e jugoslavo, con aumentata fortuna di quest’ultimo, de
rivante particolarmente dalla forzata orientazione della politica economica della Jugoslavia.
La partecipazione del retroterra al movimento portuale di Fiume si esprime nelle cifre percentuali sul totale, raccolte nel prospetto in fondo alla pagina precedente.
Per quanto riguarda i Paesi di provenienza o di destinazione delle merci esaminate, ricordiamo che nelle importazioni è particolarmente notevole la corrente dal- l ’U .R .S S., che tende continuamente all’aumento, dalla Jugoslavia, dagli Stati Uniti, dall’interno e dall’estremo Oriente. Notiamo invece che nelle esportazioni hanno acquistato interesse crescente le correnti verso l’Albania e verso gli Stati Uniti.
Gli scambi con altri Paesi si sono mantenuti più o meno a un livello costante. Naturalmente, data la diversità di condizioni politiche, non possiamo fare confronti con i dati riferentisi all’anteguerra; questo va notato anche riguardo all’analisi del traffico distinto per bandiere, che ci proponiamo di eseguire ora. Dalle cifre relative appare subito come la percentuale di partecipazione al movimento complessivo sia andata continuamente diminuendo per la bandiera estera: da un massimo del 38 % nel 1925 si è arrivati all’ 1 1 , 1 2 % nel ’32, al 24,91 °/Q nel ’33 e al 23,9 per cento nel ’34. Questo dipende, particolarmente negli ultimi anni, da due fattori principali: la aumentata fiducia che ha acquistata all estero la marina mercantile italiana e la diminuzione di libertà negli scambi internazionali, verificatasi dopo il ’29.
Il traffico compiuto con navi battenti bandiera jugoslava interessa particolarmente le importazioni dalla Gran Bretagna (carboni), dalla Spagna e dalla Grecia, e le esportazioni verso la Spagna e l ’Argentina, oltre gli scambi fra Italia e Jugoslavia, e i Paesi del Levante.
La bandiera ellenica interessa un po’ tutto il bacino del Mediterraneo, e particolarmente la Spagna e i Paesi dell’Egeo.
Degno di nota è il fatto che in nessuna operazione di commercio con l ’interno appaiono bandiere estere.
Passato così in rassegna il movimento commerciale del porto di Fiume, con particolare riguardo a quello del periodo 1925- ’29, vediamo ora brevemente il movimento dei passeggeri.
Dalla tabella seguente appare subito che il movimento passeggeri interessa esclusiva- mente la bandiera italiana, e particolarmente la navigazione di cabotaggio, e che l’entità di tale parte del traffico marittimo fiumano è andata continuamente diminuendo.
Abbiamo già detto che Fiume è intimamente legata al suo retroterra, e si comprende quindi come le condizioni economiche dell’Europa centrale e dell’Ungheria particolarmente abbiano influito in questi ultimi anni sull’andamento del traffico marittimo del porto in parola. Attualmente il problema fiumano non consiste soltanto nel ricupero del retroterra naturale, ma dipende direttamente dalla riacquistata prosperità e- conomica centro-europea; ecco quindi come sono legittimi le ansie e l'interessamento del popolo italiano alla situazione economica dell’Europa slava e balcanica in particolare.
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Bandiera AnnoV iaggiatori
Sbarcati Imbarcati
1925 237.881 208.753
’26 216.243 214.333
’27 168.834 162.239
TOTALE’28 175.527 173.526
’29 174.272 178.145GENERALE ! ’30 176.883 175.132
'31 121.042 121.910
’32 78.503 68.221
’33 59.002 72 346
’34 80.038 75.727
1925 237.880 208.752
’26 216.235 214.328
’ 27 168.821 162.239
’28 175.527 173.526
ITALIANA ’29 174.272 178.145
’30 176.883 175.132
’31 121.042 121.908
’32 78.503 68.221
’ 33 59.002 72.346
’34 80.034 75.727
1925 1 1
’26 8 5
’27 13 —
’28 — —
’29 — —
ESTERA ’30 — —
’31 — 2
’32 — —
’33 — —
’34 4 —
Soltanto col possesso di Fiume l’Italia può ritenersi assicurata la possibilità di un vero e completo dominio commerciale deH’Adria- tico, e tolto il pericolo che altri possa valersi di Fiume per distrarre da Trieste parte
del traffico di transito fra l ’Europa centrale e l’Oriente.
Nei riguardi dell’ Italia, il Golfo del Quar- naro rappresenta la sorgente e il mezzo di irradiazione dei prodotti e delle correnti di traffico adriatico verso i Balcani. Sotto tale aspetto il rifiorire del commercio marittimo fiumano presenta una particolare importanza anche per i porti della costa occidentale dell’Adriatico.
Infatti, se Fiume divenisse un vero e proprio emporio di smistamento per i Balcani, naturalmente le merci sarebbero fornite ad esso da linee regolari partenti da Trieste, Venezia, Ravenna ed Ancona.
Il mantenimento di tali correnti non dovrà essere molto difficile, anche nei confronti di Susak: notiamo infatti che Fiume ha mantenute intatte le sue relazioni commerciali con quei Paesi, con i quali era ed è unita da regolari servizi di linea.
Inoltre, benché la differenza fra importazione ed esportazione marittime non sia eccessiva, si verrebbe con tali linee a sostituire le correnti di esportazione, ristabilendo un equilibrio conveniente.
La vita commerciale del Quarnaro tornerà così a pulsare con ritmo pieno e la fede politica dei fiumani sarà ricompensata non da pietà riconoscente, ma dalla attuazione delle loro energie, ora solo potenzialmente esistenti.
4. Crediamo opportuno convalidare le nostre osservazioni circa la natura e le prospettive economiche dei porti dell’Alto A- driatico, calcolando, in base ai dati mensili forniti dalla Direzione Generale della Marina Mercantile all’ istituto Centrale di Statistica del Regno d’Italia, le fluttuazioni sta-
A N D A M E N T O S T A G I O N A L E D E L T R A F F IC O M A R IT T IM O T O T A L E
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VENEZIA
MAGGIO
FEBBRAIO
FIUME
DICEMBRE
NOVEMBRE
„OTTOBRE
L U G L I O
AGOSTO
SE T TE M B R E
— - - TR IESTE
APRILE
MARZO
GE.TÍNA 0
'ia !a et i T on n e lla te
gionali nei porti di Venezia, Trieste e Fiume, pei quali empori adriatici (insieme ad Ancona) esistono i dati mensili nel quinquennio i929-’33, cui si riferisce il diagramma polare qui riportato, in cui sono rappresentate le medie mensili del movimento marittimo mercantile totale, espresso in migliaia di tonnellate.
Per il porto di Venezia, si nota un massimo estivo, culminante nel mese di Luglio, derivante dalle forti importazioni di cereali, mentre all’aumento primaverile contribuiscono le importazioni di olii minerali e, in genere, dei prodotti grezzi destinati alla attività industriale, che generalmente si intensifica dopo Febbraio; le cifre relativamente notevoli del trimestre Ottobre-
Dicembre sono sostenute dagli sbarchi di fosfati e di carboni fossili per la riserva.
NeH'andamento stagionale del porto di Trieste, che risulta assai meno irregolare di quello di Venezia, con tendenza a superare di poco o scendere pure di poco al di sotto della media delle medie mensili, si notano due massimi principali : uno primaverile, derivante dalle importazioni di materie prime destinate all’industria, e di cereali dall’estero; e uno autunnale, dipendente dagli arrivi di merci che vengono tutte sbarcate in grandi quantità, quali il cotone, gli agrumi e le frutta, il riso, i tabacchi e, soprattutto alla fine di Novembre, di carbone fossile per le riserve; in Gennaio e in Luglio notiamo
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una cifra considerevole, rispettivamente a causa delle importazioni di fosfati e del movimento dei cereali nazionali.
Un massimo autunnale, accresciuto dalle esportazioni di zucchero, e un aumento in Gennaio di natura simile a quelli triestini, si notano nella fluttuazione stagionale di Fiume, mentre il massimo primaverile si trova posticipato di un paio di mesi, per
le esportazioni di legname squadrato e segato, prodotto delle industrie che fanno uso del legname raccolto nell’ immediato retroterra.
Pertanto crediamo di poter asserire che le fluttuazioni stagionali del movimento marittimo sono un indice molto attendibile del carattere del porto e della natura della zona che su di esso gravita.
5. Proponendoci di vedere quale influenza eserciti sul problema dell’Alto Adriatico l'attività svolta attraverso gli altri porti del nostro bacino, riteniamo opportuno studiare prima il traffico marittimo degli scali italiani e poi di quelli jugoslavi.
La estensione ai porti minori di indagini analoghe a quelle condotte pei massimi empori sarebbe di indubbio interesse, ma si oppone la assoluta mancanza di elementi statistici recenti, di sufficiente affidamento. La regione che a tale riguardo presenta minore possibilità di rilevamenti è quella dell’A driatico settentrionale, ove esiste una quantità di scali con valore puramente locale, sia per il movimento dei viaggiatori, sia per il traffico mercantile, che si verifica generalmente col grande emporio più vicino, con prevalenza degli scambi di generi alimentari, verdura, prodotti della pesca e mine
rali. Pola è l ’unico scalo che presenti una certa importanza, non tanto per il movimento commerciale, che è in media di poco inferiore alle 180.000 tonnellate di merce sbarcata e imbarcata, quanto per il movimento delle navi entrate e uscite, che supera i 2 milioni di tonnellate di stazza netta all’anno. Naturalmente questo fatto è sintomatico del carattere del porto di Po- la: scalo destinato alla marina da guerra, presenta possibilità tecnicamente favorevolissime all’ormeggio di navi di qualsiasi tipo e pescaggio.
Nella regione adriatica occidentale, la parte settentrionale presenta interesse particolare per la questione della pesca, che ha dato luogo, fino a poco più di un decennio fa, a gravi malumori fra i pescatori italiani e dalmato-istriani.
Tale questione è stata risolta sulla base della reciprocità, con zone miste accessibili ai pescatori di ambo le coste, tenuto conto dei fattori scientifico-zoologici (uova e larve pelagiche), dagli Accordi di Brioni del 14 Settembre 19 2 1. La ragione di tali dissidi consiste nel fatto che i pescatori italiani esercitano in prevalenza la pesca in alto mare, e necessitano quindi di un forte vento che spinga le imbarcazioni con le pesanti re
ti, mentre i pescatori dalmati e istriani esercitano in prevalenza la pesca litoranea con reti a strascico tirate da terra, mancando di imbarcazioni adatte e di marinai piatici della pesca di alto mare.
Dei numerosi porti esistenti sulla costa nord-occidentale, il più importante è quello di Chioggia, con un movimento annuo di oltre 50.000 tonnellate; ma, data la minima entità di tali traffici, omettiamo altre
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indagini per poter trattare più diffusamente del porto di Ravenna.
Ravenna presenta particolare interesse per due ragioni: perchè in parte già esercita e in parte è destinata a svolgere traffico internazionale, e perchè v ’è contrasto nel definire se Bologna debba utilizzare o meno il porto in parola in contrapposto a Venezia e a Livorno. Sarebbe superfluo dire che a noi interessa solo l’esame di questo secondo punto.
Purtroppo lo spazio ci impedisce di studiare attraverso le fonti storiche e geografiche le direttive geopolitiche che nel tempo si sono susseguite fin dal «Portus Clas- sis » augusteo, alla ripresa dello scalo per volontà del Cardinale Alberoni nel 1737 , giù giù fino al Decreto 5 Febbraio 1860 di Luigi Carlo Farini, e al riconoscimento ufficiale della funzione di Ravenna da parte del Governo fascista, che pochi anni or sono ha definito il porto in parola « la L ivorno adriatica ». Neppure possiamo vedere l’esatta ubicazione dei vari porti, quali il Lione, il Blacherno, il Bedeso, il Pirotolo, il Vatreno, quello di Classe e, più tardi, il Candiano.
Ci limitiamo quindi a notare che esistono ancora rilevanti deficienze tecniche portuali. Le banchine della Darsena non sono ancora in ottime condizioni; la sistemazione dei piazzali è ancora in via di attuazione; i binari ferroviari posti nell’ambito portuario sono rialzati ed ostacolano quindi il
transito dei veicoli; la attrezzatura meccanica è rimasta quasi invariata da quella del 1905, essendo costituita da due gru, da 5 e da 10 tonnellate l ’una, cui sono da aggiungere i tre ponti trasbordatori, impiantati da
poco tempo sulle banchine in sevizio delle fabbriche di concimi della « Montecatini » e della « Interconsorziale Romagnola » per prodotti chimici, e del molino Spagnoli e Padovani.
Pertanto l’aumento costante e sistematico, verificatosi nel periodo postbellico, nel traffico commerciale, denota la intrinseca vitalità del porto in parola e ne rende tanto più notevoli i risultati conseguiti. Tali risultati sono anche frutto della ottima disciplina delle maestranze, riorganizzate col noto R. Decreto-Legge 24 Gennaio 1929. Questa circostanza ha fortemente contribuito all’aumento delle rese, che, ad esempio, sono passate da una media giornaliera di 260-280 tonnellate per piroscafo con 4 boccaporti e carico incompleto, a 480 tonnellate, aumentando da 4 a 6 le squadre, e curando che le ore di lavoro siano effettivamente otto.
Oltre a queste ragioni tecniche, hanno contribuito non poco a sostenere il movimento commerciale le tariffe portuali, che nel 19 31 sono state ancor meglio sistemate e ridotte (tariffe speciali per il mulino Spagnoli e Padovani, la Raffineria di zolfi Almagià, la Montecatini, la Interconsor- ziale; tariffe per il nitrato di soda e per i cereali, ecc.).
Per dare un’idea della divergenza delle opinioni dei tecnici a tale riguardo, citeremo due frasi molto sintomatiche.
Nella Relazione Regazzoni sulla ferrovia Prato-Empoli, presentata al Consiglio Provinciale dell’Economia Corporativa di Bologna nella sessione autunnale del 2 1 Novembre 19 3 1, è stato detto: «...Per tali ragioni, oltre che per le caratteristiche sue
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proprie, Livorno si presenta incontrastabilmente come il porto naturale di Bologna e di tutta la bassa valle padana ».
La ¡Relazione Cagnoni al Convegno Regionale della Federazione Provinciale dei Commercianti dellEmilia-Romagna del 24 Febbraio 1929 conteneva questo asserto: « Ora l’Emilia ha il suo porto a Ravenna ». In senso simile si esprime anche la « Guida Tecnica Commerciale e Industriale » della Provincia di Ravenna del 19 13 . là dove è detto: « Il porto di Ravenna è lo scalo naturale per tutte le merci dirette dal mare a Bologna, Ferrara e oltre, al Nord ed al Sud attraverso l’Italia centrale, per Faenza e Firenze, sino ad oltre Arezzo ».
Purtroppo non possiamo soffermarci a discutere questa questione interessantissima e, se non vitale, certo di capitale importanza per l’economia della bassa valle padana. Ci limitiamo pertanto ad esprimere una convinzione che è frutto, non solo di esame delle opinioni altrui, ma anche di studio personale, attraverso le condizioni attuali di ambiente sia geografico, sia econo- mico-commerciale.
Le distanze ferroviarie da Bologna dei porti che se ne contendono la appartenenza come zona d’influenza, sono le seguenti: da Ravenna, km. 64; da Venezia, km. 164: da Ancona, km. 204; da Livorno, km. 186. Se si tiene conto che il prezzo dei trasporti ' direttamente proporzionale al numero dei chilometri e che è possibile il perfezionamento nella congiunzione fra Ravenna e Bologna con innovazioni nella rete ferroviaria, stradale e fluviale, si dovrebbe senz’altro ritenere Ravenna scalo naturale
di tutta la regione emiliano-romagnola e di parte della Toscana.
Ma a modificare fortemente tale soluzione interviene la attrezzatura tecnico-mec canica e la profondità del canale di Ravenna.
Pertanto crediamo che il porto di Ravenna debba ritenersi lo scalo naturale di tutta la bassa valle padana e delle regioni fino a Piacenza e ad Arezzo, per le merci che non richiedono grande velocità nelle operazioni di carico e scarico; mentre per Ir merci che, come la frutta, richiedono locali di deposito e sistemi meccanici perfezionati, debbono essere utilizzati i porti di Livorno e di Venezia, rispettivamente per le correnti destinate al commercio transoceanico e levantino-orientale in genere.
Ravenna quindi deve servire con influenza fino a Piacenza ed Arezzo, come scalo di tutte le correnti di piccola velocità e delle correnti di grande velocità col Levante e coi Paesi oltre Suez; mentre, con influenza solo sulla bassa valle padana, può servire per le correnti di grande velocità con l’Occidente e, in genere, con direzione Panama; lasciando ad altri porti, attrezzati più modernamente, il traffico di quei prodotti, destinati oltre il Canale d’Otranto, che potremmo definire di « categoria extra », data la eccezionale importanza che per essi assumono la celerità di operazioni e di trasporto e la conservazione.
Questo sembra a noi essere il parere più ragionevole fra le numerose relazioni e discussioni in proposito. Quindi, non appena sarà terminato quei mirabile ciclo di opere espressamente volute dal Capo del
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Governo fascista e che comprende il monumentale acquedotto inaugurato tre anni fa, è sperabile che si provveda ad una sistemazione del porto e della sua attrezzatura, con la eliminazione dei numerosi inconvenienti già ricordati, per un più florido avvenire del massimo emporio della Romagna.
Dei numerosi piccoli porti che hanno vita lungo la costa occidentale, notiamo che esistono correnti frequentissime con l’altra sponda, specie per l ’importazione di minerali e l ’esportazione di prodotti dell’agri- coltura; ma tali correnti di scambio sono così poco notevoli agli scopi che ci proponiamo col presente studio, che passiamo senz’altro all’esame di una nuova, importante questione.
6. Il problema della concorrenza che altri scali adriatici possono esercitare su V enezia, Trieste e Fiume va studiato separatamente per la costa occidentale e per quella orientale.
Per la costa occidentale, l ’argomento interessa particolarmente per Bari, dato che Ancona, benché si stiano compiendo opere degne dei tempi e delle necessità nuove, non presenta qualità tali da competere con i tre empori alto-adriatici : le possibilità del retroterra di Ancona sono molto limitate, specie industrialmente; il traffico totale è funzione predominante delle importazioni di carbone; le altre correnti si svolgono particolarmente con l’altra sponda e l ’esportazione di zolfo, proveniente quasi tutto dalla miniera di Ca’ Bermandi-Bellisio Solfare e, in quantità minore, dalle miniere di Per- ticara e Cesena e dalle Raffinerie di Cesena
e Pesaro, potrà costituire una forma di concorrenza per il solo porto di Ravenna.
La Puglia è sempre stata, fin dall’epoca più remota, in stretti rapporti con i Paesi del Levante; cosa questa più che naturale, se si considera che la situazione geografica, particolarmente favorevole, permette di fare non solo uno scambio diretto fra i prodotti della Puglia e quelle orientali, ma anche di servire da ponte di passaggio per la produzione del vastissimo retroterra.
Questa funzione di mediazione degli scambi fra l’Oriente e l ’Occidente è andata acquistando una notevolissima importanza, col progresso dell’economia nazionale e con l’aumento demografico italiano. Si è venuta così determinando una intensa corrente di scambi specialmente fra materie prime e prodotti industriali, che, per quanto riguarda la zona di influenza di Bari, si effettua precisamente attraverso tale porto. Particolarmente rilevanti sono quindi gli scambi con i vari Paesi del Levante, i cui rapporti vanno intensificandosi vieppiù; tale opera di intensificazione è grandemente favorita dalla Camera di Commercio italo- orientale e della « Fiera del Levante », che si tiene a Bari ogni anno dal 6 al 2 1 Settembre. Naturalmente importante è anche il movimento di importazione ed esportazione con i Paesi dell’Europa centrale, con l ’America latina e con i Paesi occidentali in genere.
Ma Bari è divenuta particolarmente un centro di collocamento e smistamento della produzione italiana; comunemente affluiscono ai depositi di Bari domande di merci, che, a causa della vicinanza dei porti levantini di destinazione, sono soddi
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sfatte in pochi giorni, con gran vantaggio degli acquirenti, che in tal modo possono rifornirsi in breve tempo e secondo i bisogni, senza essere obbligati a tenere immobilizzate forti quantità di merci o ad attendere l’invio dei diversi articoli da centri di produzione più lontani.
Questa funzione razionale e utilissima si sviluppa sempre più col perfezionamento della organizzazione locale e delle comunicazioni con le diverse zone. Certamente essa trae gran vantaggio dal movimento determinato dalla « Fiera del Levante », movimento di finanzieri e di uomini d’affari italiani e orientali, che, in occasione di tale manifestazione, hanno la possibilità di incontrarsi e concludere importanti contratti a Bari.
Omettendo considerazioni di carattere analitico, che in questo caso sarebbero prive di sviluppo deduttivo, ci limitiamo ad asserire che Bari può sottrarre ai traffici triestini e veneti quelle correnti che risentono negativamente delladdentramento dei porti dell’Alto Adriatico: passeggeri, merci ricche e merci bisognevoli di particolare velocità di trasporto (intendendo per velocità anche il risparmio sugli interessi dei capitali impiegati, la possibilità di un pronto collocamento delle merci, l’immediato rifornimento ai magazzini, l’esonero delle spese di assicurazione per le merci imbarcate, ecc.) possono rendere convenienteil trasporto via terra lungo l'Adriatico, fino all’ imbarco a Bari.
Come si vede, anche in questo caso non è possibile parlare di concorrenza di porti italiani fra loro; anzi, la specializzazione di Bari per determinati titoli non fa che rendere più evidente e palese che nell’Adria
tico italiano è possibile una sana coordinazione e collaborazione dei diversi empori, a tutto vantaggio dello sviluppo del traffico e del progresso economico internazionale.
La costa orientale dell’Adriatico, che fino alla caduta deU’Impero era parte essenziale della struttura politica austro-ungari- ca, era conosciuta nel commercio internazionale e nel mondo marittimo attraverso i grandi empori di Trieste e Fiume, centri ambedue di intensa vita economica.
Questi porti costituivano la doppia porta della Monarchia dualista, mentre tutti gli altri scali, e soprattutto i dalmati, non avevano alcuna importanza nel commercio marittimo internazionale.
Completamente separati dal ricco retroterra, i porti dalmati limitavano le loro funzioni alla provvista di derrate e di prodotti di prima necessità per i non molto estesi territori circostanti, ricorrendo spessissimo ai mercati di Trieste e Fiume.
Col nuovo assetto politico verificatosi dopo lo sfacelo dell’ impero austro-ungarico, cambiarono le circostanze e le condizioni per un ulteriore sviluppo della vita economica, commerciale e marittima della Dalmazia, creandosi nuove grandi possibilità di traffico.
Lungo il litorale jugoslavo esistono 167 scali frequentati da piroscafi. Ma, ai fini del nostro studio, rivestono importanza solo Susak, Sebenico, Spalato e, in parte, Ragusa. Appunto sull’attività di tali empori noi ci intratterremo diffusamente, anche perchè non esistono pubblicazioni italiane che espongano la situazione adria- tica jugoslava, traendo deduzioni o da dati
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genuini, o da studi e deduzioni di altri, de- hitamente denudati delle tendenze particolaristiche, che si manifestano ad un attento esaminatore.
Oltre ai quattro empori principali, hanno vita sulla costa adriatica orientale numerosi porti minori, come Almissa, Met- kovic e Bocche di Cattaro, che nel quinquennio i930-’34 hanno avuto un movimento totale di merci rispettivamente di 93, 76 e 23 mila tonnellate. Fra i porti minori non va dimenticato Zara, che, se non ha un movimento marittimo tale da imporsi alla nostra attenzione, ha tuttavia una importanza singolare, data la sua posizione politica nel centro della Dalmazia di appartenenza jugoslava.
Tutti questi porti minori svolgono intensi traffici con la sponda italiana, ma Zara è destinata ad assumere una eccezionale importanza negli scambi col retroterra jugoslavo, quando una visione più nitida della realtà economica indurrà il Governo di Belgrado ad allentare la politica di stretto protezionismo dei suoi scali; specialmente poi se saranno attuati i progetti ferroviari austriaci, ora completamente abbandonati, di congiungere Zara a Obrovazzo e, attraverso Bencovaz, Zaravecchia e Dernis, allacciarla alla linea Knin-Litorale. In tal caso il Governo italiano riprenderà in esamei progetti di ampliamento e perfezionamento del porto, per renderlo adatto a soddisfare le nuove esigenze.
Tutto questo sta a dimostrare che le prospettive del traffico marittimo zaratino sono intimamente connesse ai rapporti politici e alle intese economiche dei due vicini Regni.
Dei porti albanesi (Scutari, Durazzo, Va-
lona e Santi Quaranta) non è il caso di far cenno qui, se non per ricordare che Santi Quaranta è destinata a sicuro avvenire, addirittura europeo, qualora venisse costruita la famosa ferrovia transbalcanica, sulla quale si è tanto discusso nell’immediato dopoguerra e della quale saranno indubbiamente ripresi in esame i progetti, appena sarà cessata l'attuale depressione economica. T ale ferrovia, dovendo unire Costantinopoli al Canale d’Otranto, avrà inizio non lungi dallo scalo in parola, che vedrà cosi aumentata la sua importanza strategica, per cui un valente studioso italiano lo ha già definito la « Gibilterra adriatica ».
7. Ci siamo già occupati della questione di Porto Barros e della poco ragionevole politica seguita da Carlo Sforza e da Gio- litti, derivante soprattutto dalla incompetenza che costoro avevano nel campo della politica economica.
Certamente il lavoro di assestamento e di adattamento per rendere il porto di Susak atto alle nuove esigenze, non è stato facile; infatti, neanche oggi, dopo 12 anni di vita autonoma, esiste una stazione ferroviaria in città ed i sistemi adottati nel complesso dei lavori portuali non sono i più moderni e i più perfetti tecnicamente.
Tuttavia Susak per la sua alta latitudine costituisce un punto di approdo ben addentrato nel continente e garantito sotto l’aspetto tecnico-nautico. Per quanto riguarda la capacità di movimento del porto in parola, rispetto alla posizione geografica, si deve constatare che tale capacità è di gran lunga superiore a quella degli altri porti jugoslavi. Questo fatto è particolarmente importante per il commercio di transito che
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è favorito dalla distanza effettivamente minore, sia dai centri interni dello Stato, sia da quelli stranieri.
Premesso che si devono distinguere i privilegi della posizione di Susak da quelli che debbono ritenersi effetti di artifici politici di Belgrado, esponiamo nella seguente tabella raffrontativa le distanze ferroviarie effettive dei principali empori dai due maggiori porti jugoslavi:
Centri Jugoslav i a Susak a Spalata
da Zagabria . . . Km. 370 437
Lubiana . . . ,, 339 546
»♦ Ostèk . . . . „ 499 706
Novi Sad . . . „ 609 816
»» M. Teresiopoli . „ 624 831
1» Belgrado . . . „ 655 862
tt Vel Beckerek „ 718 925
Centri Esteri a Susak a S p a la to
da G raz......................Kra. 465 672
** Presburgo . . . ,, 606 812
Budapest . . . ,, 623 830
?» Vienna . . . . 624 831
L i n i ...................... „ 725 932
*♦ Monaco . . . . „ 843 1.050
*» Brno . . . . „ 761 968
9» Praga . . . . ,, 1.019 1.226
»* Cracovia . . . „ 1.520 1.227
Risulta evidente la superiorità di Susak in questo che è uno dei fattori principali nella scelta per lo scalo marittimo: la distanza ferroviaria dal centro di produzione
o di destinazione. Esamineremo in seguito quali fini si proponga la tariffa preferenziale determinata da Belgrado a favore di Spalato, specialmente nei riguardi dei porti di Fiume e Trieste.
Vediamo ora le caratteristiche portuali specifiche dello scalo jugoslavo. Il bacino occupa una superficie di circa io kmq. La estensione delle banchine e delle rive, comprese quelle del Canale della Fiumara, formante la frontiera italo-jugoslava, ammonta a 1.455 metri; la profondità del mare presso le rive è di 7 -10 metri; nel bacino principale possono quindi svolgere le operazioni commerciali necessarie anche i grandi transatlantici, mentre per il piccolo cabotaggio è riservato il Canale della Fiumara. Sulle rive principali sono collocate 1 1 gru elettriche, delle quali 7 nel porto Alessandro e 4 nel porto Bercic; le rive sono fornite di doppi binari ferroviari (per circa 700 metri), di acqua (17 bocche della capacità di 8-10 tonnellate all’ora) e di impianti elettrici.
La grande distesa del Delta e della Brai- dizza, uniti da due ponti di ferro oltre l’E- neo (Fiumara), occupa una superficie di circa 140.000 mq. e rappresenta il più grande deposito di legname di tutto il RegnoS. C. S.
Nel 1925 è stata costruita lungo la riva della Braidizza un molo in legno per i bisogni del cabotaggio costiero e nello stesso anno è stato aperto al traffico un nuovo porto in cemento armato della lunghezza di 207 metri, destinato alla esportazione del legname. II nuovo porto serve per alleggerire il porto principale, eccessivamente carico di lavoro. Non ci dilunghiamo a parlare della attrezzatura del Canale della Fiu
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mara e della Braidizza. Ricordiamo solo che alla Braidizza fa capo la ferrovia elicoidale che permette ai convogli di scendere a quo- ta mare, e che l’impianto ferroviario di smistamento è del tutto indipendente dal sistema ferroviario del porto di Fiume.
Presa in tal modo visione della attrezzatura tecnica del porto di Susak, analizziamone ora il movimento commerciale.
Dall’encrata in vigore degli Accordi di Roma, il nuovo scavo jugoslavo seppe acquistarsi gradatamente il primo posto tra gli altri nel movimento di transito. Con tenaci sforzi le Autorità preposte seppero organizzare un discreto movimento regolare per tutte le merci in genere, ad onta dell’attrezzatura originaria, riservata esclusivamente al commercio del legname. Le Amministrazioni marittime e ferroviarie furono messe a dura prova per l ’esiguità e ristrettezza del porto, ed i piroscafi durantei periodi di maggior lavoro dovettero sostare al largo talvolta alcuni giorni.
Non ostante tale saturazione dei mezzi tecnici, il movimento delle navi in questi
nove anni è in continuo aumento, come dimostra il seguente prospetto;
Anno
N avi orm eggiate (1 tonn. = 2.8315 me.)
numero tonnellaggio
1922 1 2 1 13.070
’ 23 474 20.749
’24 2.293 334.215
’ 25 2.871 524.477
’26 3.187 557.887
’ 27 3.273 717.891
’ 28 3.713 928.378
’ 29 4.339 1.045.673
’30 4.603 1.190.320
’31 4.651 1.228.987
’32 4.415 950.505
’33 4.972 1.068.107
’34 5.083 1.201.909
Per quanto concerne le varie specie di navigazione, notiamo che, mentre le navi a vela, che partecipano al movimento totale con una media del 4,9 % , sono andate lentamente diminuendo, le navi a propul
M o v i m e n t o d e l l e m e r c i (in tonnellate)
Annoc o n l ’ i n t e r n o c o n l ’ e s t e r o
sbarcate im barcate totale sbarcate imbarcate totaleTotale
1925 39.000 27.300 66.300 137.899 140.191 278.090 344.390
’26 29.413 15.488 44.901 91.211 119.030 210.241 255.142
’27 52.500 19.271 71.771 160.473 182.638 343.111 414.882
’28 44.068 28.403 72.471 211.076 280.375 491.451 563.922
’ 29 55.855 29.562 85.417 249.374 299.353 548.727 634.144
’ 30 57.578 25.665 83.243 240.442 377.354 617.796 701.039
’ 31 56.076 28.314 84.390 145.786 335.513 481.299 565.689
’32 51.961 24.196 76.157 89.189 255.133 344.322 420.479
’ 33 52.825 25.008 77.833 107.985 332.667 440.652 518.485
’ 34 56.850 25.061 81.911 111.846 396.760 508.606 590.517
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sione meccanica hanno aumentato la loro quota di partecipazione, specialmente per l ’aumento dei piroscafi di navigazione libera, che sono passati da una media del 42 per cento a circa il 54 % .
Sarà opportuno analizzare ora il movimento delle merci: dalla tabella riportata in fondo alla pagina precedente, si rileva l’aumento costante del traffico commerciale attraverso il porto in esame fino ai 1930. Dopo tale anno ha avuto effetto la crisi paralizzatrice dei traffici, fino a far scendere la cifra del movimento totale nel 1932 a 4.204.786 q.li. Maggiore interesse presenta invece la forte contrazione verificatasi nel ’26, dovuta alla irrazionale tariffa preferenziale a favore di Spalato, entrata in vigore nell’Ottobre del ’25 e subito levata nell’Ottobre dell’anno seguente.
Questa tariffa preferenziale doveva avere lo scopo di attirare il transito delle merci dai porti di Trieste e di Fiume agli scali della parte centrale del Regno S. C. S. 11 breve esperimento ha dimostrato l’erroneità di tale politica tariffaria; infatti, mentre non raggiungeva nessun intento contro i porti italiani, danneggiava gravemente lo scalo di Susak, che si vedeva sottratto anche quel traffico che naturalmente gli spettava. Con la cessazione della tariffa preferenziale il movimento del porto riprese il suo cammino rapidamente, come dimostrano le cifre del nostro prospetto.
Vediamo dunque che gli sforzi fatti dalla politica jugoslava non sono riusciti ad allontanare gli effetti della anormale situazione presente, ma hanno anzi provocato un movimento di forte rilassamento, che pare tenda a persistere anche attualmente. Dalla stessa tabella risulta anche che le
esportazioni sono andate aumentando costantemente fino al 1930 e che il commercio con l’estero ha assunto sempre nuovi sviluppi, con un massimo dell’88 ,12 °/0 sul totale nel ’30, sceso all’81,88 % nel ’32, 84,99 nel ’33 e 86 ,13 nel ’34. In tale commercio con l’estero si nota poi che le esportazioni sono superiori alle importazioni, con forte tendenza ad aumentare tale superiorità; infatti nel 1933 e nel ’34 le esportazioni non raggiungono il terzo delle importazioni. Notevole è pure il fatto che Susak, mentre esporta una sola merce, estende il suo commercio di importazione a tutti i titoli, il che ci dimostra la importanza decisamente non lieve dello scalo in parola. Negli imbarchi, invece, il legname è quasi l’unico titolo, con una quota di partecipazione al totale superiore in media al 90 % .
Le importazioni sono rappresentate dal carbon fossile, dai fosfati, dalla pirite, dal sale, dall’asfalto, dai prodotti d’indurtne chimiche, coloniali, ecc.: tutti prodotti che, prima del ’24, giungevano all’attuale retroterra di Susak, passando per il porto di Fiume.
Dalle seguenti tabelle si nota anche che Susak, come Spalato, ha un movimento di importazione dall’estero assai rilevante, a differenza degli altri scali jugoslavi, che, come vedremo, hanno importanza quasi esclusivamente per gli imbarchi.
Pertanto Susak, in merito specialmente alla rete ferroviaria che lo collega ottimamente col retroterra, acquista un carattere ben distinto di porto di transito; transito tanto più notevole, in quanto si consideri che Susak è priva di qualsiasi industria locale (come potrebbero essere per Sebenico e Spalato il cemento, la marna, la bauxite
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M e r c i I m p o r t a t e d a l l ’ e s t e r o (In tonnellate)
T i t o l i 1929 1930 1931 1932 1933 1934
Cereali e r i s o ............................................. 2.930 692 379 5.068 2.407 2.284
— 1.291 2.486 3.820 4.434 4.225
C o l o n i a l i ........................................................ 4.447 2.307 584 431 667 16.328
Carboni .................................................. 47.922 79.750 54.852 52.938 46.700 30.340
10.875 10.100 11.516 10.330 13.370 10.538
500 2.785 1.913 1.167 1.829 333
F o s f a t i ............................................................. 134.974 87.838 21.852 17 9.342 11.572
1.306 3.653 4.123 1.659 692 20Piriti .............................................................. 37.036 19.544 5.233 — 2.547 1.032
Tessili e d e r i v a t i .................................. 234 274 35 82 1.207 2.326
Ferro e derivati .................................. 4.119 11.669 10.766 193 1.359 1.228
Creosoto per im pegnatone di traverse — — — — 7.217 2.467
Materiale fe r r o v ia r io ............................ — 15.998 22.881 - 5.079 4.167
5.031 4.541 9.156 13.484 11.135 24.986
Totale 249.3 74 240.442 145.786 89.189 107.985 111.846
M e r e i e s p o r t a t e a l l ' e s t e r o (In tonnellate)
T i t o l i 1929 1930 1931 1932 1933 1934
Prodotti dell’a g r ico ltu ra ............................ 775 3.592 442 6.909 5.360 11.674
Legname da costru z ion e ...................... 293.938 281.228 231.102 216.447 277.853 326.718
76 10.931 9.251 21.172 19.254 16.789
Traverse e doghe in quercia e faggio . — 71.982 88.558 5.904 3.430 21.251
Prodotti dell’ industria agrìcola . . . 1.309 618 438 94 10.427 1.105
Estratto di legno di pino, castagno e2.243 2.072 600 443 122 1.025
C a lciocian am id e ............................................ 40 1.997 — - 1.500 1.720
T a n n in o ............................................................. 159 1.950 2.886 1.696 2.096 851
A l t r i .................................................................. 813 2.984 2.236 2.468 12.625 15.627
Totale 299.353 377.354 335.513 255.133 332.667 396.760
74
P r o v e n i e n z e d e l l e m e r c i i m p o r t a t e (in tonnellate)
P a e s i 1929 1930 1931 1932 1933 1934
Italia ....................................................... 25.314 15.103 6.862 7.564 10.858 16.215
G r e c i a ............................................................. 14.854 2.652 5.233 9 8.385 5.131
10.946 10.705 7.166 10.340 6.358 8.335
4.486 50.996 1.635 14.849 4.379 17.849
Inghilterra . ................................. 29.899 32.411 14.402 10.279 14.716 4.160
Spagna , . . . . . . . 7.794 4.587 1.085 2.846 5.565 461
Algeria, M arocco e T unisia . . . . 114.743 58.936 14.220 329 7.143 5.772
19.568 23.473 76.466 37.528 22.837 5.302
Estremo O r i e n t e ....................... 1.093 1.130 1.030 2.251 — 9.164
Stati Uniti ................................................ 15.524 29.350 6.991 — 3.200 7.445
America l a t i n a ............................................ 4.281 2.460 1.713 1.008 1.914 6.970
U. R. S. S.............................................. — 2.843 — — 8.300 —
Altri ........................................................ 872 5.796 8.983 2.186 14.330 25.042
Totale 249.374 240.442 145.786 89.189 107.985 111-846
D e s t i n a z i o n i d e l l e m e r c i e s p o r t a t e (in tonnellate)
P a e s i 1929 1930 1 1931.
1932 1933 1934
87.027 128.210 108.506 122.817 197.626 235.293
F r a n c ia ............................................................ 38.768 50.999 88.241 19.368 23.229 16.081
B e l g i o ............................................................. 29.973 38.590 8.304 2.783 5.67 6 8.559
30.366 14.774 15.930 4.288 2.636 8.612
14.971 17.631 25.005 21.187 32.092 22.841
G e r m a n ia ..................................................: 4637 3.109 168 170 1.840 2.846
Spagna ............................................................. 525 70.394 40.088 35-158 30.061 40.641
23.189 10.551 10.744 5.501 4.717 11.159
2.597 1.913 1.870 1.764 1.634 901
4.232 4.451 2.852 12.951 5.314 5.145
41.531 22.268 26.001 12.275 24.127 34.917
12.357 8.782 5.436 3.321 3216 4.769
A l t r i ................................................................... 9.180 5,682 22 368 13.243 499 4.996
Totale 299.353 377.354 335.513 255-133 332.667 396.760
75
e il carbone), e che la sua zona di influen- Per le rilevazioni in merito alle bandiereza compresa fra gli stessi confini politici interessate nel traffico attraverso lo scalo di(non possiamo chiamarlo con proprietà « re- Susak, riportiamo nel seguente prospetto itroterra nazionale ») è ben più ristretta di dati riferentisi al periodo 1929-’34:
T o n n e l l a g g i o d ì s t azza d e l l e n a v i a r r i v a t e e p a r t i t e (In centinaia di tonn.)
B a n d i e r a 1929 1930 1931 1932 1933 1934
J u g o s la v a ....................................................... 12.531 14.031 16.742 13.211 14.495 16 651
5.916 6.522 5.406 3.941 4.639 5.687
G r e c a ............................................................. 505 316 280 80 237 248
0,6 — 3,1 1,9 — —
I n g le s e ............................................................. 1.025 1.034 886 1.147 1.129 —
Francese ....................................................... 252 196 174 — — —
O la n d e s e ........................................................ 346 474 336 274 351 465
T ed esca ............................................................. 237 725 475 258 195 529
34 — — — 151 200
124,4 467 221,9 142,1 206 1.393
Totale 20.971 23.765 24.524 19.055 21.403 25.173
quella dei porti della Dalmazia centrale.Per quanto riguarda i Paesi di prove-
nienza o di destinazione delle merci suddette, abbiamo riportato due tabelle, relative al sessennio i929-’34, limitandoci a notare che l’Italia ha una altissima quota di partecipazione al commercio estero di Susak: circa il 30% nelle esportazioni e il 15 % nelle importazioni. Nè si tratta di pochi titoli, come per il Marocco e Tunisia, per gli sbarchi, e l’Olanda, l’Algeria e il Marocco per gli imbarchi, ma di una infinità di merci che obbligano le due sponde a contatti frequenti e costanti.
Vedremo con maggiore profondità il carattere del commercio italo-jugoslavo nel seguito della trattazione, comprendendo anche il movimento del porto in parola.
Dal prospetto risulta subito la forte quota di partecipazione della bandiera italiana al movimento ed anche l’accentramento della attività marittima al naviglio jugoslavo.
Nel movimento dei passeggeri non troviamo alcunché di notevole: esso segue necessariamente il movimento dei piroscafi, con una notevole contrazione a partire dal 19 3 1. Tale movimento è compiuto da navi battenti bandiera jugoslava ed è quasi completamente assorbito dal movimento con l’interno. Epperò tali dati non rivestono alcuna utilità ai fini del nostro studio, onde ne omettiamo specifico esame.
8. Il porto di Sebenico è situato al centro di una buona baia, nella quale si pene
76
tra attraverso uno stretto e profondo canale, di modo che il porto è al riparo da qualsiasi intemperie. La profondità del canale è tale che possono accedere i più grandi piroscafi (si noti che il porto di Sebenico era la base delle navi da guerra della Monarchia au- stro-ungarica).
In questi ultimi anni il porto di Sebeni- co ha raggiunto un grande sviluppo: la sua superficie è di 272.500 mq.t mentre la lun- ghezza dei moli è di 1.308 metri, con una superficie di 37.780 mq. La profondità del mare nel porto varia fra i 4 e 8 metri. Da alcuni anni sono stati iniziati i lavori per un grande molo, destinato al movimento mercantile, che sarà il più spazioso fra quanti esistono lungo il litorale jugoslavo.
Sebenico possiede condizioni economiche adatte per un forte progresso e sviluppo, data la sua situazione in prossimità della foce del Cherca, sulla quale già prima della guerra furono costruiti i potenti impianti della « S.U.F.I.D. » (oggi Seffyed), per lo sfruttamento industriale delle grandi cascate d’acqua, impianti che, secondo il contratto concluso alcuni anni or sono con la nuova Società, debbono essere ancora ampliati.
In prossimità del porto è situata una grande fabbrica per la produzione del carburo di calcio e della calciocianamide, che assicura al traffico marittimo forti quantità di contingente esportabile: oltre 100 mila q.li all’anno. Non lontano si trova la miniera di carbone « Promina », che esporta annualmente attraverso lo scalo in parola circa 500 mila q.li di carbone.
Nel retroterra immediato di Sebenico si trovano i grandi giacimenti di bauxite, che sono sfruttati con successo sempre crescen
te, specialmente per le esportazioni nei Paesi d’oltremare (circa 400 mila q.li di media annuale).
Nel porto di Sebenico fa capo il commercio del legname proveniente dalla Bosnia del Nord, per mezzo di una speciale ferrovia a scartamento ridotto, appositamente costruita dalla Ditta Steinbeiss.
Queste sono le condizioni favorevoli allo sviluppo del porto dalmata in esame, che ci permettono di ritenere sicura la prosperità avvenire.
Per quanto riguarda il movimento portuale, oltre al prospetto riportato qui sotto, relativo al numero ed al tonnellaggio delle
AnnoNavi ormeggiale (1 tonn. = 2.8315 me.)
numero tonnellaggio
1913 3.962 805.243
1922 2.717 609.202
’23 2.057 454.347
’24 2.153 527.624
’25 3.197 674.030
’26 3.891 743.582
’27 3.628 756.036
’ 28 4.332 911.760
’29 4.458 896.188
’30 4.592 931.455
’31 4.982 1.095.429
’32 4.277 936.141
’33 4.468 893.240
’ 34 4.430 910.784
navi ormeggiate, riportiamo nella seguente pagina i dati delle varie correnti di traffico. Notiamo a tal uopo che il porto di Sebenico ha carattere esclusivo di esportazione e che le correnti più intense interessano i Paesi esteri: in primo luogo l’Italia, specie per gli imbarchi, poi l’Inghilterra, l’Olan
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M o v i m e n t o d e l l e m e r c i (In tonnellate)
Anno con l’ interno con l’estero
sbarcate Imbarcate totale sbarcate imbarcate totaleTotale
1913 25.658 50.071 75.729 31.911 106.400 138311 214.040
1925 2.920 1.090 4.010 21.940 186.281 208.221 212.231
’ 26 5.539 12.227 17.766 21296 326.053 347.349 365.115
’ 27 24.963 14.762 39.725 28.089 250.294 278.383 318.108
’ 28 25.057 22.268 47.325 30.326 234.870 265.196 312.521
’ 29 10.055 15.605 25.660 14.620 191.739 206.359 232.019
’ 30 7.079 14.480 21.559 19.173 184.114 203.287 224.846
’ 31 9.451 11.464 20.915 14.129 159.042 173.171 194.086
’ 32 8.337 12.499 20.836 4.743 156.331 161.074 181.910
’ 33 7.917 13.596 21.513 3.302 153.592 156.794 178.307
’ 34 7.718 15534 23252 5.141 169.933 175.074 198326
da, via via fino alle Canarie e al Giappone. Le principali correnti di traffico consi' stono in cereali e riso, carboni fossili, legna- mi, bauxite, cellulosa, carburo e calciocia- namide, per le esportazioni: cereali e riso,
legumi, agrumi, olii minerali, manganese, prodotti dell’industria tessile e del ferro, zolfo preparato, ecc., per le importazioni. Ma i seguenti prospetti non abbisognano di spiegazioni :
M e r c i e s p o r t a t e a l l ’ e s t e r o (in tonnellate)
T i t o l i 1929 1930 1931 1932 1933 1934
P ro d o tt i d e ll ’ a g r ic o ltu ra e d e ll 'in d u s tr ia297 210 168 252 256 121
L e g n a m e d a c o s t r u z io n e ................................ 50.873 55.320 34.568 62.445 74.805 83.499
L e g n a d a a rd e re ............................................. — — 4.574 5.893 2.141 3.363
C arb o n fo ss ile ( l i g n i t e ) .......................... 69.179 55.034 48.907 44.341 40.991 40.843
G e s s o ................................................................• 234 1.098 8.770 200 560 2.200
B a u x i t e ....................................................................... 29.880 51.411 41.509 39.930 34.760 39.020
C a lc io c ia n a m id e ................................................... 9.360 2.681 2.000 700 — —
C a r b u r o ...................................................................... 11.309 7.679 7.351 445 — —
C e l l u l o s a ................................................................ 19.805 9.670 9.805 1.900 — —
A l t r i ............................................................................. 802 1.011 1.390 225 79 887
T o ta le 191.739 184.114 159.042 156.331 153.592 169.993
78
M e r c i i m p o r t a t e d a l l ’ e s t e r o (in tonnellate)
T i t o l i 1929 1930 1931 1932 1933 1934
1.886 262 272 75 129 822
Limoni e a r a n c e ....................................... — 2 1.577 6 — 1
Carboni f o s s i l i ............................................ 7.892 9.420 3.515 3.500 1.735 3.300
Olii minerali .................................................. 187 79 501 400 600 —
P ir it i ................................................................... — 914 2.200 — — -
F o s f a t i ........................................ 1.200 — — ' — — . —
— 5.000 4.750 — - -
Ferro e d e r iv a ti............................................. 1.325 1.213 200 27 27 3
Z olfo p r e p a ra to ............................................. 690 920 280 125 211 372
A l t r i ............................................................. 1.440 1.363 834 610 500 643
Totale 14.620 19.173 14.129 4.743 3.202 5.141
Riportiamo anche i dati specifici ai Paesi media pel 60 °/0), seguita dall’italiana (30di destinazione o di provenienza; quanto per cento), ia francese, l ’inglese e la tede-alle bandiere interessate in tali correnti, no- sca, con percentuali minime, tiamo solo che predomina la jugoslava (in II movimento dei passeggeri attraverso
79
P r o v e n i e n z e d e l l e m e r c i i m p o r t a t e (in tonnellate)
P a e s i 1929 1930 1531 1932 1933 1934
I t a l ia . . . . 6.178 4.350 4.467 839 867 1.053In g h ilte r ra . 7.235 8.802 3.590 — — —
A lg e r ia 1.200 — — — — —
U. R . S. S. . — 620 — 400 — —
In d ie In g le s i — 5.000 4.750 — — —
R o m a n ia — — 500 — 600 —
G e rm a n ia — — — 3.500 1.735 3.300G re c ia . . . . 1 7 — — 786A lt r i . . . . . 7 400 815 4 — 2
T o ta le 14.620 19.173 14.129 4.743 3.202 5.141
il porto in esame è andato continuamente sviluppandosi; tuttavia si nota che tale movimento, compiuto quasi esclusivamente da navi battenti bandiera jugoslava, ha valore pressoché locale, dato che la densità dei passeggeri per miglio marino è in media 1 ,12 per le linee locali laterali nel distretto marittimo (11,6 0 °/Q dei passeggeri trasportati lungo le coste jugoslave) e 0 ,13 per le linee estere (0,3 %). La media dei passeggeri trasportati si aggira negli ultimi anni sui 150.000 all’anno, dei quali circa 2.000 trasportati da navi battenti bandiera estera (italiana).
9. A meno di 40 miglia marittime a sud di Sebenico si trova Spalato, il più importante porto jugoslavo.
Il porto si apre nella parte settentrionale dell’ampio specchio d’acqua compreso fra la costa dalmata ed un anello di isole, fra cui Zirona, Salta e Brazzà. La navigazione attraverso lo scalo di Spalato comporta quindi la conoscenza dei passaggi, che fanno comunicare lo specchio d’acqua col mare aperto. Il porto si apre immediatamente a est
del largo imbocco della Baia dei Castelli; esso è sufficientemente riparato dal rompionde della traversia; tuttavia i venti di sud-ovest provocano mare agitato. Il fondo è fangoso e tiene solidamente; il bacino portuale, con fondali superiori ai 4 metri, ha una superficie totale di 4.887 ettari.
Benché Spalato occupi fra tutti i porti jugoslavi il primo posto nelle tabelle statistiche del traffico marittimo, esso è ancora oggi uno degli scali più poveri per quanto concerne le installazioni tecnico-meccani- che. Varie sono le ragioni, in parte di natura politica, fino alla caduta dell’Austria, e, in seguito, di natura finanziaria.
Spalato ha ottenuta la sua prima congiunzione con l’interno per via ferroviaria solamente nel 1925, con la linea della Lika sulla Zagabria-Susak; avremo da occuparci più intensamente di tale arteria, quando tratteremo della politica ferroviaria, tariffaria e portuaria della Jugoslavia nei riguardi del traffico adriatico e dell’economia italiana in genere; tuttavia notiamo che, con l’apertura di questa linea, la situazione economica e commerciale del porto in pa
80
rola non è ancora totalmente mutata, perchè questa via attraversa regioni povere, che in parte non possono essere sfruttate neppure industrialmente, e l’orientamento del traffico dalla linea Zagabria-Susak per Spalato non è nè razionale nè finanziariamente conveniente, benché Spalato sia parificata a Susak per la tariffa ferroviaria. La linea della Lika inoltre non è sufficiente per il trasporto di merce di grande massa e,
oltre alle altre numerose deficienze che rileveremo in seguito, ha gran parte del percorso esposto durante l’inverno a violente intemperie e a tormente di neve che spesso rendono il movimento irregolare e difettoso. Essendo questa l ’unica ferrovia che unisce il porto in esame al suo retroterra, è evidente e naturale che l’avvenire di Spalato dipende in primo luogo dalla costruzione di linee di comunicazione razionali e favorevoli, come si propone il programma ferroviario della Jugoslavia.
Il porto di Spalato non ha per ora alcuna importanza come scalo di transito, perchè appena il 5 % del suo traffico totale spetta alle merci di transito. Spalato deve la sua superiorità fra i porti jugoslavi alla intensa vita economica del suo retroterra immediato e particolarmente di quello del litorale dalmatico. Infatti, la costa della Dalmazia centrale, per la quale Spalato ha funzione di fornitore e di rappresentante commerciale con le innumerevoli isole antistanti, è assai popolata e adatta alla attuazione del programma di avvaloramento stabilito dal Governo jugoslavo. Nelle immediate vicinanze del porto si trovano i giacimenti di marna, che si estendono su tutto il settore geologico situato fra Traù e Macarsca e che
raggiunge a Spalato il maggiore spessore: da 900 a 200 metri.
Questa materia prima, che è sfruttata da circa vent’anni, costituisce la base della vita industriale di Spalato e dei suoi dintorni ed è il principale titolo del traffico marittimo. Tre grandi fabbriche per la produzione del cemento lavorano già oggi con una produzione media di 500 mila tonn. all’anno; è probabile che in un non lontano avvenire sorgano a Spalato altri stabilimenti industriali, ma con l’aiuto di capitali stranieri. Inoltre esiste nell’immediato retroterra possibilità di sfruttamento e di trattamento di altre materie prime e di estrazione di minerali atti all’esportazione, come il carbone, la bauxite, il carburo di calcio, la calciociana- mide, la pietra da costruzione, ecc. La quantità disponibile di carbone bianco permette anche la industrializzazione e la elettrificazione a buon mercato e per numerose imprese.
Per la produzione e l’esportazione sono anche da ricordare alcuni prodotti agricoli: frutta, piante medicinali, vini, piretro ed altri.
Queste sono le risorse cospicue e sicure, dalle quali il porto di Spalato trae il contingente per il suo traffico attuale.
Per quanto riguarda la capacità del porto, bisogna riconoscere che essa è già oggi insufficiente. Bisogna anzitutto fare distinzione fra il porto industriale di Spalato (sjeverna Vranjic luka) e il cosiddetto por- to-città (gradska), ossia il vecchio porto di Spalato.
Il porto industriale si trova nella baia di Salnona e Vragnize, che formano il confine del Comune. Lo scalo industriale è stato costruito dall’iniziativa privata, senza al-
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cun piano tecnico preordinato nè sistema organico. V i sono dei moli successivamente costruiti dalle imprese private per loro conto, e per i loro bisogni; così per le fabbriche di cemento. Questi moli, che costituiscono il porto industriale di Spalato, sono attualmente in numero di undici, per una lunghezza totale di mille metri e una superficie di 11.5 0 0 mq. Su tali moli le fabbriche posseggono gli elevatori necessari al trasbordo diretto di merci dai magazzini alle navi e viceversa; sono anche muniti di impianti elettrici ed idraulici. Questo scalo continua a costruirsi lentamente secondo i bisogni della vita industriale, ma sempre senza organicità, cosa che certamente costituisce un grande svantaggio. Attraverso tale porto si effettua principalmente il traffico con l’estero, costituito in massima parte da correnti di esportazione.
Il porto-città si trova invece in un semicerchio quasi perfetto, chiuso da un rompionde. Per quanto si fossero investiti, specialmente in questi ultimi anni, capitali relativamente notevoli per l’allargamento della superficie dei moli e delle banchine, non si potrà mai dare a tale scalo posizione importante nel traffico di transito, perchè manca lo spazio necessario alla costruzione di installazioni portuarie adatte. La stazione ferroviaria che si trova a lato del porto è stata costruita mezzo secolo fa, in occasione dell’apertura della linea ferroviaria Spalato-Knin.
Questa arteria aveva allora sei binari a scartamento normale; oggi non ne ha che quattro, perchè l’apertura della ferrovia Spalato-Signa (1903) a scartamento ridotto rese necessaria la soppressione dei due binari a scartamento normale. Questo sembra
oggi paradossale: infatti Spalato aveva per quello che riguarda le comunicazioni ferroviarie una capacità, cinquanta anni or sono, assai superiore di adesso. Oggi, infatti, il traffico locale raggiunge al massimo 70 vagoni al giorno. Siccome ogni espansione della stazione ferroviaria è impossibile, la Amministrazione decise, con l’apertura della Lika, di costruire una stazione speciale per il deposito di vagoni merci nelle vicinanze della città ad una distanza di 4 km. dal porto. Ma questa costruzione non ha raggiunto lo scopo cui era destinata, perchè il collegamento fra la nuova stazione e la vecchia è fatto per uno stretto corridoio che attraversa la città, con una pendenza massima del 25 % e con bruschi angoli, in modo che il trasporto delle merci riesce molto difficile, lento e limitato.
A causa di tali circostanze, si impone il problema del come risolvere efficacemente la questione del collegamento diretto fra la stazione ferroviaria e il porto, in vista di un possibile ulteriore sviluppo di Spalato come emporio di transito e come centro commerciale jugoslavo nell’Adriatico.
Nella soluzione di questo problema non c’è per gli esperti che una via: costruire ex novo il futuro porto di Spalato, sulla costa orientale della baia dei Sette Castelli, al nord della città, limitando l’impiego del porto-città alle comunicazioni puramente locali. A questo proposito esistono due progetti: l ’uno prevede la costruzione del porto nella vallata di Poliud (circa 1 km. a nord della città): l’altro nella baia di Vra- nize, ove l’iniziativa privata ha già costruito il suo porto industriale. Le ragioni tec
niche, economiche e commerciali sono in
82
contestabilmente a favore del secondo prò- getto.
Il porto di Spalato risente un danno dalle diverse prospettive esistenti circa la possibilità della sua costruzione tecnica, e si potrebbe dire quasi che questa abbondanza, di cui natura l ’ha favorito, sia piuttosto di svantaggio che di profitto.
Per dare a Spalato la possibilità di diventare un importante centro di traffico, si impone la necessità della costruzione della linea ferroviaria Belgrado-Serajevo-Spalato (di cui parleremo diffusamente più avanti), che dovrebbe rappresentare l ’allacciamento diretto fra la Bosnia-Erzegovina e il bacino della Sava-Danubio, da una parte, e 1 A- driatico centrale dall’altra. Ad onta della lunga lotta sostenuta per ottenere la citata ferrovia, nulla è stato fatto, e la ragione di queste indecisioni del Governo jugoslavo in così delicata questione appare evidente quando si pensi che la Jugoslavia, dhe una volta sospirava appena 5 km. di costa per avere uno sbocco al mare, si è trovato d’un tratto in possesso di 600 km. di litorale felice, con numerosi buoni porti naturali.
Il Governo è edotto delle necessità che impongono un indirizzo organico; ma le correnti contrarie, che non possiamo qui partitamente esaminare, sono numerose; v ’ha chi dice che ogni forma di incremento di Spalato recherebbe danno a Susak: idea questa veramente miope, nonché priva di fondamento geografico ed economico, non trovandosi Susak in condizioni favorevoli per i traffici della Bosnia-Erzegovina e della Serbia occidentale.
Dal canto nostro, reputiamo necessaria ed opportuna la politica di lavorare in tutti
i sensi, sempre, s’intende, senza artifici, per il porto di Spalato, unico emporio per la espansione centro-jugoslava dei traffici: pur restando utile aiutare nelle loro molteplici esigenze gli altri scali della Dalmazia, che si trovano in condizioni inadatte a soddisfare i bisogni imposti dalla naturale configurazione del loro retroterra.
Poiché ci siamo trattenuti alquanto a dire delle condizioni in atto e potenziali del porto di Spalato, ci soffermeremo meno lungamente ad esaminare le singole correnti del traffico. Come si rileva dai due prospetti riferiti qui di seguito, lo sviluppo del porto in parola è andato continuamente aumentando fino al 1928, anno in cui la stazza delle navi ormeggiate ha raggiunto i 2 milioni 927.128 tonnellate; in secondo luogo, Spalato è un porto prevalentemente di esportazione, particolarmente verso l’estero.
Le merci costituenti il traffico di Spalato
AnnoNavi ormeggiate (1 tonn. = 2.S315 me.)
numero tonnellaggio
1913 6.833 1.816.052
1922 6.309 1.385.229
’23 5.827 1.218.122
’24 6.721 1.583.164
’25 7.524 1.977.135
’26 7.684 2.043.940
’27 7.508 2.304.223
’28 8.763 2.927.128
’29 9.789 2.851.991
’ 30 9.209 2.737.991
’31 9.882 2.902.603
’32 8.957 2.704.834
’ 33 9.529 2.860.407
’34 9.875 3.210.625
83
M o v i m e n t o d e l i e m e r c i (in tonnellate)
Anno con l’ interno con l ’estero
sbarcate im barcate totale sbarcate im barcate totaleTotale
1913 32.343 94.241 126.584 64.268 25280 3 317.071 443655
1925 50.410 56.450 106.860 93.953 605.838 699.791 806.651
’26 39.237 66.734 105.971 100.713 528.932 629.645 735.616
’27 43.851 115.924 159.775 118.731 543.592 662.323 822.098
’28 31.758 120.682 152.440 142.822 644.167 786.989 939.429
’29 33.397 96.763 130.160 195.163 825.837 1.021.000 1.151.160
’30 26.029 100.377 126.406 130.240 837.634 967.874 1.094.280
’ 31 29.770 124.490 154.260 141.667 731.835 873.502 1.027.762
’32 32.057 119.921 151.978 101.231 550.841 652.072 804.050
’ 33 36.458 114.915 151.373 97.485 535.057 632.542 783.915
’ 34 40.861 117.659 158.520 107.277 697.081 804.358 962.878
Me r c i e a p o r t a t e a l l ’ e s t e r o (in tonnellate)
T i t o l i 1929 1930 1931 1932 1933 1934
Prodotti dell’ a g r ico ltu ra ....................... 8.035 18.357 10.181 18.531 1.491 8.601
Legname da costru z ion e ............................ 16.583 4.137 5.904 2.888 8.006 20.533
Traverse e doghe in quercia, faggio ep i n o .............................................................. — 17.521 11.284 1.648 882 5.020
Legna da ardere ............................................. 21.549 330 138 886 84 543
Carbone di l e g n a ....................................... 2.287 18 1 — — —
V i n i .................................................................. — 1.221 573 44 75 132
Carbon f o s s i l e ............................................. 5.290 3.729 2.652 1.131 1.070 3.538
B a u x ite ............................................................. 27.450 6.980 6.496 18.460 16.580 52.639
M a r n a ............................................................. 296.382 392.638 285.686 188.403 158.890 184.745
— 1 6 1.306 2.128 6.071
436.793 381.708 398.299 309.485 338.686 401.858
C alciocianam ide............................................. 122 — 1.101 708 — —
146 782 378 426 257 194
9367 9.450 6.923 5.317 5.913 7.212
2.833 769 2.213 1.608 995 5.995
Totale 825.837 837.634 731.835 550.841 535.057 697.081
84
derivano direttamente dalle condizioni in- stremo Oriente e i Paesi levantini, per gu dustriali suesposte, e interessano particolare imbarchi; mentre per gli sbarchi sono inte- mente, oltre l’ interno, l ’Italia, l ’Egitto, l’e- ressate principalmente le correnti prove-
M e r c i i m p o r t a t e d a l l ’ e s t e r o in tonnellate)
T i t o l i 1929 1930 1931 1932 1933 1934
C e re a li e r iso . . . . 2.219 1.328 1.206 771 1.326 595
411 395 342 248 207 239
C a rb o n i fo ss ili 129.369 99.366 129.645 86.233 87.125 94.913
O lii m in e ra li . . . . 47.342 16.349 25 8.318 1 7
A s f a l t o ................................ 304 1.040 - — — 1.022
A s b e s t o ................................ 851 502 — — — —
T e s s il i e d e r iv a t i . . 1.674 1.580 2.038 1.087 969 1.500
F e r ro e d e r iv a t i . . . 5.472 2.412 2.201 956 1.121 1.370
M a c c h in e , p ezzi e a p p a re c c h i 450 1.438 90 117 335 97
A l t r i ...................................... 7.071 5.830 6.120 3.501 6.401 7.534
T o ta le 195.163 130.240 141.667 101.231 97.485 107.277
D e s t i n a z i o n i d e l l e me r c i e s p o r t a t e (in tonnellate)
P a e s i 1929 1930 1931 1932 ! 1933 1934
351.490 428.618 309.476 208.977 177.204 228.875
G r e c i a ....................................................................... 47.379 40.150 36.088 17.607 2.191 3.700
A l b a n i a ....................................................................... 19.331 21.831 31.737 24.086 12.873 15.467
E g i t t o ....................................................................... 93.888 62.264 26.077 43.726 1 47.161 49.637
L ib ia , A lg e r ia , T u n is ia e M a ro c c o . . 37.980 75.548 58.816 72.699 70.511 106.038
A lt r i P a e s i a f r i c a n i ....................................... 47.619 46.905 49.115 26.264 1 45.459 69.845
A lt r i P a e s i l e v a n t i n i ....................................... 81.703 80.901 107.892 97.797 j 90.708 111.601
O l a n d a ....................................................................... 30.105 10.969 20 301 j 5.700 36.454
I s o le C a n a r ie . .................................................... 20.838 26.696 39.137 33.339 | 34.135 9.108
A m e r i c h e ................................................................ 32.339 14.575 30.131 8.323 1 20.317 13.261
E stre m o O r ie n t e ................................................... 46.566 15.120 15.123 9.437 17.129 22.040
16.599 14.057 28.223 8.285 i 11.6691 31.055
T o ta le 825.837 837.634 731.835 550.841 535.0571
697.081
85
P r o v e n i e n z e d e l l e m e r c i i m p o r t a t e (in tonnellate)
P a e s i 1929 1930 1931 1932 1933 1934
I t a l ia . . . . 18.348 11.168 15.770 6.487 7.784 9.068
In g h ilte r ra . 125.585 94.319 104.139 68.542 51.255 39.478
R o m a n ia 47.231 16.373 — 8.302 — —
G e rm a n ia 3.500 1.473 268 — - 510
U. R . S. S. . — 4.908 3.395 1.967 15.771 9.732
O lan d a . — 1.395 6.307 — 124 700
D a n z ica — — 10.562 14.967 18.982 37.540
A lt r i . . . . 499 604 1.226 966 3.569 10.249
T o ta le 195.163 130.240 141.667 101.231 97.485 107.277
nienti dall’ Inghilterra, dalla Romania e dall’Italia.
Circa le bandiere che battono le navi che operano nel porto in parola, notiamo che la italiana ha una quota di partecipazione di poco inferiore a quella jugoslava, mentre le navi di altre Nazioni partecipano con una percentuale minima; così la inglese col 3 ,3 % , la greca col 2 ,2% e l’albanese con lo0,2 % sul totale del tonnellaggio di stazza; il che appare evidente dal prospetto seguente :
Il movimento dei passeggeri è andato numericamente aumentando, ma, rispetto al totale dei passeggeri trasportati da linee locali o straniere lungo la costa jugoslava, è andato lentamente e costantemente diminuendo. Si nota anche una diminuzione della densità dei passeggeri per miglio marino; il che sta a dimostrare l’esistenza di quell’ interessantissimo problema della gravitazione demografica verso Spalato dalle zone circostanti, che aumenta il movimento locale dei passeggeri e dimostra l'infondatezza delle preoccupazioni che si fonda
T onnellaggio di stazza delle navi arrivate e partite (In centinaia d i tonn.)
Bandiera 1929 1930 • 1931 1932 1933 1934
Ju g o s la v a 29.305 28.731 32.480 31.119 31.818 36.233
I ta l ia n a 24.277 23.674 22.698 20.459 22.162 25.119
In g le se 1.968 696 951 1.204 379 875
G re c a . . . . 1.104 1.133 1.202 686 961 944
A lb a n e s e 75 77 92 78 93 113
T e d e sca 131 74 — 202 497 550
E g iz ia n a 59 . 219 67 40 29 —
A lt r e . . . . 187 130 567 515 675 376
T o ta le 57.106 54.734 58.057 54.303 56.614 64.210
86
no su una presunta possibilità di concorrenza di Spalato coi porti dell’Alto Adriatico per il movimento dei passeggeri.
io. Ragusa, come Spalato, ha due porti: quello della città, per le comunicazioni locali (specialmente pel movimento passeggeri), e il porto commerciale, che è situato a Gravosa, detta ufficialmente Ragusa Seconda (Dubrovnik I e II rispettivamente). La città è meta di turisti e stranieri, il cui interesse non permette alcun impianto industriale, che dia vita a una intensa attività commerciale. Anche ora il porto commerciale non può essere utilizzato interamente per il commercio transoceanico, perchè tutta la zona costiera a sud dello scalo è organizzata e adattata a fini turistico-cli- matici. Si sono infatti costruiti alberghi e parchi forniti dei più moderni impianti di conforti e divertimenti per il soggiorno estivo e invernale del pubblico internazionale.
Appunto per tale ragione il porto di Gravosa, come scalo commerciale, non può estendersi che fino ad un certo limite sulla costa nord del bacino, che ha 500 mila mq. di superficie. La lunghezza dei moli è di complessivi 970 metri, con una superficie di 40.000 mq. e si sta ultimando la costruzione di nuovi moli per la lunghezza di 240 metri.
A Gravosa esiste un grande deposito per merci, costruito sette anni or sono e destinato a servire per il deposito di merci sbarcate. Esso ha una superficie di 1.086 mq. e una capacità di 11.6 50 me., ed è fornito di tutte le più moderne installazioni per il carico e lo scarico: acqua, luce, gru elettriche, montacarichi, ecc.
Ma il commercio non ha tratto alcun profitto da tale magazzino, perchè esso è stato dato in affitto dal Ministero delle Comunicazioni alla Direzione dei Monopoli.
Certamente, in un avvenire non lontano, le cose cambieranno e il magazzino sarà dato in locazione a privati, in vista della organizzazione dei depositi franchi, che, conformemente al Regolamento promulgato pochi anni or sono, dovrebbero essere istituiti a Gravosa, Spalato e Susak: della quale questione ci occuperemo più diffusamente nella terza parte dello studio.
Dalla breve esposizione or ora fatta delle condizioni economico-ambientali dell’emporio di Ragusa, appare evidente che lo sviluppo del commercio è stato fortemente impedito nella attuazione delle possibilità. Il prospetto seguente ci mostra lo sviluppo del movimento portuario, secondo le cifre relative alla stazza:
Anno
N avi orm eggiate (I tonn. — 2.8315 me.)
numero tonnellaggio
1913 3.720 1.233.490
1922 2.590 822.183
’ 23 2.884 843.329
’ 24 3.237 916.153
’ 25 3.264 1.082.815
’ 26 3.849 1.259.339
’ 27 3.848 1.377.483
’ 28 4.466 1.573.395
’29 4.587 1.592.779
’30 4.680 1.580.641
’31 4.769 1.712.709
’32 4.427 1.796.993
'33 4.611 2.059.533
’ 34 4.556 2.369.675
87
La seguente tabella ci dà un’idea esatta del movimento delle merci attraverso il porto in esame: particolarmente notiamo che è rimasta inalterata la grande differen-
Per quanto concerne i Paesi di destinazione o di provenienza, ci limitiamo a rilevare che le esportazioni interessano per quasi un terzo l’Italia (in media circa 750
Anna
M o v i m e n t o de l l e m e r c i (in tonnellate)
con l’ interno con l’estero
Totalesbarcate Imbarcate totale sbarcate imbarcate totale
1913 19.771 2.438 22.209 32.189 134.353 166.542 188.751
’ 25 18.920 16.085 35.005 52.302 129.175 181.477 216.482
’ 26 5.251 18.431 23.682 39.606 125.637 165.243 188.925
’ 27 11.685 11.739 23.424 33.549 151.817 185.366 208.790
’28 12.389 8.483 20.872 52.807 233.788 286.595 307.467
’29 17.766 10.874 28.640 103.627 234.561 338.188 366.828
’ 30 15.169 7.839 23.008 101.456 208.829 310.285 333.293
’ 31 10.210 8.191 18.401 139.753 131.711 271.464 389.865
’ 32 10.869 7.808 18.677 105.733 98.411 204.144 222.821
’ 33 11.916 7.998 19.914 120.956 121.655 242.611 262.525
’ 34 14488 7.621 22.109 135.028 149.157 284.185 306.294
za fra importazione ed esportazione, col particolare che, mentre gli sbarchi interessano moltissimi titoli, gli imbarchi sono costituiti prevalentemente (circa il 95 %) da legname.
mila q.li all’anno), mentre le importazioni provengono principalmente dai Paesi del Nord e dall’ interno, interessando solo per il 4,5 % rispetto al totale la nostra Nazione.
Anche la ripartizione del tonnellaggio
M e r c i i.'m p 0 r t a t e d a l l ’ e s t e r o (lu tonnellate)
T i t o l i 1929 1930 1931 1932 1933 1934
C e re a li e r iso 879 316 272 222 167 321
F r u t ta e le g u m i . 2207 2.006 1733 2.033 1.166 1.363
C a rb o n i fo s s ili . 76.661 84.174 119.115 86.070 106.661 122.721
S a le . . . . 7.546 6.400 9.641 8.605 6.151 4.977
O lii m in e ra li 2.390 917 2.155 1.667 2.483 2.294
T e s s i l i e d e r iv a ti 326 963 845 378 475 815
F e r r o e d e r iv a t i . 8.450 789 437 35 425 290
A lt r i . . . . 5.168 5.891 5.555 6.723 3.428 2.247
T o ta le 103.627 101.456 139.753 105.733 120.956 135.028
88
M e r c i e s p o r t a t e a 11* e s t e r o (in tonnellate)
T i t o l i 1929 1930 1931 1932 1933 1934
P ro d o tt i d e ll ’ a g r ic o ltu ra 2.200 1.616 1.489 2.690 2.154 2.176
L e g n a m e d a co stru z io n e
T r a v e rs e e d oghe in
224.698 197.671 115.077 84.717 108.061 104.171
q u e rc ie , fa g g io e p in o — 5.934 6.041 1.150 958 287
L e g n a d a a rd e re . 2.458 99 683 774 2.189 1.911
T ab acco 1.695 524 199 — — —
O lii m in e ra li 563 4 12 11 5 7
M ag n esite 637 1.414 1.973 2.173 987 2.751
M in e ra li d i ram e — — 5.100 5.212 5.385 35.375
A lt r i . . . . 2.310 1.567 1.137 1.684 1.916 2.479
T o ta le 234.561 208.829 131.711 98.411 121.655 149.157
secondo le varie bandiere non merita parti- colare attenzione, se non in quanto si noti che la bandiera italiana, con un numero di navi che è circa un quinto di quelle jugoslave, supera per tonnellaggio la metà della stazza delle navi battenti bandiera jugoslava.
Per evidenti ragioni, non possiamo dilungarci ad esaminare le correnti del traffico marittimo jugoslavo, che, se presenterebbero particolare interesse perchè non esistono studi in proposito, sono da noi già state sufficientemente illustrate ai fini che si propone il presente saggio.
NOTA BIBLIOGRAFICA
Per la parte generale relativa al materiale sta-
tistico di cui s’è fatto uso in questa seconda
parte, ricordiamo: dell’ istituto Centrale di Sta
tistica, 1’ « Annuario statistico italiano », Ser:e I,
li, III e I V (voi. I) e il prezioso « Bollettino men
sile di statistica » ; notevoli le varie pubblicazioni
statistiche del Ministero delle Comunicazioni,
Direzione generale delle Ferrovie, e del M ini
stero della Marina, Direzione generale della M a
rina mercantile; del Ministero delle Finanze, il
<i Movim ento della Navigazione nel 1 9 2 9 » ; id.
nel 19 30 e nel 1 9 3 1 , Rema, 19 3 2 , 19 3 3 e 19 3 4 ;
G . Mortara : « Prospettive economiche », X V ed.,
Milano (U n. Bocconi », 19 35 .
Per i traffici attraverso il porto di Venezia:
oltre alle varie pubblicazioni statistiche del C on
siglio provinciale deU’Economia corporativa, già
Camera di Commercio e Industria : « L ’attività
economica della provincia di Venezia negli an
ni i9 2 9 - ’3o », Venezia, 1 9 3 1 ; prezioso è il
« Bollettino Ufficiale Mensile » del Provvedito
rato al Porto di Venezia; a cura dell’Ente stes
so : « I I Po rto», Venezia, 19 2 2 , e « L e Port de
Venise », Venezia, 1 9 3 1 ; nel 19 19 , G . Albi ha
pubblicato : « I traffici marittimi di Venezia »,
Venezia; nel 19 2 3 , E . Coen C ag li: « Il Porto di
Venezia », Venezia; nel ’ 17 , G . Fusinato pub
blicò : « Su ll’ordinamento amministrativo del
Porto di Venezia », Comune di Venezia.
Per il porto di Trieste ricordo: oltre alle pub
blicazioni statistiche della Camera di commer
cio e del Consiglio ptov. dell’Economia corpora
tiva, le « Relazioni » e il « Bollettino statistico »
dei Magazzini Generali.
Per Fium e: la « Relazione sulla situazione eco
nomica di Fiume », della Camera di Commercio.
1 9 1 3 ; del Consiglio prov. dell’Economia corpo
rativa del Carnaro : « L ’ economia della provin
cia del Carnaro nel 19 29 », Fiume 1 9 3 1 ; del G o
verno marittimo di Fiume i « Cenni sull’Azien
da portuaria», Fiume, 1 9 2 1 ; si ricordi anche il
« Regolamento per l’amministrazione del Porto
e del Litorale della Città di Fiume ».
Per gli altri porti italú&u ricordiamo solo le
pubblicazioni statistiche varie, e i Bollettini in
particolare, dei Consigli prov. dell’Economia
corporativa; sul « Porto di Zara », ricordiamo
anche la pubblicazione di G . Accocella; la Fe
derazione Fascista Ravennate dei Commercianti
ha pubblicato nel 1 9 2 9 : « Ravenna porto dell’E
milia », Relaz, di A . Cagnoni; cinquantaquattro
anni or sono, G. Marchesetti : « La pesca lungo
le coste orientali dell’Adriatico », Trieste; del
medesimo : « Bericht aus dem Kiistenlande »,
Vienna, 1909.
Per i porti jugoslavi ci siamo serviti principal
mente dei dati della « Pomorska Statistika, za
godinu i9 2 9 -’3 4 » ; pubblicata dalla Trgovacka i
obtrinicka Komora u Splitu, Spaiato, i9 3 o - '3 5 .
Questi volumi, veramente preziosi per chi studia
l’argomento adriatico, ci sono stati direttamente
inviati dalla cortesia dei Signori Juraj Duboko-
vic e del Dr. Mirko B u ie, rispettivamente Pre
sidente e Segretario della Camera di Commercio
e Industria di Spalato. Di A . Alesani ricordo:
« Il porto di Spalato nel nuovo assetto adria
tico »; J. Lakatos: « Privredni Almanah Jugo-
slavenskog Lloyda », Zagabria, 19 29 ; G. N o v a k :
« S p lit u svjetskom prometu », 1 9 2 1 ; J. Rubic:
« Gravitacija susjednik zitelia Splitu », Zagabria,
19 30 ; P. Skok : « Ima grada Splita ».
P A R T E T E R Z A
L e prospettive del traffico alto-adriatico
1. La politica economica internazionale e l'opera di collaborazione fra i porti dell’Alto Adriatico: i rap porti commerciali fra Italia e Jugoslavia. . . . pag.
2. Il nuovo sistema porto-ferroviario nella politica adria-tica ju g o s la v a .................................................................
3. La politica tariffaria jugoslava.......................................... ......4. La posizione dei tre empori italiani................................„5. 1 progetti ferroviari favorevoli al traffico di Trieste e
V e n e z ia .................................................... . . . „6. I porti della costa orientale e la loro interferenza al
l’attività a lto -adriatica ................................ ’ . . „7. 1 noli negli ultimi a n n i .....................8. 11 problema dell’Alto Adriatico nel più vasto campo
delia vita economica e politica internazionale . . „
Nota b ib lio g r a f ic a ........................................................ ......
'.
1
i . Nelle precedenti parti del nostro studio, abbiamo cercato di impostare il problema dell’Alto Adriatico, presentandone analiticamente lo svolgimento verificatosi nell’ultimo venticinquennio e fermandoci a studiare, particolarmente per ciascun porto, non solo i dati che si riferiscono agli sbarchi ed agli imbarchi, ma curandoci anche di vedere quali mercati costituiscano il retroterra verso cui si dirigono o donde provengono le merci costituenti il traffico marittimo.
La trattazione, necessariamente sommaria, di tale argomento è stata svolta non tanto per avere una visione statica dell'entità, delle fonti e delle destinazioni delle varie correnti, ma piuttosto per potere logicamente dedurre l ’aspetto dinamico e le possibilità del traffico marittimo, in base alle attuali condizioni politico-economiche dei diversi porti. A tale fine, ci siamo soffermati ad esaminare anche le caratteristiche portuali e la attrezzatura meccanica in particolar modo, mettendo in evidenza le
deficienze o l’eventualità che siano assorbite determinate correnti.
Dalla esposizione fatta nella seconda parte, risulta quindi evidente che lo studio della zona dell’Alto Adriatico presenta una eccezionale complessità, superiore a quella prospettata da quegli Autori, che hanno trattato l’argomento da un punto di vista puramente politico, o storico, o commerciale, o comunque tecnico.
Abbiamo già veduto quali siano state le relazioni fra i tre porti di Venezia, Trieste e Fiume, negli ultimi decenni. Vediamo ora come possa svolgersi quella opera di coesistenza e collaborazione, cui s’è fatto cenno precedentemente.
Anzitutto è da notare che i tre porti sono uniti da un vincolo potentissimo: la difesa dell’economia nazionale, cui gli scali nordici, jugoslavi ed egei, con artifici di ogni sorta, tentano sottrarre l’utile ricavabile dalla libera affluenza delle merci attraverso gli empori italiani.
Questa lotta continua, per e aell’Adria-
'
tico, si combatte da decenni ed è oggetto di studio e di passione per una infinità di economisti e di commercianti, che quoti' dianamente debbono difendersi dall’ insidia straniera.
Spesso gli Stati che meno avrebbero di' ritto di fare appunti alla nostra bilancia commerciale, si permettono di insinuare moventi di indole egemonica nei nostri rap' porti internazionali. Il caso verte partico- larmente intorno alla condotta che Belgra' do mantiene nei riguardi dell’Italia.
Da anni, particolarmente da quando, il 25 Luglio 1925, i torbidi interni, suscitati dal malcontento dei Croati e degli Sloveni, indussero Re Alessandro a tentare un Go' verno di coalizione, rendendo poi impossi' bile nel Dicembre del 1929 il rinnovo del Patto di Roma del 1924, il Regno S. C. S. ostenta fieri propositi verso l’altra sponda; e, in passato, alcuni elementi, certo non re- sponsabili, si sono abbandonati a vandali' smi inconsulti, senza riuscire a farci dimen- ticare che i canoni fondamentali della ci' viltà sono venuti ai Serbo'Croati'Sloveni, come a tanti altri popoli più potenti, dal' l ’Italia.
Ciò non ostante, il vicino Regno conser' va nell’ Italia il miglior cliente del suo com- mercio estero, e dal nostro mercato trae annualmente profitti di parecchie centinaia di milioni di dinari.
Effettivamente non è frequente il caso di trovare in due Stati limitrofi una com- binazione così complementare delle rispet' tive economie nazionali, come si presenta per l ’Italia e la Jugoslavia.
Quest’ultimo ha larga possibilità di esportare prodotti agricoli e materie prime per l’ industria; la prima invece, dato l’ele
9 &
vatissimo progresso industriale, abbisogna appunto di quei prodotti jugoslavi; dato che la via di comunicazione più frequente- mente usata è l’Adriatico, con traversata breve ed economica, si comprende come le correnti di scambio fra le opposte rive sia- no frequenti e notevoli.
Nonostante tutti gli sforzi fatti da emi' nenti personalità jugoslave per dimostrare il contrario, dal 1925 in poi il Governo di Belgrado si è sforzato continuamente per ridurre le importazioni dal nostro Paese, mentre questo non ¡si è curato di porre in campo artifizi simili, distinguendo netta- mente la sfera degli interessi naturali e delle necessità economiche da quella dei sentimentalismi politici, artificiosi, più o meno compensati.
A dimostrare tale asserto è più che sufficiente una scorsa ai dati percentuali del commercio estero jugoslavo nélPultimo decennio, distinto per Paesi di provenienza e di destinazione: appare subito che, mentre la Jugoslavia importa dall’ Italia per circa il 13 % sul totale (contro una media del. 18 % della Cecoslovacchia, del 16 % dell’Austria e della Germania, del 15 % dei Paesi extra-mediterranei), esporta in Italia quasi il 28 % delle sue esportazioni totali, superando di gran lunga l’Austria (18 %), la Germania (10 %), la Cecoslovacchia (10 %), l ’Ungheria, ecc. Secondo le più recenti notizie, elaborate sui dati delle statistiche doganali italiane, a partire dal 1928, primo anno della stabilizzazione della Lira e immune da conseguenze perturbatrici di crisi economica, il totale delle nostre importazioni ed esportazioni è sceso da 100 (1928) a 36 (1934) nei riguardi del mondo intero, mentre nei riguardi della
97
sola Jugoslavia sarebbe sceso a 4 1. Nelle nostre importazioni dal vicino Regno, si riscontra una diminuzione da 100 a 38; mentre nelle esportazioni si nota una con- trazione da 100 nel ’28 a 46 nel ’ 34.
Per quanto concerne la nostra bilancia commerciale con la Jugoslavia, il Barome- tro Economico Italiano registra un sensibile miglioramento per noi fra il 1928 ed oggi; infatti, nel ’28, le esportazioni italiane verso il Regno S. C. S. erano inferiori del 4 1 % alle esportazioni jugoslave in Italia, mentre oggi questo squilibrio, a noi dannoso, si è ridotto al 30 % . In tal modo il nostro deficit commerciale col vicino Regno è diminuito dal 32 al 30 °/0.
Probabilmente il miglioramento verifica- tosi a partire dal 1932 è dovuto agli accordi presi col Presidente dell’ istituto Nazionale per l’Esportazione dal dott. Jurai To- micic, Direttore dell’ istituto per il Commercio estero della Jugoslavia. In vero, dopo tali abboccamenti, avvenuti a Roma nel Febbraio del ’3 1 , si è verificato un riavvicinamento economico fra i due Stati: infatti il Museo Commerciale dell’ istituto jugoslavo ha preparata la rappresentanza dei progressi economici jugoslavi alla Fiera Campionaria di Milano, a partire dal 19 31 ; inoltre, per la prima volta, la Jugoslavia si è presentata ufficialmente alla Fiera del Levante del 1932, nell’intznto di far apprezzare maggiormente ai mercati italiani e orientali i suoi prodotti principali.
Negli ambienti commerciali si è sperato molto negli effetti dell « Accordo addizionale » e nel « Protocollo sul Comitato economico permanente », conclusi il 25 Aprile 1932 ed entrati in vigore il i° Giu
gno successivo, inerenti il Trattato di Commercio del 14 Luglio 1924.
Ora, dato quanto siam venuti dicendo, se si tiene presente che noi potremmo in gran parte e facilmente effettuare altrove il rifornimento delle merci che acquistiamo in Jugoslavia, mentre questo non saprebbe dove trovare utilmente altri sbocchi, ben si comprende come i Serbo-Croati- Sloveni diano prova di assoluta incoscienza, quando tentano di inasprire i rapporti col nostro Paese. Essi lottano non solo contro la loro convenienza politico-sociale, avversando i nostri principi di collaborazione e di disciplina, ma minacciano la loro stessa economia nazionale.
Quindi dobbiamo augurarci, o che i rapporti economici fra i due Stati si pongano di nuove su vie naturali e amichevoli una volta eliminata la depressione economico- finanziaria che inasprisce anche gli animi dei responsabili della politica di Belgrado,o che si verifichi quanto prima un completo riassetto politico nei Balcani, in modo che l’elemento che è più adatto ad assorbire la civiltà d’Occidente sostituisca l’elemento che ha dimostrato di non sapere ancora sceverare i reali interessi economici e spirituali dei popoli soggetti.
2. Dopo aver veduto quali siano, e comi si siano andati svolgendo, i rapporti eco- nomico-commerciali fra l’Italia e la Jugoslavia, ci sembra opportuno considerare i vari punti della politica economica seguita da Belgrado nei riguardi del traffico marittimo adriatico, riserbandoci di vedere poi come tale programma influisca sull’economia italiana, particolarmente sugli empori dell’Alto Adriatico.
98
Gli indirizzi costituenti il programma adriatico jugoslavo, in parte in via di attuazione, sono principalmente i seguenti: politica marinara, politica portuaria, politica ferroviaria.
Abbiamo già visto come lo Stato jugoslavo abbia nell’Adriatico una delle sue più salde basi economiche. Alcuni anni fa, furono lanciati, e in parte praticati, progetti tendenti ad utilizzare il porto di Salonicco e a regolare la navigazione danubiana; ma l’espansione economica jugoslava non ha trovata alcuna facilitazione in tale sistema commerciale, e, quindi, con visione più aderente alla realtà geografica ed economica, si è rivolta all’Adriatico.
Per alcuni anni si tentò anche un movimento commerciale di massa lungo la rotta del sud-est e le trasversali balcaniche, che da Skoplje e da Nis raggiungono l’A lbania, la Grecia e Salonicco; ma tale direttiva si dimostrò insufficiente per le necessità jugoslave, e, dopo vari anni di tentativi più o meno mancati, la Jugoslavia è tornata alla politica adriatica; politica logica e ragionevole, poiché i mercati consumatori dei prodotti del Regno sono appunto l’Italia, l ’Africa settentrionale, la Francia e la Spagna.
Pertanto la politica di avvaloramento adriatico, iniziata nel ig 2^ 'r2^, ha teso e tende tuttora a sviluppare profondamente una coscienza marinara jugoslava e a provvedere alle deficienze portuarie e tecnico- amministrative della marina mercantile e delle vie di comunicazione.
A tale programma consigliava anche lo sviluppo economico del Litorale dalmatico, che, particolarmente con l'avvaloramento dei nuovi giacimenti minerari delle Bano-
vine del Litorale, della Drina e del Verbas, e con lo sfruttamento delle forze idrauliche dello Zemagna, del Cherca e del Cetina, necessita della vicinanza del mare e di mezzi atti al trasporto dei prodotti minerali.
Effettivamente la propaganda jugoslava per tali fini è stata intensa, ed ha ottenuti risultati veramente degni di nota.
Anzitutto il movimento attraverso il porto di Salonicco è andato continuamente diminuendo, mentre i porti danubiani hanno lentamente riacquistato il loro valore quasi esclusivamente locale.
Vediamo dunque che la Jugoslavia, dopo aver tentato di espandersi verso il nord e verso il sud, si è decisamente orientata verso l’Occidente, attraverso le rotte adriatiche.
In tal modo sorge la marina mercantile jugoslava, della quale ci siamo fermati a parlare diffusamente nella prima parte, ponendola a raffronto con le marine italiana ed ellenica.
Nel quadro dei rapporti di scambio che il vicino Regno ha con l’Italia e della consistenza delle principali marine mercantili operanti nell’Adriatico, che siamo venuti fin qui prospettando, cerchiamo ora di cogliere i tratti caratteristici e salienti della politica portuaria jugoslava. Ci interesserà anche il problema del collegamento del L itorale col retroterra, per poter vedere come la soluzione influisca sul commercio adria- tico e, particolarmente, sul movimento dei porti della zona superiore.
La politica porto-ferroviaria del Regno jugoslavo comprende nel suo programma questi punti principali : a) ampliamento e perfezionamento di alcuni scali, particolarmente favoriti dalla natura e sviluppati
99
commercialmente, oppure meritevoli di speciale cura a fini strategico-militari; b) costruzione di una rete di ferrovie a scartamento normale e, possibilmente, a doppio binario, per congiungere i nuovi porti alle vecchie regioni della Bosnia, Erzegovina, Croazia e Montenegro, e, attraverso queste, influire sui bacini della Sava, del Danubio e della Morava; c) avvaloramento, sia pure in limiti modesti, di tutti i minori porti adriatici, in modo che ciascuno di essi possa provvedere alle necessità del traffico locale e dell’immediato retroterra; d) far gravitare verso i porti nazionali, a tutto danno dei porti giuliani, i traffici jugoslavi e le correnti dei Paesi finitimi, come l’Ungheria, la Cecoslovacchia e la Rumenia.
Naturalmente, il punto più interessante per l’economia italiana è quest’ultimo; ma premettiamo lo studio dei tre primi per poter presentare una idea più completa del problema adriatico.
Abbiamo già veduto, singolarmente per ciascun porto, lo sviluppo avuto negli ultimi lustri; particolarmente notevole è l ’ incremento dello scalo di Susak, del quale avremo ad occuparci diffusamente per la concorrenza a Fiume e a Trieste.
Riguardo ai porti minori si nota soltanto che lo sviluppo tecnico-portuario è andato aumentando, parallelamente alla attuazione del programma di avvaloramento economico del Litorale dalmatico. Tuttavia, negli ultimi cinque anni, si nota una stasi nella politica di attrezzatura portuaria, a causa della sensibilissima crisi che, a datare dal 1930, si è verificata nel traffico marittimo jugoslavo e, in genere, su tutta la economia del vicino Regno.
Ricordiamo che particolare influenza ha avuto il Regolamento sui punti franchi, che il Governo di Belgrado, in sostituzione delle zone franche e in analogia ai provvedimenti italiani del Gennaio 1928, emanava il 13 Maggio 1929. Tale Regolamento istituisce e disciplina le zone doganali libere nei porti di mare.
Tale provvedimento è stato particolarmente favorevole a Susak. Tuttavia non ci sembra necessario soffermarci più a lungo su tale argomento, tanto più che abbiamo già analizzato caso per caso, lo sviluppo e le condizioni dei porti principali; pertanto, studiamo ora gli effetti prodotti, o che si attendono, dalla politica jugoslava dei trasporti sul traffico marittimo.
Per favorire l ’attuazione del suo programma di avvaloramento adriatico, spostando il centro d’espansione commerciale della linea del Danubio verso il mare, la Jugoslavia ha progettato dei piani di costruzioni ferroviarie e stradali veramente imponenti, che però vengono attuati con molta lentezza e difficoltà, sia per ragioni d’indole geografica, come la esistenza del Sistema dinarico, sia per ragioni economi- co-finanziarie.
Per quanto riguarda le carrozzabili, notiamo che esse hanno il duplice scopo del trasporto delle materie prime e dell’esercizio di linee turistiche. Il traffico automobilistico ha avuto un forte impulso, arrestato tuttavia negli ultimi anni, ed ha permesso a Spalato, Ragusa, Susak e Cer- quenizza di divenire centri importanti di linee automobilistiche e turistiche, contribuendo maggiormente alla politica di avvaloramento adriatico, anche dal punto di vista delle bellezze artistico-balneari e na
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turali in genere. Dapprima tale movimen- to era compiuto essenzialmente con automezzi delle Poste; poi, a datare dal ’29, si presentarono le prime imprese private, che si occupano del trasporto delle merci con automezzi.
Tuttavia maggiore importanza ha la politica ferroviaria vera e propria, che tende ad alimentare verso l’Adriatico le forti correnti di esportazione, che un tempo si dirigevano a Trieste, Fiume e Salonicco.
La Jugoslavia ha ereditato dall’Au- stria-Ungheria un sistema ferroviario costruito con fini prevalentemente politici e strategici, che lo rendeva dipendente da altri Stati, perchè le due grandi arterie che attraversavano il Regno sfociavano in territorio estero: a Fiume, la trasversale Buda- pest-Zagabria-Ogulin-Adriatico; a Salonicco, la longitudinale Belgrado-Nis-Skoplje- Egeo.
11 nuovo sistema politico attuato dai Trattati di pace, ha fatto sorgere nuove necessità e si è presto sentito il bisogno di allacciare la costa al retroterra. 11 Regno S. C. S., di fronte a sì grave compito, non seppe concretare un programma organico e deciso, ma preferì seguire una politica di perpetuo ondeggiamento fra la soluzione adriatica e l’orientamento verso l’Egeo, trascurando in tal modo gli interessi di intere regioni. Infatti, tutti sanno che le vecchie amministrazioni austriaca e ungherese, preoccupate essenzialmente di favorire gli empori di Trieste e Fiume, avevano dotato le regioni meridionali della Monarchia solamente di quelle linee che, o non costituivano pericolo di concorrenza per le linee centrali, o rispondevano a criteri prevalentemente strategici.
In Serbia, poi, esistevano altri ostacoli, che si opponevano allo sviluppo della rete ferroviaria. Le uniche linee d’accesso al mare erano quella per Salonicco, verso cui a datare dal 1926 si orientò il commercio estero serbo, in conseguenza della guerra doganale con la Monarchia danubiana, e quella per l ’Adriatico, attraverso le Alpi Albanesi. Per giungere a tali sbocchi, le linee serbe dovevano attraversare territori dell’impero Ottomano, la cui politica era non curante dei Vilayet europei.
Quanto alla linea adriatica, tutti i tentativi serbi sono stati osteggiati dalla volontà delPAustria-Ungheria, che, come avanguardia del <( Drang nach Osten », voleva impedire a quella Nazione l’accesso all’A driatico e la emancipazione economica.
Ma ora, dopo il Trattato di Bucarest (10 Agosto 19 13) e dopo il conflitto mondiale, si è reso possibile al Regno jugoslavo l ’accesso diretto al mare, e tutti gli sforzi dovrebbero essere rivolti all’impianto di ferrovie di sbocco all’Adriatico.
Vediamo brevemente come e in qual misura si sia attuato il programma jugoslavo.
La linea Danubio-Adriatico, ottenuta mediante il raccordo di Uzice, stazione terminale della Belgrado-Uzice, con Vardiste, terminale della Serajevo-Visegrad, rappresenta la prima congiunzione della Capitale del Regno, e quindi della Sava e del Danubio, col mare.
Altre due linee, però longitudinali e a carattere industriale, vennero ad allacciare la Sava all’Adriatico: la Priedor-Knin-Se- benico-Spalato, che per Novi si innesta alla Belgrado-Zagabria nei pressi di Sogna, e la Brod-Serajevo-Ragusa-Bocche di Cattalo; tali linee non sono, come parrebbe a prima
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vista, la attuazione piena dei desideri dei Serbi, perchè una serie di ostacoli e di in- ceppi ne dimostra la incapacità a smaltire un forte volume di traffici.
Alle ferrovie Danubio-Adriatico è seguita quella della Lika, che congiunge Zagabria a Spalato, via Ogulin-Gracas. Tale arteria, di indubbia importanza, avrebbe dovuto risolvere il problema dell’incanalamento dei traffici dalla Jugoslavia a un porto dello Stato: Spalato, che, per posizione geografica e p«r possibilità di sviluppo negli impianti portuali, avrebbe dovuto sostituire Trieste e Fiume dell’anteguerra, nella loro funzione di porte del commercio estero e della politica marinara. Ma questa linea, risultando dal raccordo di vari tronchi, costruiti con criteri differenti e con scopi locali, non può avere efficienza organica e carattere unitario.
Pertanto anche tale linea non è sufficiente ai bisogni jugoslavi e solo quando sarà compiuto il raccordo con la linea Zagabria- Belgrado, lungo il fiume Una, per Bihac e Novi a Sogna sulla Sava, la ferrovia della Lika potrà assumere maggiore efficienza.
Altre linee che congiungono il retroterra jugoslavo al mare, oltre quelle già ricordate e la linea del Vardar, che sbocca a Salonicco, sono la Budapest-Drnje-Zagabria-Ogu- lin-Fiume e la « Meridionale », che, provenendo da Vienna, segue la direzione Ma- ribor-Cilli-Zidani Most-Lubiana-Postumia- Trieste. A Zidani Most c’è la diramazione per Zagabria-Sisek-Belgrado.
Come si vede, la regione settentrionale jugoslava è unita al litorale in modo molto più favorevole ai traffici. L ’attuazione del disegno di congiunzione di Gottschee a Mo- ravitze, la stazione più settentrionale della
Ogulin-Fiume, renderà ancora più comple
to il sistema ferroviario dal punto di vista jugoslavo, perchè sarà possibile instradare da Lubiana verso i porti settentrionali del Regno le correnti che ora transitano per T rieste.
3. Abbiamo cercato di presentare sinteticamente le condizioni attuali della rete di comunicazione del litorale con l’ interno del Regno; cerchiamo ora di cogliere le direttive della politica tariffaria jugoslava, ed i suoi effetti sul movimento dei porti italiani.
Il Governo di Belgrado mira, con un regime preferenziale, a spostare le correnti di traffico dall’Alto al Medio Adriatico, e precisamente cerca, concedendo notevoli facilitazioni tariffarie alle esportazioni dirette a Spalato, di favorire quest’ultimo porto, compensando, con la minore spesa, la distanza maggiore e la deficienza tecnica della linea della Lika. La tariffa ferroviaria, come abbiamo già avuto occasione di ricordare, in vigore fino all’Ottobre ’26, si dimostrò rovinosa per la economia di Su- sak, e pertanto è stata sostituita da un’altra, che, di principi simili, è più moderata negli effetti pratici.
Con questa tariffa si vuole raggiungere il triplice effetto di favorire Spalato, di impedire il congestionamento di Susak e di sottrarre notevoli contingenti di traffico a Fiume e a Trieste.
A dimostrare il nostro asserto è certamente sufficiente la seguente tabella, cui uniamo, per maggiore evidenza, una carta dimostrativa della profondità offensiva della politica tariffaria jugoslava, nei rapporti degli empori dell’Alto Adriatico.
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C o n f r o n t o d e l l e d i s t a n z e e d e i c o s t i f e r r o v i a r i
per Trieste per Susak per Spalato
Stazioni di partenza
Km.1 tonnell.
L ireKm.
1 tonnell.
LireKm.
1 tonnell.
L ire
N o t e
Bohinska-Bistrica . . 133 46,92 435 47,39 642 47,39 Massima penetrazione
B l e d ................................. 153 51,20 414 45,80 622 45,80 a parità di costo
J e s e n i c e ................................... 159 52,68 404 45,02 611 45,02
Kranjska Gora . . . 184 56,91 427 46,54 634 46,54 Confine Austria ; linea
173 47,44 368 41,63 575 41,63 Villach
T r z ic ................................. 191 51 386 43,33 593 43,83
154 41,86 339 39,26 546 39,26
R a k c k ................................... 99 31,87 391 44,17 598 44,17
K a m n ik ........................... 168 46,43 363 41,63 570 41,63
Zidani Most . . . . 208 53,70 306 36,72 513 36,72
C i l l i ................................. 232 58,27 330 38,42 537 38,42
Slovenj - Gradec . . , 303 71,98 401 45,02 608 45,02 Confine Austria ; linea
St. I l j ........................... 314 78,34 407 45,02 614 45,02 Klagenfurt
K o t o r i b a ...................... 372 78,08 373 42,48 580 42,48
369 76,72 409 45,02 615 45,02 Massimo effetto a pa
Novomente...................... 220 55,57 263 33,34 470 33,74 rità di distanza
K o c e v je ........................... 221 56,41 372 42,48 579 42,48
I circoli economici di Susak e quelli di Zagabria, che è la più diretta interessata allo sviluppo di questo porto, fecero tutto il possibile per indurre il Governo di Belgrado a rivedere la sua politica dei mezzi di comunicazione, sostenendo che, col regime preferenziale tariffario, bisognava sostenere anche Susak. Ma a ciò si opponevano i Trat- tati con l’Italia, che obbligano il Regno jugoslavo alla parità tariffaria tra Susak e Fiume: ora, per non favorire lo scalo italiano, si continua a favorire soltanto Spalato.
Certamente il danneggiare i porti italiani è il fine predominante di tale politica; ma, ad un attento esaminatore, appare evi
dente che Belgrado, oltre a volere un porto centrale difeso e pulsante di vita attiva, cerca di spostare verso il sud il centro economico potentissimo della Slovenia, mirando a rafforzare il suo predominio politico diminuendo la potenza delle altre regioni.
Come appare dalla esposizione che abbiamo teste compiuta, la politica jugoslava per l ’Adriatico è ancora molto incerta e preconcetta, e rende il problema del traffico marittimo adriatico ancor più complesso.
4. Ad ogni modo, cerchiamo di sintetizzare la posizione reciproca dei tre porti italiani della zona superiore.
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Notiamo anzitutto che tali scali assumono, dal nostro punto di vista, tre diversi aspetti: il primo, di difesa dell’Adriatico come grande arteria per i traffici internazionali, contro la invadenza dei porti nordici e contro il Danubio, cui le mutate con- Azioni politiche hanno ridato la secolare funzione di via carovaniera dall’Oriente al- l’Occidente; il secondo, di difesa della economia nazionale; il terzo, di potenziamento e sviluppo del proprio movimento.
Alla prima di tali funzioni, comune ai tre porti, si è già fatto cenno nella prima parte; vediamo ora partitamente quali siano le possibilità per le altre due.
Dal punto di vista nazionale, la lotta nell’Adriatico deve essere collettiva, condotta con criterio unitario e metodo strategico. Fiume deve essere la avanguardia della economia nazionale per l ’espansione italiana nelle ricche regioni della Ungheria, della Croazia e di parte della Slavonia, con possibilità di irradiazione verso altri empori di assorbimento dei nostri prodotti; Trieste deve essere la linea di tali correnti e V enezia il centro di produzione e di contingentamento, che dà vita e dirige tale ordinamento economico.
La funzione specifica di ciascun porto integra la attività del movimento marittimo, come parte della economia nazionale. Anzitutto, le correnti di esportazione, di cui abbiamo parlato, debbono assumere speciali caratteri, aderenti alla posizione dell’emporio : Venezia deve tendere allo sviluppo e al perfezionamento delle industrie già esistenti, Trieste all’aumento della sua zona di gravitazione e di influenza commerciale, e Fiume deve cercare di riordinare, potenziare, ed indirizzare la sua attività in
dustriale, che, un tempo florida, non potrebbe più rivivere in modo analogo, perchè le condizioni politiche sono radicalmente cambiate, sovvertendo l ’antico sistema economico.
A dar vita al traffico marittimo concorrono naturalmente anche le correnti di importazione, che possono avere il loro centro avanzato di smistamento a Fiume, pei' le correnti provenienti dall’Ungheria e dallo regioni settentrionali della Jugoslavia, mentre Trieste è adatta ad importare solo per i bisogni locali, tendendo piuttosto al commercio di transito.
L ’avvenire dei nostri porti nell’Alto Adriatico è quindi strettamente connesso, anzi dipendente, dall’oritntamento politico degli Stati finitimi, dalle condizioni economiche internazionali e dallo sviluppo di industrie locali e regionali.
Quindi noi dobbiamo attenderci una ripresa nei traffici attraverso i tre empori del- l’Alto Adriatico, che, per non risentire della concorrenza dei porti nordici, jugoslavi ed egei, debbono possedere una corrispondente capacità di assorbimento, poiché, quando si parla di porto o di emporio marittimo, non si deve intendere lo specchio d’acqua con le installazioni adiacenti, bensì si deve avere presente la potenza e l’affidamento delle società commerciali locali e delle imprese di navigazione, della possibilità di indirizzo sicuro delle correnti e di tutto quel complesso che è chiamato rete di comunicazione, formato da ferrovie, da linee di navigazione, da autostrade e carrozzabili, da linee fluviali, lagunari e lacuali.
Il Capo del Governo italiano, con netta visione dell’awenire, ha detto più volte che
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non si debbono porre limiti al progresso e all’espansione economica dell’Italia.
5. N ell’anormalità delle presenti condi' zioni economiche non crediamo sia il caso di intraprendere costruzioni di nuovi sistemi; ma, non appena le depresse condizioni tenderanno a rialzarsi, siamo certi che il Governo, dando prova di una delle più re* centi fra le virtù italiche, la previdenza, prenderà in esame i vari progetti ferroviari.
Se anche ora prendiamo in considerazio- ne l’opuscolo su « I valichi ferroviari tran- salpini al confine nord-orientale », pubblicato dalla Direzione Generale delle Costruzioni Ferroviarie del Ministero dei LL. PP., vediamo subito come i valichi che riuniscono le migliori doti preferenziali sono quelli del Predii e delle Alpi Aurine. Non ci fermiamo ad analizzare e discutere i vari progetti, ma vediamo brevemente quale è la opinione più diffusa tra studiosi e specialisti, sia per gli effetti economici, che strategici.
La funzione di Trieste come ponte fra l’Oriente e il Centro-Europa ha ispirato i progettisti. La Prediliana comprende due disegni; l’uno, che dovrebbe valersi della linea esistente, Gorizia-Santa Lucia di Tolmino, per deviare nel tratto superiore in direzione del Predii; l ’altro, che segue un percorso non ancora determinato, toccando Monfalcone, Sagrado, ove supererebbe FI- sonzo, Cormons, Cividale e, seguendo il Natisone, per Creda, il valico del Predil. A Creda si staccherebbe un tronco di collegamento, che, per Idersko (medio Isonzo), si allaccerebbe alla transalpina per Assling a Santa Lucia di Tolmino.
Appare subito che da tale linea trarrebbe
vantaggio non solo l’emporio di Trieste, ma tutta la zona da Udine a Gorizia, lungo la valle del Natisone, mentre il collegamento Creda-Santa Lucia unirebbe direttamente Udine alla Sava, senza passare per Gorizia.
Per Trieste, poi, è da notare che non solo sarebbero favorite le correnti che, provenendo dall’Austria e oltre, passano per il Tarvisio, ma anche si riuscirebbe a sottrarre alcuni centri alla politica preferenziale tariffaria jugoslava; così per Kraniska Gora, e forse anche per Jesenice e Bled, che verrebbero a trovarsi in posizione molto migliore verso i porti italiani, come è già per Rakek e per Bohjnska Bistrica, prossime al confine e collegate da linea diretta.
L ’altra arteria progettata, cui abbiamo fatto menzione, è quella detta delle Aurine, che ha per iscopo di far gravitare su Venezia e Trieste il traffico del Tirolo e della Germania meridionale, compresa Monaco.
La linea di grande comunicazione Mo- naco-Rattenberg, già esistente a doppio binario, sarà congiunta, con 149,2 km. di linea di nuova costruzione, per Dobbiaco, a Cima Gogna, ove avranno inizio due rami: il destro, per Venezia, tocca Calalzo, Ponte delle Alpi, Vittorio e Conegliano, per un totale di 148,6 km., dei quali 14 di nuova costruzione, 5 1,2 da rettificare e raddoppiare, 57 già esistenti e 26,4 già costruiti; il sinistro, invece, per Trieste, tocca Mauria, Villa Santina, Carnia, Udine, Cormons, Sagrado, Monfalfone, per un totale di 172 ,5 km., dei quali 83,2 di nuova costruzione, 19,2 da rettificare e raddoppiare, 40,1 da raddoppiare e 70,1 già esistenti.
In base a tali cifre, la distanza di Monaco da Venezia e da Trieste risulta rispettivamente di 423 e 447 km., e si può quindi affermare dhe la gravitazione del traffico del Tirolo e della Germania meridionale sarà con tale linea distribuita tra i due polmoni dell’Adriatico settentrionale.
Inoltre, se si attueranno i disegni per 1 raccordi Peschiera-Domegliara e Gudon- Brunico-Sand, che abbreviano di 33 Km.il percorso per Milano, si comprende che un utile notevole sarà risentito anche dalla Capitale lombarda.
Per Trieste dobbiamo notare anche cheil tratto Trieste-Monfalcone-Sagrado-Cor- mons può servire in comune per la Predi- liana e per la linea delle Aurine, con un notevole risparmio nella spesa.
Dalla sintetica trattazione che abbiamo fin qui esposta, appare evidente che l’avvenire del traffico marittimo attraverso gli empori italiani dell’Alto Adriatico non può mancare, tanto più che esso è intimamente connesso con le sorti del nostro Paese, che mai come in questo momento si sono mostrate sicure, sia per il fervore di attività industriale e commerciale, sia per i progressi costanti che l’Italia va compiendo, avvalorando le sue forze potenziali di masse demografiche ed economiche, dimostrando ancora una volta il suo naturale diritto ad espandersi e bonificare nel mondo.
6. Assai più limpidi si presentano gli orizzonti per i due maggiori empori dell ’Adriatico occidentale: Ancona e Bari.
Come s’è detto, il porto di Ancona ha funzioni limitate; a prescindere dalla notevole diminuzione verificatasi negli ulti
mi sei anni, derivante in parte dalle condizioni economiche generali e in parte dal dissesto di uno dei principali istituti di credito della regione, possiamo affermare chelo sviluppo di attività industriali contribuirà certamente ad aumentare il movimento attraverso tale emporio: ma, per ora, questo scalo ha precipuamente la funzione di capolinea collettore delle correnti di scambio coi porti dalmati e di integratore dei porti minori per la pesca. Quindi nulla giustifica le preoccupazioni di taluni circa la possibile concorrenza ai porti dell’Alto Adriatico.
Se sarà costruita la direttissima Belgrado- Spalato, Ancona assumerà particolare importanza per talune celeri correnti di traffico, e precisamente per la importazione del bestiame jugoslavo, per la esportazione di frutta e agrumi nazionali, per lo scambio di corrispondenza internazionale, per il movi' mento passeggeri, e costituirà un nuovo mezzo per la penetrazione culturale-sociale italiana. Con tale linea avremo Roma collegata, direttamente attraverso Ancona e Spalato, a Belgrado, Sofia e Costantinopoli.
Il porto di Bari presenta notevoli possibilità di sviluppo come centro di espansione economica nel Levante: la Fiera, che tutti gli anni si tiene in Settembre, è la dimostrazione più evidente delle intenzioni del Governo nazionale. Tuttavia dobbiamo notare che l’importanza di Bari è destinata ad aumentare assai, sia per la ripresa economica che non può mancare, sia per la politica di inensificazione commerciale col Levante, sia infine per la revisione dei rapporti di scambio estero dell’Albania. Non possiamo entrare in tale questione, ma c»
limitiamo ad alcune generiche osservazio- ni sulla distribuzione geografica del corri- mercio albanese.
Dai dati ufficiali della « Statistike e Tregtis se Jashtme », si rileva che per le importazioni la concentrazione dei traffici tende a diminuire, particolarmente a danno di quelle Nazioni, che, neU’immediato dopoguerra, fornivano oltre 1*85 % di tali correnti: l ’Italia e la Grecia, che negli ultimi anni hanno ridotte le loro forniture al 50 % . Nelle esportazioni, invece, la concentrazione geografica verso l’Italia e la Grecia, nelle misure rispettive medie del 60 e 20 % , non tende a diminuire; anzi, attraverso variazioni contingenti, si nota una tendenza all’aumento verso l’Italia.
Da tali constatazioni risulta evidente che l’ Italia, malgrado la sua posizione favorevole, determinata dalla politica amichevole verso l ’Albania, che si concreta principalmente sotto la forma di prestiti, finanziamenti e aiuti di ogni specie, non si è curata di monopolizzare in tutto o in parte i rifornimenti albanesi dall’estero, lasciando libero il campo alla sempre più intensa concorrenza straniera.
L ’ Italia, dunque, permettendo che il vicino Regno volgesse le sue richieste a quei mercati, ove riteneva di poter acquistare a condizioni più favorevoli, ha dato e dà tuttora prova di larga visione delle necessità economiche, non disgiunta dal desiderio di mantenere inalterate le attuali condizioni di buon vicinato.
7. Ci proponiamo ora di vedere brevemente quale influenza abbiano esercitato negli ultimi anni i noli marittimi sul commercio estero mondiale, con riferimento
particolare a quello italiano, compiuto attraverso i porti adriatici.
Gli scambi internazionali sono costantemente diminuiti nell’ultimo lustro. Dopolo sconvolgimento finanziario prodotto dall’abbandono della parità aurea da parte della Sterlina (Settembre 19 31) e del Dollaro (Aprile 1933), la politica di difesa doganale è stata ovunque intensificata. I dazi sono stati accresciuti proprio nel momento in cui la diminuzione dei prezzi faceva sperare un aumento di scambi. Tutti i Governi, che quasi contemporaneamente hanno inasprite le barriere doganali, si sono illusi di poter tutelare la produzione e il lavoro nazionale, calcolando di riserbare a questi il mercato interno e di riuscire a penetrare nei mercati stranieri.
In una situazione di così evidente con- trosenso, naturalmente il commercio internazionale è stato colpito con particolare gravità.
Per fornire un’idea della diminuzione mondiale degli scambi negli ultimi anni, riportiamo, a titolo di esempio, dal Bollettino Mensile di Statistica della Società delle Nazioni, alcune percentuali di diminuzione del valore globale delle merci scambiate nel 1932 rispetto all’anno precedente, che già fu un anno poco favorevole agli scambi internazionali: Inghilterra e Argentina, 15 % ; Canadà, 23 % ; Italia, 30 °/0; Stati Uniti d’America e Olanda, 34 % ; Germania, 35 % ; Francia, 50 per cento; Brasile, 53 % .
Alcuni studiosi ritengono tale fenomeno derivante dall’orientamento dell’economia mondiale a circoli chiusi nazionali; ma, dopo la Conferenza di Ottawa, pare invece che abbia avuto inizio una tendenza alla
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installazione di sistemi preferenziali fra gruppi di Stati, come è il caso degli accora di fra Belgio, Lussemburgo e Olanda; fra Olanda e le Colonie; fra gli Stati danubiani, cui probabilmente si richiamano gli accordi militari della Piccola Intesa, sui quali tanto si è discusso negli ultimi anni.
Taluni credono di scorgere una tendenza alla normalizzazione dei traffici; ma per ora questi sistemi preferenziali non tendono che a convertire la guerra doganale di barriera politica, fra i singoli Stati, in guerra doganale di barriera d’intesa, fra gruppi di Stati.
Parallelamente alla diminuzione degli scambi e dei traffici, continua la caduta dei noli marittimi, che ha determinato il Governo italiano a istituire premi di navigazione, compensi di demolizione e aumenti di sovvenzioni, per la quale, nonostante la necessità di rimodernare e perfezionare i mezzi di trasporto marittimo, la attività dei cantieri è stata fortemente depressa.
Ora, poiché per consuetudine i noli sono quotati in moneta inglese, l'insufficienza del rialzo di essi dopo la svalutazione della Sterlina del Settembre 19 31 ha dato luogo ad una forte caduta dei noli in oro nei Paesi che, come l’ Italia, hanno tenuto fede alla moneta aurea.
Questo fenomeno è dimostrato più chiaramente dal prospetto seguente, che dà i numeri indici complessivi medi dei noli marittimi per il trasporto del carbone dagli Stati Uniti d’America e dal Regno Unito in Italia, secondo i dati mensilmente elaborati dal Consiglio provinciale dell’E- conomia corporativa di Genova (1):
(1) L e form ule con le quali sono stati determ ina
ti i noli-oro sono le segu en ti: a) per il R egn o U ni-
Noli pel trasporto del carbone d ag li Stati Uniti d ’ Am erica e Regno U nito :
Indici medi com plessivi (base : m edia 1922-’25 = 100)
A n n o M e d i a
1922 - 1925 1001926 98,81927 92,21928 80,41929 88,31930 63,81931 56,61932 44,11933 39,71934 40,1
Indici mensili 1931 1932 1933 1934 1935
G en n a io ....................... 59,3 42,3 41 38,8 38,9
Febbraio . . . , . 61,4 42,5 41,2 37,6 39,6
M arzo............................ 63,1 48,3 40,6 36,2 39,2
63 45,8 41,7
Doli.
36,9 43,9
67,4 47,2 41,7 37,6 47,6Giugno ...................... 63,2 48 41 40,5 49,4L u g l i o ....................... 60,3 45,1 40,2 43,9 48,7A g o s t o ...................... 59 41,5 40,2 43,5 43,5Settembre . . 52,4
L st.
43 38,4 43,5 48,1
Ottobre . . . . : 46,9 41,1 35,2 41,3 --Novembre . . . . 45,6 40,6 35,6 40 --Dicembre . . . . 40,8 41,5 36,5 39,2 —
to , dal Settem bre 19 3 1 all’ A p rile 19 3 3 ; nolo m edio carta d iviso p e r :
4,866 x 100
corso del D ollaro a Lo nd ra
b) per il R egno U n ito , dal M aggio 19 33 ad o g g i:
nolo m edio carta x 100 , d iv iso p e r :
92,46 x 100
corso della L it . a Londra
c) per gli Stati U n iti d ’A m erica , dal M aggio 19 33
ad o g g i: nolo m edio carta x 100 , d iv iso p e r :
corso della L it . a N e w Y o rk x 100
5,26
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Tali indici si possono tenere rappresentativi delPandamento generale dei noli sulle nostre rotte, notando poi che gli indici relativi ai porti adriatici (Venezia) per le provenienze dal Canale di Bristol sono in media inferiori del 2 % rispetto all’indice medio complessivo riportato, con lieve tendenza ad aumentare tale differenza.
La caduta dei noli in oro avrebbe certamente recato danno gravissimo ai prodotti cerealicoli nazionali, se provvedimenti di varia natura non fossero intervenuti a paralizzarne gli effetti; bisogna però tenere presente che tale caduta ha avvantaggiato alcune nostre industrie nell’approvvigiona- mento delle materie prime e nell’esportazione dei prodotti lavorati, abbassandone sensibilmente i costi di produzione, particolarmente per quelle industrie che sfruttano merci di temporanea importazione.
8. Ora, se si tiene presente che gli aumenti di tariffe portuarie, le preferenze di bandiere, le provvigioni bancarie, la quotazione della moneta base, le variazioni dei noli-oro hanno negli effetti pratici valore di dazi doganali, formando con questi un sistema interdipendente, e che la sfiducia, che forse è la causa principale, benché latente, se non della depressione attuale, almeno del prolungarsi di essa, ha invaso particolarmente i campi in cui si muovono gli industriali e commercianti che dovrebbero far uso dei porti di Trieste e Fiume, principalmente l’Austria, la Germania meridionale, l ’Ungheria e la Jugoslavia, vediamo con sicurezza come l’avvenire del traffico marittimo dell’Adriatico sia, in misura superiore a quella di altri mari, intimamente connesso con la risoluzione, non
solo della ciisi economica mondiale, ma anche del problema dei debiti e delle riparazioni, questioni che in pratica sono l’una riflesso dell’altra.
E ’ necessario quindi affrontare le cause della attuale depressione economica.
11 Capo del Governo fascista ha già tracciate le direttive: aumento di solidarietà fra tutti i popoli indistintamente, per far rivivere gli scambi internazionali; disciplinamento delle masse e controllo delle attività economico-finanziarie da parte dello Stato, per ristabilire, convalidare e potenziare la fiducia dei singoli.
Il Governo italiano ha sempre seguito questo indirizzo; e l’opinione pubblica mondiale, anche quando credeva che l’ Italia perseguisse un imperialismo di puro prestigio, si è poi accorta che in sostanza la nostra espansione coloniale tende al miglioramento dell’economia nazionale e con questa all’elevamento della vita europea.
D ’altra parte, la miglior prova che l’ Italia non pensa all’autarchia come sistema di isolamento, ma come mezzo per garantirsi quell’ indipendenza economica senza la quale, nelle turbate relazioni internazionali, non si può pensare ad una effettiva indipendenza politica, la si ha nel fatto che il nostro commercio con l’estero ha subito negli ultimi anni, precedenti l’infausto ma per noi glorioso periodo delle sanzioni ginevrine, una diminuzione relativa meno sensibile di quella di altre Potenze.
Tale resistenza alla progressiva paralisi degli scambi internazionali trae le sue origini prime dalla salda e ferma disciplina esistente nei nostri empori, nella cura posta dalle Amministrazioni a salvaguardare i giusti interessi dei lavoratori portuali e a
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rendere sempre più concreti e rispondenti alle necessità gli organismi esistenti negli scali: uffici del lavoro, squadre, mezzi meccanici e assistenza tecnica. Una sana poli- tica estera è la base di qualsiasi progresso nel campo internazionale; così il Governo nazionale, pur in momenti particolarmen- te densi di responsabilità, non ha mancato di portare il suo apporto veramente effet- tivo alla soluzione del problema danubiano, coi Protocolli di Roma con l’Austria e con l’Ungheria (23 Marzo 1936).
Ormai i nostri porti godono all’estero larga fiducia ed alto credito, per la regolarità e rapidità delle operazioni che in essi si compiono. La nostra marina mercantile è perfetta sotto tutti gli aspetti e nessun popolo possiede una classe marittima così attaccata al mare come è l’ italiana, e l ’a- driatica in ispecie; questo è dimostrato dal fatto che la percentuale della bandiera nazionale nel traffico mercantile attraverso i porti adriatici è sempre superiore alle percentuali degli altri litorali.
Questi numerosi fattori, avvalorati dalla disciplina potente del sistema corporativo, infondono piena fiducia circa l’avvenire del traffico marittimo dell’Adriatico; le pro
spettive di pacifico progresso sono la dimostrazione del valore intrinseco del nostro mare, che in tutte le età è stato la via più aperta e sicura per l’espansione economica e sociale del nostro Paese.
Oggi che il Popolo italiano ha sintetizzato le contingenti conquiste deH’esperien- za, per trasfonderle in un nuovo ordinamento politico e sociale, il problema del- l ’Alto Adriatico presenta nuove possibilità di risoluzione. Dopo decenni di travaglio eroico per raggiungere la forma coerente al momento storico, torna il tempo di mostrare al mondo che è virtù degli Italiani l’operare fortemente, per offrire il proprio contributo al benessere e al progresso economico dei Popoli.
Possano altre genti seguire l ’esempio dell’Italia; un’intelligenza, maturata attraversoi millenni, dirige un Popolo lavoratore, intimamente equilibrato fino a determinarsi un nuovo sistema di vita; quel Popolo ha il diritto e il dovere di imporre l ’idea coordinatrice delle esperienze e tendenze degli organismi internazionali.
Maggiore potenza assumeranno allora i principi che, usciti dal genio latino, hanno governato e sono destinati a governare nei secoli la vita dello spirito umano.
NOTA BIBLIOGRAFICA
Per quanto riguarda la politica economica *n- temaZumale, sono numerose le Riviste e i periodici che continuamente ne trattano; principalmente ricordiamo : « La Revue économique (et financière) de Belgrade », « La Revue écono- mique internationale », « La Rassegna econom:co- commerciale Italo-Jugoslava» (Milano), «Commercio», «La Porta Orientale» (Trieste), «La Rivista della Città di Venezia», «La Revue Balcanique», «La Revue des Deux Mondes», il «Novo Doba» (Spalato), «Mediterranée» (Marsiglia), «Les Com- merces » (Parigi), « Adriatico Nostro » e « Il Corriere Adriatico », « Echi e Commenti », « The Economist», « The Journal of Commerce », «The Journal of Board », la « Nautical Gazette », « Syren and Shipping », i « Supplementi economici » del Times; notevoli alcuni editoriali su « Il Piccolo di Trieste » e « Il Popolo » di Trieste, e de « L’Intransigeant » (Parigi); (nel ’33 1” « Intransigeant » pubblicò : « Ombres sur l’A- driatique », di G . Mazelin).
Molto presenti si sono tenuti i dati delle pubblicazioni statistiche dell’ istituto Nazionale del- l’Esportazione (Roma) e dell’istituto per l’Espor- tazione di Belgrado; l'Ufficio di Statistica della Direz. Gen. delle Dogane e Imposte dirette (Ministero delle Finanze) pubblica la « Statistica del Commercio speciale di importazione ed esportazione » che però va considerata con molta avvedutezza. Per Io studio dei nostri rapporti con l’Albania sono notevoli gli studi d i ; R. Alma- g ià : « L ’A lban ia», Roma, 19 3 0 ; A. Baldacci: « Studi speciali albanesi », Roma, 19 3 2 .
Per Io studio de i problemi ferrc/vuiri ci limi
tiamo a ricordare : F. Tajani : « I valichi alpi
ni », Milano, 19 14 ; G . Fusinato: « I nuovi va
lichi alpini e il raccordo fluviale italo-elvetico »,
Venezia, 19 19 ; E . Schironi: « L a ferrovia meridionale e la ripresa dei traffici triestini », Eco
nomia, Trieste, 19 2 3 ; G. P iv a : « L ’arteria fer
roviaria detta del Predii », Venezia, 19 2 3 ; par
ticolare interesse presenta « La Jugoslavia e le sue vie di comunicazione », di M . Segnan, V e
nezia, 19 26 ; di Z . Vaskovitsch : « La liaison du Littcral du Qtiarnero à l'H n terlan d par une voie ferree », Belgrado, 19 26 ; « La construction
de la deuxièm e voie sur la ligne Belgrade-Nich- Skoplje-Salonique », Belgrado, 19 26 ; sempre del
V askovitsch : « L a ligne Belgrade-Serajevo- Splitz », Belgrado, 19 26 ; Jugoslavenski L lo yd : « Le congiunzioni col retroterra dei porti di
Susak e Spalato», 19 26 ; G. Gastèran: « L a re-
constitution du réseau ferrovia're et la liaison Danube-Adriatique », Belgrado, 19 24 ; G . Nicoli
ha pubblicata nel ’32 , a Roma, la « Relazione sulla linea ferroviaria detta delle Aurine ».
Per lo studio del problema de i noli è di fondamentale importanza il volume di A . D i Comite : « I N oli e la Bilancia dei Debiti e dei Cre
diti in Italia nel periodo i9 2 5 - ’28 », che costi
tuisce il voi. X X I, della Serie V I, dell’ottima collezione degli « Annali di Statistica », a cura
dell’ istituto centrale di Statistica del Regno di Italia; per l ’andamento dei noli fino all’anno scorso era prezioso il « Barometro economico »,
di F. V inci, nella « Rivista italiana di Statistica, Economia e Finanza » (oggi « Rivista Italiana di Scienze economiche »).
1. S. A,B I B L I O T E C A
j V E N E Z I A 0 5
finito ¿1 stampareil 28 Ottobre 1936 " X I V
coi tipi di Ugo Q uintily
tipografo in Roma