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Il Magnificat LODE DELLA MISERICORDIA DEL SIGNORE PERIODICO UFFICIALE DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO AL SERVIZIO DELLE COMUNITÀ DEL RNS A CURA DELLA COMUNITÀ MAGNIFICAT Il Magnificat LODE DELLA MISERICORDIA DEL SIGNORE 96 II 2008 PERIODICO UFFICIALE DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTO AL SERVIZIO DELLE COMUNITÀ DEL RNS A CURA DELLA COMUNITÀ MAGNIFICAT I I n n c c a a s s o o d d i i m m a a n n c c a a t t o o r r e e c c a a p p i i t t o o , , r r e e s s t t i i t t u u i i r r e e a a V V e e n n i i t t e e e e V V e e d d r r e e t t e e c c / / o o A A d d r r i i a a M M a a f f f f e e i i N N a a z z z z a a r r o o , , V V i i a a A A n n t t o o n n i i o o C C e e s s a a r r e e C C a a r r e e l l l l i i , , 1 1 5 5 / / i i - - 7 7 1 1 1 1 0 0 0 0 F F o o g g g g i i a a - - u u n n a a c c o o p p i i a a 4 4 , , 5 5 0 0 E E u u r r o o . . P P e e r r i i o o d d i i c c o o - - P P o o s s t t e e I I t t a a l l i i a a n n e e S S p p e e d d . . i i n n A A b b b b . . P P o o s s t t . . a a r r t t . . 2 2 c c o o m m m m a a 2 2 0 0 / / c c l l e e g g g g e e 6 6 6 6 2 2 / / 9 9 6 6 F F o o g g g g i i a a C C P P O O

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Il MagnificatLODE DELLA MISERICORDIA

DEL SIGNORE

PERIODICO UFFICIALE DELRINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTOAL SERVIZIO DELLE COMUNITÀ DEL RNSA CURA DELLA COMUNITÀ MAGNIFICAT

Il MagnificatLODE DELLA MISERICORDIA

DEL SIGNORE

96•II •2008

PERIODICO UFFICIALE DELRINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTOAL SERVIZIO DELLE COMUNITÀ DEL RNSA CURA DELLA COMUNITÀ MAGNIFICAT

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PERIODICO UFFICIALE DEL RINNOVAMENTO NELLO SPIRITO SANTOAL SERVIZIO DELLE COMUNITÀ DEL RNS A CURA DELLA COMUNITÀ MAGNIFICAT

Periodico ufficiale del Rinnovamento nello Spirito Santoal servizio delle Comunità,non vuol essere una rivista riservataad una cerchia ristretta di lettori,ma si propone di essere:

una voce profetica per annunciare ciò che il Signoresuggerisce alle Comunità del RnS,che ha suscitato all’interno della sua Chiesa;

un servo fedele della specifica vocazionecomunitaria carismatica,attento ad approfondire i contenutispecifici del RnS;

un ricercatore scrupoloso delle ricchezzedella spiritualità della Chiesa:dai Padri al recente Magistero;

un agile mezzo spirituale di collegamentoed uno strumento di unità per presentarevita, fatti, testimonianze delle varie Comunità del RnSal fine di accrescere la conoscenza e la reciproca stima;

una finestra perennemente apertasulle realtà comunitarie carismatichedi tutto il mondo per ammiraree far conoscere le meraviglie che il Signorecontinua a compiere in mezzo al suo popolo.

Direttore responsabileOreste Pesare

CaporedattoreDon Davide Maloberti

Collaboratori di redazioneGiuseppe BentivegnaAlessandro Cesareo

Tarcisio MezzettiAntonio MontagnaGiuseppe Piegai

Comunità CorrispondentiLe Comunità

del Rinnovamento nello Spirito Santo

Direzione Via Londra, 50 - 00142 Roma

Tel. e Fax 06.5042847

RedazioneVia Vescovado, 5 - 29100 Piacenza

Tel. 0523.325995 - Fax 0523.384567email: [email protected]

Segreteria e servizio diffusionec/o Adria Maffei e Giuseppe A. Nazzaro

Via Antonio Cesare Carelli, 15/i - 71100 Foggiatel. 0881.613713 - Fax 0881.561723

Resp. AmministrativoFederica De Angelis

IconografiaArchivio Venite e VedreteArchivio Il Nuovo Giornale

Progetto grafico e StampaGrafiche Grilli

ProprietàRivista trimestrale di proprietà

dell’Associazione Venite e VedreteAut. Trib. di Foggia n. 435 del 5/10/1998

QUOTE ABBONAMENTO 2006(diritto a quattro numeri)

Ordinario 15,00Straordinario 30,00Sostenitore 60,00Estero (Europa) 20,00Estero (altri Paesi) 28,00

Vanno inviate a:

C/C postale 16925711 intestato a:Associazione “Venite e Vedrete”c.p. - 71016 San Severo - FoggiaIn copertina: particolare della finestra del Magnificat

nella chiesa del Redentore di Boston (U.S.A.)

1Venite e Vedrete 96 - II - 08

34 913 1822

3135

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EDITORIALE

LA MISERICORDIA DEL SIGNORE DURA SEMPREOreste Pesare

“IL MAGNIFICAT: LODE DELLA MISERICORDIA DEL SIGNORE”

IL MAGNIFICAT CANTA L’AMORE DI DIOResponsabili generali della Comunità Magnificat

DIFFONDERE MISERICORDIAOreste Pesare

IL MAGNIFICAT NELLA SACRA SCRITTURAMons. Nazareno Marconi

“NON TEMERE, MARIA...”Jessica Mezzetti

MARIA CANTA LA MISERICORDIA DI DIOTarcisio Mezzetti

CHIAMATI A DIFFONDERE MISERICORDIA E VERITÀIntervista a Stefano Ragnaccia cura di Antonio Montagna

FILOCALIA CARISMATICA

LE ORIGINI DEL MALE NEL MONDO E NELLA NOSTRA VITAGiuseppe Bentivegna S.J.

IL CONVEGNO DELLA COMUNITÀ

UNA PAROLA CHE ILLUMINA IL CAMMINOdi Alessandro Cesareo

TESTIMONIANZE E NEWS

LA COMUNITÀ MAGNIFICAT HA COMPIUTO 30 ANNIdi Alessandro Cesareo

SOMMARIO

Santa Maria, tu appartenevi a quelle anime umili e grandi in Israele che, come Simeone, aspettavano “il conforto d’Israele” (Lc 2,25)

e attendevano, come Anna, “la redenzione di Gerusalemme” (Lc 2,38). Tu vivevi in intimo contatto con le Sacre Scritture di Israele, che parlavano della speranza,

della promessa fatta ad Abramo ed alla sua discendenza (cfr Lc 1,55). Così comprendiamo il santo timore che ti assalì, quando l’angelo del Signore entrò nella tua camera

e ti disse che tu avresti dato alla luce Colui che era la speranza di Israele e l’attesa del mondo. Per mezzo tuo, attraverso il tuo «sì», la speranza dei millenni doveva diventare realtà,

entrare in questo mondo e nella sua storia. Tu ti sei inchinata davanti alla grandezza di questo compito e hai detto «sì»: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,38).

Quando piena di santa gioia attraversasti in fretta i monti della Giudea per raggiungere la tua parente Elisabetta, diventasti l’immagine della futura Chiesa che, nel suo seno,

porta la speranza del mondo attraverso i monti della storia. Ma accanto alla gioia che, nel tuo Magnificat, con le parole e col canto hai diffuso nei secoli,

conoscevi pure le affermazioni oscure dei profeti sulla sofferenza del servo di Dio in questo mondo. Sulla nascita nella stalla di Betlemme brillò lo splendore degli angeli che portavano la buona novella ai pastori,

ma al tempo stesso la povertà di Dio in questo mondo fu fin troppo sperimentabile.Il vecchio Simeone ti parlò della spada che avrebbe trafitto il tuo cuore (cfr Lc 2,35),

del segno di contraddizione che il tuo Figlio sarebbe stato in questo mondo. Quando poi cominciò l’attività pubblica di Gesù, dovesti farti da parte,

affinché potesse crescere la nuova famiglia, per la cui costituzione Egli era venutoe che avrebbe dovuto svilupparsi con l’apporto di coloro che avrebbero ascoltato e osservato la sua parola (cfr Lc 11,27s). Nonostante tutta la grandezza e la gioia

del primo avvio dell’attività di Gesù tu, già nella sinagoga di Nazaret, dovesti sperimentare la verità della parola sul “segno di contraddizione” (cfr Lc 4,28ss).

Così hai visto il crescente potere dell’ostilità e del rifiuto che progressivamente andava affermandosi intorno a Gesù fino all’ora della croce,

in cui dovesti vedere il Salvatore del mondo, l’erede di Davide, il Figlio di Dio morire come un fallito, esposto allo scherno, tra i delinquenti.

Accogliesti allora la parola: “Donna, ecco il tuo figlio!” (Gv 19,26). Dalla croce ricevesti una nuova missione. A partire dalla croce diventasti madre in una maniera nuova:

madre di tutti coloro che vogliono credere nel tuo Figlio Gesù e seguirlo. La spada del dolore trafisse il tuo cuore. Era morta la speranza?

Il mondo era rimasto definitivamente senza luce, la vita senza meta? In quell’ora, probabilmente, nel tuo intimo avrai ascoltato nuovamente la parola dell’angelo,

con cui aveva risposto al tuo timore nel momento dell’annunciazione: “Non temere, Maria!” (Lc 1,30).

Benedetto XVIDall’enciclica «Spe salvi»

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Il Magnificat: lode della misericordia del Signore

PREGHIAMO

La misericordia del SignoreDURA SEMPRE

Ponendo mano a queste brevi riflessioni sulla miseri-cordia del Signore non riesco a non pensare alla mia mam-ma, che ora è con Gesù già da alcuni anni.

Sebbene mi ricordi razionalmente alcuni aspetti del suocarattere che in alcune circostanze mi sono sembrati duri erigidi tanto da avermi fatto molto soffrire e confrontare contutte la mie insicurezze e incapacità, ciò che più mi ricor-do di lei nel profondo del mio cuore è la dolcezza del suosorriso, la forza del suo amore, le sue coccole, i suoi per-doni… in una parola, la sua misericordia. Fino a quandolei c’è stata, è rimasta per me sempre come un rifugio si-curo, un luogo dove andare nei momenti di sconforto epaura. Ero certo che qualunque cosa avessi combinato nel-la mia vita, ella mi avrebbe accolto e difeso. Perfino scher-zando riguardo al mio sovrappeso, ella era capace di dirmidi non preoccuparmi perché ciò che io ritenevo “pancia”erano tutti “muscoli”… La mia mamma mi guardava pro-prio con gli occhi dell’amore!

Ora, ciò che ho sperimentato con lei, che tuttavia oranon c’è più, posso altrettanto testimoniarlo del Signore. In-fatti, sebbene alcune volte io Lo abbia avvertito duro e ir-removibile e alquanto incomprensibile, ciò che veramentemi ha conquistato di Lui e che sempre mi commuove è laSua misericordia. Egli è sempre pronto ad accogliermi, purnelle mie fragilità. Anzi, più divento cosciente della miadebolezza, più Lui si mostra innamorato di me e mi offretutte le sue attenzioni.

Egli è il Padre dal quale amo sentirmi abbracciato. Lasua misericordia è la mia forza.

E’ chiaro che tra la misericordia che ho sperimentato at-traverso l’amore materno e quella che sperimento da Dioc’è una grande differenza: la misericordia del Signore nonpassa, è eterna, come Egli è Eterno.

L’essenza di Dio, dunque, è la misericordia. Come pu-re, la misericordia è l’essenza della vita eterna. E se lo èper la vita che non termina mai, la misericordia è essenzaanche della nostra vita terrena: di una vita vera e felice suquesta terra.

Così, cantare il Magnificat, cantare la misericordia del Si-gnore è andare al cuore della vita; è appropriarsi del “sale”per “dar sapore” a tutta la nostra esistenza.

In questa prospettiva il Magnificat non è “solo” lode aDio, ma anche cammino di guarigione interiore e liberazio-ne per ognuno di noi… verso la libertà piena… verso lacompleta realizzazione delle nostre aspirazioni… verso lealtezze di Maria, che per prima sperimentò la Sua miseri-cordia quale umile serva del Signore.

Coloro che cantano il proprio Magnificat ed esaltano lemisericordie di Dio sono, dunque, gli umili servi di Jahve,che ad imitazione di Maria, madre e modello nostro, sonogravidi di Gesù. Sì, incinta di Gesù, del Salvatore del mondo.

Sono, dunque, costoro, che gravidi del Salvatore perchécapaci di cantare al Signore, con il cuore e con la vita, sa-ranno in grado di partorire Gesù, la Salvezza, al mondo dioggi che, inconsapevole, non aspetta altro.

Partorirlo, renderlo presente e vivo in ogni ambiente:nella famiglia, dove a volte non è così semplice cantare ilMagnificat, nel luogo di lavoro e a scuola, nelle strade, almercato, nella comunità di appartenenza…

… Lodando la misericordia di Dio con la propria vita sipartorisce Gesù al mondo… semplicemente straordinario!Avvenga questo in ognuno di noi che desideriamo con tuttoil cuore di essere suoi veri discepoli. Venga il Suo Spirito, loSpirito del Risorto a renderci gravidi della Salvezza. Amen!

Oreste Pesare

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EDITORIALE

Venite e Vedrete 96 - II - 08

Il MagnificatMaria magnifica il Signore per la

sua misericordia che si stende fino agenerazioni e generazioni (Lc 1, 50)e perché Lui s’è ricordato “della suamisericordia come aveva promesso ainostri padri” (Lc 1, 54).

La parola «misericordia» compareraramente nel nostro linguaggio quo-tidiano. Se si volesse chiedere in giroche cosa significa, molti non sapreb-bero rispondere, oppure la defini-rebbero come un sentimento, un’in-clinazione alla compassione, allapietà e al perdono verso chi soffre osbaglia. Inoltre questo «sentimento» èspesso associato all’idea di debolez-za, al «farsi mettere i piedi in testa».

Comprendiamo istintivamenteche nella parola di Dio la misericor-dia ha ben altra importanza, è unelemento fondamentale della rela-zione di Dio con l’uomo. Prendendoil «Magnificat» come guida, dobbiamoperciò domandarci: che cos’è la mi-sericordia? Perché Maria loda il Si-gnore per la sua misericordia? Chesenso ha per noi questa lode?

La misericordia nell’Antico Testamento

La parola «misericordia» è la tra-duzione della parola greca «eleos» edell’ebraico «hesed» che indicano

l’aiuto misericordioso di Dio. Dal-l’Antico Testamento emergono duecaratteristiche distintive dell’«eleos».Prima di tutto, che essa è indissolu-bilmente legata alle fasi della storiadella salvezza, è stesa tra il passato, ilpresente e il futuro d’Israele, e inmodo particolare all’Esodo. Molto si-gnificativo a riguardo è il Sal 135 cheloda il Signore per i prodigi compiu-ti negli eventi dell’Esodo:“Percosse l’Egitto nei suoi primogeniti:perché eterna è la sua misericordia.Da loro liberò Israele:perché eterna è la sua misericordia;con mano potente e braccio teso:perché eterna è la sua misericordia”.

Il secondo aspetto notevoledell’«eleos» è che rispecchia la con-dotta abituale di Dio. Egli la manife-sta nei confronti di coloro che han-no peccato e nel soccorso degli infe-lici. Si potrebbe dire che la miseri-cordia fa parte del carattere di Dio,del suo modo di fare e di essere.Non si tratta semplicemente di unqualcosa che Egli fa, ma di una por-ta per capire l’incomprensibile: lapersonalità, la costituzione più inti-ma di Dio. Nell’Antico Testamento,infatti, conoscere Dio non significaaverne una comprensione intellet-tuale, ma aver sperimentato in modoviscerale la sua misericordia, il suoessere misericordia.

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“Il Magnificat: lode della misericordia del Signore”

CANTA L’AMORE DI DIO

> Responsabili generali della Comunità Magnificat

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FOCUS TEOLOGICO

La misericordia di Dio nel «Magnificat»

La misericordia ricorre nel «Ma-gnificat» per la prima volta in Lc 1,50. Maria dopo aver finito di lodareil Signore per quello che ha fatto inlei, allarga lo sguardo e loda l’Onni-potente per la sua misericordia chesi stende “di generazione in genera-zione su quelli che lo temono”.

Quest’affermazione allude a queitesti dell’Antico Testamento che par-lano delle gesta di grazia, di benevo-lenza della potenza di Dio, che si so-no manifestate in occasione della li-berazione d’Israele dall’Egitto, e poisi sono ripetute a favore d’Israelelungo la storia per raggiungere ilculmine nel concepimento del figlioper opera dello Spirito Santo. Il mi-stero tremendo e affascinante di Diosanto è allo stesso tempo il misterodella sua misericordia. La potenza diDio è «non-potenza» della bontà, del-la benevolenza, dell’amore. La suamisericordia quindi, non è altro chel’azione salvifica, benigna e fedele afavore del suo popolo.

Nel salmo 103 troviamo un paral-lelo strettissimo con questa afferma-zione del «Magnificat»; in esso si lodail Signore: per la sua “grande miseri-cordia su quanti lo temono” (Sal103, 11), perché ha “pietà di quantilo temono” (Sal 103, 13), perché lasua grazia “dura in eterno per quan-ti lo temono” (Sal 103, 17); e questocomportamento misericordioso, che

consiste nel perdono, nella salvezzae nella giustizia, ha il suo fondamen-to nell’alleanza: “Ha rivelato a Mosèle sue vie, ai figli d’Israele le sue ope-re” (Sal 103, 7).

Alla luce dell’Antico Testamento i«timorati di Dio» che sperimentanotali atti di misericordia, sono i suoiamici e familiari (Sal 31, 20), coloroche lo conoscono (Sal 36, 11), checonfidano nel suo amore (Sal 147,11).

La parola «misericordia» (eleos)usata nel versetto 50 del «Magnificat»guarda in avanti al versetto 54: “Dioha soccorso Israele, suo servo, ricor-dandosi della sua misericordia”. An-che in questa frase si respira l’ariadell’Antico Testamento, essa richia-ma direttamente Isaia 41, 8-9:“Ma tu, Israele mio servo, tu Giacobbe, che ho scelto, discendente di Abramo mio amico, sei tu che io ho preso dall’estremitàdella terrae ho chiamato dalle regioni più lon-tanee ti ho detto: «Mio servo tu seiti ho scelto, non ti ho rigettato»”.

Attraverso Isaia, Dio porta la con-solazione e la liberazione ai deporta-ti in Babilonia proclamando che laschiavitù è finita, e conferma la suaininterrotta benevolenza verso Israe-le che d’ora in avanti viene chiama-to con un titolo nuovo: “Mio servo”,indicando così che dovrà essere suotestimone tra le nazioni.

Allo stesso modo, il «Magnificat»canta la fedeltà di Dio alle sue pro-messe, ma in più si spinge a guarda-re in avanti e canta la liberazionedefinitiva, realizzata per mezzo diGesù, Messia davidico e salvatore.

Il «Magnificat» è quindi la nuovae risolutiva profezia, annunciata esperimentata da Maria, umile servadel Signore, e dalla chiesa delle ori-gini: “essa cresceva e camminavanel timore del Signore, colma delconforto dello Spirito Santo” (Atti 9,31). Quindi Maria, insieme al NuovoPopolo di Dio, loda il Signore santoe potente che si muove a compas-sione di coloro che lo temono, rea-lizzando la loro salvezza. GiovanniPaolo II nell’enciclica «Dives in mi-sericordia» scrive: Le parole del «Ma-gnificat» mariano hanno un conte-nuto profetico che riguarda non sol-tanto il passato di Israele, ma anchel’intero avvenire del Popolo di Diosulla terra. Siamo infatti, noi tuttiche viviamo al presente sulla terra,la generazione che è consapevoledell’approssimarsi del terzo millen-nio e che sente profondamente lasvolta che si sta verifìcando nellastoria.

Proprio noi che abbiamo speri-mentato la salvezza sappiamo chesvolta sia questa; “Dio si è ricordatodella sua misericordia come avevapromesso ai nostri padri, ad Abramoe alla sua discendenza per sempre”.E quando Dio si ricorda, qualcosasuccede: il suo ricordo non è soloun pensiero, diventa cambiamento,soffio dello Spirito, intervento dellaSua potenza, aiuto efficace ai biso-gni dell’uomo. Questo aiuto miseri-cordioso è per noi, nuovo Popolo diDio, e si realizza attraverso il conce-pimento del Messia, discendente diAbramo. Sarà San Paolo a dirci che icristiani provenienti sia dal giudai-smo sia dal paganesimo, grazie allafede in Gesù, sono discendenza diAbramo e coeredi della sua promes-sa (Rm 4, 13-14.16).

Il mistero tremendoe affascinante

di Dio è allo stesso tempo il mistero della sua

misericordia

La misericordia negli altri testi

del Vangelo di Luca

Il tema della misericordia («eleos»)è continuato e precisato da San Lucanegli altri testi del Vangelo: nella no-tizia circa la visita dei parenti e vicinifatta a Elisabetta dopo la nascita diGiovanni Battista (Lc 1, 58), nel «Be-nedictus» (Lc 1, 72.78) e poi nellaconclusione della parabola del buonsamaritano (Lc 10, 37).

In Lc 1, 58 “I vicini e i parentiudirono che il Signore aveva esaltatoin lei la sua misericordia, e si ralle-gravano con lei”: essi sono nellagioia non solo per il fatto miracolo-so, ma soprattutto perché capisconoche questi avvenimenti sono profeti-ci, sono i segni iniziali della realizza-zione della salvezza definitiva.

Il «Benedictus» poi annuncia alversetto 1, 72 che Dio “ha concessomisericordia ai nostri padri e si è ri-cordato della sua santa alleanza”.Dio realizza il giuramento unilateralefatto ad Abramo, e salverà il suo po-polo dalle mani dei nemici medianteil Messia, perché possa servirlo insantità e giustizia, con un culto santoe con una condotta di vita irreprensi-bile. La misericordia da parte di Dio,quindi, non è dovuta alla fedeltà alpatto d’alleanza da parte d’Israele,ma è esclusivamente l’atto d’amoredi Dio verso il suo popolo.

Lc 1, 78 lega poi la misericordiaalla remissione dei peccati. La salvez-

za, preparata dalla missione di Gio-vanni, si realizza attraverso la remis-sione dei peccati operata dal Messia,figlio di Dio. Egli dissiperà le tenebredel peccato e condurrà i credenti sul-la via della pace, li porterà alla sal-vezza (cfr. Lc 1, 79). E questa remis-sione proviene dalle “viscere di mise-ricordia del nostro Dio”. Quest’e-spressione forte ed insolita esprimenon solo una «tenerezza viscerale»,ma anche «uterina». La misericordiadi Dio è talmente connaturata conLui da essere per Lui viscerale. Dio ciha voluto visceralmente, e Gesù haaccettato di soffrire e morire dalleSue viscere. Così profondamente dacrearci attraverso Lui una prima vol-ta con enorme fatica, tanto da dover-si «riposare» il settimo giorno, e poiancora una seconda volta, nella ma-niera più dolorosa e traumatica permezzo della Sua incarnazione, pas-sione, morte e risurrezione […], essa[la misericordia] è anche «uterina»,

dell’amore tenero che fa sentire auna madre brividi dall’utero per il fi-glio. Si tratta della tenerezza del cuo-re del Padre e dell’utero della Madrenei confronti del bambino più espo-sto al bisogno e alla sofferenza. Equesto bambino siamo noi, così tan-to amati da Dio proprio per questanostra condizione, “perché egli sa diche siamo plasmati, ricorda che noisiamo polvere” (Sal 103, 14)» (G.Cippolini).

Infine la parola misericordiacompare nella conclusione della pa-rabola del buon samaritano: “«Qualedunque di questi tre ti pare sia statoil prossimo di colui che cadde nellemani dei ladroni?» E quello disse:«Colui che usò misericordia verso dilui». Gesú allora gli disse: «Va’ e fa’ lostesso anche tu»” (Lc 10, 37). È la ri-sposta alla domanda chi bisognavaconsiderare prossimo. Sono signifi-cative le parole di Benedetto XVIcontenute nella riflessione riguardo

6

Il Magnificat: lode della misericordia del Signore

L’espressione forte e insolita

“viscere dimisericordia”

esprime la tenerezzaviscerale di Dio

GIOTTO - La nascita di San Giovanni Battista (particolare), Firenze, Basilica di SantaCroce, Cappella Peruzzi.

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FOCUS TEOLOGICO

alla parabola del buon samaritanoriportate nel libro «Gesù di Nazaret»:Se la domanda fosse stata: «È ancheil samaritano mio prossimo?», alloranella situazione data la risposta sa-rebbe stata un «no» piuttosto netto.Ma ecco, Gesù capovolge la questio-ne: il samaritano, il forestiero, si faegli stesso prossimo e mi mostra cheio, a partire dal mio intimo, devoimparare l’essere prossimo e che por-to già dentro di me la risposta. Devodiventare una persona che ama,una persona il cui cuore è aperto perlasciarsi turbare di fronte al bisognodell’altro. Allora trovo il mio prossi-mo, o meglio: è lui a trovarmi. Gesùdimostra raccontando la parabolacome bisogna comportarsi per di-ventare il prossimo dell’altro. Chidunque ha ascoltato la parabola de-ve passare all’azione, «usare la mise-ricordia» verso l’altro. Così Gesù po-ne il credente sulla stessa linea delcomportamento miseri-cordioso del Padre. Luiper primo la realizza fa-cendosi prossimo all’u-manità, ad ogni uomo edonna.

Un altro tassello Lucalo aggiunge (senza maiusare la parola «misericor-dia», ma mostrandocela inazione) con le paraboledella misericordia (Lc 15)ed in particolare con quel-la del padre misericordio-so e dei due figli. Ai fari-sei che, come al solito,mormoravano per certefrequentazioni giudicatepoco dignitose, Gesù ri-sponde raccontando l’a-more del Padre, un amoreche insegue ogni uomo,che non si arrende, non sioffende e non ha limiti. Ilfiglio prodigo è responsa-bile della situazione in cuisi trova, ma al ritorno lasua responsabilità non gli

è rinfacciata dal padre. La misericor-dia del padre non è condizionale,non viene «meritata», né c’è chi è piùo meno degno di essa.

Non è un semplice «atto di cle-menza» con il quale un giudice ridu-ce o annulla la giusta pena basando-si sul comune sentimento della falli-bilità e della debolezza umana, equindi sul fatto che in fondo, l’errorecommesso o la situazione di soffe-

renza poteva forse capitare anche anoi. Questo è quel sentimento dipietà o compassione verso chi sba-glia o soffre di cui si parlava all’inizio.Il semplice «atto di clemenza» non ciapre il cuore, perché è un atto rivoltoall’errore e non alla persona.

La misericordia di Dio ragiona in-vece con una logica del tutto diver-sa; il suo amore viscerale per l’uomoannuncia che la persona, ogni perso-na, è la cosa più preziosa che ci sia,tanto preziosa che non conta quantosia sporca o malandata: è comunquedegna di tutte le cure e l’amore delPadre. Dio ha fame e sete dell’uomoe della sua felicità. È l’enormità diquesta fame e questa sete che rendeinsignificante ogni valutazione dimerito, ogni colpa, ogni peccato oerrore commessi; sono questa famee questa sete che hanno motivatol’incarnazione, la morte e la resurre-zione di Gesù. Questa fame e sete di

Dio per l’uomo è il fonda-mento su cui è costruito ilRegno di Dio.

Proprio per il suo carat-tere di essere senza con-dizioni – e questo, i fariseilo capiscono bene, è unterremoto che investe tut-ta la loro visione della vita- la misericordia si ponein opposizione alla leggefarisaica, come una anti-legge, o meglio come lavera legge che dà senso ecompimento alla leggefatta di prescrizioni e de-creti. È per questo che nelcristianesimo ogni regolao precetto discende diret-tamente dall’amore di Dioper l’uomo, dal suo desi-derio di piena felicità perognuno di noi, e mai daun puro «capriccio» o arbi-trio di Dio. La legge è pernoi, non contro di noi,perché è una legge d’a-more.

La misericordia nonè un semplice atto

di clemenza. L’uomomalandato e sporco

è degno di tutte le cure del Padre

REMBRANDT - Il figliol prodigo, San Pietroburgo, Museo dell’Ermi-tage.

La misericordia potenza dello Spirito

La lode della misericordia di Dioche inizia nel «Magnificat» è anche ilcanto di lode della Chiesa, è un can-to che ereditiamo e che diventa no-stro, ma come abbiamo visto, la pa-rabola del buon samaritano ci inse-gna che la misericordia è una sceltaattiva, è un «farsi» misericordia. Perquesto noi che siamo chiamati a es-sere costruttori del regno di Dio, an-zi ad «essere» il regno di Dio, nonpossiamo limitarci semplicemente araccontarla. Non basta nemmeno te-stimoniare ciò che Dio ha fatto perognuno di noi. Siamo invece obbli-gati a rappresentarla, a essere noiquesta misericordia verso tutti gli uo-mini. E possiamo fare questo solo se,attraverso l’opera dello Spirito, acco-gliamo e facciamo nostra questa fa-me e sete dell’uomo che Dio ha.

In un film di qualche anno fa,«Schindler’s list», il protagonista, neltentativo, dapprima incerto e poi viavia sempre più convinto di salvare ilmaggior numero di ebrei alla finegiunge letteralmente a comprarli. Inun finale carico di emozione Schind-ler si rende conto che, pur avendofatto molto, non ha fatto abbastanza.Le ricchezze che gli sono rimasteavrebbero potuto essere convertitein vite salvate: con angoscia si rendeconto che un cappotto, una spilla,l’automobile potevano essere dieci,trenta persone in più. Rendendosi

conto di tenere stretto in mano unqualsiasi oggetto invece di un’altramano, calda e viva, avverte di avercommesso un errore fatale: il doloreper chi è stato perso inutilmente so-praffà la gioia per chi si è salvato.

Proprio questo dolore è l’immagi-ne di quella fame e sete che Dio hadella salvezza dell’uomo, per la qua-le nessun prezzo è troppo alto.

Accogliere in noi, addirittura di-ventare la fame e la sete di Dio perl’uomo non è cosa umana, è operadello Spirito. A noi sta chiederla, de-siderarla, aprire le porte, togliere gliostacoli. Questa ascesi è un perma-nente allenamento della mente e delcuore su cui poi lo Spirito compie lasua opera, non solo facendoci farequalche atto di carità, ma trasforman-do il nostro cuore e la nostra mente.Le persone, quei figli che il Padrecerca attraverso di noi, diventano co-sì il nostro fine, la nostra preghiera, ildono di Dio per noi: ogni incontro opersona, ogni difficoltà di relazionediventa una nuova opportunità per

esprimere l’amore del Padre. Diventaanche naturale avventurarci in quellache potremmo chiamare misericor-dia «strutturale»: cioè scelte di vitache sono in sé misericordiose, cheesprimono con la vita stessa l’amoredi Dio: accoglienza, ospitalità, servi-zio, dono anche economico. Qui siaprono altre considerazioni sul co-raggio della fede che lasciamo alla ri-flessione personale.

Noi Comunità «Magnificat» sap-piamo che la misericordia di Dio èintessuta nella nostra stessa vocazio-ne. Sappiamo bene che quando glie-lo abbiamo permesso, il Padre hausato la Comunità come un retinoper raccogliere gli ultimi, quelli chesono stati passati nel tritarifiuti dellavita; quelli instabili, poco affidabili,troppo feriti, che abbiamo accoltoper un giorno o per molti anni. Ab-biamo ricevuto in dono un calore nelcuore per loro, un dono di cui do-vremmo essere più consapevoli, percoltivarlo meglio; il segno di unachiamata e una vocazione che nonpossiamo negare.

Ugualmente è trasparente la mi-sericordia di Dio nell’Alleanza stessa(che nasce dall’amore viscerale cheDio ci ha mostrato), nelle tre pro-messe dell’amore: perdono perma-nente, costruzione dell’amore e ser-vizio (attraverso le quali ci chiama adannunciare la sua tenerezza agli uo-mini); e anche nella vita fraterna cisono i segni di questa vocazione allamisericordia. Con quanta pazienza ilSignore ci ha ammaestrato al durocompito di rimanere un corpo soloin Cristo a dispetto delle durezze re-ciproche!

L’Alleanza comunitaria è testimo-nianza e profezia della misericordiadi Dio: testimonia ciò che Dio ha fat-to per noi, donandoci la salvezza, laChiesa e la Comunità; ed è profeziadi questa stessa salvezza, perché ge-nera una Comunità che annuncia l’a-more di Dio andando incontro a tut-ti gli uomini.

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Il Magnificat: lode della misericordia del Signore

Ogni persona, ognidifficoltà di relazionediventa una nuova

opportunità per esprimere

l’amore del Padre

Un’immagine del convegno di Montesil-vano del gennaio scorso.

(foto Luigi Montesi)

DiffondereUn piano di salvezza per tutti gli uomini

Credo fermamente che Dio ci ab-bia mostrato che lo scopo primarioper cui la comunità cristiana esiste èper la salvezza di tutto il genere uma-no. Essa non esiste in funzione dellamia salvezza personale, della salvez-za dei suoi aderenti. È tempo chequesta affermazione sia gridata suitetti. Su questa “buccia di banana”scivolano moltissimi fratelli e sorelle,anche del Rinnovamento.

Se siamo dei chiamati alla Comu-nità, dobbiamo renderci conto di es-sere già stati salvati da Gesù. Nonabbiamo bisogno della Comunitàper salvarci. Noi siamo nella Comu-nità per salvare il mondo! Certo,questa è una parola grossa, ma è pursempre la verità. Siamo chiamati allacomunità cristiana per salvare ilmondo, proprio continuando l’operadi Gesù.

Imitare Gesù nella sua opera di salvezza

Il Corpo di Cristo, la comunitàcristiana, deve continuare ciò che hafatto il suo Capo: questa è la missio-ne della Chiesa. Gesù stesso ci hadato questo comando: «Come ho fat-to io, fate anche voi». Egli ha offertola sua vita in maniera particolare sul-

la croce, così come gli aveva indica-to il Padre. Oltre ad essere, dunque,l’artefice della salvezza, Egli è statoanche un «segno» per ognuno dinoi… un segno da imitare.

A tal proposito c’è un esempionel mondo animale che spiega beneciò che voglio dire: parlo di una ca-ratteristica dei ratti. Questi hannouna strana peculiarità: sebbene pos-sano essere di taglia piuttosto gran-de, sono capaci di entrare in un qual-siasi buco dove riesca a passare la lo-ro testa, che è sproporzionatamente

più piccola del corpo. Dove entra,dunque, la testa, entra pure tutto ilcorpo.

Così per la comunità cristiana,per il Corpo di Cristo. Apparente-mente ci risulta difficile il dover se-guire l’esempio di Gesù, l’altezzadella sua testimonianza. Ma, se Egli èpassato attraverso la porta stretta del-la croce e ci chiede di fare altrettan-to, … altrettanto sarà possibile fare anoi, che siamo il Suo corpo. Egli hadato la vita per il mondo… noi purepossiamo dare la vita per il mondo.

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FOCUS BIBLICO

MISERICORDIA

> Oreste Pesare

Venite e Vedrete 96 - II - 08

Diffondere misericordia:missione della comunità cristiana

C’è una salvezza che noi – comecomunità carismatiche – dobbiamoportare al mondo: l’annuncio dellamisericordia.

Caino, se pur chiamato a relazio-narsi con il fratello Abele, non è riu-scito a far comunità con lui. Il suopeccato lo ha portato ad uccidere ilfratello. Così pure coloro che voleva-no costruire la torre di Babele: seb-bene avessero gli stessi ideali, il loropeccato li mise gli uni contro gli altri;si confusero le loro lingue ed essi sidivisero e si dispersero in tutto ilmondo.

Gesù, con il suo esempio, ci inse-gna a non scivolare sul fratello comefosse una buccia di banana, né ad es-sere noi stessi causa della caduta al-trui. Egli è venuto a portarci la chiaveperché la Chiesa possa essere costrui-ta, senza crollare. Gesù ci ha inse-gnato il segreto per mezzo del qualela Chiesa e le nostre comunità posso-no essere vere, autentiche. Il segretodi cui sto parlando è il perdono.

Luca ci racconta che quando Ge-sù fu crocifisso disse: “Padre, perdo-nali, perché non sanno quello chefanno” (Lc 23,24). Chi ha orecchieascolti. Chi ha orecchie spirituali sache questo viene dallo Spirito.

Dio non vuole comunità che sipreoccupano di costruire chissà cosa;che si affaticano a «fare» partendo dal-le proprie buone intenzioni. Dio nonsa che farsene delle nostre costruzio-ni che lui non aveva progettato. Lenostre comunità saranno capaci dicostruire «nel Signore» solo come con-seguenza della comunione, solo co-me frutto delle nostre relazioni inter-personali basate sull’amore e sul per-dono. Dunque, che il fare, il costrui-re vengano solo dopo un profondoimpegno ad intessere relazioni frater-ne ad imitazione di Gesù, che ha da-to la vita per i propri amici.

Il Signore vuole effondere la suasalvezza dall’uomo all’uomo, così co-me ha fatto attraverso Gesù. Egli creòrelazioni personali con gli uomini e ledonne del suo tempo. Non parlò almondo affacciato ad una nuvola. Èvenuto in mezzo a noi, ha stretto ma-ni, ha abbracciato, ha vissuto con gliuomini, si è fatto prossimo e, sul suoesempio, la salvezza deve continuarea raggiungere ogni uomo attraverso ilsuo Corpo, che siamo noi. Non piùCaino contro Abele, ma Cristo salva-tore degli uomini, di tutti gli uomini…attraverso il suo Corpo, la Chiesa.

Dio vuole dunque riversare la Suasalvezza, la Sua misericordia. Ha bi-sogno di annaffiatoi di Spirito Santo,di annaffiatoi di misericordia.

Quando ci avvicina un fratello,Dio vuole che noi siamo questi an-naffiatoi, affinché chi ci è vicino spe-rimenti la grazia del perdono. Dicel’evangelista Matteo: “Siate voi dun-que perfetti come è perfetto il Padre ilPadre vostro celeste” (Mt 5,46). E Lucagli fa eco: “Siate misericordiosi comeè misericordioso il Padre vostro cele-ste” (Lc 6,36). Il mondo ha bisognodel perdono del Padre, questa è laverità! Il mondo non ha bisogno solodi comunità che si impegnino a risol-

vere la fame; non ha bisogno solo dicomunità che portano l’annunciomissionario; il mondo ha bisogno disentirsi accolto; ha bisogno di speri-mentare il perdono del Padre celeste,così come lo sperimentò il figliuolprodigo del Vangelo.

È ovvio che il servizio ai poveri el’annuncio del Vangelo sono necessa-ri; ma bisogna non smettere di ripete-re che tutte queste cose necessitanoessere solo frutto della misericordia,dell’accoglienza che abbiamo da of-frire a tutto il mondo a nome e perconto di Dio, Padre misericordioso.

* * *Si racconta di una donna, appar-

tenente ad una delle nostre comu-nità, che pregava molto e voleva in-contrare fortemente il Signore. Passa-va molte ore al giorno piangendo esospirando l’incontro con Gesù. Ungiorno, durante un incontro di pre-ghiera ricevette una profezia con laquale il Signore le assicurava una vi-sita imminente.

Credendo profondamente ai donidi Dio, quella tornò, dunque, prestoa casa quella sera e cominciò a pre-pararsi per l’atteso incontro del gior-no dopo: riassettò la casa, si lavò i ca-pelli, si rifece il trucco, indossò unabito elegante, sistemò la Bibbiaaperta sul tavolo di casa così che Ge-sù si sentisse ben accolto. Al mattinoseguente tutto era pronto: perfino unbel cero acceso vicino alla Bibbia.

Il suo animo era agitato e si ripe-teva tra sé che non vedeva l’ora distare cuore a cuore con lo Sposo.

D’improvviso qualcuno suonò al-la porta. Il cuore della donna sus-sultò. Era solo il postino. E così, fret-tolosamente, la donna si sbarazzòdell’inopportuno visitatore. Attende-va ben altro!!! Ancora il campanellodella porta. Ancora un sussulto. Que-sta volta era la vicina, bisognosa dialcune uova. Anche questa volta laporta fu chiusa frettolosamente esgarbatamente. Non si poteva dare

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Il Magnificat: lode della misericordia del Signore

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FOCUS BIBLICO

attenzione alla vicina mentre si era inattesa del Signore. La scena si ripetéaltre volte: un bisognoso, una telefo-nata di qualcuno non troppo simpati-co, un parente. La risposta fu sempreuguale: non era il tempo opportunoper quella visita o quella telefonata…

Purtroppo passò tutto il giorno egiunse di nuovo la sera e del Signoreneppure l’ombra.

La donna, dunque, cominciò asinghiozzare, delusa e disperata dipoter vedere realizzato il suo deside-rio. Perché il Signore non era venu-to??? Il suo pianto era sincero.

Così il Signore in persona le ap-parve accanto spiegandole – così co-me era avvenuto con i discepoli diEmmaus – che egli era venuto tantevolte a farle visita durante quel gior-no, sotto le vesti del postino e dellavicina e del bisognoso e così via. Eche era stata lei a non accoglierlo e aprendersi cura di lui attraverso i biso-gni del suo prossimo… D’ora innanziavrebbe, dunque, dovuto modificareil suo modo di relazionarsi con il Si-gnore. Non si può ricercare lui senzaaccogliere il fratello!!!

Esercitare la misericordiaanzitutto in comunità

Per misurare il nostro grado dimaturità comunitaria, bisogna – dun-que – riflettere sulla domanda chePietro un giorno fece a Gesù: “Signo-re, quante volte devo perdonare il fra-tello che pecca contro di me, fino asette volte?” (Mt 18,21).

Immaginiamo di essere noi al po-sto di Gesù e di ricevere questa do-manda da un aspirante membro dellanostra comunità. Quale sarebbe lanostra risposta? Molto tempo fa, iopenso che avrei risposto che in unacomunità cristiana non ci sarebbe sta-to molto bisogno di perdonare per-ché ogni membro è impegnato in uncammino di crescita spirituale e quin-di attento a costruire relazioni semprepiene di amore e sincerità. A queltempo avrei dato, dunque, una rispo-sta secondo le mie aspettative, i mieidesideri, una risposta certamenteumana. Gesù, invece, rispose sapien-temente, da “creatore” e “conoscitore”del cuore umano. La sua risposta sot-tolineò la necessità di dover perdona-re tante volte all’interno di una comu-nità cristiana. La perfezione cristiana,infatti, non consiste nel non sbagliaremai, ma nel vivere un profondo per-dono nei riguardi di noi stessi, nei ri-guardi di Dio stesso ed infine nei ri-guardi di tutti i nostri fratelli.

Noi siamo chiamati ad agire adimitazione del Signore. Le nostrerealtà comunitarie sono povere, fattedi poveri peccatori ed è così che il Si-gnore, accogliendole, le ha chiamate.Non cerchiamo, dunque di costruire otrovare una comunità secondo i nostridesideri; non aspettiamoci comunitàperfette umanamente. Non c’è più

posto per lo scandalizzarsi del pecca-to del fratello nella comunità cristiana.Siamo, infatti, noi stessi esenti da pec-cato?

C’è una salvezza, c’è una acco-glienza che salva e che solo chi si tra-sforma in Gesù può attuare a Sua im-magine. È la salvezza che passa attra-verso il perdono. Noi possiamo – di-rei anzi dobbiamo – essere simili aGesù nel perdonare tutti e sempre.

Possiamo distinguere due tipi dicomunità cristiana: innanzitutto le«comunità dell’avere». Queste sonocaratterizzate dal fatto che i parteci-panti si aspettano di ricevere dalla co-munità: ricevere i servizi della comu-nità; ricevere gli insegnamenti dellacomunità; ricevere l’aiuto della comu-nità, la consolazione della comunità;ricevere un programma di vita dallacomunità. Questo tipo di comunitàsono le comunità del successo, delpossesso; sono le comunità di coloroche bramano i primi posti in tutto…In tali comunità è facile trovare chi,per descriverti la propria comunità, tifa un elenco interminabile di attivitàche la comunità svolge, di quanti in-contri vive. Queste sono le comunitàche hanno al proprio centro la comu-nità stessa con tutte le sue attività.

L’apostolo Paolo, al riguardo, ciammonisce: “se anche distribuissi tut-te le mie sostanze e dessi il mio corpo

La perfezionecristiana non

consiste nel nonsbagliare mai,

ma nel vivere nellospirito del perdono

per essere bruciato, ma se non avessila carità…” (1Cor 13,3).

Ci sono, poi, le «comunità del da-re». Nelle quali si sta per la salvezzadel mondo, operando a partire dalproprio interno: accogliendo, perdo-nando, amando i propri fratelli di co-munità, così come essi sono. Parten-do da questo presupposto, la vita deimembri di questo tipo di comunità di-venta, a mano a mano, di grazia ingrazia, tutta intera di Dio, senza riser-ve, radicalmente Sua. Al centro diquesto tipo di comunità, è ovvio, nonc’è il «fare», bensì Gesù stesso, cheopera attraverso coloro che offrendo-si a Lui, ne diventano strumenti utilied attivi.

Queste «comunità del dare» posso-no scaturire – a mio parere – soltantoda un movimento carismatico, da unmovimento che vive della «grazia» (dalgreco «caris»), che prende forza total-mente dallo Spirito Santo.

“Date e vi sarà dato” (Lc 6,38), hadetto Gesù! La «comunità del dare» èper me la fonte della felicità. Mentre,infatti, il mondo ti propina una felicitàfrutto del possesso… a tutti i costi, ilSignore ci insegna che la nostra gioia,la nostra felicità è nel dono gratuitodelle cose, del tempo e di tutta la no-stra vita. Saremo profeti di Dio nelmondo se ci faremo araldi di questotipo di comunità.

Salvarsi salvando

Credo di poter affermare senzaombra di dubbio che la misericordiaè la legge che muove e deve muove-

re le comunità carismatiche. È, infat-ti, la fantasia dell’amore misericor-dioso e accogliente che deve espri-mersi in mille modi diversi per dona-re la vita «vera» al mondo: la ritrovataamicizia con Dio. E questo può av-venire solo attraverso la generosità ela libertà del cuore di coloro che, adimmagine di Gesù, si sentono chia-mati a offrire la propria vita perché ilmondo riviva.

Io posso, dunque, essere comeLui «solo» nell’atto di perdonare e neldiffondere misericordia e, di più,posso in qualche modo anche spin-gere Dio stesso a perdonare.

Tutte le volte, infatti, che io per-dono il fratello, «costringo» (mi si pas-si il termine) Dio stesso a perdonarequel fratello! Dio è più «grande» di mee dunque se pur essendo io cattivosaprò andare al di là del peccato delmio fratello e lo accolgo, Egli, il Si-gnore non potrà che avere lo stessomio atteggiamento verso quel fratel-lo, anche se non lo meritava.

In questa maniera noi possiamoassociarci a Gesù per essere salvezzaper il mondo. E questo tutte le volteche con la nostra vita cominceremoad accogliere il peccato del mondo,

il peccato del fratello; ad accogliernela malizia. Dio non potrà non perdo-nare ciò che noi avremo perdonato.

È questa la salvezza che sonochiamate a portare le comunità cari-smatiche. Io posso salvare il mondo– in Gesù Cristo – con il perdono!

Quando parlo di perdono, non miriferisco al «non fa nulla» detto quan-do riceviamo uno schiaffo. Parlo del-l’accoglienza che ci dobbiamo fareinnanzitutto fra di noi «fratelli in Cri-sto», accettandoci come il Padre ci ac-coglie e non aspettandoci di cambia-re il fratello che ci sta vicino, bensìaccettando la sfida di aiutarci vicen-devolmente a crescere nella carità.

Siamo chiamati ad essere il me-moriale della salvezza di Cristo eniente di meno.

Coraggio, dunque, e al lavoro. Inginocchio a chiedere una nuova ef-fusione di Spirito Santo per essere gli«annaffiatoi di misericordia» che il Pa-dre vuole che siamo.

(liberamente tratto e adattato da: O. Pesare, Diffondere Misericordia:

missione della Comunità, Quaderni di V&V, 1997, pagg 11-18)

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Il Magnificat: lode della misericordia del Signore

La “comunità” del dare è la fonte

della felicità.Facciamoci araldi

di questo tipo di comunità

Il MagnificatPer la nostra riflessione sul Ma-

gnificat vorrei partire da un pensierodi Giovanni Paolo II che nella «Re-demptoris Mater» lo definisce così:Un canto sgorgato dal profondo dellafede di Maria (RM 35).

Mi sembra una intuizione straor-dinaria: questo canto ci fa conoscerela fede di Maria, anzi il fondamentoprofondo di questa fede. Come pos-siamo dire questo?

Dobbiamo innanzi tutto ricolloca-re il Magnificat nel suo contesto, è ilmodo più sicuro che abbiamo percapire ciò che lo Spirito voleva dirci.

Siamo nel vangelo dell’infanzia diLuca. Un testo elaborato da Luca congrande profondità teologica e, comedice il prologo, dopo avere fatto in-dagini in proprio tra quanti “dopo es-sere stati testimoni dei fatti sono di-ventati ministri della Parola” (Lc 1,2).Per i vangeli dell’infanzia è abbastan-za evidente che Luca deve aver con-tattato un ambiente che conservavatradizioni legate al ricordo di Maria.Un ambiente di ebrei diventati cristia-ni, come la maggior parte dei primicredenti. Da questo ambiente sembraprovenire il Magnificat che ha allesue spalle un testo ebraico o almenoun ambiente che conosce l’ebraico.Basta poco per rendersene conto. In-fatti si apre facendo riferimento aduna visione della persona che non è

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FOCUS PASTORALE

NELLA SACRA SCRITTURA

> Mons. Nazareno Marconi

Venite e Vedrete 96 - II - 08

RAFFAELLO - Madonna con il Bambino, san Giuseppe, sant’Elisabetta e san Giovanni-no (Sacra Famiglia Canigiani), Monaco, Alte Pinakothek

greca, ma ebraica: parla di «anima(psichè)» e «spirito (pneuma)» propriocome Paolo in 1 Tess 5,23 definiscel’uomo fatto di spirito (pneuma), ani-ma (psichè) e corpo (soma) e nonsoltanto anima e corpo.

Poi nei versetti 49-50 alla letterascrive “e santo … e la sua misericor-dia… in generazione e generazione”che è un pessimo greco, ma va be-nissimo se lo ritraduciamo in ebraico.

Se questo è lo sfondo da tenerepresente abbiamo in questo canto uninno che viene da una comunità natanel giudaismo, che si rifà a Maria o al-meno a chi ha conosciuto direttamen-te la sua testimonianza e si sente au-torizzato a riferire a lei queste parole,cosciente di presentare così il pensie-ro di Maria in un momento crucialedella storia della salvezza.

Perché è un momento cruciale?Torniamo al vangelo di Luca.

Lc 1-2 è costruito facendo un co-stante parallelo tra Giovanni Battistae Gesù in cui Gesù è sempre supe-riore a Giovanni

Abbiamo infatti: Annunciazionedel Battista (1,5-25) - annunciazionedi Gesù (1,26-38); Nascita e circonci-sione di Giovanni (1,57-66) - nascitae circoncisione di Gesù (2,1-21); Gio-vinezza del Battista (1,80) - giovinez-za di Gesù (2,40).

Ma abbiamo anche che solo l’ini-zio della storia di Giovanni si aprenel tempio, mentre Gesù è presenta-to al tempio dopo pochi giorni e ri-ceve una accoglienza speciale da Si-

meone ed Anna, una profezia ed unabenedizione con l’inno di Simeone, evi torna tutti gli anni, finchè a dodicianni vi inizia il suo ministero di mae-stro per Israele.

Giovanni infatti è figlio di un sa-cerdote che officia nel tempio, Gesùè figlio del Padre a cui il tempio ap-partiene.

Sia Giovanni che Gesù con la lo-ro nascita provocano un inno di lodea Dio. Però in questo caso l’ordine èinvertito. Prima abbiamo l’inno diMaria, il nostro Magnificat, poi abbia-mo l’inno di Zaccaria, il Benedictus.

Luca nota che Zaccaria profetizzapieno di Spirito Santo, ma solo dopoche Giovanni è nato. La sua fedecanta solo dopo che ha veduto ilbambino, che sarà chiamato “profetadell’altissimo”. Mentre Maria cantaprima che il bambino Gesù nasca,ancora prima che nasca Giovanni.

Luca presenta Maria come “coleiche ha creduto nell’adempimentodelle parole del Signore” fin da quan-do non si vedeva nulla, prima anco-ra che il bambino di Elisabetta le sus-sultasse in grembo.

Il canto del Magnificat nel conte-sto di Luca 1-2 è quindi un canto dilode che sgorga dall’intimo di Maria,la Beata che ha creduto senza averveduto, e che ora iniziando a vedereun primo segno del compimento del-le parole dell’angelo nel fatto che Eli-

sabetta è veramente incinta, “esultain Dio”.

Il Magnificat è il canto di esultan-za di chi sa camminare con fede nelbuio, senza nulla chiedere e per que-sto accoglie con gioia indicibile i pic-coli segni di luce che Dio gratuita-mente gli dona.

Solo se ci fermiamo un attimo acontemplare questo, possiamo intui-re la stima immensa che la comunitàlucana aveva di Maria. Davvero que-sto canto sgorga dal profondo dellafede di Maria e ci parla del mistero diquesta fede meravigliosa.

Difficilmente questo testo è statopronunciato da Maria in quel mo-mento. Non c’erano registratori du-rante quell’incontro ed una tale poe-sia normalmente richiede un lungotempo di meditazione ed affinamen-to per essere portata a compimento.È possibile che già Maria, quando leveniva logicamente chiesto dai primicristiani che cosa avesse provato nelrendersi conto che le parole dell’an-gelo si stavano compiendo, abbiacercato nelle parole più belle dellaBibbia quelle che meglio esprimeva-no i suoi sentimenti di lode e di gra-titudine nei confronti del Signore. Apartire da questi ricordi la comunitàcredente ed infine Luca hanno ela-borato questo canto, certo nel timoree tremore di cercare di esprimere ilmistero della fede di Maria.

Il Magnificat va dunque ascoltatocon il cuore pieno di commozione!

In esso appaiono alcuni messaggifondamentali che la conoscenza del-l’Antico Testamento rende chiari e cifanno comprendere come in questocanto di Maria abbiamo insieme ilvertice della preghiera di Israele ed ilvertice della preghiera cristiana.

Questo è possibile perchè la pre-ghiera cristiana non è nata contro ein maniera separata da quella diIsraele. La comunità giudeo-cristianache ha conservato i ricordi di Maria,non ha certo sentito fratture nella suapreghiera, che si nutriva della Parola

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Il Magnificat: lode della misericordia del Signore

A differenza di Zaccaria,

Maria “canta” la grandezza di Dioprima della nascita

del suo figlio

di Dio e soprattutto dei salmi. Comeloro anche noi abbiamo continuato apregare con gli stessi salmi, sentendoperò che il loro contenuto si era rin-novato, o meglio era maturato, comeun fiore che diventa un frutto profu-mato e saporito.

Se ascoltiamo questo canto sullosfondo dell’AT vediamo come ungrande fuoco d’artificio che si span-de in ogni direzione. Ne indicheròsolo alcune per darvi una specie diassaggio.

“Allora Maria disse:”Siamo all’inizio del più grande at-

to di salvezza compiuto da Dio sal-vatore, ma la fede di Maria lo vivecome già attuato e per questo cantala sua lode. In Es 15 dopo la salvez-za del Mar Rosso tutto Israele cantacon Mosè la sua lode a Dio ed è pro-prio Maria, sorella di Mosè, che gui-da questo canto di lode. La nuovaMaria apre il canto per una nuova epiù profonda liberazione, sembradirci il Vangelo.

Il cantico presenta i motivi dellalode che Maria fa a Dio con noveverbi greci, tutti al tempo aoristo, in-dicando così dei fatti, delle azioniconcrete che Dio ha compiuto e chemotivano la lode.

I primi due verbi presentano l’e-

sperienza di Maria che loda Dio per-ché ha fatto in lei qualcosa di straor-dinario. Come nel salmo 8 in cui ilsalmista stupito si diceva: “che cosa èl’uomo perché te ne ricordi e il figliodell’uomo perché te ne curi? Eppurel’hai fatto poco meno degli angeli, digloria e di onore lo hai coronato…”Maria esalta Dio perché ha guardatol’umiltà della sua serva ed ha fatto inlei grandi cose.

Maria prega cosciente insiemedella sua piccolezza (la serva) e del-la sua grandezza (cose grandi fatte inlei), della grandezza di Dio (il Poten-te) che sa però farsi piccolo, (haguardato all’umiltà).

C’è tutto il mistero della storiadella salvezza, in cui Dio scende finoa farsi uomo, fino a farsi l’ultimo de-gli uomini per rendere così gli uomi-ni grandi, suoi fratelli, figli di Dio.

La preghiera di Israele e quelladei cristiani ha sempre questa caratte-ristica duplice, è profondamente umi-le perché cosciente come nessuna al-tra religione della grandezza di Dio,ma al tempo stesso è così confidentein Dio da dargli del «tu», da chiamarloPadre, anzi Abbà, cioè «papà».

Dopo i primi due verbi che parla-no dell’esperienza personale di Ma-ria, ci sono ben sei verbi che parlano

di ciò che Dio ha fatto per “coloroche lo temono” ed infine il nono ver-bo che parla di ciò che Dio ha fatto“per Israele suo servo” ricordandosidelle sue promesse.

Nel libro degli Atti degli Apostolial cap 13,16.26 Paolo parlando nellasinagoga di Antiochia distingue tra isuoi ascoltatori gli “uomini di Israe-le” ed i “timorati di Dio”. I primi sonogli ebrei di nascita, mentre i secondisono i non ebrei, i pagani che si era-no convertiti al giudaismo. Nel Ma-gnificat avremmo Maria e questi duegruppi. Una conferma che questo an-tico canto proviene da una comunitàgiudeo-cristiana in cui ci sono giudeiche sono diventati cristiani.

In maniera significativa però, consei verbi contro uno, Maria mette inparticolare luce ciò che Dio ha fattocon straordinaria misericordia so-prattutto per questi «timorati», ex-pa-gani, che erano considerati quasicredenti di serie B. Maria sembramettersi quasi più vicina a loro che alsuo stesso popolo, di cui però fachiaramente parte, Lei è la piccolache sta con i piccoli, la serva che stacon gli ultimi.

Questo messaggio del Magnificatmi sembra particolarmente significa-tivo per noi. Oggi questo inno di lo-de ci spinge, come Maria, a mettercial fianco degli ultimi, di quelli chesono giunti alla fede partendo dalpeccato, dalle mille fragilità del mon-do. Di quelli che hanno provato ilbuio dell’incredulità.

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FOCUS PASTORALE

Maria pregacosciente

della sua «piccolezza»e della sua

«grandezza» davanti alle meraviglie di Dio

Roma - Giubileo 2000 (foto di Mauro Gambicorti)

Se leggiamo così il Magnificatpossiamo trovarci la storia di libera-zione e di salvezza di tanti:- quelli che sono stati liberati da una

superbia del cuore che gli impedi-va di vedere le grandi cose che Dioha fatto

- quelli che sono stati liberati dal fa-scino della potenza e del potere edhanno sperimentato che solo Dionon crolla e non viene rovesciato

- quelli che sono stati liberati dal fa-scino della ricchezza che riempie lapancia, ma svuota il cuore, e sonostati salvati da Dio che ha donatoloro fame e sete del bene e dellasua Parola.

Forse non è un caso che dietro aqueste tre categorie si legge bene laterna delle tentazioni di Gesù: “nondi solo pane” (Lc 4,4), “solo al Signo-re tuo Dio ti prostrerai” (Lc 4,8) e“non tenterai il Signore” (Lc 4,12).

Se rileggiamo il Magnificat facen-do attenzione ai testi biblici che sonocitati o evocati, possiamo andare an-cora avanti nella nostra riflessione.

Maria vi appare come il modellodel credente che loda Dio a partiredalla sua esperienza di fede e di sal-vezza, ma questa si è così nutrita del-la preghiera con la Parola di Dio cheMaria innanzi tutto si riconosce nellegrandi donne dell’AT.

Il Magnificat infatti presenta variechi dal cantico di Anna che appareil riferimento più diretto. Da questocanto di 1Sam 2 Maria riprende il te-ma della gioia della salvezza ed an-che da 1Sam 1,11 lo sguardo all’u-

miltà della sua serva. Ma se in Annaquesto tema era soprattutto determi-nato dall’umiliazione della sterilità,in Maria l’umiltà è la piccolezza dichi si riconosce ultima davanti a Dioed in mezzo ai fratelli. Si celebra unanascita operata da Dio, ma colui chenascerà non sarà solo un profeta, mail messia che la chiusa del cantico diAnna attendeva con speranza. In Ma-ria si compie così la speranza diIsraele.

Il tema della beatitudine riecheg-gia anche nelle parole della madre diIsraele, Lia che in Gn 30,13 proclama“benedetta sono io perché le donnemi chiameranno beata”. È un’altradonna umiliata che trova grazie a Dioil suo riscatto e la sua salvezza. Mariaesprime così la sua esperienza didonna umile ed anche umiliata. Nondobbiamo dimenticare che Maria can-ta il Magnificat in una situazionetutt’altro che rosea. Non è correttoesegeticamente cercare di calcolare itempi collegando il racconto di Mat-teo sul dubbio di Giuseppe con quel-lo di Luca. Sono così scarsi i partico-lari tramandati dagli evangelisti chefare ipotesi è difficile, ma appare cer-to che all’inizio della sua gravidanzaMaria ha dovuto convincere Giusep-pe ed i suoi cari che “ciò che accade-va in lei era opera dello Spirito Santo”e comunque con il suo promessosposo era apparsa agli occhi del pic-colo villaggio di Nazareth come unacoppia che non aveva saputo aspet-tare e rispettare il tempo sacro del-l’anno del fidanzamento.

Maria canta e loda Dio dalprofondo della sua umiltà, che è an-che umiliazione, ed umiliazione in-nocente.

La sua preghiera si nutre delle pa-role e dell’esempio delle grandi Ma-dri di Israele, e ci insegna così unapreghiera che cerca nella Parola imodelli da seguire nel nostro cammi-no di fede.

Un secondo gruppo di citazionibibliche è altrettanto interessante:

Maria riveste i panni dell’orante bi-blico secondo il modello dei salmi.Sembra trasparire una sua esperienzaorante secondo la tradizione ebraica,ripresa dalla Chiesa, che prega ognigiorno con il salterio. Questa pre-ghiera non è solo ripetizione fattadalle labbra. Secondo la grande tra-dizione monastica la preghiera con isalmi deve far concordare il propriomodo di pensare con le parole che sidicono. Ripetendo i salmi si plasmagiorno per giorno la propria menteed il proprio cuore a pensare, amaree volere come fa il salmista, secondoil cuore di Dio.

Dietro il Magnificat gli esegeti ri-conoscono vari salmi:- il salmo 102,1 “Benedici il Signore,

anima mia, quanto è in me benedi-ca il suo santo nome”.

- 103,1 “Benedici il Signore, animamia, Signore, mio Dio, quanto seigrande! Rivestito di maestà e displendore”.

- Sal 12,6 “Nella tua misericordia hoconfidato. Gioisca il mio cuore nel-la tua salvezza e canti al Signore,che mi ha beneficato”.

- Sal 34,9 La mia anima esulterà nelSignore si rallegrerà nella sua sal-vezza.

- Sal 30,8 Esulterò e mi rallegrerònella tua misericordia, perché haiguardato alla mia umiltà, hai salva-to dalle strettezze la mia anima.

Ma il salmo più interessante è il71,17 “Il suo nome duri in eterno,davanti al sole persista il suo nome.

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Il Magnificat: lode della misericordia del Signore

Maria ci offre nel Magnificat la regola della

preghiera biblica,vissuta nella fede

di Israele

Non dobbiamo mai dimenticare che Maria canta

il Magnificat in una situazione

tutt’altro che rosea

In lui saranno benedette tutte le stir-pi della terra e tutti i popoli lo diran-no beato”.

Dove si proclama la beatitudinedel Messia da parte di tutte le gene-razioni, una beatitudine che già Ma-ria vive in quanto madre del Messia.

La scuola dei salmi educa Maria ariconoscere l’azione di Dio in lei ed ilfatto che con lei si compie un mo-mento cruciale delle storia della sal-vezza. Maria è colei in cui Dio hafatto “grandi cose” e questa espres-sione nell’AT indica la liberazionedall’Egitto: - Dt 10,21 “Egli è l’oggetto della tua

lode, Egli è il tuo Dio; ha fatto per tequelle cose grandi e tremende che ituoi occhi hanno visto”.

- Sal 105,21 “Dimenticarono Dio cheli aveva salvati, che aveva operatoin Egitto cose grandi”.

Maria comprende così di essereal centro della storia della salvezza,coinvolta in una delle grandi operedi salvezza di Dio.

La sua preghiera, nutrita e guida-ta dalla Parola, la aiuta a comprende-re il suo posto nella storia della sal-vezza e nell’azione di Dio. Essa è la

figlia di Israele, ma è anche la madredel nuovo popolo, come le antichemadri di Israele.

Come Israele anche lei è coscien-te della sua piccolezza. Dice il Deu-teronomio di Israele: Dt 26,7 “Alloragridammo al Signore, al Dio dei no-stri padri, e il Signore ascoltò la no-stra voce, vide la nostra umiliazione,la nostra miseria e la nostra oppres-sione”.

Ma al centro di tutto sta la miseri-cordia di Dio.

Maria canta l’amore misericordio-so di Dio sperimentato da Israele, daitimorati di Dio ed anche e soprattut-to da lei stessa, con parole cheecheggiano di nuovo il salmo 102.- Sal 102,11 “Come il cielo è alto sul-

la terra, così è grande la sua mise-ricordia su quanti lo temono”.

- Sal 102,13 “Come un padre ha pietàdei suoi figli, così il Signore ha pietàdi quanti lo temono”.

- Sal 102,17 “Ma la grazia del Signo-re è da sempre, dura in eterno perquanti lo temono; la sua giustiziaper i figli dei figli”.

Un amore che opera con giustiziae potenza come ricorda il salmo 117

che nella traduzione greca somigliaancora di più al Magnificat.

Sal 117,15 “La destra del Signoreha fatto prodezze, la destra del Si-gnore mi ha innalzato, la destra delSignore ha fatto meraviglie”.

O il salmo 88,11 che nelle tradu-zione greca dice “Tu hai calpestato ilsuperbo come un vinto, con il brac-cio della tua forza hai disperso i tuoinemici”.

Ma possiamo trovare anche unaeco dalla tradizione sapienziale conSiracide 10,14: “Il Signore ha abbat-tuto il trono dei potenti, al loro postoha fatto sedere gli umili”.

La nostra panoramica raggiungecosì tutte le tradizioni dell’AT.

Nel Magnificat Maria prega facen-do sue le parole di tutta la Bibbia edin questo offre anche a noi un inse-gnamento prezioso.

Maria si situa come figlia di Sionnel punto di passaggio tra l’Antico edil Nuovo Testamento, ci insegna chele parole dei profeti e dei salmi, lagrande tradizione di Israele, non sonosuperate, ma possono nutrire la pre-ghiera di chi spera nel Signore dellamisericordia che si è rivelato in Gesù.

Se Gesù ci ha dato con il Padrenostro la regola della preghiera cri-stiana in tutta la sua novità e straor-dinaria audacia, Maria ci offre con ilMagnificat la regola della preghierabiblica, che continua quella di Israe-le, fa memoria degli eventi di salvez-za compiuti da Dio nel passato, rico-nosce l’azione di Dio nel presentedella propria vita e di quella di tuttala comunità credente, si apre pienadi speranza alla salvezza futura chenella fede vede già, anche se il tem-po della prova e dell’umiliazionenon è ancora superato.

Intervento tenuto al Convegno della Comunità Magnificat

a Montesilvano nel gennaio 2008 da mons. Nazareno Marconi, rettore

del Seminario regionale umbro

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FOCUS PASTORALE

G. MILANI - L’incoronazione della Vergine, bozzetto per la decorazione della cupoladella Madonna del Monte (1771) - Cesena, Pinacoteca comunale

“Non temere,C’era una grande aspettativa in

Israele a quei tempi. Il popolo eraesasperato. Più cresceva la consape-volezza di essere il popolo scelto daDio, chiamato ad essere santo, sepa-rato dagli altri, per una missione spe-ciale, più la realtà intorno era oppres-siva, gli eventi erano scoraggianti,umilianti. Insomma, Dio diceva unacosa, la realtà ne diceva un’altra. Ilpopolo a cui Dio parlava e che pote-va dire di sé: “... qual grande nazioneha la divinità così vicina a sé, come ilSignore nostro Dio è vicino a noi ognivolta che lo invochiamo? E qual gran-de nazione ha leggi e norme giuste co-me è tutta questa legislazione?...” (Dt4, 7-8), il popolo più piccolo e piùamato era ora oppresso, dominato,sfruttato da un impero grande e po-tente, un impero pagano.

Tante volte Dio aveva liberatoIsraele dall’oppressione di popoli piùforti: “con mano potente e braccio te-so” (Dt 7, 19) combattendo per loro;a volte aveva combattuto con lorosconfiggendo addirittura con soli tre-cento uomini un esercito di cento-ventimila (cfr. Gdc 7 e 8). Altre volte ilSignore aveva confuso gli eserciti ne-mici che si erano uccisi tra di loro.

Ma dove era ora Dio? Perché per-metteva questa grande umiliazione?Dov’erano i suoi prodigi?

Dio si era dimenticato di Israele?

Forse dovevano fare da soli? Alcunipensavano di sì (v. gli Zeloti), altriperdevano fiducia e si compromette-vano, o addirittura si svendevano allaautorità degli invasori, altri aspettava-no e pregavano. Quando verrà que-sto salvatore? Quando sarà sconfitta latracotanza di questi pagani che osanoalzare la mano contro Dio? Quandonascerà quell’uomo che saprà riscat-tarci? Quando cammineremo sul san-gue dei nostri nemici? Diceva infatti laScrittura: “... i nemici di Israele nonsaranno più sicuri. Il giorno dellastrage è vicino, e il loro destino è se-

gnato... il Signore... castigherà i suoiavversari e toglierà la maledizionedalla terra del suo popolo” (Dt 32, 35.43)

Non so perché, ma spesso il Si-gnore aspetta per intervenire, aspettafino a quando l’uomo arriva all’esa-sperazione; intravedo una dimensio-ne pedagogica e salvifica nel dolore,comunque esso sia vissuto.

Finalmente Dio interviene... Ma inche modo? Completamente diversoda quello che avremmo scelto noi:manda un angelo ad una piccola ra-gazza di un misero agglomerato di ca-

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Il Magnificat: lode della misericordia del Signore

MARIA...”

> Jessica Mezzetti

ANDREA DELLA ROBBIA - Annunciazione (Firenze, Museo dello Spedale degli Innocenti)

supole nella Galilea. Più invisibile dicosì non si può! Non un principe, nonun segno grandioso, non un eventoche spazza via il problema...

La verità è che Dio risponde allenostre preghiere, non è sordo al no-stro grido, ma non lo fa secondo lenostre aspettative: Egli è il totalmen-te libero! È colui che preferisce scen-dere, colui che predilige l’umiltà, l’i-nadeguatezza dei mezzi e delle per-sone per realizzare i suoi progetti,che poi vanno ben al di là delle no-stre aspettative, perché è: “... Coluiche in tutto ha potere di fare moltopiù di quanto possiamo domandareo pensare...” (Ef 3, 20).

Che avrà pensato la piccola Maria? «Un angelo?… A me?» “«Non temere Maria! Tu hai trova-

to grazia presso Dio»” (Lc 1, 30).Forse la paura comincia a passare,

Maria si sente rassicurata e l’angelo lepresenta il progetto di Dio: “«Ecco,concepirai un figlio, lo darai alla lucee lo chiamerai Gesù. Sarà grande echiamato Figlio dell’Altissimo; il Si-gnore Dio gli darà il trono di Davidesuo Padre e regnerà per sempre sullacasa di Giacobbe e il Suo regno nonavrà fine». Allora Maria disse all’an-gelo: «Come è possibile? Non conoscouomo». Le rispose l’angelo: «Lo SpiritoSanto scenderà su di te, su te stenderàla sua ombra la potenza dell’Altissi-mo. Colui che nascerà sarà dunqueSanto e chiamato Figlio di Dio. Vedi:anche Elisabetta tua parente, nellasua vecchiaia, ha concepito un figlio equesto è il sesto mese per lei, che tuttidicevano sterile: nulla è impossibile aDio»” (Lc 1, 31-37).

Va avanti la spiegazione dell’ange-lo e cresce la comprensione in Maria,cresce la consapevolezza del suo ruo-lo. Davanti a tutto questo si sente in-terpellata, sente di dover rispondere,sente che ora entra in gioco la sua li-bertà. E offre a Dio tutta se stessa nel-l’impeto dell’amore, quell’amore chelascia indietro tutti i calcoli: “«Eccomisono la serva del Signore, avvenga di

me quello che hai detto». E l’angelopartì da lei” (Lc 1, 38).

Solo dopo questo «sì» l’evento ac-cade! Forse nell’attimo successivo,forse dopo un’ora, forse dopo duegiorni, lo Spirito Santo scende, la po-tenza dell’Altissimo avvolge Mariacome una nuvola. Quante volte ho ri-flettuto su questo... come sarà statoquel momento? Che intensità e cheprofondità avrà assunto quella espe-rienza per Maria? Se per noi l’espe-rienza dell’effusione dello Spirito èstata coinvolgente fino a cambiarci lavita, cosa sarà stata per Maria che hasperimentato la pienezza, in cui nonsolo la sfera emotiva, quella spiritua-le, e quella mentale, ma anche quellafisica è stata interessata? Non possofare altro che contemplare...

E poi quale gioia ne sarà scaturita?Quale innamoramento, quale incon-tenibile energia? Infatti in tutta frettaesce e porta Gesù a Elisabetta. Comegli apostoli nel Cenacolo: escono eportano Gesù al mondo. Come noidopo l’effusione: non potevamo con-tenere la bella notizia, l’esperienza

che Dio salva! È un moto dello Spiri-to e non si può che assecondarlo.

“Ciò che era fin da principio, ciòche noi abbiamo udito, ciò che noiabbiamo veduto con i nostri occhi, ciòche noi abbiamo contemplato e ciòche le nostre mani hanno toccato, os-sia il Verbo della vita... noi lo annun-ziamo anche a voi” (1Gv 1, 1-3).

Maria colma, traboccante di quel-l’amore che è come una sorgente chenon finisce di scaturire, saluta Elisa-betta. Ma questa sente nello Spiritoche quella non è la solita voce, qual-cosa è successo. Bellissimo il canto adue voci che scaturisce direttamentedalle viscere di Dio, dallo Spirito San-to che le due cugine in un’estasi d’a-more eseguono come guidate da ungrande, meraviglioso direttore d’or-chestra. E cosa cantano? La misericor-dia di Dio! Sì, perché Maria e tutti noisiamo piccoli, eppure Dio: “ha piega-to il suo cielo ed è sceso” (cfr Sal 144,5), ha guardato al nostro bisogno, al-la nostra impossibilità di salvarci e hasquarciato le tenebre con la sua: “am-mirabile luce” (1Pt 2, 9).

Tante volte mi sono chiesta: comemai il Signore mi è venuto incontro?Come mai io? Come mai ha guardatoa questa mia piccola e insignificantefamiglia e, fra tutte quelle che c’erano,ha scelto di rivelarsi a noi? Ci ha con-quistati tutti insieme: genitori, figli,nonni, zii, cugini...Che grazia immeri-tata.... e quale ricchezza è scaturita daciò! Voglio cantare il mio Magnificatcon le parole di Santa Teresa di Gesù

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FOCUS PROFETICO-ESPERIENZIALE

Tante volte mi sono chiesta:

come mai il Signoremi è venuto

incontro? Perchéproprio a me?

CORREA DE VIVAR - Visitazione.

Bambino: Oh Dio, il Tuo Amore mi haprevenuto sin dall’infanzia ed è cre-sciuto con me. Ora non so misurarnela profondità e l’ampiezza.

So con certezza che l’Amore diDio mi ha prevenuto, è arrivato pri-ma che sperimentassi la bruttura diuna vita di peccato ed è cresciuto conme. O meglio, io sono cresciuta conLui. So che potevo crescere comeuna pianta storta e brutta, so che,estrapolando la linea della mia vita,avrei usato appieno del mondo emangiato il suo cibo. Quanta soffe-renza mi ha risparmiato Gesù e quan-to mi ha guarito da quella preceden-te! Mi ha avvolto e protetto, mi ha fat-to da tutore e oggi posso stare in pie-di sulle mie gambe.

In tutti questi anni ho visto mera-viglie incredibili di Dio e i ricordi cheho accumulato sono un tesoro di unaricchezza incalcolabile.

Quando il Signore ci ha chiamatinoi eravamo la famiglia più piccola eforse «meno adatta», almeno ai mieiocchi. La mia mamma, americana,quindi estranea alla nostra cultura,ebrea, ma non credente, soffriva di unesaurimento che la faceva vivere aletto. Perciò noi vivevamo abbastanzaisolati, eravamo un po’ «persi», nonsapevamo comportarci, non eravamo«inseriti», però eravamo uniti e ci vole-vamo bene. Eravamo, senza saperlo,un po’ come l’Israele che aspettava ilsuo Salvatore: sofferenti, incapaci disapere interpretare bene la realtà. Og-gi direi che eravamo come barchette

in mezzo alla tempesta. Il Signore haavuto misericordia del nostro dolore,ci ha sollevati sul palmo della Sua ma-no, ha soffiato la Sua vita e ci ha det-to: «Pace a voi!».

È cominciata la vita nuova! Ricor-do che nel momento della mia effu-sione mi sono sentita immersa in unmare di amore e di pace. E per quan-to ritenessi di essere stata amata nellamia vita, in quel momento ebbi unpensiero di questo tipo: «Ma io nonsono stata mai amata così!».

Era un Amore infinito, immutabi-le, senza condizioni. E di questo Amo-re tutti noi, quasi contemporanea-mente, facemmo esperienza. La miamamma si battezzò dopo aver ricevu-to l’effusione spontanea. “Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion, ci sembrava di sognare.Allora la nostra bocca si aprì al sorriso,la nostra lingua si sciolse in canti di gioia. Allora si diceva tra i popoli:«Il Signore ha fatto grandi cose per loro». Grandi cose ha fatto il Signore per noi,ci ha colmati di gioia...Chi semina nelle lacrime

mieterà con giubilo” (Sal 126(125),1-3.5)

Come Maria uscimmo, non pote-vamo tenere tutto questo per noi e di-cevamo a tutti: «L’anima nostra magni-fica il Signore e noi esultiamo in Dio,nostro Salvatore, perché ha guardatoalla nostra piccolezza...».

Ma poi Maria ha anche sperimen-tato il buio della fede. Come avràvissuto il viaggio di andata da Elisa-betta e soprattutto il viaggio di ritor-no? Aveva solo le parole dell’angelo.A chi si poteva appoggiare? Non c’e-ra uomo alcuno che la sostenesse edessere donna allora significava anchenon essere credibile. Cosa avrebbedetto a Giuseppe che non avrebbemai voluto ferire? Quanto avrà sof-ferto?

Anche per noi è arrivato poco do-po il periodo del buio. La comunitànella quale avevamo sperimentatol’incontro che ci aveva cambiato lavita ci ha improvvisamente mandatovia e proprio perché raccontavamo atutti le meraviglie di Dio. Maria nonpoteva passare inosservata con la suapancia e così noi: non potevamo ta-cere, come i nostri responsabili cichiedevano di fare.

Nella nostra ingenuità credevamoche l’esperienza dello Spirito fosseineluttabilmente legata a quella co-munità e ci sentimmo come Adamoed Eva cacciati dal paradiso terrestre.Il dolore era incontenibile, eravamodi nuovo persi. Dove era ora Dio? Mail Signore è fedele e ci ha chiamati inmaniera inequivocabile a cominciareun’altra comunità. Ricordo quandochiedemmo al Signore quale nomevolesse darci. Ora, molto più di allo-ra assaporo le parole su cui mi cad-dero gli occhi: “Ma io gioirò nel Si-gnore, esulterò in Dio mio Salvato-re...” (Ab 3, 18).

Un’altra persona aveva questastessa parola e altre tre il Magnificat.Ora capisco perché il nostro nome èquesto, capisco perché poteva rinno-varsi la nostra gioia. Essa non dipen-

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Il Magnificat: lode della misericordia del Signore

Le incredibilimeraviglie di Dio

viste in questi annisono un tesoro di una ricchezza

incalcolabile

de infatti dagli uomini, dagli eventi,ma solo da Dio che salva.

Da allora sono stata testimone diprodigi, guarigioni, liberazioni e con-versioni. Ho visto coppie separate tor-nare insieme, disperati tornare a sorri-dere, uomini induriti gettarsi in ginoc-chio in lacrime. Ho visto Attilio, cheoggi è mio marito, guarire miracolo-samente in un attimo, davanti a GesùEucarestia, dalla dipendenza fisica epsicologica da eroina.

“«Nulla è impossibile a Dio»” (Lc 1,37).

Come dimenticare tutto questo? “Se ti dimentico, Gerusalemme, si paralizzi la mia destra; mi si attacchi la lingua al palato, se lascio cadere il tuo ricordo, se non metto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia” (Sal137(136), 5-6).

Era impossibile dimenticarlo an-che quando è tornato il buio, anchenella prova più profonda. Sì, perchéle prove della vita sono tante, ma pernoi il Signore ne aveva riservata unaparticolare. Un buio durato quasi 15anni nel quale il Signore ha permessoogni sorta di umiliazioni. Il papà diAttilio è venuto a mancare e da lì lui ècaduto in una profonda depressione.Da lì tutto è andato a rotoli: il lavoro,la nostra serenità, i rapporti sociali. Èarrivato un lungo periodo nel qualeci è successo di tutto, non sapevamopiù come parare i colpi che arrivava-no inaspettati da ogni parte. Fino alpiù doloroso: alcuni dei nostri fratelli,quelli con cui condividevamo di piùla nostra vita, sono andati via, lascian-doci in una estrema prostrazione. “Se mi avesse insultato un nemico, l’avrei sopportato; se fosse insorto contro di me un avver-sario, da lui mi sarei nascosto. Ma sei tu mio compagno, mio amico e confidente; ci legava una dolce amicizia, verso la casa di Dio camminavamo infesta” (Sal 55(54), 13-15).

Attilio ha dovuto affrontare perfi-no il tribunale, accusato di cose chenon si era mai sognato di compiere.

Ma nel buio, piccole luci ogni tan-to ci dicevano che Dio era con noi.Prima del processo una parola chiaradi Dio ci ha illuminato: “La prima vol-ta che ho dovuto difendermi in tribu-nale, nessuno mi è rimasto vicino.Mi hanno abbandonato tutti. Dio nonvoglia tenerne conto! Però il Signore èrimasto con me e mi ha dato la forza:di modo che, anche in quella occa-sione, io ho potuto annunziare il suomessaggio e farlo ascoltare a tuttiquelli che non conoscono Dio. Allorail Signore mi ha liberato dal pericoloestremo” (2Tm 4, 16-18).

Infatti così è successo: Attilio hapotuto fare la sua testimonianza all’av-vocato ateo (che, a nostra insaputa,aveva un tumore e poco dopo è tor-nato al Padre) e Gesù ha cambiatomiracolosamente le carte in tavola dis-solvendo tutto come nebbia al sole.

Una volta, in un momento di sco-raggiamento estremo un’altra parolaè arrivata a squarciare le tenebre:“Ora so che tu temi Dio” (Gen 22, 12);è quando Dio parla ad Abramo chenon gli ha rifiutato il suo unico figlio,il momento della somma prova!

Il Signore ha permesso che a vol-te non avessimo i soldi neanche permangiare e, con il frigo vuoto ci affi-davamo a Dio. Sempre qualcuno suo-nava alla porta, o qualcosa succede-va, per cui a tavola, il necessario (espesso anche di più) c’è sempre stato.Infatti il Signore ci parlava così: “Ri-cordati di tutto il cammino che il Si-gnore tuo Dio ti ha fatto percorrere inquesti quarant’anni nel deserto, perumiliarti e metterti alla prova, per sa-pere quello che avevi nel cuore e se tuavresti osservato o no i suoi comandi.Egli dunque ti ha umiliato, ti ha fattoprovare la fame, poi ti ha nutrito dimanna, che tu non conoscevi e che ituoi padri non avevano mai cono-sciuto, per farti capire che l’uomo nonvive soltanto di pane, ma che l’uomovive di quanto esce dalla bocca del Si-gnore. Il tuo vestito non ti si è logoratoaddosso e il tuo piede non si è gonfia-to durante questi quarant’anni. Rico-nosci dunque in cuor tuo che, comeun uomo corregge il figlio, così il Si-gnore tuo Dio corregge te” (Dt 8,2-5).

È così, Signore, tutto questo è sta-to un dono, anche se sento che la car-ne si ribella solo a pensarlo.

Siamo usciti purificati, umiliati,perché Tu ci ami. E quando ci arri-vavano accuse da ogni parte, abbia-mo imparato che Tu sei la nostra di-fesa, abbiamo imparato a non ap-poggiarci sull’uomo, ma a confidaresolo in Te. Oggi voglio solo Te, vo-glio amarTi di più. Niente mi attirapiù al di fuori di Te.

Grazie Gesù!

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FOCUS PROFETICO-ESPERIENZIALE

Il Signore ha permesso che

non avessimo i soldineanche

per mangiare. Con il frigo vuoto

ci affidavamo a Dio

Maria cantaLa ragione da sola

non comprende Dio

La parola misericordia non è com-presa nel giusto significato, da noi cheviviamo nell’Europa del XXI secolo. Leragioni sono tante, ma io credo che lapiù importante sia che abbiamo perdu-to molto il senso dell’amore «materno»di Dio. Abbiamo perduto la compren-sione di Dio che si china sulle nostredebolezze e fallibilità, spinto da unamore viscerale, che sobbalza ad ogninostro peccato, quasi cercasse il mododi ripartire da lì per condurci meglioverso la santità e quindi all’unione eter-na con lui. Per cominciare ad ap-profondire il senso unico della «miseri-cordia» di Dio bisognerebbe fermarsi ameditare profondamente e ripetuta-mente su ciò che dice Isaia;“Si dimenti-ca forse una donna del suo bambino,così da non commuoversi per il figliodelle sue viscere? Anche se queste donnesi dimenticassero, io invece non ti di-menticherò mai” (Is 49, 15).

Tuttavia le parole della Scrittura checi parlano della giustizia di Dio, sem-brano offuscare il senso profondo della«misericordia» di Dio. I due concettisembrano proprio radicalmente contra-stanti ed inconciliabili ed è proprio par-tendo da questo punto che Efrem il Si-ro ci dona questa sua riflessione, chedovrebbe cominciare ad aiutarci a com-prendere:

L’occhio si fissa sulla giustizia diDio, e incontra la sua bontà. L’intellettocontempla la sua misericordia, e gli si

fa avanti la sua verga severa. Conso-lante risuona il grido del perdono, spa-ventoso il grido della vendetta. Perciòl’intelligenza vaga qua e là, stupita esmarrita, tra la bontà di Dio e la suagiustizia. Chi osserva, resta confuso trale prove e i rimproveri. Vede che i catti-vi sono potenti, e i buoni sono colpiti. Lapurificazione voluta da Dio prova i fe-deli, la sua verga punisce i delitti. Lagiustizia e la bontà sono strettamentelegate, ma non mescolate; sono unite,ma non confuse. Solo per la sua insuffi-cienza l’intelletto non può rendersi con-to, perché non può comprendere. Vedela morte dei vecchi, e vede anche la di-partita dei fanciulli. Da una parte vedela giustizia, dall’altra il contrario: in-

fatti un giusto soffre, l’altro è risparmia-to. Vede un buono nelle angustie, l’altronella pace. Ciò sembra contraddittorio.Se poi considera gli iniqui: uno vienecolto sul fatto al primo assassinio, l’altrouccide una quantità di uomini e se neva libero.

Come tra le onde le deboli imbarca-zioni vanno sotto, così gli spiriti debolisoffrono nella tempesta tra il bene e lagiustizia. Qui non domina la chiarez-za, perciò la meschinità dell’animo limette in imbarazzo. Se però non si capi-sce tutto, si capisce quanto conviene.Basta per noi sapere che il giudice di tut-ti non può agire ingiustamente. Bastaper noi sapere che non possiamo muo-vergli nessuna obiezione: sarebbe certotemerarietà se il vaso volesse ammae-strare il vasaio. Con che diritto l’uomopotrebbe biasimare colui che dona ognicapacità critica? Come potrebbe l’uomogiudicare senza colui che ne ha fatto unessere ragionevole? Come potrebbe giu-dicare la sapienza di colui, che tutto sa?[EFREM SIRO, «La fede», 1,20-21].

Come si vede l’ostacolo vero è sem-pre l’inconoscibilità di Dio. I Padri han-no costantemente messo in evidenzache Dio si rivela all’uomo perché l’uo-mo lo possa conoscere e farne espe-rienza e tutta la compassione amorevo-le di Dio è rivolta in questa direzione,ma Dio resta «inconoscibile», proprioperché è Dio. Per questo l’uomo stentaa capire la misericordia, dovendo inse-rire in Dio anche la giustizia e le duecose sembrano incompatibili. Anchesant’Agostino si trova dinanzi questoostacolo e prega così:

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Il Magnificat: lode della misericordia del Signore

LA MISERICORDIA DI DIO

I Padri ci insegnano a vivere la Comunità

> a cura di Tarcisio Mezzetti

Signore nostro Dio, crediamo in te,Padre e Figlio e Spirito Santo. Perché laVerità non avrebbe detto: “Andate, bat-tezzate tutte le genti nel nome del Pa-dre e del Figlio e dello Spirito Santo”(Mt 28,19), se tu non fossi Trinità. Néavresti ordinato, Signore Dio, che fossi-mo battezzati nel nome di chi non fosseSignore Dio. E una voce divina nonavrebbe detto: “Ascolta Israele: il Signo-re Dio tuo è un Dio unico” (Dt 6,4), setu non fossi Trinità in tal modo da esse-re un solo Signore e Dio. E se tu fossi DioPadre e fossi pure il Figlio tuo Verbo,Gesù Cristo, e il vostro dono lo SpiritoSanto, non leggeremmo nelle Scritture:“Dio ha mandato il Figlio suo” (Gal 4,4;Gv 3,17), né tu, o unigenito, diresti del-lo Spirito Santo: “Colui che il Padremanderà in mio nome” (Gv 14,26) e:“Colui che io manderò da presso il Pa-dre” (Gv 15,26).

Dirigendo la mia attenzione versoquesta regola di fede, per quanto ho po-tuto, per quanto tu mi hai concesso dipotere, ti ho cercato e ho desiderato divedere con l’intelligenza ciò che ho cre-duto, e ho molto disputato e molto fati-cato. Signore mio Dio, mia unica spe-ranza, esaudiscimi e fa’ sì che non ces-si di cercarti per stanchezza, ma cerchisempre il tuo volto con ardore. Dammitu la forza di cercare, tu che hai fatto sìdi essere trovato e mi hai dato la spe-ranza di trovarti con una conoscenzasempre più perfetta. Davanti a te sta lamia forza e la mia debolezza: conservaquella, guarisci questa. Davanti a te stala mia scienza e la mia ignoranza; do-ve mi hai aperto ricevimi quando entro;dove mi hai chiuso, aprimi quandobusso. Fa’ che mi ricordi di te, che com-prenda te, che ami te. Aumenta in mequesti doni, fino a quando tu mi abbia

riformato interamente. So che sta scrit-to: “Quando si parla molto, non mancail peccato” (Pr 10,19), ma potessi parla-re soltanto per predicare la tua parola edire le tue lodi! Non soltanto eviterei al-lora il peccato, ma acquisterei meritipreziosi, pur parlando molto. Perchéquell’uomo di cui tu fosti la felicità nonavrebbe comandato di peccare al suovero figlio nella fede, quando gli scrisse:“Predica la parola, insisti a tempo e fuo-ri tempo” (2Tm 4,2). Non si dovrà direche ha molto parlato colui che non ta-ceva la tua parola, Signore, non solo atempo, ma anche fuori tempo? Ma nonc’erano molte parole, perché c’era solo ilnecessario.

Liberami, o mio Dio, dalla verbositàdi cui soffro nell’interno della mia ani-ma misera alla tua presenza e che si ri-fugia nella tua misericordia. Infattinon tace il pensiero, anche quando ta-ce la mia bocca. Se almeno non pensas-si se non ciò che ti è grato, certamentenon ti pregherei di liberarmi dalla ver-bosità. Ma molti sono i miei pensieri, ta-li quali tu sai che sono i pensieri degliuomini, cioè vani. Concedimi di nonconsentirvi e, anche quando vi trovoqualche diletto, di condannarli almenoe di non abbandonarmi ad essi come inuna specie di sonno. Né essi prendano

su di me tanta forza da influire in qual-che modo sulla mia attività, ma almenosiano al sicuro dal loro riflusso i mieigiudizi, sia al sicuro la mia coscienza,con la tua protezione.

Parlando di te, un sapiente nel suolibro, che si chiama Ecclesiastico, hadetto: “Molto potremmo dire senzagiungere alla meta, la somma di tutte leparole è: lui è tutto” (Sir 43,29). Quan-do dunque arriveremo alla tua presen-za, cesseranno queste «molte parole chediciamo senza giungere a te»; tu reste-rai, solo, “tutto in tutti” (1Cor 15,28), esenza fine diremo una sola parola, lo-dandoti in un solo slancio e divenutianche noi una sola cosa con te. Signo-re, unico Dio, Dio-Trinità, sappiano es-sere riconoscenti anche i tuoi per tuttociò che è tuo di quanto ho scritto in que-sti libri. Se in essi c’è del mio, siimi in-dulgente tu e lo siano i tuoi. Amen [AGO-STINO, «La Trinità», 15,51].

L’amore è la risposta

Tutto questo conflitto, tuttavia, nonsembra toccare minimamente il cuoredi Maria, che appena è invasa dall’amo-re di Dio che si è fatto carne, perchénon può vivere senza che l’amore lo

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I PADRI CI INSEGNANO A VIVERE LA COMUNITÀ

Liberami, o Dio,

dalla verbosità di cui soffre

la mia anima miseraalla tua presenza

GIOVANNI LANFRANCO - Sant’ Agostino medita sul mistero della Trinità.

unisca all’uomo, parte con il suo cantoinfinito: “…di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;ha rovesciato i potenti dai troni,ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia…” (Lc 1, 50-54)

Come si nota subito, in Maria la giu-stizia di Dio non è separata dalla suamisericordia e per lei tutto ciò è logico,bello, entusiasmante. Forse qualcunodirà che Maria è così felice che non hapiù la capacità di analizzare la logicadel contrasto, ma non è così. Anche sanGirolamo, si sofferma a cercare il pun-to di contatto tra gli opposti inconcilia-bili, partendo dal fatto che, come Crea-tore, Dio è in tutta la creazione, che asua volta ci parla di lui:

Quello che Dio ha creato è in sécompiuto, per la sua sapienza e la suaintelligenza. È falsa l’opinione di alcu-ni filosofi, che tutto sia cominciato percaso, senza provvidenza alcuna: tuttociò che è casuale non manifesta né or-dine, né piano. Ciò invece che si richia-ma necessariamente all’arte costruttricerivelantesi in tutte le cose, dà chiara te-stimonianza, se ben lo si considera, del-la sapienza di quell’artefice che agivanon solo quando produceva il mondo,ma anche quando nel suo intimo ne

preparava il piano. Per questo da tuttoil creato risplende a noi la sapienza diDio. Nulla di ciò che è stato creato, èstato fatto senza motivo e senza fine uti-le; il fine utile, poi, ha in se stesso la suabellezza, e la bellezza viene esaltata dalfine utile. L’unica materia degli elemen-ti assume diverse forme, per illustrare inmille modi la preveggenza divina.

Anche il salmista aveva davanti agliocchi questa verità quando iniziandola lode a Dio, diceva: “Magnifiche sonole tue opere, e io le conosco molto”(Sal 138, 14), e il profeta con lui con-corda dicendo: “Io ho considerato letue opere e mi sono spaventato” (Ab 3,2: LXX). Anche la frase della Scrittura:“Ecco: tutto era molto buono” (Gen 1,31) ci spinge ad ammettere che il crea-to non deve la sua origine al caso, per-ché tutto è stato fatto secondo il sapien-te piano di Dio; per questo si rivelanoovunque magnificenza, bellezza e stu-penda armonia, nonostante la diversitàdi tutte le creature. Un santo profeta di-

ce: “I cieli narrano la gloria di Dio” (Sal18, 2): non certo che i cieli muovanobocca, lingua e trachea per parlare, macon la loro armonia e con il loro eternoservizio annunciano la volontà delCreatore. Riflettendo, infatti, dallagrandezza e dalla bellezza delle cosecreate noi possiamo riconoscerne l’au-tore: il Dio invisibile si manifesta, findalla creazione del mondo, nelle cosecreate.

Noi dunque non possiamo sapereciò che Dio è; ma che egli esiste, noi losappiamo - non per le nostre forze, maper la sua misericordia - considerandonelle sue opere la sapienza del creatore.Di fronte a una nave o a un edificio,non pensiamo noi forse al costruttore oall’architetto, dato che dalle opere noideduciamo la corrispondente periziacostruttrice? Davanti a tutte le cose rea-lizzabili solo ad opera della ragione,noi ci appelliamo a una mente, anchese non la vediamo. Così Dio è conosciu-to nel suo creato e, in un certo senso,esce dalla sua invisibilità. Né i cieli, in-fatti, né i serafini o tutte le altre creatu-re possono coprire Dio o renderlo invisi-bile. Egli è in tutte le cose e in tutti i luo-ghi; è al di sopra di tutte le cose e com-penetra tutto il mondo visibile e invisibi-le; egli regge e contiene tutto; egli nonpassa da luogo in luogo, ma comprendetutto nello stesso modo con la sua men-te. In questa vi è la spiegazione perchéla massa della terra, rassodata dallasua volontà, si scuota di nuovo al suocenno, tanto da riempire d’angoscia icuori mortali, bisognosi di correzione.In essa vi è la spiegazione perché il ma-re si dilati quando le acque rompono iloro vincoli, e poi i flutti si infranganonella risacca e si fermino, quando giun-gono ai confini da lui stabiliti. E ancheperché l’anno si divida in quattro sta-gioni, perché nel susseguirsi di questiperiodi, in seguito ai mutamenti clima-tici, i semi crescano, i germogli si nu-trano giungendo a maturità sotto il rag-gio del sole.

Dio illumina con la sua luce anchele creature intelligenti e invisibili, per-ché esse restino sempre nel suo amore enon inclinino mai verso i beni terreni”

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Il Magnificat: lode della misericordia del Signore

Scrutando la grandezza e la bellezza

delle cose create, noi possiamo

riconoscerne l’autore

[GIROLAMO, «Commento a Isaia», 6,1-7].Ma anche san Girolamo giunge alla

stessa soluzione a cui era giunta Maria: Dio illumina con la sua luce anche

le creature intelligenti e invisibili, per-ché esse restino sempre nel suo amore enon inclinino mai verso i beni terreni.

La chiave è l’amore.

Solo l’amore comprende Dio

Sant’Agostino dedica l’omelia 65 delsuo commento sul vangelo di Giovannial “comandamento nuovo” lasciato daGesù ai discepoli. Il tema dell’amorecristiano nella sua peculiarità fu una ri-cerca continua di Agostino e contribuìnotevolmente all’intelligenza del cristia-nesimo sul piano ontologico. Esso è«nuovo» nel senso che chiunque loascolti si rinnova nel cuore. Si tratta in-fatti di uomini nuovi, eredi di un pattonuovo e capaci di cantare, nel proprioessere, un cantico nuovo alla vita. Laragione di tutto ciò è dovuta al fatto cheun amore nuovo è entrato a far partedella loro vita, perché Dio, che «è amo-re»; è venuto ad abitare nell’uomo. Oratutto è diverso. C’è infatti, un «amore»col quale gli uomini si amano tra loro,ma è un amore umano che nasce dallacarne; mentre l’amore dei cristiani vaben al di là: è l’amore di Cristo stesso,che vive nei cristiani, come conseguen-za del suo comandamento: “Amatevicome io vi ho amati”.

La realtà di questo amore lega gliuomini tra loro in un’unità totale: il do-

lore degli altri diviene sollecitudine diciascuno; la gioia degli altri divienegioia di tutti.

È l’amore in vigore tra i figli dell’Al-tissimo, fratelli nel suo unico Figlio, chesi amano a vicenda dell’amore col qua-le sono stati amati.

L’amore cristiano è un amore uni-versale, che porta ognuno al rapportocreativo-redentivo esistente tra gli uo-mini. L’angustia nell’amore umano stanel fatto che ognuno è ridotto ad ama-re se stesso e con molta fatica ci si por-ta sul livello di un effettivo amore uni-versale. Tale ristrettezza d’amore sem-bra una ferita nell’essere dell’uomo: èciò che comunemente chiamiamo egoi-smo. Il “comandamento nuovo” di Cri-sto è un’offerta agli uomini per sanaretale ferita, ripristinando i loro rapportioriginari. Maria essendo unita a Gesùnel modo unico e supremo in cui si vie-ne a trovare dopo l’Annunciazione è to-talmente guarita, è riempita da questoamore e quindi lascia erompere dal suocuore la gioia infinita di conoscere Dio.Ne vede la misericordia, perché il suoanimo che è tutto per Dio non ne temepiù la giustizia. Da questo punto di vi-sta il “comandamento nuovo”, quandoè offerto, diviene antropologia, e accol-to diviene preghiera, dono, umanitànuova. Scrive il grande vescovo di Ip-pona:

II Signore Gesù afferma che dà unnuovo comandamento ai suoi discepo-li, cioè che si amino reciprocamente:“Vi do un comandamento nuovo: chevi amiate gli uni gli altri” (Gv 13, 34).

Ma questo comandamento non esi-

steva già nell’antica legge del Signore,che prescrive: “Amerai il tuo prossimocome te stesso”? (Lv 19, 18). Perché al-lora il Signore dice nuovo un coman-damento che sembra essere tanto anti-co? È forse un comandamento nuovoperché ci spoglia dell’uomo vecchio perrivestirci del nuovo? Certo. Rende nuovochi gli dà ascolto o meglio chi gli si mo-stra obbediente. Ma l’amore che rigene-ra non è quello puramente umano. Èquello che il Signore contraddistingue equalifica con le parole: “Come io vi hoamati” (Gv 13, 34). Questo è l’amoreche ci rinnova, perché diventiamo uo-mini nuovi, eredi della nuova allean-za, cantori di un nuovo cantico. Que-st’amore, fratelli carissimi, ha rinnova-to gli antichi giusti, i patriarchi e i pro-feti, come in seguito ha rinnovato gliapostoli. Quest’amore ora rinnova an-che tutti i popoli, e di tutto il genereumano, sparso sulla terra, forma unpopolo nuovo, corpo della nuova Sposadell’unigenito Figlio di Dio, della qualesi parla nel Cantico dei cantici: Chi ècolei che si alza splendente di candore?(cfr. Ct 8, 5). Certo splendente di cando-re perché è rinnovata. Da chi se nondal nuovo comandamento?

Per questo i membri sono solleciti avicenda; e se un membro soffre, con luitutti soffrono, e se uno è onorato, tuttigioiscono con lui (cfr. 1 Cor 12, 25-26).

Ascoltano e mettono in praticaquanto insegna il Signore: “Vi do uncomandamento nuovo: che vi amiategli uni gli altri” (Gv 13, 34), ma non co-me si amano coloro che seducono, nécome si amano gli uomini per il solo fat-to che sono uomini. Ma come si amano

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I PADRI CI INSEGNANO A VIVERE LA COMUNITÀ

Il “Comandamentonuovo” di Cristo

è offerto all’uomoper sanare

la ferita del suo egoismo

coloro che sono dèi e figli dell’Altissimo,per essere fratelli dell’unico Figlio suo.Amandosi a vicenda di quell’amorecon il quale egli stesso ha amato gli uo-mini, suoi fratelli, per poterli guidare làdove il desiderio sarà saziato di beni(cfr. Sal 102, 5). Il desiderio sarà piena-mente appagato, quando Dio sarà tuttoin tutti (cfr. 1 Cor 15, 28).

Questo è l’amore che ci dona coluiche ha raccomandato: “Come io vi hoamato, così amatevi anche voi gli unigli altri” (Gv 13, 34). A questo fine quin-di ci ha amati, perché anche noi ciamiamo a vicenda. Ci amava e perciòha voluto ci trovassimo legati di reci-proco amore, perché fossimo il Corpodel supremo Capo e membra strette daun così dolce vincolo [SANT’AGOSTINO,vescovo, «Trattati su Giovanni», 65, 1-3].

È proprio così, questo comanda-mento è nuovo: perché ci spoglia del-l’uomo vecchio per rivestirci del nuovo.

Maria ha fatto esperienza per primadi questa rinascita e quindi giustamenteesulta e la sua gioia è piena.

Aprire il cuore alla misericordia di Dio

Fulgenzio di Ruspe riflette in modoprofondo e assai bello sulla misericor-dia di Dio e sulla conversione del cuo-re dell’uomo e riesce convincente finoa creare quella visione della realtà diDio che Maria ha avuto la gioia di scor-gere subito in tutta la sua bellezza:

Verrà aperta la vita eterna nel mon-do futuro solo all’uomo cui in questa vi-ta sia stata donata la remissione deipeccati; e un uomo può ricevere il per-dono dei peccati solo se ad essi rinunciae si slancia verso l’Altissimo e verso Diocon una vera conversione del cuore.Quello non sarà un tempo per la re-missione, ma per la retribuzione (...).Perché non aspettino per sé la miseri-cordia quanti permangono nella ingiu-stizia fino alla fine di questa vita, cosìsta scritto di Dio: “Farà piovere sugliempi carboni accesi”... Poiché “giusto èil Signore ed ama la giustizia; gli uomi-ni retti vedranno il suo volto” (Sal 10,6-

7). Chiunque pertanto, pur avendo udi-to queste parole, non vuole cercare lamisericordia di Dio in questo tempo at-traverso la conversione, non la potràtrovare più neppure nel tempo futuro.Questo il giudice giusto ha voluto ci fos-se insegnato per mezzo del beato apo-stolo Giacomo, là dove egli dice: “Ungiudizio senza misericordia a chi nonha fatto misericordia” (Gc 2,15). [...]

Fu all’undicesima ora che venneper la prima volta il Cristo umile nellacarne mortale, nella quale si degnò diessere ucciso per il peccato del mondo.Questa è l’ora dell’ultima chiamata de-gli operai, e si verifica adesso, fino allafine di questo mondo, cioè dalla sua ve-nuta nell’umiltà alla sua venuta nellosplendore; dall’avvento nel quale ven-ne, lui che era buono, per essere giudi-cato dai malvagi, al fine di trasformar-li con la sua misericordia da cattivi inbuoni, fino all’avvento nel quale giudi-cherà secondo giustizia buoni e cattivi;dall’avvento della pietosa remissione, fi-no all’avvento della giusta retribuzione;dall’avvento nel quale ha liberato la vi-ta dei poveri dall’usura e dalle iniquità,fino all’avvento nel quale verrà a ri-scuotere il suo denaro con l’interesse da

coloro che troverà averlo sperperato onon fatto fruttare con alcuna ricerca dioperare il bene. Questa è l’ora che ilbeato Giovanni chiama ultima là dovedice: «Figliolini miei, è l’ultima ora». Do-po questa ora il Signore non chiameràpiù operai alla sua vigna, ma verrà arendere a ciascuno la ricompensa per lesue opere come ha detto egli stesso: “Ec-co io vengo presto e porto con me lamia ricompensa” (Ap 22,12). Può spe-rare per sé il denaro della retribuzionel’uomo che, prima che si concluda que-sto tempo presente, opera degnamentenella vigna del Signore. E questa operanon consiste in nient’altro che nella ve-ra conversione del cuore: e un uomoche si converte veramente come si deveal Signore, è quello nel quale vive - co-me dice l’apostolo - la fede che opera at-traverso l’amore (Gal 5,6) [FULGENZIO DI

RUSPE, «De Remissione» CSEL 11,1; VI,1-2; VII.1; XVlll. 2].

Dio ci dona la sua misericordia

perché noi possiamo donarla agli altri

Come ben si vede, quando la sa-pienza dell’uomo è guidata dallo Spiri-to Santo, riesce a scorgere la bellezza el’unicità della misericordia di Dio maanche gli effetti meravigliosi che questaesercita sulla vita dell’uomo che vuoleessere di Dio. San Cesario, vescovo diArles che, oltre ad essere un grande pa-store, è forse il maggior predicatore po-polare della chiesa latina dopo Ago-stino, ci dona questo brano bellissimosulla misericordia di Dio. Egli riflettesulla dolcissima parola misericordia.Parola dolce, ma impegnativa, perchéesprime un atteggiamento che non bi-sogna pretendere in proprio, ma tenereverso gli altri.

La misericordia è dono di Dio per-ché noi possiamo donarla agli altri. Alperdono dei peccati va pari la nostra ri-sposta a Dio che ha fame e sete nellapersona di tutti i poveri. Fame e sete an-che d’amore, oltre che di un pezzo dipane. Cristo, che ha fame nei poveri,

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Il Magnificat: lode della misericordia del Signore

HUGO VAN DER GOES - Cristo benedicente(Genova, Palazzo Bianco)

vuol essere amato in essi: saziato nellafame e colmato della misericordia chelui stesso per primo ci dà: “Beati i mi-sericordiosi, perché otterranno ancheessi misericordia”; dolcissima è questaparola «misericordia», fratelli carissimi,ma se è già dolce il nome, quanto più larealtà stessa. Sebbene tutti vogliano chenei loro confronti si usi misericordia,non tutti si comportano in modo da me-ritarla. Mentre tutti vogliono che siausata misericordia verso di loro, sonopochi quelli che la usano verso gli altri.O uomo, con quale coraggio osi chiede-re ciò che ti rifiuti di concedere agli al-tri? Chi desidera di ottenere misericor-dia in cielo deve concederla su questaterra. Poiché dunque tutti noi, fratellicarissimi, desideriamo che ci sia fattamisericordia, cerchiamo di rendercelaprotettrice in questo mondo, perché sianostra liberatrice nell’altro. C’è infattiin cielo una misericordia, a cui si arri-va mediante le misericordie esercitatequi in terra. La Scrittura dice in propo-sito: O Signore, la tua misericordia è incielo (cfr. Sal 35, 6).

Esiste dunque una misericordia ter-rena e una celeste, una misericordiaumana e una divina. Quale è la miseri-cordia umana? Quella che si volge aguardare le miserie dei poveri. Quale èinvece la misericordia divina? Quella,senza dubbio, che ti concede il perdonodei peccati. Tutto ciò che la misericor-dia umana dà durante il nostro pelle-grinaggio, la misericordia divina lo re-stituisce in patria. Dio infatti su questaterra ha fame e sete nella persona di tut-ti i poveri, come ha detto egli stesso:“Ogni volta che avete fatto queste cose

a uno di questi miei fratelli più piccoli,lo avete fatto a me” (Mt 25, 40). QuelDio che si degna di ricompensare incielo vuole ricevere qui in terra.

E chi siamo noi che quando Dio do-na vogliamo ricevere e quando chiedenon vogliamo dare? Quando un poveroha fame, è Cristo che ha fame, come eglistesso ha detto: “Ho avuto fame e nonmi avete dato da mangiare” (Mt 25, 42).Non disprezzare dunque la miseria deipoveri, se vuoi sperare con sicurezza ilperdono dei peccati. Cristo, fratelli, hafame; egli si degna di aver fame e sete intutti i poveri; quello che riceve sulla ter-ra lo restituisce in cielo.

Che cosa volete, fratelli, e che cosachiedete quando venite in chiesa? Cer-tamente non altro che la misericordiadi Dio. Date dunque quella terrena edotterrete quella celeste. Il povero chiedea te; anche tu chiedi a Dio; ti chiede unpezzo di pane; tu chiedi la vita eterna.Da’ al povero per meritare di ricevereda Cristo. Ascolta le sue parole: “Date evi sarà dato” (Lc 6, 38). Non so con qua-le coraggio pretendi di ricevere quelloche non vuoi dare. Quando perciò ve-nite in chiesa, non negate ai poveriun’elemosina, anche se piccola, secon-do le vostre possibilità” [SAN CESARIO DI

ARLES, «Discorsi», 25].

La nostra misericordia nasce da Dio,

che ci ha amati per primo

Più andiamo avanti nella letturadelle meditazioni dei Padri, più nascenel nostro cuore la bellezza e la con-templazione della misericordia che daDio si trasmette alla nostra anima e l’i-nonda di dolcezza, proprio come av-venne nel cuore di Maria. Il monacoSilvano del Monte Athos sa coglierequesta dolcezza e ce la comunica:

Vi prego fratelli: provatelo! Se unovi offende, vi calunnia o vi toglie unacosa che vi appartiene, perfino se egli èun persecutore della chiesa, pregateDio e dite: «Signore, noi tutti siamo tuecreature, abbi pietà dei tuoi servi e con-duci i loro cuori alla penitenza». Allora

tu sentirai la grazia nell’anima tua.Certo al principio tu devi costringertiad amare i tuoi nemici, ma il Signore,vedendo la tua buona volontà, ti aiu-terà in ogni cosa e l’esperienza stessa timostrerà la strada. Chi invece meditacose cattive contro i suoi nemici, nonpuò avere l’amore, non conoscerà Dio.

Non essere mai violento verso untuo fratello, non lo giudicare. Convin-cilo nella mansuetudine e nella carità.Orgoglio e durezza tolgono la pace.Ama chi non ti ama e prega per lui: co-sì non sarà turbata la tua pace. Tupuoi dire: «I nemici perseguitano la no-stra santa chiesa, come potrei io amar-li?». Ascoltami: la tua povera animanon ha conosciuto Dio; non ha ricono-sciuto quanto egli ci ama e con quantodesiderio egli aspetta che tutti gli uomi-ni si convertano e abbiano la vita eter-na. Dio è amore, manda in terra lo Spi-rito santo che insegna ad amare i ne-mici e a pregare per loro, perché an-ch’essi trovino salvezza. Ecco l’amorevero.

È dolce la grazia dello Spirito santoe infinita la bontà del Signore. Non lopossono descrivere le parole. L’animatende verso di lui, insaziabile, invasadall’amore del Signore e tutta pienadell’amore di Dio. Ha trovato la quietein lui e ha completamente dimenticatoil mondo. Non sempre il Misericordiosoconcede questo all’anima; spesso dà l’a-more verso il mondo tutto, allora essapiange per tutto il mondo e imploral’Onnipotente che effonda la sua graziasu ogni anima e la perdoni nella suamisericordia [SILVANO DEL MONTE ATHOS,«Dagli scritti», Firenze 1962, 58-60].

Anche noi ora possiamo cantare ilMagnificat insieme con Maria e goder-ne tutte le sfumature, le bellezze e laprofondità, perché la gioia del Magnifi-cat si stenda su tutta la Comunità e daquesta si effonda in tutta la Chiesa.

Grazie Gesù del dono di averciscelti per portare nel mondo tutta laricchezza del tuo amore, che, a suavolta, ci permette di cantare per sem-pre: “«L’anima mia magnifica il Si-gnore…»”!

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I PADRI CI INSEGNANO A VIVERE LA COMUNITÀ

Dà al povero per meritare

di ricevere da Cristo.Ascolta le Sueparole: “Date

e vi sarà dato”

Chiamati a diffondere

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48 anni, sposato con Roberta e pa-dre di 4 figli, Stefano Ragnacci è Mo-deratore Generale della Comunità Ma-gnificat. Impegnato già da alcuni annicome Responsabile Generale dellaComunità, è stato anche CoordinatoreRegionale del Rinnovamento nelloSpirito Santo dell’Umbria. Si è reso di-sponibile a condividere con noi alcu-ne riflessioni sull’azione di misericor-dia di Dio nella società e tra di noi, “digenerazione in generazione”.

— Abbiamo i primi episodi rilevantidell’azione misericordiosa di Dionell’Esodo, nei confronti degli Israeli-ti, il “popolo dalla dura cervice”che, nonostante le grazie ricevute,mancò ripetutamente di fede. An-che oggi, alcuni episodi di repulsionenei confronti di Dio e dei suoi «ser-vi» (vedi ad esempio le recenti pro-teste all’intervento del Papa alla Sa-

pienza), ci inducono a ritrovarequella durezza di cuore anche negliuomini di questa generazione.Tanticristiani come noi possono aver pro-vato sdegno o dolore di fronte a ta-li episodi. Ma qual è l’atteggiamen-to di Dio, ricco di misericordia, difronte a questo odierno popolo dal-la dura cervice che, come ha de-nunciato il Card. Bagnasco, si oppo-ne «per partito preso»?

Da una parte credo che la miseri-cordia di Dio continui a toccare tutti equindi, se Dio ha avuto misericordiadi quel popolo che liberò dall’Egitto edopo pochi giorni nel deserto comin-

ciò a lamentarsi con Lui o con il suoservo Mosè, credo che altrettanto og-gi abbia misericordia di coloro cheparlano contro il suo servo il Papa.

Non c’è dubbio che Dio sia e usimisericordia, ma credo che in questadimensione di misericordia noi cri-stiani dobbiamo essere anche unesempio di verità perché la misericor-dia di Dio non è mai disgiunta dallaverità. La Bibbia ci dice che Dio è mi-sericordia, ma ci dice anche che il po-polo è di dura cervice! Per cui c’è unadurezza che va riconosciuta; e c’è unatteggiamento di misericordia che si-gnifica che questa dura cervice nonva combattuta con altrettanta durezza,ma con atteggiamenti diversi.

Per quanto riguarda l’episodiospecifico che hai citato, fa clamore, ri-spetto alla totalità, questa piccola mi-noranza che si è espressa in modo co-sì forte contro il Papa; ma secondome c’è stata una cosa molto più grave,che coinvolge tutti quanti noi, cioè ilsilenzio della grande maggioranza.Davanti a pochi che gridano non c’èstata una risposta immediata di coloroche la pensavano in maniera diversa,o che comunque esponevano, senzausare atteggiamenti clamorosi, una li-nea di verità diversa.

Penso che noi cristiani oggi, se vo-gliamo essere testimoni nel mondo,dovremmo cominciare intanto a non

Il Magnificat: lode della misericordia del Signore

Parla il moderatoregenerale

della ComunitàMagnificat: l’operadella misericordia

di Dio in mezzo a noi

> di Antonio Montagna

INTERVISTA A STEFANO RAGNACCI

MISERICORDIA E VERITÀ

Un primo piano di Stefano Ragnacci.

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tacere, a gridare la verità anche soprai tetti! (Cfr. Mt 10,27) Gridare in que-sto caso non è un atteggiamento diprepotenza, ma di coloro che sonocoscienti di aver qualcosa da dare,senza volerlo imporre. Credo che cisia la necessità di non stare più in si-lenzio, perché chi tace non è quelloche ha più misericordia, chi tace è co-lui che, o non è interessato in ciò cheha davanti, o non se ne cura, o nonne ha compassione. Credo che nessu-no di questi tre comportamenti riflettaminimamente la misericordia di Dio.

— Le tue parole ci ricollegano adun altro tema d’attualità: l’indiffe-renza di fronte al male. Anche quisono molti gli episodi di cronaca chepotremmo prendere ad esempio,specie nelle grandi città, e che susci-tano nel cuore di molti sdegno, rab-bia e incredulità che portano a do-mandarsi: «È possibile che cose delgenere avvengano in mezzo allastrada, di giorno, anche davanti atanta gente, e che nessuno alzi undito? Ma con che cuore?». È solo in-differenza, egoismo, o c’è forse an-che un po’ di paura?

Sicuramente non sottovaluterei ladimensione della paura. Essa c’è, èvero, e qui parliamo di cose che toc-cano profondamente ciascuno di noi,ma io mi domando: un cristiano puòfarsi fermare dalla paura? Non credoche i cristiani che venivano deportatial Colosseo duemila anni fa non aves-sero paura. Nessuno arde dalla vogliadi lasciarsi aggredire fisicamente o an-che solo metaforicamente, ma la do-

manda è sempre quella e, ad oggi, èsenza risposta - perché è facile parla-re finché non ci sei dentro, la concre-tizzazione della fede è un’altra cosa -ma ripeto: un cristiano può fermarsidi fronte alla paura? L’opera dello Spi-rito, della grazia, si ferma di fronte aqueste realtà? Oppure, ed è la grandesfida che Dio rivolge a me, a te e agliuomini del nostro tempo come la ri-volge da sempre: con queste piccoleforze, è proprio vero che non possia-mo fare niente? Mi torna in menteun’affermazione di don NazzarenoMarconi al nostro recente ritiro: Lastoria è stata portata avanti dalle mi-noranze creative. Fondamentalmenteil Cristianesimo è sempre stata unaminoranza, sempre un «pugno di lie-vito», un «pizzico di sale», eppure hafatto fermentare e dato sapore alla pa-sta. Dunque, cristiani del Duemila,minoranza creativa, riusciamo oggi adare fermento e sapore alla pasta?

— “Di generazione in generazio-ne la sua misericordia si stendesu quelli che lo temono” (Lc 1,50). Chi sono “quelli che lo temo-no” nella generazione del XXI se-colo? Cosa è l’autentico timore diDio che attira la sua misericordia?

Sicuramente l’amore. «Di genera-zione in generazione la sua misericor-dia si stende su quelli che lo amano»,che si attendono tutto da Lui, che cre-dono possibile tutto in Lui. Oggi co-me sempre nella storia dell’uomo Dioè attratto da coloro che lo amano eopera con coloro che lo amano.

— In «Dives in Misericordia» 14Giovanni Paolo II ammonisce a nonconsiderare la misericordia comeuna azione unilaterale come be-ne fatto agli altri che crea una cer-ta «distanza» tra chi la offre (più inalto) e chi la riceve (in basso),ma cisuggerisce una bilateralità dellastessa, affinché sia veramente au-tentica, quando, attuandola siamoprofondamente convinti che, al

tempo stesso,noi la sperimentia-mo da parte di coloro che la ac-cettano da noi. Come è possibile?

Questa è una grandissima verità ecredo che ogni vero cristiano in qual-che maniera lo abbia sperimentato. IlCard. Martini, parlando di Madre Te-resa di Calcutta, racconta che a uncerto punto è come se i poveri abbia-no cambiato il cuore di Madre Teresa,trasformandola in quella che cono-sciamo. La misericordia viene da Dio,è Lui l’unico misericordioso; se pergrazia di Dio io compio un atto neiconfronti di chi mi sta davanti, non èper mia bravura, ma il povero è ilmezzo attraverso cui Dio può operarenella mia vita per fare del bene. Altempo stesso sono beneficiante e be-neficiario, divento strumento usato daDio e chi è colui che, usato da Dio,non si sente riempito d’amore e pre-zioso ai suoi occhi?

La misericordia è qualcosa che ticambia da dentro, che ti spinge anco-ra di più; più ti lasci usare e più vor-resti essere usato, non per sentirtigrande, ma perché vedi che attraver-so di te Dio realizza il suo Regno; noisiamo un mezzo per concretizzare ilRegno di Dio su questa terra, è il mas-simo che un uomo può chiedere.

Dio, concepito realmente nelgrembo di Maria, attraverso le nostreopere può essere concepito e partori-to nuovamente al mondo; diventiamo«cristofori», portatori di Cristo! E quinon c’è nessun merito, ma solo gra-zia, e laddove c’è grazia dobbiamo di-re solo «grazie»! Tutti, chi dona e chiriceve!

— Lancia una esortazione a tutti imembri della Comunità e ai lettoridi Venite e Vedrete sulla grazia del-l’essere misericordiosi.

Dio è stato misericordioso con noi.Che Dio ci permetta di usare con glialtri la stessa misura che ha usato connoi, perché allora sì, saremo altri «cri-sti» e potremo essere un popolo nuo-vo, il popolo della misericordia. Amen.

Il cristianesimo è sempre stato una minoranza,

un “pugno di lievito”che fa fermentare

tutta la pasta

Le origini del maleUna delle meditazioni più impor-

tanti, che sant’Ignazio di Loyola pro-pone a coloro che vogliono seguire lequattro settimane degli Esercizi Spiri-tuali, riguarda l’origine dei mali chetanto affliggono la vita di noi uominisu questa terra.

È un esercizio che deve servire: 1)atrovare la passione o vizio che perso-nalmente ci distoglie dal servire Dio(superbia, sensualità, avarizia, odio,invidia); 2) a riprovare il pretesto o lescuse che ci hanno portato a fare pec-cati, mortali o veniali che fossero.

La meditazione è dedicata alla rap-presentazione di quattro forme delpeccato che ha portato o può portarealla perdizione eterna: peccato di an-geli, peccato di Adamo ed Eva, pecca-to di un dannato, peccato mio nonperdonato.

Ogni esercizio per Ignazio devecomportare, in maniera esplicita o im-plicita, quattro momenti: preghierapreparatoria, preludi, punti riguardantila materia che si contempla e il collo-quio.

Preghiera preparatoria (46). Si-gnore, mio Dio, invoco la tua miseri-cordia; illumina il mio intelletto affin-ché conosca meglio te per conosceremeglio me; muovi la mia volontà per-ché ti ami sempre più e mi salvi.

Primo preludio. Vedere e sentireil mio stato di degradazione e decadi-mento dall’ideale che Dio, nella crea-zione, aveva su di me (cf 47).

Secondo preludio. Chiedere aDio nostro Signore vergogna e confu-sione. Sono uno sventurato! Chi mi li-bererà da questo corpo votato allamorte? (Rm 7,24). L’uomo nella pro-sperità non comprende, è come glianimali che periscono (Sal 48/9, 13).(48).

Primo punto. Peccato degli angeli

La Scrittura parla di un numero ster-minato di angeli: esseri superiori agliuomini, puri spiriti, incorporei; forma-vano gerarchie ricche di sapienza, dipotenza, di bellezza.

Sopraelevati dalla grazia che li de-stinava alla beatitudine eterna con Dio,erano ordinati a raggiungere, dopo bre-ve prova, la visione intuitiva di Dio.

In questo primo stato conoscevanoDio, ma non con visione beatifica. Lapartecipazione alla beatitudine di Diosarebbe stata infallibilmente e per sem-

pre raggiunta, appena superata la loroprova.

La fede insegna che gran parte, cona capo Satana, prevaricò. Data la natu-ra degli angeli, la decisione fu assoluta-mente irremovibile. Diventarono essistessi inferno, si costituirono in unabanda di esseri che scelse ostinatamen-te lo stato di disperazione: l’inferno.

Il peccato, insegna san Tommaso,apparve nella creazione perché il dia-volo pretendeva di essere come Dio(«Somma Teologica» I, q. 6); reclamavadi possedere un attributo che apparte-neva esclusivamente a Dio.

Descrizione ignaziana: Essendo staticreati in grazia, non volendosi aiutarecon la loro libertà per riverire e obbedi-re al loro Creatore e Signore, divenendosuperbi, passarono dallo stato di graziaa quello di malizia e furono cacciatidal cielo nell’inferno.

Lc 10,18: “Egli (il Signore) disse: Iovedevo Satana cadere dal cielo come lafolgore”.

È una espressione con la quale il Si-gnore vuole ricordare a tutti i credentiche Satana insieme con tutti i suoi de-moni costituisce un nemico formidabi-le, vinto da Gesù. Il cielo al quale il Si-gnore qui allude è da identificare con levittorie che si celebrano su Lucifero: siada parte di coloro che nella Chiesa conla riconciliazione vengono liberati dallecolpe che li assoggettavano al poteredel Maligno; sia da parte di coloro cheesercitano il ministero di liberazione da

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Filocalia carismatica

NEL MONDO E NELLA NOSTRA VITA

> Giuseppe Bentivegna S.J.

L’esperienza del peccato

e della grazia nella storiadell’uomo

e del mondo

possessioni diaboliche. Si tratta di unacaduta di Satana più in senso misticoche letterale (S. Cirillo, S. Teofilatto).

Portare, applicare la memoria alprimo peccato, che fu quello degli ange-li, poi l’intelligenza sul medesimo pec-cato, ragionando, e infine la volontà,con l’intento di ricordare e capire tuttoquesto per vergognarmi e confondermisempre di più, mettendo a confrontol’unico peccato degli angeli con i mieitanti peccati: e mentre essi per un solopeccato andarono all’inferno, quantevolte io l’ho meritato per tanti!.

Di conseguenza, discorrere più inparticolare con l’intelligenza, e quindimuovere di più gli affetti con la vo-lontà. (50).

Secondo punto. Peccato di Adamo ed Eva

Stato iniziale. Prima del peccato inostri progenitori erano due esseri pre-diletti da Dio e messi al governo dellacreazione sensibile. Dotati di anima ecorpo; immuni dalla concupiscenza,dal dolore e dalla morte; ma soprattuttodotati di grazia santificante e di donisoprannaturali.

Erano esseri creati ad immagine esomiglianza di Dio.

A immagine di Dio nel senso cheerano capaci di conoscere e di amare,nella libertà, il proprio Creatore (ComCCC 66).

A somiglianza di Dio perché chia-mati alla vita interiore di Dio, aperti alsoprannaturale (cf CCC 705.2809).

Prova di ubbidienza a Dio. I pri-vilegi del loro stato iniziale lasciavanoAdamo ed Eva liberi, ma senza la cer-tezza della vita eterna con Dio. Il Si-gnore li sottopose alla prova perchépotessero meritare, con l’aiuto dellagrazia, la beatitudine eterna. La provaconsisteva nell’osservanza delle leggidivine dettate dalla coscienza e nell’ub-bidienza a un precetto che proibiva lo-ro di mangiare il frutto di quello che laScrittura chiama “albero della cono-scenza del bene e del male” (Gen 2,17).Il demonio li invitò alla superbia: “Di-

ventereste come Dio, conoscendo il be-ne e il male” (Gen 3,5). La prevarica-zione fu causata dalla mancanza di in-differenza; mancanza che in tutti i tem-pi ha causato i mali nell’uomo, quellodi malizia e furono cacciati dal cielonell’inferno.

Commento patristico.Gen 2,16-17: “Il Signore diede que-

sto comando all’uomo: tu potrai man-giare di tutti gli alberi del giardino; madell’albero della conoscenza del bene edel male non devi mangiare.”

L’uomo stava tra il Signore e il suonemico, tra la vita e la morte, tra la per-dizione e la salvezza. Dio comanda persalvare, il serpente persuade per vessare.La severità di Dio era ordinata alla vita,la lusinga del diavolo era ordinata allamorte. Da parte di Dio c’è una severitàbenigna, da parte del diavolo, un ade-scamento nocivo. Adamo non vigilò inmodo da preordinarsi contro la mali-zia del serpente. Consentendo all’inci-tamento del diavolo e non tenendo inconto l’avvertimento di Dio, perdette lavita di cui godeva, e ricevette la morteche ignorava (San Giovanni Crisostomo+407, «De interdictione»).

Gen 3,5: “Dio sa che quando nemangereste, diventereste come dio, co-noscendo il bene e il male”.

Il vero peccato di Eva fu più un pec-cato grave di affetto che di intelligenza.Prima del primo peccato l’uomo nonpoteva errare o essere ingannato. L’uo-mo quindi non poteva peccare in ma-niera veniale (venialiter), cioè con unpeccato con il quale non si perde lagrazia (S. Tommaso, 1. 2, q. 89, a. 3).Pretesero di essere come divinità chepotevano raggiungere con le proprieforze la beatitudine celeste senza di-pendere da nessuno, nemmeno da Dio(2, 2, q. 163, a, 2).

Si trattò di un peccato di superbia.Si compiacquero tanto di se stessi daarrivare a desiderare e aspirare ad unacerta uguaglianza con la divinità, co-me aveva fatto Lucifero. Uguaglianzache avrebbe comportato la pretesa diconoscere da se stessi, senza chieder-lo a Dio, la distinzione tra bene e ma-le, tra utile e inutile, tra cose da evita-re e cose da attuare (cf S. Ambrogio,In Lc 4; S. Agostino De Gen. Ad lit. 5).

La seduzione del piacere. Il piace-re inganna e corrompe. L’albero proibi-to viene chiamato “buono da mangia-re, gradito agli occhi e desiderabile peracquistare saggezza” (Gen 3,6); e di-venta fonte di attrazioni mondane: “Poine diede al marito, che era con lei, e an-ch’egli ne mangiò” (Gen 3,6b).

Commento patristico.Gen 3,6: “La donna vide che l’albe-

ro era buono da mangiare , gradito agliocchi e desiderabile per acquistare sag-gezza. Ne prese del frutto e lo mangiò,poi ne diede al marito, che era con lei, eanch’egli ne mangiò”.

L’atto di curiosità da parte di Evaprecede la caduta nel peccato. Si trattadi un modello diffusissimo. Il vederepuò non essere colpa, ma spesso inclinaalla colpa. Il serpente della tentazione siinsinua in modo raffinato nel pensiero,acuisce la curiosità, incita a gustare,crea illusioni; e finalmente fa l’offertadi ciò che è proibito (San Bernardo, «Degradibus humilitatis»).

A far cadere la donna ci volle Sata-na in persona; per far cadere l’uomo èbastata l’insinuazione di una donna

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MICHELANGELO BUONARROTI - Peccato ori-ginale e cacciata del Paradiso (partico-lare), Città del Vaticano, Cappella Sistina

(Sant’Ambrogio). Ricorda sempre che èstata la sua donna a cacciare l’uomofuori dal suo possesso (San Girolamo,«A Nepoziano»). Se si guarda il peccatoin sé, fu Eva a peccare in modo piùgrave; sia perché mangiò per prima,sia perché indusse Adamo a peccare, eper conseguenza anche tutti noi. Se siguarda la circostanza della persona,fu Adamo a peccare più gravemente;per il fatto che era stato Adamo a rice-vere in modo diretto questo precetto daDio, mentre Eva la aveva ricevuto at-traverso Adamo (S. Tommaso, 2.3.q.163, a. 4).

Fine dei beni che ci rendevanofelici. Il peccato di Adamo ed Eva la-scia in uno stato pervaso da sfregi diogni genere. Scompaiono i beni so-prannaturali e preternaturali. La naturarimane vulnerata, afflitta dal fomite del-la concupiscenza. Vive in uno stato didecadimento totale, in un abisso di stol-tezza, di bassezza, di malizia, di confu-sione e di vergogna.

Si verifica tuttavia l’annunzio di unbene imprevedibile, dovuto tutto allamisericordia di Dio. Il Figlio di Dio sta-bilisce di farsi uomo per liberarci daquesto stato di abbattimento, si costrin-ge a farsi uomo per redimerci a prezzodel suo sangue.

Fare altrettanto, cioè esercitare letre potenze-facoltà sopra il peccato diAdamo ed Eva, richiamando alla me-moria come per tale peccato fecero pe-nitenza tanto tempo, e quanta corru-zione dilagò nel genere umano, e tantagente andò all’inferno. Dico richiama-re alla memoria il secondo peccato deinostri progenitori, come dopo che Ada-

mo fu creato nel campo damasceno, eposto nel paradiso terrestre, e dopo cheEva fu creata dalla sua costola, essendostato loro vietato di mangiare dell’albe-ro della scienza, ed avendo essi man-giato e così peccato, vestiti poi di tuni-che di pelle e cacciati dal paradiso, vis-sero tutta la vita tra molti travagli emolta penitenza senza la giustizia ori-ginale che avevano perduto. Di conse-guenza discorrere con l’intelligenza piùdettagliatamente, usando la volontà co-me è stato detto (51).

Terzo punto. Peccato di un uomo qualunque

Pensiamo a un uomo o a una don-na dei nostri tempi. Una persona che èvissuta nelle nostre stesse condizioni;che ha forse peccato meno di noi o ad-dirittura una sola volta, che è morta edè andata all’inferno. Si tratta di unasemplice ipotesi, ma non siamo fuorifede, se la consideriamo come un fattoavvenuto. Chi sono io paragonato aquesta persona prima del suo unicopeccato?

Per ipotesi questa persona, coltadalla morte subito dopo il suo primo edultimo peccato mortale, ha sentito sullasua anima questa tremenda voce diDio: “Via da me, maledetto, nel fuocoeterno” (cf Mt 25,41).

Per quell’infelice tutto è finito in unistante. Se dopo quel peccato avesseavuto la grazia di fare gli esercizi, forseoggi sarebbe una persona penitente.

Parole di Ignazio: Richiamare allamemoria il peccato particolare di unoche per un peccato mortale sia andatoall’inferno , e molti altri innumerevoliche vi sono andati per meno peccati diquanti ne ho fatto io.

Dico fare altrettanto sul terzo pec-cato particolare: richiamare alla me-moria la gravità e malizia del peccatocontro il proprio Creatore e Signore; di-scorrere con l’intelligenza come giusta-mente è stato condannato per semprechi ha peccato e agito contro la bontàinfinita; concludere con la volontà, co-me sta detto (52).

Quarto punto. I peccatipropri: i miei peccati (55)

La considerazione dei peccati pro-pri è un obbligo. Questo dovere si im-pone a chiunque vuole mettersi nelladisposizione necessaria per continuarea liberarsi da ciò che ha creato disordi-ne nella sua vita.

Ci fa bene fermarci su alcune carat-teristiche attinenti al mondo dei nostripeccati personali: estensione, malizia,insensatezza, meraviglia.

ESTENSIONE. 1. Riflettere sui luo-ghi e le case dove sono stato. 2. Rian-dare alle conversazioni avute con altri.3. Rivedere gli uffici nei quali sono sta-to occupato.

Richiamare alla memoria la fanciul-lezza, la prima educazione, comporta-mento con gli insegnanti, con i compa-gni e le compagne. Quale vizio o difet-to dominava? Come passai l’adolescen-za? Con chi avevo più confidenza? Co-me frequentavo i sacramenti?

MALIZIA. Il peccato, considerato inse stesso, è un’avversione a Dio e unaconversione alla creatura invece che aDio. È una scelta che si oppone al be-ne al quale dobbiamo tendere per ne-cessità di natura, è un’accoglienza diun dato falso: il male.

Anche senza i comandamenti, lasana ragione suggerisce che il peccatoè un male che dovrebbe essere assolu-tamente evitato, perché spregevole,perverso.

INSENSATEZZA. Ogni volta che ab-biamo peccato ci siamo serviti dei doniricevuti per offendere Colui che ce liha donati, Dio creatore e provvidente:sanità, beni economici, forze, talenti,vita. Quanto più mi risulta che Dio èstato benefico verso di me più che conaltri, tanto ,maggiore appare la mia in-gratitudine verso di Lui, mio unico egrande benefattore.

Quinto punto. Considerare chi sono io (58)

Considerare chi sono io, ridimen-sionandomi con esempi,

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Filocalia carismatica

Il Figlio di Dio decide di farsi uomo

per liberarci dallo stato

di abbattimento in cui ci troviamo

1°. Che cosa sono io in confronto a tut-ti gli uomini.

2°. Che cosa sono gli uomini a con-fronto di tutti gli angeli e santi delparadiso.

3°. Che cosa è tutto il creato a confron-to di Dio: ebbene io solo, che pos-so essere?

4°. Considerare tutta la mia corruzionee bruttura corporea.

5°. Considerarmi come una piaga eascesso da cui sono usciti tanti pec-cati e tante malvagità e tanto turpis-simo veleno (58).

Un tale ammasso di miserie ha osa-to farsi forte contro l’Onnipotente; haosato assumere atteggiamenti di ribel-lione; ha vissuto in uno stato di disser-vizio e inefficienza dimenticando l’ob-bligo di riconoscenza verso chi l’hacreato e dall’eternità lo ha amato.

Prendere coscienza di quello chefurono, in realtà, i miei peccati, anchequelli che mi sembravano leggeri. Ognivolta che vi consentivo pienamente, mipreferivo a Dio.

Sesto punto. Considerare chi è Dio.

Considerare chi è Dio contro cui hopeccato, confrontando i suoi attributicon i contrari che sono in me: la sua sa-pienza con la mia ignoranza, la sua on-nipotenza con la mia debolezza, la suagiustizia con la mia iniquità, la suabontà con la mia malizia. (59).

Ogni volta che pecco mi servo deidoni che Dio stesso mi ha dato, per of-fenderlo: della sanità, dei beni econo-mici, delle forze, delle capacità, delleinclinazioni, delle energie vitali. Mi di-mostro tanto più ingrato verso il mioDio, quanto maggiori sono i beneficinaturali di cui mi ha dotato. Potrei direa me stesso: sei stato un figlio senzacuore!

Chi sei, Signore, chi sei? Confronterò così la sua sapienza

con la mia ignoranza; la sua onnipoten-za, la sua giustizia con la mia iniquità;la sua bontà con la mia ingratitudine, il

suo amore con il mio amor proprio. La gravità del peccato e le pene del-

l’inferno si capiscono bene soltanto percontrasto con lo straordinario amorecon cui Dio ci ha amato.

Settimo punto. Esclamazione

di ammirazione

Esclamazione di ammirazione congrande affetto, passando in rassegnatutte le creature, come mi hanno lascia-to in vita e conservato in essa: gli ange-li, che sono la spada della giustizia di-vina, come mi hanno sopportato e cu-stodito e pregato per me; i santi, comehanno continuato a intercedere e pre-gare per me; e i cieli, il sole, la luna, lestelle, e gli elementi, i frutti, gli uccelli,i pesci e gli animali; e la terra, comenon si è aperta per inghiottirmi, crean-do nuovi inferni perché io soffra in es-si per sempre. (60).

Un profondo stupore e una immen-sa riconoscenza dovrebbero pervaderela mia anima. Il Signore non mi ha ca-stigato quando io ero in peccato. Men-tre io dicevo no al Creatore, il creato miè rimasto docile, amichevole. L’opera diDio continuava per la mia esistenza eper la mia gioia.

Se avessi veramente coscienza diquesta pazienza di Dio, «un grido diammirazione con crescente affetto»uscirebbe dalle mie labbra.

Colloquio.Mi rivolgerò anzitutto alla Vergine

Maria.Le chiederò di ottenermi tre grazie

da suo Figlio nostro Signore:1. Che io possa vedere tutto ciò che è

peccato in me come lo vede Egli stes-so, e detestarlo come Dio lo detesta.

2. Sentire, fino a provarne vergogna, ildisordine della mia vita, al fine dicorreggerlo.

3. Discernere nel mondo quello che viè di bene e quello che vi è di male,e aborrire questo male per allonta-narmene. Ave Maria.Mi rivolgerò poi a Gesù Cristo, chie-

dendogli che mi ottenga dal Padre letre grazie sopra menzionate.

Immaginando Cristo nostro Signoredavanti a me e posto in croce, fare uncolloquio: come da Creatore è venuto afarsi uomo, e da vita eterna a mortetemporale, e così a morire per i mieipeccati. Alla stessa maniera guardare ame stesso: cosa ho fatto per Cristo, cosafaccio per Cristo, cosa devo fare per Cri-sto. Vedendolo poi in quello stato, cosìappeso alla croce, discorrere su quelloche mi verrà (53).

Propriamente parlando, il colloquiosi fa così come un amico parla a un al-tro o un servo al suo padrone, ora chie-dendo qualche grazia, ora incolpando-si di qualche malefatta, ora comuni-cando le proprie cose e chiedendo con-siglio su di esse.

Chiedere al Figlio di Dio, Gesù, chemi ottenga queste grazie dal Padre; econ questo l’Anima Christi.

Chiedere nello stesso modo al Pa-dre, perché lo stesso Signore eterno melo conceda. E dire un Pater noster. (54)

Sentenza Ignaziana: Abbi fiduciain Dio come se il successo della tuaazione dipendesse interamente da te, enon da Dio; ma nello stesso tempo met-ti all’opera tutto il tuo cuore come se tunulla potessi, e Dio solo, tutto.

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8° CONVEGNO GENERALE DELLA COMUNITÀ MAGNIFICATMontesilvano, 3-6 gennaio 2008

La Parola è luce ai nostri passi, ma attraverso noi è anche luce per gli altri. La Comunità Magnificat infatti è nata per essere luce e tale dovrà continuare ad essere.

(Dal saluto iniziale rivolto all’assemblea da Mario Landi, membro

del Coordinamento Nazionale del Rns).

Dal cuore di Maria sgorga un’inten-sa preghiera di lode, la cui sorgente èquella della fede, dell’abbandono intimodi Maria nelle mani di Dio, intuibile at-traverso il linguaggio del Magnificat, unvero e proprio cantico che trasmette lagrandezza del mistero di fede di Maria eche Luca riproduce con assoluta fedeltà,puntando a ricostruire l’ambiente in cuiMaria ha vissuto l’esperienza di Dio edin cui si è rivestita della forza e della lu-ce di Dio. Dalle labbra della Vergine diNazareth (‘il paese da cui non sarebbemai potuto venire niente di buono’, al-meno così dicevano all’epoca di Gesù)prorompe dunque un vero e proprio can-to di esultanza, perché la fede di Mariainizia finalmente a vedere qualche pic-cola scintilla di luce.

Emerge inoltre, dal testo del Magnifi-

cat, una visione dell’umanità svincolatadalla prospettiva rigidamente dualisticadel mondo greco, per cui la presenza, nelcuore dell’uomo, dello Spirito di Dio ren-de la creatura capace di ascoltare la Pa-rola di Dio e di viverla in pienezza. Perquesto, dunque, Maria corre, piena digrazia, verso Elisabetta, proprio perchécoglie la grandezza delle opere che Dioha compiuto in lei e l’efficacia della SuaParola. In questo senso, la Vergine Mariaè davvero figlia di Sion, ‘allevata nellapreghiera’ della comunità ebraica cuiappartiene e capace di fare memoriacon le parole della tradizione: con quegli

stessi vocaboli appresi dalla madre, in-fatti, Gesù intreccerà i suoi primi discor-si e proprio grazie all’insegnamento co-stante di Maria inizierà a ‘nutrirsi dellaParola di Dio riportata nei testi sacri’.

Ascolto, preghiera e lode rappresenta-no, del resto, le peculiarità di una vita cheè frutto di uno sguardo rivolto intensa-mente a Dio e fisso in Lui. Magnificenza epovertà sono, a tutti gli effetti, i segni piùevidenti che accompagnano la venuta diCristo e che ne caratterizzano la vita.

Assai impegnativo, ma forse proprioper questo più bello e più attraente, è ilcammino che la Comunità Magnificat èchiamata a percorrere, soprattutto per ilnome che ha voluto darsi, segno concre-to della volontà di Dio e sigillo della Suapresenza. Un popolo di adoratori, chia-mati a contemplare la bellezza e la gran-dezza del cuore di Dio e a cantare senzafine le meraviglie del Suo Amore.

Queste parole, pronunciate da mons.Nazzareno Marconi, rettore del Semina-rio arcivescovile di Assisi, nel coinvol-gente insegnamento di venerdì 4 gen-naio mattina, hanno costituito il primo ditanti e forti momenti di lode e di con-templazione che hanno animato questo8° ritiro della Comunità Magnificat, av-viando, così, una riflessione potente sul-la grandezza di Maria e sulla potente ef-ficacia della sua fede. Un’esperienza de-cisiva, questa del ritiro, proprio perchécostituisce il vero punto di partenza diun anno da trascorrere nella luce dellagrazia di Dio e nella tenerezza del Suoamore.

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Il Convegno della Comunità

Una ParolaCHE ILLUMINA IL CAMMINO

> Alessandro Cesareo

Sopra, mons. Nazareno Marconi durantel’insegnamento del 4 gennaio. Nella pagi-na a fianco, un momento della celebra-zione presieduta da mons. Giuseppe Chia-retti. (fotocronaca di Luca Sabatini)

È una situazione completamentenuova quella con cui oggi noi cristianisiamo chiamati a confrontarci, viste lecontinue difficoltà alle quali la nostra fe-de è soggetta e data anche la carenza divocazioni sacerdotali e, nel contempo, ildefinirsi di un nuovo ruolo dei laici nelcontesto Chiesa. Non meravigliamoci, néaddoloriamoci, per essere soltanto unaminoranza, qualche volta anche piutto-sto esigua: sono infatti quelle che gli sto-rici chiamano ‘minoranze creative’ amandare avanti la storia ed è da questanovità che è importante ripartire per por-tare delle novità all’interno della Chiesa.

Assai significativo, in proposito, è daritenersi il ruolo dei vari movimenti ec-clesiali, così come è importante che gliStatuti degli stessi ricevano l’approvazio-ne dei Vescovi. Del resto, le opere del Si-gnore sono sempre nuove ed entusia-smanti, mentre il peccato, e noi tutti losappiamo bene, è terribilmente monoto-no e noioso.

Così mons. Giuseppe Chiaretti, arci-vescovo di Perugia-Città della Pieve, nel-l’omelia della messa del mattino, cele-

brata subito dopo,ma il momento piùforte dell’intero ritiro si è vissuto nel po-meriggio, quando ben 20 nuovi alleati,appartenenti alle varie fraternità, hannosottoscritto per la prima volta il loro im-pegno di alleanza: non è stato possibilecontare i fazzoletti impiegati per asciu-gare i vistosi, abbondanti lacrimoni chesgorgavano dagli occhi di molti di loro e

di numerosi altri fratelli, ma come nonpiangere quando senti che Dio sta en-trando con dolcezza e con fermezza nel-la tua vita? È infatti Dio che ci rende unonore incomparabile alleandosi con noi,consentendoci così di entrare a far partecon Lui della Sua grandezza.

Uno spettacolo d’incomparabile bel-lezza è stato vedere tante braccia di fra-telli (tutti che indossavano l’alba!) alzateverso il cielo per lodare Dio e per acco-gliere nella Comunità i fratelli appena al-leati. E quale emozione hanno provatoquesti ultimi nell’essere vestiti di bianco!Anche Mons. Chiaretti e Mons. Domeni-co Cangiano (Vescovo di Città di Castel-lo, il più giovane vescovo dell’Umbria),concelebranti nella cerimonia dell’Al-leanza, non hanno nascosto la loro emo-zione nel vedere proclamare le meravi-glie del Signore e nel leggere nelle storiedei fratelli neoalleati altrettante, tangibiliprove dell’indiscusso Amore di Dio perl’umanità.

Questa Alleanza esprime, a tutti glieffetti, la follia dell’Amore di Dio, che sifa carne per diventare uno di noi. Moltosentito e più volte ribadito, da parte del-l’Arcivescovo, il ‘grazie’ per il costanteservizio di adorazione quotidiana sem-pre attivo presso la Madonna della Lucee reso possibile dai turni dei fratelli chesi alternano, con turni diversi, davanti aGesù Eucaristia.

Quanto a me e alla mia casa noi ser-viremo il Signore!

Le note di questo canto, che hannoaccompagnato i fratelli nella firma del li-

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Impegno di alleanzaConsapevole della chiamata a far parte della Comunità Magnificat, a servi-

re Dio, glorificarlo, amarlo e ad amare i fratelli, costruendo con loro un unicocorpo; cosciente della vita e dei fini della Comunità espressi nella Regola e vo-lendo, come Maria, unire la contemplazione all’azione:

MI IMPEGNO- a dedicare la mia vita al Signore partecipando pienamente alla vita della Co-

munità;- ad essere fedele alle promesse di Povertà, Perdono Permanente, Costruzione

dell’amore e Servizio;- a dedicare un tempo quotidiano alla preghiera personale;- a celebrare quotidianamente l’Eucaristia e a riservare un tempo settimanale

all’adorazione eucaristica;- a costruire delle relazioni di amore cristiano con tutti, in particolare condi-

videndo la mia vita con i fratelli della Comunità e con tutti coloro che il Si-gnore vorrà aggiungere ad essa;

- a sostenere la vita e la missione della Comunità con la decima;- ad essere testimone di Cristo con l’annuncio del Vangelo, in particolare par-

tecipando, secondo i miei Carismi, alla missione della Comunità;- a vivere l’accompagnamento spirituale nella Comunità;- ad accogliere il ministero dei Responsabili.

Confidando non nelle mie forze, ma solo nel Signore, DICHIARO DAVANTI A DIO E AI FRATELLIla mia volontà a vivere come membro della Comunità. Amen.

bro dell’Alleanza e che hanno fatto se-guito alla recita delle litanie dei Santi edall’aspersione dell’assemblea con l’acqualustrale, hanno rappresentato un tutt’u-no con la potente invocazione allo Spiri-to (Vieni Spirito, forza dall’alto nel miocuore, fammi rinascere Signore, Spirito!)che ha poi costituito il vero culmine del-l’intero ritiro.

Quante volte questa melodia poten-te ci ritorna sulle labbra, quasi in corri-spondenza con il battito del cuore, so-prattutto nelle giornate di più duro e piùintenso lavoro o di forte preoccupazio-ne! È come avere una riserva segreta dicoraggio, di luce e di tenerezza cui attin-gere per riprendere fiato quando sembrache tutto sia contro di noi e che nientepossa giovare a salvarci!

Ed ecco i nuovi alleati…Fraternità di Città di Castello (PG)

Cristina GrilliDamiano AisaPaola PacchiarottiIva GigliLuigi AngelettiMara SantinelliPaolo CantalamessaPatrizia AttalaPina Mariotti

Fraternità di San Donato all’Elce(Perugia)

Cinzia VillaRosalba Bartoletti

Fraternità di San Barnaba (Perugia)Claudia PalermoEmanuela BiancalanaGiulio Villani

Loredana UcciardelloLuciano StoraciMarinella PapaPaolo MargarethTiziana Palleri

Fraternità di Ponte Felcino (Perugia)Tatiana del Pinto

La preghiera è dal cuore e non solodel cuore. Infatti, essa non soltanto pro-viene dal cuore, ma – soprattutto – essa ènel cuore.

La scala segreta del cuore che conduce all’incontro con Dio

Nel cuore, infatti, si trovano moltestanze, (ed è una casa molto abitata!)ma quella principale è la sede centrale;infatti, è in essa che avviene l’incontro

privilegiato con Dio.La preghiera è una scala che condu-

ce a Dio: tanti gradini, tanti capitoli; set-te piani, sette dimensioni per arrivare alcospetto di Dio. L’ottavo, a dire il vero, èil più bello, ma a quello arriveremo sol-tanto quando saremo davvero al cospet-to di Dio e, dunque, non in questa vita.Essi sono, presi uno per uno, i seguenti:raccoglimento, azione dello scavare ipozzi alla ricerca dell’acqua, stare allapresenza di Dio, meditazione, preghierabreve e ripetuta, desiderare e soffrire ilgiogo dell’Amore (ovvero: desiderio strug-gente di Dio), trafitture e lacrime causa-te dall’apparire, scomparire e riappariredi Dio nel nostro cuore.

Un esercizio impegnativo, quelloproposto da Don Livio Tacchini nellasessione mattutina e poi ripreso ed ap-profondito ancora in quella pomeridianaintorno alle tematiche «La preghiera delcuore» e «La custodia del cuore» ed orien-tato verso la scelta di conservare sempree comunque il cuore alla presenza diDio, anche e soprattutto quando il corpoe la mente sono impegnati altrove a cau-sa del lavoro.

Un cuore che loda Dio, due labbrache lo benedicono ed il fuoco dell’amo-re che brucia anche nella membra costi-tuiscono, infatti, gli elementi più signifi-cativi di una comunità davvero carisma-tica, intenzionata a vivere in pienezza isegni della fede e desiderosa di diventa-re, a tutti gli effetti, una vera comunitàcontemplativa del Cuore di Dio.

La porta della testimonianza...

aperta, anzi spalancata, dall’entusia-smo con cui i giovani hanno annunciatole meraviglie operate dal Signore negliultimi tempi, soprattutto durante l’espe-rienza indimenticabile del Seminario dieffusione, cui ha subito fatto seguito lanascita di un nutrito gruppo giovani, letestimonianze dei quali avremo modo dileggere nei dettagli nei prossimi nume-ri… e poi non più richiusa, perché daessa sono entrate, in realtà assai simili adun fiume in piena, le toccanti parole diLuca di Città di Castello, uscito salvo so-lo per grazia di Dio da un incidente stra-dale mortale e strappato ad una vita lon-tana da Dio dalle continue preghiere

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Il Convegno della Comunità

Quasi mille persone a MontesilvanoL’ottavo Convegno Generale della Comunità Magnificat ha registrato, nella

sua intera durata, la presenza di circa tremila fratelli, compresi ospiti, parenti edamici, con la punta massima di circa 900 nel giorno 4 gennaio, circa 700 nellaserata dell’arrivo e di 850 e di 700 rispettivamente il 5 ed il 6 gennaio, giorno del-la partenza. I fratelli provengono dalle seguenti fraternità: Betania, Bibbiena,Cassano di Calabria, Città di Castello, Cortona, Elce, Foggia-San Severo, Foligno,Marsciano, Marti, Milano-Maguzzano, Piacenza, Roma, Salerno, San Barnaba(Perugia), Siracusa, Torino, Treviso, ma anche Turchia e Romania.

Un sentito ringraziamento ai fratelli della Segreteria organizzativa (Fausto An-nibaletti, Cristina Vitullo, Roberta Volpi), al responsabile della sala (Stefano Lu-ciani) ed ai responsabili della registrazione (Oscar Cipolletti e Gianni Piandoro).

della moglie. Tornato alla fede dopo an-ni di paurosa distanza, nel corso deiquali aveva anche accarezzato l’idea ditogliersi la vita, Luca ora loda il Signoree lo benedice per la Sua misericordia.

Molto forte, inoltre, la testimonianzadi una sorella rumena (attualmente im-pegnata nel cammino di evangelizzazio-ne in Turchia) che, sposata con un figlio,ha sentito come la sua vita non fosse an-cora completa, anche perché contrasse-gnata da tanti vuoti e da tanta tristezza, atratti anche al limite della depressione.Non appena, però, ha iniziato a vivere ibenefici effetti della preghiera di effusio-ne, ha imparato a vincere la timidezza ea gustare la bellezza dell’annuncio del-l’Amore di Dio in… turco! Ora ha sem-pre con sé la Bibbia scritta in turco edogni incontro è per lei un’occasioneconcreta per magnificare la potenza e lagrandezza di Dio. Di grande forza, inol-tre, è stata anche la testimonianza di so-relle turche, in precedenza già di religio-ne musulmana e convertitesi al cattolice-simo proprio attraverso la potenza delcammino carismatico.

Le loro parole hanno celebrato lagrandezza e l’immensità dell’azione del-lo Spirito tanto nella loro vita quanto inquella di molti altri fratelli. Il percorsodel catecumenato ha poi consentito amolti di loro di poter entrare a far partedella Chiesa cattolica, che li ha accoltinel suo grembo di madre l’otto dicem-bre con una grande festa e con momen-ti di forte esultanza e d’intenso giubilo.

Altrettanto intensa è stata la testimo-nianza di Agnesa, che ha di recente vis-suto l’esperienza di condivisione, per al-cune sere, con i fratelli della chiesa orto-dossa armena, con i quali si è trovata arestare per qualche giorno dopo cheTarcisio ed Oreste erano tornati a casa.Ebbene, in questa occasione il Signore siè compiaciuto di donare, a lei ed ai fra-telli che la ospitavano, belle parole diconoscenza, arrivando persino a parlaredi… Comunità! Uno dei temi ‘forti’ delleserate è stato, ad es., quello dell’assi-duità degli Apostoli nella frazione delpane e nella preghiera. Risultato? I fratel-li ortodossi presenti hanno chiesto dipoter celebrare anch’essi l’Eucaristiaquotidiana! Della serie… quando il Si-

gnore agisce… agisce! Belle anche le parole di Padre An-

ton, attivo ad Instanbul ed infaticabileapostolo della preghiera carismatica (èlui che ha accompagnato le sorelle con-vertitesi dall’Islam) e di Padre Victor diBucarest, il quale ha ribadito l’importan-za di distaccarci a fondo dalle cose checrediamo di possedere, così da liberareil nostro cuore dalla paura di perdere…ciò che in realtà non ci è mai appartenu-

to, quanto non è mai stato nostro. In più, è toccato a Francesco, ad

Oreste e ad Agnese illustrare obiettivi efinalità (in alcuni casi già raggiunti!) dal-la cosiddetta «Operazione Fratellino»,meglio illustrata da un breve video dalleimmagini assai eloquenti. Padre Victorha dunque chiarito che tale progetto diadozione a distanza permette a moltibambini privi dei genitori e a molte fa-miglie in gravi difficoltà di ricevere al-

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Due serate su tre sono state dedicateall’adorazione eucaristica

… e così, a sera, aconclusione di giornatedavvero molto intenseper la ricchezza e laprofondità dei temi inesse trattati, Gesù ha ri-petutamente parlato aicuori dei fratelli con ilcalore e le bellezza dellaSua presenza Eucaristi-ca, intorno alla quale sisono intrecciate ben dueveglie di Adorazione, la prima, quelladi venerdì 4, animata dai giovani e laseconda, quella di sabato 5, incentra-ta sul tema: Serva ordinem et ordo teservabit , e sorretta dal proposito di ri-cavare uno spazio fisso e stabilito(con frequenza quotidiana!) per lapreghiera personale, imparando cosìa subordinare gli impegni di lavoro al-le esigenze spirituali ed alle regoledelle stesse e non, come invece trop-po spesso accade, il contrario.

L’assunzione di questo tipo di or-dine nella propria vita, infatti, ricon-durrà tutta intera quest’ultima tra lebraccia di Dio, liberandola da molti ditanti, inutili affanni quotidiani. Danie-le Mezzetti ha inoltre ricordato la figu-ra di Moreno Tini, il fratello di SanBarnaba che ci ha lasciato il 19 di-cembre, strappato alla moglie Annaed alla sua famiglia in breve tempo dauna grave malattia.

La sua figura ed il suo abbandonototale nelle mani di Dio rappresenta-

no un esempio ed uno stimolo pertutta quanta la Comunità, soprattuttoper il tipo di cammino interiore cheMoreno ha percorso dapprima entran-do in comunità dopo anni di lonta-nanza dalla Chiesa, ma soprattuttocon l’esperienza della sofferenza edella purificazione che lo hanno con-dotto al cospetto di Dio.

La luce dei ceri illuminava soltan-to un pò la sala, volutamente tenutanella penombra, proprio perché in es-sa risplendesse meglio (e più a fondo)la luce proveniente dalla presenza diCristo Gesù, il Re dei Re, l’Emmanue-le, il Signore dei Signori. Forti gli ac-centi di lode ed assai vigorose le pre-ghiere rivolte alla Maestà di Dio ed al-la Sua immensità. Giustamente, qual-cuno dei presenti ha sentito un vero eproprio fiume di lacrime proromperedagli occhi e si è abbandonato contutto il cuore a magnificare le opere diDio e a lodarlo per la ricchezza deisuoi doni.

meno un po’ di cibo e qualche modestosostegno per affrontare le più gravi diffi-coltà. È naturale che tutte queste iniziati-ve trovino senso e che, soprattutto, di-vengano praticabili e realizzabili soltantose affiancate, anzi precedute ed accom-pagnate, da un’intensa (e continua!)opera d’intercessione da parte di tutti imembri alleati della Comunità, i qualistando davanti a Gesù Eucaristia hannodi fatto reso possibile il realizzarsi tem-pestivo di tanti, piccoli miracoli.

«Adattare il contingente alla rego-la…» questa la massima consegnata atutti i presenti all’inizio della veglia diadorazione di sabato 5 gennaio e «Maiabbastanza!», ovvero il leit motiv dell’in-segnamento con cui Stefano Ragnacci,moderatore generale della Comunità, havoluto concludere il ritiro, invitando ifratelli ad essere instancabili ricercatoridella Verità, animati da una fede salda eda un cuore passionale. La conoscenzadi Dio, esigenza primaria di ogni cristia-no, presuppone che noi andiamo spesso

a ricercarlo, che desideriamo incontrarloe che dimoriamo il più spesso possibilecon Lui, animati dalla consapevolezzache vivendo sempre di più quello che cre-diamo, alla fine crediamo quello che vi-viamo… se, infine, la nostra preghiera èvera, perché la viviamo sul serio, alloraessa coinvolge e modifica in profondità

la nostra vita, e questo equivale ad averaperto il nostro cuore alla presenza diDio.

Sine Deo, nulla spes… con questeparole dal sapore assai emblematico, ilneo-Cardinale Mons. Stanislaw Rylko hatrasmesso, con l’omelia tenuta nell’ulti-ma celebrazione eucaristica di domenica6 gennaio, festa dell’Epifania, il deside-rio di condividere in pieno il senso diuna chiamata universale di tutti i popo-li alla fede in Cristo: è per questo, e pernessun altro motivo, che i cristiani pos-sono davvero essere raggianti di gioia e,soprattutto, diffondere a piene maniquesta gioia nel mondo.

Ed è proprio quest’ultimo uno deidoni che ha ulteriormente arricchito ifratelli, i quali hanno così ricevuto unulteriore e più forte stimolo a conserva-re l’esperienza del ritiro al momento delloro ritorno a casa. Grazie, Signore Ge-sù, e che Tu sia benedetto per la Tuainesauribile misericordia!

Alessandro Cesareo

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Il Convegno della Comunità

L’anniversario è stato ricordato a Perugia nelle di-verse realtà locali. Pubblichiamo la testimonianza diAlessandro Cesareo sull’incontro svoltosi a Perugia.

La giornata dell’Eccomi! Così è stata infatti definita daPadre Bartolomeo Sorge questa giornata di festa così impor-tante per la nostra Comunità, solennità dell’Immacolata, vis-suta presso il Centro Congressi Aldo Capitini di Perugia eche ha visto la presenza di più di 2000 fratelli provenienti,oltre che dalle varie fraternità dell’Umbria, anche da Roma eda Treviso. Una giornata intensamente mariana, dunque,con la celebrazione eucaristica al mattino per consentire atutti di poter partecipare, nel pomeriggio in Cattedrale, al-l’ordinazione diaconale di Alessandro Scarda.

La presenza tangibile di Maria madre, Maria mediatrice,Maria destinataria di ogni forma d’intercessione, Colei cuiSan Francesco di Sales amava rivolgersi pregando: Ma dalmomento che tu, Vergine Santa, sei potente e sei Madre Mia,come faccio io a scusarti se non mi concedi la grazia che ioti chiedo, tanto più che essa è gradita alla Santissima Tri-nità?

… ha dunque reso questagiornata indimenticabile, oltreche ricca di grazie fisiche espirituali, tale da farci a buondiritto esclamare: Quanto so-no belli questi Trent’anni dicammino insieme!

Ed un così bel compleannoè stato ulteriormente allietatodalla presentazione del Cd cuiDaniela Saetta e l’intera équi-pe hanno lavorato senza so-sta, allo scopo di rendere più

bella e più melodiosa la lode a Dio. Grazie a tutti quantihanno reso possibile questo piccolo, grande miracolo.

La Comunità Magnificatha compiuto 30 anni

Campagna Abbonamenti 2008

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n. 95 - I - 2008Il Magnificat: canto di lode al Signore

n. 96 - II - 2008Il Magnificat: lode della misericordia del Signore

n. 97 - III - 2008Il Magnificat: lode degli umili e dei poveri

n. 98 - IV - 2008Il Magnificat: lode dei servi della Parola e dei fratelli