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50 PERIODICO DEI FARMACISTI E DEI MANAGER DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE COVID-19 La «lezione» del virus ACQUISTI Accordo quadro tra teoria e pratica Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1 NE/VR - Trimestrale - num. 50 - marzo 2020

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50PERIODICO DEI FARMACISTI E DEI MANAGER DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

COVID-19La «lezione»del virus

ACQUISTIAccordo quadrotra teoria e pratica

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Periodico dei Farmacisti e dei Manager del Servizio sanitario nazionale

Num. 50Registrazione Tribunale di Verona n. 1764 in data 12.07.2007Iscrizione ROC n. 28627 del 31.03.2017

Direttore responsabileGianluigi Cussotto

Responsabile di redazionePaola Arosio

Progettazione grafica e impaginazioneNexidia

FotografiaArchivio Nexidia, archivio Maya Idee, shutterstock.com

PubblicitàGuido Bignamini([email protected])

StampaIntergrafica Verona s.r.l.

EditoreEdizioni Maya IdeeVia Saval, 25 37124 VeronaTel 045 8305000 Fax 045 8303602

Chiuso in redazione il 31 maggio 2020

Per comunicare con la redazionescrivere a [email protected]

Costo abbonamento annuale 19,50 euro

Tutti i diritti riservati, le immagini e i testi di questo numero sono protetti dalle leggi sul copyright. La loro riproduzione con qualsiasi mezzo è vietata senza previo consenso dei detentori del copyright.

Questo periodico è associato all’Unione Stampa Periodica Italiana

50 SOMMARIO

EDITORIALE

05 Emergenza Covid, oltre la pandemia

DOSSIER

Medicina nucleare08 Il lato buono delle radiazioni 12 Radiofarmaci, ecco i più innovativi

15 Parola d’ordine sicurezza

18 Nel nome della qualità

SPECIALE COVID-19

24 Il caos degli acquisti in emergenza

26 I farmacisti: «Così produciamo il disinfettante»

28 La sfida dei test diagnostici

34 Distribuzione per conto, utile in tempi di pandemia

36 Vaccini, una protezione in più

GOVERNANCE

40 Acquisti L’accordo quadro dalla teoria alla pratica

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CORSO

Attivo dal 30 GIUGNO 2020 al 30 DICEMBRE 2020

CREDITI FORMATIVI ECM: 10

L’ACCORDO QUADRO PER L’ACQUISIZIONE DEI FARMACI

BIOTECNOLOGICI OFF PATENT

www.mayaideefad.itF DADFF

ASSISTENZA E [email protected] | Tel. 373 7203414

DAL LUNEDÌ AL VENERDÌ DALLE ORE 8.30 ALLE 13.00

STRUMENTO PER LA SOSTENIBILITÀ DEI SSRIL RUOLO DELLE PROCEDURE D’ACQUISTO

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Emergenza Covid,oltre la pandemia

Editoriale di GIANLUIGI CUSSOTTO

Un’emergenza che ha lasciato il segno. Nonostante la sani-tà italiana fosse ritenuta una delle migliori al mondo per quanto riguarda la “copertura” e la qualità delle prestazioni offerte, non potevamo certo dire di possedere una capacità di gestione delle infezioni ottimale, data la carenza di cul-tura, di sistemi organizzativi e di strumenti, come aveva già evidenziato il Piano nazionale per il contrasto alle resistenze

batteriche, lanciato nel 2018 e posto all’attenzione dei governi regionali. Non possiamo allora essere sorpresi delle difficoltà incontrate, dovendo improvvisamente fare i conti con un aumento esponenziale dei fabbisogni di cura concentrati in pochi reparti specialistici e dovendo gestire una forma virale ancora lontana dall’essere pienamente conosciuta. Bastava ricordarsi di quanto emerso dalle nostre ricerche sulle infezioni difficili in ospedale, Ideal 2017 e 2018, per convenire sulla difficoltà di gestire sotto un’unica lente questa inaspettata emergenza in ambito infettivologico. Detto ciò, di certo non potevamo ignorare questo impetuoso ciclone che, con la sua aggressività, ha travolto tutti e condizionato la quotidianità degli operatori che, a vario titolo, si occupano di sanità.

Tra questi ultimi ci siamo noi: cosa possiamo fare e dire alla luce di quanto successo?Abbiamo deciso di mantenere il nostro impegno, anzi di rafforzarlo. Quindi continuiamo, e continueremo, a sviluppare argomenti, ad approfondire tematiche, a effettuare ricerche, che restano attuali o lo diventano ancora di più alla luce dell’esperienza di questi ultimi mesi. Le malattie restano, pertanto non abbiamo cambiato la nostra programmazione editoriale, né gli argomenti previsti per l’anno in corso, a partire dai radiofarmaci, che potrebbero conquistare uno spazio di primo piano nella terapia delle malattie oncologiche, dei quali si parla in questo numero. A proposito del Covid e di quanto è avvenuto (e sta avvenendo), ci assumiamo, invece, l’impegno di raccontare le esperienze che hanno visto protagonisti i far-macisti del Servizio sanitario nazionale. Alcune di queste le troverete già nelle prossime pagine. E, chissà, forse potranno servire per trarre qualche «lezione» utile a programmare meglio i nostri impegni futuri.Infine, mi rivolgo ai nostri lettori: diteci cosa avete fatto di speciale, di diverso in questo periodo; raccontateci ciò che avete imparato, in modo da poterlo condividere con i colleghi per avviare un dibattito più ampio e costruttivo. Insieme manteniamo i nostri impegni, guardando ai possibili rischi futuri senza perdere di vista quello che sta avvenendo. I malati esistono e bisogna prendersene cura, anche al di fuori della pandemia.

Attivo dal 30 GIUGNO 2020 al 30 DICEMBRE 2020

CREDITI FORMATIVI ECM: 10

STRUMENTO PER LA SOSTENIBILITÀ DEI SSRIL RUOLO DELLE PROCEDURE D’ACQUISTO

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a cura di Lorenzo Conti e Paola Arosio

DOSSIER Medicina nucleare

RADIO

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Una volta utilizzati solo per le indagini diagnostiche, oggi sono entrati a pieno titolo nella terapia. In ambito oncologico e non solo. Ecco i più innovativi, da impiegare nel rispetto delle procedure organizzative e della normativa. Per la sicurezza dei pazienti e di tutti gli operatori.

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FARMACI

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P ROBABILMENTE, NELL’IMMAGINARIO COLLETTIVO, LA PAROLA «NUCLEARE» FA UN PO’ PAURA, PERCHÉ È ASSOCIA-TA AI DISASTRI AVVENUTI NEL 1986 A CHERNOBYL, IN UCRAINA, E NEL 2011 A FUKUSHIMA, IN GIAPPONE. EPPURE la

medicina nucleare è una disciplina importante, che ha avuto notevoli sviluppi negli ultimi anni. Si basa sull’impiego dei radiofarmaci, composti formati da due parti: il carrier, ossia una molecola vettore, con funzioni di trasporto, e il radionu-clide o radio-isotopo o isotopo radioattivo, ovvero il nucleo di un atomo che, risultando instabile, tende a modificarsi fino a quando raggiunge uno stato di stabilità. Ciò avviene attraverso

DOSSIER Medicina nucleare

l’emissione di energia sotto forma di radiazioni (decadimento radioattivo). Ogni radionuclide ha caratteristiche specifiche per quanto riguarda i tempi di decadimento e l’energia emessa. «La tempistica di decadimento può essere breve, come nel caso del gallio 68 e del fluoro 18; media, come nel caso dello iodio 131; lunga, come nel caso dell’iridio 192 e del cobalto 60», spiega Monica Santimaria, radiofarmacista dell’unità operativa complessa di Medicina nucleare dell’ospedale San Bortolo di Vicenza, Aulss 8 Berica. «A seconda del tipo di decadimento, possono poi essere emessi tre tipi di radiazione: particelle alfa, particelle beta, raggi gamma». A seconda delle caratteristiche del loro radionuclide, i radiofarmaci possono essere impiegati per un duplice scopo: diagnostico, cioè per

IL LATO BUONO DELLE RADIAZIONIInizialmente usati in ambito diagnostico, questi medicinali vengono oggi impiegati con successo nella terapia di varie patologie, dall’ipertiroidismo alle metastasi ossee, dai linfomi alle artropatie infiammatorie croniche.

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IL LATO BUONO DELLE RADIAZIONI

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localizzare esattamente le lesioni patologiche; terapeutico, ovvero per colpire le cellule malate in modo da danneggiarle o da ridurne la proliferazione.

LA DIAGNOSI«In ambito diagnostico, si utilizzano radionuclidi con tempi di decadimento relativamente brevi (da qualche minuto a poche ore) e in grado di emettere radiazioni che percorrono lunghe distanze (di solito i raggi gamma) e che risultano perciò misurabili da un rivelatore esterno al corpo umano», rende noto l’esperta. «I radiofarmaci possono poi essere iden-tificati in base al tipo di visualizzazione, positiva o negativa, che producono. In particolare, un radiofarmaco indicatore positivo si accumula dove è presente il processo patologico, mentre al contrario un radiofarmaco indicatore negativo si concentra nel tessuto o nell’organo sano, evidenziando la malattia come un difetto di captazione. Non si tratta, però, di una distinzione fissa, dato che, a seconda delle diverse applicazioni, alcuni radiofarmaci possono comportarsi da indicatori sia positivi che negativi. Ad esempio, per quanto riguarda la tiroide, il radioiodio è un indicatore negativo in caso di patologia nodulare non funzionante (i cosiddetti noduli freddi), ma diventa positivo in caso di iperfunziona-mento della ghiandola».

ScintigrafiaLa prima apparecchiatura diagnostica di medicina nucleare è stata la gamma camera per scintigrafia (scanner), ideata sul finire degli anni Cinquanta e utilizzata con successo nei decenni successivi. L’esame consiste in un processo grazie al quale è possibile ottenere una immagine o una serie di immagini sequenziali della distribuzione di un radiofarmaco in tessuti o organi, ad esempio tiroide, cuore, ossa, cervello, fegato, reni, polmoni. In particolare, l’indagine inizia con la somministrazione al paziente, in genere per via endovenosa,

di un farmaco debolmente radioattivo, come un radiofarmaco contenente tecnezio per le ossa o lo iodio per la tiroide, a cui segue un determinato periodo di attesa. Ad esempio, per la scintigrafia tiroidea e per la scintigrafia miocardica l’intervallo è di circa 20-60 minuti, per la scintigrafia ossea di circa tre ore. Una volta trascorso il tempo necessario, con la gamma camera viene verificato l’accumulo del radiofarmaco nel sito di interesse. Da questa rilevazione è possibile formulare la diagnosi.

Spect e PetA partire dagli anni Settanta, sono state sviluppate ap-parecchiature diagnostiche più avanzate, come la Spect (Single photon emission computerized tomography, tomografia computerizzata a emissione di un singolo fotone) e la Pet (Positron emission tomography, tomografia a emissione di positroni), che permettono di visualizzare in modo tridi-mensionale la presenza di un radiofarmaco all’interno di un tessuto o di un organo. La Spect, in particolare, è una tecnica che prevede la som-ministrazione al paziente di piccole dosi di radioattività legate a molecole che hanno la capacità di interagire con specifici organi o tessuti. Il paziente viene poi esaminato con una gamma camera che gli ruota intorno acquisendo le immagini necessarie. Dopo la scansione, queste ultime vengono rielaborate e visualizzate tramite un computer. Questo esame viene impiegato per lo studio funzionale di malattie cardiovascolari (infarto e cardiopatie), cerebrali e neurodegenerative (malattia di Alzheimer, morbo di Parkinson, demenze, epilessia). Viene, inoltre, utilizzato per la diagnosi di alcuni tumori e per la visualizzazione del sistema endocrino o scheletrico. Può essere usato anche per lo studio della funzione renale. La Pet è la più moderna apparecchiatura diagnostica di medicina nucleare e consente di misurare in modo quan->

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DOSSIER Medicina nucleare

> -titativo le funzioni, i processi metabolici e le reazioni biochimiche di un organo. Prevede la somministrazione per via endovenosa di sostanze normalmente presenti nell’or-ganismo marcate con isotopi radioattivi (ad esempio, il glucosio marcato con il fluoro 18). All’interno dell’organismo, il radiofarmaco decade emettendo positroni, particelle beta simili all’elettrone, ma con carica elettrica opposta: quando un positrone incontra un elettrone della materia, vengono prodotti i fotoni. Lo scanner (tomografo), che è costituito da un “anello” di rilevatori posizionato intorno al paziente, è in grado di registrare i fotoni e di trasformarli in immagini che mostrano in che modo e con quale concentrazione le molecole si distribuiscono all’interno di un tessuto o di un organo. Questa indagine è utile soprattutto in ambito oncologico, in quanto fornisce informazioni riguardanti lo stadio di sviluppo della malattia, il grado di aggressività, l’eventuale presenza di metastasi e la loro localizzazione, l’efficacia degli eventuali trattamenti in precedenza eseguiti.

Imaging di fusioneIl passo successivo rispetto a queste tecniche è la cosiddetta fusion imaging, che garantisce livelli di precisione prima irraggiungibili. I due esempi più rilevanti sono la Pet-Tc (tomografia a emissione di positroni-tomografia computeriz-zata) e la Spect-Tc (tomografia computerizzata a emissione di un singolo fotone-tomografia computerizzata). Oltre a questo tipo di diagnostica (diagnostica in vivo), la medicina nucleare si può applicare anche alla diagnostica di laboratorio (diagnostica in vitro). Quest’ultima si può basare sulla somministrazione di radiofarmaci al paziente e sulla loro rilevazione in campioni biologici (sangue, urine), oppure sul prelievo di questi ultimi e sul successivo esame con aggiunta di un composto radioattivo.

LA TERAPIADiagnosi, dunque, ma anche terapia. «In quest’ultimo caso, si impiegano radionuclidi che emettono radiazioni in grado di percorrere solo brevi distanze (al massimo qualche millimetro), come i raggi beta o alfa, in modo che il trattamento possa essere il più possibile mirato», spiega la farmacista. Nel 2006 l’Associazione italiana medicina nucleare (Aimn) ha pubblicato un libro bianco dove ha fissato alcuni importanti principi terapeutici. Secondo il documento, i requisiti essenziali della terapia nucleare sono la captazione selettiva del radiofarmaco nel tessuto malato e un transito sufficientemente rapido nel circolo sanguigno e negli organi. «Il trattamento terapeutico con radiofarmaci richiede un approccio multidisciplinare che coinvolge nu-merosi specialisti, fra cui radiologi, radioterapisti, oncologi, chirurghi e medici nucleari», continua Santimaria. «Lo specialista che individua nel paziente la malattia può, dopo aver richiesto eventuali esami di approfondimento, chiedere una discussione multidisciplinare o inviare direttamente l’assistito al medico nucleare che pianifica il trattamento, scegliendo il radiofarmaco più appropriato ed effettuando la valutazione dosimetrica per stabilire la quantità da som-ministrare. A questo, seguono la preparazione del farmaco stesso e la somministrazione al paziente». Ecco le tradizionali applicazioni terapeutiche di questo tipo di farmaci.

TiroideLa ghiandola tiroidea è avida di iodio, un minerale indispen-sabile per la sintesi dei suoi ormoni (T3 e T4). In alcune malattie, come l’ipertiroidismo, caratterizzato da un’eccessiva attività dell’organo, e in alcuni tumori che accumulano iodio, la necessità e l’assorbimento di quest’ultimo aumentano (effetto spugna). In ragione di ciò, per contrastare tali pa-

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tologie viene impiegato il radiofarmaco iodio 131, chiamato anche radioiodio, prodotto per fissione dell’uranio 235 o tramite il bombardamento con neutroni di tellurio stabile in un reattore nucleare. Assunto per bocca, o più raramente tramite iniezione endovenosa, lo iodio viene assimilato dall’intestino, immesso nel flusso sanguigno e assorbito dalla tiroide, dove emette radiazioni beta, producendo un danno irreversibile alle cellule tiroidee malate.

ArticolazioniLe artropatie infiammatorie croniche comprendono soprat-tutto artrite reumatoide, artrite psoriasica, osteoartrite. Per trattarle è possibile impiegare la radiosinoviortesi, una terapia nucleare che si effettua iniettando all’interno della cavità artico-lare radiocolloidi marcati con isotopi radioattivi che emettono particelle beta, in grado di distruggere il tessuto sinoviale ipertrofico. A seconda dell’isotopo utilizzato e dell’energia delle particelle emesse, il farmaco è in grado di penetrare più o meno in profondità. Per esempio, tra gli isotopi con energia maggiore c’è l’ittrio 90 (silicato e citrato) utilizzato per trattare grandi articolazioni, come quella del ginocchio, mentre tra quelli a energia più bassa si annoverano il renio 186 o l’erbio 169, che si utilizzano per articolazioni più piccole. Il renio 186, in particolare, viene impiegato per le articolazioni di spalla, go-mito, polso, anca e per quelle metacarpali e metatarsali, mentre l’erbio 169 è più indicato per le piccole articolazioni di mani e piedi (per esempio, metacarpo-falangee, metatarso-falangee o interfalangee). Dopo il trattamento, l’articolazione viene immobilizzata per tre giorni con una fasciatura per evitare che il radiofarmaco possa fuoriuscire dalla cavità articolare danneggiando i tessuti circostanti.

OssaIn alcuni tumori in fase avanzata, soprattutto in quelli della prostata o della mammella, compaiono le metastasi ossee, che provocano forti dolori e la predisposizione a fratture, oltreché compressione radicolare o midollare e alti livelli di calcio nel sangue (ipercalcemia). Nel caso le metastasi interessino in modo diffuso lo scheletro è possibile trattarle tramite la terapia radiometabolica con farmaci osteotropi che emettono radiazioni beta. Le so-stanze più utilizzate sono samario lexidronam pentasodico (153Sm-Edtmp), stagno difosfonato idrossietilidene (186Re-Hedp), cloruro di stronzio (89SrCl2). Secondo l’Associazione italiana di medicina nucleare, questi far-maci consentono di ridurre il dolore in più del 70% dei casi e di eliminarlo nel 18-30%. Il trattamento si può eseguire in ambulatorio e prevede un’unica sommini-strazione per via endovenosa, eventualmente ripetibile dopo qualche mese.

Sistema linfaticoInfine, i pazienti affetti da linfomi a cellule B che esprimono sulla membrana il recettore CD20 possono essere trattati con la radioimmunoterapia, una terapia che consiste nella somministrazione dell’anticorpo monoclonale ibritumo-mab tiuxetan marcato con ittrio 90. Generalmente questo trattamento è riservato alle forme di malattia resistenti all’immunoterapia convenzionale a base di rituximab.

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C APACITÀ DI COMBINARE DIAGNOSI E TE-RAPIA (LA COSIDDETTA TERAGNOSTICA) PER UN TRATTAMENTO PIÙ RAPIDO ED EFFICIENTE, DA UN LATO. SELETTIVITÀ D’AZIONE PER COLPIRE CON PRECISIO-NE IL BERSAGLIO, DALL’ALTRO. SONO

questi i “binari” sui quali si sta muovendo l’innovazione nell’ambito dei radiofarmaci. Un settore che negli ultimi anni ha compiuto numerosi passi avanti e nel quale i ri-sultati non sono mancati. Di seguito una “carrellata” delle molecole più recenti.

EDOTREOTIDE E LUTEZIO (177LU) OXODOTREOTIDE Un perfetto esempio di teragnostica è l’abbinamento dei due radiofarmaci edotreotide marcato con gallio 68 per la diagnosi e oxodotreotide marcato con lutezio-177 per la terapia, entrambi impiegati nei pazienti affetti da tumori neuroendocrini gastro-entero-pancreatici (Gep-net) che sovraesprimono sulla superficie cellulare i recettori per la somatostatina.Il primo radiofarmaco, a scopo diagnostico, consiste in un analogo della somatostatina, l’edotreotide, che è in grado di legarsi ai recettore presenti sulle cellule malate. Questa molecola viene, quindi, marcata con il gallio 68, un isotopo che emette un segnale radioattivo che viene captato dalla Pet (Positron emission tomography, tomografia a emissione di positroni), consentendo di ottenere immagini ad altissima definizione, con un elevato grado di accuratezza. Una volta appurata con la massima precisione la diagnosi, si può procedere con la terapia più appropriata. Nel caso si tratti di un tumore Gep-net non asportabile, metastatico, che non risponde ad altre terapie, si può somministrare il radiofarmaco composto da un analogo della somatostatina (oxodotreotide) marcato con il lutezio: il primo si lega alle

DOSSIER Medicina nucleare

cellule maligne che appunto esprimono i recettori per la somatostatina; il secondo, una volta avvenuto il legame, emette radiazioni beta (profondità media di penetrazione 0,67 millimetri, massima di 2,2 millimetri) che uccidono le cellule malate in modo selettivo, preservando le cellule sane vicine. «In passato non si riusciva a essere così selettivi, si agiva a livello cellulare», spiega Laura Evangelista, ricercatore all’Università di Padova e di-rigente della struttura di Me-dicina nucleare dell’Azienda ospedaliera di Padova, «mentre adesso siamo in grado di visua-lizzare i processi molecolari e di agire all’interno della cellula malata distruggendone il nu-

RADIOFARMACIECCO I PIÙ INNOVATIVILutezio 177, gallio 68, radio 223, torio 227 sono alcune delle nuove molecole in uso o in sperimentazione. Perché la ricerca non si ferma e continua a offrire opportunità di trattamento sempre più mirate ed efficaci.

Istituto oncologico veneto (Iov) di Padova

Laura Evangelista

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RADIOFARMACIECCO I PIÙ INNOVATIVI

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cleo. Per questo il lutezio (177Lu) oxodotreotide è stato definito un farmaco kamikaze». L’efficacia di quest’ultimo è stata dimostrata dallo studio clinico Netter 1 di fase III, multicentrico, randomizzato, controllato, condotto su 1.214 pazienti e pubblicato nel 2017 su The New England Journal of Medicine, durante il quale è stato evidenziato che il lutezio (177Lu) oxodotreotide riduce il rischio di progressione di malattia o di morte del 79% rispetto alla terapia standard con octreotide freddo, l’analogo della somatostatina non radioattivo. Sulla base di questa ricerca, il farmaco è stato approvato nel 2017 dall’European medicines agency (Ema) e nel 2019 dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa). Il tratta-mento consiste in quattro infusioni a otto settimane l’una dall’altra, ma l’intervallo temporale può essere aumentato fino a 16 settimane.

PSMA-SR6 CON LUTEZIO 177 O GALLIO 68Lo stesso concetto alla base di edotreotide e lutezio (177Lu) oxodotreotide è stato impiegato anche per svilup-pare altri prodotti teragnostici. Tra questi, uno riguarda il tumore della prostata, le cui cellule esprimono sulla pro-pria superficie la proteina Psma (Prostate-specific membrane antigen, antigene di membrana specifico della prostata). Si tratta, in sostanza, di impiegare il ligando recettoriale Psma-Sr6, estremamente specifico e rapidamente assimi-labile dalle cellule tumorali, coniugandolo con il lutezio 177 per il trattamento e con il gallio 68 per la diagnosi, la localizzazione e il monitoraggio della patologia tramite la Pet. «Il vantaggio del gallio 68 è la maggiore accuratezza diagnostica rispetto agli agenti tradizionalmente impiega-ti, ovvero carbocolina, fluorocolina, fluciclovina», afferma Evangelista. «In particolare, la metodica sarebbe indicata nella stadiazione iniziale del tumore, nella rivalutazione dopo recidiva e nel monitoraggio della risposta al trattamento,

anche nel caso in cui l’aumento del Psa sia molto esiguo, inferiore a un nanogrammo su millilitro, quindi al primo cenno di ripresa di malattia».

RADIO 223 DICLORURODi recente introduzione, il radio 223 dicloruro, indi-cato per il trattamento delle metastasi ossee nei pazienti con tumore alla prostata resistente alla castrazione, ove non siano presenti metastasi viscerali (fegato, polmone, sistema nervoso centrale), è un radiofarmaco che si lega all’idrossiapatite, uno dei principali componenti delle ossa, e, una volta raggiunto il bersaglio, emette particelle alfa. Queste ultime depositano la loro energia agendo in modo selettivo, provocando cioè danni irreversibili al Dna della cellula tumorale e risparmiando il tessuto sano circostante. Lo studio di fase III Alsympca, randomizzato, in doppio cieco, condotto su 921 pazienti e pubblicato nel 2014 su The Lancet Oncology, ha dimostrato che la sopravvivenza globale era pari a 14,9 mesi nel gruppo che assumeva il farmaco e a 11,3 mesi in quello trattato con placebo. Inoltre, i dati raccolti nel registro prospettico Rotor, comprendente 300 pazienti, dimostrano che i malati trattati con il farmaco presentano un miglioramento della sopravvivenza globale con un profilo di sicurezza favorevole. Un’altra conferma è arrivata dall’11° Simposio internazionale sulla Targeted Alpha Therapy svoltosi nel 2019 a Ottawa, in Canada, dove è stato presentato uno studio real life che mostra che il radio 223 migliora la sopravvivenza globale anche in pazienti che presentano caratteristiche diverse da quelli inclusi negli studi registrativi.A fronte di questi dati favorevoli, non sono mancate alcune raccomandazioni di impiego pubblicate sia dall’Ema che dall’Aifa. In particolare, i due enti suggeriscono di «non utilizzare il radio 223 in associazione con i medicinali abiraterone acetato e i corticosteroidi prednisolone e >

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DOSSIER Medicina nucleare

Maria Cecilia Giron

> prednisone». Inoltre, il farmaco «non deve essere impie-gato con altre terapie antitumorali sistemiche, a eccezione dei trattamenti volti a mantenere ridotti i livelli di ormoni maschili (terapia ormonale)», né «nei pazienti con un li-mitato numero di metastasi ossee».

TORIO 227Analogamente al radio 223, anche il torio 227 agisce rilasciando particelle alfa. Legato a una molecola target, come un anticorpo, può essere veicolato sul tumore, che viene colpito in modo mirato, determinando la morte delle cellule tumorali con danni limitati al tessuto sano circostante. Nell’ambito della ricerca pre-clinica, tre coniugati del torio sono stati impiegati in diversi tipi di tumore, come il carci-noma mammario, il cancro della prostata e il mesotelioma.

UNO SGUARDO AL FUTUROProdurre nuovi radiofarmaci efficaci non è facile, richiede tempo e risorse economiche. «In Italia i costi elevati della ricerca limitano molto la possibilità di condurre sperimenta-zioni», ammette Maria Cecilia Giron, ricercatrice e docente di Farmacologia all’Università di Padova, «ma all’estero, ad esempio in Svizzera, in Belgio e in Germania, esistono centri di eccellenza che promuovono numerosi studi». Magari questi ultimi non approdano per anni a validi risultati, ma poi i frutti di tanto lavoro improvvisamen-

te emergono. È successo così anche nel caso del gallio 68 e del lutezio (177Lu) oxodotreotide.Per questo i ricercatori non si arrendono e continuano a lavorare con l’obiettivo di produrre sostanze radioattive che si possano impiegare contro un numero sempre mag-giore di tumori, come ad esempio quello al cervello. «Uno degli aspetti su cui si sta concentrando la ricerca riguarda la terapia per i tumori cerebrali», conferma Giron. «Dato che l’encefalo è una zona “nobile”, la sfida è trovare mole-cole altamente selettive in grado di colpire solo le cellule malate. Se si riuscisse, sarebbe senza dubbio uno sviluppo decisivo».

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S ECONDO IL CENSIMENTO DELL’ASSOCIA-ZIONE ITALIANA MEDICINA NUCLEARE (AIMN) DEL 2016, IN ITALIA I CENTRI IN QUESTO SETTORE SONO 255. LE REGIONI CHE NE CONTANO DI PIÙ SONO CAMPA-NIA, SICILIA, LOMBARDIA E LAZIO, CON

41, 36, 31 e 30 strutture rispettivamente. Per quanto riguarda, invece, il numero di centri in rapporto alla popolazione, la media è una struttura ogni 300mila abitanti. Non tutti i centri, però, offrono gli stessi servizi, come conferma Monica Santimaria, radiofarmacista dell’unità operativa complessa di Medicina nucleare dell’ospedale San Bortolo di Vicenza, Aulss 8 Berica. «Anche se la distribuzione geografica delle strutture nelle varie regioni è abbastanza uniforme, non

tutti i reparti sono in grado di garantire gli stessi servizi: i principali strumenti diagnostici sono presenti ovunque, mentre la possibilità di effettuare le varie terapie è limitata ad alcuni centri». L’apparecchiatura diagnostica più diffusa è la scintigrafia, che conta in totale 380 macchinari. Sono circa 100 invece le Spect (Single photon emission computerized tomography, tomografia computerizzata a emissione di un singolo fotone), presenti soprattutto in Lombardia (18) e in Emilia-Romagna (12), mentre le Pet-Tc (tomografia a emissione di positroni-tomografia computerizzata) sono circa 170, di cui 33 in Lombardia, 28 in Campania, 19 in Sicilia. Assicurare la terapia con una certa capillarità è molto più complicato, anche a seconda del farmaco. «Per esempio in Veneto solo tre strutture utilizzano la terapia con lutezio (177Lu) oxodotreotide», commenta Santimaria. «Del resto, ogni Regione definisce quanto investire per una terapia e in quali centri». Per tutte le strutture di medicina nucleare la parola d’ordine è la sicurezza, sia per i pazienti sia per gli operatori, che viene garantita tramite attrezzature adatte e ambienti adeguati, che soddisfano precisi requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi.

ZONE “CALDE” E “FREDDE” Per quanto riguarda la diagnostica, occorre prevedere una zona “fredda”, cioè non colpita dall’effetto delle ra-diazioni, dove viene svolto il lavoro di accettazione e dove sostano i pazienti in attesa di trattamento. Dopodiché, deve essere presente una zona “calda”, dove viene svolta>

PAROLA D’ORDINE SICUREZZANei 255 centri italiani del settore sono impegnati vari specialisti. Che lavorano per offrire i migliori trattamenti, tutelando la salute di pazienti e operatori secondo rigidi protocolli.

Ospedale San Bortolo di Vicenza

DOSSIER Medicina nucleare

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> l’attività che comporta l’impiego di sorgenti radioattive. Quest’ultima area è a sua volta suddivisa in due parti, una dove accedono i pazienti, l’altra in cui l’accesso è limitato solo al personale. Entrambe le zone devono essere dotate di un numero adeguato di posti a sedere rispetto ai picchi di frequenza e preferibilmente ci devono essere aree dedicate a pazienti interni ed esterni e a pazienti in barella. Per quanto concerne, invece, la dotazione tecnologica, la struttura deve possedere adeguati sistemi di monitoraggio per proteggere locali e personale dagli effetti delle radiazioni; gamma camera; ecografo, preferibilmente color-doppler (che consente di analizzare movimento e direzione del flusso sanguigno), anche in condivisione con altre unità operative; sistema per sforzo ergometrico, necessario al controllo del sistema cardiocircolatorio; sonda per la chirurgia radioim-munoguidata, nel caso venga svolta questa attività; sistema di archiviazione informatizzato, per gestire i dati sanitari dei pazienti. Inoltre, deve essere presente un sistema di sorveglian-za degli eventuali incidenti che possono accadere durante la

preparazione e la somministrazione dei radiofarmaci e deve essere definita una procedura per identificare in modo univoco il paziente prima della somministrazione del medicinale.

STANZE DI DEGENZA SOTTO CONTROLLOAnche per quanto riguarda la terapia sussistono rigidi requisiti. Ciascuna struttura dove possedere le caratteristiche richieste in base alle terapie erogate, ma in generale occorre siano presenti: un locale per lo stoccaggio dei radiofarmaci e uno per la loro somministrazione; una zona “filtro” con lavandino e doccia muniti di scarico controllato, con rilevatore per la contaminazione di mani, piedi, abiti, con spogliatoio differenziato per gli abiti da lavoro; un sistema di raccolta e monitoraggio degli scarichi radioattivi collegato con il ser-vizio igienico destinato agli utenti trattati con radiofarmaci; stanze di degenza sufficientemente ampie e preferibilmente singole. E ancora, un locale per il lavoro degli infermieri e uno spazio amministrativo o per l’archivio; un locale per lo stoccaggio dei rifiuti o di materiale contaminato; uno spazio

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con spogliato-io differenziato per gli abiti da lavoro; un siste-

Radiofarmaci per la diagnostica e la terapia. È questo il fiore all’occhiello dell’Istituto scientifico romagnolo per lo studio e la cura dei tumori (Irst) Irccs di Meldola, in provincia di Forlì-Cesena, uno dei principali centri nazionali ed europei dedicati a questo tipo di farmaci già dal 2011. Attualmente fanno parte dell’istituto il Laboratorio di radiofar-macia, la struttura di Medicina nucleare diagnostica dotata di tomografo Pet-Tc, la struttura di Degenza radiometabolica con stanze idonee all’infusione di radiofarmaci a scopo terapeutico. È, inoltre, attiva una collaborazione scientifica con il sito produttivo di AAA (Advanced Accelerator Application) annesso ai locali dell’istituto, dove, in una stanza bunker protetta da muri in calcestruzzo con due metri di spessore, è posizionato il ciclotrone, un’attrezzatura utilizzata per la produzione di radioisotopi a breve emivita (meno di due ore), in particolare fluodeossiglucosio (18F). Una volta prodotto dal macchinario, grazie a sistemi chiusi automatizzati, tale isotopo viene legato a molecole altamente selettive per le cellule tumorali in modo da ottenere un radiofarmaco. Quest’ultimo, dopo essere stato sottoposto a rigidi controlli di qualità, viene poi trasferito nel reparto di Medicina nucleare diagnostica per essere utilizzato subito nei pazienti che devono eseguire un esame Pet-Tc. «Il brevissimo ciclo di produzione e utilizzo consente di sfruttare appieno le potenzialità di questi farmaci», evidenzia Mattia Altini, direttore sanitario dell’Irst. Attualmente è in fase di realizzazione all’istituto la prima Radio-farmacia secondo le norme di buona fabbricazione (Good manufacturing practices), che dovrà essere accreditata dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) per lo sviluppo e la preparazione di nuovi radiofarmaci utilizzati in ambito speri-mentale per la diagnosi e la cura secondo i requisiti previsti dal Regolamento dell’Unione europea 536 del 16 aprile 2014. «Rea-lizzeremo allestimenti che serviranno non solo per le esigenze del nostro isti-tuto, ma saranno utili per tutta la regione», conclude Altini.

L’IRST DI MELDOLA, UN POLO DI ECCELLENZA

Istituto scientifico per lo studio e la cura dei tumori (Irst) di Meldola, in provincia di Forlì-Cesena

Mattia Altini

di attesa per familiari e visitatori, anche in comune con altre unità operative; un locale riservato alla visita al paziente pri-ma della somministrazione del farmaco. Tutti gli ambienti devono essere condizionati e la struttura deve prevedere filtri in uscita, oltre a un sistema di controllo a distanza per rilevare la radioattività presente in ogni stanza di degenza e a un sistema di controllo sulla soglia di ciascun locale, per rilevare l’indebito attraversamento da parte dei pazienti dopo la somministrazione del radiofarmaco. I pazienti possono ri-cevere visite, ma nel rispetto di precise procedure di sicurezza.

UN TEAM DI VARI SPECIALISTIPer presidiare tutti questi elementi, è necessario di-sporre di diversi specialisti, in numero adeguato alla tipologia e al volume delle prestazioni erogate. Medico di medicina nucleare e tecnico sanitario di radiologia, innanzitutto, ma anche radiofarmacisti, radiochimici, infermieri professionali, tecnici di laboratorio, esperti in fisica medica. Un insieme di professionisti dei quali si è avvertita la necessità con l’evolu-zione della medicina nucleare. «Nei suoi primi decenni di sviluppo in Italia, questa disciplina richiedeva solo il lavoro dei medici nucleari e dei tecnici sanitari di radiologia, figure che, tra l’altro, avevano alle spalle un percorso ben delineato a livello formativo e potevano fruire di precise norme che ne definivano il profilo e le funzioni», ricorda Santimaria. «In seguito, si sono aggiunti altri specialisti, come ad esempio il radiofarmacista, un farmacista che opera nell’ambito della medicina nucleare con il compito di fornire un supporto tecnico-scientifico nella scelta e nell’acquisto di radiofarma-ci, generatori, kit; monitorare la qualità delle preparazioni, attraverso il controllo sia delle fasi di allestimento, sia dei radiofarmaci (purezza radiochimica, chimica, radionuclidica, microbiologica); occuparsi di farmacovigilanza, segnalando al ministero della Salute le reazioni avverse ai radiofarmaci e i difetti di fabbricazione; definire le possibili interferenze tra farmaci e radiofarmaci. Una figura imprescindibile, quindi, per la quale però ancora non esiste un apposito percorso formativo a livello accademico che ne istituzionalizzi la figura.

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F INO A TRENT’ANNI FA CIRCA, I RADIOFAR-MACI VENIVANO UTILIZZATI SEGUENDO LA REGOLAMENTAZIONE DEI PRODOTTI RADIO-ATTIVI, MOLTO PIÙ GENERICA RISPETTO A QUELLA DEI MEDICINALI. OGNI PAESE EU-ROPEO AVEVA LE PROPRIE REGOLE PER LA

produzione e l’immissione in commercio di questi prodotti e mancava un quadro normativo omogeneo e condiviso. Bisognerà attendere la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta perché l’Europa prima e il nostro Paese poi includano per la prima volta i radiofarmaci tra le sostanze farmacologiche, con tutte le conseguenze che ne derivano. «Da quel momento in poi sono state approvate nuove norme e leggi che regolano l’allestimento e la somministrazione dei radiofarmaci, oltre a fondamentali misure di sicurezza a tutela dei pazienti e del personale sanitario», spiega Paola Minghetti, professore ordinario di Tecnologia e legislazione farmaceutiche all’Università degli studi di Milano e presi-dente della Società italiana farmacisti preparatori (Sifap).

NORME EUROPEE E ITALIANESu questa base, il 3 maggio 1989 la Comunità econo-mica europea (Cee) ha pubblicato la direttiva 343, imponen-do così agli Stati membri di estendere anche ai radiofarmaci le norme vigenti per i medicinali. «Quando è stata approvata questa direttiva, tutti i Paesi si sono dovuti adeguare»,

DOSSIER Medicina nucleare

ricorda Minghetti, «ma non è stato semplice adattare le leggi e ci è voluto del tempo per arrivare a un’armoniz-zazione». Due anni più tardi, anche l’Italia ha recepito la direttiva, inserendo per la prima volta i radiofarmaci nella legislazione farmaceutica con il decreto numero 178 del 29 maggio 1991. Nella normativa venivano specificate le classi di prodotti da regolamentare: non solo i radiofarmaci (defi-niti come «qualsiasi medicinale che, quando è pronto per l’uso, include uno o più radionuclidi incorporati a scopo sanitario»), ma anche i generatori («qualsi-asi sistema che include un ra-dionuclide progenitore da cui viene prodotto un radionuclide

NEL NOME DELLA QUALITÀAll’inizio degli anni Novanta sono state emanate le prime leggi sui radiofarmaci e nel 2005 le Norme di buona fabbricazione. Provvedimenti orientati a garantire un impiego sicuro ed efficace di questi medicinali. Paola Minghetti

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NEL NOME DELLA QUALITÀ

discendente che viene quindi rimosso per eluizione o con altro metodo e usato in un radiofarmaco»), i kit («qualsiasi preparazione da ricostituire o combinare con radionuclidi nel radiofarmaco finale, di solito prima della somministra-zione»), i precursori («qualsiasi altro radionuclide prodotto per essere utilizzato come tracciante di un’altra sostanza prima della somministrazione»).Con il decreto ministeriale del 13 dicembre 1991 sono poi state dettate le disposizioni transitorie per regolare il pas-saggio alle nuove regole. In particolare, i prodotti già com-mercializzati corrispondenti, per composizione, all’elenco di 53 sostanze nel frattempo approvato dal Committee for proprietary medicinal products (Cpmp) potevano rimanere in commercio ed essere utilizzati fino a che non fossero state formalmente assunte le decisioni di merito sulle domande di autorizzazione all’immissione in commercio (Aic), che dovevano essere presentate entro il 30 aprile 1992. Sebbene nelle previsioni iniziali le autorità europee avessero auspicato il rapido rilascio delle autorizzazioni, il processo è invece avvenuto con tempistiche molto differenti tra gli Stati membri dell’Unione e proprio in Italia l’iter si è trascinato irrisolto per diversi anni.

UN LUNGO ITER PER OTTENERE L’AICCorrelato al decreto del 1991 c’è il decreto del 30 marzo 2005, riguardante le Norme di buona fabbricazione dei

radiofarmaci per la medicina nucleare. Queste ultime sono il frutto del lavoro di un gruppo interdisciplinare di profes-sionisti, formato da membri della Commissione permanente per la revisione e la pubblicazione della Farmacopea ufficiale e da esperti dei vari settori inerenti la materia. Gli obiettivi della normativa sono assicurare la qualità del radiofarmaco, proteggere il paziente da ogni esposizione indebita al rischio radiologico, ottenere un prodotto conforme alle specifiche dotato della massima efficacia diagnostica e terapeutica. Nonostante il testo sia stato approvato quindici anni fa, è entrato a regime solo nel luglio del 2011 ed è stato nel frat-tempo aggiornato. Analogamente a quanto accaduto dopo il 1991, sono, infatti, servite norme transitorie e adattamenti, come spiega la docente: «Lo Stato ha previsto norme di transizione per tutti i farmaci già in commercio prima del 1992, che potevano continuare a essere impiegati, in attesa di regolarizzare la propria posizione rispetto ad Aifa, anche senza rispettare la normativa del 2005. L’aspetto più critico è stato il processo di approvazione, visto che i farmaci più “vecchi” non avevano un dossier pronto idoneo a ottenere l’autorizzazione all’immissione in commercio. Un iter or-mai concluso, che ha richiesto, però, per essere portato a compimento, un grande lavoro congiunto da parte di Aifa e delle aziende produttrici, che hanno studiato e trovato insieme soluzioni che tenessero conto delle peculiarità di questi prodotti». >

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DAGLI SPAZI ALL’ALLESTIMENTOMa cosa sanciscono, nello specifico, le Norme di buona fabbricazione? Innanzitutto, stabiliscono che la re-sponsabilità generale delle preparazioni è in capo al medico di medicina nucleare, che deve assicurare che la struttura possieda le necessarie risorse umane, finanziarie, strumentali e che tutte le fasi del processo di allestimento dei radiofar-maci siano realizzate nel rispetto dei requisiti di qualità da parte di personale adeguatamente qualificato. Tra le varie indicazioni, non mancano quelle relative agli spazi della struttura. In particolare, «i materiali radioattivi devono essere conservati, manipolati, confezionati e controllati in appositi locali dedicati, che costituiscono il laboratorio di manipolazione dei radionuclidi», all’interno del quale devono essere collocati soltanto le attrezzature, i materiali e i prodotti necessari. La zona destinata alla preparazione estemporanea dei radiofarmaci deve fare parte del labora-torio, ma deve essere separata dal resto dei locali mediante apposite stanze-filtro. Quanto alle preparazioni, la norma impone che prima di iniziare «si devono eseguire e docu-mentare le verifiche a formulazione e composizione (dose, compatibilità e stabilità chimico-fisica); materie prime (identità, conservazione, corrispondenza alla formulazione da eseguire, data limite di utilizzazione o di rititolazione); contenitori (qualità e idoneità alle caratteristiche della preparazione); locali (pulizia e stato della classificazione, idoneo abbigliamento); apparecchiature (pulizia e corretto funzionamento)». Non si possono eseguire contempora-neamente preparazioni diverse in una stessa area di lavoro.

ATTENZIONE ALLA SICUREZZAIl decreto tiene poi ampiamente conto della radio-attività, con un richiamo alla normativa protezionistica forte ed esplicito: «La protezione sanitaria contro i rischi

derivanti dalle radiazioni ionizzanti è attualmente rego-lamentata da leggi specifiche nazionali. Tutte le opera-zioni che richiedono la manipolazione di radionuclidi allo scopo di preparare un radiofarmaco devono pertanto essere condotte in ottemperanza alle suddette leggi». Il riferimento, in questo caso, è a due decreti legislativi: il 230 del 17 marzo 1995, e successive modifiche, che stabilisce le norme a tutela della sicurezza dei lavoratori; il 187 del 26 maggio 2000, che concerne la sicurezza della popola-zione. Il primo riguarda la protezione dei professionisti, che devono essere esposti a un rischio accettabile. Le dosi assorbite devono, dunque, essere tassativamente inferiori ai limiti stabiliti dalla legge, mentre il datore di lavoro deve assicurarsi che gli impianti, le apparecchiature, le attrezzature, le modalità operative siano rispondenti alle norme di buona tecnica. In più, tutto il personale deve essere sottoposto a sorveglianza medica, con visite sia preventive prima di essere destinato all’attività a rischio, sia periodiche per verificare che non insorgano problemi. Il secondo decreto si basa, invece, sul fatto che le esposizioni del paziente alla radioattività debbano essere giustificate e ottimizzate. Il principio di giustificazione impone che le esposizioni debbano avere «benefici diretti per la salute delle persone e della collettività» maggiori rispetto al «dan-no alla persona» che l’esposizione stessa potrebbe causare. Di conseguenza, per ciascuna sostanza è stabilita una dose massima, oltre la quale il rischio sarebbe troppo elevato. Il principio di ottimizzazione implica, invece, che lo specia-lista, per un’esposizione giustificata, scelga metodologia e tecnica idonee a ottenere il maggior beneficio clinico con il minimo detrimento individuale e valuti la possibilità di utilizzare tecniche sostitutive. Infine, per l’ottimizzazione delle apparecchiature e del loro impiego il clinico si deve avvalere dell’esperto in fisica medica.

DOSSIER Medicina nucleare

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A disposizione della medicina nucleare oggi sono presenti radiofarmaci prodotti industrialmente e radiofar-maci preparati in ospedale. All’interno del primo gruppo confluiscono vari tipi di farmaci, ovvero: i radiofarmaci dotati di codice Aic, prodotti in conformità alle Norme di buona fabbricazione, per i quali sono attestati i criteri di sicurezza, qualità ed efficienza; i radiofarmaci senza codice Aic prodotti prima del 1992; i medicinali speri-mentali, autorizzati ai fini della sperimentazione clinica coi decreti legislativi 211 del 24 giugno 2003 e 200 del 6 novembre 2007; i radiofarmaci prodotti industrialmente su richiesta scritta e non sollecitata del medico, che si impegna a utilizzarli su un determinato paziente nella struttura in cui opera, sotto la sua diretta responsabilità (in questo caso non serve Aic); i radiofarmaci importati dall’estero. Tra i radiofarmaci preparati in ospedale si distinguono, invece: i radiofarmaci preparati al momento dell’uso a partire da generatori, kit o radiofarmaci pre-cursori per i quali sia stata rilasciata l’Aic; i medicinali magistrali, preparati sulla base di una prescrizione me-dica e destinati a un determinato paziente; i medicinali officinali, preparati sulle indicazioni di una monografia della Farmacopea europea o nazionale; i medicinali sperimentali no-profit. Del gruppo di farmaci prodotti in ospedale fa parte anche il fluorodesossiglucosio (18F), il diffusissimo radiofarmaco per la Pet. «Parallelamente al farmaco prodotto industrialmente con Aic, alcuni ospe-dali continuano a produrre il farmaco officinale privo di Aic», sottolinea Paola Minghetti, docente all’Università degli studi di Milano. «Questo è un punto critico che risale alla legge numero 3 del 16 gennaio 2003 (legge Sirchia). Dato che nel radiofarmaco il principio attivo è indissolubile dal prodotto finale e che queste sostanze hanno una stabilità molto breve e visto che all’epoca non si disponeva di un vasto numero di medicinali con Aic, la normativa ha riconosciuto importante la produzione vicina al paziente. Così, in quel periodo, molti ospedali si sono dotati di un loro ciclotrone per produrre i radio-farmaci, specialmente il fluorodesossiglucosio. Quando le aziende si sono messe in regola con le Aic, i prodotti officinali sarebbero dovuti sparire, dal momento che ser-vivano a sopperire provvisoriamente alla mancanza del prodotto industriale». Questo, però, non è accaduto. «Di norma, quando arriva sul mercato il farmaco industriale, il preparato non viene più allestito», prosegue l’esperta. «In questo caso, invece, la situazione è più complessa

FARMACI INDUSTRIALI E OSPEDALIERI

perché rimane il problema della lontananza tra il sito di produzione e quello di impiego. Inoltre, essendo presenti nelle strutture i ciclotroni, può essere più vantaggioso allestire i medicinali in ambito ospedaliero». Una situa-zione anomala, dunque, anche se l’anomalia – è bene specificarlo – resta normativa e non intacca la qualità del farmaco somministrato al paziente, come conferma la docente: «Il preparato ospedaliero non ha una qualità inferiore rispetto a quello prodotto industrialmente».

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SPECIALE Coronavirus

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Ora che il peggio è ormai alle spalle, farmacisti del Servizio sanitario nazionale

e provveditori guardano alla gestione della pandemia evidenziando criticità

e buone prassi. Per proporre strategie di miglioramento, a vantaggio

del paziente e del sistema.

COVID-19LA «LEZIONE»

DEL

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GLI ULTIMI MESI HANNO DIMOSTRATO AMPIAMENTE IN VARI AMBITI CHE NON ERAVAMO PRONTI AD AFFRONTARE TUT-TE LE PROBLEMATICHE CHE SI SONO PRESENTATE IN SEGUITO ALL’EPIDEMIA DA CORONAVIRUS. CIÒ VALE ANCHE NEL

settore degli acquisti, con riferimento ai dispositivi medici in generale e, nello specifico, ai dispositivi di protezione individuale indispensabili per il personale sanitario preposto alla cura dei pazienti. La risposta all’emergenza da parte delle centrali di acquisto e delle singole aziende sanitarie e ospedaliere si è rivelata adeguata, ma il problema principale è stato la scarsità, se non la completa assenza sul mercato, dei necessari dispositivi, in quanto richiesti contempora-neamente da tutte le nazioni del mondo per fronteggiare la pandemia. Nonostante nella fase pandemica i processi di acquisto si siano velocizzati e siano diminuiti gli aspetti burocratici, le risposte alle procedure di gara indette o agli acquisti liberi sul mercato sono state molto limitate e, nei rari casi in cui le aziende private hanno dichiarato la propria disponibilità a fornire i materiali, le forniture sono state effettuate con ritardo rispetto alla tempistica fissata, sono state parziali, non sono arrivate a destinazione, o si sono ri-velate non rispondenti alle caratteristiche tecniche richieste, con tutte le conseguenze contrattuali che ne sono derivate.

PRODUZIONE DISLOCATA IN CINA Occorre constatare che se, da un lato, la centralizzazione degli acquisti in ambito sanitario ha rappresentato in passato una risorsa per i vantaggi economici che ha apportato, dall’al-tro ha avuto l’effetto di azzerare la produzione di dispositivi

SPECIALE Coronavirus

IL CAOS DEGLI ACQUISTI IN EMERGENZADurante la pandemia, si sono verificati carenza di dispositivi, ritardi nelle forniture, aumento dei prezzi. Problemi che, per essere risolti, necessitano di un’inversione di rotta, con una programmazione strategica e interventi ad hoc.

a livello locale, nazionale ed europeo, perché i prezzi posti a base d’asta, e ancor più quelli risultanti nelle aggiudicazioni, non coprivano i costi che queste aziende dovevano sostenere per la produzione dei beni stessi. Ciò ha determinato la necessità di importare dispositivi la cui produzione è stata dislocata in Paesi extra-europei, Cina in particolare. L’Italia è così diventata dipendente da queste nazioni e da un mercato che, a fronte di un incremento della domanda, ha aumentato i prezzi e ha rifornito per primi i Paesi nei quali avviene la produzione e successivamente quelli disposti a sostenere i costi più elevati pur di accaparrarsi i prodotti.

di Claudio Amoroso, componente del direttivo della Federazione delle associazioni regionali economi e provveditori della sanità (Fare)

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L’IMPORTANTE RUOLO DEI BUYERIn questa emergenza sicuramente è risultato essenziale poter contare sui buyer delle aziende sanitarie che, po-tendo agire in anticipo rispetto alle procedure nazionali, sono riusciti a fare fronte ad alcune pressanti esigenze di dispositivi medici da parte delle strutture sanitarie di rife-rimento, avvalendosi dei proficui rapporti intrattenuti con i fornitori, con i quali è stato sempre mantenuto un dialogo costruttivo, e della profonda conoscenza del mercato locale e nazionale e, per alcune tipologie di prodotti, anche este-ro. La loro attività è risultata più impegnativa per il fatto che, in alcuni situazioni, la gara per i dispositivi medici ha concentrato nell’unico gestore nazionale l’offerta dei device disponibili, privando, quindi, il mercato di prodotti che potevano essere messi a disposizione, anche in piccola quantità, dai fornitori locali.

LA PIATTAFORMA DI E-PROCUREMENTA tal proposito, la Federazione delle associazioni re-gionali dei provveditori ed economi della sanità (Fare), in collaborazione con una software house che ha messo a disposizione gratuitamente la piattaforma, ha attivato un portale temporaneo di e-procurement, con l’obiettivo di fare incontrare la domanda e l’offerta di dispositivi medici, ma anche di apparecchiature sanitarie necessarie per fronteg-giare l’emergenza. In pratica, da un lato, le piccole e medie

imprese del territorio regionale e nazionale possono met-tere a disposizione su questo mercato virtuale i prodotti di cui dispongono in magazzino rendendoli immediatamen-te utilizzabili, dall’altro le aziende sanitarie e ospedaliere possono, fino a un ammontare massimo di 40 mila euro al netto dell’Iva, procedere all’acquisto diretto senza dover interpellare più fornitori.

OCCORRE VALORIZZARE LA QUALITÀCertamente, superata questa emergenza, anche il settore degli acquisti di beni sanitari dovrà riflettere sui problemi che si sono verificati per mettere in atto le opportune azioni correttive. In particolare, il modello di acquisto centralizzato necessita di una revisione. Non può, infatti, trattarsi solo di uno strumento mirato a concretizzare le spending review messe in atto dai governi che si sono succeduti, ma deve avere una funzione programmatoria strategica anche in chiave di politica industriale, diventare un volàno di innovazione. È necessario, cioè, strutturare le gare basandosi sempre più su una effettiva valorizzazione della qualità rispetto al prezzo, anche nel caso di dispositivi a basso impatto tecnologico, come mascherine, tute pro-tettive, cuffie, visiere. Così facendo, le centrali di acquisto, anche alla luce delle indicazioni della direttiva europea sugli appalti e del Codice dei contratti, riusciranno a dare effetti-vamente spazio alle piccole e medie imprese, permettendo di ricostruire quel tessuto industriale nazionale che è stato distrutto da una forzata e indistinta aggregazione della domanda. Oggi alcuni strumenti in proposito ci sono già, ma altri vanno creati. Crediamo che i fornitori che si sono comportati correttamente nella fase emergenziale dovrebbe-ro poter beneficiare di un vantaggio all’interno della vendor list rispetto a quelli che sono risultati assenti o che hanno dirottato i loro prodotti verso mercati più remunerativi. Ci si aspetterebbe un intervento in questo settore da parte delle autorità nazionali, ma ancor più dalla Commissione europea, per introdurre modifiche alla direttiva degli appalti che salvaguardino i mercati europei, rendendo gli Stati membri autosufficienti nella prevenzione e nella gestione delle crisi emergenziali.

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IL PERIODO PANDEMICO È STATO SEGNATO DA CARENZE NEGLI APPROVVIGIONAMENTI DI MA-SCHERINE, GUANTI, TUTE, CAMICI, VENTILATORI POLMONARI. E ANCHE DI DISINFETTANTI PER LE MANI E PER GLI OGGETTI. PROPRIO PER SOPPE-RIRE A QUEST’ULTIMA MANCANZA, DETERMINATA

sia dalla scarsità di principi attivi, sia da criticità produttive, varie farmacie del Servizio sanitario nazionale si sono atti-vate dando il via alla produzione galenica. «Fin dalle prime settimane dell’emergenza, le farmacie hanno provveduto in proprio alla produzione continua di disinfettanti», conferma Simona Serao Creazzola, responsabile dell’unità operativa complessa di Farmaceutica convenzionata e territoriale dell’Asl Napoli 1 Centro e presidente della Società italiana di farmacia ospedaliera (Sifo), «seguendo le indicazioni e le prescrizioni normative, nonostante la difficoltà di reperimento dell’alcol, ingrediente fondamentale per la preparazione di questi prodotti». Un esempio in tal senso è quello dell’Azienda Usl Um-bria 2, da subito in prima linea nel contrasto al Covid-19. Qui i farmacisti hanno prodotto migliaia di flaconi spray (100-150 millilitri) di soluzione alcolica al 70% destinati

SPECIALE Coronavirus

«COSÌ PRODUCIAMOIL DISINFETTANTE»Nel periodo di pandemia, i farmacisti ospedalieri hanno sopperito alle carenze di forniture con le preparazioni galeniche. Ecco le esperienze di Perugia, Biella, Siena.

ai circa 6mila pazienti fragili del territorio regionale, tra cui oncologici e oncoematologici, dializzati, con malattie rare e trapiantati. Il progetto, suppor-tato dalla direzione strategi-ca aziendale e dalla Regione Umbria e realizzato grazie al contributo della Fondazione Carla Fendi, ha avuto inizio con il trasporto di un carico di alcol isopropilico (due contenitori da mille litri ciascuno) donato dalla Protezione civile all’ospedale San Giovanni Battista di Foligno, in provincia di Perugia. La movimen-tazione è stata effettuata da una squadra dei vigili del fuoco che ha posizionato il contenitore all’interno di un bunker antincendio nei pressi del Laboratorio galenico centraliz-zato dell’azienda, dove i farmacisti si sono adoperati per il tempestivo allestimento. «Per realizzare questa iniziativa, abbiamo ricevuto gratuitamente le materie prime, ovvero alcol e contenitori, mentre professionisti qualificati si sono resi disponibili a lavorare fuori orario di servizio senza per-

Fausto Bartolini

Azienda Usl Umbria 2

di Roberta Beghini

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cepire compenso aggiuntivo», sottolinea Fausto Bartolini, direttore del dipartimento per l’Assistenza Farmaceutica dell’Azienda Usl Umbria 2. Al progetto si è aggiunta la produzione di un gel disinfettante per l’igiene delle mani che è stato distribuito ai vari reparti di degenza, ai Pronto soccorso dei vari presidi ospedalieri, al Servizio 118 e al personale sanitario dei distretti e delle Unità speciali di continuità assistenziale (Usca) che si recava a domicilio del paziente per praticare il tampone per il test del Covid-19 e monitorare le condizioni cliniche. Anche la farmacia ospe-daliera dell’Asl di Biella ha deciso di integrare le scorte di gel igienizzante per le mani, consegnate con difficoltà e lentezza, con una produzione autonoma, realizzata grazie alla sinergia con un’azienda locale di prodotti chimici, che ha donato le materie prime indispensabili e ha condiviso le proprie

competenze. Esperienza analoga alla Farmacia oncologica dell’ospedale Le Scotte di Siena che, in collaborazio-ne con l’università, ha preparato nei propri laboratori galenici la soluzione disinfettante per le mani a benefi-cio dei reparti e delle aree comuni della struttura. «Si tratta di un gel idro-alcolico», spiega Silvano Giorgi, direttore della Farmacia, «formulato secondo le indicazioni del ministero della Salute. Abbiamo iniziato pro-ducendo esigue quantità, ma siamo arrivati a preparare circa 50 chili al giorno».

Asl di Biella Azienda ospedaliera universitaria senese

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IL FARMACISTA DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIO-NALE È DIRETTAMENTE COINVOLTO NELL’AMBI-TO FARMACOLOGICO PER GARANTIRE L’APPRO-PRIATEZZA, L’EFFICIENZA, LA SOSTENIBILITÀ DELLE TERAPIE E L’ANALISI EPIDEMIOLOGICA DEI BISOGNI, CON ATTENZIONE AD APPROVVI-

gionamenti, analisi dei costi, ricerca, informazione, qualità, senza trascurare la gestione del rischio per preservare la si-curezza dei pazienti. Tutte queste attività, che appartengono tradizionalmente al “Dna professionale” del farmacista, sono oggi considerate basilari anche nell’ambito delle valutazioni delle tecnologie sanitarie e dei dispositivi medici, inclusi i dispositivi diagnostici in vitro. Nell’ottica di un utilizzo ottimale delle risorse disponibili, è sempre più necessario definire e implementare standard di governance dei device attraverso strumenti di valutazione

SPECIALE Coronavirus

LA SFIDA DEITEST DIAGNOSTICIOggi i dispositivi per rilevare il Covid-19 sono sempre più specifici e sicuri. Ma, nonostante i progressi compiuti, alcune perplessità restano. Perciò, per definire con certezza la loro affidabilità, bisogna attendere i risultati delle numerose sperimentazioni in corso.

evidence-based, come l’Health technology assessment (Hta), indispensabile per ottimizzare la scelta di una tecnologia sanitaria secondo i principi di costo-efficacia.Il Servizio di Farmacia dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona è impegnato da tempo nella valutazione e nel monitoraggio dell’appropriatezza d’uso di dispositivi medici e diagnostici in vitro, nella definizione delle richieste di inserimento di nuove tecnologie nel repertorio ospeda-liero, nell’aggiornamento delle procedure di vigilanza su tutti i dispositivi. Tali attività richiedono, anzitutto, la capacità di classificare il dispositivo in base alle caratteristiche e alle specifiche indicazioni d’uso e di comprendere le differenze tecnolo-giche esistenti fra diversi dispositivi medici e dispositivi diagnostici in vitro utilizzati nell’accertamento diagnostico delle patologie.

Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona, veduta aerea, ospedale di Borgo Roma

di Anna Gandini, Paola Marini, Gabriel Lima-Oliveira del Servizio di Farmacia dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona

di Gian Cesare Guidi, direttore scientifico dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona

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LA SFIDA DEITEST DIAGNOSTICI

COVID-19, UNA DIAGNOSI VARIABILETutti i test di laboratorio vengono eseguiti seguendo un processo costituito da una sequenza di attività, che iniziano con la prescrizione medica e terminano con la consegna del referto [1]. L’attività di laboratorio è suddivisa in tre fasi: pre-analitica, analitica e post-analitica. La prima fase, che comprende tutte le procedure che precedono l’inizio dell’analisi, è responsabile della maggior parte degli errori [2]. Ecco perché il medico, il farmacista, l’infermiere, il tecnico e i professionisti di laboratorio devono operare tutti insieme, contribuendo, ciascuno con le proprie competenze, a ridurre la variabilità di ogni singolo passaggio della pratica.

Figura 1. Fonti di variabilità di laboratorio nel Covid-19

Dato che il 70% delle decisioni mediche dipende dai risultati delle analisi di laboratorio, ne consegue che i dispositivi dia-gnostici in vitro utilizzati per la diagnosi e il monitoraggio devono sempre essere valutati in modo da prevenire errori durante il processo analitico, garantendo così la sicurezza del paziente, in particolare nelle situazioni di emergenza come la recente pandemia da Covid-19 (Figura 1) [3].Da sempre l’attenzione dei media è focalizzata sugli errori medici che mettono a repentaglio la sicurezza dei pazienti, in particolare nei casi in cui si rende necessaria la revisione di un gran numero di referti dubbi o il richiamo di pazienti per la verifica di test non corretti, come, ad esempio, >

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> è avvenuto nel caso del test paratormone (Pth), in cui sono stati richiamati 3.500 pazienti [4]. La domanda più importante nella gestione delle fonti di errore del laboratorio non è «quanto è grande una singola fonte di variabilità», ma «quanto grande potrebbe essere l’errore se tutte le fonti di variabilità potessero impattare congiuntamente su un unico risultato di laboratorio». In particolare nei momenti di emergenza, deve essere ga-rantita l’affidabilità dei risultati e la sicurezza dei pazienti tramite un attento monitoraggio dell’appropriatezza d’im-piego dei dispositivi diagnostici in vitro.

TEST DIAGNOSTICIL’infezione da Covid-19 presenta una serie di manifesta-zioni cliniche diverse, che vanno da lievi sintomi simil-in-fluenzali a condizioni potenzialmente letali, pertanto, per diagnosticare i pazienti positivi al Covid tra quelli affetti da altre patologie, è importante utilizzare test efficaci durante le prime fasi dell’infezione. La diagnosi precoce consente ai medici di intervenire tempestivamente nel caso dei pa-zienti a più alto rischio di sviluppare gravi complicanze, evitando così sia inutili quarantene a persone negative, sia la diffusione dell’infezione da parte di pazienti positivi. I test diagnostici basati sul sequenziamento genomico virale sono strumenti essenziali per determinare la velocità e il grado di variabilità mutazionale associata a Sars-Cov-2 e per identificare eventuali ceppi emergenti del virus, anche al fine di uno sviluppo più efficace del vaccino. Fino a quando quest’ultimo non sarà disponibile, è importante identificare le persone infettate, con o senza sintomi asso-ciati, che hanno sviluppato l’immunità antivirale, in modo da poter svolgere ulteriori analisi sulla forza e sulla durata dell’immunità nella popolazione. I test per il Covid-19 attualmente disponibili in commercio rientrano in due categorie principali. La prima comprende saggi molecolari per il rilevamento dell’Rna virale Sars-Cov-2 mediante tecniche basate sulla reazione a catena della polimerasi (Pcr) o sulle strategie correlate all’ibridazione dell’acido

nucleico. La seconda include test sierologici e immunologici che si basano in gran parte sul rilevamento degli anticorpi prodotti a seguito dell’esposizione al virus o sul rilevamen-to di proteine antigeniche in individui infetti. Il test per l’Rna virale Sars-Cov-2 identifica gli individui nella fase acuta dell’infezione e i portatori, mentre i test sierologici identificano le persone che hanno sviluppato anticorpi contro il virus, che potrebbero essere immuni e che, inoltre, potrebbero essere potenziali donatori di plasma [5].La recente diffusione pandemica del Sars-Cov-2 ha reso necessario lo sviluppo di test che permettano la diagnostica, la conferma dei casi sospetti, lo studio dei contatti, lo studio epidemiologico della diffusione del virus, la valutazione della risposta immunitaria sia nella popolazione generale che nei lavoratori. È riconosciuta, infatti, la necessità di sviluppare metodiche affidabili, specifiche e sensibili, che permettano di valutare, sul siero, la risposta immunitaria nei confronti del virus.

RT-PCR, TRASCRIZIONE INVERSA - REAZIONE A CATENA POLIMERASICA La Reverse transcriptase-polymerase chain reaction (Rt-Pcr) è uno dei test diagnostici più utilizzati per la dia-gnosi delle infezioni e la quantificazione dei virus a filamento di Rna (per esempio, virus dell’immunodeficienza umana, virus dell’epatite C e Coronavirus) e consiste nella sintesi di una molecola di Dna a partire da uno stampo di Rna. Questo processo di retrotrascrizione, catalizzato dall’enzima trascrittasi inversa virale, produce un provirus a filamento di Dna formato da una copia di Dna (cDna), che viene sfruttato in laboratorio per studiare l’espressione genica virale, consentendo ulteriori analisi sul cDna sintetizzato. In seguito, il prodotto della retrotrascrizione dell’Rna può essere amplificato mediante Pcr classica, oppure essere quantificato mediante Real-time Pcr.In commercio esistono kit per l’estrazione e la purificazione dell’Rna sia manuali sia automatizzati che possono essere combinati con Real-time Pcr rendendo l’analisi dell’Rna

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rapida e sensibile quanto l’amplificazione del Dna effettua-ta con la Pcr. La metodica Rt-Pcr è abbastanza sensibile da consentire la quantificazione dell’Rna anche da una singola cellula. Nel caso di Covid-19, quanto più piccolo è il quantitativo di virus presente nel campione prelevato, tanto maggiore dovrà essere il numero di cicli di copia per rilevare la presenza del virus, rendendo così più laboriosa e impegnativa l’attività diagnostica dei laboratori in corso di pandemia [5]. In genere, un procedimento standard Rt-Pcr si conclude a 35 cicli, il che significa che sono stati ottenuti 35 miliardi di copie del filamento iniziale di Dna.

TAMPONI DI VARIO TIPOIl tampone è un dispositivo diagnostico in vitro for-mato da un’asta cilindrica in plastica con un batuffolo di fibra idrofila a un’estremità, impiegato per la raccolta dei campioni biologici ai fini della diagnosi molecolare del virus Covid-19 (Figura 2) [6]. In tutto il mondo i laboratori di microbiologia utilizzano un gran numero di tamponi avvolti in fibra per i test diagno-stici. Per l’esecuzione del test Rt-Pcr sui campioni prelevati è necessario utilizzare tamponi in fibra sintetica avvolta in rayon o in dacron (poliestere), evitando l’uso della fibra di cotone e della fibra di alginato di calcio, che possono inibire la reazione a catena della polimerasi a trascrizione inversa. La punta del tampone avvolta con fibra ricorda un batuffolo oblungo fusiforme, morbido e assorbente, che non deve provocare lesioni al paziente durante la procedura di raccolta. La forma affusolata ha un nucleo centrale profondo e idrofilo altamente assorbente, che si ottiene da un unico filo di fibra lungo circa due chilometri, ripetutamente avvolto intorno alla punta di un sottile bastoncino in plastica lungo circa 150 millimetri. Così avvolto, il tampone tiene intrappolato nella matrice di fibra il campione biologico. Numerosi studi con tamponi avvolti hanno dimostrato che il recupero di microrganismi mediante laminazione (su vetrino o piastra) combinata con una vigorosa agitazione meccanica (Vortex) può aumen->

Figura 2. Diversi tipi di tampone: A- tampone di dacron, B- schiuma di poliuretano, C- tampone di rayon, D- tampone di nylon floccato (Figura tratta dall’articolo [6]).

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> -tare il rilascio del campione biologico dal tampone fino al 40%, rispetto a un valore iniziale del 10-20%. Tuttavia, la scarsa capacità di recupero del campione determina una bassa sensibilità della Rt-Pcr e il conseguente aumento dei risultati falsi negativi [7]. Per ovviare a questa criticità, è stato introdotto l’uso di tamponi con punta in schiuma di poliuretano non tossico, caratterizzata dalla presenza di numerose celle aperte in sequenza sulla superficie esposta, che consentono un recupero dell’antigene rilevabile a un livello superiore rispetto ai tamponi convenzionali avvolti in fibra. La schiuma a celle aperte formata da materiale espanso idrofobo determina un minimo intrappolamento centrale del campione e un facile risciacquo del materiale raccolto con notevole miglioramento della dinamica del flusso di rilascio, garantendo una percentuale di recupero del campione anche del 95%. Poiché gli obiettivi essenziali per l’esecuzione di un tampone sono essenzialmente l’assorbi-mento di un alto volume del campione, percentuali di rilascio del campione del 100%, massima velocità di esecuzione del test, recentemente è stato progettato un ulteriore tipo di tampone floccato (flocked swab), formato da un bastoncino

in plastica stampata. Durante il processo di fabbricazione, viene applicata della colla a una estremità del tampone. Su quest’ultima vengono poi spruzzati decine di migliaia di cortissimi fili di nylon (processo noto come flocking o floc-caggio) in direzione perpendicolare rispetto alla superficie. Questo processo crea un “tappeto” di materiale a strato sottile altamente assorbente, in grado di assorbire campioni liquidi per l’azione capillare creata dalla tensione superficiale tra i trefoli di fibre. Lo strato floccato ha una trama simile a una spazzola morbida che, nel caso di campioni solidi e semi-solidi, è estremamente efficace per staccare e raccogliere il materiale cellulare. Questo tipo di tamponi non ha un nucleo interno per intrappolare il campione, che resta così assorbito dai corti fili di fibra in prossimità della superficie. L’effetto combinato dell’idraulica capillare di migliaia di fili di fibra di nylon e della trama simile a una micro-spazzola aumenta il volume del campione assorbito, che risulta molto superiore a quello ottenibile con i tradizionali tamponi av-volti in fibra e almeno cinque volte maggiore di quello dei tamponi di schiuma a cellule aperte. Le fibre perpendicolari floccate creano una struttura totalmente aperta e le forze

SPECIALE Coronavirus

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idrauliche tra i fili perpendicolari sono molto passive, il che significa che quasi tutto il campione raccolto si scarica rapidamente e spontaneamente o si eluisce quando viene messo in contatto con un vetrino da microscopio, una piastra di coltura, un mezzo di conservazione o una cartuccia del test molecolare [8].

I TEST PER DOSARE LE IMMUNOGLOBULINEIl sistema immunitario produce anticorpi o immunoglo-buline per proteggere l’organismo da batteri e da virus, come il Covid-19. Per misurare il livello dei tipi di anticorpi presenti nel sangue si eseguono i test di dosaggio delle immunoglobuline. L’immunoglobulina M (IgM), che si trova principalmente nel sangue e nel fluido linfatico, è il primo anticorpo prodotto dal sistema immunitario quando l’organismo subisce l’attacco da parte di antigeni estranei, come le proteine virali. Un test IgM positivo indica una recente infezione e il fatto che il sistema immunitario ha iniziato a rispondere al virus. Quando in un paziente viene rilevata l’immunoglobulina M, significa che è ancora infetto o che si è recentemente ripreso da un’infezione da Covid-19. L’immunoglobulina G (IgG), che è l’anticorpo presente a concentrazioni più elevate nel sangue, protegge dalle infezioni virali e batteriche. Queste immunoglobuline possono richiedere del tempo per formarsi dopo un’infezione o a seguito di immunizzazione e rimangono a lungo nel sangue dopo che è l’infezione è passata. Nella maggior parte dei pazienti che hanno contratto il Covid-19, si sviluppano entro 7-10 giorni dall’inizio dei sintomi. La loro presenza indica che si potrebbe aver avuto l’infezione da Covid-19 nel recente passato e lo sviluppo di tali anticorpi può proteggere da future infezioni. Sono in corso degli studi per accertare quanta protezione possano fornire gli anticorpi contro la reinfezione. Altri tipi di anticorpi sono le immunoglobuline A (IgA) che si trovano nei rivestimenti del tratto respiratorio e dell’apparato digerente, oltre che nella saliva, nelle lacrime e nel latte materno. Fra i dispositivi diagnostici in vitro impiegati per il monito-raggio e la diagnosi del Covid-19 sono stati proposti numerosi test per il dosaggio delle immunoglobuline M, G e A con sensibilità e specificità distinte, basati sia su tecniche rapide qualitative o semi-quantitative, per lo più a flusso laterale, sia su tecniche enzyme-linked immunosorbent assay (Elisa), ovvero saggio immuno-assorbente legato a un enzima, quantitative ed eseguite nei laboratori di analisi tramite apparecchiature automatizzate [9].

DISPOSITIVI SEMPRE MIGLIORIIn conclusione, possiamo affermare che nello svilup-po di test diagnostici per il Covid-19 sono stati ottenuti significativi progressi, anche se rimangono aperti alcuni interrogativi. Considerata l’entità della sfida da affrontare, sono in corso a livello internazionale numerosi sforzi volti a realizzare nuovi test diagnostici e a diffonderne sempre più

ampiamente l’uso. Numerose istituzioni ed enti sanitari, tra cui l’Organizzazione mondiale della sanità, si sono coordinati a livello globale per testare nel modo più esteso possibile le popolazioni a rischio e per fornire prodotti diagnostici in grado di soddisfare le enormi esigenze cliniche ed epide-miologiche che i sistemi sanitari dei differenti Paesi hanno dovuto fronteggiare in tempi insolitamente rapidi. Oggi le imprese produttrici di sistemi e di device diagnostici, dopo una fase iniziale di difficoltà nel soddisfare le improvvise necessità, appaiono in grado di fronteggiare la sfida fornendo test sempre più affidabili in quantità adeguate alle richieste dei vari Paesi. Dato che le evidenze scientifiche disponibili fanno riferimento a casistiche ancora molto limitate e in gran parte appartenenti all’ambito cinese, è necessario attendere i risultati che emergeranno dalle numerose sperimentazioni oggi in corso per definire con certezza l’affidabilità dei test.

Riferimenti bibliografici1 Lima-Oliveira G, Lippi G, Salvagno GL, Picheth G, Guidi GC. Laboratory Diagnostics and Quality of Blood Collection. J Med Biochem 2015;34:288-94.2 Lima-Oliveira G, Lippi G, Salvagno GL, Danese E, Montagnana M, Brocco G, Voi M, Picheth G, Guidi GC. Does laboratory automation for the preanalytical phase improve data quality? J Lab Autom 2013;18:375-81.3 International Organization for Standardization. Medical laboratories - Requirements for quality and com-petence ISO document 15189. Geneva, Switzerland 2012: International Organization for Standardization.4 Lima-Oliveira G, Lippi G, Salvagno GL, Brocco G, Guidi GC. In vitro diagnostic company recalls and medical laboratory practices: an Italian case. Biochem Med (Zagreb) 2015;25:273-8.5 Carter LJ, Garner LV, Smoot JW, Li Y, Zhou Q, Saveson CJ, Sasso JM, Gregg AC, Soares DJ, Beskid TR, Jervey SR, Liu C. Assay Techniques and Test Development for Covid-19 Diagnosis. ACS Cent Sci 2020;6:591-605.6 Zasada AA, Zacharczuk K, Woznica K, Glowka M, Ziolkowski R, Malinowska E. The influence of a swab type on the results of point-of-care tests. AMB Express 2020;10:46.7 Moore C, Corden S, Sinha J, Jones R. Dry cotton or flocked respiratory swabs as a simple collection technique for the molecular detection of respiratory viruses using real-time Nasba. J Virol Methods 2008;153:84-9.8 Daley P, Castriciano S, Chernesky M, Smieja M. Comparison of flocked and rayon swabs for collection of respiratory epithelial cells from uninfected volunteers and symptomatic patients. J Clin Microbiol 2006;44:2265-7.9 Nuccetelli M, Pieri M, Grelli S, Ciotti M, Miano R, Andreoni M, Bernardini S. Sars-CoV-2 infection serology: a useful tool to overcome lockdown? Cell Death Discov 2020;6:38.

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L A GOVERNANCE FARMACEUTICA RAPPRE-SENTA UNA SFIDA PER LA SANITÀ ITALIA-NA E PER CIASCUNA REGIONE, PERCHÉ COSTITUISCE UN «ANELLO» FONDAMEN-TALE DELLA «CATENA» DI PREVENZIONE E CURA DEI CITTADINI. GARANTIRE UN

accesso alle terapie appropriate e controllare gli eventi avversi nel rispetto dei piani terapeutici impostati dagli specialisti e dai medici di medicina generale sono gli obiettivi di tutti i sistemi sanitari regionali, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza. Si tratta, tuttavia, di un quadro complesso e articolato in quanto, ai trattamenti tradizionalmente noti e utilizzati in particolare per le patologie croniche, si affiancano nuove terapie a maggior contenuto di innovazione che, da un lato, possono aumentare in modo significativo i benefici per

SPECIALE Coronavirus

DISTRIBUZIONE PER CONTO, UTILE IN TEMPI DI PANDEMIAL’erogazione dei farmaci tramite le farmacie di comunità può servire a limitare gli accessi dei pazienti alle strutture ospedaliere. Una strategia che assicura a tutti le terapie appropriate, riducendo i contagi. A questo e ad altri aspetti della questione Maya Idee dedicherà le sue prossime iniziative.

di Gianluigi Cussotto

i pazienti ma, dall’altro, necessitano di maggiore attenzione e controllo da parte dei sistemi sanitari in ragione della loro innovatività e, in generale, del costo più elevato. Pertanto, lasciando da parte le terapie che vengono utiliz-zate all’interno degli ospedali, la distribuzione che avviene attraverso il tradizionale canale di accesso, ovvero il regime di convenzione, è stata affiancata da altre due modalità, la distribuzione diretta e la distribuzione per conto, introdotte nel 2001 con la legge 405 al fine di sanare eventuali disa-vanzi, dato che in questo modo l’Asl non è gravata da costi distributivi, e di valutare nel tempo i rischi e i benefici delle nuove terapie, incrociando i dati di consumo con i piani te-rapeutici e con gli eventuali dati di esito. A partire dal 2019 Maya Idee ha avviato, con il coinvolgimento dei protagonisti, un percorso di approfondimento sul tema, focalizzandosi

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DISTRIBUZIONE PER CONTO, UTILE IN TEMPI DI PANDEMIA

soprattutto sulla valutazione dei processi di gestione (ap-provvigionamento e accesso dei pazienti) delle due modalità distributive. Di ciò è stato dato conto nei precedenti numeri di Frammenti. Attualmente l’affacciarsi di nuove terapie, con gestione e prescrizione ospedaliera e assunzione a domicilio, potenzialmente interessate dal percorso rinnova il dibattito. Quest’ultimo, peraltro, non ha ancora portato a un modello definitivo, lasciando aperte alcune problematiche. Ciò si evince, in particolare, dalla disomogeneità di approccio tra le diverse regioni, che hanno attinto alle potenzialità offerte

I vantaggi della distribuzione per conto • Prezzo unico negli acquisti per i listini di ospedale e territorio e per le gare centralizzate, con costi ridotti per il Servizio sanitario regionale• Armonizzazione dei criteri prescrittivi tra ospedale e territorio• Migliore controllo della corrispondenza tra piani terapeutici ed effettivo impiego dei farmaci nella popolazione del territorio• Coinvolgimento attivo della farmacia di comunità, che potrebbe promuovere l’appropriatezza e l’aderenza terapeutica• Alleggerimento del carico operativo degli ospedali per quanto riguarda le terapie domiciliari I processi da monitorare e ottimizzare per una distribuzione per conto efficiente • Pianificazione corretta dei fabbisogni • Aggiornamento tempestivo delle liste e previsioni attendibili dell’impatto delle nuove terapie• Buona interazione di processo sull’intera filiera del farmaco: ospedale, territorio, farmacia di comunità • Strutture e personale dedicati ai processi di interazione con le Asl

dalla distribuzione per conto in misura molto diversa, come si può evincere dal computo delle risorse umane e tecniche dedicate al settore. Inoltre, la recente fase di emergenza determinata dal Covid apre una interessante prospettiva di rivalutazione per le terapie che sono «in bilico» tra la possi-bilità di erogazione in distribuzione diretta e di erogazione in regime di distribuzione per conto. In particolare, la «bilancia» penderebbe a favore di quest’ultima, dato che nell’attuale contingenza è opportuno limitare gli accessi agli ambienti di cura ai casi strettamente necessari.

Sulla scia di queste premesse, tra giugno e novembre 2020 continueremo il nostro programma di approfondimento, at-traverso questionari condivisi e discussioni che coinvolgeranno i rappresentanti dei principali sistemi sanitari regionali in un efficace scambio di esperienze. In particolare, focalizzeremo l’attenzione sull’attuale ruolo della distribuzione per conto e sulle sue potenzialità in prospettiva, con lo scopo di:• valutare la situazione nelle diverse regioni e confrontare scelte diverse comprendendone i razionali;• evidenziare le problematiche che ostacolano un ordinato processo di pianificazione e gestione;• approfondire le potenzialità della distribuzione per conto in rapporto alla distribuzione diretta;• identificare modelli di valutazione che consentano di ri-valutare periodicamente i trattamenti in distribuzione per conto per integrarli con studi di real world;• suggerire ai partecipanti (e in prospettiva estendere ai de-cisori di governance regionali) una lista di azioni che possano migliorare i processi in atto superando alcune difficoltà tuttora evidenti.

con il contributo non condizionato di

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P ARE CHE, PER DISPORRE DEL VACCINO CONTRO IL COVID-19, OCCORRERÀ AT-TENDERE ALMENO UN ANNO. NEL FRAT-TEMPO È BENE NON PERDERE DI VISTA LE ALTRE VACCINAZIONI, PER SCONGIU-RARE IL RISCHIO DI RITROVARSI IN UNA

situazione di emergenza nell’emergenza. Le altre malattie infettive non sono, infatti, sparite, anche se di questi tempi se ne parla meno e se i cittadini stessi, impauriti per la diffu-sione del contagio, preferiscono tenersi alla larga da ospedali e ambulatori, “disertando” gli appuntamenti vaccinali. In proposito è intervenuta anche l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che lo scorso 20 marzo ha lanciato un

SPECIALE Coronavirus

appello ai servizi sanitari europei, raccomandando di con-tinuare a garantire le vaccinazioni in sicurezza. Così mette in guardia l’Oms Europa: «Un’interruzione dei servizi di immunizzazione, anche per periodi limitati, provocherà un accumulo di persone sensibili e una maggiore probabilità di epidemie», concorrendo all’aumento dei decessi e a un aggravio dell’onere per i sistemi sanitari già messi a dura prova dal Coronavirus. Le politiche di sorveglianza e con-tenimento delle malattie prevenibili grazie alla vaccinazione devono, dunque, continuare, seppur in ottemperanza alle restrizioni in atto, assicurando priorità di intervento alle popolazioni a rischio, anche in relazione alle caratteristiche epidemiologiche, operative e contestuali del territorio di riferimento. Fondamentale, inoltre, tenere traccia delle dosi vaccinali non somministrate, sviluppare strategie di recu-pero dei pazienti rimasti “scoperti”, pianificare gli acquisti di vaccini tenendo conto del mutato atteggiamento della popolazione e del rischio di nuovi picchi.

L’INVITO DELL’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ Ad accogliere, in Italia, le indicazioni dell’Oms, è l’I-stituto superiore di sanità (Iss), che ha invitato cittadini e operatori sanitari a non rimandare le scadenze vaccinali programmate. «Le vaccinazioni esigono il rispetto della tem-pistica», fa notare Fortunato Paolo D’Ancona, ricercatore dell’Istituto superiore di sanità. «Se le somministrazioni sono associate a particolari momenti della vita e a determinate fasce di età, è perché in quei frangen-ti servono di più. Posticipare una vaccinazione significa in parte vanificarne l’utilità, oltre

VACCINI UNA PROTEZIONE IN PIÙIn tempi di Covid-19, la tentazione può essere quella di “disertare” l’appuntamento con le vaccinazioni contro le altre malattie. Un errore da non fare, per non mettere seriamente a rischio la salute di tutti.

Fortunato Paolo D’AnconaSede dell’Organizzazione mondiale della sanità

di Maria Chiara Giglio

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«Fino al 30 aprile abbiamo limitato gli interventi vaccinali all’età neonatale, cioè ai primi due anni di vita», prosegue Conversano. «E lo abbiamo fatto tenendo conto di una serie di cautele relative all’accesso: solo su prenotazione, con un solo accompagnatore per bambino, mascherine obbligatorie per tutti». Anche il Lazio sta agendo nella direzione di promuovere i vaccini, purché somministrati in sicurezza. Lo ha fatto, in particolare, con la recente ordinanza che rende obbligatoria la vaccinazione antinfluenzale e anti-pneumococcica per gli over 65 e per il personale sanitario a partire dal prossimo 15 settembre. In Campania, come spiega Simona Serao Creazzola, re-sponsabile dell’unità operativa complessa di Farmaceutica convenzionata e territoriale dell’Asl Napoli 1 Centro e presidente della Società italiana di farmacia ospedaliera (Sifo), «nel periodo emergenziale le vaccinazioni più urgenti sono state garantite in ottemperanza all’obbligo di distanziamento sociale. Abbiamo, comunque, rilevato una minore adesione al vaccino rispetto al periodo pre-Covid, dovuto sia al timore del contagio da parte dei citta-dini, sia all’offerta dei centri >

VACCINI UNA PROTEZIONE IN PIÙ

Michele Conversano

a imporre al sistema pubblico campagne di richiamo di difficile gestione».

VACCINARSI SÌ, MA IN SICUREZZAMa cosa si sta facendo sul territorio per tenere fede a quanto raccomandato dalle istituzioni mondiali e nazionali? In Puglia, ad esempio, ci si sta gradualmente attrezzando per affrontare nel miglior modo possibile il prossimo futuro. «Siamo attualmente impegnati nel ripensare l’organizza-zione dei servizi», spiega Michele Conversano, direttore del dipartimento di prevenzione dell’Asl di Taranto, oltre che presidente di Happy Ageing, un’alleanza nata nel 2014 per favorire l’invecchiamento attivo, «tenendo presente che non si potranno più affollare le sale d’attesa come in precedenza, vista anche la necessità dell’osservazione post-vaccinale. Si dovranno, inoltre, prendere nuove pre-cauzioni, come ad esempio la misurazione della temperatura negli accompagnatori dei bam-bini». Tutto ciò sulla scia delle precauzioni già adottate fino a ora, che hanno dato i loro frutti, se è vero che Taranto rappre-senta la provincia pugliese che meglio ha resistito all’ondata dei contagi derivanti dal Covid. Simona Serao Creazzola

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SPECIALE Coronavirus

> vaccinali, sia alle ordinanze che hanno bloccato tutte le attività non indifferibili né essenziali. Ultimamente la situazione sembra andare verso una progressiva normalizza-zione, che consente di riprogrammare i giorni e gli orari di intervento per tutti i vaccini, essendoci un deciso indirizzo regionale e, conseguentemente, da parte delle Direzioni strategiche a operare per aumentare le coperture vaccinali. Mi chiedo come reagirà la popolazione, se aderendo all’ini-ziativa o, ancora intimorita, mettendosi al riparo anche dalle possibili reazioni post-somministrazione, come la febbre. Il lavoro di ripresa sarà senz’altro notevole e impegnativo, vista l’ampia gamma di vaccinazioni, sia obbligatorie che raccomandate, offerte dai nostri servizi. Certamente è ne-cessario lavorare molto per una comunicazione efficace ed efficiente presso la popolazione».

SERVE UN’ATTENTA PROGRAMMAZIONE Insomma, un po’ dappertutto c’è aria di ripresa e la programmazione degli interventi risulta cruciale. «A oggi non sembra vi sia un piano ministeriale per la ripresa sistematica dei cicli di vaccinazione», dichiara D’Ancona, «anche perché finora tutte le energie sono state impiegate nell’emergenza pandemica e gli altri settori hanno mo-mentaneamente perso priorità. Per programmare in modo corretto occorrerebbe, inoltre, disporre di una tracciabilità

delle somministrazioni, ma ciò non è sempre facile perché l’Anagrafe vaccinale nazionale, istituita con il decreto del 17 settembre 2018, non è ancora del tutto operativa, e le Regioni, addirittura le singole Asl, agiscono in autonomia. In alcuni contesti, potrebbero esserci stati solo dei ritardi per garantire l’accesso differenziato negli ambulatori, in altri veri e propri blocchi, in altri ancora la sospensione di alcune vaccinazioni». Per Conversano, «occorre una pianificazione serrata. Si dovrà vaccinare nelle farmacie, nelle palestre, e giocare d’anticipo, visto che in autunno potrebbero esplodere nuovi focolai di Coronavirus e ospe-dali e ambulatori di medicina generale potrebbero essere nuovamente presi d’assalto».

OCCORRE AVERE SCORTE SUFFICIENTIConnesso alla programmazione e all’aumento generale delle coperture è il problema degli approvvigionamenti. «Nel momento in cui si fanno le proprie previsioni di uso, si compra un determinato numero di dosi», riflette D’Ancona, «ed è difficile reperirne di aggiuntive se poi le previsioni si rivelano sbagliate». «Per quanto riguarda gli ordini e le attività di stoccaggio, dobbiamo confrontarci con le farmacie ospedaliere», afferma Conversano. «Se non siamo tempestivi, le aziende farmaceutiche rischiano di andare in tilt. Teniamo conto che nel biennio 2018-2019

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Prima che il Coronavirus rischiasse di interrompere l’offerta programmata dei vaccini, in Italia una serie di misure governative aveva dato nuovo impulso alla cultura dell’immunizzazione, facendo registrare, secon-do i dati dell’Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali (Osmed) del 2018, un aumento del 66% della spesa pro capite per questi farmaci, passata dai 5,3 euro del 2013 agli 8,7 del 2018. Nel marzo 2017, infatti, tutti i vaccini contenuti nel Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2017-2019 hanno fatto il loro ingresso nei nuovi Livelli essenziali di assistenza (Lea), ovvero tra le prestazioni sanitarie concesse gratuita-mente dal Servizio sanitario nazionale ai cittadini. In concreto, oltre alle vaccinazioni come difterite, tetano, poliomelite, epatite B, Haemophilus influenzae di tipo B, pertosse, pneumococco, morbillo, parotite, rosolia, meningococco C nei nuovi nati, Hpv nelle ragazze, in-fluenza nelle persone di età superiore ai 65 anni, sono diventate gratuite anche quelle contro meningococco B, rotavirus e varicella nei nuovi nati; Hpv nei maschi di 11 anni; meningococco A, C, W, Y e poliomielite negli adolescenti; pneumococco e Herpes zoster nelle persone di 65 anni. È poi seguito il decreto legge numero 73 del 7 giugno 2017 (il cosiddetto decreto vaccini) convertito nella legge numero 119 del 31 luglio 2017, che ha portato il numero di vaccinazioni obbligatorie da quattro a dieci (poliomielite, difterite, tetano, epatite B, pertosse, Haemophilus influenzae di tipo B, morbillo, rosolia, parotite, varicella); ha subordinato al rispetto degli obblighi l’accesso a nidi e scuole materne; ha previsto multe da 100 a 500 euro per gli inadempienti. L’estensione dell’obbligo vaccinale è visto dal Piano nazionale di prevenzione nazionale 2017-2019 come una misura efficace di sicurezza pubblica, il cui costo, programmato e preve-dibile, è sempre da rapportarsi ai costi diretti «per la patologia che si vuole evitare, ai costi sanitari e non legati all’assistenza sanitaria, ai trattamenti farmaco-logici o all’assistenza domiciliare» e ai costi indiretti correlati «alla perdita di produttività per malattia o disabilità e ai costi umani in termini di sofferenza e dolore». Infine, è stata istituita l’Anagrafe vaccini, per tracciare i consumi. I risultati della normativa, che non si erano fatti attendere, rischiano adesso di arretrare pericolosamente, aggiungendo alla crisi in atto altri, evitabili, fattori di rischio.

LE NORME SUI VACCINI IN ITALIA

con il contributo non condizionato di

la copertura vaccinale è stata del 53%. Se, come credo, gli obiettivi di immunizzazione saliranno dal 75% al 95% e se, come indicano le società scientifiche, le raccomandazioni e l’offerta gratuita in vigore per gli ultra-sessantacinquenni saranno estese ai cittadini dai 50 anni in su, i numeri au-menteranno in maniera esponenziale». In rappresentanza dei farmacisti, Serao Creazzola insiste sull’importanza della collaborazione interdisciplinare. «I servizi di far-macia devono operare in sinergia con i dipartimenti di prevenzione, con i centri vaccinali ed epidemiologici, per quantificare i fabbisogni e gli approvvigionamenti con quanta più precisione possibile, considerando che i vaccini richiedono attenzioni speciali, dal trasporto alla conser-vazione, per le quali sono necessarie programmazione e verifica di tutte le attività della filiera. Non si dimentichi che l’arrivo dell’autunno comporterà un forte ricorso al vaccino antinfluenzale proprio a causa dello spettro del Covid. Dobbiamo chiederci se la programmazione fatta tempo addietro sia adeguata ed eventualmente mettere in atto le opportune azioni correttive». A quanto pare, nonostante il Coronavirus ci costringa a ragionare per fasi e a centellinare le riaperture, ci sono attività che non possono essere ulteriormente rimandate, per non rischiare di cancellare la linea che separa ciò che possiamo da ciò che non possiamo controllare.

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F LESSIBILE, ECONOMICO, IN GRADO DI FAVORIRE LA CONCORRENZA. SONO AL-CUNE CARATTERISTICHE DELL’ACCORDO QUADRO, UN ISTITUTO GIURIDICO CHE HA AVUTO AMPIO SUCCESSO NEGLI ULTIMI ANNI GRAZIE ALLA CRESCENTE DISPONI-

bilità di farmaci biosimilari alternativi agli originator e alla progressiva centralizzazione dei sistemi di public procurement. Dal vecchio al nuovo Codice degli appalti, passando per la legge di stabilità del 2017, questa tipologia di contratto di strada ne ha fatta, andando incontro a una serie di adat-tamenti e trasformazioni, che talvolta ne hanno snaturato le originarie intenzioni, rendendo precario l’equilibrio tra discrezionalità e trasparenza, standardizzazione e persona-lizzazione, pressioni economiche e autonomia prescrittiva. Di derivazione comunitaria, l’accordo quadro nasce in ri-sposta a una duplice esigenza di amministrazioni e aziende pubbliche: poter gestire gli acquisti nel lungo periodo, garantendosi il costante aggiornamento tecnologico dei beni e dei servizi sul mercato; accorpare la domanda di beni omogenei con un carattere ripetitivo e costante nel tempo, evitando di ripetere le procedure. Non trattandosi di un contratto, ma di un negozio giuridico da cui possono

discendere specifici contratti, tale accordo fissa preventiva-mente le regole per la partecipazione delle imprese alle gare, incoraggiando sia la programmazione dei fabbisogni da parte del committente, sia il confronto tra offerte competitive da parte dei produttori. Tra le varie tipologie previste per legge, negli ultimi anni è stato molto utilizzato l’accordo quadro completo con più operatori economici, in cui la successiva aggiudicazione dei contratti specifici avviene senza un con-fronto competitivo, ma sulla base di condizioni stabilite a monte. Il successo si deve in particolare alla già citata legge di stabilità del 2017 (legge numero 232 dell’11 dicembre 2016) che, disciplinando il ricorso a questo tipo di accordo per l’approvvigionamento di farmaci biologici a brevetto scaduto, tenta di sollecitare la concorrenza di prezzo tra off patent e di rendere economicamente sostenibile l’afflusso negli ospedali dei medicinali di nuova generazione. La normativa dispone, infatti, che quando sul mercato siano presenti più di tre prodotti biologici a base del medesimo principio attivo, «le procedure pubbliche di acquisto devono svolgersi mediante utilizzo di accordi-quadro con tutti gli operatori economici» in grado di partecipare. Inoltre, «al fine di garantire un’effettiva razionalizzazione della spesa e nel contempo un’ampia disponibilità delle terapie, i pa-zienti devono essere trattati con uno dei primi tre farmaci nella graduatoria dell’accordo-quadro, classificati secondo il criterio del minor prezzo o dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Il medico è comunque libero di prescrivere il farmaco, tra quelli inclusi nella procedura […], ritenuto idoneo a garantire la continuità terapeutica ai pazienti già in cura» e ad avviare al trattamento i naïve. I vantaggi del

GOVERNANCE Acquistidi Maria Chiara Giglio

L’ACCORDO QUADRODALLA TEORIA ALLA PRATICASi tratta di un istituto giuridico flessibile, che promuove la concorrenza durante la gara. Ma che, in fase applicativa, rischia di essere distorto da dinamiche e da vincoli che non gli appartengono.

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ricorso all’accordo quadro sono così sintetizzabili: sempli-ficazione e accelerazione delle procedure di acquisto, mag-gior garanzia di inclusione per le piccole e medie imprese, incentivo a proporre nuovi beni e servizi, riduzione del contenzioso data l’ampiezza delle aggiudicazioni, impegno nella programmazione e motivazione degli acquisti. Inoltre, nella fase applicativa dei contratti, questo istituto consente alle amministrazioni di riappropriarsi della domanda di beni e servizi in base alle proprie esigenze specifiche, tenute in scarsa considerazione nei processi di centralizzazione e standardizzazione necessari all’accorpamento iniziale, preve-dendo peraltro oscillazioni nel quantitativo di fornitura fino a un tetto massimo del 20% per i casi urgenti o imprevisti.Non mancano, però, alcune zone d’ombra. Secondo Marco Boni, già presidente della Federazione delle associazioni regionali degli economi provveditori della sanità (Fare) e oggi direttore responsabile di News4market, «l’accordo qua-dro per i farmaci biologici a brevetto scaduto configura un “ibrido”, innestando una procedura competitiva in un istituto che prevede solo che i prodotti rispondano alle caratteristiche richieste, ed  eventualmente ad altre predefinite condizio-ni di fornitura. Il presupposto dell’accordo quadro con più operatori economici è, infat-ti, che vi sia una pluralità di fabbisogni a cui possono dare risposta prodotti diversificati. Altrimenti non avrebbe senso

rivolgersi a più operatori». Lo stesso ragionamento vale per la consuetudine di aggiudicare gli appalti per quote in base all’ordine in graduatoria, a prescindere dalle caratteristiche dell’offerta o dai bisogni specifici delle amministrazioni e sulla base del minor prezzo o del miglior rapporto quali-tà-prezzo. «Da una parte, infatti, le quote risultano casuali rispetto ai bisogni differenziati che si determineranno in fase di esecuzione del contratto. Dall’altra, non è detto che i tre farmaci “vincitori” coprano tutte le tipologie di fabbiso-gno», fa notare Boni. Un altro aspetto controverso riguarda il ruolo dei clinici, per i quali dover preferire i biosimilari ed essere obbligati a motivare scelte diverse costituiscono violazioni della libertà prescrittiva. È noto, infatti, che, a differenza di ciò che avviene nel caso dei farmaci di sintesi chimica, tra biologico e relativo biosimilare esiste un grado di variabilità ineliminabile, che impedisce di applicare la sostituibilità automatica tanto raccomandata tra il branded e il relativo generico. Per i biosimilari, infatti, sussiste il concetto di intercambiabilità, rispetto alla quale la decisione finale spetta al clinico, al quale l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), con il secondo Position paper sui biosimilari del 27 marzo 2018, affida «anche il compito di contribuire a un utilizzo appropriato delle risorse ai fini della sostenibilità del sistema sanitario e alla corretta informazione del paziente». Nel ribadire l’autonomia prescrittiva del medico, dunque, Aifa invita a operare scelte improntate al risparmio nel caso di prodotti che abbiano già dimostrato, in sede di percorso autorizzativo, il medesimo rapporto rischio-beneficio, sia sui pazienti naïve che su quelli già in cura. A tal proposito, prosegue Boni, «l’evoluzione, dall’esordio a oggi, delle >Marco Boni

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GOVERNANCE Acquisti

Tar della Toscana

> modalità applicative dell’accordo quadro, come delineato dalla legge di stabilità del 2017, riflette quella del quadro regolatorio. È ormai acquisita, infatti, per Aifa, la possibilità di switch da originatore a biosimilare», in virtù di esercizi di comparabilità che testimoniano la reciproca sovrapponibilità dei profili clinici e di sicurezza. «Il Consiglio di Stato ha più volte confermato la legittimità dell’obbligo di motivazione, in nome della sostenibilità economica del Servizio sanitario nazionale e di esigenze di appropriatezza e buon uso delle risorse», aggiunge il provveditore. «L’obbligo di motiva-zione, infatti, che dovrebbe riguardare ogni allocazione di risorse pubbliche, rappresenta un elemento di trasparenza per decisioni di acquisto assunte oltretutto, in questo caso, a valle dell’evidenza pubblica».

LA STAGIONE DEI RICORSID’altra parte, però, aumentano le sentenze dei Tribunali amministrativi che considerano lesive dell’autonomia clinica e dell’interesse dei pazienti le raccomandazioni all’utilizzo dei farmaci più economici da parte delle autorità regionali. Tra i primi ricorsi dell’industria farmaceutica, è noto quello

di Roche contro la Regione Toscana per l’annullamento della deliberazione numero 194 del 26 febbraio 2018, che, senza fare distinzione tra equivalenti e biosimilari, vietava l’utilizzo di farmaci diversi da quelli autorizzati, salvo ri-chieste motivate e valutate in base a criteri di governance della spesa e di sostenibilità dei servizi. Secondo il Tar della Toscana, che, con sentenza numero 400 del 21 marzo 2019, ha bocciato la deliberazione, una tale selezione dei criteri di approvvigionamento subordinerebbe il parere clinico a parametri economici «che nulla hanno a che vedere con le evidenze scientifiche e l’appropriatezza prescrittiva». Inoltre, tale procedimento di acquisizione dei farmaci, stando alle motivazioni di Roche, non rispetterebbe nem-meno le esigenze di continuità terapeutica. Dal momento che l’atto impugnato non fa distinzione tra equivalenti e biosimilari, «viene di fatto imposta, ai pazienti toscani già in trattamento con il farmaco originator, la sostituzione con il farmaco biosimilare che abbia eventualmente otte-nuto l’aggiudicazione». Di più recente pubblicazione due sentenze pressoché identiche del Tar della Puglia contro due delibereazioni della giunta regionale sull’acquisto di

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farmaci biosimilari a base di somatropina (deliberazione 276 del 15 febbraio 2019) ed eritropoietina (deliberazione 1088 del 18 giugno 2019). Con queste deliberazioni, oggi annullate dietro ricorso di Sandoz, la Regione, preso atto dei risultati delle gare effettuate da InnovaPuglia per la fornitura di questi farmaci, aveva imposto l’utilizzazione della sola specialità prima classificata, cioè quella a minor costo, consentendo il rifornimento della seconda e della terza, pure vincitrici, «solo in caso di documentata motiva-zione clinica». Tutti gli altri farmaci in commercio, incluso l’originator, potevano essere prescritti esclusivamente per ragioni di continuità terapeutica. «Con le due sentenze in successione», commenta Boni, «contro le quali non risulta essere stato proposto appello, il Tar ha messo in discus-sione l’obbligo di motivazione da parte del clinico nella scelta tra i tre “vincitori”, in quanto non espressamente prevista e ritenuta contraria alla garanzia di pluralismo prescrittivo». Citando la sentenza più recente, quella del 2 gennaio 2020, l’esperto conclude che i giudici abbiano ritenuto che, «già a livello legislativo nazionale, sia stato posto il punto di equilibrio tra le esigenze di contenimento della spesa sanitaria, attraverso l’utilizzo dei farmaci bio-similari, e la libertà prescrittiva del medico, strumentale al diritto alla salute del paziente, non suscettibile di ulteriore restrizione». Volendo discutere di parametri diversi da quelli economici, tuttavia, «appare difficoltoso l’utilizzo del rapporto qualità-prezzo che, a norma di legge, pre-

vede un “peso” della componente prezzo non superiore al 30%», continua Boni. «Per i farmaci ricompresi in un unico lotto, a base di un medesimo principio attivo, gli eventuali profili qualitativi differenziali risultano limitati e comunque non preponderanti. Relativamente, poi, alla fissazione della base d’asta, una quantificazione non in linea con le aspettative del mercato determina la diserzione dalla gara, a danno dell’efficienza del procedimento. In ogni caso, non è la base d’asta ad assicurare l’ottenimento di prezzi più bassi, ma il livello di competizione attivato». Sembra, dunque, che la validità dell’istituto, transitando dalla carta alla realtà, rischi di essere distorta da fattori che non gli appartengono. L’elemento competitivo, che pure è l’essenza di tale strumento, è spesso soffocato da rigide condizioni di partecipazione e da vincoli normativi che, inserendosi tra l’aggiudicazione e l’allocazione delle risorse, contraggono la platea dei possibili aggiudicatari da una parte, e il ricorso al più ampio bacino di terapie dall’altra. Ecco perché, al di là dei disegni di gara e dei criteri di gestione delle risorse, dovrebbero essere i tavoli di Health technology assessment a stabilire cosa determini il risparmio nel lungo periodo e se la corsa al ribasso non pregiudichi la salute del cittadino per effetto di switch clinicamente ingiustificati.

Vantaggi Cautele

• Possibilità di accorpare beni omogenei e ripetitivi evitando dispendiose duplicazioni delle procedure;• Incentivo alla programmazione degli acquisti da parte delle amministrazioni;• Possibilità per le amministrazioni di ripersonalizzare la domanda in fase di acquisto;• Ampliamento del bacino delle terapie;• Apertura concorrenziale del mercato;• Limitazione del rischio di rottura di stock;• Possibilità di modificare il quantitativo della domanda nei limiti del 20%;• Salvaguardia della continuità terapeutica;• Possibilità di intercettare le novità del mercato;• Incentivo all’impiego di opzioni terapeutiche dal profilo di efficacia e sicurezza comprovato e a minor costo.

• Accordi quadro nazionali, anziché regionali, aumentano il rischio di rottura di stock e di chiusura del mercato per i non aggiudicatari;• Basi d’asta troppo basse aumentano il rischio di lotti deserti;• Basi d’asta troppo alte impediscono di valorizzare la componente prezzo in fase di traduzione dell’offerta in punteggio, anche a fronte di prezzi molto diversi;• L’attribuzione di quote di fornitura in funzione della graduatoria dovrebbe essere applicata solo a beni equivalenti; inoltre, gli aggiudicatari potrebbero non essere in grado di garantire la copertura della domanda;• Difficoltà a rispettare la proporzione di 70 punti alla qualità e 30 al prezzo e conseguente ricorso alle aggiudicazioni in base al solo criterio economico.

ACCORDO QUADRO PER L’ACQUISTO DEI BIOSIMILARI

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Libri NOVITÀ

Pagine 150

In libreria da ottobre 2020

RAGGIUNGERE I RISULTATI IN SANITÀ CON LA GESTIONE PER PROCESSIPrincipi e strumenti operativi

Edizioni

Giancarlo Bizzarri, Massimo FarinaRaggiungere i risultati in sanità con la gestione per processi

Giancarlo Bizzarri, Massimo Farina Il volume è rivolto a tutti i professionisti che operano in sanità e che sono chiamati, inmodo più o meno diretto, nella gestione del cambiamento necessario per raggiungere irisultati desiderati aumentando la sostenibilità del sistema.

Nel primo capitolo vengono presentate le fasi della gestione aziendale, con un focussullo scenario di riferimento, che schematizza il contesto attuale e le principali sfide dioggi e di domani con un dettaglio sulle riorganizzazioni aziendali come grande opportunitàper la gestione del cambiamento.

Il secondo capitolo illustra la gestione per processi partendo dal suo significato perdescrivere e approfondire approcci e modalità di identificazione dei processidall’architettura, alla mappatura sino allo studio dei singoli processi e il loromiglioramento. È inoltre sviluppato il tema della comprensione dei processi con ladescrizione del ruolo del responsabile/owner del processo, degli elementi distintivi e larete dei processi nelle organizzazioni sanitarie. Sono affrontati gli indicatori dei processicorrelati agli obiettivi e agli indicatori di performance. Un particolare dettaglio è dedicatoalla logica cliente-fornitore interno come «una delle leve principali» del cambiamento.Infine il capitolo descrive la relazione tra la gestione per processi e la gestione per progettie si conclude con i Percorsi Diagnostico Terapeutico Assistenziali (PDTA) come rete diprocessi e le modalità per integrare i PDTA nella gestione per processi.

Il terzo capitolo affronta il miglioramento dei processi con le principali tecniche dimiglioramento e l’identificazione dei processi prioritari. Il capitolo si conclude con alcune

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miglioramento e l’identificazione dei processi prioritari. Il capitolo si conclude con alcuneriflessioni relative alla gestione e revisione dei processi durante le emergenze, anche allaluce dell’esperienza COVID-19.

Il quarto capitolo illustra la gestione dei rischi nei processi, siano essi rappresentati dairischi di non funzionamento dei processi sino alle varie tipologie di rischi presenti nelleorganizzazione sanitarie.

Il quinto e ultimo capitolo mostra la gestione delle competenze attraverso la descrizionedella cornice teorica di riferimento e un possibile modello per la definizione e sviluppodelle competenze nell’organizzazione quale elemento fondamentale per il miglioramentodelle performance aziendali.

Attraverso il volume si intende diffondere le conoscenze acquisite e le esperienzematurate dagli autori, con l’auspicio che possano fornire spunti concreti per la loroapplicazione presso le organizzazione sanitarie e socio-sanitarie.

Si intende, inoltre, stimolare un momento di riflessione finalizzato non solo adapprofondire le logiche della gestione per processi e ai relativi approcci, ma anche adimostrare come il coinvolgimento diretto e consapevole dei professionisti, sia l’elementofondamentale per consentire alle organizzazioni di sviluppare sistemi di gestionesostenibili per il miglioramento delle prestazioni e dei servizi.

Libri NOVITÀ

Pagine 150Cod. 00000

Collana: xxxxxxxxxxx

In libreria da Settembre 2020

RAGGIUNGERE I RISULTATI IN SANITA’ CON LA GESTIONE PER PROCESSI

Principi e strumenti operativi

Giancarlo Bizzarri, Massimo FarinaLa gestione per processi per

raggiungere i risultati nelle

organizzazioni sanitarie

Giancarlo Bizzarri, Massimo Farina Il volume è rivolto a tutti i Professionisti che operano in sanità e che sono chiamati, inmodo più o meno diretto, nella gestione del cambiamento necessario per raggiungere irisultati desiderati aumentando la sostenibilità del sistema.

Nel primo capitolo vengono presentate le fasi della gestione aziendale, con un focussullo scenario di riferimento, che schematizza il contesto attuale e le principali sfide dioggi e di domani con un dettaglio sulle riorganizzazioni aziendali come grande opportunitàper la gestione del cambiamento.

Il secondo capitolo illustra la gestione per processi partendo dal suo significato perdescrivere ed approfondire approcci e modalità di identificazione dei processidall’architettura, alla mappatura sino allo studio dei singoli processi ed il loromiglioramento. È inoltre sviluppato il tema della comprensione dei processi con ladescrizione del ruolo del responsabile/owner del processo, degli elementi distintivi e larete dei processi nelle organizzazioni sanitarie. Sono affrontati gli indicatori dei processicorrelati agli obiettivi e agli indicatori di performance. Un particolare dettaglio è dedicatoalla logica cliente-fornitore interno come «una delle leve principali» del cambiamento.Infine il capitolo descrive la relazione tra la gestione per processi e la gestione per progettie si conclude con i Percorsi Diagnostico Terapeutico Assistenziali (PDTA) come rete diprocessi e le modalità per integrare i PDTA nella gestione per processi.

Il terzo capitolo affronta il miglioramento dei processi con le principali tecniche dimiglioramento e l’identificazione dei processi prioritari. Il capitolo si conclude con alcune

Giancarlo Bizzarri - Dopo aver sviluppato un’esperienza ventennale nell’ambito della consulenza di direzione presso le principali aziendesanitarie, socio-sanitarie e sociali, Agenzie Regionali a livello Nazionale, ha ricoperto il ruolo di Direttore di Dipartimento e Direttore dellaProgrammazione e Controllo di Gestione della Azienda ULSS 9 di Treviso ed oggi ricopre il ruolo di Direttore del Dipartimento di Staffdell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento. Nel corso degli anni ha scritto numerosi articoli e libri

Massimo Farina - Ha oltre venti anni di esperienza nell’ambito dell’organizzazione sanitaria, coordina ed opera in significativi progetti diconsulenza e formazione nell’area dei processi organizzativi, dei percorsi diagnostico terapeutico assistenziali e di gestione del rischio. Èimpegnato in numerosi progetti presso aziende sanitarie, socio-sanitarie e sociali, società scientifiche a livello Nazionale, sviluppati, inalcuni casi, anche in partnership pubblico privato con le istituzioni regionali. È autore di numerosi articoli e pubblicazioni nell’ambito dellagestione dei processi-percorsi e in merito alla gestione del rischio clinico.

miglioramento e l’identificazione dei processi prioritari. Il capitolo si conclude con alcuneriflessioni relative alla gestione e revisione dei processi durante le emergenze, anche allaluce dell’esperienza COVID-19.

Il quarto capitolo illustra la gestione dei rischi nei processi, siano essi rappresentati dairischi di non funzionamento dei processi sino alle varie tipologie di rischi presenti nelleorganizzazione sanitarie.

Il quinto ed ultimo capitolo mostra la gestione delle competenze attraverso la descrizionedella cornice teorica di riferimento ed un possibile modello per la definizione e sviluppodelle competenze nell’organizzazione quale elemento fondamentale per il miglioramentodelle performance aziendali.

Attraverso il volume si intende diffondere le conoscenze acquisite e le esperienzematurate dagli autori, con l’auspicio che possano fornire spunti concreti per la loroapplicazione presso le organizzazione sanitarie e socio-sanitarie.

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INDICE

PrefazioneIntroduzione

1. La gestione aziendale: lo scenario di riferimento1.1 Introduzione1.2 Il contesto attuale1.3 Le principali sfide future1.4 Le priorità dei sistemi di gestione (rischi, priorità e allocazione risorse)1.5 Le fasi della gestione aziendale1.6 Le riorganizzazioni aziendali: una grande opportunità

2. La gestione per processi2.1 Introduzione2.2 Il significato della gestione per processi 2.3 Identificazione dei processi

2.3.1 L’architettura dei processi2.3.2 La mappatura dei processi

2.4 La comprensione dei processi 2.4.1 Il Responsabile Owner del processo 2.4.2 Gli elementi distintivi dei processi2.4.3 La rete dei processi

2.5 La gestione dei processi2.5.1 Le misure dei processi

2.5.1.1 La gestione degli obiettivi sui processi2.5.1.2 Gli indicatori di processo e di risultato

2.5.2 La logica cliente-fornitore interno2.5.3 Il miglioramento dei processi

Libri NOVITÀ

2.5.3 Il miglioramento dei processi2.6 La gestione per processi e la gestione per progetti

2.6.1 Il project management2.6.2 Il project management nella gestione aziendale2.6.3 Il project management nella gestione dei processi

2.7 I Percorsi Diagnostico Terapeutico Assistenziali come rete di processi2.7.1 I Percorsi Diagnostico Terapeutico Assistenziali2.7.2 La relazione tra i Percorsi Diagnostico Terapeutico Assistenziali ed i processi2.7.3 Come integrare i PDTA nella gestione per processi2.7.4 La misura dei PDTA

3. Tecniche per il miglioramento dei processi3.1 Introduzione3.2 Le principali tecniche di miglioramento dei processi3.3 Come identificare i processi prioritari (matrice B-Q, matrice SCI, ecc.)3.4 Il miglioramento continuo3.5 Lo snellimento dei processi3.6 La gestione delle emergenze come opportunità per il miglioramento dei processi e delle performance

4. La gestione dei rischi nei processi4.1 Introduzione4.2 Il concetto di rischio4.3 Le tipologie di rischio4.3 I rischi operativi4.4 Gli altri rischi in sanità

5. La gestione delle competenze5.1 Introduzione5.2 Il modello delle competenze nell’organizzazione: framework di riferimento5.3 Applicazione del modello sulle competenze cliniche e assistenziali5.4 Il processo di sviluppo delle competenze: dalla mappatura al loro sviluppo5.5 Le sfide future

Appendice 1: Correlazione dei requisiti della norma ISO 9001:2015 con il sistema di gestione aziendale

Edizioni

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CORSO

Attivo dal 20 GIUGNO 2020 al 20 DICEMBRE 2020

CREDITI FORMATIVI ECM: 6

Nuove sfide e strategie professionali

LA MEDICINA DI PRECISIONE e il ruolo dei

radiofarmaci in oncologia

www.mayaideefad.itF DADFF

Comitato scientificoProf. Carlo Cifani | Dr.ssa Monica Santimaria

Dr. Angelo Palozzo | Prof. Cristiano Chiamulera | Prof.ssa Maria Cecilia Giron Dr. Vincenzo Lolli | Dr.ssa Francesca Venturini

ASSISTENZA E [email protected] | Tel. 373 7203414

DAL LUNEDÌ AL VENERDÌ DALLE ORE 8.30 ALLE 13.00

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TerapiaLa Medicina Nucleare può essere utilizzata per il trattamento di molte patologie, tra cui alcuni tipi di neoplasie. Con la Terapia Targeted con Radioligandi

(Targeted RLT - Targeted RadioLigand Therapy) un farmaco contenente un radioisotopo viene somministrato al paziente, legandosi ad uno specifico recettore espresso sulla cellula tumorale rilascia radiazioni, che danneggiano la cellula e/o attivano la morte cellulare.

Imaging Diagnostico L’Imaging di Precisione con Radioligandi utilizza farmaci "Targeted” contenenti particelle radioattive, per la diagnosi della patologia e il follow up del paziente, attraverso la

tomografia ad emissione di positroni (PET).

Reimmaginiamo la Medicina NucleareAAA trasforma le vite dei pazienti guidando l’innovazione

Pipeline Oncologica

che ha come target molteplici

tipologie di tumori

Orgogliosa Ereditàdi aprire la strada a nuovi progressi

per i pazienti fin dal 2002

Capacità Produttive Globali

19 siti di produzione in 8 Stati

e 6 siti di Ricerca & Sviluppo

Reimmaginiamo la Medicina Nucleare che sviluppa farmaci con radioligandi

per Targeted therapy ed Imaging

di precisione

+1000 Dipendentidistribuiti su 31 siti in 12 Stati

Sede Centrale GlobaleAdvanced Accelerator Applications SA

20 Rue Diesel - 01630 Saint-Genis-Pouilly - FranciaTel: +33 (0)4 50 99 30 70 - Fax +33 (0)4 50 99 30 71

Sede Centrale ItaliaAdvanced Accelerator Applications (Italy) S.p.A.Via Ribes 5 - 10010 Colleretto Giacosa (TO) - ItaliaTel: +39 011 56 12 11- Fax +39 011 56 12 02

[email protected]

La Teragnostica La Teragnostica è una strategia che coniuga diagnosi e terapia, consentendo una cura personalizzata nei pazienti che presentano, in fase di diagnosi, il target della terapia.

Imaging DiagnosticoL’Imaging di Precisione con Radioligandi utilizza farmaci ”Targeted” contenenti particelle radioattive, per la diagnosi della patologia e il follow up del paziente, attraverso la tomografia ad emissione di positroni (PET).

TerapiaLa Medicina Nucleare può essere utilizzata per il trattamento di molte patologie, tra cui alcuni tipi di neoplasie. Con la Terapia Targeted con Radioligandi (Targeted RLT - Targeted RadioLigand Therapy) un farmaco contenente un radioisotopo viene somministrato al paziente, legandosi ad uno specifico recettore espresso sulla cellula tumorale rilascia radiazioni, che danneggiano la cellula e/o attivano la morte cellulare. La nostra aziendaAdvanced Accelerator Applications (AAA) è un’azienda farmaceutica innovativa, fondata nel 2002 come spin-off del CERN, focalizzata sullo sviluppo di terapie Targeted con radioligandi e di radioligandi per Imaging di precisione in Oncologia.

Healthy cells

Cancer cell

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Cancer cell

La TeragnosticaLa Teragnostica è una strategia che coniuga diagnosi e terapia, consentendo una cura personalizzata nei pazienti che presentano, in fase di diagnosi, il target della terapia.

La nostra aziendaAdvanced Accelerator Applications (AAA) è un’azienda farmaceutica innovativa, fondata nel 2002 come spin-off del CERN, focalizzata sullo sviluppo di terapie Targeted con radioligandi e di radioligandi per Imaging di precisione in Oncologia.

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Sede Centrale GlobaleAdvanced Accelerator Applications SA

20 Rue Diesel - 01630 Saint-Genis-Pouilly - FranciaTel: +33 (0)4 50 99 30 70 - Fax +33 (0)4 50 99 30 71

Sede Centrale ItaliaAdvanced Accelerator Applications (Italy) S.p.A.Via Ribes 5 - 10010 Colleretto Giacosa (TO) - ItaliaTel: +39 011 56 12 11- Fax +39 011 56 12 02

AAA trasforma le vite dei pazienti guidando l'innovazione

Reimmaginiamola Medicina Nucleare

PIPELINE ONCOLOGICAche ha come target molteplicitipologie di tumori

REIMMAGINIAMO LA MEDICINA NUCLEAREche sviluppa farmaci con radioligandi tipologie di tumori per Targeted therapy ed Imaging di precisione

ORGOGLIOSA EREDITÀdi aprire la strada a nuovia progressi per i pazienti fin dal 2002

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CAPACITÀ PRODUTTIVE GLOBALI19 siti di produzione in 8 Stati e 6 siti di Ricerca & Sviluppo

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Sandoz nel mondo Sandoz, divisione del gruppo Novartis, è tra i leader globali nel segmento dei farmaci equivalenti e biosimilari. Il nostro obiettivo è essere pionieri nello sviluppo e nella commercializzazione di farmaci e di servizi nuovi ed accessibili, che favoriscano l’accesso alla salute e rispondano ai bisogni ancora insoddisfatti dei pazienti. La nostra ambizione è di diventare l’azienda leader, più riconosciuta al mondo, negli equivalenti e biosimilari. Con un fatturato globale nel 2019 di 9.7 miliardi di dollari, offriamo un ampio portfolio prodotti di alta qualità a copertura delle principali aree terapeutiche. La nostra sede centrale è a Holzkirchen, in Germania, nell’area urbana vicino a Monaco di Baviera. Sandoz in Italia Accesso alla salute: i pazienti al centro di ogni nostra attività Crediamo nel diritto di accesso alla salute: i nostri farmaci equivalenti e biosimilari favoriscono un più ampio accesso alle migliori terapie per ciascun paziente. Lavoriamo inoltre per favorire l’accesso alle informazioni ed ampliare le competenze mediche, attraverso progetti educativi dedicati, ideati in partnership con le associazioni dei pazienti e con i clinici. Con un fatturato superiore ai 390 milioni di euro nel 2019, Sandoz SpA si afferma quale elemento fondamentale per la crescita in Italia del gruppo Novartis. Leader nel segmento dei Biosimilari Sandoz ha aperto la strada in questo settore, lanciando il primo biosimilare in Europa nel 2006; oggi siamo presenti sul mercato con un numero in constante crescita di farmaci biosimilari, in commercio in Europa ed in Italia. Il nostro auspicio è che, grazie all’introduzione dei farmaci biosimilari, si possa ampliare l’accesso alle cure ad un sempre maggior numero di pazienti, potenzialmente eleggibili al trattamento con biologico o biosimilare, e liberare risorse da destinare alla ricerca e all’innovazione. I nostri medicinali equivalenti su prescrizione e da banco o Con un team dedicato alla promozione ed alla vendita in farmacia, presentiamo un

portafoglio prodotti composto da medicinali equivalenti, su prescrizione e da banco, per la cura delle principali patologie, tra cui cardiovascolari, gastrointestinali, del sistema nervoso centrale e dell’apparato respiratorio. Crediamo nel ruolo fondamentale che i farmacisti ricoprono sul territorio: lavoriamo in partnership con loro per rendere accessibili nuovi servizi in farmacia, a beneficio di pazienti e consumatori.

o Da oltre 10 anni, ci dedichiamo alla cura del benessere femminile. Siamo presenti nell’area della ginecologia per essere al fianco delle donne in tutte le fasi della loro vita, offrendo loro alternative terapeutiche sostenibili nell’ambito della prevenzione, contraccezione e terapia ormonale.

o Dal 2018 Sandoz ha rafforzato il proprio contributo nell’ambito del trattamento del dolore

cronico, grazie al lancio di un cerotto transdermico che rappresenta una valida soluzione a disposizione del medico, per la cura del dolore cronico moderato

Le persone, la nostra priorità Ci impegnamo ogni giorno affinché ciascuno di noi, in Sandoz, operi con passione e professionalità seguendo un comune Codice di Comportamento. L’attenzione alla crescita ed alla soddisfazione delle nostre persone è stata riconosciuta dal Top Employer Institute, che ha valutato Sandoz tra le migliori aziende in Italia per l’eccellenza nelle politiche di gestione delle risorse umane.

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