pensieri lenti '09

20
PENSIERILENTI‘09 riflessioni e approfondimenti su gastronomia, agricoltura, biodiversità, territorio e stili di vita L ’attività di Slow Food non è fatta solo di piacevoli momenti conviviali e di festose manifestazioni (magari!): dietro le quinte c’è un intenso lavoro fatto anche di incontri e assemblee in cui si condividono idee, ci si confronta e si discute, a volte anche in modo piuttosto animato. L’associazione si pone obiettivi alti e per perseguirli è necessario un continuo ripensarsi e rimettersi in gioco: servono idee e progetti forti e ambiziosi per concretizzare le nostre utopie (come da alcu- ni vengono considerate) e questa concretezza non può che scaturire da un’organizzazione che per “fare” deve prima “pensare”. Nel 2010 si terrà il congresso nazionale, un momento importante per la vita associativa, in cui soci da tutt’Italia si riuniranno per de- cidere collegialmente cosa fare nei prossimi anni: “dove andare”, per quali vie e con quali mezzi. Il percorso di preparazione è inizato con la prima Assemblea Nazionale delle Con- dotte, tenutasi a Fiumicino dal 20 al 22 marzo 2009, per proseguire a livello locale e giunge- re a compimento con il ciclo dei congressi che si svolgeranno tra gennaio e maggio prossimi: dopo quelli delle singole condotte sarà la vol- ta dei congressi regionali e infine, appunto, di quello nazionale. L’incontro di Fiumicino è servito a mettere in comune visioni, idee e proposte e delineare un canovaccio su cui andare a scrivere il copione di ciò che faremo. Quel che già sappiamo è che continueremo sulla strada del “buono, pu- lito e giusto”, difendendo i valori del territorio, sostenendo la rete di contadini e artigiani e i modelli di produzione alimentare virtuosi, ri- spettosi dell’uomo e dell’ambiente, operando attraverso gli strumenti che ci sono più con- geniali: educazione, tutela e promozione. Di quali strade percorrere e quali progetti rea- lizzare in particolare qui, a Reggio Emilia, scri- viamo diffusamente nelle pagine interne: già questo modesto stampato - nella totalità dei suoi contenuti - può essere letto in qualche modo come il nostro manifesto d’intenti. Slow Food verso il congresso V iviamo nella società dei consumi, come tutti ben sanno. Considerazione scontata, ma fino a un certo punto. Se alcuni decen- ni fa poteva significare una società dove tutti o quasi si permettevano un livello di consumi medio-alto, con un senso di riscatto da fame e povertà ataviche, oggi significa invece una so- cietà e un’economia che si reggono in piedi solo se i consumi crescono indefinitamente. Il Presi- dente del Consiglio, quando la crisi iniziò ad at- tanagliare gli italiani, esternò invitandoci tutti a continuare a consumare, con spensieratezza. La stessa spensieratezza con cui noi, mondo ricco, consumiamo materie prime, energia e risorse, apparentemente incuranti della loro “finitezza” e delle nefaste conseguenze sugli ecosistemi e sul pianeta. Un pessimista potrebbe paragonare tutto ciò al ballo con orchestra sul Titanic, prima del fatale incontro con l’iceberg. Il nostro ice- berg però arriva un po’ alla volta, giorno dopo giorno, senza far rumore. Qualche domenica fa viaggiavo in autostrada tra Torino e Reggio. Era una meravigliosa giornata d’autunno, piena di sole e di colori e le colline astigiane erano bellissime. Sono passato di fian- co a diversi centri commerciali, con i parcheggi stipati di auto. Mi è venuto da pensare che qual- cosa non va nel verso giusto. Il consumo non è più un mezzo, ma è diventato un fine, svuotando la nostra vita di molti dei suoi significati. Vi riporto alcuni passaggi delle conclusioni de “L’invenzione dell’economia” (1) , ultimo saggio di Serge Latouche in uscita il prossimo gennaio per Bollati Boringhieri: “Indubbiamente viviamo ancora i tempi dell’apoteosi dell’era economica. […] Viviamo l’acme della omnimercificazione del mondo. L’economia non solo si è emancipata dal- la politica e dalla morale, ma le ha letteralmente fagocitate. Occupa la totalità dello spazio. E lo stesso vale per la sfera della rappresentazione. Un pensiero unico monopolizza lo spazio della creatività e colonizza le menti. La razionalità trionfa dappertutto e il calcolo costi-benefici si insinua negli angoli più reconditi dell’immagina- rio, mentre i rapporti mercantili si impadronisco- no della vita privata e dell’intimità. […] Quando, nell’universo dei media, vogliono farci sognare, non è certo per immergerci nell’euforia poetica ma per sprofondarci nel delirio consumistico. Gli oggetti di consumo di massa non sono più lo strumento e l’obiettivo di un’arte di vivere, ma il combustibile di una pulsione ossessiva di cui di- ventiamo tossicodipendenti. La razionalità svela la sua fondamentale irrazionalità”. (Segue a pagina 2) Consumare meno, consumare meglio Se è vero che “siamo ciò che mangiamo”, cosa siamo mai diventati? (1) Tratto da “I quaderni di extratorino” 01 - ottobre 2009 contatti: [email protected] tel. 340.5530549 gruppo d’acquisto: [email protected] sito web e newsletter: www.slowfoodreggio.it Slow Food Reggio Emilia

Upload: slow-food-reggio-emilia

Post on 01-Mar-2016

252 views

Category:

Documents


0 download

DESCRIPTION

pubblicazione annuale della Condotta Slow Food di Reggio Emilia

TRANSCRIPT

Page 1: PENSIERI LENTI '09

PENSIERILENTI‘09riflessioni e approfondimenti su gastronomia, agricoltura, biodiversità, territorio e stili di vita

L’attività di Slow Food non è fatta solo di piacevoli momenti conviviali e di festose manifestazioni (magari!): dietro le quinte

c’è un intenso lavoro fatto anche di incontri e assemblee in cui si condividono idee, ci si confronta e si discute, a volte anche in modo piuttosto animato. L’associazione si pone obiettivi alti e per perseguirli è necessario un continuo ripensarsi e rimettersi in gioco: servono idee e progetti forti e ambiziosi per concretizzare le nostre utopie (come da alcu-ni vengono considerate) e questa concretezza non può che scaturire da un’organizzazione che per “fare” deve prima “pensare”.Nel 2010 si terrà il congresso nazionale, un momento importante per la vita associativa, in cui soci da tutt’Italia si riuniranno per de-cidere collegialmente cosa fare nei prossimi anni: “dove andare”, per quali vie e con quali mezzi. Il percorso di preparazione è inizato con la prima Assemblea Nazionale delle Con-dotte, tenutasi a Fiumicino dal 20 al 22 marzo 2009, per proseguire a livello locale e giunge-re a compimento con il ciclo dei congressi che si svolgeranno tra gennaio e maggio prossimi: dopo quelli delle singole condotte sarà la vol-ta dei congressi regionali e infine, appunto, di quello nazionale.L’incontro di Fiumicino è servito a mettere in comune visioni, idee e proposte e delineare un canovaccio su cui andare a scrivere il copione di ciò che faremo. Quel che già sappiamo è che continueremo sulla strada del “buono, pu-lito e giusto”, difendendo i valori del territorio, sostenendo la rete di contadini e artigiani e i modelli di produzione alimentare virtuosi, ri-spettosi dell’uomo e dell’ambiente, operando attraverso gli strumenti che ci sono più con-geniali: educazione, tutela e promozione.Di quali strade percorrere e quali progetti rea-lizzare in particolare qui, a Reggio Emilia, scri-viamo diffusamente nelle pagine interne: già questo modesto stampato - nella totalità dei suoi contenuti - può essere letto in qualche modo come il nostro manifesto d’intenti.

Slow Food verso il congresso

Viviamo nella società dei consumi, come tutti ben sanno. Considerazione scontata, ma fino a un certo punto. Se alcuni decen-

ni fa poteva significare una società dove tutti o quasi si permettevano un livello di consumi medio-alto, con un senso di riscatto da fame e povertà ataviche, oggi significa invece una so-cietà e un’economia che si reggono in piedi solo se i consumi crescono indefinitamente. Il Presi-dente del Consiglio, quando la crisi iniziò ad at-tanagliare gli italiani, esternò invitandoci tutti a continuare a consumare, con spensieratezza. La stessa spensieratezza con cui noi, mondo ricco, consumiamo materie prime, energia e risorse, apparentemente incuranti della loro “finitezza” e delle nefaste conseguenze sugli ecosistemi e sul pianeta. Un pessimista potrebbe paragonare tutto ciò al ballo con orchestra sul Titanic, prima del fatale incontro con l’iceberg. Il nostro ice-berg però arriva un po’ alla volta, giorno dopo giorno, senza far rumore.

Qualche domenica fa viaggiavo in autostrada tra Torino e Reggio. Era una meravigliosa giornata d’autunno, piena di sole e di colori e le colline astigiane erano bellissime. Sono passato di fian-co a diversi centri commerciali, con i parcheggi stipati di auto. Mi è venuto da pensare che qual-cosa non va nel verso giusto. Il consumo non è più un mezzo, ma è diventato un fine, svuotando la nostra vita di molti dei suoi significati.

Vi riporto alcuni passaggi delle conclusioni de “L’invenzione dell’economia”(1), ultimo saggio di Serge Latouche in uscita il prossimo gennaio per Bollati Boringhieri: “Indubbiamente viviamo ancora i tempi dell’apoteosi dell’era economica. […] Viviamo l’acme della omnimercificazione del mondo. L’economia non solo si è emancipata dal-la politica e dalla morale, ma le ha letteralmente fagocitate. Occupa la totalità dello spazio. E lo stesso vale per la sfera della rappresentazione. Un pensiero unico monopolizza lo spazio della creatività e colonizza le menti. La razionalità trionfa dappertutto e il calcolo costi-benefici si insinua negli angoli più reconditi dell’immagina-rio, mentre i rapporti mercantili si impadronisco-no della vita privata e dell’intimità. […] Quando, nell’universo dei media, vogliono farci sognare, non è certo per immergerci nell’euforia poetica ma per sprofondarci nel delirio consumistico. Gli oggetti di consumo di massa non sono più lo strumento e l’obiettivo di un’arte di vivere, ma il combustibile di una pulsione ossessiva di cui di-ventiamo tossicodipendenti. La razionalità svela la sua fondamentale irrazionalità”.

(Segue a pagina 2)

Consumare meno,consumare meglio

Se è vero che “siamo ciò che mangiamo”, cosa siamo mai diventati?

(1) Tratto da “I quaderni di extratorino” 01 - ottobre 2009

contatti: [email protected]. 340.5530549gruppo d’acquisto: [email protected] web e newsletter:www.slowfoodreggio.it

Slow Food Reggio Emilia

Page 2: PENSIERI LENTI '09

PENSIERILENTI‘092 >> primo piano

Consumare meno, consumare meglio (segue dalla prima pagina)

Un quadro realista, ma anche cupo e deprimente. Il saggio però si conclude con un barlume di luce, con queste parole: “Altri ancora (e noi siamo tra questi) si augurano la costruzione di una socie-tà conviviale plurale liberata dalla religione della crescita e dell’economia. Tutto ciò è possibile, e forse anche auspicabile, per poter celebrare di nuovo la gioia di vivere […]”.

Pessimismo della ragione, ottimismo della volon-tà. Noi dedichiamo parte del nostro tempo libero a un’associazione (Slow Food) che, come tan-te altre del resto, sta sicuramente sulla sponda dell’ottimismo della volontà. Mi piace credere alla frase di Hölderlin “Là dove cresce il pericolo, cresce anche ciò che salva”. Nel nostro caso ciò che può salvarci sono le idee, i progetti, le espe-rienze che cercano una strada diversa rispetto

Paolo C. Conti, edito da Fazi. Se è vero che “siamo ciò che mangiamo”, cosa siamo mai diventati? Per non parlare dei tanti studi e ricerche epidemiolo-giche, che hanno dimostrato come molti dei mali che ci affliggono nascano dalla nostra alimenta-zione, più che dall’aria che respiriamo.

Conosco già la classica obiezione: il cibo di quali-tà costa caro, non tutti se lo possono permettere, soprattutto in questi tempi di crisi.Si tratta di un’obiezione che può essere facil-mente smontata. Primo, non è solo una questio-ne di soldi, ma di cultura ed educazione. Molti,

Infine, una risposta che dovrebbe essere alla por-tata di tutti esiste già: il cibo locale, che non ha i costi dei trasporti e non contribuisce all’inqui-namento globale, quindi dovrebbe godere anche di incentivazioni economiche e fiscali. Poi ovvia-mente i produttori locali devono essere onesti e non specularci sopra.Oggi andiamo tutti di gran fretta e un supermer-cato dove c’è tutto, con un grande parcheggio, pare una scelta obbligata. Poi inevitabilmente, a dispetto della fretta, ci passiamo un sacco di tempo e riempiamo carrelli anche di cose di cui non abbiamo bisogno; è li che i cibi diventano merci anonime, che hanno perso la loro storia e la loro origine.È così utopistico pensare di “fare la spesa” di-versamente? In un gruppo di acquisto procurarsi i cibi che non deperiscono, dalla pasta ai pomo-dori pelati, scegliendo cose buone, possibilmente biologiche e prodotte vicino a casa. Andare una volta a settimana in giro per fattorie, o al merca-to contadino a procurarsi frutta e verdura. Tut-ti i giorni andare a comprare il pane fresco da un buon fornaio. Bere rigorosamente acqua del rubinetto. Fare ogni tanto una bella passeggiata in città, per negozi di qualità (ammesso che esi-stano), a procurarsi qualche formaggio, salume o vino un po’ speciale, per togliersi uno sfizio, per-ché mangiare deve essere anche un piacere.Poi, per non demonizzare nessuno, diciamo che esistono anche supermercati che sono grandi empori di cibi di qualità, in cui può essere piace-vole passare del tempo. Basti pensare al modello di Eataly. Ma non sono la norma.

Molti hanno accusato Slow Food di utopismo. Ma le utopie servono a vivere, servono a darci uno scopo e una meta. Diceva Camillo Berneri, anar-chico con trascorsi reggiani e vissuto nei primi decenni del ‘900: “Un utopista accende stelle nel cielo della dignità umana”. Questa frase la asso-cio inevitabilmente alla figura di Carlo Petrini. La sua idea di creare una rete di Presidi che salvasse dall’oblio i cibi a rischio di estinzione era un’uto-pia, che è diventata oggi realtà. Terra Madre, ov-vero un incontro tra i contadini di tutto il mondo per pensare al futuro del cibo era una grande uto-pia, e molti tra noi erano scettici. Nel 2008 Terra Madre ha vissuto la sua terza edizione ed è diven-tata una rete mondiale tra chi produce e consuma il cibo in modo virtuoso. Il prossimo 10 dicembre sarà il “Terra Madre Day” e in quel giorno tutte le Condotte Slow Food del mondo organizzeranno un evento per promuovere il consumo di cibo lo-cale. Un messaggio lanciato all’opinione pubblica, ma anche un gesto concreto. Di concretezza si alimentano anche le cose che nel nostro picco-lo vi proponiamo, per immaginare un modello di consumi diverso: un gruppo di acquisto, che si affianca ai tanti che in provincia già esistono, un elenco di produttori reggiani, agricoltori e arti-giani del cibo, dove andare a fare la spesa. Micro-economie, che però allargandosi a macchia d’olio potranno anche diventare “grandi”.

Mirco Marconi(Fuduciario della Condotta Slow Food di Reggio Emilia)

Molti hanno accusato Slow Food di utopismo. Ma le utopie servono a vivere

alla mercificazione del mondo. Tutto ciò che può aiutarci a far sì che le merci ritornino ad essere “cose” e “oggetti”, con la loro storia e i loro si-gnificati, il loro valore immateriale, che siamo noi ad assegnargli.Per Slow Food questo discorso viene declinato soprattutto, come ben sapete, sul cibo, che è uno degli aspetti centrali della nostra esistenza e della nostra identità culturale. Oggi si tende a dimenticare questa centralità del cibo, che è importante per l’individuo ma lo è anche per il pianeta, giacché molti dei guai ambientali sono causati dal nostro sistema di produzione e distri-buzione del cibo.Mi mette davvero tristezza il pensiero che molte persone comprino il cibo nei discount, o comun-que pensando prima di tutto al prezzo. Che qua-lità ci può essere in questo cibo, prodotto con la logica dei bassi costi? Consiglio la lettura di un libro che può aprire gli occhi sulle nefaste vicen-de che stanno dietro a ciò che ci mettiamo nella pancia: “La leggenda del buon cibo italiano” di

pur potendoselo permettere, non ne capiscono il valore: per questi tra una mela biologica ed una convenzionale non c’è nessuna differenza, e idem dicasi tra una buona pasta di grano duro ed una dozzinale.Secondo, oggi si mangia anche troppo, siamo nell’epoca del sovrappeso e dell’obesità, man-giare meno e mangiare meglio sarebbe norma di buon senso.Terzo, come ama ripetere spesso il nostro Pre-sidente Carlo Petrini, la percentuale del proprio reddito spesa dagli italiani in cibo è in costante calo. Ciò significa che privilegiamo altre merci, i cosiddetti generi superflui: dagli abiti ai telefo-nini, fino alle vacanze, che hanno resistito anche in tempi di crisi, perché rappresentano una delle ultime vie di fuga dalla nostra frenetica vita quo-tidiana. Purtroppo però, spesso falliscono nel loro scopo, diventando anch’esse occasione di consu-mismo e frenesia; perché quando non si è abituati a “vivere con lentezza”, non lo si sa fare nemmeno in vacanza. Ma questa è un’altra storia.

Un momento della cerimonia di apertura di Terra Madre 2008

Page 3: PENSIERI LENTI '09

3

Qualità, ambiente, tradizione: consigli per una “spesa giusta”

Az. Agricola Zampa Nera Farine, salumi Castelnovo ne´ Monti, Via Vigolo, 15/1 Tel. [email protected]’azienda, immersa nel verde, produce mais, gra-no biologico, avena e kamut. La farina venduta nello spaccio interno è ottenuta macinando i cereali nel mulino con macina in pietra di cui è dotata l’azienda. Contiguo al mulino c’è un allevamento di suini di cinta senese allo stato brado, dai quali si ottengono ottimi salumi (in particolare il lardo).

Az. Agricola El Ramicero FormaggioRoncaglio di Canossa (RE), Via Casello Vecchio 9Tel. 0522.876144Il bresciano Roberto Molinari si è trasferito con la moglie Gabriella sulle colline di Canossa nel 1999, portando con sè la tradizione casearia della sua terra: questa piccola azienda produce un caciocavallo ispirato al provolone della valpa-dana (anche in varianti aromatizzate: noci, erba cipollina, timo, peperoncino), piccole caciotte e il grana di Roncaglio, eccellente formaggio grana in forme di circa 15 chilogrammi che somiglia va-gamente al bagoss (grana bresciano). La produ-

>> fai la spesa giusta

L’elenco di produttori che presentiamo in queste pagine non ha la pretesa di essere esaustivo: sono semplicemente contadini

ed artigiani che conosciamo, di cui abbiamo avuto modo di verificare la qualità e la serie-tà. Probabilmente ce ne sono altri nella nostra provincia o comunque nelle sue immediate vicinanze: se ne conoscete qualcuno vi chie-diamo di segnalarcelo, scrivendo all’indirizzo [email protected]; verificheremo e ag-giorneremo queste informazioni sul nostro sito (www.slowfoodreggio.it).Si tratta, comunque, di un elenco di produttori locali di cibo di qualità e salubre (abbiamo cer-cato di privilegiare le produzioni da agricoltura biologica), presso cui andare direttamente a fare la spesa, che vendono on-line o che sono presenti con punti vendita in città o al mercato contadino del sabato mattina in piazza Fonta-nesi. Una reale alternativa, quindi, al sistema della grande distribuzione e al tempo stesso una sfida alle catene di supermercati più at-

tente alla qualità, per stimolare anch’essi a pri-vilegiare una produzione di cibo locale.

Con che criterio abbiamo scelto le cantine che segnaliamo nelle prossime pagine? Non abbiamo compreso quelle già famose, che tutti conoscono e che hanno ottenuto tan-ti riconoscimenti, come ad esempio Medici Ermete che quest’anno ha raggiunto il tra-guardo storico dei tre bicchieri col suo “Con-certo”, o Rinaldini citato e premiato da tut-te le guide. Abbiamo segnalato solo piccole aziende agricole, gestite a livello familiare, che non si trovano nella grande distribuzione e che, al massimo, cominciano a fare capo-lino in qualche ristorante. Per loro la possi-bilità di vendita diretta può essere davvero importante. C’è ormai un arcipelago di questi piccoli produttori in provincia; tra i tanti ne abbiamo scelti alcuni, quelli che ci convinco-no di più. A nostro insindacabile e persona-lissimo giudizio, ovviamente.

Se devo pensare a due profumi di cose da mangiare davvero suadenti e irresistibili, mi vengono in mente il profumo di pane

appena sfornato e di caffè tostato di fresco. Li eleggerei a simboli delle buone cose di un tempo, che rischiamo oggi di smarrire.Nella fretta di fare ogni cosa, nostra condan-na quotidiana, spesso non ci diamo il tempo di andare al forno a comperare il pane ripiegando sul supermercato, dove spesso il pane è di pro-duzione industriale, sfornato diverse ore prima e privo della sua peculiarità più importante: la freschezza. Diversi supermercati hanno il forno interno, ma vendono pane di altri o, se lo pro-ducono in proprio, non si concedono il tempo delle lunghe fermentazioni che il lievito madre o la biga - le basi per un pane di qualità - im-porrebbero. Esistono poi forni artigianali che producono però un pane scadente e altri che fanno tutto per bene, ma il loro pane non risul-ta per niente straordinario. A volte però il mira-colo del pane si perpetua: entri in negozio e un meraviglioso profumo ti preannuncia il piacere primordiale di addentare un pane ancora caldo, croccante fuori e morbido dentro, archetipo della nostra idea di cibo e nutrimento.E il caffè? Il caffè vive e muore del suo pro-fumo, ma il suo aroma tende a disperdersi molto velocemente e il contatto con l’ossigeno dell’aria provoca una rapida ossidazione: è una questione di ore e la cosa peggiora giorno dopo giorno. Il caffè, rinchiuso nelle confezioni che ci rassegniamo ad acquistare, ha già perso il meglio della sua anima, soprattutto se già ma-cinato e poi impacchettato sotto vuoto.Viene nostalgia delle torrefazioni di un tempo, dove si poteva comprare caffè fresco di tosta-tura e dove, già fuori dal negozio, si udivano le sirene del caffè intonare il loro canto pro-fumato. Ma ne esistono ancora? Ne conoscia-mo una a Quattro Castella (Torrefazione Picos), dove si può acquistare il caffè torrefatto in loco da Luigi Tondelli e vederlo all’opera nell’attività avviata del padre. Ci sono poi La Messicana e Torrefazione Hawaiana a Reggio città e Il Caffè della Rocca a Correggio, dove però il caffè non viene torrefatto in negozio, privandoci del gran-de piacere del suo profumo. Potrebbero essere comunque una soluzione per acquistare caffè di recente tostatura: dipende dalla frequenza con cui viene rinnovato, ovvero quanto a lungo rimane nei contenitori in negozio, che non sono a tenuta d’aria. Insomma, anche per il caffè, la freschezza è tutto. M.M.

Profumo di pane e di caffè

Il Mercato della Terra di Bologna

Page 4: PENSIERI LENTI '09

PENSIERILENTI‘094

La Vecchia di Vezzano sul Crostolo (RE) via Caduti della Bettola, 119 - Tel. 0522.200014 - www.podereelisa.it

Cucina tradizionaleGriglia a legna

Cantina con oltre 450 vinie 100 tipi di birra

>> fai la spesa giusta

zione artigianale è realizzata con il latte di sole tre vacche nutrite in modo naturale con foraggi biologici. El Ramicero è anche una fattoria didat-tica, con asini, maiali e animali di bassa corte.

Az. Agricola Leoni Guido Frutta, confetture, succhiBudrio di Correggio , via Fornacelle 7Tel. 339.8596426L’azienda produce con metodo integrato, che prevede un uso ridotto di fitofarmaci, frutta di stagione (albicocche, duroni, pesche e nettari-ne, susine, pere, mele e uva da tavola) e miele; ma il prodotto più tipico è sicuramente la pera, che gode della denominazione IGP pera dell’Emi-lia Romagna, nelle varietà Williams Abate Fetel e pero Nobile, vecchia cultivar reggiana. Con le pere il giovane perito agrario Simone ha creato una linea di prodotti trasformati con un proces-so rispettoso della qualità della materia prima: deliziosi succhi di pera, confettura extra di pere e pere sciroppate con buccia. Gli acquisti si pos-sono fare direttamente in azienda o al mercato di piazza Fontansi al sabato mattina (sconto 10% per i soci Slow Food).

Az. Agricola Agriapistica La Natura Miele, “savurett”Carpineti, via Saccaggio 111Tel 0522.818408www.agriapisticalanatura.itÈ stata una delle prime Aziende certificate bio-logiche dell’Appennino Reggiano; produce miele (di castagno, di acacia, millefiori), confetture e distillati, tutto esclusivamente con materie prime del territorio e seguendo le ricette della tradizione. Molto particolare è il “savurett”, marmellata otte-nuta dalla lunga cottura (26 ore) del succo e della polpa di alcune varietà di pere, tipica della zona di Carpineti. Proprio a Carpineti si svolge ogni anno in ottobre una festa dedicata alla preparazione del “savurett”, festa che dura esattamente 26 ore.

Az. Agricola Il Grifo Carne suinaVilla Bagno, via Lasagni 29Tel. 0522.343188www.ilgrifo.itIl Grifo alleva suini allo stato brado in aperta cam-pagna: la carne di questi suini - in particolare di razza Mora Romagnola - è macellata e lavorata in azienda. Carni fresche, salumi e insaccati biologici e senza conservanti, oltre a cotechini e ai ciccioli reggiani sono i prodotti che si possono acquista-re nello spaccio aziendale (lungo la strada che da Bagno porta verso Arceto) e al mercato bio di

via Pomposa a Modena (martedì mattina e saba-to mattina). Si coltivano anche ortaggi usati per conserve e nella cucina dell’annesso agriturismo.

Cooperativa La Lucerna Frutta, verdura, conserveLora di Campegine, via XXV Aprile 48Tel. 0522.676590www.cooplalucerna.it Questa cooperativa agricola promuove l’inseri-mento lavorativo dei disabili ed è dedita alla pro-duzione biologica: è stata fondata vent’anni fa nei pressi di corte Gualtirolo (una delle storiche corti che diedero i natali al Parmigiano Reggia-no). Produce verdure e ortaggi, meloni, cocomeri e fragole, ma anche lavorati come vino (lambru-sco e malvasia), passata di pomodoro, sott’oli. Nello spaccio aziendale si trovano anche prodotti di altre aziende biologiche: frutta e agrumi, suc-chi di frutta, olio, pasta. La Lucerna è presente in alcuni mercati locali: sabato mattina in Piazza Fontanesi a Reggio Emilia e martedì mattina al mercatino bio di piazza Pomposa a Modena e a Carpi (in via Ugo da Carpi). Diversi gruppi di ac-quisto “fanno spesa” alla Lucerna (sconto 10% per i soci Slow Food).

Cooperativa Agricola La Collina Frutta, verdura, carne, uova, conserve, pastaReggio Emilia, via C. Teggi 38/42Tel. 0522.306478www.cooplacollina.itFondata nel ‘75 per unire il lavoro comune e l’ac-coglienza del disagio sociale, coltiva ortaggi e ce-reali con metodo biologico e biodinamico. Nello spaccio e nei punti vendita in città (piazza San Prospero e via Toschi) si possono acquistare frut-ta e verdura appena colte, prodotti trasformati e vini tipici locali come lambrusco e malvasia, tut-ti certificati biologici, oltre a prodotti di aziende biologiche dal sud Italia (agrumi, pasta, vino, olio). Nella macelleria interna vengono vendute le car-ni biologiche di bovino, suino, coniglio e pollame allevati dalla consociata Cooperativa La Quercia nell’azienda di Crognolo (Borzano di Canossa). È presente anche un distributore di latte fresco.

Az. Agricola Goldoni “Biogold” Formaggio, miele, farineRivalta (RE), via Garavaldi 1Tel. [email protected] azienda a conduzione famigliare, fonda i suoi sistemi di produzione sul rispetto del ter-reno, delle piante e degli animali e sull’impiego esclusivo di concimi e alimenti naturali. Biogold

è stata la prima azienda reggiana a produrre e commercializzare Parmigiano Reggiano con cer-tificazione biologica. Produce inoltre miele e fa-rine di grano tenero e di grano duro.

Az. Agricola “S. Barbara” - F.lli Zanni Cereali, farine, pastaVezzano sul Crostolo (RE), via Campola 1Tel. 0522.245262www.agribiozanni.comIn un antico edificio a torre presso il borgo di Sedrio sorge - immersa nel verde delle colline reggiane - l’azienda dei fratelli Zanni, che hanno scelto di coltivare la terra con metodi biologici certificati e gestiscono tutta la filiera di lavora-zione dei loro cereali: farro, orzo, segale e gra-no duro. Presso l’azienda si possono acquistare farine macinate a pietra (di farro, di segale o di grano duro), pasta senza uovo con farina di farro o di grano antico, farro e orzo perlati, farro e orzo tostati, biscotti di farro.

Fattoria Biologica Monte Valestra Carne ovina e bovinaValestra, via Montelago 126Tel. 0522.893202www.biomontevalestra.itQuesta fattoria produce e vende carne bovina e ovina di animali allevati direttamente e alimenta-ti esclusivamente con foraggi e cereali di propria produzione, senza utilizzo di fertilizzanti, prodotti chimici e OGM. Gli animali sono macellati a un’età compresa tra i 24 e 30 mesi (negli allevamenti convenzionali la maturità è solitamente raggiun-ta a 18-20 mesi). i prodotti della fattoria sono disponibili anche nel nuovo punto vendita a Mu-raglione di Baiso (dopo Roteglia lungo la strada che porta al Passo delle Radici).

Produttori di Parmigiano Reggianoda latte di vacche rosse FormaggioC.V.P.A.R.R. - Consorzio di Valorizzazione Prodotti Antica Razza ReggianaCoviolo , via Fratelli Rosselli 41/2Tel. 0522.294655www.cvparr.comAzienda Agricola Benatti AgostinoGuastalla - frazione S.Martino, via Ville 1Tel. [email protected] La Rossa Reggiana era diffusa a Reggio Emilia e province limitrofe quando, tra il XII e il XIII seco-lo, i monaci diedero vita al “formaggio grana” nelle grancie benedettine e cistercensi; è quindi la bovi-na che “tenne a battesimo” questo prodotto che in

Page 5: PENSIERI LENTI '09

5anni più recenti prese il nome di Parmigiano Reg-giano. Molto diffusa fino al secondo dopoguerra, fu sostituita dalle più produttive frisone rischiando di scomparire negli anni ’80 e si deve al C.V.P.A.R.R. il suo rilancio nei primi anni ’90: altri produttori hanno poi seguito questa strada. Il caseificio Notari di Co-violo è l’unico che produce ogni giorno Parmigiano Reggiano solo con latte di vacca rossa: un prodotto un po’ più costoso di quello “convenzionale”, ma di una qualità indiscutibile. Il latte dell’azienda Benatti è trasformato dal vicino caseificio in località San Girolamo e venduto nello spaccio aziendale.

Caseificio Canossa FormaggioCanossa, via Cavandola 1Tel. 0522.877201Di tanti caseifici di cui si poteva parlare - ognu-no ha il suo di riferimento - abbiamo scelto di consigliarvi questo, vicinissimo alla rupe di Ca-nossa. Siamo nel piccolo borgo di Cavandola, dove già borgo è una parola grossa: il Caseificio è di fronte ad una ex porcilaia che oggi si suole definire “ecomostro”. Il formaggio però è davvero eccellente: vale la pena di andare a fare un giro e farne scorta, anche perché è un caseificio davve-ro piccolo che lavora poche forme, con un casaro anziano e simpatico, e non vorremmo che lui e i suoi formaggi dovessero chiudere i battenti, in-ghiottiti dalla marginalità della montagna.

Prod. di Pecorino Reggiano FormaggioAzienda Agricola La Maestà - TarabelloniCasina, via FaietoTel. [email protected] Agriturismo Valle dei CavalieriRamiseto - località Succiso, via XXV Novembre, 46Tel. 0522.892346www.valledeicavalieri.itAnticamente terra di confine tra la cultura lon-gobarda, dedita all’allevamento di suini e bovini, e quella bizantina, in cui prevaleva la pastorizia ovina, l’Appennino Reggiano è stato per secoli po-polato da numerosi greggi di pecore. Con l’espan-sione dell’allevamento bovino per la produzione di Parmigiano Reggiano, nel corso del secolo scorso i greggi si sono drasticamente ridotti fin quasi a scomparire: resistono però ancora alcuni piccoli allevatori che con il latte dei loro greggi produ-cono il tradizionale e ormai raro Pecorino dell’Ap-penno Reggiano, realizzato da latte crudo in forme di circa 2 chili: stagionato da tre fino a otto-dieci mesi, è più dolce di quello toscano, meno intenso ma ricco di profumi e molto equilibrato.

Ass. per la valorizzazionedella Prugna di Lentigione Prugne, confettureLentiogione di Brescello - via Salvemini 16 Tel. 0522.680300Gli alberi di prugna Zucchella di Lentigione sono ancora abbastanza diffusi nella Bassa Reggiana in quanto in passato si utilizzavano da maritare alla vite per la piantata e, anche se oggi le viti sono scomparse, molti filari sono sopravvissuti. Queste prugne, tradizionalmen-te, vengono trasformate in confetture: il loro elevato tenore zuccherino permette di ag-giungere solo il 10% di zucchero nel prodotto. Recentemente è nata l’Associazione - con la collaborazione del Comune di Brescello - per la valorizzazione della prugna di Lentigione, co-stituita dai produttori per dare nuovo impulso alla coltivazione ed è stata avviata una piccola produzione di marmellata.

Forno Moderno PaneReggio Emilia, via del Gattaglio 4/aTel. 0522.451236Conosciuto dai più come “Forno del Gattaglio”, a dispetto del nome è uno dei forni più vecchi tra quelli in attività a Reggio Emilia: avviato negli anni ’50 nel popolarissimo quartiere del Gatta-glio è sempre affollato di clienti e trasuda reg-gianità: il suo pane è ritenuto da molti il migliore in città. Il pane più noto - saporito e leggero - è la “terina”, dalla caratteristica forma appuntita. Con la stessa farina locale e i lieviti di riporto si producono la tera, la tera da taglio e i ragnetti; questi tipici pani reggiani - che di solito si con-sumano in giornata - nel caso abbastanza unico del Forno del Gattaglio riescono ad essere buoni anche il giorno dopo. Trovate qui anche un otti-mo gnocco al forno.

Macelleria Ugoletti Carne ovinaCarpineti, frazione Valestra 5 Tel. 0522.893206L’attività della Macelleria ha avuto inizio negli anni ‘70 quando il titolare, trasferitosi dalla natia Baiso, iniziò a lavorare e a commercializzare la pecora come era tradizione nel suo paese d’ori-gine. Le prime proposte della macelleria sono state le barzigole, bistecche ricavate dalla pancia della pecora che in passato erano conservate per lungo tempo in vaso in una sorta di salamoia o concia; in seguito è stato riscoperto il ”violino“, ovvero il prosciutto di pecora. Negli ultimi anni Oscar Ugoletti, insieme alla moglie Ilenia, ha con-

tinuato l’attività del padre cercando di valorizza-re ulteriormente la carne di ovino, proponendo costine, arrosticini, salame e ultimamente anche la salsiccia. Le pecore macellate provengono tut-te da allevamenti locali dell’Appennino Emiliano.

Salumeria Zanelli Salumi, insaccatiFelina (RE) , via Kennedy 42Tel. 0522.814894Fabrizio (Iccio) ha dato alla produzione della sa-lumeria di famiglia - che vanta un’antica tradizio-ne di norcineria - una forte impronta di qualità. I suini provengono dall’allevamento della locale Latteria Sociale il Fornacione o da quello all’aper-to dello stesso Iccio, che li trasforma nei prodotti tipici della zona: coppa, pancetta, cotechino, fe-gatini, ciccioli, prosciutto e soprattutto zucco e salame fiorettino. Il salame fiorettino, unico sa-lame tipico del nostro Appennino, si ottiene dalle parti nobili del maiale: viene insaccato nel budello gentile e chiuso con un nodo a forma di fiore (da cui il nome). Lo zucco (di forma tozza che ricorda appunto una zucca) è invece un insaccato che va consumato cotto: tipico del periodo invernale, ha un impasto simile a quello del cotechino con la particolarità di essere avvolto nella cotica del ma-iale. Il punto vendita si trova nel centro dell’abita-to di Felina (sconto 10% per i soci Slow Food).

Il Vascello del Monsignore AcetoCervarezza Terme, via Ca’ di Sotto 5Tel. 0522.527521www.ilvascellodelmonsignore.comProduce aceto Stravecchio e Aromatico secon-do antiche ricette di famiglia tramandate fin dal ‘700 e gelosamente custodite, così come antiche sono molte delle botti usate per l’invecchiamento. Tutti gli aceti sono esclusivamente di vino e ven-gono prodotti rispettando il più possibile le anti-che originali lavorazioni attraverso gli aromi dei prodotti, semplici, dal gusto deciso e autentico. Per la produzione degli aceti aromatici vengono utilizzati solo ingredienti naturali: erbe e frutti che vengono raccolti personalmente da Irene, la produttrice, nei boschi e nei prati del nostro Ap-pennino (sconto 10% per i soci Slow Food).

Az. Agricola La Provvidenza VinoCanossa, Braglie di RossenaTel. 3336657459www.laprovvidenzavini.itI vigneti di questa azienda si trovano a circa 400 metri di altitudine, alle pendici della rupe su cui

Page 6: PENSIERI LENTI '09

PENSIERILENTI‘096sorge il Castello di Rossena: il terreno argilloso e sassoso, la buona esposizione e la forma d’al-levamento a “spalliera bassa” garantiscono ro-bustezza e intensità ai vini prodotti in piccola quantità: Lambrusco Reggiano (ottenuto quasi esclusivamente dalla varietà Maestri), Cabernet Sauvignon e passito di uve Sauvignon, tutti a denominazione di origine controllata. L’azienda, la cui sede legale è a Rivalta, non dispone di un punto vendita diretto: è quindi necessario telefo-nare per concordare una visita o un acquisto.

Comunità dei produttoridella zucca cappello da prete ZuccheIstituto Tecnico Agrario “Zanelli”Coviolo , via Fratelli Rosselli 41/1Tel. 0522.2280340www.itazanelli.it(anche frutta di stagione)Azienda agricola BedognaTagliata di Guastalla, via Staffola 1Tel. 0522.825424(anche frutta, verdura e mostarde)Martignani FabioSan Martino di Guastalla, via Ville 18/2Tel. 0522.328.1244093Tipica della pianura reggiana e mantovana, la zuc-ca Cappello da Prete deve il nome alla sua forma a turbante; l’aspetto variabile è dovuto alla scar-sa selezione genetica. La sua polpa soda, dolce e povera di fibra è ideale per il ripieno dei tortelli e la preparazione dei gnocchi. Molto diffusa fino all’ultimo dopoguerra, è stata progressivamente sostituite da varietà più facili da cucinare o di pezzatura inferiore e più precoci, quindi più adat-te alla grande distribuzione, ma la sua superiorità organolettica rimane indiscussa. Questi produtto-ri stanno portando avanti un importante lavoro di salvaguardia ma anche di “riscoperta” e diffusione di questo prodotto reggiano, facendolo conoscere anche a chi ne ignorava l’esistenza. In particolare l’Istituto Agrario è molto attivo sul piano della di-fesa e del rilancio di varietà tradizonali reggiane: oltre alle zucche l’azienda dell’istituto produce di-versi tipi di frutta, tra cui gli antichi e locali meloni Rospo, Banana e Ramparino.

Tenuta di Aljano VinoJano di Scandiano, via Figno 1Tel. 0522 981193www.tenutadialjano.itLa tenuta si trova in splendida posizione, sulla collina ai piedi del borgo medioevale di Figno; la sua recente nascita (prima vinificazione il 2004) è frutto del desiderio della famiglia Ferioli-Gia-

cobazzi di produrre vini in grado di esprimere le potenzialità di un territorio molto vocato, noto fin dai tempi del Granducato di Modena e Reggio per suoi “buoni vini”. La produzione segue il me-todo biodinamico, basata su pratiche agronomi-che e di cantina mirate al rispetto della natura e alla sua piena espressione vitale. I 12 ettari vitati della tenuta sono coltivati quasi interamente a Spergola (uva bianca autoctona dei colli scan-dianesi) e a Cabernet-Sauvignon, da cui si otten-gono vini bianchi, rossi e spumanti, acquistabili direttamente in azienda.

Az. Agr. Bini Denny - Podere Cipolla Vino, Confettura d’uvaCoviolo di Reggio Emilia, via Pomponazzi 29Tel. 320.0229600 [email protected] Denny ha iniziato la sua attività nel 2003 su un terreno preso in affitto dal nonno: produce vini monovitigno pricipalmente da uve malbo gentile e lambrusco grasparossa. La volontà di lavorare secondo tradizione lo porta a usare solo lieviti in-digeni e utilizzare la rifermentazione in bottiglia, senza procedimenti di chiarificazione o filtrazio-ne; l’azione antiossidante dei lieviti sedimentati permette al vino di essere conservato per diversi anni. Oltre ai vini (lambruschi e frizzanti rossi, bianco frizzante e un passito) l’azienda propone una confettura realizzata con le proprie uve. Non è presente un punto vendita, per acquisti occorre telefonare; non è comunque imporbabile incon-trare Denny in uno dei tanti mercati della provin-cia (sconto 15% per i soci Slow Food).

Allevamento Chianina di Canossa Carne bovinaCasina, località Banzola di Paullo, 2Tel. 0522.601230www.chianinadicanossa.itL’Allevamento è il risultato della passione di Mau-ro e Umberto Bigi, che in trent’anni hanno tra-sformato un piccolo allevamento per “autocon-sumo” in una vera azienda dinamica e moderna. Tutto il ciclo di produzione - interamente certifi-cato biologico - è interno all’azienda: dalla col-tivazione di foraggi e cereali per l’alimentazione dei bovini alla produzione di farine nell’impianto di molitura, dalla riproduzione con monta natu-rale fino alla macellazione. Gli animali allevati sono cresciuti tra i pascoli e le strutture coperte dell’allevamento con la finalità di fornire carni sane, buone e di qualità. La vendita diretta - su prenotazione - è relativa a “pacchi famiglia”, ov-vero a lotti di carne corrispondenti minimo a 1/16 di bovino (22-25kg) composti da tagli misti.

Az. Agricola Il Quarticello VinoMontecchio Emilia, via Matilde di Canossa 1/aTel. 0522.866220 www.quarticello.itI vini sono ottenuti da vitigni autoctoni, curati da Roberto Maestri che si occupa dell’azienda dal 2001, quando acquistò un vigneto in zona “Quarticello” a Montecchio. La passione lo ha coinvolto al punto da spingerlo a intraprendere il percorso per conseguire la laurea in viticoltura ed enologia. Dopo aver acquisto il titolo di eno-logo ed aver avuto diverse esperienze in cantina, dal 2006 ha iniziato a vinificare la propria uva producendo lambrusco (con rifermentazione in bottiglia), malvasia e passito.

Az. Agricola Il Girasole Carne di bufaloBorzano di Albinea, via Melato 19Tel. 0522.521951www.agricolailgirasole.itRealtà più unica che rara nel nostro territorio, il Girasole alleva bufali maschi di razza mediterranea allo stato semibrado per la produzione di carne. Gli animali hanno a disposizione un ricovero dove vengono alimentati e dove possono riposare su lettiera di paglia; quando le condizioni climatiche lo consentono escono al pascolo e vivono all’aria aperta. La macellazione avviene al raggiungimento di un peso vivo di circa 450 Kg, quando la sapidità e la tenerezza della carne risultano ottimali. Pic-cole quantità per il consumo famigliare possono essere acquistate presso l’azienda, in pacchi (1/8, circa 20kg) composti da diversi tagli che possono essere confezionati in base alle esigenze.

Torrefazione Lady Cafè CafféSan Secondo Parmense (PR), via Verdi 31Tel. 0521.371091www.torrefazioneladycafe.com“Solo arabica e passione“ è il motto di Massimo Bonini, intraprendente trentacinquenne che si de-dica con abnegazione alla ricerca di frutti primige-ni in purezza, provenienti dai villaggi caffeicoli più vocati, e alla loro attenta lavorazione nel rispetto delle tipicità della terra d’origine. La tostatura è fatta a fiamma diretta (torcia), con una vecchia tostatrice del 1954 cercata, scovata, restaurata e rimessa in funzione. Massimo rifiuta l’idea di miscelare caffè buoni con altri meno buoni e si concentra su selezioni di “mono origine”, con pro-poste che variano a seconda della disponibilità, tra cui il caffè del Presidio Slow Food di Huehuete-nango (sconto 10% per i soci Slow Food).

>> fai la spesa giusta

Page 7: PENSIERI LENTI '09

7>> iniziative per i soci

Acetaia Ferdinando Cavalli(Scandiano) sconto 10%Arrogant Pub(Scandiano) sconto 10%Az. Agr. Bedogna(Tagliata di Guastalla) sconto 10%Az. Agr. Denny Bini - Podere Cipolla(Coviolo - Reggio Emilia) sconto 15%Az. Agr. Piantone di Grossi Claudio(Lesignano Bagni - PR) sconto 10%** (prodotti in vendita nello spaccio dell’ITA Zanelli)

Az. Agr. Il Girasole (Borzano) omaggio 10%*** (prodotti in omaggio per un valore pari al 10% della spesa)

Az. Agr. La Provvidenza(Canossa) sconto 10%Az. Agr. Leoni(Correggio) sconto 10%Coperativa La Lucerna(Lora di Campegine) sconto 10%Cantina di Arceto(Arceto) sconto 10%Enoteca Bigliardi & Garuti(Reggio Emilia) sconto 10%Geographica Viaggi (Montecchio Emilia) sconto 4%****** (per i dettagli dell’offerta vedi inserzione a fondo pagina)

Il Vascello del Monsignore(Cervarezza Terme) sconto 10%La Bottega Gastronomica (Reggio Emilia) sconto 10%Lady Cafè(S. Secondo Parmense) sconto 10%Medici Ermete(Villa Gaida) sconto 10%Salumeria Zanelli(Felina) sconto 10%

Gruppo d’Acquisto Popolare:spesa collettiva per i sociAcquisti diretti dai produttori “buoni, puliti e giusti”Amici e sostenitori della condotta hanno

proposto degli sconti riservati ai soci Slow Food per acquisti effettuati presso i loro

punti vendita: ne riportiamo qui sotto l’elenco (disponibile anche sul nostro sito Internet). Invitiamo inoltre produttori, artigiani, esercen-ti interessati a una qualsiasi forma di conven-zione a contattarci: il nominativo sarà inserito nella lista e comunicato a tutti i nostri soci.

Convenzioni per i soci Slow Food

Quali sono i motivi che inducono a dar vita a un gruppo d’acquisto? Poter acquistare cibo ed altri prodotti a prezzi più bassi che

al dettaglio, alimenti che siano salubri e possi-bilmente di produzione locale. Questo è lo spiri-to che muove, in genere, i gruppi d’acquisto già presenti in provincia.Come Slow Food, nel pensare i criteri con cui gestire il nostro GAP (Gruppo d’Acquisto Popo-lare), abbiamo cercato di metterci del nostro, aggiungendo una grande attenzione alla qua-lità organolettica ed alla tipicità dei prodotti, approccio che da sempre ci contraddistingue.Abbiamo insomma cercato di ispirarci al nostro principio del “buono, pulito e giusto”. Non ci ba-sta quindi che un alimento sia bio e prodotto localmente, ma vogliamo che sia anche buono, possibilmente molto buono. E non ci pare una cosa così strana…Guidati da buona dose di “laicità”, non abbiamo ceduto a tentazioni “integraliste”. Per cui alcuni prodotti che abbiamo ritenuto molto significa-tivi sono stati inseriti anche se non provengono da agricoltura biologica. Altri prodotti che ab-biamo scelto non potevano provenire da un am-bito locale e, del resto, i commerci di cibo sono sempre esistiti; basta non arrivare ai paradossi di oggi, dove si pretende di mangiare fragole a dicembre, o si importano peperoni fatti in se-rie dall’Olanda, cosce di maiale surgelate dalla Cina, mele e pere (anche bio) dall’Argentina e kiwi dalla Nuova Zelanda.Abbiamo scelto, per esempio, un’ottima pasta di grano duro proveniente dalle Marche, dell’ingiu-stamente poco noto Pastificio Mancini, un’azien-da che si occupa di tutta la filiera, dal campo di

frumento al packaging. In un’ottica ambientale aveva senso scegliere un pastificio più vicino, magari più scadente, che comunque lavora gra-no duro del centro-sud?Per un bel sugo di pomodoro la scelta migliore sono probabilmente i pomodorini freschi, magari del proprio orto, ma fuori stagione ci vuole una bella scatola di pelati. E allora siamo andati su quelli del Presidio Slow Food del pomodoro San Marzano, quello vero coltivato sulle pendici del Vesuvio con metodo biologico. Affiancandolo col pomodorino del Piennolo, altro Presidio campa-no, un vero must sulla pizza.Per un bel risotto abbiamo scelto il riso più buo-no che ci sia in Italia, il carnaroli prodotto da Acquerello, certo abbastanza costoso, ma af-fiancandolo con l’eccellente ma più economico vialone nano del Presidio del riso di Grumolo dell’Abbadesse.Siamo riusciti, con grande fatica, a reperire il burro a latte crudo prodotto in Svizzera, altro Presidio.Su altri prodotti, come farine, confetture e suc-chi di frutta, e la chicca di una farina da polenta dell’antica varietà di mais ottofile, ci siamo ser-viti localmente.Per le birre solo prodotti artigianali, italiani ma con anche qualche sfizio dal Regno Unito. Per i vini abbiamo una sorpresa in serbo.Insomma, se vi interessa conoscere tutta la gam-ma di prodotti e far parte del nostro gruppo d’ac-quisto, andate a cercarvi sul nostro sito il catalo-go (PDF da scaricare) e mettetevi in contatto con noi all’indirizzo email: [email protected] ricordiamo che possono fare parte del gruppo d’acquisto solo i soci Slow Food reggiani.

(illu

stra

zione

di F

abio

Vet

tori

- ca

rtol

ine

di S

low

Food

)

Page 8: PENSIERI LENTI '09

PENSIERILENTI‘098 >> verso il congresso

Soci della Condotta al 1 ottobre 2009: 157

Membri del Comitato di Condotta (Piccola Tavola):Mirco Marconi - fiduciario (47 anni, insegnante), Tiziana Bandini (37 anni, grafica); Giuliano Bartoli - tesoriere (44 anni, operaio), Denny Bini (32 anni, imprenditore agricolo); Valentina Brevini (30 anni, impiegata), Alessandro Crotti (40 anni, impiegato), Stefano Dall’Aglio - responsabile Gruppo d’Acquisto (40 anni, dirigente), Erica Maioli (20 anni, studentessa universitaria), Lorenzo Nasi - segretario, responsabile comunicazione (37 anni, grafico), Michele Reverberi (30 anni, giardiniere), Giulia Ruini (20 anni, studentessa universitaria), Pierluigi Tedeschi - responsabile locale guida Osterie d’Italia (46 anni, medico veterinario).

In vista del congresso nazionale del 2010 Slow Food si è data come obiettivo di avere un “Progetto di Condotta” per ognuna delle

condotte esistenti in Italia. Ciò significa ripen-sarsi un attimo, discutere cosa si vuole fare nei prossimi 4 anni, fino al successivo congresso nazionale, e come farlo; significa decidere se si vuole diventare grandi, anche a fronte di nuove e ambiziose sfide che l’Associazione si è scel-ta, che vorrebbero portarci a incidere sempre di più sulla vita italiana, in particolare per ciò che concerne il cibo, l’agricoltura e l’ambiente; si-gnifica infine completare il tragitto da una vita associativa un po’ sui generis, dove spesso il Fi-duciario era “un uomo solo al comando”, ad una realtà associativa vera, dove il fiduciario presie-de un Comitato di Condotta (ovvero la “Piccola Tavola”), che comprende i soci più attivi nella vita associativa, dove ognuno ha un suo ruolo, dove esiste un tesoriere e annualmente vengo-no stilati bilanci, dove i soci si incontrano non solo come fruitori di iniziative ma anche come protagonisti delle stesse. Lo stesso sistema di vero associazionismo verrà riproposto, ovvia-mente, anche in ciò che sta sopra le condotte: l’organizzazione di Slow Food a livello regionale e nazionale (anche qui ci sono “lavori in cor-so”). Insomma, Slow Food sta completando la sua metamorfosi: da “cosa” creata da un per-sonaggio geniale e carismatico, Carlo Petrini, circondato da fedeli collaboratori e da uomini di fiducia sul territorio, impegnati a diffondere sul territorio intuizioni e pensieri d’avanguardia, ad associazione forte e radicata, che dal territorio può raccogliere idee ed energie.Per conseguire certi obiettivi, per incidere davvero nella società, non è più sufficiente l’attività che le condotte hanno sempre svolto, fatta di corsi, cene e degustazioni a tema; ma non saranno sufficienti nemmeno le attività innovative, come la creazione dei Mercati della Terra, la promozione del cibo locale, l’educazione al gusto dei bambini o gli orti scolasti-ci. O meglio non sarà più sufficiente che Slow Food faccia queste cose in “splendida solitudine”. Il salto di qualità dovrà passare attraverso l’interazione e la

collaborazione, a livello locale, con tutti i soggetti che ruotano attorno al cibo e all’agricoltura, con le altre associazioni che si occupano dei consumato-ri o dell’ambiente, ma anche con chi si occupa di altre attività solo in apparenza secondarie, come il camminare o l’andare in bicicletta (pensiamo ad associazioni come il CAI e Tuttinbici). Senza questi rapporti e questa bellissima rete di persone ed espe-rienze, per ora solo ipotetica ma che deve annodare le sue maglie, i nostri progetti non potranno esse-re efficaci. È ciò che Roberto Burdese, presidente

nazionale, ha chiamato “fare Terra Madre” a casa propria. Non è ovviamente facile. Non si tratta solo di organizzare una bella cena, piena di con-tenuti, o di proporre un istruttivo Master, ma di imbastire contatti e organizzare cose complesse, difficili per una struttura come la nostra, a livello locale basata solo sul volontariato.Ci sono in Italia Condotte che hanno già inizia-to un’attività in sintonia con le nuove sfide e che sono ben strutturate e organizzate, altre che sono ancora basate quasi solo sul fiduciario, e con un tipo di attività che non va molto oltre la cena tematica. Proprio per questo motivo, fermarsi un attimo a pensare a chi siamo e cosa facciamo oggi, cosa vorremmo e potremmo fare domani, è davvero importante. E servirà a darci un quadro di che cosa è oggi Slow Food sul territorio.Per quel che ci riguarda, come Condotta pensia-mo di essere a buon punto: abbiamo una strut-tura associativa vera, con un gruppo trainante che ha un’età media abbastanza bassa, almeno in rapporto al resto dell’associazione. L’attività negli ultimi anni si è evoluta molto, con progetti anche

Alcuni menbri della Piccola Tavola con “Carlin” Petrini

Slow Food Reggio Emilia: chi siamo

d’avanguardia sull’educazione e con molto impe-gno sul settore della comunicazione, da queste pagine, al nuovo blog, alla rubrica che abbiamo tenuto su di un quotidiano locale.Ovviamente molto è ancora da fare. Vi proponiamo qui le idee elaborate dal Comitato di Condotta, in-vitando tutti i soci a inviarci un feedback, tramite email, sul blog, telefonando: poi troveremo un’oc-casione per discuterne a voce, entro primavera. In modo da arrivare all’appuntamento del congresso con un progetto il più possibile vissuto e condiviso.

EducazioneL’educazione - rivolta sia ai più piccoli che agli adulti - per Slow Food è sempre stata la via prin-cipale per trasmettere valori e formare coscienze da “coproduttore” (evoluzione del “consumato-re”), un settore in cui da tempo a Reggio Emilia siamo particolarmente attivi.Non possono mancare i Master of Food, base for-mativa per gli appassionati che desiderino davvero capire il cibo, comprenderne le caratteristiche e le qualità, andare oltre quello che si vede nel piatto e scoprire cosa sta dietro alla sua realizzazione. L’intento - facendo i conti con l’effettiva ricettivi-tà del territorio - è di proporne due all’anno, uno in autunno e l’altro tra febbraio e aprile. Facendo poi tesoro delle nostre esperienze degli ultimi anni, abbiamo progettato un Laboratorio Itinerante di Educazione del Gusto da proporre in fiere e mani-festazioni, rivolto ai bambini e alle famiglie. Questo è il nostro approccio all’educazione alimentare, che parte dai sensi e dal gusto e non dal “questo non mangiarlo perché fa male”: l’educazione alimentare con approccio “paternalista” si è dimostrata mol-

Proposte e idee per “fareTerra Madre” a casa nostraProgetto di Condotta in vista del congresso nazionale

Page 9: PENSIERI LENTI '09

9

Questo nostro foglio - lo vogliamo chia-mare annuario? - si presenta quest’anno con una nuova veste grafica, che abbia-

mo voluto rendere più accativante, e un nuovo nome. Il cambiamento è motivato dal fatto che abbiamo deciso di caratterizzarlo diversamen-te, connotandolo come strumento di comuni-cazione meno legato alla stretta attualità; in pratica un po’ meno house organ e più “luogo di incontro” anche per chi ancora non ci cono-sce, su cui leggere di temi più approfonditi e di più ampio respiro: da qui il “pensiero lento”. Tra l’altro - concediamoci questo momento di au-toelogio - un’ulteriore spinta a “fare di più” ci viene anche da una piccola-grande soddifazio-ne: il nostro giornalino “notizie slow” del 2008 è stata premiato infatti come miglior newslet-ter tra tutte le condotte Slow Food d’Italia.

Newsletter e blog: “notizie slow”diventa digitale

Il meglio della cucia tradizionalereggiana artigianale

Laboratorio di gastronomia artigianale, specializzatonella cucina tipica reggiana. Prepariamo cappelletti, tortelli, lasagne, erbazzone e tante altre prelibatezze.

10% di sconto sui prodotti di gastronomia per i soci Slow Food Reggio Emilia

Reggio Emilia, via del Chionso 26/F Tel. 0522.926335

www.bottegagastronomica.it

to meno efficace. Da questo Laboratorio possono nascere iniziative più strutturate nelle scuole, ripe-tendo l’esperienza già tenuta a Guastalla, coinvol-gendo possibilmente anche le famiglie degli alunni; questo sarà possibile però solo col sostegno delle amministrazioni pubbliche, dato che la scuola oggi è pressoché priva di risorse economiche.Un altro importante progetto educativo è quel-lo dell’Orto in Condotta - parte di un più ampio progetto di livello nazionale - che sta attualmente interessando due scuole grazie al coinvolgimento

del Comune di Scandiano, dove dopo i corsi per gli insegnanti prenderà finalmente forma l’orto coltivato direttamente dai ragazzi.

TutelaLa tutela è un’altro “tema forte” di Slow Food, che si pone a difesa dei prodotti e produttori più deboli, quelli che seppure di qualità non possono permet-tersi una DOP, che sono a rischio perché tagliati fuori da un mercato che vuole solo prodotti stan-dardizzati, quelli che paiono appartenere a “un altro tempo” ma che in realtà fanno parte del nostro pa-trimonio gastronomico e alimentare, spesso ultimi baluardi a difesa della biodiversità agraria.Si muove in questa direzione l’esperienza - in col-laborazione con l’Istituto Tecnico Agrario Zanelli - degli Ortolani Custodi, ovvero la distribuzione dei semi di antiche varietà locali reggiane: già da due anni coltivatori e semplici appassionati contribu-iscono nei propri orti a riprodurre e preservare questo prezioso patrimonio genetico. Cercheremo in futuro di organizzare e strutturare meglio que-sto progetto che, partito un po’ per scommessa, ha suscitato un inaspettato interesse.Abbiamo promosso la nascita di due Comunità del Cibo di Terra Madre: quella della Zucca cappello da prete e dei meloni tradizionali e quella della Peco-ra cornella. Un terreno complesso, dove ci si deve confrontare con difficoltà, anche economiche, non sempre alla nostra portata. Non intendiamo però rinunciare alla difesa della nostra tradizione - che non è fatta, tanto per dire, di solo Parmigiano Reg-giano - e continueremo quindi a proporre idee e sti-molare produttori e istituzioni a percorrere questa strada. L’attenzione è sempre andata anche ad altre realtà locali, come la prugna zucchella di Lentigione o i produttori di varietà antiche di frutta o cereali,

che spesso invitiamo alle manifestazioni.

PromozionePromuovere un modello di consumo e produzione del cibo “buono, pulito e giusto” è un altro punto di forza dell’attività di Slow Food a livello sia locale che nazionale. La nostra presenza in fiere, manifestazio-ni ed eventi è finalizzata principalmente a entrare in contatto con il grande pubblico, anche chi non ci conosce; alcune sono ormai diventate per noi ap-puntamenti fissi, come Regustibus a Scandiano (che

abbiamo contribuito a ideare), Piante e Animali Per-duti a Guastalla e il festival Uguali_Diversi a Novel-lara. A dicembre sarà la volta di Terra Madre Day, destinato a divenire una ricorrenza annuale, mentre altre manifestazioni stanno prendendo forma.Stiamo investendo molto anche su altre forme di comunicazione, con una serie di strumenti arti-colati, come il nostro “sistema” blog/newsletter/giornalino (di cui scriviamo qui a fianco). Senza comunque rinunciare alle tradizionali cene e de-gustazioni tematiche le quali, insieme alle visite ai produttori, sono validi e coinvolgenti strumenti che permettono di mettere a diretto contatto i nodi della rete di persone che vogliamo costru-ire. Proprio per questo è nata l’idea, da mettere in pratica a breve, di creare una “Rete Locale di Terra Madre”, mettendo in comunicazione tutti coloro che hanno un approccio e una visone dei temi del cibo e dell’agricoltura simile al nostro, pur occupando ruoli diversi. Quindi produttori, ovve-ro agricoltori e artigiani trasformatori, ristoratori, insegnanti e ricercatori, settori dell’USL che han-no a che fare con cibo e agricoltura, pubblici am-ministratori sensibili al tema, altre associazioni in qualche modo affini a noi. Il nostro ruolo sarebbe quello di facilitatori della comunicazione tra que-sti soggetti e di ideatori di iniziative comuni.Infine, ultimo nato, citiamo il nostro GAP - Gruppo d’Acquisto Popolare (abbiamo scelto questo nome diverso dagli altri e volutamente un po’ retrò, che ci ricorda i GAP partigiani, perché anche qui di re-sistenza si tratta, all’omologazione del cibo e delle coscienze): anche questo è un esempio concreto di come mettere in pratica la nostra idea di cibo e di filiera corta, promuovere un modello economico virtuoso e contribuire a sostenere e far conoscere un variegato gruppo di meritevoli produttori.

Per tutto quello che concerne le notizie spic-ciole e gli aggiornamenti su eventi, attività e manifestazioni, abbiamo attivato un nuovo mezzo: da ottobre 2009 è finalmente online “notizie slow”, la versione aggiornata del sito Internet della Condotta (l’indirizzo però non è cambiato: digitate tranquillamente il solito www.slowfoodreggio.it). Rispetto al passato abbiamo scelto un format più snello e fruibi-le: si tratta in buona sostanza di un blog che sarà tenuto aggiornato (è un impegno che ci prendiamo!) non solo con tutte le informazioni inerenti le nostre attività, ma anche con con-tenuti relativi a eventi, fatti o manifestazioni - di livello locale ma anche nazionale - che in un qualche modo possano risultare interessanti o affini al mondo Slow. “Notizie slow”, infine, sarà anche la nuova newsletter digitale che invieremo periodicamente a chi vorrà essere informato sulle nostre attività (per iscriversi è sufficiente inserire l’indirizzo email diretta-mente dalla home page del sito). Stay tuned!

Page 10: PENSIERI LENTI '09

PENSIERILENTI‘0910 >> educazione

Viaggio attraverso i sensi dalle rive del Po a Terra MadreUn progetto di educazione del gusto nato a Guastalla

Il nuovo kit per l'educazione sensoriale di Slow Food, "Alle origini del gusto" (presen-tato come progetto pilota a Terra Madre 2008), è finalmente disponibile.Nel video introduttivo i partecipanti fami-liarizzano con i concetti fondamentali del gusto. Poi, il kit offre una serie di giochi in-terattivi articolati in sei sezioni: gusto, vista, odore, tatto, udito e multisensorialità.Ad aprile circa 200 bambini canadesi si sono avventurati in questo mondo sensoriale, in occasione della presentazione del kit or-ganizzata da Slow Food Toronto e da Slow Food Prince Edward County, nell'ambito di un festival dello sciroppo d'acero. In Au-stria, il convivium di Linz ha presentato il kit nell'ambito del più importante festival citta-dino, che si tiene dal 30 maggio al 1° giugno: più di 200 fra adulti e bambini hanno com-pletato il percorso didattico. A giugno, Slow Food UK e il convivium di Oxon, nell'ambito del Children’s Food Festival, hanno organiz-

La Condotta Slow Food di Reggio Emilia ha allestito un Laboratorio Itinerante di Edu-cazione al Gusto, composto di varie tappe in cui, di assaggio in assaggio, si scoprono tutti i “segreti” che stanno alla base al funziona-mento dei nostri sensi quando mangiamo e

Tutto iniziò a Guastalla, con i bambini e le mae-stre della scuola elementare Ferrante Gonzaga.Un paio di anni fa si presentò l’occasione di realizzare un’esperienza di educazione al gusto alla scuola elementare della cittadina in riva al Po. Esperienza nuova e stimolante, per noi “esperti” di gusto, ma tutta da inventare. Pren-demmo ispirazione e idee da una bella pubbli-cazione appena sfornata dal settore educa-zione di Slow Food, intitolata “In che senso” e curata da Carla Barzanò. Della positiva espe-rienza guastallese, raccontammo nello scorso numero di questo giornale.Nella primavera del 2008 chi vi scrive, insieme ad altri docenti dei Master di Slow Food, venne coinvolto nella realizzazione di un percorso di educazione al gusto per gli agricoltori che, in autunno, sarebbero convenuti a Terra Madre. Persone da tutto il mondo, espertissime di agri-coltura tradizionale, ma molto meno di gusto e quindi spesso in difficoltà nel descrivere le ca-ratteristiche dei loro prodotti. Durante la pro-gettazione dell’allestimento, che a Terra Madre avrebbe visto partecipare circa 2.000 persone da decine di Paesi diversi, ci venne l’idea di gira-re un video introduttivo; come sempre in Slow Food con poche risorse economiche e tanta fantasia.E chi meglio dei bambini di Guastalla, bravi, simpatici e provenienti da classi multietniche, poteva esserne interprete?Così nacque il video “Alle origini del gusto”, con attori protagonisti Davide e Denise, allora in quinta elementare, affiancati dal personag-gio animato Gustavo e dagli altri bambini della scuola.Il video e tutto il percorso allestito a Terra Madre ebbero un notevole successo che, come potete leggere nello spazio qui a fianco, è an-dato ben oltre ogni aspettativa.E dal momento che la Condotta Slow Food di Reggio Emilia ha avuto un ruolo importante in quest’avventura, abbiamo pensato di mettere a frutto la nostra esperienza, creando un Labo-ratorio di Educazione al Gusto Itinerante, che avrà la sua prima assoluta in novembre, all’in-terno di Regustibus a Scandiano.

Mirco Marconi

zato un programma didattico con cinque “isole del gusto” e racconti di agricoltori e produttori locali. In Uganda, Slow Food Mukono ha inizia-to a usare il programma con i bambini coin-volti in 15 progetti di orti scolastici: i bambini hanno esplorato le loro capacità sensoriali con la verdura e la frutta che avevano coltivato e raccolto.Il percorso sensoriale sarà presto sperimentato nell'ambito di progetti di educazione del gusto in Bielorussia, Azerbaijan, Turkmenistan, Ucrai-na e in America Latina. Il kit è stato realizzato in sette lingue: l'inglese, l'italiano e il russo sono già disponibili; il te-desco, il francese, lo spagnolo e il portoghese saranno pronti a breve. Per maggiori informazioni o per richiedere il kit si prega di contattare Slow Food Education ([email protected]).Il video “Alle origini del gusto” è visibile gra-tuitamente nella sezione “multimedia” del sito Internet di Slow Food (www.slowfood.it).

Laboratorio Itinerante di Educazione al Gustobeviamo qualcosa.Il laboratorio può essere rivolto ai bambini ma anche ad un pubblico adulto ed è dispo-nibile per manifestazioni ed eventi. Chi fosse interessato può contattarci a questi recapiti: [email protected] - Tel. 340.5530549

“Alle origini del gusto”, kit didattico in 7 lingue

Sotto, alcuni dei protagonisti del video “Alle origini del Gusto”: Denise, Davide,

Lakhi, Sammy e il personaggio Gustavo

Page 11: PENSIERI LENTI '09

11

Il “buon tempo” nella cucina ottocentesca della famiglia Rabotti di Castelnovo Monti Raccolte a partire dal 1820 le “regole per cucinare con buon gusto e facilità di tutti”

T ra le più antiche di Crovara (Vetto), la famiglia Rabotti si trasferisce ai primi del 1700 a

Castelnovo nella persona di Antonio che vi inizia una fortunata carriera mercantile. Nel 1804 i Rabotti, che già possiedono due case signorili in Piazza delle Armi, costruiscono pure la grossa casa (ancora esistente) sul “prato della fiera”, dimostrando così di essere tra le famiglie più quotate del paese, tanto da avere come ospite, nei suoi passaggi da Castelnovo, lo stes-so duca Francesco IV di Modena che in casa di Gaetano Rabotti (1747-1826) si sofferma a mangiare e dormire. E non solo: il 6 giugno 1818 vi conduce pure il re Vittorio Emanuele I di Sardegna, suo suocero, mentre un’altra volta, nel 1823, vi soggiorna con il fratello Massimiliano Arciduca d’Austria.Dunque una casa che poteva e sapeva fare ospitalità, nella quale, come noto, molto conta la buona tavola.Discendente collateralmente dal Gaetano che ospitava Francesco IV è la famiglia Rabotti che abita la casa del prato della fiera. Qui la buona tavola diventa una filosofia del “buon vivere”, da conservare quale patrimonio del casato. A partire al 1820 (tale è la data sul quaderno più antico), questa famiglia inizia a raccogliere le proprie ricette di cucina chiamate “regole per cucinare con buon gusto e facilità di tutti” o “regole consuete da noi usate”. Sul finire del secolo le “regole” sono già un migliaio, riguar-dano tutti i settori della cucina, si ripetono da una rezdora all’altra, magari con piccole va-rianti perché ogni nuova cuoca (di norma la nuora) vi aggiunge qualcosa dalla sua famiglia di origine. Ma il legame tra vecchio e nuovo è talmente stretto che, fin quasi alla prima guerra mondiale, le ricette continuano a venir espres-se con le misure antiche: il peso (8 kg circa), la libbra (325 grammi), l’oncia (27 grammi).Nel 1896 il capo casa Annibale raccoglie in un quaderno le ricette più antiche e le inti-tola: “Trattato di gastronomia per uso nostro e di chi se ne vuol servire. Amen. Dedicato a mamma e alle sorelle mie che tutte sviscera-tissimamente amo”.

Il titolo indica la filosofia di questa buona ta-vola. Essa non ha alcun minimo tratto di stam-po epicureo che ponga il gusto fine a se stes-so. Qui il piacere è quello di ritrovare nel cibo naturale e gustoso uno strumento che traccia le cadenze del vivere famigliare, che segna e rinforza il piacere di sentirsi famiglia non solo nell’hic et nunc, ma anche nella dimensione diacronica. Si è famiglia perché ci sono ante-nati che hanno costruito il presente e lo si è perché si lavora pensando a figli e nipoti. La gestione del patrimonio familiare ha una pro-grammazione intergenerazionale che mette a continuo raffronto l’eredità ricevuta con l’ere-dità che si lascerà a figli e nipoti.Questo “arco lungo” del tempo ha un riflesso immediato nel modo di intendere la cucina e la tavola. Esse non rispondono soltanto a un bisogno fisiologico, ma sono il tempo dello stare insieme, del godere gli affetti di parenti e amici: da qui l’ovvietà della lunga prepara-

zione del cibo e della lentezza nel consumarlo. Tutte le ricette, infatti, sono nel segno della lunga programmazione (cominciano con le se-mine dei campi e dell’orto, con la cura di vi-gne e frutteti) e, di norma, anche della lunga preparazione. Non poche richiedono giorni e giorni di lavoro. Anche perché si parte sempre dal prodotto naturale (ortaggi, frutta, pollaio) dal quale ricavare gli ingredienti pre-lavorati (marmellate, confetture, frutta secca...) in funzione delle “regole” che caratterizzano ogni ricorrenza settimanale, mensile, annuale e che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, diventano esse stesse il calendario che indica, gradua e valorizza stagioni, feste e ricorrenze famigliari, prescrive i tratti dell’identità e della continuità famigliare.

Pochissimi sono gli ingredienti acquistati a bottega: rhum, cannella, noce moscata, aran-ce, vino marsala. Una curiosità: le ricette d’inizio Ottocento non conoscono la patata che, in montagna, entra in uso solo dopo la grande carestia degli anni 1816-1818. Questo dimostra che le ricette scritte su fogli datati 1820 in realtà sono riferi-bili al secolo precente. Ma, sotto l’accorta regia di “nonna Lucia” (Lucia Franzani, 1796-1877), sposa di Giacomo Antonio Rabotti (1793-1867), la patata entrerà da regina nella preparazione di tortelli, gnocchi, budini, biscotti e perfino pizze. Ghiottonerie che faranno della patata - sulle prime risorsa della sola cucina dei poveri - un ingrediente a pieno diritto della cucina da servire alla mensa del Duca.

Giuseppe Giovanelli(Storico)

Nella famiglia Rabotti la buona tavola diventa filosofia del “buon vivere”, da conservare quale patrimonio del casato

>> storia

Page 12: PENSIERI LENTI '09

PENSIERILENTI‘0912 >> storia

getale di terebinto, utilizzata per stabilizzare la fermentazione. Nei millenni successivi le tracce di vinificazione si estendono al medio e vicino oriente ed al mediterraneo centro-orientale, fino alla Grecia e Macedonia.La vinificazione è legata alla domesticazione della vite: la Vitis vinifera sativa (coltivata), a differenza della Vitis vinifera silvestris (selvati-ca) è ermafrodita, cioè ha sulla stessa pianta sia gli organi sessuali maschili che femminili. Può così autofecondarsi, determinando una produ-zione di frutti decisamente più consistente e la stabilità delle caratteristiche nei grappoli pro-dotti, che sono tutti dotati dello stesso patri-monio genetico, derivando tutti esclusivamente da un’unica pianta.Poiché l’areale di diffusione della Vitis v. silve-stris è piuttosto ampio, spaziando dalle aree costiere mediterranee al Caucaso, è possibile e verosimile che diverse zone siano state testimo-ni della domesticazione della vite: molti indizi inducono infatti a pensare che la vite sia stata addomesticata anche in Italia in modo indipen-dente dagli apporti culturali orientali.Se, fino a non molto tempo fa, sembrava scon-tato che la cultura del vino fosse arrivata in Italia con la colonizzazione greca, gli studi più recenti dimostrano che il vino era noto già pri-ma degli intensi scambi culturali con i mercanti e colonizzatori greci, nell’VIII-VII sec. a.C..È possibile, in base a indizi archeologici, che la vite coltivata fosse presente in Italia già dal Ne-olitico ed è accertata la presenza di vite coltivata

nell’età del Bronzo con la contemporanea com-parsa dei “pennati”, strumenti - simili alle attuali roncole pennate - specifici per la potatura della vite. Il vino è certamente conosciuto nella cultu-ra Villanoviana (cultura della prima età del Ferro, precorritrice della civiltà etrusca) già dal IX sec. a.C., mentre specifici riferimenti letterari al vino ottenuto da vite potata (quindi coltivata) li ab-biamo, a Roma, per il periodo del regno di Numa Pompilio, tra VIII e VII secolo a. C..Nel complesso le indicazioni archeologiche, sto-riche e linguistiche definiscono un quadro della viticoltura nell’Italia protostorica che può esse-re così riassunto: la domesticazione locale della vite selvatica porta alla vinificazione in un pe-riodo precedente ai contatti con i Greci; questa precoce cultura del vino si sviluppa nell’Italia centrale, tra Etruria e Lazio. La vite viene col-tivata col metodo della potatura lunga su tu-tore vivo: la “lambruscaia”. Si tratta in pratica del sistema più simile alle condizioni naturali di crescita della vite: come altri rampicanti, la vite prospera con il supporto di un’altra pianta, alla quale si abbarbica per raggiungere migliori condizioni di insolazione. L’addomesticamen-

to e la coltivazione consistono semplicemente nel selezionare le piante ermafrodite sviluppate spontaneamente e nel potare i tralci, nonché le fronde del tutore, per permettere una migliore produzione dei grappoli. Il vino prodotto con queste uve, direttamente derivate dalla vite selvatica autoctona, viene denominato, con ter-mine italico, temetum. In seguito i Greci diffon-deranno una viticoltura più evoluta, importando vitigni già da lungo tempo addomesticati e se-lezionati in oriente, e introducendo la vigna con tutore morto e potatura corta, detta anche a palo secco. Si sviluppano così due viticolture nel periodo etrusco e romano: quella basata su viti autoctone, maritate ad alberi vivi, di tradizione etrusco-italica, e quella basata su viti importa-te, di introduzione greca, da cui origina anche un nome diverso per la bevanda fermentata: dal greco oinos derivano l’etrusco ed il latino vinum. La diffusione della viti-vinicoltura nella pianura padana avviene tramite gli Etruschi: ovviamente viene trasmesso il metodo autoctono, definito in latino come arbustum, con riferimento al tutore vivo, o labrusca (e labruscum l’uva prodotta). Il termine labrusca, secondo l’interpretazione dell’etimologia, indicherebbe cespugli o rovi che si sviluppano ai limiti dei campi: così, infat-ti, appariva il groviglio della vite intrecciata ai rami dell’albero di supporto. In pianura padana l’arbustum si sviluppa in arbustum gallicum, che si differenzia per una minore altezza di tutore e vite, ottenute tramite la potatura, e l’utiliz-zo come tutore prevalentemente dell’opulus, l’acero campestre, tuttora denominato opi nei dialetti padani. È così nata la piantata, o vigna alberata, di tradizione tipicamente italica, così com’è co-nosciuta fino ai giorni nostri. Il vino ottenuto prende da essa il nome, cosicché il lambrusco, almeno nel nome, tramanda la tradizione del-la più antica vitivinicoltura autoctona, quella villanoviano-etrusca, ricordando che la pianura padana prima di essere celtica e poi romana, appartenne completamente, anche se a vario titolo, alla sfera culturale etrusca. Ci limitiamo a dire che il Lambrusco tramanda “almeno nel nome” la più antica tradizione, per lo meno fino a quando studi biomolecolari, già in corso da alcuni anni sui vitigni toscani, non getteranno luce sull’effettiva discendenza dell’attuale vi-tigno emiliano-padano dalle viti selvatiche au-toctone, come sembrerebbe dalla sua storia.

Corrado Re(geo-archeologo e antropologo)

“Labrusca” indicherebbe cespugli o rovi che si sviluppano ai limiti dei campi

Le antiche origini del lambruscoe della vigna alberataDalla “lambruscaia” villanoviano-etrusca alla piantata

Le origini della viticoltura e della vinificazione affondano in tempi lontani: la prima testimo-nianza della produzione di vino risale infatti

al VI millennio avanti Cristo. Nell’Iran nordocci-dentale sono state rinvenute anfore con depositi di acido tartarico (composto presente nel depo-sito del vino non filtrato) e tracce di resina ve-

A destra: tecnica di coltivazione della vite maritata a un albero di sostegno, di derivazione etrusca

e italica (disegno di C. F. Boetius riprodotto in J. M. GESNER, Scriptores Rei Rusticae, Lipsia 1735, ripresa da A. Ciacci, A. Zifferero in AA.VV. 2007).

Sotto: una delle piantate ancora presenti nella nostra provincia

Page 13: PENSIERI LENTI '09

13>> biodiversità

Le vecchie varietà reggiane raccontanoRischio di estinzione, tutela dell’agrobiodiversità e del genius loci

Parlare di Agrobiodiversità di un territorio significa parlare del suo genius loci, della sua anima personificata, del suo caratte-

re e della sua personalità.Il territorio reggiano ha mille bellissime storie da raccontare, dalle terramare e il loro mistero al misconosciuto ruolo della Guastalla che era snodo viario etrusco tra l’Adriatico ed il Tirre-no, ai Celti e la loro cultura meno “barbara” di quanto si possa pensare, sino alla cultura delle bonifiche dal Medioevo al Settecento.Parlare delle vecchie varietà locali significa par-lare anche di queste storie e viceversa queste storie si possono benissimo raccontare attraver-so le sue vecchie varietà e razze locali.

varietà di cocomero come la Crimson (che ha comunque una cinquantina di anni di presenza sul territorio provinciale reggiano) o della co-siddetta “Fojasa”, la Nostrana di Santa Vittoria di Gualtieri che ne ha probabilmente centocin-quanta/duecento, arrivata quì forse, con le trup-pe napoleoniche.Ma non è nemmeno la stessa cosa parlare del grano Poulard di Ciano d’Enza o del mais Nano Reggiano, glorie agricole reggiane con almeno un cinquantennio di importante presenza sul territorio regionale e oltre una decina di citazio-ni su testi di ogni tipo, con il grano Marzuolo di Ramiseto o l’aglio di San Savino che vantano una sola citazione bibliografica!

Nel corso di un monitoraggio del territorio abbastanza recente il territorio Reggiano ha restituito alla ricerca, soprattutto in

zona collinare, un certo numero di vecchie va-rietà di pere. Ciò è avvenuto grazie soprattutto allo sforzo dell’Istituto di Coltivazioni Arboree dell’Università di Piacenza, ma anche grazie al prof. Melegari dell’ITAS di Parma e agli appas-sionati del Gruppo Micologico e Naturalistico

Né altresì confondere allo stesso modo Squarcia-foglia, Balsamine, Fogarina, Uva Tosca con il Malbo gentile che ha una sola citazione sul territorio ma, più o meno, con lo stesso livello di “protezione”.Per fare questa opera di giustizia, restituendo ad ogni vecchia varietà il suo posto nella storia, occorre continuare a lavorare sopra questo argo-mento: ricerche storico-documentali, interviste agli anziani, confronti genetici, ricerche del mate-riale sul territorio e nelle banche genetiche.Ma, alla fine, quello che conta è il valore degli uo-mini: dei grandi personaggi come Zanelli e Succi, due direttori della struttura di sperimentazione locale che un così gran ruolo ebbe nella zootecnia italiana, così come della piccola gente che ha recu-perato e sta valorizzando oggi le vecchie varietà.

Stefano Tellarini(tecnico agroambientale esperto di vecchie varietà)

“R. Franchi” di Reggio Emilia. Tuttavia di tali pere non si è riusciti in molti casi a segnalare sinonimie e corrispondenze, andando oltre il nome dialettale segnalato e quindi a chiare la reale autoctonia o l’inserimento nel territorio reggiano in tempi più o meno recenti.Tra tutte vogliamo segnalare solo San Gio-vanni tra le pere precoci e il gruppo Gnocco invernale tra le tardive. Di questo gruppo fa parte la Pera Nobile che tradizionalmente era consumata fresca, appena colta, oppure anche durante tutto il periodo invernale grazie alla notevole serbevolezza in fruttaio. Questa va-rietà si prestava bene anche alla cottura o alla preparazione di confetture.Una delle varietà di mele che sicuramente non mancava negli antichi broli della zona è il Campanino, che produce la mela da sempre protagonista dell'originale mostarda. È una mela che rimanda irrimediabilmente al nostro passato e ai nostri nonni, che la custodivano gelosamente nei granai per tutto l'inverno e anche oltre. Le mela Ferro è tra le più antiche varietà tradizionali, coltivata nel reggiano al-meno da un secolo (ma anche in diverse altre aree del centro nord). Altre varietà non au-toctone, ma apprezzate nella zona nei secoli scorsi sono: Durello , Decio, Lavina, Ruggine e Zambona.

Negli ultimi dieci anni si è molto parlato di “varie-tà antiche”, di come ci sia un rischio di estinzione non solo dei panda nelle foreste di bambù della Cina, o delle balene negli oceani, ma anche nelle colline dietro casa nostra. Si sono apprezzati pro-dotti di nicchia riemersi dal dimenticatoio: la Cin-ta Senese, vitigni come il Pignolo, la lenticchia di Colfiorito e così via. È emerso chiaramente che la cosiddetta “agrobiodiversità”, ovvero la biodiver-sità “fatta” dall’uomo, può essere un importante fattore per lo sviluppo locale, soprattutto in aree marginali come la collina e la montagna o piccoli paesi della Bassa con poche altre attrattive.Oggi si afferma sempre più un interesse per la “storia” del prodotto, ovvero per la storia del rapporto tra il prodotto e le popolazioni locali. In questo senso non tutte le vecchie varietà sono uguali: non è certo la stessa cosa parlare di una

Mele e peredel territorio

Page 14: PENSIERI LENTI '09

PENSIERILENTI‘0914>>tavoleslow

Siccome in un week-end tutto non si riesce a fare (vedere-viaggiare-bere-mangiare-consumare-amare-ascoltare-ecc.-ecc.) ci

può cogliere quel senso tra la nausea e la ver-tigine, il disgusto e la depressione del bulimico post-moderno abitante del “sabato del villaggio”. Allora potremmo fare cosi: immaginiamo di po-ter volare, di avere le ore doppie, di poter saltare di “palo in frasca” secondo l’estro del momento, almeno con la fantasia, almeno qui sulla carta di questa pagina modestissima. Ecco allora a mio insindacabile giudizio un itinerario da compiere in una sola giornata, in un week-end, per puntate successive, ognuno col suo passo, all’insegna del-la filosofia slow (almeno nel week-end!).La colazione è importante: goduriosi cannellini alla crema in città li potete gustare caldi e bur-rosi alla pasticceria Due palme in via Che Gue-vara, accompagnandoli con l’espresso di Kaffé, all’inizio di via Fornaciari (che propone sette diversi tipi di caffè - principalmente single ori-gin - della nota Torrefazione Giamaica Caffè di Verona). Sì, proprio accanto alla pasticceria To-rinese, dove una pasta alla crema chantilly o un pezzettino di quella frutta candita glassata di cioccolato sono toccasana al buonumore. Come lo è a Natale il tradizionalissimo “biscione” del-la pasticceria Boni: un classico della reggianità. Troppi zuccheri? Possiamo fare due passi in città, visitare la neonata enoteca Gazza Ladra in Via Blasmatorti, poche bottiglie conosciute una per una, una macchina per il cucito e oggetti d’arte a rimescolare i sensi e poi c’è sempre la possibili-tà, il sabato almeno, di un aperitivo con un buon bicchiere. Di certo non mancherei l’aperitivo alla Salumeria San Prospero in Piazza Fontanesi: una

buona scelta di formaggi e salumi al tagliere, non solo l’inflazionatissimo spritz, ma anche vini e soprattutto buone birre artigianali. Inoltre il sa-bato mattina in piazza c’è il Mercato contadino, un’occasione per la spesa settimanale a chilome-tri zero (per associazione di idee e di buone pra-tiche va ricordato che a Bologna potete andare tutti i sabato mattina in Via Azzo Gardino, 65 al Mercato della Terra: un occasione di incontro e di educazione al gusto promossa da Slow Food).A questo punto possiamo andare a pranzo! Se restate in centro provate il ristorante Cadauno in Via Squadroni: dal cous-cous a piatti di pesce, ai piatti di pasta fresca corretti ed equilibrati, come lo sono le proposte dei vini. Oppure la pizzeria Piccolo Piedigrotta, alle spalle del teatro Ario-sto: dovete aver fame ma la pizza “doppia pasta” è un’esperienza; per stare più leggeri provate gli scialatielli e per finire qualche dolce arrivato di-rettamente dalla costiera amalfitana. Qui potete bere le birre del Birrificio Italiano di Lurago Ma-rinone (uno dei primi storici birrifici artigianali italiani, con sede sulle rive del lago di Como: ve lo giuro, la gita a questo birrificio - prevedendo un pit-stop adeguato! - merita alla grande). Se invece volete uscire dalla città la mia proposta si chiama “carrello dei bolliti” (per correttezza anche in Via Roma, il tradizionalissimo e trans-generazionale Canossa lo propone), un’esperien-za deliziosa per chi ama la carne, non si spaventa di fronte a tagli strani e pezzi anatomici ancora ben identificabili di bovino, suino, animali di bas-sa corte. A Quattro Castella andate da Cattini, conosciuto da generazioni (attenzione perché di sera è aperto solo il venerdi e il sabato), altrimenti sulla strada Provinciale Nord che collega Bagnolo

in Piano a Novellara trovate Probo: Probo non c’è più da anni, al suo posto incontrate le leggiadre sorelle Carboni a servirvi con garbo e cortesia in sala e a proporvi un ben assortito e confezionato carrello (tra l’altro è frequentatissimo durante la settimana per pranzi di lavoro, una garanzia assoluta!). Se i bolliti non sono graditi a tutti, la soluzione è proprio in zona. In località Pieve Rossa, praticamente quasi di fronte al ristorante Probo, c’è il raffinato e riservato Becco d’Oca: cucina innovativa di terra e di mare presentata con grande gusto (con lo stesso marchio viene proposto anche un ottimo catering).A questo punto della vostra giornata potreste dirigervi verso le brume della Bassa, prima di Novellara sulla sinistra c’è una piccola ma ot-tima gastronomia, Sapori Emiliani: parcheg-giate nello spiazzo antistante e non esitate ad entrare, almeno per un colpo d’occhio digestivo e un’annusata.Se vi resta una puntina di fame e volete di conse-guenza cenare in zona qualche idea l’avrei: dalla certezza dell’Osteria Bortolino a Viadana (da anni sulla guida Osterie d’Italia e per me un modello di osteria degli anni Duemila), alla trattoria La Mer-la di Gualtieri che propone ogni tanto incontri e serate a tema originali, fino a San Matteo delle Chiaviche alla Trattoria da Barnard: le tagliatelle al ragù di quaglia giustificano il viaggio.Intendiamoci: questa è solo un’ipotesi tra le tan-te di giornata iperbolica enogastronomica: for-se tutto in una giornata può diventare pesante e troppo fast… quindi prendetevi i vostri tempi: non vorrei avervi sulla coscienza se tentaste di fare tutto questo davvero in una sola giornata!Siate slow e cercate di vivere con lentezza, anche solo una di queste segnalazioni vale la giornata: take it easy (ma se volete farvi il bicchiere della staffa andate a bere una birra spillata a caduta all’Aloisius, una delle tante ottime birre proposte a rotazone all’Arrogant Pub di Scandiano oppure, sempre a Scandiano, una buona birra artigianale al Dickinson Pub. Prosit).

Pierluigi Tedeschi

prodotti da agricoltura biologica e biodinamica

FRUTTA E VERDURAFARINE, PANE, BISCOTTI, GRISSINI

LAMBRUSCO, MALVASIAMARMELLATE, CONSERVE

CARNI FRESCHE E TRASFORMATEcooperativa agricola

REGGIO EMILIA - Spaccio aziendale: via C. Teggi 38 • Negozi: piazza San Prospero 1 / via Toschi 6/a • Tel. 0522.935182 • [email protected] • www.cooplacollina.it

Richiedete la

“Tessera cliente”

(agevolazioni pari

al 10% di sconto)

Un week-end iperbolico enogastronomico (very slow)

(imm

agin

e: c

orte

sia Tr

atto

ria d

a Pr

obo

- ela

bora

zione

gra

fica)

Page 15: PENSIERI LENTI '09

15

Il Trentino Alto Adige accoglie ogni anno una quantità di turisti di gran lunga superiore al nu-mero dei residenti; tale flusso non è però scevro

da problemi e speculazioni che hanno finito per snaturare le zone più frequentate, ma esistono an-cora luoghi ricchi di fascino che offrono esperienze autentiche al viaggiatore attento. Individuarle non è difficile: generalmente sono lontano dai luoghi più noti, nelle zone di confine, laddove anche le comunicazioni sono più difficili. Tra le più belle ed incontaminate citiamo la Val Daone, la catena del Lagorai, la Val di Cembra, la catena delle Maddale-ne e la Val di Rabbi; qui vogliamo però trattare di itinerari gastronomici e ci sofferemo su due stra-ordinari Cru ancora e per fortuna poco frequentati: l’altopiano delle Vezzene e la valle dei Laghi.

Altopiano delle VezzeneDa Caldonazzo si percorre la provinciale di Mon-terovere, chiamata “Kaiserjägerweg”: un traccia-to militare austriaco della prima guerra che sale attraverso tornanti e strette gallerie, offrendo un’incomparabile vista sulla Valsugana e sui laghi di Caldonazzo e Levico. La strada in alcuni punti è stretta e in forte pendenza: con grosse autovet-ture ci si può trovare in situazioni imbarazzanti; d’altronde la suggestione del tracciato vale il “ri-schio” di qualche retromarcia ardita. Una comoda via alternativa è la strada provinciale della Fricca.All’altopiano si arriva passando per l’omonimo passo (1400 metri s.l.m.): qui si apre in tutta la sua bellezza un vasto pianoro erboso, circondato da dolci colline a sud e da cime più ardite a nord. I prati sono disseminati di malghe alpine: il prodotto principe di questi pascoli è il Vezzena, forse il più pregiato dei nostrani di malga trentini, noto per la sua straordinaria attitudine all’invecchiamento. Suggeriamo di non tralasciare gli altri i prodotti caseari, frutto di vacche pascolate all’aperto da giugno a settembre, in questo microclima eccezio-nale. La Malga Fratte (al termine dell’altipiano, scendendo verso Asiago) gestita dal casaro Fer-ruccio, rappresenta forse l’archetipo delle numero-se e valide malghe. Non è un agriturismo e questo, oggi, è un complimento. Qui non troverete tavole apparecchiate, vasti menù, vini e birre: l’unica be-vanda servita è l’acqua della fontana (potete por-tarvi una buona bottiglia) e, se c’è posto e i gestori hanno tempo, vi potrà essere servito un frugale quanto eccezionale pasto: formaggio prodotto in loco, mezza soppressa veneta e pane, che potrete consumare sui prati o nei tavoli che circondano la Casera. Lo spaccio della malga è meta continua di “pellegrini” che vengono ad acquistar latte crudo, burro, ricotte fresche e affumicate (l’affumicatoio è dietro la casera), Tosella e Vezzena. Ricordate che il formaggio di malga è disponibile da luglio in poi (la stagionatura minima è 30 giorni); i formaggi

>>tavoleslow >>itinerarislow

invecchiati che troverete sono prodotti, sempre da Ferruccio, durante tutto l’anno nella sua azienda di Levico Terme, dove è sempre possibile acquistare i suoi piccoli capolavori. Il Vezzena di Malga stagio-nato è disponibile da novembre o dicembre.Una breve passeggiata conduce dal passo ai re-sti del forte austriaco Busa di Verle (Werk Verle), bombardato nei primi mesi di guerra, e sulla cima, dove si trova il Forte di Cima Vezzena (Werk Spitz Verle), fortezza-osservatorio chiamato “l’occhio degli altipiani”, a picco sulla roccia.

Valle dei LaghiQuesta lunga valle si estende da Trento, oltre l’orri-do del “Bus de Vela”, fino ai confini con il Garda, in uno scenario naturale inedito: scintillanti laghi, vil-laggi intatti, castelli, scenografici rilievi montuosi solcati da numerose vie di arrampicata accompa-gnano nella discesa verso Riva del Garda. Il clima della valle, di singolare variabilità, declina da alpino a mediterraneo, offrendo un’ampia alter-nanza di ambienti naturali, passando da laghetti circondati da abeti e malghe a lande assolate con ulivi, vigne, cipressi, ginestre ed essenze mediter-ranee. Qui ogni paese ha una storia e un prodot-to da raccontare, ma volendo dare qualche dritta originale suggeriamo di cercare i prodotti che si coltivano nei piccoli orti di cui la valle è costellata, tra cui il Broccolo di Santa Masenza, la Susina di Dro e le antiche varietà di mais da cui si ricava la Polenta di Storo. In stagione non è difficile trovare questi e altri prodotti presso le Famiglie Coopera-

tive, minuscole cooperative di consumo con una storia centenaria alle spalle. Per chi cerca qualcosa di più convenzionale segaliamo tre cantine: Pravis, una delle aziende private più interessanti del Ten-tino che sta ottenendo eccellenti risultati con l’uva autoctona Nosiola, la Cantina Sociale di Toblino, dove troverete anche il Vin Santo (presidio di Slow Food) e la Cooperativa Agraria di Riva, che produce tra l’altro ottimi extravergini.Infine un itinerario naturalistico: Le Marocche - voce dialettale per un ammasso di materiale roc-cioso di frana - sono una sorta di deserto pietroso che ricopre la piana del Sarca fra Dro e Pietramu-rata. Questi cumuli di massi sono stati generati dal preisotrico arretramento del fronte di un ghiac-ciaio: è uno spettacolo di desolante e misteriosa bellezza quello che si può ammirare passeggiando lungo l'itinerario che le attraversa, oppure guar-dando in alto, alle pareti del Monte Casale e del Monte Brento da cui queste rocce si staccarono. In questo straordinario ambiente si possono osserva-re fenomeni carsici, dovuti alla dissoluzione delle rocce calcaree, presenza di fossili che testimonia-no un antichissimo mare e impronte di dinosauri di epoca giurassica, recentemente scoperte. L'area delle Marocche di Dro è tutelata come biotopo ed è dotata di un sentiero di visita con punti di sosta in cui si possono apprezzare le particolarità geomor-fologiche e naturalistiche dell'oasi naturale.

Raffaele Guzzon (Ricercatore presso la Fondazione Edmund Mach -

Istituto Agrario San Michele all’Adige)

Trentino: piccoli segretisotto le montagne

Malga Fratte (cortesia Alessandro Bauer)

Page 16: PENSIERI LENTI '09

PENSIERILENTI‘0916>> riflessionislow

Il cioccolato e il dottor MaslowDal nutrimento alla soddisfazione di sè

Qualcuno avrà probabilmente sentito parlare del dottor Maslow e certamente molti han-no presente la sua "scala dei bisogni": uno

schema, raffigurato di solito come una piramide, in cui vengono elencati i bisogni dell'uomo. Alla base stanno i bisogni primari o fisiologici: ovvia-mente il cibo - inteso come “nutrirsi per soprav-vivere” - fa parte di questo gruppo. Nella parte alta si trovano invece due bisogni estremamente legati alla dimensione del benessere persona-le: l’autostima e - all’apice della piramide - la necessità dell’autorealizzazione. In particolare quest’ultima comprende creatività, autenticità, moralità, accettazione, vale a dire obiettivi "alti" che portano a essere soddisfatti di se stessi e che si raggiungono attraverso una forte motivazione. È possibile rileggere il cibo e il bisogno di nutrirsi anche in questa ottica così elevata se pensiamo al "buono, pulito e giusto", ed è più facile capirlo con la "tecnica del cioccolatino". Proviamo.Prendete un cioccolatino (possibilmente di quelli buoni!) e mangiatelo.Fatto? Bene, allora provate a riflettere su “come” lo avete fatto: l'avete divorato (scartato al volo, messo tutto in bocca e deglutito) o l'avete assa-porato usando tutti e cinque i vostri sensi?Va bene, riproviamo di nuovo. LENTAMENTE (eh sì, ci vuole un altro cioccolatino)...Prima di mangiarlo, guardatelo: è incartato? Com'è la carta? Lucida, colorata, stagnola o de-corata? Adesso scartatelo: sentite un rumore, un fruscio o un religioso silenzio?Annusatelo: prima intero poi staccandone un pezzetto o un piccolo morso; chiudete gli occhi... Fate attenzione ai profumi: sono fortemente evo-cativi; quante cose vi vengono in mente, richia-mate da questi aromi dolci, tropicali, piccanti o alcolici (se state mangiando una pralina)...E adesso potete dedicarvi alla vera esplosione di

gusto, lasciando sciogliere il cioccolato in bocca e impastandovi le papille della trappola vischiosa del cacao (mentre le vostre endorfine risalgono a livelli accettabili).Fatto? bene, non è finita. Adesso leccatevi pure le dita: di nascosto se siete un po' inibiti, in modo plateale se vi sentite particolarmente sexi!Questa prima parte (piacevole!) attiene alla ri-cerca dell'appagamento; ma ora viene la parte dove si giocano le dimensioni dell'autostima e del senso della vita (eh sì, vi tocca anche questa!).Il cioccolatino che avete mangiato ha una storia che può essere bella e corretta per tutti quelli che ne fanno parte o, al contrario, triste e profonda-mente ingiusta. Se volete continuare (o comin-ciare) a volervi bene, dovete iniziare a chiedervi da dove viene e che cosa comporta, in termini di gioia o sofferenza, il cibo che mangiate. Il cioc-colatino, così come tutto ciò di cui ci nutriamo, merita di essere scelto con cura e assaporato ma merita anche, almeno ogni tanto, una riflessione sul percorso che l'ha portato fino a noi e che gli permette di appagare i nostri sensi.Esiste un'espressione che definisce questo atteg-giamento, ed è "onnivoro virtuoso": ovvero man-gio di tutto e godo di ciò che mangio, ma scelgo quantità e qualità che abbiano il minor impatto possibile sull'ambiente, il minor sfruttamento dell'uomo, la minore sofferenza dell'animale, la minore omologazione di gusto e produzione. Così il cibo da bisogno primario (che dovrebbe essere garantito a tutti) sale su fino al vertice della no-stra personale piramide maslowiana, contribuen-do al raggiungimento del non facile obiettivo del sentirsi soddisfatti di sé.In fondo chi di noi non vorrebbe pensarsi "Buono, Pulito e Giusto”?

Monica Magnani(Counselor e Pedagogista Clinico)

(illu

stra

zion

e di

Ser

ena

De G

ier)

1. Fatevi (un) piacere! Prendetevi il tempo per gustare e ascoltate le vostre sensazioni: questo è il miglior modo per mangiar bene!

2. Portate in tavola le stagioni! Ad ogni sta-gione ritrovate il piacere dei sapori che non assaporate da un anno.

3. Pensate globale, mangiate locale! Scegliete i prodotti degli agricoltori e degli allevatori vicini a casa vostra: così renderete più forte l’economia locale e contribuirete a rafforza-re i legami tra gli abitanti del vostro territo-rio.

4. Mangiate qualcosa coltivato da voi… E col-tivate qualcosa che voi mangiate. Questo è il miglior modo per mettervi in contatto con la natura.

5. Incontrate di persona agricoltori, alleva-tori, artigiani e commercianti specializzati. Comprate prodotti a filiera corta (mercati dei contadini, gruppi d’acquisto) o presso artigiani (panettieri, salumieri, formaggiai) o presso commercianti specializzati e compe-tenti.

6. Siate curiosi! Al negozio, al ristorante, al bar, al supermercato, fate domande sulla qualità dei prodotti!

7. Scegliete con particolare cura gli alimen-ti di origine animale. Quando mangiate la carne, scegliete sempre quella che proviene da allevamenti al pascolo o da allevamenti semi-estensivi.

8. Variate la vostra alimentazione per difen-dere la biodiversità agricola. Provate varie-tà rare e insolite di patate, cereali, frutta e verdura.

9. Mangiate prodotti integrali e al naturale, scegliete prodotti non trasformati. I pro-dotti già trasformati, pronti da mangiare, contengono molti alimenti modificati e grassi di bassa qualità nutritiva.

10. Cucinate! È il miglior modo per risparmiare e per sapere esattamente cosa mangiate, è un piacere quotidiano che fate a voi stessi e a coloro che amate.

11. Spendete meglio, spendete meno! Mangia-re meglio non vuol dire per forza spendere di più, non risparmiate sulla qualità!

12. Diventate esploratori del gusto! Educate i bambini e i vostri amici e conoscenti al vero piacere di mangiare.

SLOW FOOD FRANCE

12 gesti per mangiare slow

INTERNAZIONALE

Page 17: PENSIERI LENTI '09

17

Ricordo perfettamente la mia prima volta con i Chambao. Ero nel negozio della FNAC in Plaza de Catalunya, a Barcelona, in atte-sa di partire e alla ricerca di qualche “nuova musica” da portare a casa. Tra i Cd che erano proposti con cuffie per l’ascolto, c’era Poki-

to a Poko (2005). Fu una folgorazione. Non che io sia un esperto musicale, tutt’al-

tro. Mi piace la musica, senza pregiudizi, ed era un po’

che non assaggiavo acqua così fresca e nuova. Un paio d’anni più tardi, in un altro viaggio spagno-lo, mi portai a casa tutta la discografia. Soldi ben

spesi, davvero. È ancora oggi tra la musica che ascolto più di frequente, nonostante conosca i loro pezzi pra-

ticamente a memoria. L’anno scorso li ho visti dal vivo a teatro a Modena, una se-

rata indimenticabile, grazie soprattutto alla leader e anima del gruppo, Lamari, e a quello che sa trasmettere sul palco.Ma cos’anno di speciale i Chambao? Dif-ficile da dire in due parole, come difficile è rendere le emozioni, soprattutto quelle musicali. Mi servirò di un’immagine, anco-ra una volta spagnola, o meglio andalusa, la loro terra d’origine. Ero sul belvedere che guarda sull’Alhambra di Granada, di notte. Visione di per sé suggestiva. Qualche metro più in là due balordi con una chitarra into-narono un canto, un lamento, uno scarno flamenco. Un canto dell’anima afferrato per caso, di quelli che commuovono. Ecco, i Chambao mi danno la stessa emozione, anche se il loro moderno flamenco, che qualcuno ha ribattezzato Flamenco Chill (come il loro primo CD del 2002), è più complesso ed anche, almeno all’inizio, in parte elettronico.E l’emozione è emozione, al di là della lingua spagnola, che tra l’altro trovo incredibilmen-te musicale. La vocalità de Lamari poi, è dav-vero unica, tant’è che i più famosi cantanti spagnoli e latino americani hanno cercato di duettare con lei. Certo non stiamo parlando di sconosciuti. Forse in Italia, ma un disco di platino e tournée in tutto il mondo li hanno resi il gruppo spagnolo più famoso.Dai testi dei Chambao e da tutto il loro modo d’essere esce un’idea del mondo soli-dale, multietnica e ambientalista, molto vi-cina alla nostra filosofia, tanto che, come un novello Don Chisciotte, mi ero intestardito di portarli a cantare a Terra Madre, lo scor-so anno. Ma i mulini a vento l’hanno avu-ta di vinta. Magari se ne riparla nel 2010… (www.chambao.es) M.M.

>> musicaslow

Alla fiera dell'est, per due soldi, potete comprare la voce del padrone. E il mio canto libero, si dirà? Sul ponte sventola

bandiera bianca...In realtà la questione non è tanto quella di arrendersi allo strapotere dell'indu-stria musicale, ma piuttosto rendersi conto che il download più o meno legale e la conseguente crisi del disco (che non è tanto crisi del supporto, quanto crisi dell’album inteso come opera organica) obbliga loro malgrado i mu-sicisti a ripensare il loro ruolo nel mercato dell’offerta musicale in un'ottica più diretta e artigianale, nel vero senso di produrre per il consuma-tore, senza più intermediari.La realizzazione di un disco, pur con l’aiuto tec-nologico, rimane tuttora un processo in gran parte artigianale, dalla composizione fino alla masterizzazione, passando per tutte quelle fasi che portano all’opera finita. Di veramen-te industriale nella produzione di musica anche volutamente commerciale c’è ben poco, se non la ricerca costante di realizzare facilmente pro-dotti di successo, come fossero merendine, che tra l’altro frequentemente riesce, ma col risvol-to frustrante (per i discografici) di non riuscire mai a capire perchè capita una volta e poi più: la ricetta del tormentone garantito non è mai stata scoperta.Nell’era pre-digitale la pubblicazione di un disco era per un musicista una tappa chiave della car-riera: il contratto discografico garantiva quella visibilità necessaria per farsi conoscere dal pub-blico, in quanto l’investimento, una volta deciso (con alti costi per studi di registrazione, tecnici specializzati, e poi stampaggio e confezione del disco) rendeva "obbligatoria" la distribuzione e promozione del prodotto.Oggi per fare un disco serve molto in quanto a tecnologia ma relativamente poco per quello che riguarda la spesa: ogni musicista, anche un sem-plice appassionato, può prodursi (letteralmente) in casa il suo cd; così capita sempre più spesso che le case discografiche acquisiscano opere già bell’è fatte, magari anche testate e rese famose, nel loro piccolo, fra gli addetti dal passaparola del web (storico al proposito il caso del primo disco dei Clap Your Hands Say Yeah).Questa sorta di attendismo da parte dell’indu-stria discografica ha due conseguenze proble-matiche, una per il pubblico e una per i musicisti. Per il primo il problema è quello di riuscire ad orientarsi nel mare magnum dell’iper-offerta

musicale, nella sovrabbondanza di proposte che anche volendo procurarsi obbliga sovente a ri-cerche dispendiose e disperate. Per i secondi la latitanza degli "esperti" ha modificato la forma stessa della carriera: un tempo, sotto la guida di manager e produttori, quella che si realizzava era la classica parabola artistica (debutto, crescita, maturità, involuzione/declino). Con i musicisti lasciati liberi di autogestirsi artisticamente, ha preso piede un’approccio meno rigido al mestie-re, non più concepito come una strada maestra da seguire senza tante digressioni, ma come un percorso tortuoso e imprevedibile: ecco che na-scono, per i gruppi, side-project (progetti paral-leli) e collaborazioni estemporanee; e per tutti, venendo a mancare la necessità di un’identità forte, la possibilità di giocare con sigle e nomi (vedi Bon Iver alias Justin Vernon, Le Luci Della Centrale Elettrica ovvero Vasco Brondi).Orientarsi nella musica di oggi è diventato molto faticoso e difficile, ma questa novità come spes-so succede può rivelarsi anche un’avventura en-tusiasmante: la professione di musicista, rivol-gendosi a fruitori sempre più motivati, diventa (ritorna) lavoro quotidiano e creazione finalizza-ta al pubblico concreto, quello che va ai concerti e compra direttamente dall’artista i suoi dischi. Un’occasione per fare della musica un soggetto in sintonia con l’idea di buono, pulito e giusto: ciò che serve è, come sempre, passione per il proprio lavoro e rispetto per il consumatore.Il mercato musicale proporrà sempre musica di facile consumo, ma questi due mondi, quello dello star-system e quello della musica suonata e vissuta, si stanno allontanando sempre di più: sarà comunque possibile passare dall’uno all’al-tro, ma sarà sempre più difficile tenerli insieme.

Giuliano Lusetti(Musicofilo)

La musica avanza,ma ci posso fare il sugo

CHAMBAO

Nuevos sonidos de España

INTERNAZIONALE

Page 18: PENSIERI LENTI '09

PENSIERILENTI‘0918

A a piedi o in bicicletta, a dorso d’asino o coi mezzi di trasporto più scalcagnati, impro-babili e imprevisti. Con ogni mezzo ma con

un solo criterio: rallentare, scalare una marcia, anche due. Arrivare a fermarsi, per continuare a muoversi solo col pensiero, le idee. Pigiare il tasto OFF, resettarsi almeno per alcuni giorni; per certe persone per tutta la vita.Questa è la filosofia slow, che ha creato in pochi anni un turismo slow e una letteratura di viaggio slow sterminata: elogi alla bicicletta, elogi agli asini, festival del camminare, festival della len-tezza, giornate della lentezza.In occasione di Regustibus (quartiere fieristico di Scandiano, 14-15 Novembre) avremo occa-sione di parlare con alcuni dei più interessanti rappresentanti di questo “universo”. Incontreremo Bruno Contigiani, ideatore nel 2007 della “Giornata mondiale della lentezza” e autore di “Vivere con lentezza” (2008, Editore Orme) e di “Chi va piano”(2009, Rizzoli). Vi con-sigliamo di visitare il suo sito: www.viverecon-lentezza.it . La migliore presentazione a questi due libri sono i “comandalenti” (li potete anche scaricare dal sito), eccone un assaggio:- svegliarsi 5 minuti prima del solito per farsi la barba, truccarsi o far colazione senza fretta e con un pizzico di allegria;- se siamo in coda nel traffico o alla cassa di un supermercato, evitiamo di arrabbiarci e usiamo

questo tempo per programmare mentalmente la serata o per scambiare due chiacchiere con il vicino di carrello;- se entrate in un bar per un caffè:ricordatevi di salutare il barista, gustarvi il caffè e risalutare barista e cassiera al momento dell’uscita(questa regola vale per tutti i negozi,in ufficio e anche in ascensore);- quando è possibile, evitiamo di fare due cose contemporaneamente come telefonare e scri-vere al computer...se no si rischia di diventare scortesi, imprecisi e approssimativi;- smettiamo di continuare a ripetere:”non ho tempo”. Il continuare a farlo non ci farà certo sembrare più importanti. - è scientificamente provato che l’acqua non bolle prima se continuiamo a osservarla.Di “In viaggio con l’asino” (Guanda, 2009),

A piedi, in bicicletta o a dorso d’asino: muoversi con lentezza

Paolo RumizL’Italia in seconda classeTraveller Feltrinelli, 2009

Il libro di Rumiz è un’ode appassionata alla res publica, all’etica civile di un popolo di “trasmigratori” che la ferrovia incarna, un canto d’amore per il nostro paese che si chia-mava Italia prima di chiamarsi “Berlusconia”, un j’accuse romanzato contro la dismissione del patrimonio pubblico e contro quell’idea di velocità che spara gli utenti il più in fretta possibile da una stazione all’altra, impeden-dogli di viaggiare e imponendogli di “essere viaggiati”. Venti giorni a cavallo dei treni lungo le linee storiche che hanno unito l’Ita-lia, quelle inventate da Cavour e ammazzate dagli amministratori e dalla TAV. Un viaggio di una lentezza saggia, in ascolto, che non conosce l’idea di ritardo, che è invenzione recente e figlia dei tagli al personale ma-scherati da modernizzazione.Virgilio scorbutico della discesa all’inferno è il misterioso 740 (dal nome della Prima Locomotiva italiana, dea madre di tutte le successive), figlio di ferrovieri, iniziato alla tribù dei musi neri, che, come le migliori guide, aiuterà Rumiz a perdersi nei 7.480 chilometri di ferrovia italiana, la stessa lun-ghezza della transiberiana (anche se con le ferrovie italiane ci vorrà un po’ più tempo). Il tutto inframezzato dal parallelo racconto onirico-poliziesco disegnato dalla matita di Altan. Centoquarantuno pagine scivolando lungo la spina dorsale di quel paese che “Dio ho costruito per regalare al mondo il lusso della lentezza”.

Camilla Iori

la RECENSIONE

>> lettureslow

Smettiamo di continuare a ripetere: ”non ho tempo”. Il continuare a farlo non ci farà certo sembrare più importanti.

«La calma nell’azione. Come una cascata diventa nella caduta più lenta e sospesa, così il grande uomo d’azio-ne suole agire con più calma di quanto il suo impetuoso desiderio facesse prevedere prima dell’azione.»

(Fredrich Nietzsche, Umano, troppo umano, I)

Page 19: PENSIERI LENTI '09

19

Oltre 2.000 comunità del cibo

>> appuntamenti

Slow Food festeggerà in tutto il mondo Terra Madre Day, che si terrà per la pri-ma volta il 10 dicembre di quest’anno, a

vent’anni esatti dalla firma del Manifesto che a Parigi sancì la nascita dell’associazione inter-nazionale.Punto centrale di questa giornata saranno il tema del “mangiare locale” e - in particolare - l’affermazione di alcuni principi fondamentali che sono stati definiti come i “sette fondamen-ti della saggezza alimentare”: accesso al cibo buono pulito e giusto, biodiversità agricola e ali-mentare, produzione alimentare di piccola scala, sovranità alimentare, conoscenza delle lingue, delle culture e dei saperi ecologici tradizionali, produzione alimentare responsabile verso l’am-biente, commercio equo e sostenibile.Terra Madre Day sarà una vera festa “glocale” che si svolgerà in contemporanea in tutto il mondo: tutti coloro che condividono la filosofia

Slow Food, a partire dai convivia Slow Food, le comunità di Terra Madre, i Presìdi, i cuochi, gli accademici, i giovani, i produttori dell’Arca del Gusto, gli orti scolastici, sono invitati a organiz-zare un evento locale.Ma in definitiva, cosa succederà il 10 dicembre? A dire il vero il bello di questa festa è che non è organizzata, gestita, programmata “dall’alto”, per cui in ogni luogo, paese, comunità, ci saran-no eventi locali strettamente legati al territorio: cene, aperitivi o semplici spuntini, film e con-certi, visite ai produttori e campagne di sensi-bilizzazione, attività di educazione alimentare e incontri fra produttori e cuochi... Tutti i gruppi d’iniziativa sono insomma chiamati a inventare i propri eventi e naturalmente anche a Reggio Emilia faremo la nostra parte: i lavori di prepa-razione sono ancora in corso e renderemo noto il programma non appena sarà definito (tenete d’occhio il nostro sito internet).Più in generale, l’elenco completo delle inizative che si terrano in tutto il mondo - in continuo aggiornamento - è consultabile in un’apposita sezione del sito www.slowfood.it.

Terra Madre Day, un grande evento “glocale”

parleremo con Claudio Visentin, coautore in-sieme ad Andrea Bocconi di questo libro che racconta l’epopea di due adulti, due bambini e due asini lungo gli antichi sentieri d’Abruzzo. Come impiegare una settimana a bassissima velocità, con soste, deviazioni, imprevisti a percorrere un tratto che in autostrada avreb-be richiesto trenta minuti a dir tanto! Nel libro in tono ironico, sempre giocando tra il gusto della citazione letteraria e le nozioni tecniche fondamentali di “asineria”, si coglie lo spirito del viaggiare e dell’esplorare il mondo, par-tendo dal conoscere e comprendere le pro-prie relazioni culturali e sociali .Visentin cita Diderot: “avrò fatto il più bel viaggio quando sarò tornato”, ma ha fondato la “Scuola di viaggio”, qualcosa forse vorrà dire, o no?!Non ne parleremo a Scandiano, ma bene s’im-pastano con giornate della lentezza e asinerie deambulanti. Sono due libri che parlano di bi-ciclette, pubblicati nella collana Incipit della Bollati Boringhieri Editore. “Elogio della bici-cletta” è stato scritto nell’ormai lontano 1973 dal filosofo e storico Ivan Illich, ai tempi delle prime avvisaglie di crisi energetiche che da allora non ci hanno più abbandonato. Mettere in discussione l’equazione: più velocità = più libertà ed il suo corollario: auto individuale = via dalla pazza folla, è un tema di stringente e non rinviabile attualità; leggerlo in un saggio di 36 anni fa è in un qualche modo impressio-nante. Altrettanto accattivante e godibile è il saggio dell’antropologo della surmodernità e dei nonluoghi Marc Augè “Il bello della bi-cicletta”: qui si parla di Parigi e del tentativo in parte riuscito di rendere questa metropoli “anche” a misura di pedone e di ciclista.Non sappiamo quanto la bicicletta possa cambiare la vita e il ciclismo diventare una forma di umanesimo, parafrasando lo scrit-tore. Di certo non possiamo che parlare bene (una volta tanto!) non di libri, ma degli incen-tivi per l’acquisto di biciclette stanziati dal Ministero dell’Ambiente: l’agevolazione è pari al 30% del costo fino a un massimo di 200 Euro (450 Euro per per le biciclette a pedalata assistita); tutte le informazioni sono reperi-bili sul sito internet www.incentivibiciclette.minambiente.it.In attesa che il giorno della lentezza entri nel calendario delle festività nazionali, in attesa di finanziamenti per la rottamazione delle auto e la loro sostituzione con più o meno recalcitranti asini, questi incentivi pro-due ruote sono comunque “una buona, pulita e giusta” bella notizia.

Pierluigi Tedeschi

>> lettureslow

La rete di Terra Madre è nata nel 2004 per dare voce ad agricoltori, allevatori, pescatori e pro-duttori artigianali, farli incontrare con cuochi, accademici e consumatori, discutere su come migliorare il sistema produttivo alimentare e rafforzare le economie locali. Oggi Terra Madre comprende oltre duemila comunità del cibo: custodi della biodiversità, della qualità, della tradizione e della conoscenza che mettono in rete i propri saperi per condividerli e realizzare insieme un sistema produttivo ed economico virtuoso e sostenibile (www.terramadre.info).

Page 20: PENSIERI LENTI '09

PENSIERILENTI‘0920 >> appuntamenti

Anche quest’anno saremo presente a Re-gustibus (Centro Fiere di Scandiano, 14 e 15 novembre) con uno stand interamente

gestito dalla nostra Condotta.Oltre al consueto spazio dedicato ai libri di Slow Food Editore, riproporremo il Caffè Slow, dove si potrà assaporare l’ottimo caffè del presidio di Huehuetenango (Guatemala) torrefatto da Lady Cafè: un espresso preparato “come si deve” con la mitica Faema E61. Avremo poi una selezione di gelati artigianali preparati appositamente per quest’occasione dalla gelateria West Pacifico, realizzati con i prodotti del nostro territorio e dei Presidi Slow Food. Qui potrete venire per se-dervi e chicacchierare con noi, per conoscersi, o anche solo per gustare un buon caffè in pace.

Educazione, buon ciboe buoni libri a Regustibus Debutta il Laboratorio Itinerante di Educazione al Gusto

Laboratori letterari e gastronomici

Sabato 14 Novembre - ore 18.00 Dallo Slow Food allo Slow Foot (con l’asino)Incontro con Claudio Visentin ideatore della Scuola del viaggio, autore (insieme ad Andrea Bocconi) del libro In viaggio con l’asino (Guanda)

A seguire: formaggi “lontani” - Laboratorio del Gusto

Domenica 15 Novembre - ore 17.30 Vivere con lentezza (l’acqua non bolle prima se continuiamo a osservarla)Incontro con Bruno Contigianiideatore della Giornata mondiale della lentezza autore di Vivere con lentezza (Orme Editore) e Chi va piano (Rizzoli)

A seguire: formaggi “lenti” - Laboratorio del Gusto

Sabato 14 e Domenica 15 Novembre 2009

Centro Fiere di Scandiano (RE)Spazio Slow Food (all’interno di Regustibus)

COMUNE DISCANDIANOP

RO

XIM

A COE

LO

INFIDELIS

N

UNQUAM

Non mancheranno ovviamente i Laboratori del Gusto, ma questa volta abbiamo voluto fare di più. All’interno di “Letti&Mangiati - Laborato-ri letterali e gastronomici” incontreremo Bruno Contigiani e Claudio Visentin, con cui parleremo dei loro libri e delle loro esperienze, spaziando dalla scrittura ai viaggi, dal cibo agli stili di vita. Al termine di ogni incontro si svolgerà un Labo-ratorio del Gusto, in cui andremo alla scoperta di formaggi “lenti” e di formaggi che vengono da lontano: tutto all’insegna della lentezza, per un fine settimana davvero slow (qui a lato il programma dell’iniziativa). Proporremo inol-tre un laboratorio, con data e orario ancora da definire, nel quale andremo alla scoperta delle tradizioni gastronomiche europee gemellate con il nostro territorio, presenti con i propri prodotti all’interno della manifestazione. La partecipa-zione ai laboratori è gratuita.Sempre all’interno del nostro stand, allestiremo uno spazio dedicato all’educazione al gusto: un’Aula Didattica dedicata non solo ai più pic-coli e alle famiglie, ma a tutti coloro che desi-derano capire il funzionameto dei nostri sensi; un’anteprima del Laboratorio di Educazione al Gusto Itinerante (di cui potete leggere a pagina 10), percorso didattico in più tappe in cui sarete guidati, attraverso una serie di prove e assaggi, alla scoperta dei meccanismi che stanno alla base delle nostre capacità sensoriali e, in defini-tiva, del nostro “saper leggere” il cibo.Ci sarà infine un’interessante mostra - realiz-zata dagli studenti dell’Istituto Tecnico Agrario “Antonio Zanelli” di Reggio Emilia - dal titolo “La biodiversità nell’agricoltura reggiana”, dedica-ta alle varietà storiche del nostro territorio, in cui potrete conoscere ( o ri-conoscere) le culti-var tradizionali reggiane che rischiano la scom-parsa e che alcuni meritevoli coltivatori stanno salvaguardando e rimettendo in circolazione.All’interno della manifestazione, organizzata dal Comune di Scandiano, troverete poi numerosi stand gastronomici con prodotti del nostro terri-torio e tipicità da tutt’Italia, lo Spazio Europa con i prodotti dei paesi stranieri ospiti del Comitato Gemellaggi e l’area dedicata alla Strada dei vini e dei sapori delle colline di Scandiano e Canos-sa (per informazioni sulla manifestazione: ufficio fiere del Comune di Scandiano, [email protected] - tel. 0522.764302).

Scandiano(Reggio Emilia) Centro fieristico

14/15 Novembre 2009