pastiche n° 50 dicembre 2015

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CI SIAMO AMICI E AMICHE DI PASTICHE. SIAMO ARRIVATI AL NUMERO 50. CAZZO IL NUMERO 50, E CHI SE L’ASPETTAVA QUANDO NEL 2011 ABBIAMO INIZIATO QUESTA AVVENTURA. QUALE TRAGUARDO MIGLIORE PER UNA RIVISTA UNDERGROUND CHE IN QUESTI ANNI HA DECISO DI PORTARE AVANTI UNA DIFFICILISIMA MISSIONE COME QUELLA DI DARE SPAZIO A CHI DELL’ARTE NE HA FATTO UNA RAGIONE DI VITA. DI QUESTO CERTO VI SIAMO GRATI, SIAMO GRATI A TUTTI GLI ARTISTI E SCRITTORI CHE HANNO COLLABORATO CON NOI DANDOCI LA FORZA PER CONTINUARE, ANCHE NEI MOMENTI PIÙ DIFFICILI. VI AMIAMO PER QUESTO. E AMIAMO LA VOSTRA POESIA DELLA VITA, QUELLA CHE AVETE ESPRESSO ATTRAVERSO LE PAROLE O I TRATTI DELLE VOSTRE MATITE, ATTRAVERSO LE VOSTRE FOTOGRAFIE E I VOSTRI PENSIERI. PENSIERI CHE RIMARRANNO SEMPRE CON NOI, MA NON SOLO! PENSIERI CHE RIMARRANNO NELLA STORIA DELLA LETTERATURA INDIPENDENTE. PASTICHE VI RINGRAZIA DI CUORE, GRAZIE A TUTTI PER IL VOSTRO SUPPORTO.

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COPERTINA A CURA DI:MAURIZIO CECCATO, CECI N’EST PAS PARISpastiche

editorialeeditoriale

#50#50

PENSATA E REDATTA DA:PAOLO BATTISTA

IMPAGINAZIONE DI:ALESSANDRO VALENTINO

COLLABORATORICHIARA FORNESI

PER RICEVERE IN ABBONAMENTOPASTICHE (COSTO 15 EURO)SCRIVETICI A:pasticherivista @gmail.comPER INVIARE IL VOSTRO MATERIALEE PER AVERE INFO SULLE COLLABORAZIONISCRIVETE A:pasticherivista @gmail.com

FACEBOOK:WWW.FACEBOOK.COM/PASTICHERIVISTA

ISSUU:HTTP://ISSUU.COM/PASTICHERIVISTA

DICEMBRE 2015

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CI SIAMO AMICI E AMICHE DI PASTICHE. SIAMO ARRIVATI AL NUMERO 50. CAZZO IL NUMERO 50, E CHI SE L’ASPET-TAVA QUANDO NEL 2011 ABBIAMO INIZIATO QUESTA AVVENTURA.QUALE TRAGUARDO MIGLIORE PER UNA RIVISTA UNDER-GROUND CHE IN QUESTI ANNI HA DECISO DI PORTARE AVANTI UNA DIFFICILISIMA MISSIONE COME QUELLA DI DARE SPAZIO A CHI DELL’ARTE NE HA FATTO UNA RAGIONE DI VITA. DI QUESTO CERTO VI SIAMO GRATI, SIAMO GRATI A TUTTI GLI ARTISTI E SCRITTORI CHE HANNO COLLABORATO CON NOI DANDOCI LA FORZA PER CONTINUARE, ANCHE NEI MOMENTI PIÙ DIFFICILI.VI AMIAMO PER QUESTO. E AMIAMO LA VOSTRA POESIA DELLA VITA, QUELLA CHE AVETE ESPRESSO ATTRAVERSO LE PAROLE O I TRATTI DELLE VOSTRE MATITE, ATTRAVERSO LE VOSTRE FOTOGRAFIE E I VOSTRI PENSIERI.PENSIERI CHE RIMARRANNO SEMPRE CON NOI, MA NON SOLO! PENSIERI CHE RIMARRANNO NELLA STORIA DELLA LETTERATURA INDIPENDENTE. PASTICHE VI RINGRAZIA DI CUORE, GRAZIE A TUTTI PER IL VOSTRO SUPPORTO.

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PERDERE TUTTO

PAOLO BATTISTA

Maddy era una donna adulta e ben messa, cor-diale come un’inglese, anche se quando beveva perdeva la testa e iniziava a gridare contro Ricky, suo marito da ventanni, un tipo solitario e beone, che beveva almeno quanto lei. Il fatto però era che ormai Maddy beveva da far schifo, e mentre suo marito la maggior parte delle volte riusciva a controllarsi, lei finiva sempre coll’eccedere e fare qualcosa di cui il giorno dopo di sicuro si sareb-be pentita ( se fosse stata sobria ). E si, il vizio più grande di Maddy era bere, e quando vedeva un buon bicchiere di vino rosso non sapeva resistergli, la tentazione era troppa ma il più delle volte fini-va a scolarsi tutta una bottiglia senza pensare alle conseguenze. Era alta Maddy, ancora una bella donna anche se aveva appena compiuto qua-rantatrè anni, con una chioma leonina di capelli mogano e un sorriso controllato sotto le labbra di-pinte. Spesso metteva su una quantità sproposita-ta di rossetto color ciliegia e allora Ricky le diceva: “ non ti sembra di esagerare! “ “ No “ rispondeva Maddy fissandolo con quei suoi occhi sempre annacquati ma brillanti come due pietre preziose. La faccia era tronfia e sconsolata e quando beveva le guance si coloravano di un rosso cremisi che le dava parecchia vitalità.Maddy faceva la commessa in un negozio d’ab-bigliamento di terz’ordine, spesso andava a bere con le amiche, in particolare Lina, anche lei com-messa o Dorothy, addetta al trucco e parrucco per attorucoli da strapazzo.

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Dorothy c’aveva sempre un sacco di pettegolezzi interessanti, aneddoti pic-canti sul mondo della televisione e del-la moda, una famiglia disastrata alle spalle e ben due matrimoni falliti. Lina invece era sposata con un macellaio di Trastevere, certo Enrico Tomasini del-le macellerie Tomasini, e non se la pas-sava tanto male. Spesso invitava le sue amiche a mangiare carne e bere vino, senza uomini chiaramente, le piaceva il poker e spendeva la maggior parte dei suoi soldi in creme per il corpo. Sia Lina che Dorothy erano più giovani di Maddy e questo a Maddy provocava un po’ d’invidia. Ma in fondo voleva bene ad entrambe, ma se avesse dovuto sceglie-re quale amica buttare giù dal ponte di sicuro avrebbe scelto di gettare giù Do-rothy. Il fatto era che ogni volta che be-veva iniziava a gridare verso Ricky cose del tipo: “ sono stanca di te, sei una nulli-tà, sei senza palle “ ed altre belle frasette represse sotto ventanni ininterrotti d’abi-tudine. Ricky sopportava tutto in silenzio, in fondo amava Maddy, l’amava come la prima volta che l’aveva conosciuta, allo sportello della banca dove lui pre-stava servizio, “ signorina le serve aiuto? “ le aveva chiesto vedendola imbaraz-zata aggirarsi vicino agli sportelli. Ed ap-pena aveva alzato gli occhi lui se n’era innamorato, colpo di fulmine, amore a prima vista, e dal quel giorno non si era-no più separati. Ricky portava ancora lo stesso taglio di ventanni prima: capelli neri rigorosamente pettinati con cura, la barba sempre apposto e due occhi grigi come lo schermo spento di una te-levisione. Certo qualche ruga in più, ma nel complesso non era invecchiato da far schifo. Anche a Ricky piaceva bere vino, ma non disdegnava alcolici pe-santi o birra. Il suo più caro amico era morto due anni prima schiacciato da un albero durante un temporale e da quel giorno Ricky, quando pioveva, non metteva piede fuori di casa, fiondandosi sul divano a bere vino e guardare tele-vendite di quadri. Maddy lo prendeva in

giro per questo, chiaramente da ubria-ca, dicendogli che era un codardo e un fottuto ubriacone. Erano mesi che non scopavano e Maddy se ne lamentava continuamente con le sue amiche che invece ci davano sotto e se la spassa-vano alla grande. In realtà la colpa di tutta questa indifferenza sessuale non era di Ricky che avrebbe voluto fare il suo dovere di uomo, ma di Maddy che ormai era talmente assuefatta al corpo del marito da non provare neanche più una briciola d’interesse. E giù a lamentarsi con le amiche che do-veva fare qualcosa, che stava per scop-piare, che doveva trovarsi un amante; ma Lina, da buon’amica di bevute qual era, le rispondeva che doveva smetter-la con queste stronzate e scoparsi suo marito, che tra l’altro non era neanche tanto male. Non era alto Ricky, si trova-va nella media, ma fuori dalla media era il suo grosso pene, e le sue gambe muscolose. Al contrario le braccia erano flaccide e le mani tozze. Aveva il brutto vizio di mangiarsi le unghie, riduceva le sua mani all’osso ma come diceva anche Lina non c’era da lamentarsi, “ in giro amica mia c’è di peggio, e almeno tu un uomo ce l’hai, un uomo fisso dico, sempre con te, cosa vuoi di più dalla vita! “ “ Forse hai ragione “ le rispondeva Mad-dy in un momento di lucidità ma appe-na tracannava un altro bicchiere di vino ricominciava con la storia dell’insoddi-sfazione sessuale. Poi una sera, durante la solita sbevazza-ta a casa di Lina, Maddy fece di tutto per accaparrarsi le attenzioni di Enrico che tra l’altro non fece niente per mo-strarsi disinteressato. In fondo Maddy aveva ancora un bel portamento, e due tette sode come uova ed Enrico non era nuovo a stronzate del genere, ci aveva provato anche con Dorothy che presa dai sensi di colpa l’aveva lasciato in mutande a gelare nella sua auto.

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Maddy però l’aveva sempre attiz-zato, già una volta c’era mancato poco, in ascensore, ma quando la porta s’era aperta lei aveva finto un malore e scappata via per non farsi beccare da nessuno. Da quel giorno quando i loro sguardi s’incrociavano facevano finta di niente, ma dentro di sicuro pensavano il contrario. Era un uomo carnale Enrico Tomasini, ed aveva due braccia grosse come tron-chi. La testa era simile ad una scatola quadrata, le ciglia folte e brizzolate, gli occhi affossati ma rossi come il san-gue sul suo camice da lavoro; era un uomo forte, tutto d’un pezzo, un uomo che dava sicurezza solo a guardarlo. Non come suo marito, pensava Mad-dy, che era precisamente l’opposto. La cosa peggiore però era guardare in faccia Lina senza farsi sfuggire i suoi pensieri erotici sul macellaio. Non era una cosa facile, Lina la conosceva come le sue tasche e capiva subito quando qualcosa non andava. Fatto sta che dopo quella sera ce ne furono altre, e ogni volta che Maddy anda-va a casa di Lina sperava d’incontra-re Enrico e flirtare con lui. Certo era stanca di parlare e flirtare, quello che voleva era altro, ma pazientava e at-tendeva il momento giusto per darsi a lui completamente. Magari in qual-che squallida camera d’albergo della stazione o magari nel cesso della sua macelleria ad orario di chiusura. Alla fine il momento giusto non si fece at-tendere troppo, e i due amanti ave-vano iniziato a vedersi di nascosto in un garage che la ditta Tomasini usava per le faccende di lavoro. Lui aveva portato un materasso e qualche co-perta, delle candele e uno scudiscio di latex che usava sempre più spesso; e ogni volta Maddy ne chiedeva sem-pre di più, ed Enrico iniziava a colpirla sulle chiappe tonde, bevendo vino e

gemendo come il marchese de Sade, fottendola con foga appena Maddy gridava: “ ADESSO…FOTTIMI…FOTTI-MI…” Una volta a casa Maddy prendeva l’ennesima bottiglia di vino e se ne versava un bicchiere, ed appena suo marito Ricky le chiedeva dov’era sta-ta, lei farfugliava una serie di bugie che non svelavano nulla. “ Ti scopi qualcun altro? “ chiedeva Ricky scolandosi il suo bicchiere di vino, “ cazzo, dimmi chi è? “ “ Fottiti “ le rispondeva Maddy e cam-biava canale fregandosene altamen-te di quello che stava vedendo il suo uomo. Se mai si poteva ancora chia-mare così!“ Sei una puttana, perché mi fai que-sto “ piagnucolava Ricky stringendo i denti per la rabbia. Di solito Ricky non perdeva la calma tanto facilmente, ma negli ultimi tempi le cose erano peggiorate alla grande e lui era stan-co di subire le stronzate della moglie. “ Sei una gran puttana “ ripetè sco-landosi l’ennesimo bicchiere di vino. “ Fottiti bastardo “ strillò Maddy che invece avrebbe voluto gridargli su quella faccia rosata tutta la verità. “ Sei una gran puttana “ confermò Ricky guardandola negli occhi chè ormai aveva capito tutto. “ Puttana “ sussurrò sbattendo la por-ta e uscendo in strada sentì di stare meglio. Maddy rimase seduta sul di-vano a scolarsi la mezza bottiglia di Merlot che Ricky aveva stappato, “ fottuto bastardo “ sussurrò, “ ti odio “ e poggiando la testa chiuse gli occhi pensando: stai attenta Maddy, sta attenta a quello che fai se non vuoi perdere tutto!

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SCARACCHI

Ci sono periodi nelle nostre vite e sono vite essi stessi, vite autonome, a sé stanti, che incollate dal tempo alle altre vissute com-pongono il mosaico della nostra esistenza, creando un disegno assurdo o con qual-che senso, magari il senso lo si trova solo in qualche minuscola tessera del mosaico.Guardando a ritroso nella mia esistenza una tessera il cui senso mi sfugge è il perio-do degli scaracchi.Con gli amici avevamo circa 13 anni, ve-stivamo con giubbotti in pelle, jeans, stiva-letti, coltello a scatto e sigarette; vivevamo gran parte delle nostre giornate sul muretto di recinzione di un fornaio, lungo la strada principale del paese, era un muretto alto circa un metro e largo mezzo metro con dei buchi in cui dovevano metterci dei pali per attaccarci poi la rete di recinzione, ma i pali non li misero mai; accanto al muret-to dal lato interno c’era un rubinetto da cui bevevamo quando ci veniva sete o ci mancava la saliva per scaracchiare.Scaracchiavamo in continuazione, soprat-tutto sul muretto, lo riempivamo di scarac-chi dove non sedevamo in modo da impe-dire ad altri di sedersi accanto a noi, quelli che avrebbero voluto anche loro venire a sedersi sul muretto lo trovavano tutto spu-tacchiato e scataratto; era il nostro muret-to e nessuno poteva sedersi lì se non era dei nostri, ogni tanto rinnovavamo gli sca-racchi sul muretto quando si seccavano.Lo scaracchio non è un normale sputo, per essere degno di questo nome deve contenere catarro o perlomeno tentare di contenerlo, c’è l’aspirazione rumorosa del muco bronchiale, il mix in bocca con espressione facciale un po’ nauseata e l’e-spulsione il più lontano possibile; così sputa un vero maschio e così facevamo noi.Ci faceva sentire adulti essere pieni di ca-tarro, quando le nostre mamme ci sentiva-no tossire dicevano: “Sei pieno di catarro come un vecchio, lo so che fumi di nascosto, visto cosa succe-de a fumare da giovani!”.

Andreas Finottis

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Ma a noi quelle parole facevano l’effet-to opposto delle loro intenzioni, ci inci-tavano a continuare, ci lusingavano, di quella condizione ne eravamo contenti e orgogliosi.Oltre a scaracchiare praticavamo altri sport.Facevamo tiro al bersaglio lanciando i coltelli a scatto contro qualche balcone di legno delle case al piano terra, ma ogni tanto saltava fuori il proprietario a lamentarsi o addirittura ci voleva denun-ciareFacevamo salto in basso andando nel-le case in costruzione e gettandoci giù, vinceva chi si gettava da più in alto, poi abbiamo smesso per distorsioni e lesioni varie; per esempio io una volta mi sono buttato con gli stivaletti col tacco giù dal primo piano, non era alto, di solito mi buttavo dal secondo piano se c’era la sabbia sotto, ma quella volta sotto c’e-ra una strada sassosa in discesa, dalla botta mi si sono piegate le gambe, così il ginocchio mi è sbattuto sulla faccia, rompendomi le labbra; inoltre anche lì i proprietari o gli impresari edili venivano a scacciarci, dicevano che se ci ammaz-zavamo andavano loro nei guai.Allora ci inventammo un nuovo sport, che chiamammo: zona scaracchi.Andavamo a casa di uno di noi che abi-tava vicino al fornaio e nel cortile sotto a un albero di fico con dei barattoli di lat-ta vuoti creavamo un breve percorso di gimkana pieno di curve, poi in corrispon-denza delle curve più brusche riempiva-mo la zona di scaracchi, per dei minuti tutti sputavamo in continuazione in quei punti specifici.Finito di sputacchiare la zona si prende-va una carriola grande da muratore di suo padre del mio amico e si tiravano i numeri con le dita, facendo la conta: il primo sorteggiato era il concorrente e il secondo sorteggiato il conduttore della carriola.

Lo sport consisteva che il concorrente si sedeva nella carriola dando le spalle alla ruota e il conduttore doveva andare velocemente nelle curve per farlo cade-re di schiena nella zona scaracchi altri-menti perdeva e il prossimo concorrente era lui.C’era Taddeo che era il più grande e grosso ma il meno agile, perciò perdeva sempre, toccava sempre a lui e tornava a casa tutto sporco, con la schiena del giubbotto in pelle piena di scaracchi; un giorno si stancò e si arrabbio, minac-ciando di non venire più con noi, allora smettemmo.Per cambiare gioco ci mettemmo a gio-care a carte in casa sempre di quell’a-mico, chi perdeva si prendeva un pugno a tutta forza su una mano da tutti gli al-tri, aveva una vecchia tavola in legno e si sentiva un rumore infernale dei pugni sul tavolo ogni volta che uno perdeva; però anche in quel caso perdeva quasi sempre Taddeo e un giorno si arrabbiò, ma anche noi avevamo tutte le mani doloranti per cui gli demmo ragione e cambiammo, ora chi perdeva beveva un bicchiere d’acqua con la pastiglia ef-fervescente, era acqua che faceva suo padre per risparmiare i soldi della mine-rale, riempiva un bottiglione da vino vuo-to con l’acqua dal rubinetto e ci mette-va una pastiglia apposita che la faceva diventare effervescente, però aveva un gusto schifoso, da medicinale.Finì che il solito Taddeo a forza di bic-chieri d’acqua schifosa vomitò sulla ta-vola e sul pavimento.Lasciammo i bicchieri d’acqua e ci met-temmo a giocare a carte con in palio i soldi, ma perdeva sempre Taddeo, che si arrabbiò definitivamente dicendo che ci mettevamo d’accordo per imbrogliar-lo, così abbandonò la banda.Crescendo divenne di destra, evidente-mente si è sfogata così la rabbia repres-sa che aveva accumulato.

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Giacomo Clerici, Coppia Post Nucleare

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HaikuMarco Fioramanti

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Sono la parte/ ignota di specchio/

oltre le spalle.

A cherry blossom/ floating in the air./

Oracle spoke.

La giostra come/ visione del mondo./

Sentirti qui.

Pericoloso/ il disagio delle/

abitudini.

Primigenia/ fonte di richiamo./

Immediatezza.

It's tea time./ Enjoy. It's smoking/

into your cup.

Arco, freccia:/ esercitazione.

Un solo tiro.

Mente vuota:/ cammino della spada./ Indifferenza.

Visionari/ istanti surreali/ di rimpianto.

Il respiro va/ tra le mani unite./ E qui e ora.

Uscire da sé/ per ritrovarsi uno./ Dolce l'abisso.

Col mio corpo/ lascio la traccia/ dell'esistenza.

Il Cielo è/ la tua luce viva/ che t'irradia.

Alberi spogli/ indicano la strada/ sotto il Ponte.

Desiderio./ Prove di alchimia./ Grande effetto.

Haiku

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And if she said soThat would change it all

La ceramica del bidet mi dà un brivido di freddo anche se è 4 Settembre. La sveglia stamattina ha timbrato il cartellino nove minuti prima del solito. Quando sei insonne la sveglia diventa un nemico, ma non è il mio caso. La sveglia per me è un’alleata nella guerra che ho combattuto, da sempre, contro me stesso: il mio problema rispetto al sonno è che al mio letto non ci arrivo proprio. Troppa fame, da sempre, per chiudersi ore – da solo - in una stanza, anche perché la solitudine ti sembra una bestemmia, troppe cose da fare, da sempre, se non sai quali sono le cose che vuoi fare ve-ramente.

If she said soI would cushion her fall.

Così ogni secondo di sonno in più diventa preziosissimo, per-di l’abitudine della classica sveglia alle sette e trenta in pun-to e inizi a cronometrare i minuti che ti servono per aprire gli occhi, pisciare, lavare mani-faccia-denti, scendere le scale, far uscire il tuo vecchio cane sordo, prendere la macchina e arrivare a lavoro, il tutto in silenzio, come un ladro, per non svegliarla. Ventitre minuti in tutto. Venticinque secchi se non sei andato a letto già vestito. Risultato: sveglia impostata per le 07:37.

And if it felt right,She'd let me know the plan

Stamattina ho aperto gli occhi sulla sveglia delle 07 e 26. Lei ha mosso la testa e ha cacciato un lamento da sonno inter-rotto, non quello che dice “scappa” però. Quando finiamo di fare l’amore nelle notti che chiudono giornate lunghissi-me come quella di ieri so che la veglia non ha più nulla da darmi e posso dire al giorno di andarsene, ho giusto il tempo di scegliere la posizione in cui chiudere gli occhi, metterla a dormire con la testa sulla mia spalla e svenire. Mi sono sve-gliato con la mano destra dentro il suo braccio di marmo, il tempo di annusarci un po’ e di ricordare il fatto. E via.

Take my handAnd explain to me so i could understand

Why she said so Ho spalancato il balcone che dà sulla campagna, la ter-zultima settimana d’estate è entrata in camera elettrica e prepotente, ogni respiro mi ha raccontato di donne e uomi-ni che ieri sera hanno fatto del buio il palcoscenico di uno scontro teatrale di corpi senza vergogna: a breve la Stagio-ne va in vacanza per nove mesi, gli ultimi scampoli da que-ste parti possono dare un senso ad un anno intero. A piedi nudi siamo passati dal legno del pavimento della camera da letto al cotto del bagno con un pizzico sul suo culo al momento del cambio di stanza, lei ha una mia maglietta, io solo le mutande, il solito rito mattutino però scordatelo, è spezzato dalla novità.

If she said soIt would be too much like death

9MINUTI

FELICE CAPUTO

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A dire il vero, era una novità il mese scorso. Se ben ricordo, quello era elettronico. Ed era Sabato pomeriggio, mi sentivo sballato come fatto a MD – “Guarda che bravi stì ra-gazzi a papà, tu bevi alcolici che ti sfonda-no lo stomaco e loro comprano bottigliette d’acqua anche di Venerdì sera!”- mettem-mo su un pezzo di Lucio Dalla, alla fine tre-mavamo come due epilettici, senza darlo a vedere, e quando uscì la scritta “non incin-ta” - sì, era elettronico - ci abbracciammo mascherando entrambi malissimo un certo grado di dispiacere. Certe volte alcune de-cisioni importanti le puoi basare anche su un sentimento apparentemente negativo. Quel dispiacere aveva aperto una nuova era che mi aveva portato su quel bidet alle sette e mezzo di mattina dopo aver messo su un pezzo attaccando il telefono ad una cassa che gracchia su ogni nota bassa, mentre lei cerca di capire come fare a cen-trarlo senza bagnarsi.

If she said soI would eat her breath

Lo prendo in consegna io. Prima mi lavo le mani senza sporcare tutto quello che pos-so sporcare come sempre, sono un virus, un barbaro, ma so quando è il momento di controllarmi, anche solo un poco. Le istruzio-ni dicono 3 minuti. Ha una forma ondulata e un tappo blu, è pesantissimo, quasi non lo riesco a reggere con la mia mano sola. Dice che se esce una croce significa fuochi d’artificio.

If she said soI'd know all the lies

Testa o croce, quindi. Se è testa, prima o poi tanto sarà croce, mai avuto bisogno l’uno dell’altra e, quando è così, bum. Se è croce chissà quando è successo. Io dico Salento, me la ricordo quella volta intorno a Ferra-gosto, la stanza con l’armadio a specchio, lei aveva portato anche le coperte pulite, incredibile, io la prima volta che è venuta a dormire a casa non avevo nemmeno il co-primaterasso e il pavimento era il mio arma-dio e il balcone il mio cesso, e s’è fatto l’a-more sul serio, senza bombe, senza birra, e si è venuti insieme abbracciati mentre tutto il mondo ci guardava. Cazzo che può succe-dere quando spegni il telefono per un mese.

But i'd wipe out whiteAnd never even ask the reason why

She said so Due minuti e mezzo, credo non esista un test di gravidanza che non è stato guardato con almeno trenta secondi di anticipo. Lo prendo dal davanzale per primo, stavamo parlando d’altro da un tempo che sembra-va non finire mai, lei diceva che mi ero fatto prendere la mano dalla cosa e che sentiva che non fosse così. Mi dice:”animale!” riden-do, ed io lo so che è vero, è vero che faccio il funambolo tra razionalità intensa e un’ag-guerritissima istintività bestiale, ma proprio per quest’ultima sono almeno tre giorni che ho una strana sensazione nuova che mi ren-de irrequieto.

And never endGo back to start

And never sayWhen i fall apart

Franco, il vecchio cane, entra in camera, lui sa già tutto. Lo prendo senza farglielo ve-dere e lo guardo per primo.And never stop

To complainAbout the pain

07:35-Pronto Vincè-Ue Felì, buongiorno-Vincè vedi che oggi non vengo, prendo un giorno di ferie-Tranquillo, io sto qua(cristo cristo cristo è sì sì sul serio ed è lei ed io aspetta non la trovo non trovo la paura non ho paura sto esplodendo e lei ha le mani da donna e io sono pronto per essere pronto adesso la porto a mare sì andiamo a mare e tutto questo non lo sto neanche pensando ma come lo spieghi un vuoto silenzioso più pieno di questo semplice non lo spieghi)-Felì che è sto’ silenzio? Tutto bene?-(cazzo padre cazzo se è maschio già lo vedo gli prendo un cane tutto suo in canile lo porto in tenda lo metto a testa in giù per farlo ridere se è femmina mi fotte con uno sguardo e se me la toccano padreterno se me la toccano non li ammazzo perché non posso farmi arrestare e stare lontano da loro ma li distruggo lo giuro su Franco lo metto sempre nella terra gli faccio sentire la mu-sica dalla pancia madò guardala respira stacca questa telefonata. Mare.)Sì.

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Parlando di Gesù di Nazaretma chi era questo Gesù?un rivoluzionarioun ribelleuno che aveva altre ideenon parlatemi di santi, di cristinon abbiate pauranon siate sì ovviche cavolo, per dioma chi sono io? La bibbiala storiala scienzalo statotutto una fregatura. I marziani esistonoe ci prendono pure per il culomentre noi andiamo a pagare una tassae ci brucia il culo. Un Dioeccoun dioma dove? Nei nostri bicchierinelle nostre fantasienei nostri credie noifasulliguerraassassinimerdanoiniente.

NIENTE

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Oggi mi sento un bravo ragazzomi sono alzato presto per prendere la pillola,omeprazolo in capsule,un bicchiere di latte freddoe sono subito tornato a lettoche le birre nel frigo mi istigavano a beree c’ho lo stomaco in panne da una settimana. Behquesta sarebbe pure una scusama che diamineme la cerco giornalmente,essere vivo è già grandioso, oktorno a letto.Se dormo non bevonon fumomi riposoe sogno cose fantastichema anche terribili direianche nei sogni c’è sempre qualche mostro. Al diavoloaffronto mostri nella vitafigurarsi nei sogni.Mi metto sul lato destromi copro fin sotto le nariciche comunque devo respirarechiudo le saracinesche degli occhiabbasso pian piano il volume del cervelloe torno nell’altra vita. Oggi mi sento un bravo ragazzodormirò tutto il giornoe non farò male a nessunosoprattutto a me stesso.Un’eternità di sonno in un’ora,alle dieci sono nuovamente svegliolo stomaco mi brucia ancorail cervello si rimette in motoanzi, forse non si è mai spento.Infilo la testa fra le copertenon voglio sentire nientenon voglio sentirenon vogliononno.Niente da farenon sono un bravo ragazzoil mio cervello me lo impedisceva behal diavolomi alzoe vado a prendere una birra dal frigoma la bevo pianoa piccoli sorsisarò forse mattoma non sono mica scemo.

MI RI-PREN-DERÒ

Giovanni FavazzaPoesie di

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