parente-lo spirito santo e maria santissima

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  • 8/16/2019 PARENTE-Lo Spirito Santo e Maria Santissima

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    CARD. PIETRO PARENTE - BALIÓ - CIAPPI  GRECH - LYONNET - MASI - VAN LIERDE

    LO SPIRITO SANTO  

    E MARIA SANTISSIMA 

      econda edizione

    TIPOGRAFIA POLIGLOTTA VATICANA - 1976

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    S. E. Mons. P i e t r o   C a n i s i o   G.  v a n   L i e r d e

    Presentazione 13

    Prefazione alla seconda edizione . 2 1

    P r o s p e r o   G r e c h

    L o s p i r i t o d i c o n s i g l i o n e i r A n t i c o T e s t a m e n t o . 27

    S t a n i s l a o   L y o n n e t

    L o Spirito Santo e l ’opera di salvezza nel Nuovo Testamento . 47

    L u i g i   C i a p p i

    LTncarnazione e lo Spirito Santo . . 77

    R o b e r t o   M  a s i

    Rapporti tra lo Spirito Santo e Maria Santissima in ordine allTncarna-  z i o n e ............................................ . . . . 95

    P i e t r o   C a n i s i o   G.  v a n   L i e r d e

    La Chiesa e lo Spirito Santo . . 12 1

    C a r l o   B a l ic

    La Chiesa e Maria Santissima . . 1 5 5

    Cardinale P i e t r o   P a r e n t e

    La teologia della Madre del Buon Consiglio . . 187

    S. E. Mons. P i e t r o   C a n i s i o   G.  v a n   L i e r d e

    Conclusione . . 2 0 7

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    PRESENTAZIONE

    * PIETRO CANISIO G. VAN LIERDE

    Vicario Gen erale di ua an tità per la Città del Vaticano

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    Con la presente pubblicazione si offrono alla stampa sette studi sul tema  « lo pirito anto e Maria antissima  »,

    preparati e pronunziati in occasione del quinto Centenario di Maria s.ma, Madre del buon Consiglio, a ricordo della sua mirabile apparizione nella chiesa dei religiosi agostiniani a Ge- nazzano, nella provincia di Roma. Il Centenario si chiuse nel

    l’anno 1968.

    Come mai la scelta del suddetto tema?

    La Madre del buon Consiglio, titolo per sé eloquente, suscita il concetto della  « virtù » di consiglio, parte integrante della virtù di prudenza, e, nello stesso tempo, evoca il  « dono » di consiglio, uno dei sette doni dello pirito anto.

    La Madre del buon Consiglio può, quindi, giustamente suscitare un avvicinamento, un rapporto particolare con lo 

    pirito anto, in quanto Maria di Nazareth può possedere con pienezza lo pirito, ospite dell’anima cristiana e, per conse

    guenza, essere proposta come  madre, ripiena anche  di saggioconsiglio.

    Da qui è facile avvicinare le due ineffabili personalità, specialmente a ciò ispirato dagli avvenimenti biblici, culmi

    nanti nel mistero dell’Incarnazione del Verbo Eterno; poiché è indubbiamente vero che lo pirito anto e Maria s.ma, ciascuno nell’ordine suo, sono associati, in modo ineffabile, nel surriferito mistero. I anti Padri parlano addirittura di un’autentica alleanza.

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    Corrisponde al dovere della riflessione biblica, patristica e teologica porsi la domanda: È stata, questa, un’alleanza fugace, transitoria o un’alleanza permanente e perenne?

    Con altre parole, lo pirito anto e Maria s.ma sì sono incontrati solamente nel mistero dell’Incarnazione o anche nel mistero della Redenzione, e, conseguentemente, nel mi

    stero della Chiesa?

    Un quesito, oltre che legittimo, anche essenziale e vitale.

      e la risposta fosse affermativa, verrebbero non soltanto di molto rafforzati e consolidati i rapporti tra i due alti protagonisti, ma di colpo sarebbero  — servatis servandis  —fortemente pronunziati i legami di ambedue con Cristo, Dio-Uomo e Redentore, con la Chiesa ideata e costruita da Cristo ed anche con l’intera umanità per la quale Cristo ha costruito la ua Chiesa.

    Gli studi, qui presentati, desidererebbero dare un orien

    tamento per una risposta obbiettiva e teologica, riflessiva e 

    meditata; una risposta o almeno una ricerca, proposta al let

    tore attento e allo studioso avvertito.

    Una ricerca valida anche alcuni anni dopo, da quando  sono stati pronunziati.

    È per il sottoscritto un piacere e una gioia, poter pre

    sentare agli studiosi o comunque interessati, una serie di 

    studi, scelti e con nesso logico proposti, per di più, prepa

    rati e composti da persone qualificate.

    Ringrazio sentitamente i riveriti professori per il loro prezioso appoggio e per la non lieve fatica. Il loro pensiero è stato mantenuto con fedeltà.

    Con riverenza particolare mi compiaccio di potere ren

    dere pubblico un lavoro del compianto Reverendissimo Mon

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    signore Roberto Masi. Una pubblicazione, quindi, postuma del dotto e pio sacerdote.

    Orientamento e ricerca, a mio umile parere, validi e di vera attualità anche in riferimento al Concilio Vaticano II, ove la Costituzione dogmatica  Lumen Gentium, nel proporre la collocazione di Maria Vergine Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa, non ha esitato ad unire per ben otto volte l ’attività di Maria a quella dello pirito anto}

    Orientamento e ricerca, validi e attuali anche in lega

    mento al pensiero teologico post-conciliare.

    Per quali ragioni o motivi?

    Il testo conciliare del capitolo ottavo della Costituzione dogmatica  Lumen Gentium, mentre presenta accuratamente il ruolo di Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa, non approfondisce né spiega il legame vitale che unisce Maria alla missione santifcatrice dello pirito anto. La teologia post-conciliare vuole approfondire i rapporti tra lo pirito 

    anto e la Vergine Madre, prospettando orientamenti di ricerca.

    R. Laurentin, nell’articolo  Esprit Saint et théologie ma-nale,2 offre una diagnosi penetrante della situazione, mostrando il pericolo in cui può incorrere il linguaggio mario-

     logico quando attribuisce a Maria la missione di formare 

    Cristo in noi senza sottolineare che tali compiti apparten

    gono primariamente allo pirito anto.

    Una ricerca più impegnata sull’argomento è stata com

    piuta, antecedentemente a R. Laurentin, da H. Miihlen; 3

    ' Nn. 52, 53 (due volte), 56, 59, 63, 64 e 65.

    2 Nouvelle Revue Tbéologique   89 (1967), pp. 26-42.5 Una mistica persona,  2a ed. italiana, Roma 1968.

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    libro che suscita riserve, ma può almeno in parte, recare stimoli e sviluppi per la mariologia sulla funzione personale di Maria in ordine alla salvezza sotto il dominio dello pirito 

    anto.

    Né va trascurato il fatto che la ocietà francese di studi 

    mariani abbia scelto proprio il tema  « pirito anto e Maria  »come oggetto delle sessioni degli anni 1968-1970. Ne sono risultati tre volumi, nei quali il problema è stato illuminato negli aspetti biblici  (Feuillet e Cazelles), teologici  ( Philips, Manteau-Bonamy e Le Gouillou), patristici  ( Jourjon, Bouhot e Pintard), storici  ( Barré, Dupuy e tern), ed ecumenici (Ev- 

    dokimov e Chavannes). i rimanda a questi studi coloro che intendono proseguire con frutto la ricerca, in vista di una maggiore penetrazione dell’alleanza tra lo pirito anto e la Vergine Madre.

    È anche da annoverare tra i segni dell’interesse suscitato  dal nostro tema, il fatto che il Collegamento mariano nazio

    nale italiano abbia scelto e svolto come argomento della set

    timana di studi dell’anno 1972 « l a Madre di Cristo nel dina

    mismo rinnovatore dello pirito anto  » .4In linea con la Tradizione orientale, che presenta Maria  

    come primizia della creazione rinnovata dallo pirito, il russo ergej Bulgakov consegna nel suo libro un testo molto denso 

    su Maria, riflesso e rivelazione del volto dello pirito anto1

    Dopo queste dilucidazioni, si può esprimere la speranza che la presente pubblicazione possa utilmente inserirsi nella ricerca contemporanea e indicare almeno un orientamento

    4 Vedasi ad es.: « Settimana del Clero », 1 ottobre 1972 , ove sono 

    riassunte le relazioni della Settimana di studi mariani.5 II Paraclito,  Bologna, ed. Dehoniane, 1972, pp. 26-27.

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    nello studio approfondito della teologia pneumatologica e mariologica post-conciliare, offrendo principi solidi per me

    glio specificare la natura, le leggi e le articolazioni dell’al

    leanza che l ’Economia Divina ha voluto stabilire tra lo pirito  anto e Maria antissima.

    ® P i e t r o   C a n i s i o   G .  v a n   L i e r d e

    Vicario Gen erale di ua an tità per la Città del Vaticano

     Vaticano 11 ottobre 1972

    Decimo anniversario del Concilio Ecumenico Vaticano II

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    PREFAZIONE

     ALLA SECONDA EDIZIONE

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    T a prima edizione del presente libro è stata pubblicata nel 1   j 1973 e nello spazio di due anni l’assai consistente tiratura 

    di tremilacinquecento copie si è esaurita: risultato veramente confortante tenuto conto dell’indole di studi piuttosto impe

    gnativi.

    Infatti, la diffusione del libro è stata fruttuosa perché bene accolta dalle più varie categorie del popolo di Dio con comune interesse e soddisfazione, convalidati da apprezzamento sincero 

    e aperto di non pochi studiosi di Teologia. Tutto ciò è senza dubbio dovuto allo studio di una tematica che puntava ad ap

    profondire i vincoli purissimi e santissimi che univano Maria allo pirito anto e l ’opera dello pirito anto alla docilità re

    sponsabile della vergine di Nazareth: l’alleanza sublime dei due protagonisti, la loro cooperazione misteriosa, interiore ed intima, altamente feconda e vitale, anzitutto per la Chiesa, e, poi, per l’intera umanità.

    frattanto, l’interesse e la vitalità del grande argomento non sono affatto diminuiti; tutt’altro!

    L’Esortazione Apostolica di ua antità Paolo VI « Marialis cultus, il Culto Mariano  » del 2 febbraio 1974 ha particolarmente insistito su i rapporti esistenti tra lo pirito e la Ver

    gine anta, rilevandone l ’aspetto sacrale e sponsale non solo nel mistero della alvezza operante nella Chiesa per il mondo, per concludere, poi, con le parole seguenti:  « i afferma, talvolta, che molti testi della pietà moderna non rispecchiano sufficien

    temente tutta la dottrina intorno allo pirito anto. petta agli

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    studiosi verificare questa affermazione e valutarne la portata; nostro compito è quello di esortare tutti, specialmente i pastori  e i teologi, ad approfondire la riflessione sull’azione dello pi

    rito nella storia della alvezza, e a far sì che i testi della pietà cristiana pongano nella dovuta luce la sua azione vivificante. 

    Da tale approfondimento emergerà, in particolare, l’arcano rap

    porto tra lo pirito di Dio e la Vergine di Nazareth e la loro azione sulla Chiesa; e dai contenuti della fede più profonda

    mente meditati deriverà una pietà più intensamente vissuta

      »(n. 27).

    Ed eccoci al Congresso Internazionale Mariano tenutosi a 

    Roma nel maggio dell’Anno anto 1975: un avvenimento im

    portante e relativamente recente con susseguente gioia umile e spirituale per colui che già nel 1967 aveva preparato il pre

    sente libro e una soddisfazione per i suoi collaboratori, autori dei vari studi qui presentati. Tutti riscontravano nel tema del grande Congresso « Lo pirito anto e Maria  » un plauso auto

    revole per il lavoro compiuto otto anni prima. Non ci sono state allora avventurose spinte interpretative ed esplorative poi

    ché si operava evidentemente nella luce della Rivelazione Di

    vina e nelle linee essenziali della Teologia cattolica.

    Il medesimo anno 1975 è stato proclamato anche « l’Anno della Donna  » e gli echi della Conferenza della Donna tenuta 

    in Messico sono conosciuti. A questo riguardo non si può di

    menticare che la storia umana contemplata nella  realtà della Rivelazione Divina riconosce una donna eccezionale: la Vergine Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa nonché la Nuova Èva dell’umanità è la donna più alta e sublime tra tutte le creature. Ella è la donna  per eccellenza e, conseguentemente, modello ed esempio per tutte le creature, uomini e donne, donne e uomini.

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    Valga, allora, la presente seconda edizione, arricchita da una « Conclusione », per inserirsi utilmente nello sforzo di cogliere nella concretezza di vita i fru tti dell ’Anno anto 1975 e di promuovere altresì la dignità e la concordia degli uomini. Vorrei ancora una volta citare le parole del anto Padre Pao

    lo VI: « mentre ai nostri giorni la donna avanza nella vita so

    ciale, nulla di più benefico e di più esaltante dell’esempio di questa Vergine-Madre, irradiante di pirito anto, che con la sua bellezza riassume ed incarna gli autentici valori dello spi

    rito  » (16 maggio 1975, al Congresso Internazionale Mario- logico e Mariano ).

      ia, quindi, Maria, ispirazione profonda e aiuto efficace per la Chiesa di uo Figlio e per l ’umanità, compresi gli increduli.

    © P i e t r o C a n i s i o G.  v a n L i e r d eVicario G enerale di ua antità  

    per la Città del Vaticano

     Vaticano, 8 settembre 1976Festa della Natività della Beata Maria Vergine

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    P. PROSPERO GRECH O.S.A.

    LO SPIRITO DI CONSIGLIO

    NELL’ANTICO TESTAMENTO

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    Oggi nella teologia mariana esiste una corrente di pen-siero nella quale sembra che la Madonna abbia un postomaggiore di quanto dovrebbe nel culto cristiano. D’altra

    parte non si può negare che a volte il culto della Vergineassuma forme quasi superstiziose.

    Considerando Maria nel contesto Cristologico e in quellobiblico della storia della salvezza, come ha fatto il Concilio Vaticano II nel cap. 8 del decreto

    Lumen Gentium,  capi-remo meglio il posto della Madonna nella teologia e nel

    culto.Sotto questo aspetto è molto utile la liturgia. Gli appel-

    lativi attribuiti alla Madre di Dio, inseriti in una luce biblica,acquisteranno un particolare significato. In questo contesto

     vogliamo esaminare, nella luce dell’Antico Testamento, iltitolo liturgico della Madonna: « Madre del Buon Consiglio ».

    I

    Il   p ia n o d i D io r i g u a r d a n t e l a s a l v e z z a

    NELLA STORIA DEL GENERE UMANO

    Sappiamo che la finalità della predicazione profetica, in

    particolar modo, ma anche degli altri libri dell’Antico Testa-mento, è stata quella di accrescere la fede del popolo diIsraele nel Dio che agisce nella storia con un preciso scoposalvifico; tutta la Bibbia è tesa al fine di tenere il popolodi Israele sulla retta via della sua fedeltà a Jahweh.

     Anche i libri storici, sebbene in modo diverso, sono stati

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    scritti per lo stesso scopo, quello di mostrare che la storiadel mondo in generale e del popolo di Israele in particolareè nelle mani di Dio. È Dio che interviene al punto giusto perindirizzare il corso della storia verso una meta salvifica, anchequando possa sembrare che i malvagi consigli dell’uomo pren-

    dano nelle mani le redini del destino. Trattando la Bibbia daquesto punto di vista ci sarebbe da studiare tutta una teo-logia della storia. I primi capitoli del Genesi sono una de-scrizione di come il genere umano, nella sua malvagità, tentidi allontanarsi da Dio, e diriga i suoi passi sempre più versoil male: dal primo peccato dei protoparenti, attraverso la

    storia di Cain e di Lamech, attraverso la generazione deldiluvio, fino all’orgoglio diabolico dei costruttori della torredi Babel. Sembrerebbe che l’istinto feroce al male abbia avutoil sopravvento sul bene e sul disegno divino, ma è rimasto un virgulto, i discendenti di Seth e di Sem, rimasti fedeli a Jahweh. Tra questi uomini giusti Dio sceglie Abramo, che con

    la sua progenie, sarebbe stato il depositario della rivelazionee dell’azione salvifica di Dio e avrebbe ricondotto gli uominialla retta conoscenza (in senso biblico) dell’unico e vero Dioche si era rivelato nella creazione del mondo.

    II

    Dio s i   m a n i f e s t a    ed   o p e r a    n e l   m o n d oPER MEZZO DEL SUO SPIRITO

    Il termine ebraico « ruach  » significa « vento » ma vuoldire anche spirito, potenza invisibile che tiene l’uomo in vita. Molto spesso questo termine viene applicato a Dio edè una metafora che sta a significare la potenza salvifica di

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    Dio che opera nel mondo. Questa espressione può conside-rarsi parallela all’altra parola ebraica « dabar  » « la paroladi Dio », ed in un certo senso « la sapienza di Dio ». IlRichardson così spiega questa espressione: « Nell’Antico Testamento “ Spirito di Dio ” è uno dei modi in cui l ’azione

    di Dio può essere menzionata senza dire in modo antropo-morfico che Iddio fece questa o quell’altra cosa. Così, “ Spi-rito di Dio ”, come la Parola e la Sapienza di Dio, diventauna descrizione perifrastica dell’iniziativa e dell’azione di Dionella creazione, nella provvidenza ordinatrice, nella reden-zione e liberazione del mondo come tale e di Israele in parti-

    colare. Lo Spirito di Dio è un modo reverenziale di parlaredella sua presenza o della sua dynamis  attiva ».'

    Studiando la parola « Spirito » nell ’Antico Testamento vediamo che essa è usata con diversi significati; denota l ’atti- vità di Dio, attiv ità che è 1) cosmica, 2) di presenza benefica,3) storicosalvifica, 4) profetica, 5) escatologicomessianica.

    Esaminiamo in particolare questi cinque casi.

    1. Attività cosmico-creativa di Dio

    Soprattutto nell’Antico Testamento, abbiamo innume-revoli cenni alla attività creatrice di Dio. Tutti i due primicapitoli del Genesi sono una esplicita dichiarazione che Dio

    col soffio vitale del suo Spirito ha dato vita ad ogni cosa nelmondo. Sulle acque della creazione si librava lo Spirito diDio quasi covando su questa materia informe per darle or-dine. Inoltre sono gli stessi uomini che riconoscono, con laloro lode, Dio creatore del cosmo. Il libro di Giobbe dice:

    ' R i c h a r d s o n , An introduction to tbe Tbeology of thè New Testament, London 1958, p. 103.

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    « Lo Spirito di Dio mi ha creato, e il soffio di Shaddai midà vita ».2 Questa creazione di Dio non è statica, ma è qual-cosa che continuamente si rinnova, come si deduce pure dalsalmo 104, 30: « Ridai loro il tuo Spirito, e rinnovi la facciadella terra ».

    2. La presenza benefica di Dio

    Come si è visto l’attività creatrice di Dio è una dynamis che si protrae nel tempo ed è soprattutto una guida, unapresenza benefica tra gli uomini. La discesa dello Spirito

    Santo tra gli apostoli il giorno di Pentecoste è una provadi questo aiuto continuo di Dio agli uomini: « A ll’improv- viso scese dal cielo un suono come di vento che soffia impe-tuoso e riempì tutta la casa dove erano seduti » .3 L ’uomosente l’efficacia di questa azione dello Spirito di Dio nelmondo e prega che non gli sia tolta: « Non mi scacciaredalla tua faccia, e il tuo Santo Spirito non togliere da me »,* e nemmeno può sfuggire a questa forza che permea il mondo:« Dove posso andare lungi dal tuo Spirito? Dove fuggire dallatua presenza? ».5

    3. Attività storico redentiva

    La presenza di Dio attraverso il suo Spirito, nella storiadel mondo va inserita nella finalità redentiva di tutto l’uni- verso. Dio guida la storia degli uomini verso la meta da luiprefissa. Tutta la storia dell’Antico Testamento è tesa alla

    2 Gb  33, 4.’ At  2, 2.

    4   ai  51, 13.5   ai  139, 7.

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     venuta del Messia; Jahweh la guida verso questo fine e la suaazione nella storia si esplica attraverso uomini mandati daLui, i profeti, gli eroi.

    Il periodo dei Giudici era il colmo della teocrazia del po-polo di Dio. Al momento opportuno il Signore stesso, per

    mezzo del suo Spirito, suscita degli eroi per difendere lanazione e per « giudicare » Israele. Lo Spirito dà loro forzafisica, spirito di comando e prudenza nel giudicare affinchéattuino i suoi piani. Othoniel è scelto direttamente da Jahwehper giudicare nella guerra contro il re della S iria: « Lo Spi-rito del Signore fu su di lui. Egli allora prese il governo di

    Israele, e marciò in guerra contro CusanRisataim re dellaSiria. Il Signore glielo diede nelle mani, Othoniel trionfò sudi lu i » .6 E così pure per Sansone sul quale discende lo Spiritodi Dio che lo rende forte e invincibile: « Era appena arri- vato alle vigne della città, quand’ecco un giovane leone gli sifece incontro, ruggendo. Sansone, investito allora dallo Spi-

    rito del Signore, senza aver nulla in mano, lo squartò comesi squarta un capretto ».7 Anche i re di Giuda e di Israele hanno bisogno dello

    Spirito di Dio per guidare il popolo non soltanto secondoi propri piani politici, ma secondo il consiglio salvifico diDio. Così Saul e David hanno lo Spirito: « Samuele prese

    dunque il corno dell’olio e lo unse in mezzo ai suoi fratelli.E lo Spirito del Signore, da quel punto in avanti, si posòsopra David » .8 Ma Dio consiglia i re anche indirettamente,per mezzo dei suoi profeti; i profeti dicono loro ciò chedebbono fare in particolari circostanze e interpretano gli av-

    4 Gdc   3, 10.

    7 Gdc   14, 6.' 1 am   16, 13.

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     venimenti della storia politica alla luce dei piani di Dio,così come quando Azaria, investito dallo Spirito di Dio,andò incontro ad Asa, per consigliarlo secondo i voleri delSignore.9

    Su questa linea si tramano i libri dei profeti Isaia e Ge-

    remia. A volte Iddio permette che un re reazionario siatraviato per punizione, mandandogli un falso profeta: Micheadice ad Achab: « Ascolta dunque la parola del Signore. Ho veduto il Signore assiso sul suo trono e tutta la schiera delcielo stava vicino a Lui, a destra e a sinistra; e il Signore di-ceva: “ Chi saprà ingannare Achab sì da farlo salire a Ramot

    di Galaad e vi muoia? ”. E chi rispondeva una cosa e chiun’altra. Allora si fece avanti uno spirito, il quale si presentòavanti al Signore e gli disse: “ Io l ’ingannerò ”. Il Signoregli chiese: “ In qual m odo?”. Ed egli: “ Andrò e sarò spi-rito di menzogna in bocca ai suoi profeti ”... Ordunque, eccoche il Signore ha messo uno spirito di menzogna sulla bocca

    di tutti questi tuoi profeti, perché il Signore ha decretatola tua rovina. Allora Sedecia, figlio di Canaana, si avvicinòa Michea e gli diede uno schiaffo, dicendo: “ Da che parte èuscito da me lo spirito del Signore per parlare a te? ” » .10

    L’attività potente e sapiente di Dio nella storia di Israelesi può riassumere con le seguenti parole prese dal libro di

    Isaia: « Veramente, essi sono il mio popolo, figli non menzo-gneri, ed Egli è il loro Salvatore in ogni loro angustia. Nonun messaggero o un angelo, ma Egli stesso li salva per ilSuo amore e per la Sua pietà. Egli li redense, Egli li sollevòe li portò come nei giorni passati. Ma essi si ribellarono e

    ’ 2 Chron  15, 1.10 1 Re 22,  19-25.

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    contristarono il Suo Spirito Santo, e allora Egli si cambiò verso di loro in nemico, e combattè contro di essi. Essiripensarono ai giorni antichi, a Mosè suo servo: Dove è Coluiche fa risalire dal mare il pastore col suo gregge? Dove è Coluiche pose in mezzo ad esso il suo Spirito Santo? Che fece cam-

    minare alla sua destra Mosè, braccio suo glorioso, che divisele acque davanti ad essi per farsi un nome eterno? Chi li fececamminare sugli abissi come il cavallo cammina nel deserto,senza che essi cadessero, come gli animali che scendono nellapianura? Lo Spirito del Signore li guidava, e allo stesso modotu hai guidato il tuo popolo, per farti un nome glorioso »."

    4. Attività profetica

     Abbiamo già parlato dell ’attività profetica dello Spiritonel guidare la storia di Israele. La convinzione che il popoloaveva della presenza operante dello Spirito del Signore nelguidarli era così comune che molti, che non avevano unachiamata autentica, si spacciavano per profeti tanto da met-tere in discredito il nome dello Spirito. Il vero profeta, quandoera posseduto dallo Spirito, parlava in nome di Dio, inter-pretando per il popolo la volontà e il consiglio del Signore.Così Ezechiele, mandato da Dio ad annunciare la sua parolaal popolo di Israele: « Quando mi ebbe parlato, lo Spiritoentrò in me, mi sollevò, ed io potei ascoltare colui che mi par-lava » 12 e più oltre: « Tu dirai loro: così parla il Signore.Sia che ascoltino o no, poiché sono una razza di ribelli, maessi sapranno che in mezzo a loro si trova un profeta » .13 Ma

    " Is   63, 8-14.

    12 Ez 2, 2.13 Ez 2, 4-5.

    35

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    le parole del profeta, per mezzo dello Spirito di Dio, nonsoliamo predicevano, ma anche causavano degli avvenimentinella sioria. Ezechiele è pieno di esempi di questo genere.

    Attività escatologico-messianica

    Se lo Spirito di Dio operava nei capi di Israele, nei pro-feti, nel popolo, ci si aspetterebbe che l’ideale PrincipeMessia dei tempi escatologici, che sarà allo stesso tempo Ree Profeta, possegga lo Spirito nella sua pienezza. Ciò difattiè predetto da Isaia in molti testi: « Ecco il mio servo che

    io sostengo, il mio eletto nel quale si compiace la mia anima;ho effuso il mio spirito su di Lui » 14 e ancora in modo piùesplicito e categorico, nel famoso testo citato anche da Cristostesso :15 « Lo Spirito del Signore Jahweh è sopra di me, per-ché il Signore mi ha consacrato con l ’unzione » .16 Vi sonoaltri brani famosi di Isaia su questo argomento,17 che saranno

    esaminati in seguito.Negli ultimi giorni lo Spirito resterà non solamente sulProfeta Messia ma anche su tutto il suo popolo. Difatti èquesta l’essenza del nuovo patto di Jahweh con Israele dicui parla Geremia 18 — passo che ci servirà più avanti —l’abbondante effusione dello Spirito cambierà i cuori duri

    del popolo disubbidiente: « Vi darò un cuore nuovo, metteròdentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore dipietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio Spirito den-

    14 Is  42, 1.15 Cf. Le  4, 18.16 Is  61, 1.

    ’7 Cf. Is 9, 5 e  11, 2.I! Cf. G er  31, 31 .

    36

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    tro di voi, e farò sì che camminiate nei miei statuti » 19 edancora in Isaia: « Questo è il mio patto con loro, dice il Si-gnore: il mio Spirito che è su di te e la mia parola cheti ho messa in bocca non cesseranno mai di ripetersi sulletue labbra, né su quelle dei tuoi figli e dei tuoi futuri discen-

    denti, dice il Signore da oggi e per sempre » .20 E di nuovoEzechiele in due passi chiari sulle conseguenze di questa effu-sione di Spirito di Dio sulle anime dei fedeli: « Liberatevida tutte le colpe che avete commesse contro di me, forma-tevi un cuore ed uno spirito nuovo. E perché mai vorrestemorire, popolo di Israele? Sappiate che io non godo della

    morte di nessuno, chiunque sia, dice il Signore Dio, conver-titevi e vivrete » .21 « Ecco io faccio rientrare lo Spirito in voie vivrete di nuovo. Ritesserò su di voi i nervi, farò crescere lacarne, vi stenderò sopra la pelle, poi infonderò in voi lo Spi-rito e vivrete: conoscerete che io sono il Signore » .22

    Possiamo sintetizzare la nostra ricerca sull’attività dello

    Spirito nell’Antico Testamento, dunque, come segue: permezzo del suo Spirito Dio creò il mondo; suscitò Israele eguidò il suo popolo per la via della storia con lo scopo distabilire il suo regno. Parlò a loro per mezzo dei profeti,trovando poca comprensione. Ciò nonostante rimase fedelealle sue promesse e predisse un ordine futuro nel quale lo

    Spirito sarebbe disceso in tutta la sua pienezza sul PrincipeMessianico il quale avrebbe stabilito il regno ideale. Tuttipossiederanno lo Spirito come i profeti dei tempi antichi affin

    Cf. Ez  36, 26 ss.; Ez  11, 19.20 Is   59, 21.

    :| Ez  18, 31." Ez  37, 5 ss.

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    t In' possano conoscere Dio e osservare i suoi comandamenti,così adempiendo il fine della loro chiamata.

    Sia nei tempi storici che in quelli escatologici, uno deidoni che lo Spirito di Dio porta con sé è quello della Sapienza,il dono di conoscere i consigli di Dio. Così parla il libro della

    Sapienza: « E chi avrebbe conosciuto il tuo consiglio, se tunon gli avessi dato la Sapienza e mandato il tuo santo Spiritodal più alto dei cieli? » .23

    Ma che cosa è il dono del consiglio?

    I l i

    Il  d o n o d e l c o n s i g l i o

    La parola che generalmente si traduce « consiglio » inebraico è ’esa,  in greco houle.  In un minuzioso esame del si-gnificato della parola nella versione dei LXX, Schrenk24 vienealle seguenti conclusioni.

    1. Boulè  è la riflessione dell’uomo prudente, così neltesto sacro: « Principio di ogni impresa è il raziocinio, eprima di ogni azione la riflessione »25 « prò pàsès pràxeòs boulé  » (prima di ogni azione il consiglio). Anzi, la stessariflessione sapiente, illuminata dalla fede, è già di per se stessauna guida al l’azione: è ciò che trattiene l ’uomo dal fare il

    male, è la discrezione: « Quando la sapienza entrerà nel tuocuore e la sua conoscenza formerà la delizia dell’anima tua,allora la prudenza veglierà su di te e ti farà da guardia ladiscrezione » .26 Il dono del consiglio è proprio degli anziani

    23   ap  9, 17.21 TbW I ,  632.

    25 Erti  37, 16.26 Pro   2, 11.

    38

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    che sono vissuti nella legge del Signore: « Quanto si addiceai capelli bianchi il giudicare, agli anziani il possedere giustoconsiglio » .27

    2. È inoltre la matura risoluzione che si raggiunge dopouna lunga riflessione: « L ’armatura di travi di una casa ben

    collegata, non sarà scompaginata dal terremoto; cosi un cuoredeciso dopo maturo consiglio, nel momento del pericolo nonsi lascia fuorviare » .28 Il consiglio dell ’uomo saggio deveuniformarsi al volere di Jahweh enunciato, come abbiamodetto sopra, dai suoi profeti; e Dio mette sempre in atto iconsigli dei suoi profeti: « Mantengo invece la parola dei

    miei servi, eseguisco il consiglio dei miei messaggeri » .293. In modo più concreto boulé  sta, a volte, anche a signi-

    ficare l’adunanza degli anziani alla porta della città.4. Ma l’uso che a noi interessa di più della parola boulé 

    è quello che si riferisce ai piani di Dio. Dio per mezzo deiprofeti consiglia gli uomini, ma il suo « consiglio » non è

    fallace come quello degli uomini, rimane in eterno: « Ma isuoi consigli durano in eterno, i suoi disegni vanno d’evo inevo » .30 Dio con il suo consiglio guida il giusto nella storiasecondo il suo disegno: « Ma io con te sono sempre, tu mitieni con la destra; col tuo consiglio tu mi guidi e alfine miaccoglierai in gloria » .31

     Abbiamo visto come Dio indirizza alla salvezza finalela storia degli uomini, i suoi consigli per eccellenza, infatti,sono quelli storicosalvifici: « Questa è la decisione che hopresa riguardo a tutto il paese, e questa è la mano tesa contro

    !7 Ecli  25, 4.28 Ecli  22, 16.* Is   44, 26.

    30   ai  32, 11.31 a i  73, 23-24.

    39

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    tutte le genti. Quando il Signore delle schiere ha decretato,chi renderà vana la sua decisione? Quando la sua mano ètesa chi la potrà ritrarre? » .32 Tutto si muove secondo ilsuo disegno al quale l ’uomo deve uniformarsi: « Io sono unadivinità all’infuori della quale non ce n’è altra, un Dio senza

    uguali, che annuncia fin dal principio ciò che avverrà allafine ed anzi tempo ciò che non è ancora avvenuto, che dice:

    Quanto ho disposto avverrà, e quanto io desidero fac-cio ” » .33 Il pio riconosce la potenza del Signore e lo esalta:« Signore, tu sei il mio Dio; ti esalterò e celebrerò il tuoNome, perché tu hai compiuto opere meravigliose, decretate

    da tempi lontani » .34Insisto tanto sul piano salvifico da parte di Dio perché

    la decisione dell’uomo non si può capire indipendentementedal decreto di Dio. La S. Scrittura non si interessa di psico-logia quando dice: prò pàsès pràxeòs houle,  essa vuol sol-tanto intendere che ogni azione umana, dovendosi unifor-

    mare al disegno divino del mondo, prima di essere compiutadeve essere studiata, bisogna vedere se è o meno secondo la volontà di Jahweh. Bisogna cioè allineare i consigli umanicon quelli di Dio. Perciò possiamo definire il consiglio comequel dono dello Spirito di Dio per mezzo del quale l’uomosapiente intuisce la volontà del Signore che riguarda la sal-

     vezza nella storia, e prende le sue decisioni conformemente.Dunque ciò che dovevano fare i principi del popolo, per-ché erano loro che avevano in mano i destini di Israele, eradi agire « secondo consiglio ». Essi erano guidati nella loroopera dai profeti, ai quali Jahweh svelava i suoi disegni; i

    " Is  14, 26 s.

    ” Is   46, 9 s.31 Is 25,  1.

    40

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    profeti hanno sempre predicato ciò che oggi noi chiamiamola « politica ex fide », cioè, un modo di agire negli affaripolitici che non si basa sulla prudenza umana ma sulla fiduciasalda in Jahweh. Per salvare Israele non bisogna allearsi nécon Babilonia, né con la Siria o l’Egitto, perché l’alleanza

    con tali nazioni deturpa la fede e il costume tradizionaleisraelita. Tenendosi indipendenti penserà Jahweh a liberareil suo popolo nei tempi di angustia.

    Molti re hanno seguito i consigli dei profeti; Ezechia,per esempio, nella sua contesa con il re assiro Sennecherib,anche se in un primo tempo il re israelita si è lasciato fuor-

     viare da quello che a lu i sembrava la ragione politica delmomento, alle parole del profeta Isaia si convince, e si pentedei suoi sbagli, e Jahweh manda il suo angelo sterminatoread uccidere gli assiri di Sennecherib, che sconfitto si ritira.Così pure il re giusto Giosia, che rinnova l’alleanza con Dioe distrugge tutti gli idoli e i templi pagani che con l’andar

    del tempo erano sorti in tutta la Giudea: « Non vi fu primadi Giosia un re simile a lui, che abbia servito il Signorecon tutto il suo cuore, con tutta la sua anima, con tutte lesue forze, secondo tutta la legge di Mosè, e neppure doponon ve ne furono più di uguali a lui » .35

    Ma non tutti i re di Israele e di Giudea hanno seguito

    i consigli di Dio, anzi la maggior parte di essi li hanno igno-rati, per questo sono stati puniti da Lui con ogni sorta dimali e con la deportazione in esilio. Ciò nonostante, i disegnidi Dio non possono essere annichiliti dalla malvagità umana,e il Signore stesso provvederà, di volta in volta, un nuovoordine di cose che realizzerà il Suo eterno Decreto.

    15 2 Re   23, 25.

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    IV 

    Il  d o n o d e l c o n s i g l i o n e i t e m p i m e s s ia n i c i

     Abbiamo visto come il Signore Iddio ha agito nella storia

    di Israele con il suo decreto per attuare quello stato di fattoche porterà alla venuta del Messia, il quale definitivamenteindirizzerà il corso della storia verso il suo fine escatologico.Il nuovo ordine del regno di Dio sarà affidato al PrincipeMessianico, Gesù Cristo, il quale non agirà insipientemente, perinteresse proprio, con sapienza umana e senza conoscenza di

     Jahweh, ma racchiuderà in sé tutte le qualità che ne fannoun capo ideale. Ecco come lo descrive Isaia nei due famosipassi che ci eravamo riservati di discutere in seguito: « Per-ché un bambino ci è nato, un figlio ci è stato dato, e il domi-nio sarà sulle sue spalle, e il suo nome sarà: Consigliere me-raviglioso (secondo la LXX “ Messaggero del gran Consi-

    glio ”), Dio forte, Padre eterno, Principe di pace » .36 Alcontrario di Achaz, che segue consigli storti, il principe fu-turo sarà un « consigliere meraviglioso » perché avrà unachiara visione sul da fare per ottemperare ai disegni di Dio.

     Anzi, secondo la LXX sarà l ’interprete del disegno salvifico diDio. Questa qualità l’avrà tanto più abbondantemente inquanto non sarà un essere puramente umano ma avrà deldivino in sé. Il secondo passo è parallelo a questo: « Si po-serà su di esso lo Spirito del Signore; spirito di sapienza edi intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito diconoscenza e di timore del Signore... Non giudicherà secondoquanto vedono i suoi occhi, né sentenzierà secondo quanto

    36 Is   9, 5 s.

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    sentono le sue orecchie, ma giudicherà con giustizia i poveried emetterà sentenze giuste per i miseri del paese » .37

    Cristo Messia non avrà solo una conoscenza chiara deidisegni divini, ma anche la forza e la capacità per metterli inatto; avrà dunque doni intellettuali pratici che lo consiglie

    ranno sul modo di agire nella sua missione di principe delpopolo, avrà il dono del consiglio che gli farà prendere rettedecisioni, e la fortezza di metterle in pratica: tutte le qualità,insomma, che mancavano ai principi di Giuda e di Israele.

     V 

    I l dono   d e l   c o n s i g l i o   s u l   p o p o l o   d i  D io

    Quando abbiamo parlato della funzione escatologica delloSpirito, avevamo detto che nei tempi messianici lo Spiritodi Dio discenderà non soltanto sul Principe Messianico maanche su tutto il suo popolo. Questo non ci deve far meravi-glia in quanto il Messia è considerato non soltanto come per-sona individuale, ma anche come personalità collettiva. Que-sto concetto si trova specialmente in quelle profezie nellequali il Cristo viene riguardato come « Figlio dell’Uomo ecome servo di Jahweh » .38

    Lo Spirito che discenderà su tutto il popolo, porterà a

    tutti quei doni che prima erano solo dei profeti, quei doniche porta al Principe Messianico. Il profeta Geremia siesprime su questo argomento molto precisamente: « Ecco,giorni verranno, dice il Signore, quando stringerò con Israelee con Giuda un patto nuovo, non come il patto che strinsi

    37 Is   11, 2 s.” Dn 1,  13 ; 9 s., 53.

    4*

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    coi loro padri, quando li presi per mano per trarli dall’Egitto,patto che essi violarono ed io ebbi nausea di loro, dice il Si-gnore. Ma questo sarà il patto che io stringerò con la casa diIsraele. Dopo quei giorni, dice il Signore, porrò la mia leggedentro di loro, la scriverò nei loro cuori; essi mi avranno

    per loro Dio ed io li avrò per mio popolo. Né dovrà uno am-maestrare il suo prossimo e dire al suo fratello: “ Riconosciil Signore ”, perché tutti mi riconosceranno, dal più piccolofino al più grande » .39

    Dunque ogni uomo avrà su di sé lo Spirito di Dio e tuttii doni che questo comporta. Nel brano citato non si menziona

    il dono del consiglio, ma il fatto stesso che nessun uomoavrà bisogno di essere esortato a riconoscere il Signore per-ché avrà la legge scritta nel cuore, vuol proprio dire che, se-condo quanto abbiamo concluso sopra, ogni uomo avrà ildono del consiglio, lo stesso dono che avrà il Messia mede-simo, nella misura che gli spetta come parte del nuovo popolo

    di Dio.

     VI

    L ’a d e m p i m e n to d e l Nuovo T e s t a m e n t o

    Nel suo battesimo Gesù Cristo ricevette lo Spirito Santosopra di Lui; lo ricevette di nuovo dopo la sua risurrezione,questa volta affinché fosse comunicato al suo corpo mistico,alla Chiesa, cioè, al suo popolo fedele: « Ed ora dunque dopoessere stato elevato al cielo dalla destra di Dio, e dopo averricevuta dal Padre la promessa dello Spirito Santo, Egli hadiffuso quel medesimo Spirito che voi vedete ed ascoltate

    39 Ger  31, 31.40 At  2, 33.

    44

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    Dunque nel giorno di Pentecoste lo Spirito Santo discesesui centoventi uomini raccolti con Maria nel cenacolo, discesecioè su Maria e su tutta la Chiesa, come dono per sempre.

    Maria è la madre della Chiesa, Gesù infatti dalla croceaffida la Chiesa, nella persona di Giovanni, alle cure materne

    di sua madre: « Donna ecco tuo figlio » .41 Dunque se laChiesa riceve lo Spirito escatologico, tanto più dovrà rice- verlo colei che è la madre della Chiesa, così che sia similead una fontana che faccia ricadere sui fedeli l’acqua refrige-rante dello Spirito.

    Fino ad ora abbiamo voluto far vedere come il dono dello

    Spirito comporti il dono del consiglio, perciò ora possiamoa maggior ragione affermare che la « Madre della Chiesa » è laMadre del Buon Consiglio.

    " Gv   19. 26.

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    STANISLAO LYONNET

    LO SPIRITO SANTO

    E L’OPERA DI SALVEZZANEL NUOVO TESTAMENTO

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    Nel nostro compito di parlare dello Spirito Santo nell’in-

    sieme dell’opera di salvezza secondo l’insegnamentodel Nuovo Testamento, inizieremo, con vostro gradimento, con

    un passo tolto da uno dei paragrafi del Concilio Vaticano II. Al cominciare della stesura delle sue costituzioni e de-

    creti il Concilio Vaticano II giudica conveniente sintetizzare,con rara intensità di contenuto dottrinale, l’opera di ognunadelle tre Divine Persone, e per precisare, il piano salvifico delPadre, « Il Buon Consiglio », per eccellenza, la missione del

    Figlio ed infine l’opera dello Spirito Santo.Leggiamo così al n. 4 del decreto sull’attività missionariaAd Genles  a proposito della missione dello Spirito Santo:« Per il raggiungimento di questo scopo Cristo inviò da partedel Padre lo Spirito Santo, perché compisse dal di dentro lasua opera di salvezza e stimolasse la Chiesa a svilupparsi ».E poco dopo: « Fu dalla Pentecoste infatti che cominciaronogli Atti degli Apostoli, allo stesso modo che, per l’operadello Spirito Santo nella Vergine Maria, Cristo era stato con-cepito, e, per la discesa ancora dello Spirito Santo in lui chepregava, Cristo era stato spinto a svolgere il suo ministero »(Le  3, 22; 4, 1; At  10, 38).1

    1 G i o v a n n i   V o d o p i v e c , Pneuma e istituzione,  in « Euntes docete » 20 (1967), pp. 173-205; R. L a u r e n t in , Esprit aint et Tb iologie m anale, in « Nouvelle Revue Théologique » 89 (1967) , pp. 26-42. Cf. anche le annotazioni critiche di N. Nissiolis, in « Journal of Ecumenical Studies »2 (1965), pp. 31-62.

    49

    4

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    I

    L a    p r e s e n z a d e l l o S p i r i t o S a n t o  

    in t r e m o m e n t i i n a u g u r a l i d e l l ’o p e r a d i s a l v e z z a

    Il testo ci riporta a tre fatti, chiaramente ricordati nel

    Nuovo Testamento, localizzati nei Sinottici e nella Catechesiapostolica.

    Si tratta di tre principi: il principio della vita della Chiesa,al momento della Pentecoste, l’avvio della vita pubblica diCristo col suo battesimo, e l’inizio della sua vita terrenaquando s’è incarnato nel seno purissimo della Vergine. In

    ognuno di questi principi lo Spirito Santo ha una parte es-senziale, talmente evidenziata, che non occorrono ulteriorispiegazioni.

    Battesimo di Cristo

    Il racconto del Battesimo di Cristo, correlativo alla pre-

    dicazione di s. Giovanni Battista, forma l’esordio della Cate-chesi, come ne fanno segno sia il Vangelo di s. Marco chealcuni brani degli Atti degli Apostoli. Valga come esempiol’episodio di s. Pietro che presiede all’elezione di s. Mattia,destinato a rimpiazzare Giuda nel Collegio apostolico, e dascegliersi « fra uno dei tanti che furono nella nostra compa-

    gnia durante la vita in mezzo a noi del Signore Gesù, dal mo-mento del suo battesimo » (At  1, 22); e parimenti quel passodella catechesi di s. Pietro alla famiglia di Cornelio e ripresopoi anche dal Concilio Vaticano II (At  10, 37).

    Il testo mette chiaramente in evidenza l’importanza attri-buita alla discesa dello Spirito Santo sul Cristo al momentodel battesimo. L’unzione dello Spirito Santo è il solo tratto

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    messo in rilievo. Come poi vedremo in seguito, questo saràl’elemento che contrassegna il quarto vangelo. Anche se neiSinottici non riscontriamo un filone altrettanto chiaramenteconduttore, tuttavia i riferimenti all’azione dello Spirito Santosono chiari e precisi. S. Giovanni nel suo resoconto sul batte-

    simo di Cristo fa vedere il nesso esistente tra la discesa delloSpirito Santo e la proclamazione del Padre: « Tu sei il Figliomio prediletto ».

    E a maggior ragione, perché lo stesso Battista, dopo aver visto lo Spirito Santo scendere e posarsi su Gesù, è lì a dirci:« Sì, sono io che ho visto e posso attestare che è proprio lui

    l’Eletto di Dio » (1, 34). Ancora più eloquente è l ’episodio immediatamente suc-

    cessivo, registrato dai Sinottici, nel quale Gesù fa la suaprima comparsa nel ministero apostolico: il periodo di qua-ranta giorni e quaranta notti nel deserto, nella medesimacornice di Mosè sul Sinai, dove la preghiera, è lecito pen-

    sarlo, era l’unica sua occupazione e che avrebbe poi dovutoconcludersi col confronto diretto di Cristo con Satana, il ne-mico numero uno del genere umano. Così com’era già avve-nuto prima per Adamo nel Paradiso, con la differenza peròche qui si tratta d’un trionfo, che da momentaneamente par-ziale diventerà poi definitivo attraverso la morte e resurre-

    zione. Abbiamo a proposito tre espliciti chiarimenti dei si-nottici:

    Me  1, 12: « Subito dopo, lo Spirito lo spinse nel de-serto. E nel deserto rimase per quarantagiorni, tentato da Satana ».

    Mt  4, 1 : « Allora Gesù fu condotto nel deserto dalloSpirito, per essere tentato dal diavolo ».

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    Le  4, 1: « Ora, Gesù, pieno di Spirito Santo, tornòdal Giordano e fu condotto dallo Spirito neldeserto, dove, per quaranta giorni fu tentatodal diavolo ».

    S. Luca a conclusione di questo episodio, nel palese in-tento di collegare il primo trionfo di Cristo su Satana conquelFaltro definitivo, fa notare: « E il diavolo, esaurita ognispecie di tentazione, si allontanò da lui fino al tempo oppor-tuno » (4, 13). Con questo viene messo in risalto il signifi-cato della vita pubblica di Gesù, il suo adoperarsi a prò deimalati e degli ossessi. S. Pietro pure, nel suo primo contattocatechetico con la famiglia di Cornelio, senza tentennamentied in modo esplicito tende a rimarcare, non appena abbiaalluso a ll ’unzione dello Spirito Santo, quanto appresso: « Equesto voi lo sapete... Gesù di Nazareth, unto da Dio Messiacon lo Spirito Santo e potere taumaturgico, passò facendo delbene, cioè guarendo tutti gli oppressi dal demonio, poichéDio era con lui » {At  10, 38). Al termine del racconto dellatentazione, della lotta di Cristo contro Satana, s. Luca ritornaa rilevare che Gesù diede inizio alla sua predicazione « con lapotenza dello Spirito Santo » {Le  4, 14).

    Non credo che si possa dare maggior risalto alla parteavuta dallo Spirito Santo in questo inizio della missione di

    Cristo.

    Pentecoste: promulgazione della Chiesa

     A riprova poi del ruolo avuto dallo Spirito Santo in senoalla Chiesa nella sua prima origine, basterebbe il fatto chela Chiesa riporta la sua nascita proprio al giorno della Pen-tecoste, in perfetta risonanza all’operato di Gesù, che volle

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    iniziata la sua vita pubblica con la discesa dello Spirito Santo,nel giorno del suo battesimo. Due avvenimenti che s. Gio-

     vanni allaccia strettamente. E noi sappiamo bene che taleiniziale avvenimento della Pentecoste delimita poi il senso esignificato di tutto il libro degli Atti, come ne fosse la chiave,

    per un’opera definita a ragion veduta « il Vangelo delloSpirito ».

    È per l’azione dello Spirito Santo che effettivamente siattua, nel pieno senso della parola, la prima comunità cri-stiana, la Chiesa, che riesce a fare di tutti i cristiani « un solocuore ed un’anima sola »: comunità autentica dove si pratica

    « la comunione fraterna ».Il primo quadro datoci dagli Atti ci fa vedere quella

    « unità nella comunità » come un effetto esclusivo e direttodella discesa dello Spirito Santo (At  2, 4247). Non è purocaso che l’altra descrizione, che ci viene poi offerta, vengainserita giusto dopo aver fatto allusione ad una nuova di-

    scesa dello Spirito Santo: « Appena finì questa preghiera, fuscosso il luogo dove erano riuniti e tutti furono riempiti diSpirito Santo » (At  4, 31).

    Non è il momento di passare in rassegna tutti i testiche negli Atti si riferiscono all’azione dello Spirito Santo.Il paragrafo del decreto Ad Gentes,  già riportato, osservache nel racconto degli Atti « lo Spirito Santo talora previenein modo visibile l’azione apostolica» (cf. At  10, 4447; 11,15; 15, 8) allo stesso modo che non tralascia di accompa-gnarla e dirigerla in varie maniere, corroborando l’asserzionecon una nutrita nota di citazioni.

    Fra le altre, ricorderemo quella formula davvero insolita,coraggiosamente adottata dal primo Concilio nel rendere note

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    le sue decisioni: « È sembrato bene, cioè, allo Spirito Santoe a noi di non imporvi alcun altro gravame all’infuori deiseguenti obblighi » (At  15, 28). Il primo decreto è un de-creto di libertà, come poi ricorderà anche s. Paolo.

    Riportiamoci ancora a quella splendida definizione del-l’uomo apostolico dataci da s. Paolo quando a Mileto, nellasua allocuzione agli anziani d’Efeso, parlò di se stesso comedi « persona incatenata dallo Spirito », con un significato chenel contesto vorrebbe dire « maturo », « guidato », « coar-tato ».

    « Incatenato dallo Spirito » è l ’espressione che abitual-mente ritroviamo poi in seguito nei suoi viaggi apostolici.Lo vediamo così, in occasione del suo secondo viaggio apo-stolico verso l’Europa, al momento della sua partenza da

     Antiochia di Pisidia in compagnia di Timoteo, col precisointento di portare il vangelo nella provincia romana dell’Asia,con Efeso a Capitale. Tale piano però non si realizzerà su-bito, ma solo in seguito, al terzo viaggio. Unico motivo: l ’op-posizione dello Spirito Santo: « Essendo loro stato proibitodallo Spirito Santo di diffondere la parola nell’Asia procon-solare, attraversarono la Frigia e il territorio della Galazia.

     Arrivati di fronte alla Misia si disponevano ad incamminarsi verso la Bitinia, ma lo Spirito di Gesù non lo permise. Per-ciò lasciata la Misia scesero a Troade » (At  16, 68).

    Proprio in quel posto, Paolo, in visione, ebbe l’invito dipassare in Macedonia, assieme a Luca, che usando da questomomento il plurale dice: « Ci demmo da fare per partire perla Macedonia, persuasi che Dio ci chiamava a evangelizzarequel popolo » (v. 10).

    Discesa dello Spirito Santo sul Cristo al momento del suo

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    battesimo, sulla Chiesa il giorno della Pentecoste restano idue avvenimenti principali nei quali la catechesi primitivaravvisa la presenza operatrice e il ruolo predominante delloSpirito Santo.

    Incarnazione del Verbo Eterno

    Effettivamente il Vangelo dell’infanzia non trova riscon-tro in questa Catechesi. Ma la comunità, e meglio fra le altrequella giudeocristiana, a detta di Jean Daniélou, ben prestorivolgerà la sua attenzione all’ambiente familiare del Cristo,alla sua origine di uomo. Le testimonianze, e in particolare

    quelle della Vergine, non mancano.2Nell’insieme del racconto dell’infanzia di Gesù, il fatto

    di gran lunga più significativo, in concomitanza e chiara-mente illustrato da s. Luca e s. Matteo, resta indubbiamenteil concepimento di Gesù « per opera dello Spirito Santo ». Al chiaro riferimento di s. Matteo fa riscontro l ’ampio reso-

    conto di s. Luca, tutto centrato nell’Annunziazione.Non ci troviamo qui di fronte ad un semplice pream-bolo, staccato e senza nesso col resto del Vangelo, come adalcuni piacerebbe supporre. Al contrario, il Vangelo dell’infan-zia, all’unisono, sia in s. Luca che in s. Matteo, presentauna perfetta unità col resto del libro, resa ancora più evi-

    dente però da s. Luca, per il quale il nesso che unisce il Vangelo e gli Atti scaturisce dal ruolo assegnato allo SpiritoSanto.

    S. Luca fissa il piano salvifico di Dio in tre fasi progres-sive, corrispondenti al progressivo manifestarsi dello Spi-rito Santo.3

    2 J e an   D  a n ié l o u ,Les Evangiles de VEnfance,  p. 19 e passim.3 Ibid.,  p. 78.

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    Prima di accingersi a dare il quadro della presenza ope-rante dello Spirito Santo nella Chiesa primitiva dalla Pente-coste in poi, s. Luca si è dato pensiero di tratteggiare laparte dello Spirito Santo anche per quel che riguarda la vitadi Gesù, col risalire, nel tempo, fino alle sue origini, dove

    la presenza dello Spirito Santo ne segna l’inizio. Presenzaefficace in modo ineffabile, perché operante essa stessa ilmistero dell’Incarnazione. S. Tommaso usa a proposito unafelicissima espressione: « È stato lo Spirito Santo a fare delCristo un autentico Figlio di Dio, come fa di noi ugualmentedei figli di Dio ».4

     Abbiamo ancora in s. Luca (1 , 35): «L o Spirito Santoscenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti adombrerà »:come altra volta fu la gloria di Dio ad adombrare l’Arca del-l’Alleanza e il Tempio, divenuto per essa la dimora di Dio,localizzata al propiziatorio, sopra il quale Egli aveva il suotrono in mezzo a due cherubini, proprio là dove parlò a Mosè.

    Il seno purissimo di Maria diventa così il luogo più santofra tutti gli altri sulla terra, con questa conclusione dell’An-gelo: « Perciò — meglio: proprio per questo « àio xai  » —anche il bambino che nascerà sarà santo e chiamato Figliodi Dio » (1, 35).

    D’accordo che non pochi esegeti sono perplessi nell’attri

    buire alla particella « dio  » il suo comune significato. Ilmotivo è d’indole teologica, come apertamente riconosce ilp. Lagrange: « Ai teologi non basta la concezione sopranna-turale del Cristo per poterne giustificare la denominazionedi Figlio di Dio, né nel suo rapporto con la natura divina néin quello con la natura umana, perché la filiazione suppone

    * V. sopra il passo della « Somma Teologica » (nota 8).

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    la comunicazione d’una natura nell’ambito della medesimaspecie ».5Da qui il loro tentativo di dare alla particella grecaun significato che escluda qualsiasi nesso di causalità tra lapresenza dello Spirito Santo e la filiazione divina, adattandoil testo a questa interpretazione: « Attraverso questo fatto

    (l’adombrazione dello Spirito Santo) veniamo a sapere che ilBambino sarà santo »; Knabenbauer è ancora più esplicito:« va spiegata in prospettiva di una causalità che ci aiuti nellaconoscenza del figlio di Dio, come per conseguenza logica ».6

    Il più che possano concedere è una causalità di secondoordine, come sarebbe d’avviso il p. Bover: « La discesa dello  . anto su di te,  da se stessa basterebbe per chiamare santoil frutto del tuo seno; ma per potere convalidare l’afferma-zione “ il Figlio di Dio ” si richiede un motivo più forte ».7

    S. Tommaso però, coerente com’è nel suo metodo disubordinare sempre le argomentazioni teologiche alla S. Scrit-tura e non viceversa, non si allinea in questa interpretazione.

    Così nella « Somma », impegnato nella questione sul concepi-mento di Cristo, alla domanda se attribuirlo allo SpiritoSanto, senza esitazione prende la mossa dal « ruolo » avutodallo Spirito Santo in rapporto alla nostra filiazione, per con-cludere poi con l’affermazione dell’altro ruolo avuto dal me-desimo Spirito nella filiazione del Cristo. « Il termine del-

    l’Incarnazione — spiega — fa sì che questo uomo concepito — il composto teandrico — sia santo e Figlio di Dio. Ora — aggiunge — “ ambedue ”, santità e filiazione divina, sonoattribuite allo Spirito Santo », convalidando l’asserzione con

    5 M. J. L  a g r a n g e , Evang ile selon . Lue ,  p. 36.

    6 J. K n a b e n b a u e r  , Evangelium secundum Lucam,   p . 75.7  J. M. B o v e r  ,  i n « B i b l i c a » I (1920),  p . 94.

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    i due passi scritturali riguardanti i cristiani.  Il primo inqua-dra la loro filiazione: « È per l ’azione dello Spirito Santo chegli uomini sono figli di Dio » come si legge nella lettera aiGalati 4, 6. Il secondo, preso dalla lettera ai Romani, ha difronte invece la santità dei cristiani: « Lo Spirito è parimenti

    anche Spirito di santità » , com’è detto nella lettera ai Ro-mani 1,4. Sono queste le premesse che lo portano a conclu-dere che la santità e la filiazione di Cristo sono opera delloSpirito Santo. « Alla maniera dunque che gli altri (i cristiani)sono spiritualmente santificati per l’influsso dello SpiritoSanto sì da diventare per adozione figli di Dio, parimenti il

    Cristo, per opera dello Spirito Santo è stato concepito in talesantità da essere Figlio di Dio per natura ».8

     Abbiamo qui la riprova che non c’è niente da desiderarein meglio per quel che riguarda l’importanza del « ruolo »dello Spirito Santo, fondamentale sotto ogni aspetto, pro-prio all’inizio del mistero di salvezza nel Nuovo Testamento,

    al momento dellTncarnazione del Cristo, « Pienezza della Ri- velazione »: 9 attuazione nel tempo del « Buon Consiglio »,dell’Amore, della Sapienza Divina. Ruolo che non oscura,ma al contrario mette in piena evidenza la parte avuta daMaria, poiché la presenza operatrice dello Spirito Santo siavvera proprio in Lei, la « Madre del Buon Consiglio ».

    8   umma Tteologica  III , q. 32, a. 1 c: « Hoc congruit termino incar- nationis. Ad hoc enim terminata est incarnatio, ut homo ille qui concipie- batur, esset sanctus et Filius Dei ». Utrumque autem horum attribuitur Spiritui Sancto. Nam: a)  Per ipsum (Spiritum Sanctum) efficiuntur homines filii Dei, secundum G al  4, 6; b) Ipse est etiam Spiritus Sanctificationis, ut dicitur Rom  1, 4. Sicut ergo alii (homines) per Spiritum Sanctum sancti- ficantur spiritualiter, ut sint filii Dei adoptivi, ita Christus per Spiritum 

    Sanctum est in sanctitate conceptus, ut esset Filius Dei naturaliter ».9  V  a t ic a n o   II, Costituzione Dogmatica Dei Verbum,  n. 4.

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    Sono questi i fatti che in seguito costituiranno il puntod’incontro del pensamento teologico di s. Giovanni e dis. Paolo.

    II

    Il   p e n s a m e n t o t e o l o g i c o d i s a n G i o v a n n i

    Il Vangelo di s. Giovanni nel suo insieme è stato scrittonel chiaro intento di mettere in luce quale parte centrale oc-

    cupi lo Spirito Santo nel mistero della salvezza. In questaprospettiva trovano la loro spiegazione tutti i fatti che si sus-seguono dopo la Pasqua e l’Ascensione, fino alla Pentecoste.Cristo s’è incarnato, ha vissuto, è morto, risuscitato e salitoal cielo per comunicarci il dono dello Spirito. È il motivochiave che ci aiuta a capire il Vangelo nella sua straordinaria

    unità.Già nel prologo troviamo un’affermazione di primariaimportanza, nella contrapposizione che si fa tra il Nuovoe l’Antico Testamento, ad imitazione di Geremia che sifece banditore di « un Nuovo Patto » in termini insoliti intutto l’Antico Testamento. Nuova Alleanza che, al pari della

    prima, aveva il suo fulcro nel dono della legge, scritta questa volta, non su delle tavole di pietra, ma dentro i cuori: « Per-ché la Legge fu data per mezzo di Mosè: la grazia e la veritàsono venute per mezzo di Gesù Cristo » (Gv  1, 17). Non è per pura combinazione che ci vien dato riscontrare nel Van-gelo di s. Giovanni una fila di appellazioni molto appropriatea qualificare la legge nel mondo giudaico: la parola, il pozzoche ci fa ricchi della sua acqua (in due riprese il documento

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    cristiani, come vediamo negli Atti: « Giovanni battezzò conl’acqua, ma voi tra pochi giorni sarete battezzati con lo Spi-rito Santo » {At  1, 5).

    Nel racconto che ne segue, gradualmente, si fa precisa esempre meglio definita la portata del dono dello Spirito Santo,

    con speciale rilievo su come Cristo ne farà partecipe la suaChiesa.

    Nel suo incontro con Nicodemo Gesù porta l’argomentosopra « la rinascita da acqua e Spirito » come condizioneindispensabile per l’ingresso nel regno dei cieli ( Gv  3, 56).12 Alla Samaritana Egli fa promessa che « l ’acqua che io gli

    darò diverrà per lui fonte d’acqua zampillante per la vitaeterna » (4, 14).13

    Infine « nell’ultimo giorno, il più solenne della festa »,Gesù, in piedi, rinnova la promessa « Se qualcuno ha sete

     venga a me e beva, chi crede in me » (7, 3738).14

    11 Sopra Giov. 3 , 5 v. I. d e l a   P o t t e r i e , Naìtre de l’eau et de l’Es- 

    prit,  in « Sciences Ecclésiastiques » 1 4 (196 2), pp. 41 7- 443 , riprese poi in « La vie selon l’Esprit » di I. de l a P o tt e r ie e S. L yo nn et, Paris 196 5,  pp. 31-63, pp. 35-7 4 della versione italiana (Roma 1967).

    13 L ’affermazione immediatamente antecedente (V. 13 -1 4a) « Chiunque beve quest’acqua avrà sete ancora; ma chi beve l’acqua che io gli darò non avrà sete in eterno» sembra che voglia fare chiara allusione all'altra di i  24, 21 dove la Sapienza dichiara: « Co loro che si cibano di ine avranno ancora fame, e coloro che mi bevono avranno ancora sete». La Bibbia di Gerusalemme ci rimanda qui a proposito del versetto di Gv  6, ^  notando: « Come la Sapienza, Gesù invita gli uomini al suo con vivio ». Iv. risaputo che gli ebrei identificavano la Sapienza con la legge, come ne fanno 

     prova alcuni testi antecedenti al cristianesimo ( i  24, 23 e Baruch  4, 1 I) A. Ja u b e r t , loc. cit.,  p. 72 giustamente fa notare che l'espressione 

    di i  24, 21 è ripresa da Gesù « non plus pour montrer l ’attrait e\eivé  par l ’eau de la loi, mais pour en manifester le caractère pro visoire ».

    14 L ’Evangelista ricorre al passo scritturistico «D a l suo seno staimi ranno fonti d’acqua viva», cioè verosimilmente (cf. Bible de

    ad alcuni passi della Scrittura, come Zc  14, 8; Ez   47, 1, 1 ss. Si noiei.i che Zc  13, 1 vede precisamente «nella sorgente aperta alla Casa di D.ivi.l

    h i

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    È la volta nella quale l’Evangelista rivela il mistero, pre-cisando che Gesù « parlava dello Spirito che dovevano rice- vere i credenti in lu i » (7 , 39).

    Inoltre, s. Giovanni non si limita solo a dilucidare l’af-fermazione di Cristo che identificò l’acqua con lo Spirito;

     volle invece fare un’aggiunta che « lo Spirito non era statoancora dato, perché Gesù non ancora era stato glorificato »(39 b) per metterci così di fronte ad una realtà, fino allorainopinata (se si eccettua la vaga allusione adombrata nel ti-tolo Agnello di Dio), quella cioè che Cristo ci avrebbe datoil suo Spirito attraverso la sua morte. Una morte che doveva

    risolversi poi in un vittorioso trionfo sul peccato e su Sa-tana, che s. Giovanni preferisce esprimere con due parole:«glorificazione» del Cristo (12, 23) o sua «esaltazione»12, 32), utilizzando a proposito due termini che la cate-chesi primitiva aveva mutuato dal quarto canto del « Servo di

     Jahweh », a spiegazione della risurrezione di Cristo (v. At  2,

    33; 3, 13).Questo è in realtà quanto avvenne sul Calvario nel mo-

    mento in cui, come ci racconta s, Giovanni, l ’« Agnello diDio », già annunciato dal Battista, viene immolato nel giornodella « Preparazione » (19, 21), esattamente al punto dell’uc-cisione nel tempio degli agnelli destinati alla celebrazione

    della Pasqua giudaica. Coincidenza che a s. Giovanni piacerimarcare col dirci che non solo siamo sul calare del giornodella « Preparazione », ma che proprio in mattinata i giudeis’erano ben guardati dall’entrare nel pretorio (18, 28) « pernon contaminarsi e per potere mangiare l’agnello pasquale ».

     per il peccato e l ’impurità » un effetto della morte di « Colui ch’è stato 

    trafitto » (Zc  12, 10), proprio l’avvenimento nel quale s. Giovanni scorge un annuncio profetico dell’acqua che uscì dal costato trafitto di Cristo.

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    Forse in questo possiamo ravvisare il motivo per cui s. Gio- vanni, differenziandosi dai Sinottici, tralascia di parlare della« cena pasquale » (Mr  12, 16) nella quale Gesù istituì l’Eu-caristia.

    In aggiunta, i termini usati da s. Giovanni nel descriverci

    la morte di Cristo hanno il loro significato. I Sinottici sisono attenuti al termine comune « spirare » o « renderel’anima ». S. Giovanni si rifà invece all’espressione « conse-gnò il suo spirito », « tradidit spiritum », secondo la tradu-zione a lettera della Volgata.

    Per prima cosa s. Giovanni ricorre al verbo « nageòcoxer», 

    che indubbiamente risente del quarto canto del « Servo di Jahweh » e che nel Nuovo Testamento viene adoperato perribadire che la morte di Cristo non è stata un puro caso,passivamente subita, ma liberamente voluta, come del restos. Giovanni stesso aveva già sottolineato nel raccontarci lapassione di Cristo (v. 13, 1; 18, 4; 11, 3437).

    Morte ispirata dall’amore del Padre che consegna il Fi-glio suo a nostro vantaggio, e dell’amore del Figlio che si dàper noi. Morte ancora meglio qualificata come « la consuma-zione dell’amore », nel suo estremo limite, come preludono leparole che s. Giovanni riporta all’inizio del racconto dellapassione: « Gesù avendo amato i su o i... li amò fino alla fine »,nel senso così bene espresso dalla parola greca « réXog ».  Lasua morte segnò così il colmo, la pienezza dell’amore, la suacompleta attuazione, fino in fondo, culminata in quella escla-mazione « Consummatum est » in bocca di Cristo, che nella

     Volgata traduce bene dal greco « rezéksaxai  », con quel signi-ficato che ai commentatori piace fare r isaltare.15 Fu proprio

    15 Così C. S p i c q , Agape dans le Nouveau Testament. Analyse de textes , III, p. 144.

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    in questo momento che l’amore raggiunse il suo apice, quellodel Padre, nella cui descrizione e rivelazione la Sacra Scrit-tura trova la sua ragion d’essere; e di essa s. Giovanniosserva che « si adempì ». L’amore del Figlio, per averci luistesso dichiarato: « Nessun amore è più grande di quello che

    ci fa dare la vita per coloro che noi amiamo » {Gv  15, 13). Amore ingigantito dal supplizio della croce, il più infamanteper un giudeo, che rendeva il suppliziato « una maledizionedi Dio », « un disonore per la terra di Jahweh ». Ed egli, ilnostro Dio, l’accettò per amore delle sue creature, per i suoinemici (Rm  5, IO).16

    S. Giovanni intenzionalmente al verbo « consegnare » faseguire una espressione complementaria del tutto insolita,cioè, nella sua formula originale di « consegnò lo  Spirito »(quindi, con l ’articolo « r ò » ; lo) quasi volesse suggerire chela morte del Cristo era già un preludio all’effusione delloSpirito.17

    Comunque il racconto che ne segue è un’altrettanta con-ferma di quanto s. Giovanni vuol far capire con questa espres-sione. È risaputa l’importanza attribuita a questo passo, a con-ferma della quale abbiamo il duplice attestato del versetto 35:

    16 Manifesta l ’allusione a Deut  21, 22-23, proprio lo stesso che in G al  3, 13: Gesù ha accettato di passare come uno di quei criminali « maledetti da Dio », il cui cadavere non poteva restare sospeso al patibolo,  senza imbrattare il suolo sacro d'Israele; evidentemente però giammai Giovanni e Paolo suppongono che il Cristo, « il Figlio prediletto » sia stato oggetto di maledizione da parte del Padre suo o che sia stato « condannato » da Dio. S. Pietro stesso dichiara espressamente che la condanna, dovuta da lui subire da parte degli uomini, fu ingiusta (2 Piet  2, 19-24). Del Servo di Jahweh è ugualmente detto « noi l’abbiamo ritenuto come un castigato, percosso da Dio e umiliato » (Is   53, 4); v. R o b e r t -F e u i l l e t , Intro- 

    duction à la Bible,  II, pp. 880-882.17 L’espressione è del P. M o l l a t   nella Bibbia di Gerusalemme.

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    « E chi ha veduto ne dà testimonianza, e la sua testimonianzaè veritiera, ed egli sa che dice il vero, affinché anche voicrediate ». È palese il suo intento di svelarci i l significatosulla morte di Gesù. In essa non v’è nulla di catastrofico.È solo la vittoria sul peccato e sulla morte, come preannunzio

    della sua risurrezione.18D’altra parte l’Evangelista s’è dato premura di farne lui

    stesso l’esegesi, a modo suo, riallacciando l’avvenimento al-l’Antico Testamento, con due citazioni, per chiarire il valoresimbolico dell’acqua e del sangue scaturiti dal costato di Cristo.Come sua abitudine, egli poggia la citazione su un dettaglio del

    testo, senza mai però perdere di vista l’insieme. La prima cita-zione rievoca fedelmente l’agnello pasquale, destinato, per or-dine di Dio, ad essere immolato, perché ne fosse preso il sanguescaturito e « messo su due stipiti e sul frontone della portadi quella casa in cui mangeranno » ( Es  12, 7). Il sangue do-

     veva pure servire ad indicare quali fossero le case in proprietà

    del popolo d’Israele, « il figlio primogenito di Dio » (Es 4, 22).Ciò che era stato prefigurato dal sangue dell’agnello pa-

    squale trova la sua piena realizzazione nel sangue di Cristoin Croce, spirato in un atto di suprema carità, così che tuttoil genere umano per esso viene consacrato quale « primoge-nito di Dio ».

    L’altra citazione ci riporta nel quadro della visione diZaccaria (12, 9 ss.) prorompente nell’annuncio del trionfo di

     Jahweh su tutte le nazioni (v. 9), con la comparsa simultanead’un personaggio misterioso, « colui ch’è stato trafitto » , «  la

    18 Cf. S. L y o n n e t , La valeur sotériologique de la Résurrection du Christ  

    selon saint Paul,  in « Gregorianum » 39 (1958), ripresa in « La Storia della Salvezza nella Lettera ai Romani » 2a ed. 1967 , pp. 192-196.

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    meritato ... come il figlio unico » (v. 10), in un lamento similea quello udito in HadadRimmon nella valle di Meghiddo.

    Evidentemente l’allusione alla disfatta d’Israele, nella qualeil re Josia trovò la morte, che per Geremia fu lo spunto percomporre quella lamentazione « a tutt’oggi ripetuta dai can-

    tori e cantatrici sul loro lamento per la morte di Josia » (2 Cron 35, 2425).

    Fu proprio appunto da questa disfatta, esattamente comesul Calvario, che per Israele spuntò la salvezza: « In quelgiorno ci sarà una sorgente, quella aperta alla casa di Davide agli abitanti di Gerusalemme contro il peccato e l’immon-

    dezza » (Zc  13, 1). È la sorgente che il profeta Ezechiele vide dalla parte del lato destro del tempio, simboleggiante lacomunità messianica. La liturgia poi farà sue queste parole erievocherà quest’acqua nell’antifona del tempo pasquale, insostituzione òdi’Asperges:  « Vidi aquam egredientem de tem-pio a latere dextro, et omnes ad quos pervenit aqua ista salvi

    facti sunt ». L’acqua medesima che fu argomento nel dialogodi Cristo con Nicodemo e promessa nell’incontro con la Sa-maritana, « come fonte d’acqua zampillante per la vita eterna »,a proposito della quale s. Giovanni vuol fare notare che ilDivin Maestro alludeva « allo Spirito Santo che dovevanoricevere i credenti in lui » (Gv  7, 39). Il Cristo è davvero

    l’« Agnello di Dio » annunziato da Giovanni Battista che « to-glie i peccati del mondo », « battezzando nello Spirito ».Realizzata che ebbe la « riconciliazione del mondo », se-

    condo l’espressione paolina, Cristo volle affidare alla sua Chiesa« il ministero di questa riconciliazione » (2 Cor  5, 18). Intal modo la sera di Pasqua, sul punto di affidare agli apostolila sua missione dice loro che riceveranno lo Spirito Santo,per comunicarlo, a loro volta, a tutti gli uomini « in remissione

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    dei loro peccati » (Gv  20, 2123). Abbiamo già qui l’inaugu-razione del Battesimo, il cui annunzio sta già all’inizio del vangelo di s. Giovanni, per essere poi rievocato da Gesùstesso prima della sua Ascensione. Chiaro il nesso che rial-laccia l’inizio e la fine di tutto il Vangelo. Cristo non salirà

    in cielo che per donare in modo solenne ed ufficiale alla suaChiesa lo Spirito Santo perché sia l’anima della Chiesa e la

     vita di ogni fedele.

    Ili

    Il   p e n s a m e n t o t e o l o g i c o d i s a n P a o l o

    Le lettere di s. Paolo nel loro insieme ci ridanno il mede-simo insegnamento, che in alcuni punti prende un suo par-ticolare rilievo. Anche per lui infatti la vita cristiana è perdefinizione « Vita nello Spirito », come del resto si può ve-dere in tutto il capitolo V i l i della Lettera ai Romani. Nel

     versetto 14 il cristiano è descritto come « il figlio di Dio »,« colui che è animato dallo Spirito ». Soltanto coloro, ed inmodo esclusivo, che sono animati dallo Spirito di Dio sonfigli di Dio. Non basta che di loro lo Spirito Santo ne siala guida, il capo. Si richiede di più: che ne sia l ’impulso inte-riore, l’anima, come espresso bene dal verbo greco « àyovzai ».

    Il medesimo concetto s. Paolo l’aveva manifestato nella suaLettera ai Galati per farli persuasi della loro dignità di figlidi Dio: « La prova migliore che voi siete dei figli e non deglischiavi, è che Dio ha inviato nei vostri cuori lo Spirito delFiglio suo » (Gal  4, 6). A convalida di questa particolareazione dello Spirito Santo nell’intimo dei nostri cuori, in am-bedue le Lettere ai Romani e ai Galati, a s. Paolo fa piacerericordare quell’espressione « Abba! » che lo Spirito Santo

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    fa affiorare sulle nostre labbra, prorompente dall’intimo del-l ’anima nostra — « Abba! » : invocazione che lo stesso SpiritoSanto pronuncia in noi, oppure, secondo il versetto, siamonoi a pronunciarla in lui.

    Per noi moderni non riesce troppo facile capire tutta la

    ricchezza di significato di questa invocazione, che diceva tantoai primi cristiani, perché era un riflesso del loro fervore reli-gioso, ad imitazione di Cristo che in essa volle condensaretutto il contenuto della sua religione.19

    È difatti risaputo che il termine aramaico « Abba », usatodall’israelita nel suo rapporto di figlio verso il padre, era

    scrupolosamente bandito nel suo colloquio con Dio. Tale pa-rola esprimeva solo la paternità umana, escludendo qualsiasiallargamento, anche metaforico, alla paternità di Jahweh neiriguardi d’Israele. Nei racconti giudaici in aramaico, contem-poranei al Nuovo Testamento, non riscontriamo esempi disorta. Nel Vangelo invece tale invocazione resta la preferita di

    Gesù, direi l’unica, nella sua preghiera col Padre; e questo nonsolo nel Getsemani, dove s. Marco fa pronunciare a Cristo pro-prio la parola aramaica « Abba » ma in tutte le altre circo-stanze. Nella traduzione greca, il termine viene espresso al

     vocativo « ndreg »  (v. costantemente in Gv  11, 41; 12,27 ss.); e sei volte nella preghiera sacerdotale (Le  11, 2; 23,

    3436) — sia anche con l’articolo « o nar^o  », in forma enfa-tica avvertita in Mt  11, 27; Me  14, 36; Gal 4,  6; Rm  8, 15.Un episodio evangelico ci dà la possibilità di capire bene

    quanto nuova, per non dire scandalosa, riuscisse tale invoca-zione anche per gli apostoli prima che riuscissero a sapere in

    19 Vedasi inoltre W. M  a r c h l , Abba, Pére. La Prière du Cbrist et des 

    chrétiens,  in « Analecta Biblica » 19, Roma 19 63; riassunto francese dal titolo « Dieu Pere dans le Nouveau Testament », Paris 1966.

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    qual senso unico Egli fosse Figlio di Dio. Siamo al principiodella sua vita pubblica. I Sinottici, per la prima volta, ci pre-sentano Cristo in preghiera, orante in tono elevato: « Ti glo-rifico, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascostequeste cose ai sapienti e agli scaltri, e le hai rivelate ai sem-

    plici » (Mt  11, 2526). Non ci sfugge la sfumatura nelle paroledi Cristo il quale, nella sua premura di attenuare ciò chedi eccezionale vi potesse essere in questa espressione di « Pa-dre » (in sostituzione all’altra « Padre Nostro », « Padre chesei nei cieli »), volle unirla ad un’altra riferibile solo a Dio« Signore del cielo e della terra ».

    Proseguendo riaffiora i l nome « Padre », nel suo tipicosignificato aramaico, e quasi a spiegazione e giustificazione diquanto detto, Gesù dichiara: « Tutto mi è stato dato da mioPadre, e nessuno conosce il Figlio se non il Padre e nessunoconosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio

     voglia rivelarlo » (Mt  11, 27).

    Il fatto più sorprendente fu l’adozione, all’unanimità, daparte di tutti i neoconvertiti, di questa formula invocativa.Per arrivare a tanto c’è voluto un intervento diretto dello Spi-rito Santo a porre sulle loro labbra questa preghiera. Perpoter inoltre assimilare il contenuto d’una rivelazione inau-dita fino a quel momento si richiedeva una graduale educa-

    zione.

    Di sicuro i primi cristiani, inizialmente, nelle loro pre-ghiere si sono attenuti alle formule giudaiche di uso comunetramandateci da s. Matteo, e che nostro Signore probabilmenteusò quando insegnò ai discepoli l’orazione domenicale (Mt  6,9). Sarebbe stato in seguito compito dello Spirito Santo « dicondurli a tutta intera la verità » (Gv  16, 13). Fu allora che

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    presero coscienza di formare un tutt’uno col Cristo, in ununico ed identico Spirito. Se ogni battezzato può e deve dire:« Non son più io a vivere in me, ma il Cristo » (Gal  2, 20)ne consegue che egli può e deve usare l’altra invocazione:« Non son più io a pregare, ma è il Cristo che lo fa in me ».

    Come Cristo, sotto l’impulso dello Spirito si rivolgeva alPadre coll’appellativo « Abba », usato dai figli per chiamareil loro padre, così il cristiano, nel medesimo Spirito, pregherà« il Padre nei Cieli » col medesimo nome di « Abba ». Èquanto s. Luca ha voluto mettere in rilievo, sostituendo nel-l ’orazione domenicale la formula giudaica di s. Matteo: « Pa-

    dre nostro che sei nei cieli » con quella più consona allo spi-rito cristiano di « Padre (« ndreg »  cioè Abba): venga il tuoregno » (Le  11, 2). Evidentemente s. Paolo vede in questa in- vocazione l ’espressione più tipica della nostra filiazione, cometestimonianza che lo Spirito Santo in persona rende, assiemea noi, all’amore del Padre. Non un semplice amore paterno,

    ma l’amore stesso del Padre con il quale Egli ama il Figliosuo e noi in lui (Rrn  8, 16). Ora per s. Paolo il dono dello

    Spirito che trasforma i cristiani in autentici figli di Dio restain pari tempo la base della libertà del cristiano: « E prova che

    siete figli si è che Dio mandò lo Spirito del Figlio suo nei vostri cuori, il quale grida: Abba, Padre! » (Gal  4, 67).

    « Voi certo siete stati chiamati alla libertà, o fratelli » (Gal 5, 13).

    Filiazione divina, dono dello Spirito e libertà sono con-cetti tra loro uniti sia in s. Paolo che nel restante mondo giu-daico. Anche per il giudaismo Israele restava un popolo diuomini liberi per la sua prerogativa d’essere considerato « ilFiglio primogenito di Dio » in forza dell’Alleanza sul Monte

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    Sinai e in virtù della legge della quale egli era stato da Diobeneficato (Es  4, 22).20

     Al popolo dell ’antica Alleanza e alla sua pretesa di pos-sedere in esclusiva la libertà della legge s. Paolo contrapponedunque il popolo della nuova Alleanza, fatto libero per il

    « dono dello Spirito », da lui ancor meglio descritto nel-l ’Epistola ai Romani (8, 2) « la legge dello Spirito della vita ».

    In questa formula coraggiosa egli fonda due oracoli:quello di Geremia preconizzante « la nuova Alleanza » sottola forma di dono di una legge interiore, scolpita, non più su

    tavole di pietra, ma nell’intimo del cuore: « Porrò la mialegge nel loro intimo, la scriverò sul loro cuore » (Ger  31, 33);l’altro di Ezechiele che, riprendendo le parole di Geremia,definisce ancora meglio la portata di questo dono dell’eramessianica, il dono dello Spirito di Jahweh: « Porrò in voi ilmio Spirito » (Ez  36, 27).

    IV 

    L a   d i l u c i d a z i o n e d i s a n T o m m a s o d ’A q u i n o

    Meglio di ogni altro, s. Tommaso è riuscito a dilucidareil concetto di libertà cristiana in s. Paolo, in termini semplicie chiari allo stesso tempo, tornando ripetutamente sull’argo-

    20 Così nel Lev. 26, 13 c i LXX traducono: « Vi ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dallo stato di schiavitù »; e il Targum: « Vi ho condotto in libertà ». Per il giudaismo d’allora e di oggi la festività pasquale è la festa  della libertà. P. Le Deaut riporta un « detto » di R. Gamaliel, prima della distruzione del Tempio, e passato in seguito nel rituale pasquale, che ci descrive l’Esodo come un passaggio dalla schiavitù alla libertà... dalle tenebre alla luce e dalla servitù all’affrancamento; e una eco se ne ritrova  

     poi nell’Omelia sulla Pasqua di Melitone di Sardi (La Nuit Pascale,  p. 234).

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    mento nei suoi commenti alle Lettere ai Romani e ai Corinti,al passo di Geremia riportato nella lettera agli Ebrei ed in-fine nella « Somma Teologica », dalla questione 106 a 108della IIIae. Fermiamoci sui brani del suo commento sullelettere, ed in particolare su quello della II ai Corinti 3, 17:

    « Dov’è lo Spirito là si trova la libertà ».Egli inizia col definirci l’uomo libero, contrapposto allo

    schiavo, per la loro diversa condizione di figlio e schiavo.Libero è l’uomo che appartiene a se stesso, schiavo coluiche appartiene ad un altro, a lui subordinato per eseguiresempre ciò che gli viene comandato e non ciò che gli piace.

    In questo senso, dice s. Tommaso, chiunque agisce spon-taneamente agisce anche liberamente: ma chi riceve il suoimpulso da un altro al di fuori di lui, non agisce liberamente.Non che si comporti male o che faccia peccato, solo che nonagisce in condizioni d’uomo adulto, bloccato com’è dal suostato di bambino. Netta la conclusione: Chi scansa il male

    non per quel che di brutto racchiude in sé, ma solo perchési sente vincolato da un precetto, questi non è libero. Chirinuncia a qualcosa per il solo motivo della sua proibizione,fa bene a non trasgredire il divieto, però non si comportada uomo libero. È risaputo d’altronde che per s. Tommaso,a differenza di Occam, il male non è tale perché proibito da

    Dio, ma al contrario Dio lo vieta perché tale; e arrivafino al punto di formulare che il peccato non suonerebbe of-fesa a Dio se, per ipotesi, non si opponesse al bene dell’uomo.In contraccambio è libero solo colui che evita il male, perchémale. Nel divieto potrà trovare il mezzo per avvertire ilmale insito nella cosa proibita, ma per comportarsi da uomolibero si richiede una propria sua coscienza, che lo qualifichia decidere in virtù d’una propria sua convinzione.

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    È qui che s. Tommaso viene a dirci che proprio questo èl’operato dello Spirito Santo, fatto non di semplici ordini ointerdizioni esterne, ma consistente in una sua azione inte-riore rinnovatrice, che ci comunichi un dinamismo nuovo(« mentem perficit per habitum bonum »), che renda possibile

    la rinuncia al male per amore. Nasce così la sua libertà,non come un risultato della sua sottomissione alla volontà diDio, ma perché un dinamismo interiore suo lo porta a farequello che Dio comanda. È il caso della