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Osservatorio Nazionale

per la Prevenzione

dei Tumori Femminili

Secondo Rapporto

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Indice

PresentazioneF. SchittulliIntroduzioneM. Rosselli Del Turco, M. Zappa

Il rapporto fra l'Osservatorio Nazionale e il Coordinamento degli Assessori alla Sanità delle Regionie delle Province Autonome - F. Toniolo e M. T. Maglione

I PROGRAMMI

Lo screening mammografico in Italia: dati GISMa 2001 - D. Giorgi, L. Giordano, P. Piccini, E. Paci, A. Frigerio

Trend temporali di alcuni indicatori dei programmi di screening mammografico in Italia: 1996-2001L. Giordano, D. Giorgi, P. Piccini, C. Senore

Livello di attivazione ed indicatori di processo dei programmi organizzati di screening cervicale inItalia - G. Ronco, V. Ricciardi, C. Naldoni, M. Vettorazzi, E. Anghinoni A. Scalisi, P. Dalla Palma, L. Zanier, A. Federici, C. Angeloni, S. Prandini, R. Maglietta, E. Mancini, A. Iossa, N. Segnan, M. Zappa

LA QUALITÀ

Il “Progetto SQTM” sulla qualità della diagnosi e della terapia entro i programmi di screening: risul-tati degli indicatori chirurgici - A. Ponti, M. P. Mano, V. Distante, R. Bordon, L. Cataliotti, C. Naldoni,M. Taffurelli, N. Segnan

I risultati dell’indagine sui laboratori di citologia promossa della GISCi - M. Confortini, G. Montanari,F. Parisio, S. Prandi

LE RISORSE L’ORGANIZZAZIONE LA COMUNICAZIONE

Pap test e mammografia in Italia attraverso i risultati dell’Indagine Mltiscopo dell’anno 2000: diseguaglianze da ridurre e risorse da riallocare - N. Segnan, E. Mancini, L. Laura Sabbadini, G. Ronco,A. Frigerio

Iniziative regionali per l’attuazione di screening per i tumori femminili del collo dell’utero e della mam-mella in Italia - E. Anghinoni, G. Gonzalez, M. Ceresa, M. Zappa, L. Giordano

Il sistema di gestione e monitoraggio dei programmi di screening della Regione Lazio: un’esperien-za di clinical governance - A. Federici, A. Barca, P. G. Rossi, D. Baiocchi, M. De Romanis, P. Borgia,GCRPS, G. Guasticchi

Il sistema di gestione e monitoraggio degli screening oncologici della Regione Basilicata - V. Barile,R. Maglietta, G. Montagano

LA RICERCA

La comunicazione sugli screening: Documento di Bertinoro

Diagnosi precoce dei tumori femminili: screening mammografici sulla stampa italiana - E. Benelli, B. Paltrinieri, L. Giordano, N. Segnan

Stato di avanzamento degli studi RIBES e FRICaM - L. Bisanti, A. Russo, A. Bellini, A. Ponti, M. Rosselli del Turco, N. Segnan, M. Zappa

La ricerca del papillomavirus come test primario per lo screening cervicale - G. Ronco

Studio Eurotrial40: efficacia dello screening mammografico nelle donne in età 40-49 - M. Rosselli Del Turco

Referenti dei Programmi di Screening mammografico e citologico

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Secondo Rapporto dell’Osservatorio Nazionale per la Prevenzione dei Tumori Femminili

A cura di Marco Rosselli Del Turco e Marco Zappa

Francesco SchittulliPresidente NazionaleLega Italiana per la Lotta contro i Tumori

Comitato Tecnico Scientifico dell’Osservatorio Nazionaleper la Prevenzione dei Tumori FemminiliMarco Rosselli Del Turco (coordinatore)Silvio ArcidiaconoAlfonso FrigerioEnzo LattanzioItalo NenciMaria Antonietta NosenzoMaria OttavianoGuglielmo RoncoAurora ScalisiNereo SegnanVincenzo VentrellaMarco Zappa

Progetto graficoRovaiWeber Design

StampaABC Tipografiadi Firenze

Si ringraziaLiana Bonfriscoper il coordinamento editoriale

AutoriClaudio Angeloni, ASL TeramoEmanuela Anghinoni, Dipartimento P.A.C.OsservatorioEpidemiologico ASL N° 7 - Regione LombardiaDiego Baiocchi, Agenzia di Sanità Pubblica della Regione LazioAlessandra Barca, Agenzia di Sanità Pubblica della Regione LazioVincenzo Barile, Progetto Basilicata Donna, ResponsabileScreening MammograficoAldo Bellini, ASL Città di MilanoEva Benelli, Giornalista Gruppo Agenzia Zadig, RomaMarco Biocca, Agenzia Sanitaria Regione dell’Emilia-RomagnaLuigi Bisanti, ASL Città di MilanoRita Bordon, Centro Prevenzione Oncologica Piemonte, TorinoPiero Borgia, Agenzia di Sanità Pubblica della Regione LazioLuigi Cataliotti, Dipartimento Area Critica Medico Chirurgica,

Università di FirenzeMassimo Confortini, Centro per lo Studio e la PrevenzioneOncologica, FirenzeMatilde Ceresa, Centro Prevenzione Oncologica Piemonte, TorinoPaolo Dalla Palma, Ospedale Generale, TrentoMassimo De Romanis, Agenzia di Sanità Pubblica della Regione LazioVito Distante, Dipartimento Area Critica Medico Chirurgica,Università di FirenzeAntonio Federici, Agenzia di Sanità Pubblica della Regione LazioAlfonso Frigerio, ASO S. Giovanni Battista, TorinoPaolo Giorgi Rossi, Agenzia di Sanità Pubblica della Regione LazioLivia Giordano, Centro Prevenzione Oncologica Piemonte, TorinoDaniela Giorgi, ASL 2, LuccaGalina Gonzales, Centro Prevenzione Oncologica Piemonte, TorinoGabriella Guasticchi, Agenzia di Sanità Pubblica della Regione LazioAnna Iossa, Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica, FirenzeRocco Maglietta, Programma di Screening Regione BasilicataMaria Teresa Maglione, Coordinamento Tecnico Assessori allaSanità delle Regioni e Province autonome Ettore Mancini, Centro Prevenzione Oncologica Piemonte, TorinoMaria Pia Mano, Dipartimento Scienze Biomediche e OncologiaUmana, Università di TorinoGiuseppe Montagano, Regione BasilicataGioia Montanari, Centro Prevenzione Oncologica Piemonte, TorinoCarlo Naldoni, Centro Prevenzione Oncologica, RavennaEugenio Paci, Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica, FirenzeBarbara Paltrinieri, Giornalista Gruppo Agenzia Zadig, RomaFranca Parisio, Ospedale di Sant’Anna, TorinoPaola Piccini, Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica, FirenzeAntonio Ponti, Centro Prevenzione Oncologica Piemonte, TorinoSonia Prandi, Arcispedale S. M. Nuova, Reggio EmiliaStefania Prandini, Regione UmbriaValentina Ricciardi, Centro Prevenzione Oncologica Piemonte, TorinoGuglielmo Ronco, Centro Prevenzione Oncologica Piemonte, TorinoMarco Rosselli Del Turco, Centro per lo Studio e la PrevenzioneOncologica, FirenzeAntonio Russo, ASL Città di MilanoLinda Laura Sabbadini, Dipartimento di Statiche Sociali ISTAT RomaAurora Scalisi, AUSL 3, CataniaFrancesco Schittulli, Presidente Nazionale Lega Italiana per laLotta contro i Tumori, RomaNereo Segnan, Centro Prevenzione Oncologica Piemonte, TorinoCarlo Senore, Centro Prevenzione Oncologica Piemonte, TorinoFranco Toniolo, Coordinamento Tecnico Assessori alla Sanità delleRegioni e Province autonomeMario Taffurelli, Università di Bologna, Dipartimento di ScienzeChirurgiche e AnestesiologicheMarcello Vettorazzi, Registro Tumori Veneto, PadovaLoris Zanier, Agenzia di Sanità Pubblica della Regione Friuli-Venezia GiuliaMarco Zappa, Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica, Firenze

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È con vivo piacere che la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (LILT) presentail Secondo Rapporto dell’Osservatorio Nazionale per la Prevenzione dei TumoriFemminili, in collaborazione con il Gruppo Italiano per lo Screening Mammografico(GISMa) e il Gruppo Italiano per il Cervico-carcinoma (GISCi). La LILT infatti ha recen-temente rafforzato il proprio impegno e quello delle 103 Sezioni Provinciali nelladiagnosi precoce dei tumori della mammella e della cervice uterina, convinta chei successi ottenuti in termine della riduzione della mortalità per i tumori della mam-mella e dell’incidenza dei tumori della cervice siano certamente dovuti anche aduna maggiore sensibilizzazione e attenzione delle donne alla prevenzione e alladedizione di migliaia di volontari attivi in tutto il Paese.I programmi di screening vanno sviluppandosi sia in termini quantitativi sia qualita-tivi, conformemente a quanto raccomandato dal Piano Sanitario Nazionale e dairecenti documenti elaborati dal Parlamento Europeo. Sicché il lavoro svoltodall’Osservatorio della LILT diviene un prezioso strumento per monitorare l’attività inambito nazionale, come peraltro riconosciuto dalle stesse Regioni. Rinnovo pertan-to un caloroso ringraziamento a tutti i colleghi, operatori sanitari, e volontari chehanno consentito i buoni risultati, ben documentati in questa pubblicazione, che col-locano l’Italia tra i Paesi più avanzati in Europa in tema di prevenzione oncologica.

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PresentazioneA cura diFrancesco Schittulli Presidente Nazionale della LegaItaliana per la Lotta contro i Tumori

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Questo secondo rapporto dell’Osservatorio Nazionale per la Prevenzione deiTumori Femminili costituito sotto l’egida della Lega Italiana per la Lotta contro iTumori (LILT) e in collaborazione con il gruppo Italiano per lo ScreeningMammografico (GISMa) e il Gruppo Italiano per il Cervico carcinoma (GISCi), con-tinua a raccogliere le esperienze di screening e i problemi connessi con la diagnosiprecoce del tumore del seno e del collo dell’utero. Come è noto tali attività sonostate incluse nella lista positiva dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA, Decreto delPresidente del Consiglio dei Ministri del 29 Novembre 2001). È nostra profondaconvinzione che il principio di equità, che i LEA stabiliscono, sia tale solo se le pre-stazioni sono garantite non solo sul piano quantitativo ma anche qualitativo. Il rapporto evidenzia una ulteriore estensione dei programmi organizzati (Giorgi etal., Giordano et al.). Infatti per quanto riguarda il tumore della mammella nel 2001più di un milione di donne di età compresa fra i 50 e i 69 anni sono state invitatee fra queste 560.000 (oltre il 56%) hanno accettato l’invito. Si stima che ormai piùdel 50% della popolazione bersaglio italiana sia coperta da programmi di scree-ning. Questa attività ha portato nel 2002 all’individuazione di quasi 3.300 carcino-mi: fra questi circa 1.000 erano di dimensioni inferiori al centimetro.Per quanto riguarda lo screening citologico (Ronco et al.) si stima che il 52% dellapopolazione bersaglio sia coperta da programmi di screening organizzati; nelcorso del 2001 sono state invitate oltre 1.800.000 donne di età compresa fra i i24 e i 64 anni di età e fra queste 770.000 (42%) hanno aderito. Questa attività haportato alla individuazione di oltre 2200 lesioni CIN2+.Ma al di là di questi numeri gli indicatori di processo e di risultato dimostrano unabuona qualità dei programmi. Dal punto di vista organizzativo si sta sempre più svi-luppando il coordinamento regionale delle attività. L’indagine svolta da Anghinoni eal. sull’organizzazione delle varie Regioni Italiane rispetto ai programmi di scree-ning evidenzia come la maggior parte delle Regioni si siano dotate di un sistemadi organizzazione e monitoraggio, anche se permangono molte differenze cheandranno ulteriormente studiate. L’esperienza organizzativa di due Regioni, Lazio(Federici et al.) e Basilicata (Basile et al.) può essere un utile stimolo a capire i suc-cessi e i problemi.Certo ancora oggi molti problemi rimangono. I risultati delle survey confermano idati dell’Indagine Multiscopo ISTAT (di cui Segnan et al. danno un’efficace sintesi)e descrivono un differenziale importante nell’utilizzo della diagnosi precoce fraCentro-Nord e Sud. D’altra parte, anche fra i vari programmi censiti dalle surveypermangono differenze nei risultati che solo in parte possono essere spiegati dalladiversità delle popolazioni che afferiscono ai programmi. Il problema della qualitàè un problema essenziale se si vuole assicurare una reale equità nell’accesso.Questo problema riguarda non solo gli esami diagnostici ma anche il successivotrattamento. La survey sulla qualità del trattamento chirurgico (Ponti et al.) per icasi di tumore della mammella è un ottimo esempio di come si possa monitorareanche questa fase dell’assistenza. D’altra parte il problema della qualità riguardasia i programmi di screening ma anche le attività di diagnosi precoce al di fuori diessi. L’indagine nazionale sui laboratori di citologia (Confortini et al.) va in questa

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IntroduzioneA cura diMarco Rosselli Del Turco e Marco Zappa

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Il nuovo quadro legislativo, a seguito della legge 3 del2001 di modifica del Titolo V della Costituzione, hainnovato i compiti dello Stato e delle Regioni. Lanuova disposizione costituzionale attribuisce alloStato la competenza esclusiva per la determinazionedei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i dirit-ti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto illivello nazionale.Per ciò che attiene la materia della tutela della salute,che rientra tra quelle a legislazione concorrente, lapotestà legislativa spetta alle Regioni, mentre alloStato è riservata la determinazione dei principi fon-damentali. La portata del cambiamento è assai rile-vante, e si può sostenere che essa rende possibileuna nuova fase di sviluppo in cui senza perdere unadimensione nazionale, che si configura non più comestatale ma come interregionale, le politiche per lasalute e per la programmazione ed organizzazionedei servizi sanitari si radicheranno a livello delleresponsabilità regionali, accentuando un processodecennale in atto in sanità.Le Regioni stanno agendo in direzione di un federali-smo sempre più spinto ed autonomo nella program-mazione sanitaria, rendendola sempre più appropria-ta alle esigenze del territorio, per soddisfare i bisognidi salute in continua evoluzione dei propri abitanti, mastanno anche definendo linee di azione unitaria, voltea garantire l'uniformità ed il miglioramento dell'interosistema sanitario, con un costante lavoro di coordi-namento interregionale, federalismo solidale, chetenga unito il Paese attraverso la qualità e il livello deiservizi nazionali erogati. Trovare un equilibrio accettabile tra l'uniformità,avvertita come esigenza fondamentale dai cittadini,per ciò che attiene la sanità, e la diversità che

discende dai bisogni specifici e dalle scelte organiz-zative delle istituzioni locali, è la sfida che oggi, allaluce del federalismo, le Regioni stanno affrontando.In linea con il percorso delineato, il Coordinamentodegli Assessori alla Sanità delle Regioni e delleProvince Autonome ha concordato di avviare una col-laborazione con l'Osservatorio Nazionale per la pre-venzione dei tumori sul monitoraggio e valutazionedelle attività di screening e diagnosi precoce deitumori. Il DPCM di novembre 2001 ha incluso i programmi didiagnosi precoce per la prevenzione dei tumori neiLivelli Essenziali di Assistenza per cui in ogni Regionedovrebbe essere attuato un programma di screeningper la cervice uterina e per la mammella. A livello territoriale, però, esiste una disomogeneitàper quanto riguarda l'attivazione dei programmi diprevenzione oncologica ed il livello di copertura dellapopolazione target. La collaborazione tra Regioni e Osservatorio permet-terà di migliorare le esigenze conoscitive e valutativedi ciascuna Regione, ampliare le conoscenze sullaofferta dei programmi a livello territoriale, di valutarel'impatto della concomitante offerta dei test di scree-ning al di fuori dei programmi organizzati sia in termi-ni di copertura della popolazione che in termini eco-nomici, di avviare una valutazione della qualità dei pro-grammi di screening al fine di garantire la qualità deiservizi offerti al cittadino e di evitare dei costi aggiun-tivi per i servizi sanitari regionali. La collaborazionepermetterà, inoltre, di far si che le attività attualmen-te volontarie di partecipazione alla rilevazione possa-no diventare costanti e strutturate e la rilevazionepotrà anche riguardare notizie specifiche utili per laprogrammazione regionale.

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Il rapporto fra l'Osservatorio Nazionale e il Coordinamento degliAssessori alla Sanità delle Regioni e delle Province Autonome.a cura di

Franco Toniolo e Maria Teresa Maglione

direzione. Un processo di monitoraggio e valutazione per le Unità di Senologia èin corso di costruzione. In realtà i programmi di screening devono affrontare anche altri problemi, comequello della comunicazione (con le utenti, ma anche con il mondo sanitario e conil resto della comunità locale) e dei valori connessi. A questo propositol’Osservatorio ha portato avanti questa tematica in un seminario residenziale e quiviene pubblicato un primo documento (La Comunicazione sugli Screening -Documento di Bertinoro) che ha lo scopo di rilanciare il dibattito. I problemi dellacomunicazione riguardano anche i rapporti con i media come risulta dalla interes-sante valutazione su cosa riportano i media rispetto ai problemi della diagnosi pre-coce nel caso del tumore della mammella (Benelli et al.).I programmi di screening sono anche ricerca di innovazione. Da questo punto divista gli aggiornamento di alcuni grandi studi in corso (Bisanti et al., Ronco et al.,Rosselli del Turco et al.) ci informano su alcune importanti novità.Riteniamo quindi che il lavoro svolto dall’Osservatorio, ben documentato in questorapporto, sia alla base dell’interesse riscontrato all’interno del CoordinamentoInterregionale dell’Area Sanità, come riportato nella presentazione di Toniolo eMaglione. Gli Assessori alla Sanità delle Regioni e delle Provincie Autonome hannoconcordato di avviare una collaborazione con l’Osservatorio sul monitoraggio e lavalutazione delle attività di screening e di diagnosi precoce al fine di rispondere alleesigenze conoscitive e di programmazione di ciascuna Regione. Su queste pre-messe è stato costituito un tavolo di lavoro, che vede la partecipazione di uno (opiù) rappresentanti di ogni Regione e dell’Osservatorio, e si stanno definendo i pro-grammi di lavoro comune. Ci pare questo un approdo importante, tenuto conto delle responsabilità direttedelle Regioni nella tutela della salute e, specificamente, in tema di prevenzioneoncologica, all’interno degli indirizzi programmatici confermati dal Piano SanitarioNazionale. Raccogliere e elaborare dati e riflessioni sull’argomento degli screeninge della diagnosi precoce, come l’Osservatorio si propone di continuare a svilup-pare in modo sempre più qualificato, assume un significato ancora più importantese l’elaborazione che ne consegue diviene materia di programmazione e di inter-vento reale.

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diagnostiche sono circa 3.300), legato soprattutto aprogrammi di grosse dimensioni in cui i tempi e lemodalità di recupero della casistica nelle varie struttu-re ospedaliere presenti sul territorio è ovviamente piùcomplessa.

EstensioneNel 2001 c’è stata un’ulteriore espansione dello scree-ning mammografico sul territorio nazionale, iniziata giànel 1999, con l’attivazione di 10 nuovi programmi chehanno partecipato all’indagine.I programmi che hanno fornito dati per il 2001 sono 64(tabella 1), appartenenti a 13 regioni. In 6 regioni il pro-gramma risulta inserito nel contesto di un progettoregionale.43 programmi su 64 (i 2/3 del totale) sono stati attivatinegli ultimi 3 anni (1999-2001). Sono solo 7 invece iprogrammi “storici”, cioè con un’attività che risale a piùdi 5 anni.In accordo con le linee-guida italiane ed europee sugliscreening, i programmi si rivolgono attualmente inmodo quasi esclusivo alla fascia di età compresa tra i50 ed i 69 anni. In effetti, alcuni programmi manten-

gono una parte marginale di attività anche sulle donneche hanno superato i 70 anni, mentre – anche comeconseguenza del relativo decreto ministeriale – ultima-mente qualche programma ha incominciato ad inclu-dere alcune donne nella fascia di età 45-49.La popolazione bersaglio dei programmi attivi in Italia,dai valori complessivi decisamente limitati dei primianni ’90, ha avuto un incremento considerevole nell’ul-timo quinquennio ed ha raggiunto nel 2001 circa 3milioni e 300.000 donne. Nel 2001 un milione e cin-quantamila italiane hanno ricevuto un invito per effet-tuare una mammografia di screening e quasi 566.000donne hanno aderito, effettuando una mammografianell’ambito di progetti organizzati di screening (Tabella2); rispetto al 2000 c’è stato un incremento di esami-nate di oltre 25.000 donne.L’estensione, ovvero la percentuale di donne interessa-te da progetti di screening mammografico rispetto allapopolazione femminile italiana nella fascia di età 50-69anni, è attualmente del 47,2%, mentre la quota didonne che nel 2001 ha realmente effettuato unamammografia di screening è pari al 15,8% della popo-lazione bersaglio nazionale.

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PremessaIl secondo rapporto sull’attività dei programmi di scree-ning mammografico si riferisce, come il precedente, aidati dei programmi italiani aderenti al GISMa (GruppoItaliano per lo Screening Mammografico) e che hannoinviato i risultati relativi all’attività svolta nel 2001.I dati dell’indagine GISMA possone essere consideratilargamente rappresentativi della realtà italiana, seppu-re in qualche modo per difetto. Infatti l’adesione dei sin-goli programmi alle survey annuali del GISMa vieneeffettuata talvolta in modo saltuario, legata in alcunicasi ad una effettiva interruzione del programma, inaltri ad una impossibilità nell’effettuare l’analisi dei risul-tati nei tempi richiesti dall’indagine nazionale.Nonostante ciò offrono comunque una buona panora-mica della situazione italiana in campo di screeningmammografico, e sono un’importante base di parten-za per il miglioramento della qualità dei programmi. Tra gli obiettivi del GISMa, al fine di promuovere le ini-ziative di screening sul territorio nazionale e rendere piùomogenee possibile le procedure operative e di con-trollo di qualità, c’è anche l’elaborazione e la pubblica-zione di linee-guida.In seguito all’analisi dei risultati ottenuti fino ad ora e alloscopo di aggiornare gli indicatori, la cui definizione risa-le ormai alle prime indagini del Gruppo, è stata elabo-rata una nuova versione del manuale di valutazione(attualmente in attesa di stampa); sono stati introdottialcuni indicatori nuovi, altri sono stati eliminati, e dovesi è ritenuto opportuno sono stati aggiornati gli stan-dard di riferimento, sostanzialmente in accordo conquelli proposti nell’ultima edizione delle Linee-GuidaEuropee per lo Screening Mammografico.L’obiettivo di questo rapporto è quello di fornire un qua-dro sintetico della realtà degli screening mammografi-

ci in Italia. Verranno quindi riportati solo alcuni degliindicatori analizzati e discussi in ambito GISMa, rap-presentativi dei volumi di attività e della qualità degliinterventi realizzati. Per la stessa ragione, non verran-no illustrati i risultati dei singoli programmi, ma piutto-sto i dati globali per regione e per fasce di età. Per ogni indicatore si segnalano i valori raccomandatiin ambito GISMa, distinti in due livelli: minimo (accetta-bile) ed ottimale (desiderabile).Tenendo in considerazione quanto sopra riportato,nella valutazione dei risultati occorre tenere presente leseguenti considerazioni:- dal momento in cui inizia il secondo passaggio discreening, non tutti i programmi sono in grado di sepa-rare i primi esami dagli esami ripetuti, quindi i risultativengono inseriti in uno dei due gruppi in base alla quotamaggiore di popolazione rappresentata.- alcuni programmi (anche se pochi) non sono ancorain grado di fornire i risultati separatamente per fasce dietà quinquennali, quindi i risultati espressi per classi dietà sono relativi ad un sottogruppo di programmi.- i risultati sono presentati su base nazionale e regio-nale, ma occorre tenere presente che in diversi casi inuna stessa regione coesistono programmi che fannoriferimento a strutture organizzative differenti, ed a pro-grammi iniziati in periodi diversi, quindi con maggio-re/minore esperienza. - non tutti i programmi, soprattutto quelli in grosse areee con molti centri di screening dislocati sul territorio,riescono a fornire i dati completi relativi ai casi diagno-sticati, quindi alcuni dei risultati diagnostici sono leg-germente sottostimati rispetto alla situazione reale.Nell’indagine GISMa 2001, il numero totale di casiancora in sospeso relativamente alle informazioni dia-gnostiche è di circa 560 casi (i casi con informazioni

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Lo Screening mammografico in Italia: Dati GISMa 2001a cura di

Daniela Giorgi, Livia Giordano, Paola Piccini, Eugenio Paci, Alfonso Frigerio

Tabella . 1: Distribuzione per regione e data d’inizio dei programmi attivi nel 2001.

Regione Numero programmi Anno di iniziosurvey 2001 1970-95 1996-98 1999 2000 2001

Val d’Aosta * 1 0 1 0 0 0Piemonte * 9 1 0 4 2 2Liguria 1 0 0 0 1 0Lombardia 5 0 0 2 1 2Trentino 1 0 0 0 0 1Veneto 12 0 2 4 3 3Emilia-Romagna * 12 2 8 2 0 0Toscana * 10 3 2 4 1 0Umbria 1 0 1 0 0 0Marche 1 0 0 1 0 0Lazio * 7 0 0 5 1 1Basilicata * 1 0 0 1 0 0Sicilia 3 1 0 1 0 1Totale 64 7 14 24 9 10

* Programmi attivati nel contesto di un progetto regionale

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Indicatori diagnosticiNelle tabelle che seguono (tabelle 5-6-7-8) vengo-no riportati alcuni dei principali indicatori diagno-stici, rappresentativi della qualità degli interventirealizzati. Gli indicatori sono riportati separatamente per“primi esami”, ovvero donne che si sottopongonoal test per la prima volta, indipendentemente dalnumero del passaggio organizzativo del program-ma, ed “esami successivi”, cioè donne che in pas-sato si sono già sottoposte a mammografia discreening. Per i programmi iniziati nell’ultimo bien-nio, questa seconda categoria non è ovviamenteancora disponibile. Ove disponibili, vengono inoltre segnalati i valoriraccomandati in ambito GISMa, distinti in due livel-li: minimo (accettabile) ed ottimale (desiderabile).

Tasso di richiamo Rappresenta la percentuale di donne che dopo unamammografia di primo livello vengono riconvocatepresso la struttura di screening per essere sottopo-ste ad ulteriori approfondimenti diagnostici. Tale valo-re deve essere ragionevolmente basso, per limitaregli effetti psicologici negativi (ansia) e gli approfondi-menti invasivi che possono derivare (prelievi, biopsie),oltre che i costi complessivi della procedura.Costituisce l’indicatore principale della specificità dia-gnostica del programma nella fase di primo livello.I valori raccomandati attualmente sono: < 7% (accet-tabile) e < 5% (desiderabile) per i primi passaggi; <5% (accettabile) e < 3% (desiderabile) per i passaggidi screening successivi al primo.

Tasso di identificazione totale (“detection rate”)Corrisponde al numero di carcinomi diagnosticatiogni 1000 donne esaminate. Costituisce uno dei prin-cipali indicatori della sensibilità diagnostica del pro-gramma.

Rapporto B/M (Benigni/Maligni) Si calcola sulle pazienti a cui è stata consigliata laverifica chirurgica. È il rapporto tra coloro chedopo l’intervento hanno avuto una diagnosi istolo-gica di tipo benigno e quelle che hanno avuto unadiagnosi istologica di tipo maligno. Deve essere ilpiù basso possibile ed è un ottimo indicatore dellaspecificità diagnostica del programma dopo lafase di approfondimento. L’introduzione semprepiù frequente di nuove tecniche diagnostiche ditipo invasivo (es. mammotome, etc.) richiede cau-tela nell’interpretazione di questo indicatore.I valori raccomandati sono: ≤ 1: 1 (accettabile) e ≤0,5: 1 (desiderabile) per i primi esami, e ≤ 0,5: 1(accettabile) e ≤ 0,2: 1 (desiderabile) per gli esamisuccessivi.

Tasso di identificazione dei tumori minori o ugualia 10 mm (“detection rate tumori ≤ 10 mm”)Corrisponde al numero di carcinomi invasivi ≤ 10mm diagnosticati ogni 1000 donne esaminate.Rappresenta quindi la capacità del programma didiagnosticare tumori “piccoli”, quindi tumori moltoprobabilmente in “fase precoce” e quindi a migliorprognosi.

Percentuale di tumori in situÈ il rapporto fra il numero di cancri identificati condiagnosi di tumore duttale in situ e il numero dicancri totali diagnosticati allo screening con dia-gnosi istologica. È un indicatore di performancedel programma ed in specifico, un indicatore diqualità dell’immagine, di predittività radiologica edi adeguatezza degli accertamenti. I valori racco-mandati sono 10% (accettabile) e 10 – 20% (desi-derabile) per tutti i passaggi. Lo standard prevede anche un valore di massima,perché un’alta proporzione di TIS potrebbe essereindice di sovradiagnosi oppure può essere l’e-

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Come verrà illustrato nel capitolo successivo, esiste anco-ra un forte squilibrio di offerta di programmi di screeningfra il Centro-Nord ed il Sud dell’Italia, dove solo il 6% dellapopolazione risulta coperta da programmi organizzati.

PartecipazioneIl tasso grezzo di partecipazione (o adesione) è il rapportotra gli esami eseguiti e le donne invitate. L’uso del tassocorretto di partecipazione – per i programmi che sono ingrado di calcolarlo – è più rappresentativo della reale rispo-sta della popolazione bersaglio, in quanto toglie dal deno-minatore le donne che hanno risposto alla lettera d’invitosegnalando di avere già effettuato una mammografia, al difuori del programma, da pochi mesi. In questi casi l’esame

non viene ovviamente ripetuto, ma le donne sono disponi-bili a presentarsi in occasione di un invito successivo. I nuovi valori raccomandati sono: ≥ 50 % (accettabile) e ≥70 % (desiderabile) per l’adesione grezza, e ≥ 60% e ≥75% rispettivamente per l’adesione corretta.Nella tabella 3 sono riportati i risultati di adesione grezza ecorretta per le singole regioni. I tassi di partecipazionegrezza sono nel complesso soddisfacenti, superandoquasi ovunque la soglia minima raccomandata del 50%. Ilvalore medio nazionale del 53,6% risulta leggermente infe-riore a quello registrato nel 2000, pari al 56,9%.Il dato per fasce di età quinquennali (tabella 4) confermaquanto già emerso in numerosi altri programmi, cioè unamiglior risposta da parte delle donne più giovani.

16

I dati che non raggiungono il livello minimo raccomandato sono evidenziati in rosso.I dati in grassetto evidenziano i risultati che superano anche il livello desiderabile.

Tabella . 2: Copertura della popolazione bersaglio da parte dei programmi attivi nel 2001.

Regione Popolaz. Estensione Popolazione % invitate Es. eseguiti Es. eseguitibersaglio progetto invitata /popolaz. (Primo (Passaggi

(%/pop.reg.) nel 2001 bersaglio/2 passaggio) successivi)Val d’Aosta 15.255 100,0 5.893 77,3 1.588 2.577Piemonte 584.525 100,0 157.813 54,0 52.579 35.630Liguria 8.374 3,5 4.302 100,0 2.575 0Lombardia 569.789 47,6 198.452 69,7 82.970 1.547Trentino 56.617 52,5 18.336 64,8 3.579 6.313Veneto 294.179 52,0 77.767 52,9 46.607 7.550Emilia Romagna 513.618 96,2 242.272 94,3 34.338 115.722Toscana 408.755 85,1 168.793 92,6 42.210 59.547Umbria 43.484 39,4 22.436 100,0 5.937 5.453Marche 11.337 6,1 9.642 100,0 7.023 0Lazio 654.345 96,1 66.407 20,3 22.999 9.210Basilicata 67.695 100,0 31.870 94,2 5.439 5.792Sicilia 71.673 12,5 44.481 100,0 9.495 564Totale 3.299.646 1.048.284 317.339 249.885

Tabella . 4: Adesione grezza e corretta per fasce di età quinquennali - Anno 2001.

Età Adesione grezza (%) Adesione corretta (%)50-54 55,2 58,755-59 56,2 59,360-64 54,6 57,165-69 48,9 50,9Totale 50-69 52,4 55,2

N.B. I risultati in tabella sono riferiti solo ad un sottogruppo di programmi che hanno inviato i dati distribuiti per età.

Tabella . 3: Partecipazione grezza e corretta della popolazione invitata – Anno 2001.

Regione Adesione grezza (%) Adesione corretta (%)Val d’Aosta 67,5 68,1Piemonte 51,1 53,8Liguria 60,1 73,7Lombardia 43,6 47,6Trentino 56,3 61,3Veneto 64,1 70,1Emilia Romagna 62,4 65,5Toscana 60,8 62,7Marche 74,2 74,2Umbria 50,8 50,8Lazio 49,4 50,4Basilicata 36,5 36,5Sicilia 24,4 24,6Italia 53,6 56,5

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D’altra parte, proprio la puntuale registrazione ditutti i risultati ed il confronto con le altre realtànazionali ed estere e con i parametri di riferimen-to, rappresentano uno strumento fondamentale

per un continuo miglioramento delle procedure distandardizzazione e di controllo di qualità dellediverse fasi dei programmi di screening.

19

spressione di diverse abitudini (tendenze) deglianatomo patologi nell’utilizzo delle categorie pato-logiche.In tutte le tabelle presentate, sono stati evidenzia-ti in rosso i valori che non raggiungono i parametriminimi raccomandati, ed in grassetto i valorimigliori, superiori anche ai livelli desiderabili indi-cati dalle linee-guida.I dati analizzati si riferiscono a oltre 565.000esami effettuati, per un totale di 3.294 carcinomidiagnosticati nell’anno, tra primi esami (1.950) edesami successivi (1.344). Complessivamente gli indicatori diagnostici regi-strati dai programmi italiani nel 2001 rispondonoin modo piuttosto soddisfacente ai parametri rac-comandati a livello nazionale ed europeo.Il dato dove si rileva un superamento dello stan-dard sia a livello italiano che regionale è il tasso dirichiami per i primi esami (tabella 5); occorrecomunque tenere presente che il nuovo standardper tale parametro è stato abbassato rispetto airiferimenti utilizzati in precedenza. La spiegazione di alcuni dei risultati più lontani dai

valori ottimali, può essere identificata, come pre-vedibile, nella relativa inesperienza degli operatoridei programmi di più recente attivazione, in rap-porto con il noto fenomeno della “curva di appren-dimento”. Si ricorda che oltre i due terzi dei pro-grammi sono stati attivati nell’ultimo triennio(1999-2001).A fronte di una sostanziale omogeneità di dati dilivello buono o ottimo, alcune oscillazioni sono inrealtà percepibili, specie quando si analizzano iprogrammi su scala minore. Si vedano a titolo diesempio le figure 2-5: vengono riportati i tassi dirichiamo ed i tassi di identificazione per primiesami e successivi; l’altezza del rettangolo rap-presenta il valore medio regionale, mentre la dis-persione dei punti all’interno di ogni regione rap-presenta i valori registrati dai singoli programmi.Si può notare come in diversi casi il valore medioregionale è in realtà dato da programmi che pre-sentano ampie variazioni tra loro, dovute sia aidiversi anni di attività dei singoli programmi che astrutture organizzative differenti.

18

Tabella . 5: Indicatori diagnostici – primi esami.

Regione Tasso di Tasso di Rapporto Tasso di Tumoririchiami totali identificazione B/M identificazione in situ

(%) totale Tum. <= 10 mm %(x 1.000) (x 1.000)

Val d’Aosta 5,2 6,9 0,3 1,3 20,0Piemonte 6,0 8,0 0,3 2,2 10,2Liguria 5,5 9,3 0,2 3,5 16,7Lombardia 8,1 6,6 0,4 0,7 8,6Trentino 8,3 8,7 0,2 3,1 22,6Veneto 10,1 8,1 0,4 2,4 16,7Emilia Romagna 5,2 7,9 0,3 2,9 15,6Toscana 7,8 6,0 0,4 2,3 11,6Marche 5,6 n.d. n.d. n.d. n.d.Umbria 10,0 9,8 0,1 2,7 12,1Lazio 6,9 n.d. n.d. n.d. n.d.Basilicata 8,0 7,5 0,7 0,4 10,5Sicilia 8,3 3,4 0,3 0,5 0,0 Italia 7,6 7,0 0,3 1,8 12,7

(n.d. = dato non disponibile)I dati che non raggiungono il livello minimo raccomandato sono evidenziati in rosso.I dati in grassetto evidenziano i risultati che superano anche il livello desiderabile.

Tabella . 6: Indicatori diagnostici – esami successivi.

Regione Tasso di Tasso di Rapporto Tasso di Tumori inrichiami totali identificazione B/M identificazione situ

(%) totale Tum. <= 10 mm %(x 1.000) (x 1.000)

Val d’Aosta 5,4 3,5 0,1 2,4 11,1Piemonte 3,2 5,5 0,2 2,2 15,0Lombardia 7,1 7,1 0,4 n.d. n.d.Veneto 3,5 3,3 0,2 1,3 17,4Trentino 11,4 10,6 0,1 3,8 17,9Emilia Romagna 3,8 5,9 0,2 2,0 14,5Toscana 4,3 4,4 0,2 1,6 10,8Umbria 7,1 6,2 0,1 2,0 20,6Lazio 7,8 n.d. n.d. n.d. n.d.Basilicata 5,3 4,1 0,6 1,4 12,5Sicilia 4,6 7,1 0,0 1,8 0,0Italia 4,2 5,4 0,2 1,9 14,1

(n.d. = dato non disponibile)I dati che non raggiungono il livello minimo raccomandato sono evidenziati in rosso.I dati in grassetto evidenziano i risultati che superano anche il livello desiderabile.

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00.0

Valle

d’A

osta

2.00

10.00

15.00

Piem

onte

Vene

to

Tren

tino

Emilia

Rom

agna

Tosc

ana

Umbr

iaLa

zio

Basi

licat

aSi

cilia

Italia

20.00

%

4.3

4.00

00.0

Valle

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osta

2.00

10.00

15.00

Piem

onte

Vene

to

Tren

tino

Emilia

Rom

agna

Tosc

ana

Umbr

iaLa

zio

Basi

licat

aSi

cilia

Italia

20.00

%

4.3

4.00

Figura . 4:Primi esami 2001:detection rate

Figura . 5:Esami successivi 2001:detection rate

2120

00.0

Valle

d’A

osta

2.00

10.00

15.00

Piem

onte

Vene

to

Tren

tino

Emilia

Rom

agna

Tosc

ana

Umbr

iaLa

zio

Basi

licat

aSi

cilia

Italia

20.00

%

4.3

4.00

Figura . 3:Es. successivi 2001:richiami per approfondimenti

00.0

Valle

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osta

5.00

10.00

15.00

Piem

onte

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Emilia

Rom

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Umbr

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Lazi

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Basi

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Italia

20.00

%

7.3

Figura . 2:Primi esami 2001:richiami per approfondimenti

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già superati dall’attività svolta nel 2001, ma cherichiedono in ogni caso un ulteriore sforzo di pro-grammazione e finanziamento per poter raggiun-gere davvero un impatto di portata nazionale.I risultati raggiunti, seppur con le cautele interpre-tative già suggerite in precedenza, testimoniano lacapacità di iniziativa e di operatività ad alto livellodi tanti individui ed istituzioni. Nonostante i buonirisultati ottenuti in questi anni e il grande impegnodimostrato dagli operatori, permangono le difficol-tà, già evidenziate in precedenza, relative all’attua-le situazione di risorse sempre più limitate.La stabilità dei finanziamenti, la disponibilità di per-sonale di alta qualificazione, la formazione dei varioperatori, l’instaurazione di centri dedicati e distrutture per il controllo di qualità, rappresentano iprincipali settori di intervento che il GISMa dovràaffrontare.

ConclusioneI dati presentati dimostrano il notevole sviluppo diiniziative di screening mammografico in Italia nelloscorso decennio, e soprattutto in questi ultimi treanni. Dalle poche decine di migliaia di esami analizzatinelle prime indagini del GISMa (1991-92), raccolteda pochi programmi che coprivano appena un 5%della popolazione bersaglio italiana, si è giunti que-st’anno ad una estensione dei programmi cheriguarda quasi la metà della popolazione italiana(47%), anche se la quota di donne che nel 2001 harealmente effettuato una mammografia di scree-ning è circa il 16% della popolazione bersaglionazionale.Si tratta di valori in sé considerevoli, espressionedell’impegno di molte istituzioni ed operatori suscala prevalentemente regionale o locale, in parte

2322

Una breve nota di commento meritano le tabelle 7e 8, dove i risultati diagnostici sono riportati perfasce di età quinquennali. I risultati del 2001, con-fermano quanto già emerso dall’indagine delloscorso anno: dimostrano infatti la maggiore pro-blematicità delle procedure di diagnosi precocenelle età più giovani. Tutti gli indicatori sono infattimeno buoni nel gruppo delle 50-54enni, con piùcasi mammograficamente sospetti (tassi di richia-mo più alti), più interventi chirurgici con esito beni-gno (rapporto B/M), a fronte di un numero sensi-

bilmente inferiore di carcinomi identificati (tasso diidentificazione), rispetto alle fasce di età superiori,anche evidentemente in rapporto alla diversa inci-denza di patologia.Nel momento in cui giustamente ci si pone il pro-blema di includere nelle iniziative di diagnosi pre-coce anche le donne 40enni, cosa già in parteattuata da qualche programma, questi datiandranno attentamente considerati, insieme conquelli risultati dagli studi specifici in via di svolgi-mento (vedi Eurotrial-40).

Tabella . 7: Indicatori diagnostici per fasce di età – primi esami.

Età Tasso di Tasso di Rapporto Tasso di Tumori inrichiami totali identificazione B/M identificazione situ %

(%) totale Tum. <= 10 mm(x 1.000) (x 1.000)

50-54 7,8 5,0 0,5 1,5 13,955-59 6,7 5,7 0,4 1,5 16,060-64 6,8 8,1 0,3 2,2 12,165-69 6,9 9,8 0,3 6,0 8,9Italia 50-69 7,1 6,8 0,3 1,9 12,4

I dati che non raggiungono il livello minimo raccomandato sono evidenziati in rosso.I dati in grassetto evidenziano i risultati che superano anche il livello desiderabile.N.B. I risultati in tabella sono riferiti solo ad un sottogruppo di programmi che hanno inviato i dati distribuiti per età.

Tabella . 8: Indicatori diagnostici per fasce di età – esami successivi.

Età Tasso di Tasso di Rapporto Tasso di Tumori inrichiami totali identificazione B/M identificazione situ

(%) totale Tum. <= 10 mm %(x 1.000) (x 1.000)

50-54 4,7 3,7 0,5 1,3 15,255-59 4,1 4,4 0,2 1,6 13,560-64 3,9 6,4 0,2 2,3 14,665-69 3,9 7,1 0,1 5,2 12,9Italia 50-69 4,1 5,4 0,2 1,9 14,0

I dati che non raggiungono il livello minimo raccomandato sono evidenziati in rosso.I dati in grassetto evidenziano i risultati che superano anche il livello desiderabile.N.B. I risultati in tabella sono riferiti solo ad un sottogruppo di programmi che hanno inviato i dati distribuiti per età.

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Estensione geograficaEscludendo il programma attivato in alcuni comunirurali della provincia di Firenze agli inizi degli anni’70 (che ha contribuito anche alla valutazione diefficacia dello screening), una prima diffusione diprogrammi organizzati di screening si è verificataalla fine degli anni ’80 - inizi anni ’90.La figura 1 illustra la distribuzione geografica deiprogrammi di screening nel 1992, dove solo inalcune realtà piemontesi, lombarde e toscane (conl’unica eccezione del programma di Palermo) erapresente un’attività di screening. In realtà la mag-gior parte dei 14 programmi attivi era di piccoledimensioni (con l’eccezione di Torino e Firenze) esolo il 5% della popolazione bersaglio italiana(donne in fascia di età 50-69 anni) risultava inseri-ta in un’attività preventiva organizzata.Nel 1993-95 si passa ad un’estensione al 9.1%della popolazione bersaglio, soprattutto per l’atti-vazione di diversi programmi nella regione EmiliaRomagna e nel 1996-97 si arriva al 14.3% di popo-lazione coperta da programmi di screening orga-nizzato.Un notevole impulso all’incremento dei programmidi screening mammografico è stato dato sicura-mente dalla pubblicazione nel giugno del 1996delle linee guida della Commissione OncologicaNazionale dove veniva sottolineata la necessità diimplementare sul territorio nazionale programmi discreening di alta qualità con adeguati controllidelle procedure in tutte le fasi del processo. Talepubblicazione è stata seguita infatti dalla realizza-zione di una serie di iniziative su base regionaledove l’attivazione di programmi di screening mam-mografico è stata inserita fra le attività prioritarie

dei piani sanitari.Nel biennio 1998-99 si ha infatti l’attuazione del-l’attività di screening mammografico in diversiambiti regionali (Val d’Aosta, Piemonte, Veneto,Emilia Romagna, Toscana, Abruzzo e Basilicata)con un incremento dell’estensione al 21.8% nelbiennio ‘98-’99, al 35.8% nel 2000 (Fig. 2) ed al47.2% nel 2001 (Fig.3).Dal confronto dell’estensione dell’attività di scree-ning in questi ultimi due anni si può facilmentenotare come alcune realtà italiane attive in unperiodo, non lo siano più nel periodo successivo.Questo è un fenomeno che si è frequentementeverificato nel corso degli anni e che spesso hainteressato realtà dove l’attività di screening eralegata a singole, spesso piccole, strutture locali edove l’implementazione dell’attività a livello piùampio (regionale) ha incontrato più difficoltà nellasua attuazione. Parallelamente l’impossibilità peralcuni programmi a raccogliere ed inviare i lorodati alle scadenze previste, può giustificare alcuneassenze e determinare una sottostima della realecopertura. Inoltre la distribuzione geografica dei programmiitaliani risente di una forte disomogeneità territo-riale, che si e’ ampliata negli ultimi 2 anni copertidalla rilevazione, come evidenziano le figure 4 e 5.Confrontando i dati relativi al 2000 e al 2001, lapopolazione bersaglio italiana inserita in un pro-gramma di screening passa dal 45.7% al 60.0%nel Nord, dal 58.2% al 76.6% nel Centro e restapraticamente invariata nel Sud e Isole (<=6%).

25

IntroduzioneFin dalla sua nascita, nel 1990, uno degli obiettiviprincipali del Gisma, Gruppo Italiano per loScreening Mammografico, è stato quello di racco-gliere in modo sistematico e nel modo più esausti-vo possibile i dati di attività dei programmi discreening mammografico che via via sono statiimplementati sul territorio nazionale. Questo conti-nuo monitoraggio dell’attività e soprattutto la com-parazione dei dati osservati con quelli nazionali edeuropei hanno rappresentato una base moltoimportante per la crescita dei programmi. Il coinvolgimento di realtà molto disomogenee tradi loro, con diversi livelli e tempi di implementazio-ne dell’attività di screening, diversi livelli di sensibi-lizzazione delle popolazioni interessate e diversecriticità organizzative e gestionali, ha permessoinfatti il nascere e l’accrescersi di un forte spiritodi collaborazione e confronto multidisciplinareall’interno del Gisma.E proprio la raccolta annuale dei dati e la loro pre-sentazione e discussione ha rappresentato lo stru-mento fondamentale attorno al quale questo conti-nuo confronto è potuto scaturire e consolidarsi nelcorso degli anni. Sicuramente negli ultimi anni vi è stato un perfe-zionamento della metodica di raccolta di questidati di attività, con un livello di standardizzazione ecompletezza migliori e con conseguente ricadutapositiva in termini sia di quantità che di qualità deiconfronti. A ormai più di 10 anni dall’avvio dei primi pro-grammi italiani, possiamo di certo affermare che idati raccolti dal GISMa offrono una buona e com-pleta fotografia di come l’attività di screening

mammografico organizzato si sia andata imple-mentando e modificando nel tempo nelle varierealtà italiane. Essi costituiscono indubbiamenteuna fonte preziosa per confronti e discussioni tra iprogrammi ma possono, anche e soprattutto, offri-re spunti per futuri miglioramenti.Proprio per poter sfruttare al meglio e trarre ulte-riori insegnamenti da questa ormai molto impo-nente quantità di dati, ogni anno, all’interno degliincontri annuali del Gisma, sono presentate anchele analisi sull’andamento temporale di alcuni tra iprincipali indicatori di processo prodotti dai pro-grammi di screening sia durante i primi passaggiche durante i passaggi successivi ed una valuta-zione dell’andamento degli indicatori rispetto adaltri parametri come il volume medio e la duratadell’attività dei singoli programmi.Questa relazione presenta questo tipo di confrontie si riferisce ai dati di attività di screening mam-mografico relativi ai programmi attivi dal 1996 al2001 che hanno aderito alle annuali indagini delGisma. Può essere considerata un aggiornamentodell’analoga relazione pubblicata sulla passata edi-zione del Rapporto.

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Trend temporali di alcuni Indicatori dei Programmi di Screeningmammografico in Italia: 1996-2001a cura di

Livia Giordano, Daniela Giorgi, Paola Piccini, Carlo Senore

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NORD= 45.7%

CENTRO= 58.2 %

SUD + ISOLE= 5.9 %REGIONEVENETO

REGIONEEMILIA ROMAGNA

MilanoVareseMantovaLecco

REGIONEPIEMONTE

REGIONETOSCANA

RomaFrosinoneRietiLatina

REGIONEBASILICATA

CataniaSiracusaRagusa

47.2 %

% DI DONNE INSERITE INUN PROGRAMMA DISCREENING SUL TOTALEDELLE DONNE ITALIANETRA 50-69 ANNI: 47.2 %

REGIONEVALLE D’AOSTA

Genova Perugia

Provinciadi Trento

Ascoli Piceno

Figura . 3

Figura . 4

NORD= 60%

CENTRO= 76.6 %

SUD + ISOLE= 6.0 %Figura . 1 GISMa 1992 Distribuzione geografica dei programmi di screeningFigura . 2 GISMa 2000 Distribuzione geografica dei programmi di screeningFigura . 3 GISMa 2001 Distribuzione geografica dei programmi di screeningFigura . 4 Anno 2000: Percentuale di popolazionebersaglio coperta da un programma di screeningFigura . 5 Anno 2001: Percentuale di popolazionebersaglio coperta da un programma di screening

Figura . 5

26

Palermo

NapoliCaserta

FirenzecittàFirenzeprovinciaMassa

TorinoCossato (BI)Tortona (AL)Savigliano (CN)

Leno (BS)BresciaVal Trompia (BS)Milano cittàMilano S. Paolo

% DI DONNE INSERITEIN UN PROGRAMMA DISCREENING SUL TOTALEDELLE DONNE ITALIANETRA 50 E 69 ANNI

5%

Figura . 1

REGIONEVENETO

REGIONEEMILIA ROMAGNA

LenoBresciaVal Trompia (BS)Milano cittàMilano 1

REGIONEPIEMONTE

REGIONETOSCANA

RomaAlbano

Napoli

REGIONEBASILICATA

CataniaSiracusaRagusa

35.8 %

% DI DONNE INSERITE INUN PROGRAMMA DISCREENING SUL TOTALEDELLE DONNE ITALIANETRA 50-69 ANNI: 35.8 %

REGIONEVALLE D’AOSTA

Perugia

Figura . 2

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parametri considerati viene mantenuto anche limitandol’analisi ad un periodo più recente (1999-2001) in cui ven-gono inclusi un maggior numero di programmi (per iprimi passaggi di screening sono stati inclusi i program-

29

mi dellle regioni Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia,Veneto, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Basilicata eSicilia, mentre per i passaggi successivi i programmi delPiemonte, Valle d’Aosta, Emilia Romagna, Toscana eSicilia).

8

6

4

2

01996/7

3.2

3.73.73.63.6

1998 1999 2000 2001

6.88

6.13 6.06 5.96.5

Primi esami Esami successivi

0.8

0.6

0.4

0.2

01996/7

0.21

0.383.70.4

1998 1999 2000 2001

0.4 3.7

0.2 0.19 0.180.17

0.14

Primi esami Esami successivi

Figura . 7: Andamento temporale: richiami per approfondimento 1996-2001

Figura . 8: Andamento temporale B/M 1996/2001

Trend temporali del Tasso di richiami, RapportoB/M, Tasso di identificazione totale (detection ratetotale) e per tumori <= 10 mm (figure 7-8-9-10).Le figure 7-10 illustrano l’andamento di questi indicatorinel tempo sia per i primi esami di screening che per quel-li successivi. Per quel che riguarda i primi passaggi sonostati considerati i programmi di Brescia, Biella, Torino,Bologna Nord, Ravenna, Rimini, Reggio Emilia, Modena,Firenze città e Firenze Provincia, Empoli, Pescia, Ragusa.Per i passaggi successivi sono stati considerati i pro-grammi di Brescia, Torino, Reggio Emilia, Firenze città,Firenze provincia, Ragusa. La percentuale di donne invitate ad effettuare un appro-fondimento diagnostico dopo aver effettuato il test mam-mografico si mantiene negli anni al di sotto dello stan-dard accettabile sia per le donne che effettuano la primavolta l’esame che per quelle che lo hanno effettuato piùvolte (standard accettabile Gisma, rispettivamente < 7%< 5%). In modo del tutto analogo, la buona performancedei programmi si mantiene nel tempo anche per quelche riguarda il rapporto tra le diagnosi istologiche beni-gne e maligne nelle donne sottoposte a biopsia chirurgi-ca o intervento. A questo proposito occorre sottolineareche è necessaria una certa cautela nell’interpretare l’an-damento di questo parametro che, seppur in calo costan-te col passare degli anni, riflette molto probabilmente l’in-troduzione sempre più frequente di nuove tecniche dia-gnostiche di tipo invasivo, quali l’Abbi o il Mammotome,che meriterebbero una valutazione specifica. L’andamento tra il 1996 ed il 2001 del tasso di identifi-cazione totale (considerando tutti i tumori diagnosticatiallo screening) e di quello relativo ai tumori invasivi conun diametro inferiore/uguale ai 10 millimetri evidenziacome anche per questi indicatori precoci di impatto ilbuon livello qualitativo si mantenga costante nel tempo.In particolare la figura 10 evidenzia come, per quel cheriguarda i tumori più piccoli, l’indicatore raggiunga pertutti i periodi considerati il livello desiderabile dello stan-dard di riferimento. Il buon andamento nel tempo dei

28

stati presi in considerazione tutti i programmi discreening aderenti nel corso degli anni al Gisma; ilnumero elevato di programmi in una fase iniziale nelcorso degli ultimi tre anni analizzati (1999-2001)può in parte spiegare la sensibile riduzione questoindicatore in questo ultimo periodo. A partire dal 1999 tutti gli indicatori sono stati rac-colti anche per classi quinquennali di età: la tabel-la 1 illustra l’adesione corretta (ovvero sia il nume-ro di donne che hanno effettuato la mammografiadi screening, escludendo dal denominatore coloroche hanno effettuato un test recente) per le diver-se classi di età nel triennio 1999-2001.

PartecipazioneL’adesione delle donne ad un programma di scree-ning è sicuramente uno dei parametri fondamenta-li per valutare l’impatto e l’efficienza del program-ma nel ridurre la mortalità per tumore della mam-mella. L’adesione grezza, ovvero sia le donne ade-renti all’invito sulle donne invitate ad effettuare iltest, si è mantenuta nel corso degli anni sopraquello che viene considerato lo standard di riferi-mento accettabile del 50% (Fig. 6). L’andamento diquesto parametro è stato valutato partendo dal-l’attività svolta negli anni 1996/7, dove si ha unmiglioramento del monitoraggio con buoni livelli distandardizzazione e completezza.Nel confronto temporale della partecipazione, sono

6257,3 53,9 54,8 53,7

0

10

20

30

40

50

60

70

1996/97 1998 1999 2000 2001

Figura . 6: Partecipazione complessiva grezza

Tabella . 1: adesione per età e periodo nei programmi presenti nel triennio 1999-2000-2001

1999 2000 200150-54 62.3 62.8 63.455-59 65.9 61.8 65.260-64 60.8 60.7 64.165-69 52.0 54.6 57.670+ 64.3 64.4 43.8totale 59.7 60.6 60.2

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Trend per durata dell’attività dei programmadi screening (figure 11-12-13-14-15)L’andamento degli indicatori in base alla duratadell’attività dei programmi di screening (calcolatacome periodo trascorso tra la data di inizio delprogramma e il 31.12.2001) evidenzia oltre allabuona performance generale dei programmi (tuttiraggiungono il livello accettabile del parametro) un

miglioramento della qualità del programma manoa mano che aumentano gli anni di esperienza. Taleandamento si conferma sia per i primi esami discreening che per quelli successivi. Per questaanalisi e per quella successiva sono stati conside-rati tutti quei programmi che hanno fornito dati peralmeno un intero anno di attività.

31

Figura . 11: Dati 2001: variazione del recall rate in base agli anni di attività

7.9 %

0.0 %

primi esami

1.0 %

2.0 %

3.0 %

4.0 %

5.0 %

6.0 %

7.0 %

8.0 %

9.0 %

6.7 %

5.7 %

6.3 %

3.0 %

esami successivi

<= 2 anni > 2 anni <= 5 > 5 anni

VPP 17.0

VPP 12.0

VPP 8.0

VPP 8.0VPP 8.0

0

primi esami

0.15

esami successivi

0.240.270.25

0.36

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

0.35

0.4

<= 2 anni > 2 anni <= 5 <5 anni

Figura . 12: Dati 2001: variazione del rapporto B/M in base agli anni di attività

30

0.8

0.6

0.4

0.2

01996/7

8.6

1998 1999 2000

4.52

Primi esami Esami successivi

4.47 4.534.5

8.5 8.9

7.5

4

01996/7 1998 1999 2000

Primi esami Esami successivi

1.37 1.43 1.46

2.62.31

2.94

2.52

1.42

3

2

1

Figura . 9: Andamento temporale detection rate totale 1996-2001

Figura . 10: Andamento temporale detection rate <10 mm 1996-2001

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La tabella 2 illustra l’andamento del tasso di par-tecipazione per anni di attività dei programmi e perclassi di età quinquennali delle donne invitate.Appare evidente da questi dati come, con l’au-mentare del numero di anni in cui il programma èattivo, aumenta il tasso di partecipazione tra ledonne e questo incremento è dell’ordine del 20%passando da 1-2 anni a più di 5 anni di esperienza.Questo aumento si verifica anche all’interno dellesingole classi di età.

Trend per anni di attività e numero di mam-mografie annue (tabelle 3-4-5)Per questa analisi sono stati presi in considerazio-ne solo gli indicatori di attività relativi ai primiesami di screening, in quanto solo per pochi pro-grammi sono disponibili dati relativi agli esamieffettuati su donne invitate in round successivi alprimo e in molti casi il numero di esami effettuati

è ridotto. Le classi di volume di attività sono statedefinite in base ai percentili (1°-25 percentile; 26°-75° percentile; 76°-100° percentile) della distribu-zione del numero medio di mammografie annuoeffettuate in ciascun programma. Le tabelle 3 - 4 - 5 illustrano l’andamento dei prin-cipali indicatori di processo tenendo conto, oltreche della durata di attività dei programmi, anchedel volume medio annuale di test effettuati. Per iprogrammi con una durata di attività bassa o inter-media si puo’ osservare una tendenza all’aumentodella specifictà (RR, valore predittivo positivo delrichiamo, rapporto B/M) con l’aumento del volumedi attività. L’andamento degli stessi indicatori per iprogrammi attivi da più di 5 anni è più fluttuante edi difficile interpretazione. Occorrerebbe probabil-mente tener conto in questo caso anche della dis-tribuzione di età delle pazienti. Pur con i limiti legati al fatto che gli indicatori non

33

0

primi esami esami successivi

12.1

2

<= 2 anni > 2 anni <= 5 <5 anni

4

6

8

10

12

14

16

12.5

1414.7

12.9

Figura . 15: Dati 2001: variazione della % TIS in base agli anni di attività

32

0

primi esami esami successivi

6.2

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

0.35

0.4

<= 2 anni > 2 anni <= 5 <5 anni

5.2 5.1

7.7

4.6

0

primi esami esami successivi

1.3

0.5

1

1.5

2

<= 2 anni > 2 anni <= 5 <5 anni

1.41.6

2.1

1.8

2.5

Figura . 13: Dati 2001: variazione del DR totale in base agli anni di attività

Figura . 14: Dati 2001: variazione del DR totale in base agli anni di attività < 1 cm in base agli anni di attività

Tabella . 2: Adesione (%) per anni di attività e classi di età

Anni di attività Classi di età50-54 55-59 60-64 65-69 70+ Tot. 50-69

1 – 3 50.4 50.4 48.9 43.4 27.2 48.84 – 5 59.4 62.3 60.6 55.3 57.9 59.7> 5 69.2 71.4 70.4 62.8 63.5 68.4

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ConclusioniL’analisi di questi dati, seppur con le cautele giàmenzionate, evidenzia come i risultati dei pro-grammi italiani dimostrino non solo una buona qua-lità generale dell’attività di screening ma soprattut-to un mantenimento di questa qualità nel tempo.Occorre tenere in considerazione che, trattandosidi una raccolta dati su base volontaria, i risultatirappresentano sicuramente un quadro parziale diquella che è realmente la situazione degli scree-ning mammografici in Italia: il dato relativo allacopertura della popolazione è sicuramente sotto-stimato.La raccolta dei dati del GISMa si è trasformata nelcorso del tempo ed è diventata, soprattutto neglianni più recenti, sempre più completa e sistema-tizzata. Dal 1999 è iniziata, ad esempio, la raccol-ta sistematica dei risultati suddivisi per fasce dietà quinquennali. Questo renderà possibile neiprossimi anni una valutazione dell’andamento degliindicatori tenendo conto anche di questa variabile.L’attiva partecipazione dei programmi alle attivitàdel GISMa ed il continuo sforzo fatto per standar-dizzare le definizioni e le modalità di raccolta deiparametri ha permesso di avere, anche per i pro-grammi ancora nelle fasi iniziali, dati più corretti epiù confrontabili.Nonostante i buoni risultati ottenuti in questi anni eil grande impegno dimostrato dagli operatori, illavoro che resta da fare non è poco. L’estensione dei programmi nelle regioni centrosettentrionali ha avuto negli ultimi anni un forteincremento, mentre la situazione nell’Italia meridio-nale ed insulare non ha avuto lo stesso livello diimplementazione. In un solo anno solare la copertura della popola-zione è aumentata del 15% nelle zone del centro-nord Italia grazie all’attivazione di iniziative a livelloregionale; per contro l’offerta della mammografia

di screening copre solamente il 6% delle donneresidenti nel sud Italia. Tale situazione si presentapraticamente invariata se confrontata con il perio-do precedente.La stessa partecipazione ai programmi, pur rag-giungendo in molte realtà gli standard accettabilidel parametro, può essere accresciuta laddoveesista una grande attività spontanea che puòessere incanalata nel sistema organizzato e con-trollato degli screening. Per mantenere questi livelli qualitativi e per miglio-rare le performance dei programmi e’ sicuramen-te indispensabile mantenere costante nel tempo lasorveglianza sugli indicatori. Questi, oltre ad esse-re periodicamente raccolti e confrontatati con glistandard di riferimento, devono essere oggetto diperiodici aggiornamenti. È in via di pubblicazionela versione aggiornata di un manuale operativosugli indicatori che è stato redatto tenendo contonon solo delle esperienze nazionali di screeningmammografico ma anche delle esperienze di real-tà diverse dal contesto locale, come quelle euro-pee.

Bibliografia di riferimento- Ministero della Sanità Linee guida elaborate dallaCommissione oncologica nazionale, in applicazione diquanto previsto dal Piano Sanitario nazionale per il trien-nio 1994-1996, relativo all’azione programmata“Prevenzione e cura delle malattie oncologiche”, concer-nenti l’organizzazione della prevenzione e dell’assistenzain oncologia. Supplemento Gazzetta Ufficiale 1 Giugno1996 suppl. ordinario all GU, n. 127, 1 giugno 1996.- Giorgi D, Giordano L, Paci E, Zappa M. Organizzazionee valutazione epidemiologica di un programma di scree-ning mammografico. Attualità in Senologia Suppl N.1, 3-15, 1999.- European Commission: European Guidelines for qualityassurance in mammography screening. Third editionLuxembourg 2001.

35

sono standardizzati per età e al fatto che alcuniprogrammi contribuiscono con i loro dati in ognicategoria di periodo di attività (non si può quindiescludere una qualche correlazione), questa anali-

si rappresenta un primo tentativo di documentareil possibile impatto di fattori organizzativi e strut-turali sulla performance dei programmi

34

Tabella . 3: Primi esami - Trend per 1-2 anni di attività e numero di test/anno

N. test /anno RR B/M DR totale % < 1 cm % TIS< 3000 8.4 (7.9) 0.49 6.6 35.3 16.53.000 -5000 8.4 (8.0) 0.39 6.7 26.1 11.7> 5.000 7.1 (9.4) 0.33 6.7 25.0 10.9

in parentesi: Valore predittivo positivo

Tabella . 4: Primi esami - Trend per 3 -5 anni di attività e numero di test/anno

N. test /anno RR B/M DR totale % < 1 cm % TIS< 6000 6.7(12.5) 0.59 8.3 20.5 4.56.000 -11.000 7.0 (9.6) 0.32 6.7 35.9 15.7> 11.000 5.9 (10.9) 0.45 6.5 25.2 9.9

in parentesi: Valore predittivo positivo

Tabella . 5: Primi esami - Trend per > 5 anni di attività e numero di test/anno

N. test /anno RR B/M DR totale % < 1 cm % TIS< 6000 7.4 (9.6) 0.18 7.1 32.4 -6.000 -20.000 5.5 (14.9) 0.23 8.2 26.9 14.9> 20.000 7.6 (9.4) 0.28 7.2 28.0 19.0

in parentesi : Valore predittivo positivo

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le persone che sono state via via individuate comepotenzialmente informate della situazione, che, nelcaso esistessero programmi su base regionale,erano i responsabili degli stessi. Non è possibileescludere in modo assoluto che siano stati omessiprogrammi locali di piccole dimensioni.È stato considerato come criterio di attivazione ilfatto che fosse iniziato l’invio attivo di inviti per ese-guire Pap-test.Nella tabella 1 è riportata la popolazione-obiettivo deiprogrammi organizzati attivi al momento dell’ultimarilevazione e delle precedenti. Tali popolazioni sonoespresse anche come proporzione della popolazionefemminile italiana di età tra 25 e 64 anni. I programmi attivi in Italia alla fine del 2002 avevanouna popolazione obiettivo di 8.415.285 donne, parial 52% della popolazione femminile di 25-64 anni. Siosserva quindi un ulteriore aumento rispetto all’annoprecedente, seppur considerevolmente ridottorispetto ai ritmi di espansione precedenti. Permaneuna disparità tra Nord e Centro del paese, dove laproporzione di donne tra 25 e 64 anni inserite nellapopolazione obiettivo di programmi organizzati è del63% e del 69% rispettivamente, e le Regioni meri-dionali dove essa è tuttora del 28%. Al termine del 2002 si è pervenuti ad un’attivazionecompleta (nel senso che sono attivi programmi cheincludono nella loro popolazione-obiettivo tutta lapopolazione femminile di età tra 25 e 64 anni resi-dente nella Regione stessa) in 12 Regioni o ProvinceAutonome: Piemonte, Valle d’Aosta, Veneto,Trentino, Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo eBasilicata (Tabella 2).Va tenuto presente che le tabelle riportano l’intera

popolazione obiettivo dei programmi fin dal momen-to dell’inizio degli inviti, indipendentemente dallaquota invitata al momento della rilevazione. È ovvia-mente rilevante che i programmi attivi mantenganoun ritmo adeguato per raggiungere tutta la popola-zione-obiettivo nel corso di un triennio. Per avere unaprima valutazione al riguardo, la tabella 1 riportaanche, per i centri che hanno fornito dati per la sur-vey “indicatori” (vedi paragrafo successivo), la pro-porzione di popolazione obiettivo effettivamente invi-tata in ogni anno di attività. Nel 2001 essa è stata il28.4%. Essa è quindi ancora inferiore ad un terzo,cioè a quanto necessario per invitare tutte le donnein un triennio. Tuttavia è superiore all’anno preceden-te (27.1%) ed in controtendenza rispetto ad un trendverso la diminuzione osservato negli anni preceden-ti. Questo suggerisce che i programmi attivati direcente stiano entrando progressivamente ‘a regi-mè. Inoltre va tenuto presente che una parte dei pro-grammi invita solo le donne non coperte spontanea-mente (vedi oltre).

Indicatori di Processo nei ProgrammiOrganizzati

MetodiNel 2002, come ogni anno a partire dal 1998, ilGISCi ha condotto una survey per la raccolta di datiorientati al calcolo di indicatori di processo. In ognisurvey i dati riguardavano le donne invitate tra il 1°gennaio ed il 31 dicembre dell’anno precedente esottoposte a screening entro il primo semestre del-l’anno in corso. La survey condotta nel 2002 riguar-da le donne invitate nel corso del 2001 e sottopostea screening entro il primo semestre 2002.

37

IntroduzioneI programmi organizzati di screening cervicale sonostati introdotti in Italia, inserendosi su una preesi-stente attività spontanea, inizialmente come risultatodi iniziative locali e poi più massicciamente, a partiredal 1996, come risultato di raccomandazioni nazio-nali 1, 2 ad implementare programmi di screeningorganizzato su base regionale. Tali raccomandazioni, largamente basate sulle linee-guida europee3 includevano inviti personali alledonne di età tra 25 e 64 anni per eseguire un Pap-test ogni tre anni, la presenza di un sistema di moni-toraggio ed attività di quality assurance per ogni fasedel programma.In effetti l’introduzione di programmi organizzati discreening cervicale mirava a:a) Aumentare, mediante l’invio di inviti personali, lacopertura e razionalizzare la distribuzione dei test,che, come risultato dell’attività spontanea, risultavasquilibrata, con una quota di donne sottoposta ascreening con frequenza eccessiva ed un’altra, rile-vante, di donne non screenate sufficientemente 4, 6. b) Permettere il monitoraggio e la valutazione permigliorare la qualità di ogni fase dello screening , conlo scopo sia massimizzarne l’efficacia che di mini-mizzarne gli effetti indesiderati.Nel 1996 è nato (e poi costituito formalmente nel1999) il GISCi Gruppo Italiano Screening delCervicocarcinoma, le cui iniziative hanno coinvolto lagrande maggioranza dei programmi organizzati ita-liani. In tale ambito è stata condotta una prima sur-vey dei programmi organizzati esistenti nel 1997 7.Successivamente il GISCi ha condotto, annualmente,censimenti sull’attivazione dei programmi organizza-ti in Italia e survey per raccogliere in modo standar-

dizzato indicatori di processo dello screening sualcuni aspetti ritenuti cruciali. Grazie a queste survey è stato possibile ottenere, informato standardizzato, dalla maggior parte dei pro-grammi attivi, dati per il monitoraggio della qualitàdello screening, e quindi calcolare statistiche nazio-nali e fare paragoni tra programmi. Questo formatodi raccolta dei dati è stato adottato anche dai pro-grammi in corso di avvio. Prime raccomandazionisugli indicatori da calcolare e sugli standard di riferi-mento sono state pubblicate nel 1999 8 e poi adot-tate dai documenti di programmazione nazionale 2.Una prima pubblicazione dei risultati di tali survey èavvenuta all’interno dell’attività dell’OsservatorioNazionale per la prevenzione dei tumori femminili 9.Viene ora presentato l’aggiornamento della situazione.Riteniamo che questi dati svolgano una funzioneessenziale per la corretta conduzione dei programmidi screening e delle politiche ad essi relative, proprioperché forniscono la base di conoscenza per farescelte mirate a migliorare ed eventualmente correg-gere gli aspetti eventualmente problematici del lorofunzionamento e quindi a promuoverne la qualità.

Attivazione dei Programmi Organizzati diScreening CervicaleNel Dicembre del 2002, come ogni anno a partiredalla prima rilevazione condotta nel 1997 7, è statocondotto un censimento dei programmi organizzatidi screening cervicale attivi in Italia, per individuaresia i nuovi programmi attivatisi sia eventuali cessa-zioni o ristrutturazioni (quali ampliamenti o la fusionedi programmi prima separati). L’informazione è stata largamente basata sulla retedel GISCi ed è stata ottenuta mediante contatti con

36

Livello di Attivazione ed Indicatori di Processo dei ProgrammiOrganizzati di Screening Cervicale in Italiaa cura di Guglielmo Ronco, Valentina Ricciardi, Carlo Naldoni, Marcello Vettorazzi, Emanuela Anghinoni

Aurora Scalisi, Paolo Dalla Palma, Loris Zanier, Antonio Federici, Claudio Angeloni, Stefania Prandini,

Rocco Maglietta, Ettore Mancini, Anna Iossa, Nereo Segnan, Marco Zappa

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ti 9. L’anno indicato è quello di attività di screening(quindi quello precedente all’anno in cui la survey èstata condotta). In alcuni casi, quando erano disponi-bili standard di riferimento, si è calcolata la propor-zione di programmi che raggiungeva i valori conside-rati accettabili e quelli ottimali (figure 2, 6 e 7). Infine,per la survey condotta nel 2002 sono riportati i gra-fici della distribuzione dei valori degli indicatori tra iprogrammi che hanno fornito dati (figure 1, 3-5 e 8).

RisultatiCompletezza e qualità dei datiPer la survey condotta nel 2002 (attività 2001) sisono ottenuti questionari da 67 programmi di scree-ning, con una popolazione obbiettivo complessiva di6.424.522 donne. Tale popolazione obbiettivo rap-presenta l’81% di quella dei programmi censiti comeattivi al termine del 2001 (tabella 1) ed è superiore aquella della survey precedente (75%) ed in risalitarispetto alla tendenza precedente. Questo è in partedovuto alla riduzione del numero di programmi attiva-

ti nel corso dell’ultimo anno, che spesso non sono ingrado di fornire dati fin dall’inizio dell’attività. Tuttaviaciò sembra indicare un’ aumentata capacita di produ-zione di dati per la valutazione e la tendenza dei nuoviprogrammi a seguire gli standard adottati. Due programmi che avevano sottoposto a screeningmeno di 1000 donne sono stati esclusi dalle analisi inquanto la variabilità casuale legata alle piccole dimen-sioni rendeva difficilmente interpretabili gli indicatoriad essi relativi. Le analisi successive sono quindibasate su 65 programmi.La tab. 3 riporta per ogni indicatore e survey il nume-ro di programmi per cui è stato possibile calcolarel’indicatore stesso. Nella survey condotta nel 2002 èstato possibile calcolare tutti gli indicatori, tranne iltasso di identificazione standardizzato per età, peralmeno l’85% dei programmi che hanno contribuitoalla survey. Peraltro quest’ultimo indicatore si è potu-to calcolare per il 77% dei programmi inseriti nell’a-nalisi.

39

Va tenuto presente che, come già rilevato nella sur-vey del 1997 7, le modalità di integrazione tra inviti edattività spontanea cambiano da un programma all’al-tro: alcuni invitano tutte le donne della popolazioneobiettivo indipendentemente dalla storia di screeningmentre altri invitano solo quelle non coperte sponta-neamente. Di conseguenza alcuni programmi hannoriportato dati solo sulle donne che hanno fatto scree-ning su invito ed altri su tutte le donne sottoposte ascreening, indipendentemente dall’invito. In quest’ulti-mo caso i dati sull’attività spontanea riguardavano ledonne sottoposte a screening nel 2001.È stato concordato con i responsabili dei programmidi screening cervicale (e soprattutto della loro valuta-zione a livello regionale) un questionario standard perla raccolta dei dati.Il questionario era basato su tabelle, compilate daogni programma, riguardo ad alcuni passi fondamen-tali del processo di screening, quali ad esempio:numero di donne invitate, numero tra loro che haaccettato, numero complessivo di donne sottopostea screening, distribuzione dei loro risultati citologici,numero invitato in colposcopia (per motivo di invio),numero che ha effettuato la colposcopia, numero didonne con lesioni confermate istologicamente e cor-relazione tra citologia ed istologia. In generale queste tabelle sono state costruite inmodo “gerarchico” cosicché ognuna è il denominato-re della successiva e tutti i risultati possono essereriferiti alla coorte di donne invitate nel periodo consi-derato. Queste tabelle, di dati aggregati, sono state usateper calcolare centralmente indicatori di processo(buona parte di quelli riportati nel “Manuale Operativo”8) e studiarne la distribuzione. Si è ritenuto che que-sto approccio fornisse maggiori garanzie di standar-dizzazione e paragonabilità rispetto al chiedere adogni centro di fornire direttamente il valore degli indi-catori. D’altro canto non è stato considerato almomento fattibile, vista l’alta variabilità tra i sistemiinformativi di ogni centro, ottenere record individuali.I questionari hanno presentato piccole variazioni apartire dalla survey condotta nel 1998. In particolareil questionario utilizzato per la survey condotta nel2002 non presentava variazioni rispetto all’anno pre-cedente. Di conseguenza i risultati sono paragonabilia quelli delle survey precedenti, già pubblicati 9. Nonè invece possibile fare paragoni con gli indicatori otte-nuti dalla survey condotta nel 1997 7.Il questionario è stato distribuito ai programmi di

screening identificati come attivi nel 2001 (vedisopra).È stato realizzato un database computerizzato per laregistrazione dei dati.I dati ottenuti dai programmi sono stati sottoposti acontrolli logico-formali su completezza e coerenza esi è interagito, anche ripetutamente, con i fornitori deidati per ottenere integrazioni e chiarimenti, ovenecessari.Per ogni indicatore è stata calcolata una media nazio-nale complessiva (pooled), cioè il valore dell’indicato-re che si ottiene considerando tutta la popolazioneper la quale si sono ottenuti dati rilevanti. Essa equi-vale alla media dei valori dell’indicatore in ogni pro-gramma, pesata per il valore del denominatore del-l’indicatore stesso (ad es. per la compliance il peso èil numero delle donne invitate, per il tasso di identifi-cazione il numero delle donne sottoposte a scree-ning, ecc.).È stata inoltre calcolata la distribuzione del valore del-l’indicatore tra i singoli programmi locali. Essa forni-sce un’indicazione della variabilità degli indicatori. Per“programma” di screening si intende qui l’entità cheha fornito i dati. Di solito, in accordo con le linee-guidanazionali 1, 2, esso corrisponde ad un entità organiz-zativa unitaria, che provvede all’esecuzione dei varipassi dello screening, dall’invito fino all’esecuzione ditest di secondo livello o al trattamento e coordina taliattività. In generale tali entità sono ben definite, tutta-via, come detto sopra, esse sono andate incontro afenomeni di riorganizzazione (es. raggruppamento diprogrammi più piccoli). Inoltre le dimensioni sonopiuttosto variabili. Ad esempio in alcune Regioni esi-ste un unico programma (es. Basilicata) mentre diver-se altre sono organizzate sulla base di programmilocali, pur in presenza di una funzione regionale dicoordinamento e valutazione (es. Piemonte, Veneto,Emilia-Romagna, Toscana). Si è ritenuto opportunoutilizzare i singoli programmi, piuttosto che leRegioni, come unità statistica, per meglio apprezzarela variabilità locale, anche se in alcuni casi le piccoledimensioni pongono problemi di variabilità casuale.Tuttavia, per facilitare l’interpretazione, in diversi gra-fici i programmi sono identificati, attraverso colora-zione, per Regione o macro area di appartenenza.Si è riportato (Tabella 3) il valore medio nazionale dialcuni indicatori ed il valore del 10° e 90° percentiledella distribuzione di tale indicatore tra i programmi discreening che hanno fornito dati. Oltre ai dati dell’ulti-ma survey si sono riportati i dati delle due preceden-

38

EMILIA ROMAGNA

PIEMONTE

VENETO

TOSCANA

ALTRO NORD

ALTRO CENTRO

SUD

90

80

70

60

50

40

30

20

10

0

OGNI BARRETTA RAPPRESENTA UN PROGRAMMA.LE BARRETTE SONO COLORATE PER RAGGRUPPAMENTO REGIONALE

Figura . 1 Adesione percentuale all’invito. Survey su attività 2001. Distribuzione tra i programmi

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cui è stata trovata una lesione intraepiteliale di grado II(CIN II) o più grave, confermata istologicamente, traquelle che hanno fatto una colposcopia per una citolo-gia ASCUS o più grave. Il riferirsi a diagnosi istologichedi almeno CIN II è giustificato dal fatto che queste sonole lesioni che, usualmente, vengono trattate. Il valoremedio di questo indicatore è stato 13.6% nel 2001, inaumento rispetto all’anno precedente dopo una costan-te tendenza alla diminuzione (dal 18.26% del 1997all’11.44% del 2000). Sulla base di quest’ultimo valore,sono state necessarie 7.4 colposcopie per individuareuna lesione da trattare. La figura 4 mostra la distribu-zione dei VPP tra i programmi italiani nella survey rela-tiva al 2001. In tale survey 18/56 programmi avevanovalori inferiori al 10%, 23 tra il 10% ed il 20% esclusoe 15 programmi avevano valori uguali o superiori al20%. Rispetto all’anno precedente diminuisce la per-centuale di programmi con VPP<10%. La figura 5mostra insieme VPP e referral rate (per citologiaASCUS+) degli stessi programmi. Come detto, i pro-

grammi con alto tasso di invio in colposcopia hannobassi VPP. Il VPP era calcolabile per 9 dei 10 pro-grammi con referral rate >5%. Di questi 7 avevanoVPP inferiori al 10% e 5 VPP inferiori al 6%.Alcuni programmi inviano in colposcopia per ‘altri’ moti-vi donne con citologia <ASCUS. Il VPP per questa cate-goria è estremamente ridotto (0.95%).Nel 2001 l’87.7% delle donne inviate in colposcopiaper una citologia ASCUS o più grave ha accettato.La percentuale di programmi che raggiunge valoriaccettabili (compliance >= 80%) e desiderabili (com-pliance >=90%) è stata 71.2% e il 49.1% rispettiva-mente (figura 6). Tra le donne inviate in colposcopiaper citologia HSIL o più grave, la compliance nel2001 è stata mediamente del 91.6%. La percentua-le di programmi che raggiungono valori accettabili(compliance >= 90%) e desiderabili (compliance>=95%) è stata il 75.0% e il 53.6% rispettivamente(figura 7). Per entrambi gli indicatori c’è, rispettoall’anno precedente, una riduzione della proporzione

41

Indicatori di processo Nel 2001 i programmi che hanno fornito dati hannoinvitato 1.824.255 donne e tra loro 770.554 (42.2%)sono state sottoposte a screening con un aumento diquasi 4 punti percentuali rispetto all’anno precedente.Il range era tra 7% e 82%. In 51/65 programmi(78.5%) la compliance all’invito era almeno il 30%. In16 programmi (24%) essa era maggiore del 50%(figura 1). I valori sono alti in molti programmidell’Emilia-Romagna e dell’Umbria, oltre che inTrentino e valle d’Aosta, mentre sono mediamentebassi nei programmi dell’Italia meridionale. Il numero di donne sottoposte a screening dai pro-grammi organizzati partecipanti in ogni periodo èriportato alla tabella 3. Alcuni programmi hanno ripor-tato dati solo su donne sottoposte a screening dopoinvito mentre altri hanno incluso anche le donnescreenate spontaneamente. Di conseguenza il nume-ro di donne screenate è in generale superiore a quel-lo delle aderenti all’invito.

La proporzione di strisci inadeguati (tabella 3 e fig.2) èstata del 3.8%, in aumento rispetto alle survey prece-denti. La percentuale di strisci inadeguati considerataaccettabile è inferiore al 7% e quella desiderabile infe-riore al 5% 2, 8. L’83% dei programmi raggiunge valoriaccettabili ed il 70% valori desiderabili. La percentuale di donne inviate in colposcopia (referralrate) è stata del 2.9% (tabella 3) confermando i valoristabilmente molto vicini al 3% osservati dal 1998. Lavariabilità si mantiene elevata, come si può osservaredalla figura 3, che mostra il referral rate in ogni pro-gramma italiano, per motivo di invio, nel 2001. Su 62programmi con dati significativi 36 (58.1%) hanno invia-to in colposcopia meno del 3% delle donne sottopostea screening e 45 (72.6%) meno del 4%. Era, tuttavia,presente un cluster di 10 programmi con referral ratemaggiore del 5%, che arrivava a valori superiori al10%. In generale la maggior parte di questi program-mi ha un basso Valore Predittivo Positivo (VPP). Il VPP è stato calcolato come proporzione di donne in

40

Figura . 2 Proporzione di citologici inadeguati. – Percentuale di programmi con che raggiungono valori “accettabili” e “desiderabili” per anno di attività

0

desiderabile accettabile

10

1997

20

30

40

50

60

70

80

90

100

%

95.00 %

80.00 % 78.57 %85.71 %

60.47 %

72.09 % 75.55 %

86.27 %

70.30 %

82.80 %

1998 1999 2000 2001

Media nazionale % inadeguati

ANNO DI ATTIVITÀ

3.18 % 3.07 % 3.10 % 3.36 % 3.80 %2

0

OGNI BARRETTA RAPPRESENTA UN PROGRAMMA

4

6

8

10

12

14

%

CITOLOGIA: ALTRO

CITOLOGIA: ASCUS

CITOLOGIA: LSIL

CITOLOGIA: HSIL+

Figura . 3 Proporzione di donne inviate in colposcopia (referral rate) per qualsiasi causa Survey su attività 2001.Distribuzione tra i programmi

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di programmi che raggiungono livelli sia accettabiliche ottimali a fronte di un aumento del valore mediocomplessivo (fig. 6 e 7). Questo è dovuto alla quasiscomparsa di programmi con valori molto bassi,come si può osservare dal notevole aumento del 10°centile della distribuzione (tab.3). In effetti, conside-rando le donne inviate in colposcopia per una citolo-gia ASCUS o più grave, solo 2 programmi, con unpiccolo numero di donne inviate in colposcopia,hanno un’adesione inferiore al 60% e altre 5 tra 60%e 70%. Considerando le donne inviate in colposcopiaper citologia HSIL o più grave nessun programma haun’adesione inferiore al 60% e 4 tra 60% e 70%. La figura 8 presenta il tasso di identificazione (oDetection Rate, DR) di CIN II/III con conferma istolo-gica nella survey relativa al 2000. Comples-sivamente la DR grezza è 3.0 e quella standardizza-ta 3.1 lesioni identificate per 1000 donne screenate,simile ai livelli dell’anno precedente. Alcune Regionimostrano valori relativamente omogenei (ad esem-pio, tutti i programmi del Piemonte mostrano untasso di identificazione basso mentre nei programmidell’Emilia-Romagna esso è in generale elevato) men-tre all’interno di altre (Veneto, Toscana) si osservauna notevole variabilità.

DiscussioneNell’ultima survey, il numero di programmi di scree-ning sui quali si sono ottenuti dati è ancora notevol-mente aumentato rispetto all’anno precedente (65contro 53). Quindi le variazioni temporali sono plau-sibilmente ancora influenzate marcatamente dall’im-missione di nuovi programmi oltre che da variazioniavvenute entro i programmi su cui sono stati raccol-ti dati nelle survey precedenti.Si rileva un ulteriore miglioramento dei sistemi infor-mativi, sia in termini di programmi che hanno fornitodati per la survey che di completezza degli indicato-ri che si sono potuti calcolare, pur se la quota diprogrammi che non è in grado di fornire dati essen-ziali è ancora non trascurabile ed ulteriori progressisono necessari in alcune aree. Va anche ricordato che i sistemi informativi esistentitendono ad avere una buona qualità ed esaustivitàper quanto riguarda i dati generati all’interno del pro-gramma organizzato stesso, mentre hanno difficol-tà, in particolare in alcuni centri, a rilevare i dati pro-dotti all’esterno. I dati sulla compliance alla colpo-scopia (vedi oltre) suggeriscono che la situazionestia migliorando anche riguardo a questo problema.I risultati mostrano che circa il 42% delle donne invita-te allo screening ha aderito all’invito, con un migliora-

42

90

80

70

60

50

40

30

20

10

0

OGNI BARRETTA RAPPRESENTA UN PROGRAMMA.LE BARRETTE SONO COLORATE PER RAGGRUPPAMENTI REGIONALI

PROBABILITÀ (%) DI INDIVIDUARE UNA LESIONE ISTOLOGICAMENTE CINIIO PIÙ GRAVE TRA LE DONNE INVIATE IN COLPOSCOPIA PER CITOLOGIA ASCUS O PIÙ GRAVE.

EMILIA ROMAGNA

PIEMONTE

VENETO

TOSCANA

ALTRO NORD

ALTRO CENTRO

SUD

Figura . 4 Valore Predittivo Positivo di CIN II + per una citologia ASCUS +(1) Survey su attività 2001. Distribuzione tra i programmi

45

40

35

30

25

20

15

10

5

0

EMILIA ROMAGNA

PIEMONTE

VENETO

TOSCANA

ALTRO NORD

ALTRO CENTRO

SUD

Figura . 5 Valore Predittivo Positivo (vedi sopra) e Referral Rate ( per citologia ASCUS+)Survey su attività 2001. Distribuzione tra i programmi

2

0

4

6

8

10

12

%

CITOLOGIA: ASCUS

CITOLOGIA: LSIL

CITOLOGIA:HSIL+

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mento rispetto agli anni precedenti che suggerisceche l’immagine dei programmi organizzati di scree-ning cervicale si vada consolidando. Nel confrontare iprogrammi bisogna ricordare, come già detto, chealcuni di essi invitano tutte le donne indipendentemen-te dalla precedente storia di screening mentre altri invi-tano solo donne non coperte spontaneamente. Permane una marcata variabilità nei criteri di inter-pretazione citologica, che conduce a notevoli varia-zioni tra programmi nella proporzione di donne invia-te in colposcopia e nella probabilità che tra lorosiano individuate lesioni. I dati mostrano un gruppo diprogrammi con alto tasso di invio in colposcopia ebasso Valore Predittivo Positivo. Questo indica cheessi hanno plausibilmente criteri di interpretazionedella citologia troppo ampi, col risultato di inviare alsecondo livello molte donne con una bassa probabili-tà che nelle stesse si trovi una lesione intraepiteliale. È tuttavia da interpretare in senso positivo la stabi-lizzazione del tasso di invio in colposcopia, che ten-deva ad aumentare fino all’anno scorso, e soprattut-to l’aumento, in controtendenza rispetto agli anni pre-cedenti, del Valore Predittivo Positivo dell’invio in col-poscopia.I dati di VPP devono, in ogni modo, essere interpre-tati con una certa cautela, giacché questo indicato-

re è notoriamente influenzato, a parità di sensibilità especificità, dalla prevalenza di lesioni, e che que-st’ultima pare effettivamente presentare differenzecospicue tra aree geografiche diverse.Per quanto riguarda la compliance alla colposcopiasi osserva soprattutto una quasi scomparsa dei pro-grammi con valori molto bassi. Questo potrebbeessere in parte dovuto a miglioramenti dei sistemiinformativi. Tra i programmi che presentavano valorimolto bassi negli anni scorsi i dati sulle colposcopieeseguite al di fuori dei centri di riferimento eranoassenti o incompleti ed in certi casi gli stessi rap-presentano plausibilmente una proporzione sostan-ziale. Questo può aver condotto ad una sottostimaanche sostanziale, che può in parte persistere.La DR dipende dalla precedente storia di screeningdelle donne esaminate. Si attende quindi che siamaggiore nei nuovi programmi, che sottopongono ascreening importanti quote di donne non screenateda molto tempo, rispetto in quelli passati a round discreening successivi. Questa considerazione impo-ne cautela nell’interpretare i dati della figura 8, checomprendono sia programmi al primo round discreening che programmi a round successivi (es.Torino, Firenze e tutti quelli dell’Emilia-Romagna). Levariazioni sono comunque elevate e di interpretazio-

4544

0

desiderabile accettabile

10

1997

20

30

40

50

60

70

80

90

100

%

36.84 %

1998 1999 2000 2001

Media nazionalecompliancecolposcopia per ASCUS +

57.89 %54.55 %

72.73 %

54.76 %

69.05 %

54.35 %

78.26 %

49.10 %

71.20 %

ANNO DI ATTIVITÀ

82.72 %88.50% 87.37% 86.94% 87.70%

Figura . 6 Compliance alla colposcopia (invio per citologia ASCUS o più grave). Percentuale di programmi con cheraggiungono valori “accettabili” e “desiderabili” per anno di attività

0

desiderabile accettabile

10

1997

20

30

40

50

60

70

80

90

100

%

27.78 %

1998 1999 2000 2001

Media nazionale compliancecolposcopia per HSIL +

61.11 % 63.64 %56.10 %

63.41 %55.56 %

71.11 %

53.60 %

75 %

ANNO DI ATTIVITÀ

91.6 %90.14 %89.61%90.18% 91.47 %

63.64 %

Figura . 7 Compliance alla colposcopia (invio per citologia HSIL o più grave). Percentuale di programmi con cheraggiungono valori “accettabili” e “desiderabili” per anno di attività

2

0

EMILIA ROMAGNA

PIEMONTE

VENETO

TOSCANA

ALTRO NORD

ALTRO CENTRO

SUD

4

6

8

10

12

OGNI BARRETTA RAPPRESENTA UN PROGRAMMA.LE BARRETTE SONO COLORATE PER RAGGRUPPAMENTI REGIONALI

Figura . 8 Tasso di Identificazione (standardizzato per età) di CIN2 + per 1000 donne screenate.Survey su attività 2001. Distribuzione tra i programmi.

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(Moncalieri); D. Perroni (Cuneo); M. P. Alibrandi(Ivrea); T. Miroglio (Asti); M. Sartori (Rivoli-Val diSusa); P. Bestagini (Novara); L. Savoia (Vercelli –Biella); LOMBARDIA: E. Anghinoni, A. Bellomi, GGiannella (Mantova); TRENTO: P. Dalla Palma, E.Polla; S. Franchini (Trento); FRIULI: L. Zanier, F. E.Pisa; VENETO: M. Vettorazzi; A. Pinarello, C.Fedato, G. Colle (Castelfranco); A. Ferro (Este); G.Nardo (Verona); P. Ubezzi, A. Ganassini(Bussolengo); P. Coin (Vicenza); C. Doglioni, D.Tazzara (Belluno); T. Moretto (Conegliano); S.Saccon (Thiene); M. Matteucci, D. Minucci(Padova); G. Farneti (Legnago); A. Favaretto(Portogruaro);. S. Mariangeli; (Bassano); A.Zangirolami (Rovigo); F. Sambo (Piove di Sacco); L.Cazzola (Feltre); EMILIA ROMAGNA: C. Naldoni; P.Schincaglia, M. Serafini,. (Ravenna); D. Davi(Ferrara); S. Prandi, L. Paterlini (Reggio Emilia); D.Canuti, F. Desiderio (Rimini); M. Farneti, M. Severi(Cesena); F. Falcini (Forlì); C. A.Goldoni, M. Turci(Modena); M. Galetti P. Cristiani, M. Gaggini(Bologna Sud); P. Baldazzi N. Collina, P. Biavati(Bologna Nord); M. Manfredi, (Bologna Città);TOSCANA: M. Zappa; F. Berti, S. De Masi(Livorno); A. Martini, P. Apicella, M. Rapanà(Pistoia); A. Iossa, F. Carozzi, C. Visioli (Firenze); G.Ninci, M. Calamai (Grosseto); M. Giraldi, D. Giorgi(Lucca); D. Marovelli, P. Salvadori (Empoli); C.Gentili, A. Scarfantoni (Viareggio); P. Ghezzi, L.Vannuccini (Arezzo); M. Perco (Pisa); L. Scali(Siena); UMBRIA: P. Bellini; M. Marri, S. Prandini(Perugia); A. Di Marco (Foligno); LAZIO: A. Federici;Brezzi S.; ABRUZZO: C. Angeloni; C. Di Giacomo,A. Lattanzi (Teramo); D. Caraceni (Lanciano); V.Maccallini (Avezzano-Sulmona): CAMPANIA: C.Principe, C. Maione, L. Gigli (Pomigliano d’Arco);BASILICATA: R. Maglietta; SICILIA: A. Scalisi(Catania); T. Bustinto, A. Genco (Lercara).

Bibliografia1) Commissione Oncologica Nazionale: Proposte operativein tema di prevenzione secondaria del cervico-carcinomauterino. In Linee Guida elaborate dalla Commissione onco-logica nazionale, in applicazione di quanto previsto dalPiano Sanitario Nazionale per il triennio 1994-96, relativoall'azione programmata "Prevenzione e cura delle malattieoncologiche", concernenti l'organizzazione della prevenzio-ne e dell'assistenza in oncologia. Supplemento ordinarioalla Gazzetta Ufficiale n. 127 del 1°giugno 1996.

2) Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, leRegioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.

Provvedimento 8 marzo 2001. Accordo tra il Ministro dellasanità e le regioni e province autonome di Trento e Bolzanosulle linee-guida concernenti la prevenzione, la diagnosticae l’assistenza in oncologia. Gazzetta Ufficiale dellaRepubblica Italiana. 2 maggio 2001.

3) Coleman D., Day N., Douglas G., Farmery E., Lynge E.,Philip J., Segnan N.: European Guidelines for quality assu-rance in cervical cancer screening. Europ. J. Cancer, 29A(Suppl.4): S1-S38, 1993.

4) Perucci C.A., Rapiti E., Davoli M., Lagorio S., Arca' M.,Miller A.B.: Rome women's screening study: knowledge,attitudes and practices regarding screening for breast andcervical cancer. Tumori, 76:365-369, 1990.

5) Segnan N., Ronco G., Ponti A. Practice of breast and ute-rine cervix cancer early diagnosis in a Northern Italian town.Tumori, 76: 227-233, 1990.

6) Ronco G., Segnan N. and Ponti A.: Who has Pap-tests?:variables associated with the use of Pap-tests in absenceof screening programmes. Int. J. Epidemiol., 20: 349-353,1991

7) Ronco G., Iossa A., Naldoni C., Pilutti S., Anghinoni E.,Zappa M., Dalla Palma P., Ciatto S., Segnan N. and theGISCi working group on organisation and evaluation. A Firstsurvey of organised cervical cancer screening programs inItaly. Tumori, 84: 624 - 630, 1998

8) Ronco G., Zappa M., Naldoni C., Iossa A., Berrino F.,Anghinoni E., Dalla Palma P., Maggino T., Vettorazzi M.,Segnan N. GISCi Gruppo Italiano screening del cervicocar-cinoma. Indicatori e standard per la valutazione di proces-so dei programmi di screening del cancro del collo dell’u-tero. Manuale Operativo. Epid. Prev. (suppl.) 23:S1 - S32,1999.

9) Ronco G., Pilutti S., Naldoni C., Vettorazzi M., ScarinciM., Scalisi A., Dalla Palma P., Iossa A., Segnan N., ZappaM. Stato dello screening cervicale in Italia. In Rosselli DelTurco M., Zappa M. eds. Osservatorio Nazionale per laPrevenzione dei Tumori femminili : Primo Rapporto. Roma,pp. 32 - 49, 2002.

10) Segnan N., Mancini E., Sabbadini L. L., Ronco G.,Frigerio A. Pap test e mammografia in Italia attraverso irisultati dell’Indagine Multiscopo dell’anno 2000: disegua-glianze da ridurre e risorse da riallocare.Secondo Rapporto dell’Osservatorio Nazionale per laPrevenzione dei Tumori Femminili

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ne non ovvia. La tendenza ad osservare valori similiin aree geograficamente vicine suggerisce chepotrebbero essere presenti differenze geografichenel rischio “di base”. Non si può tuttavia escludere uncomponente dovuta a differenze nei criteri di dia-gnosi istologica oltre che di ‘sensibilità’ della citolo-gia. In ogni caso l’impossibilità di escludere le altrecomponenti non consente di utilizzare la DR comeindicatore di quest’ultima.

Considerazioni sullo Stato dei ProgrammiOrganizzati di Screening Cervicale in ItaliaNel corso del 2002 la popolazione obiettivo dei pro-grammi organizzati italiani ha superato la metà dellapopolazione italiana della fascia di età target. Si èquindi avuta negli ultimi anni una progressiva appli-cazione delle raccomandazioni nazionali all’attivazio-ne di programmi organizzati su tutto il territorio.D’altro canto l’aumento realizzatosi nell’ultimo anno èmolto ridotto rispetto ai ritmi di crescita degli anniprecedenti. Quindi, dopo un periodo di forte espan-sione, si sta osservando un sostanziale assesta-mento, che continua a lasciare esclusa dall’accessoa programmi organizzati quasi la metà delle donneitaliane dell’età interessata. Questo è particolarmen-te vero per le regioni meridionali, dove i programmiattivi rappresentano meno di un terzo del target. Ciòè ancor più grave in quanto i dati, generati dell’inda-gine multiscopo condotta dall’ISTAT nel 1999-2000,sull’attività di diagnosi precoce del Ca cervicale indi-cano livelli di copertura ancora bassi per il Sud e leIsole, anche relativamente a fasce di donne giovanie con alti livelli di istruzione 10. L’attivazione di pro-grammi organizzati sarebbe quindi di assolutanecessità in particolare per queste regioni. I dati ISTAT citati 10 continuano inoltre a mostrare ildisequilibrio nella distribuzione dei test citologici giàosservato alla fine degli anni ’80 4-6, con una rilevan-te quota di donne che effettua test ad intervallieccessivamente brevi (e quindi con uno spreco dirisorse) ed un’altra non piccola che non risulta scree-nata entro 3 anni. Ciò ancora mostra la necessità dipassare da un sistema di accesso su richiesta aduno di screening organizzato, uno dei cui obbiettivi èproprio la riduzione di tale squilibrio. L’aumento della compliance all’invito osservato nel-l’ultimo anno è incoraggiante in tal senso anche sepurtroppo i dati disponibili non permettono di valuta-re la copertura complessiva, proprio per la difficoltàad ottenere routinariamente dati completi sull’attività

spontanea. La situazione descritta dall’indagineISTAT è solo marginalmente influenzata dai program-mi organizzati, che in buona parte si sono attivatidopo il 1996 e che, all’epoca della rilevazione stes-sa, solo in Emilia-Romagna avevano provveduto adinvitare una parte sostanziale della popolazioneobbiettivo. Ottenere di dati di copertura rappresentaquindi una priorità conoscitiva.A fronte di ciò i risultati qui presentati indicano unconsolidamento dei programmi organizzati esistenti.In questa direzione vanno sia i risultati sui ritmi di invi-to, che si riavvicinano a quelli che dovrebbero esse-re a regime, sia quelli sulla completezza dei dati, chesuggeriscono che i sistemi informativi riescono a for-nire i dati necessari in misura sempre più completae standardizzata.In questa direzione vanno anche gli indicatori di pro-cesso. Complessivamente i valori medi nazionalipossono essere considerati accettabili per quasi tuttigli indicatori, e buoni per alcuni, quali la proporzionedi inadeguati e l’adesione alla colposcopia. Certamente si osserva una variabilità tra programmie questo lavoro ha permesso di individuare, insiemecon alcuni risultati eccellenti, aree e programmi cherichiedono un miglioramento. In particolare i dati con-tinuano a suggerire differenze sistematiche tra i pro-grammi di screening, che dipendono plausibilmenteda differenze nei criteri di interpretazione della cito-logia, probabilmente preesistenti all’introduzione deiprogrammi organizzatiÈ tuttavia incoraggiante l’aumento, in contro tenden-za rispetto agli anni precedenti, del Valore PredittivoPositivo, con un minor numero di programmi chemostrano valori estremamente ridotti. Ciò parrebbeindicare una più spiccata attenzione alla necessità dimantenere criteri sufficientemente rigorosi di invio alsecondo livello, contenendo quindi i costi umani edeconomici, ed anche una tendenza all’uniformarsi,appunto, dei criteri di interpretazione citologica.Anche sulla base dei dati degli anni precedenti eranostate intraprese, su base volontaria, iniziative (in par-ticolare la circolazione di set di vetrini con discussio-ne di quelli interpretati in modo diverso dai parteci-panti) spesso promosse dal GISCi stesso, per aumen-tare l’omogeneità dell’interpretazione citologica.

Hanno fornito dati per la survey GISCi 2002: VALLE D’AOSTA: T. Meloni; J. Morabito; PIEMON-TE: N. Segnan; G.Ronco, E. Mancini (Torino); G.Faragli, A. Oddone (Alessandria); S. Polizzi

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Tabella . 2Programmi organizzati di screening cervicale attivi nel dicembre 2002 e popolazione obiettivo per regioneRegione Pop. obiettivoValle d’Aosta Programma regionale unico 34,378Piemonte Programma regionale. Attivazione totale 1,226,659

Città di Torino, Cuneo, Alessandria, Moncalieri, Rivoli (ASL 5,10), Ivrea (ASL 6,7,9), Biella-Vercelli, Novara (ASL 13,14), Asti (ASL 19.21)

Lombardia 394,592ASL CremonaASL LodiVal BrembanaVarese cittàASL Valcamonica – Breno ASL Milano 1(parziale)ASL Mantova

Provincia Aut. di Trento Programma unico 133,083Provincia Aut. di Bolzano Programma unico 128,245Veneto Programma regionale. Attivazione totale 1,295,127

Belluno, Bassano, Feltre, Thiene, Bussolengo, Conegliano, Castelfranco V.to, Venezia, Dolo M., Chioggia, Padova, Este M., Rovigo, Verona, Legnago, Vicenza, Portogruaro

Friuli-Venezia Giulia Programma regionale unico 342,858Emilia-Romagna Programma regionale. Attivazione totale 1,136,640

Bologna città, Bologna Sud, Bologna Nord, Ferrara, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini, Cesena, Forlì, Modena, Piacenza, Parma, Imola.

Toscana Programma regionale. Attivazione totale 1,006,561Firenze, Prato, Pisa, Siena, Pistoia, Grosseto, Empoli, Viareggio, Lucca, Massa Carrara, Livorno.

Umbria Programma regionale. Attivazione totale 230,483Perugia, Terni, Foligno, Città di Castello

Marche Programma regionale. Attivazione totale. 400,33713 Aziende Sanitarie

Lazio Programma regionale. Attivi i seguenti 551,356Viterbo, Roma A, Roma B, Roma C, Rieti, Latina, Frosinone (attività ridotta in alcuni programmi, la popolazione obbiettivo include solo quelli con attività sostanziale).

Abruzzo Programma regionale. Attivazione totale. 344,808Prov. Teramo, Lanciano, Avezzano, Prov. Pescara, Prov. Chieti, Prov. L’Aquila

Campania 292,413Pomigliano D’Arco (ASL Na4),Portici-Sorrento (ASL Na5)

Basilicata Programma regionale unico 158,061Calabria 33,050

Lamezia Terme (A.S.N. 6)Sicilia 678,634

Prov. CataniaProv. CaltanisettaProv. RagusaProv. TrapaniSiracusa cittàLercara (PA)

Sardegna 28,000Oristano

Tabella . 1 Popolazione obiettivo dei programmi organizzati di screening cervicale in Italia

Fine 2002 Fine 2001 Fine 2000 Fine 1999 Fine 1998 Fine 1997Numero donne in Popolazione Obiettivo di programmi organizzati 8,415,285 7,926,043 6,780,131 5,093,794 2,577,349 2,074,820% pop. Italiana 25-64 (a) 52.12 49.09 41.74 31.53 16.04 12.96Popolazione Obiettivo dei programmi che hanno fornito dati per la survey sugli indicatori (b) 6,424,522 5,114,396 3,938,855 2,067,345 1,868,530% di popolazione invitata (c) 28.40 27.14 29.19 37.07 34.07NORDNumero donne in Popolazione Obiettivo di programmi organizzati 4,691,582 4,429,908 4,292,562 3,499,328 2,024,515 1,472,571% popolazione 25-64 63.33 59.80 57.70 47.25 27.47 20.12CENTRONumero donne in Popolazione Obiettivo di programmi organizzati 2,188,737 2,188,737 1,849,861 1,068,641 422,185 471,600% popolazione 25-64 68.81 68.81 57.74 33.62 13.36 14.98SUDNumero donne in Popolazione Obiettivo di programmi organizzati 1,534,966 1,307,398 637,708 525,825 130,649 130,649% popolazione 25-64 27.61 23.52 11.38 9.44 2.36 2.36

a) I denominatori sono costituiti dalla popolazione residente al 1° gennaio di ogni anno.b) Somma delle popolazioni obiettivo dei programmi che hanno fornito i dati per la survey che riguarda le donne invitate nell’anno corrispon-dente ( ad. es. nella cella “fine 2001” sono indicate le popolazioni obiettivo che hanno fornito dati per la survey 2002, che riguardava le donneinvitate nel 2001).c) Popolazione invitata dai programmi che hanno fornito i dati per la survey come percentuale della loro popolazione obiettivo.

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a) Anno precedente all’esecuzione della survey. Ogni survey riguarda le donne invitate nell’anno precedente e sottoposte a screening entro il primosemestre dell’anno in corso (vedi testo).b) Denominatore: Numero di donne invitate (nell’anno precedente) Numeratore: Numero di donne aderenti tra queste (entro il primo semestre del-l’anno scorso).c) In alcuni programmi include solo donne sottoposte a screening dopo invito, in altri tutte le donne sottoposte a screening, anche senza invito(vedi testo). Di conseguenza la popolazione screenata è > del numero delle invitate.d) Denominatore: Numero totale di strisci fatti alla popolazione screenata nel periodo considerato. Numeratore: Numero di questi giudicati insod-disfacenti.e) Denominatore: Numero di donne screenate. Numeratore: Numero di esse invitate in colposcopia (per qualsiasi motivo)f) Denominatore: Numero di donne invitate in colposcopia per citologia ASCUS o più grave. Numeratore: Numero di queste che hanno fatto unacolposcopia.g) Denominatore: Numero di donne invitate in colposcopia per citologia HSIL o più grave. Numeratore: Numero di queste che hanno fatto una col-poscopia.h) Denominatore: Numero di donne che hanno fatto una colposcopia per citologia ASCUS o più grave. Numeratore: Numero di esse in cui è stataindividuata una lesione CIN2 o più grave (diagnosi istologica- lesione più grave individuata entro 6 mesi dalla citologia).i) Denominatore: Numero di donne screenate. Numeratore: Numero di esse in cui è stata individuata una lesione CIN2 o più grave (diagnosi isto-logica- lesione più grave individuata entro 6 mesi dalla citologia). Casi ogni 1000 donne sottoposte a screening.j) Vedi (i). Standardizzato per età quinquennale sulla popolazione italiana (censimento’91). La media nazionale è il valore pooled di tutti i program-mi con dati utilizzabili. I percentili sono ottenuti dai valori standardizzati di tutti i programmi con dati utili.

a) Anno precedente all’esecuzione della survey. Ogni survey riguarda le donne invitate nell’anno precedente e sottoposte a screening entro il primosemestre dell’anno in corso (vedi testo).b) Denominatore: Numero di donne invitate (nell’anno precedente) Numeratore: Numero di donne aderenti tra queste (entro il primo semestre del-l’anno scorso).c) In alcuni programmi include solo donne sottoposte a screening dopo invito, in altri tutte le donne sottoposte a screening, anche senza invito(vedi testo). Di conseguenza la popolazione screenata è > del numero delle invitate.d) Denominatore: Numero totale di strisci fatti alla popolazione screenata nel periodo considerato. Numeratore: Numero di questi giudicati insod-disfacenti.e) Denominatore: Numero di donne screenate. Numeratore: Numero di esse invitate in colposcopia (per qualsiasi motivo)f) Denominatore: Numero di donne invitate in colposcopia per citologia ASCUS o più grave. Numeratore: Numero di queste che hanno fatto unacolposcopia.g) Denominatore: Numero di donne invitate in colposcopia per citologia HSIL o più grave. Numeratore: Numero di queste che hanno fatto una col-poscopia.h) Denominatore: Numero di donne che hanno fatto una colposcopia per citologia ASCUS o più grave. Numeratore: Numero di esse in cui è stataindividuata una lesione CIN2 o più grave (diagnosi istologica- lesione più grave individuata entro 6 mesi dalla citologia).i) Denominatore: Numero di donne screenate. Numeratore: Numero di esse in cui è stata individuata una lesione CIN2 o più grave (diagnosi isto-logica- lesione più grave individuata entro 6 mesi dalla citologia). Casi ogni 1000 donne sottoposte a screening.j) Vedi (i). Standardizzato per età quinquennale sulla popolazione italiana (censimento’91). La media nazionale è il valore pooled di tutti i program-mi con dati utilizzabili. I percentili sono ottenuti dai valori standardizzati di tutti i programmi con dati utili.

Anno attività (a) 2001 2000N Media 10 90 N Media 10 90

(num/den) centile centile (num/den) centile centile42.2% 38.6%

Compliance all’invito (b) 65 25.6% 57.7% 53 27.8% 56.1%(770,544/ (536,075/

1,824,255) 1,387,937)Popolazione screenata (c) 856.666 638.977

3.8% 3.4%Insoddisfacenti (d) 64 0.5% 13.1% 51 0.2% 7.4%

(34,017/ (21,069/888,102) 627,576)

2.9% 3.0%Referral rate (e) 62 1.1% 6.9% 50 1.2% 6.0%

(23,124/ (17,809/804,955) 592,154)

87.7% 86.9%Adesione alla 59 68.9% 100% 46 46.9% 100%colposcopia(16,560/ (16,560/ (12,078/Per ASCUS+ (f) 18,893) 13,893)Adesione alla 91.6% 90.1%colposcopia 56 70.8% 100% 45 66.7% 100%Per HSIL+ (g) (1640/ (1033/

1790) 1146)13.6% 11.4%

VPP (h) 56 (2124/ 4.7% 35.3% 46 (1340/ 3.1% 35.1%15,569) 11,718)

DR CIN2+ grezza (i) 3.0 2.857 0.5 5.2 47 0.9 4.7

(2204/ (1549/730,269) 543,878)

DR CIN2+ stand ita (j) 50 3.1 0.5 5.7 38 3.1 1.1 5.0

Anno attività (a) 1999N Media 10 90

(num/den) centile centile39.6%

Compliance all’invito (b) 44 20.3% 53.6%(454,928/

1,149,734)Popolazione screenata (c) 574.855

3.1%Insoddisfacenti (d) 43 0.4% 11.9%

(17,149/553,779)

2.8%Referral rate (e) 44 1.0% 5.2%

(15,993/574,855)

87.4%Adesione alla colposcopiaPer ASCUS+ (f) 42 (12,664/ 50.0% 100%

14,495)91.5%

Adesione alla colposcopiaPer HSIL+ (g) 41 (1597/ 60.0% 100%

1746)16.7%

VPP (h) 40 4.6% 45.2%(1947/

11,687)4.1

DR CIN2+ grezza (i) 38 1.0 5.8(1960/

483,979)DR CIN2+ stand ita (j) 25 3.7 0.04 5.9

Tabella . 3: Valore di alcuni indicatori di processo (media nazionale, 10° e 90° percentile) nelle survey condotte dal GISCi

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stato possibile grazie a finanziamenti del progetto“Europa Contro il Cancro” della CommissioneEuropea e dell’Associazione Italiana per la Ricercasul Cancro. È stato prodotto un sistema informati-co, denominato SQTM, che ha ormai una discretadiffusione in Italia particolarmente presso Unitàspecialistiche multidisciplinari e che ha ottenutoimportanti riconoscimenti in Europa (Blamey,2000). Oltre che in italiano, esso è attualmentedisponibile in inglese, francese, spagnolo e tede-sco. L’edizione aggiornata di SQTM è disponibilesui siti www.cpo.it\sqtm e www.eusoma.org. Essaconsente di calcolare gli indicatori proposti inrecenti documenti del GISMa (Mano, 2001), dellaFONCaM (FONCaM, 2001) e dell’EUSOMA(Rutgers, 2001) ed è organizzata in modo da ren-derne l’utilizzo da parte dei clinici il più possibileappetibile e agevole (emissione di referti clinici,descrizione degli interventi chirurgici, inserimentoin rete locale).

Il GISMa raccoglie ogni anno i dati sulla diagnosi e laterapia dei carcinomi della mammella identificati alloscreening, attraverso il monitoraggio degli indicatorieffettuato da Servizi chirurgici di riferimento per loscreening tramite l’utilizzo di SQTM. Nel periodo1997-2001 sono state così documentate più di5000 lesioni screen-detected operate da poco menodi 100 Servizi chirurgici facenti capo a 30 program-mi di screening in nove Regioni (Valle d’Aosta,Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna,Toscana, Lazio, Campania, Sicilia). Questa attività diquality assurance è di recente entrata a far parte del-l’attività di molti tra i Centri di Riferimento Regionaliper lo screening mammografico.

Le tabelle 1-4 mostrano un riepilogo delle diagnosiistopatologiche e dei principali indicatori relativi aduna quota importante delle lesioni operate in Italiaa seguito di screening effettuato negli anni 2000(n=1635) e 2001 (n=1890), registrate su SQTM.La tabella 5 mostra un confronto geografico tra leRegioni (Piemonte e Valle d’Aosta ed Emilia-Romagna) che hanno raccolto almeno 500 casi. Latabella 6 infine illustra l’andamento temporale deirisultati per il periodo 1997-2001. Per la definizio-ne dettagliata degli indicatori si prega di fare riferi-mento al già citato documento del GISMa (Mano,2001). Questo rapporto presenta un aggiornamen-to dei dati che sono stati presentati in occasionedella riunione annuale del GISMa tenutasi a Romanell’ottobre 2002.

Il risultato della maggior parte degli indicatori (Tab.2) soddisfa l’obiettivo minimo fissato dal GISMa, ose ne discosta di poco. Le principali eccezioni sonorappresentate dai tempi di attesa, dall’adesione allaraccomandazione di non utilizzare l’esame estem-poraneo al congelatore per le lesioni di piccoledimensioni e dalla diagnosi pre-operatoria. Anchel’indicatore sull’effettuazione di dissezione ascellarenei carcinomi duttali in situ ha un risultato inferiorealla soglia richiesta dal GISMa, ma è in netto miglio-ramento nel confronto tra gli anni 2000 e 2001.L’indicatore sull’effettuazione della ricostruzioneimmediata dopo mastectomia indica la presenza diun ampio margine di miglioramento ed è stato inse-rito in Tab. 2 anche se il GISMa non ha ancora for-mulato un obiettivo numerico.

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Lo sviluppo del web ha semplificato il reperimentodi linee guida internazionali accreditate sulla dia-gnosi e la terapia del cancro della mammella. InItalia la Forza Operativa Nazionale sul Tumore dellaMammella (FONCaM) mantiene da anni aggiornatoun documento di consenso tra gli specialisti delsettore che è diventato un importante riferimento alivello nazionale. Tuttavia, quanto le linee guidaabbiano un impatto sulla pratica è ancora pocodocumentato (Guadagnoli, 1998; Ray-Coquard,1997; Lazovich, 1997; Grilli, 1991) ed esistonograndi variazioni nella qualità dell’assistenza(Richards, 1997; Moritz, 1997; Harries, 1996;Scorpiglione, 1995). L’anello mancante potrebbeessere il monitoraggio della diagnosi e della terapiae la valutazione da parte degli operatori dei propririsultati in un ambito di confronto multi ed intradi-sciplinare. Le organizzazioni scientifiche e gli ammi-nistratori della sanità riconoscono sempre più l’im-portanza della Quality Assurance. Il documentofinale della 1° Joint Breast Cancer Conference diFirenze (Cataliotti, 1999) afferma che programmi diverifica e assicurazione di qualità dovrebbero rap-presentare uno standard per tutti i servizi clinici cheintendono operare sul tumore della mammella. Inoccasione della successiva Conferenza di Bruxellesci si è spinti a promuovere, a questo riguardo, l’uti-lizzo di un comune database a livello europeo.Anche le linee guida europee sullo screening affron-tano questo argomento affermando che i program-mi organizzati dovrebbero monitorare la qualità deltrattamento chirurgico dei casi screen-detected,sotto la responsabilità di un chirurgo per valorizza-re gli aspetti di promozione della formazione per-manente piuttosto che quelli di controllo fiscale sul-

l’attività (O’Higgins, 1998). Infatti lo screening agi-sce su una delicata bilancia di benefici e costiumani che è altamente sensibile alla qualità, nonsolo mammografica, ma anche del successivo pro-cesso diagnostico e terapeutico.

Un programma di assicurazione di qualità, per esse-re efficace, dev’essere pianificato secondo criteri divalidità (misura aspetti del processo assistenzialepertinenti rispetto agli obiettivi?), di precisione (con-sente di farlo con esattezza?) e, ultimo ma nonmeno importante, di fattibilità. La validità richiedel’aderenza degli indicatori alle linee guida più aggior-nate e fondate su prove scientifiche, oppure ad ele-menti dell’assistenza sulla cui desiderabilità vi è con-senso professionale e sociale (ad esempio i tempidi attesa o gli esiti estetici). La precisione richiedel’utilizzo di codifiche omogenee, riconosciute e uti-lizzate da tutti, in modo da minimizzare l’errore e lapresenza di valori mancanti. La fattibilità richiedel’inserimento del programma nella routine di gestio-ne clinica delle pazienti e, soprattutto, il consenso ela motivazione degli operatori.

Dal 1995 entro il Gruppo Italiano per lo ScreeningMammografico (GISMa) e la FONCaM è in atto unprogetto di assicurazione di qualità del trattamentochirurgico, che si sta ora estendendo alla diagnosie alla terapia complementare e adiuvante e al moni-toraggio degli indicatori relativi agli approfondimen-ti diagnostici (FONCaM, 2001; Perry, 2001) anchenelle donne non operate. Il programma ha usufrui-to dell’esperienza precedentemente condotta inGran Bretagna (National Co-ordination Group,1996; The Breast Surgeons Group, 1995) ed è

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Il "Progetto SQTM" sulla Qualità della Diagnosi e della Terapia entro i Programmi di Screening: Risultati degli Indicatori chirurgicia cura di Antonio Ponti, Maria Piera Mano, Vito Distante, Rita Bordon, Luigi Cataliotti, Carlo Naldoni,

Mario Taffurelli, Nereo Segnan

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ressanti ed utili. Per questo motivo presentiamo unconfronto di due grandi aree, scelte sulla base delnumero di lesioni operate registrate (più di 500 inentrambi i casi). Dall’esame dei dati su base regio-nale si evince che in Emilia Romagna sono partico-larmente attuali i problemi relativi alla diagnosi pre-operatoria, all’utilizzo dell’esame istopatologicoestemporaneo e agli interventi ascellari sui CDIS,mentre in Piemonte è necessario concentrarsi par-ticolarmente sulla valutazione dei margini, sulnumero dei linfonodi esaminati a seguito di disse-zione ascellare e sui tempi di attesa.

Dall’analisi dell’andamento temporale (Tab. 6) emer-ge che in quasi tutti i casi ove il risultato non è sod-disfacente esso non migliora negli anni successivi(fa eccezione la diagnosi pre-operatoria che, purnon raggiungendo l’obiettivo fissato, è in costantemiglioramento), anche se una generale tendenzamigliorativa è percepibile nel confronto tra gli anni2000 e 2001 (si veda anche la Tab. 2). In seguitoa ciò il Gruppo Trattamento del GISMa incoraggiafortemente il fatto che il monitoraggio multicentricodegli indicatori si accompagni, a livello regionale elocale, con un feed-back ai Servizi partecipantirispetto agli eventuali problemi emersi, che sugge-risca ulteriori analisi e possibili misure da intra-prendere. Perché l’Audit possa produrre cambia-mento è infatti necessario che all’individuazione diproblemi nella qualità dell’assistenza segua un’at-tenta analisi delle loro cause. La discussione deirisultati del monitoraggio, particolarmente seavviene in occasione di incontri clinici multidiscipli-nari, favorisce inoltre l’incremento della qualità deidati medesimi, attraverso l’adozione di più accura-te classificazioni e definizioni delle variabili di inte-resse. L’attività di miglioramento della qualità potràprodurre risultati se i Centri di riferimento regionalisaranno dotati di risorse adeguate a ciò specifica-mente dedicate. Alcune Regioni, tra le quali ilPiemonte e l’Emilia-Romagna citate in precedenza,attraverso i Centri di coordinamento dello scree-ning hanno già intrapreso l’attività di verifica edinterpretazione dei risultati del monitoraggio in col-laborazione con tutti i Servizi coinvolti.

Uno degli aspetti più importanti a supporto dellaqualità della diagnosi e del trattamento è il fattoche i tumori della mammella afferiscano a unitàspecialistiche (Blamey, 2000; Mano, 2001). In que-sta direzione molto lavoro deve ancora essere fattodal momento che poco più del 5% dei casi identifi-cati allo screening vengono operati in Servizi chiru-gici dotati di un volume annuo di attività superioreai 150 casi, come raccomandato dall’EUSOMA(Blamey, 2000), mentre più del 40% dei casi vieneoperato in strutture che trattano meno di 50 casiall’anno.

È probabile che in futuro entro il Servizio Sanitarioaumenti la richiesta di Unità cliniche per il tumoredella mammella specialistiche e multidisciplinari ein qualche modo accreditate. Attraverso il monito-raggio di ben definiti indicatori le Unità di Senologiae i Servizi chirurgici di riferimento per i programmidi screening possono fin d’ora documentare il lorolivello di eccellenza.

RingraziamentiQuesta indagine è stata condotta a cura del Gruppo diTrattamento del GISMa. Pertanto va riconosciuto il lavorodi tutti i componenti del gruppo, che da anni raccolgono ipropri dati e discutono i risultati ed il significato degli indi-catori in occasione della riunione annuale.

Il progetto si è avvalso dei contributi del Programma“Europa Contro il Cancro” della Commissione Europea(2000/SI2.307923, 2001/SI2.328176, 2002/SPC.2002482), della Lega Italiana per la Lotta contro iTumori, della Regione Piemonte e della Fondazione SanPaolo di Torino. Ringraziamo tutti i Servizi e i responsa-bili dei programmi di screening che hanno fornito dati perquesta indagine e in particolare i Centri di coordinamen-to dello screening, con i rispettivi Enti regionali, nelleregioni Emilia-Romagna, Lazio, Piemonte, Toscana, Valled’Aosta e Veneto, per l’impegno profuso nell’introdurre ilmonitoraggio della terapia con SQTM a livello regionale.In Sicilia questa attività può proseguire anche grazie allacollaborazione con il progetto multicentrico coordinatodalla sezione provinciale di Ragusa della Lega Italiana perla Lotta contro i Tumori. Siamo infine grati a M.Tomatis eA.Monni per il supporto informatico nello sviluppo diSQTM e nell’assistenza agli utilizzatori e l’analisi dei dati.

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Tempi di attesaPoco più della metà dei casi vengono operati entro30 giorni dalla prescrizione chirurgica. Il dato è inpeggioramento rispetto all’anno precedente. Itempi di attesa tendono ad essere minori nei servi-zi che trattano meno casi di carcinoma mammario.L’istituzione di Unità di Senologia specialistiche mul-tidisciplinari con sessioni operatorie dedicate ènecessaria e urgente per poter diminuire i tempi diattesa fornendo cure di qualità adeguata. A livelloregionale, di programma di screening e diOspedale dovrebbero essere analizzate le causedei ritardi ed esaminati i possibili rimedi. Inoltredovrebbe essere posto rimedio al problema costi-tuito dall’elevata proporzione di informazioni man-canti (Tab. 4).

Esame estemporaneo al congelatoreLe linee guida (O’Higgins, 1998; National Co-ordi-nation Group, 1996; The Breast Surgeons Group,1995; FONCaM, 2001; Mano, 2001; Rutgers,2001) raccomandano di non eseguire l’esameestemporaneo al congelatore per lesioni di dimen-sioni inferiori al centimetro per la limitata accura-tezza di questa tecnica e per il rischio di errori dia-gnostici sul successivo esame definitivo legati aldeterioramento del pezzo operatorio. La Tabella 3illustra come l’utilizzo di questa tecnica sia a volteassolutamente ingiustificata e probabilmente lega-ta ad abitudini difficili da modificare. Infatti nell’anno2000 ben il 33% (nel 2001 20%) dei carcinomi chesono giunti all’intervento dotati di diagnosi microi-stologica pre-operatoria (B5) sono stati sottopostianche ad esame estemporaneo, con un inutileaggravio dei costi e dei tempi operatori.

Diagnosi pre-operatoria. È in miglioramentorispetto all’anno precedente, probabilmente in rela-zione ad un uso crescente delle tecniche microi-stologiche, ma è ancora distante dall’obiettivo fis-sato dalle linee guida.

Un altro aspetto che l’indagine del GISMa consentedi seguire è la graduale introduzione della tecnicadel linfonodo sentinella. Nel 2001 il 37% dei carci-nomi invasivi di dimensione fino a 3 cm, non clini-camente multicentrici o multifocali e il 22% dei car-cinomi duttali in situ sono stati sottoposti alla tec-nica del linfonodo sentinella. Questi dati sono daconsiderare con cautela, dato l’elevato numero di

valori mancanti (abbiamo assunto che ove nonfosse segnalato, il linfonodo sentinella non sia statoeseguito). Probabilmente più utile è effettuare con-fronti geografici per quanto riguarda le Regioni oveil dato è stato raccolto con maggiore completezza:in Emilia-Romagna la procedura è stata adottataper il 34% dei CDIS e per il 37% del sottogruppo dicarcinomi invasivi per i quali è indicata; in Piemontee Valle d’Aosta rispettivamente per il 14% e il 34%;in Toscana (rappresentata largamente dalla città diFirenze) per il 9% e 30%. Questi dati mostranocome, mentre il grado di introduzione della tecnicaper i carcinomi invasivi è abbastanza omogeneonelle tre aree considerate, l’adozione del linfonodosentinella per i carcinomi in situ è estremamentevariabile. Ciò non stupisce dal momento che esistevariabilità nelle raccomandazioni delle linee guida enelle scuole chirurgiche per quanto riguarda que-st’ultimo aspetto, tuttavia il dato sembra meritevo-le di approfondimento in ambito locale.

La proporzione di valori mancanti (Tab. 4) si man-tiene in ambiti accettabili, in ulteriore miglioramen-to rispetto all’anno 2000. Ciò indica una buona qua-lità del processo di raccolta e registrazione deidati. Tuttavia in qualche caso, come per l’informa-zione sull’eventuale biopsia fallita e dei tempi diattesa, l’elevata proporzione di valori mancanticomplica l’interpretazione del risultato numericodell’indicatore. Ciò accadeva in passato in modoancora più consistente nel caso del peso dellelesioni benigne (indicatore per questo motivo elimi-nato dalla raccolta dati di quest’anno), utile a sti-mare la frequenza di esiti estetici indesiderati nelledonne operate. A questo proposito è in corso nelGISMa uno studio nel corso del quale vengono spe-rimentati nuovi indicatori in grado di descrivere ilproblema.

Tutti i dati presentati devono essere consideratipreliminari e richiedono una verifica a livello locale:sia, talora, per la presenza di piccoli numeri e diuna proporzione non trascurabile di valori mancan-ti, che per la possibilità di errori di registrazione.Ciò vale a maggior ragione per confronti interniquali quelli per area geografica (Tab. 5). Tuttavia èproprio dall’analisi dei dati a livello territoriale (pro-gramma di screening, Ospedale) ed anche in ter-mini di autovalutazione di singoli Servizi ed opera-tori che possono emergere le informazioni più inte-

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2000 2001n % n %

Benigno 302 18.5 354 18.7In situ 185 11.3 224 11.9Microinvasivo 29 1.8 48 2.5Invasivo 1103 67.5 1234 65.3Ignoto 5 0.3 30 1.6TOTALE 1635 100.0 1890 100

Indicatore Risultato Risultato Standard2000 2001 GISMa

% % %Diagnosi pre-operatoria nei cancri (C4-5,B4-5) 73.7 75.8 -Diagnosi pre-operatoria nei cancri (C5 o B5)1 53.8 57.6 ≥ 70Escissione della lesione alla prima biopsia chirurgica 98.6 99.5 ≥ 95Non esecuzione dell’esame al congelatore per lesioni di dimensione ≤ 10 mm 49.1 55.2 ≥ 95Esecuzione di un solo intervento chirurgico in presenza di diagnosi pre-operatoria di cancro 92.9 94.2 ≥ 90Intervento conservativo nei cancri invasivi ≤ 20 mm 91.0 91.0 ≥ 80Intervento conservativo nei CDIS ≤ 20 mm 92.7 89.1 ≥ 80Margini > 1 mm all’ultimo intervento 88.4 88.0 ≥ 95Numero linfonodi > 9 91.9 94.0 ≥ 95Non esecuzione di dissezione ascellare nei CDIS 80.4 90.4 ≥ 95Ricostruzione immediata dopo mastectomia 29.8 30.1 -Grado istopatologico disponibile 97.3 99.0 ≥ 95Recettori per gli estrogeni disponibili 98.3 98.9 ≥ 95Attesa intervento ≥ 30 gg 65.8 55.5 ≥ 80Attesa intervento da mx di screening ≥ 30 gg 25.3 18.2 -

Tabella . 1 Indagine del Gruppo Italiano per lo Screening Mammografico per gli anni 2000 e 2001 -Distribuzione per diagnosi istopatologica definitiva

Tabella . 2 Riepilogo dei risultati degli indicatori misurati nell’ambito dell’indagine del Gruppo Italiano per loScreening Mammografico per gli anni 2000 (1635 casi) e 2001 (1890 casi)

1 Questo secondo indicatore sulla diagnosi pre-operatoria, che esclude dal numeratore le diagnosi citologiche o microistologiche preo-peratorie sospette (C4 e B4), è stato introdotto di recente dal GISMa. Pertanto vengono qui presentati i dati relativi sia al vecchio indi-catore (utilizzato quando veniva impiegato quasi esclusivamente il prelievo citologico) che al nuovo (più appropriato in caso di utilizzodella core biopsy).

BibliografiaBlamey R., Blichert-Toft M., Cataliotti L. et al. (2000).Breast Units: Future Standards and MinimumRequirements. Eur J. Cancer 36, 2288-2293.

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Tabella . 5 Indagine del Gruppo Italiano per lo Screening Mammografico, anno 2001. Indicatori per areageografica. Regioni con più di 500 casi: Piemonte e Valle d’Aosta (715 casi) ed Emilia-Romagna (796 casi).

Dati preliminari Piemonte e Emilia- StandardIndicatore Valle d’Aosta Romagna GISMa

% % %Diagnosi pre-operatoria nei cancri (C4-5, B4-5) 80.2 68.8 -Diagnosi pre-operatoria nei cancri (C5 o B5) 61.5 52.0 ≥ 70Escissione della lesione alla prima biopsia chirurgica 98.7 100.0 ≥ 95Non esecuzione dell’esame al congelatore per lesioni di dimensione ≤ 10 mm 63.0 39.8 ≥ 95Esecuzione di un solo intervento chirurgico in presenza di diagnosi pre-operatoria di cancro 93.8 92.9 ≥ 90Intervento conservativo nei cancri invasivi ≤ 20 mm 89.6 90.3 ≥ 80Intervento conservativo nei CDIS ≤ 20 mm 90.2 86.7 ≥ 80Margini > 1 mm all’ultimo intervento 84.5 90.3 ≥ 95Numero linfonodi > 9 92.0 96.2 ≥ 95Non esecuzione di dissezione ascellare nei CDIS 91.4 86.4 ≥ 95Grado istopatologico disponibile 100.0 98.9 ≥ 95Recettori per gli estrogeni disponibili 99.0 98.5 ≥ 95Attesa intervento ≥ 30 gg 50.5 60.5 ≥ 80

Tabella . 6 Andamento temporale di alcuni indicatori2

1997 1998 1999 2000 2001 Standard% % % % % GISMa

%Diagnosi pre-operatoria nei cancri (C4-5, B4-5) 67.6 72.6 74.9 78.7 81.3 -Escissione della lesione alla prima biopsia chirurgica 98.6 98.3 99.5 97.9 99.0 ≥ 95Non esecuzione dell’esame al congelatore per lesioni di dimensione ≤ 10 mm 53.3 65.2 60.0 48.8 58.7 ≥ 95Intervento conservativo nei cancri invasivi ≤ 20 mm 88.9 93.2 92.9 90.2 93.4 ≥ 80Intervento conservativo nei CDIS ≤ 20 mm 87.0 97.1 92.9 91.0 88.7 ≥ 80Numero linfonodi > 9 94.1 93.9 92.0 90.7 92.4 ≥ 95Non esecuzione di dissezione ascellare nei CDIS 92.1 85.7 90.0 79.7 96.0 ≥ 95Attesa intervento ≥ 21 gg3 56.1 51.1 33.3 37.0 22.7 -

1 Questo secondo indicatore sulla diagnosi pre-operatoria, che esclude dal numeratore le diagnosi citologiche o microistologiche preo-peratorie sospette (C4 e B4), è stato introdotto di recente dal GISMa. Pertanto vengono qui presentati i dati relativi sia al vecchio indi-catore (utilizzato quando veniva impiegato quasi esclusivamente il prelievo citologico) che al nuovo (più appropriato in caso di utilizzo dellacore biopsy).2 Sono inclusi per il periodo 1997-2000 solo i casi dei programmi di screening che hanno fornito i dati per l’intero periodo di rilevazione(Brescia, Firenze, Modena, Torino). Per il 2001 sono inclusi solo i casi di Firenze, Modena, Torino (n = 553). 3 L’indicatore GISMa è cambiato nel corso del periodo e i dati comparativi sono disponibili per quello facente riferimento ad un interval-lo di 21 giorni.

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Tabella . 3 Indagine del Gruppo Italiano per lo Screening Mammografico per gli anni 2000 e 2001 - Utilizzo dell’esame estemporaneo al congelatore in lesioni dotate di diagnosi pre-operatoria

Tabella . 4 Indagine del Gruppo Italiano per lo Screening Mammografico per gli anni 2000 e 2001.Numero casi eleggibili e proporzione di casi con dati mancanti

Esame Esame estemporaneo estemporaneo

2000 2001% %

Diagnosi pre-operatoria citologica o microistologica (C5 o B5) 43.0 26.6Diagnosi pre-operatoria microistologica (B5) 33.3 19.8

Indicatore Numero Numero Dati Daticasi eleggibili casi eleggibili mancanti mancanti

2000 2001 2000 2001% %

Diagnosi pre-operatorianei cancri (C4-5, B4-5) 1308 1461 9.2 5.8Diagnosi pre-operatorianei cancri (C5 o B5) 1308 1461 9.2 5.8Escissione della lesione alla prima biopsia chirurgica 761 975 23.6 22.6Non esecuzione dell’esame al congelatoreper lesioni di dimensione ≤ 10 mm 364 430 4.9 6.1Esecuzione di un solo intervento chirurgicoin presenza di diagnosi pre-operatoria di cancro 620 803 6.9 4.2Intervento conservativo nei cancri invasivi ≤ 20 mm 662 808 4.8 9.0Intervento conservativo nei CDIS ≤ 20 mm 120 174 6.7 5.2Margini > 1 mm all’ultimo intervento 900 1109 6.0 10.5Numero linfonodi > 9 828 718 1.2 2.2Non esecuzione di dissezione ascellare nei CDIS 169 207 3.5 6.8Ricostruzione immediata dopo mastectomia 228 221 13.7 20.4Grado istopatologico disponibile 1068 1189 7.9 10.5Recettori per gli estrogeni disponibili 1068 1189 10.5 10.7Attesa intervento ≥ 30 gg 1529 1877 32.8 30.6Attesa intervento da mx di screening ≥ 30 gg 1446 1848 33.7 27.5

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Laboratorio Numero esami Numero lettori impiegati Media numero esamiannui letti a tempo pieno o parziale annui per lettore

Laboratorio 1 37.226 5 citologi +1 supervisore 7.445Laboratorio 2 3.000 1 citologi +1 supervisore 3.000Laboratorio 3 15.504 4 citologi + 4supervisori 3.866Laboratorio 4 10.907 2 citologi +1 supervisore 5.450Laboratorio 5 8.850 2 citologi +1 supervisore 3.000Laboratorio 6 12.789 5citologi + 2 supervisori 8.000 (citologo)/

1.200 (patologo)Laboratorio 7 16.077 3citologi + 1 supervisore 5.500Laboratorio 8 12.543 2 citologi + 1 supervisore 6.270Laboratorio 9 25.000 5citologi + 1 supervisore 5.000Laboratorio 10 21.713 4 citologi 5.700Laboratorio 11 7.115 2 citologi 3.500Laboratorio 12 17.210 3citologi + 2 supervisori 5.700Laboratorio 13 15.600 3citologi + 1 supervisore 5.000Laboratorio 14 11.373 4citologi + 2 supervisori 5.686Laboratorio 15 8.508 2citologi + 2 supervisori 4.000Laboratorio 16 1.374 1citologo + 1supervisore 11.000Laboratorio 17 9.913 2citologi + 1supervisore 3.711Laboratorio 18 20.464 4citologi + 1supervisore .000Laboratorio 19 4.176 1citologo + 1supervisore 4.176Laboratorio 20 14.279 2citologi + 1supervisore 8.000Laboratorio 21 11.101 3 citologi 3.700Laboratorio 22 12.750 2 citologi + 2 supervisori 6.380Laboratorio 23 16.378 1 citologo+ 2 supervisori 8.000Laboratorio 24 31.859 6 citologi 5.300Laboratorio 25 Oltre 75.000 10 citologi+ 3 supervisori 6.000/11.000Laboratorio 26 14.301 3 citologi 8.000Laboratorio 27 21.155 3 citologi+ 2 supervisori 5.500Laboratorio 28 31.859 6 citologi 5.300Laboratorio 29 19.950 3 citologi + 2 supervisori 7.000Laboratorio 30 17.382 4 citologi + 1 supervisore 5.000Laboratorio 31 37.048 8 citologi 4.600Laboratorio 32 33.974 4 citologi + 2 supervisori 8.500Laboratorio 33 27.779 4 citologi 6.945Laboratorio 34 12.000 3 citologi 4.000Laboratorio 35 11.595 3 citologi + 3 supervisori 3.865Laboratorio 36 18.948 12 citologi + 3 supervisori 7.208Laboratorio 37 29.910 3 citologi + 1 supervisore 5.000/11.000Laboratorio 38 15.460 2 citologi + 2 supervisori 7.730Laboratorio 39 13.422 3 citologi +1 supervisore 6.000Laboratorio 40 55.000 8 citologi 7.200

Tabella . 1 Attività dei singoli laboratori

I risultati dell’indagine sui laboratori di citologia pro-mossa dal GISCiMassimo Confortini Firenze, Gioia Montanari Torino,Franca Parisio Torino, Sonia Prandi Reggio Emilia.

PremessaNell’ambito dell’attività del gruppo di lavoro delGISCi è stato predisposto un questionario da sotto-porre a tutti i laboratori di citologia impegnati in pro-grammi di screening per il cervico-carcinoma.Il questionario era stato inviato a tutti gli iscritti conla raccomandazione di avere un solo invio per labo-ratorio.Lo scopo principale era quello di raccogliere unaserie di informazioni sulle caratteristiche e le moda-lità operative del laboratorio e sul livello di innova-zione tecnologica in particolare rivolto all’introduzio-ne di nuove metodologie.Una prima parte del questionario era dedicata allaraccolta di dati sull’attività complessiva della letturadi Pap test, sul numero di operatori impegnati e suisistemi di refertazione e controlli di qualità adottati.Una seconda parte era rivolta a conoscere lo statodi applicazione di nuove metodiche quali la letturaautomatica, la citologia in strato sottile e la ricercadel virus Papilloma (HPV) con tecniche di BiologiaMolecolare.Erano inoltre previste due indagini conoscitive sullacomunicazione e le controversie legali. Complessivamente hanno risposto al questionario40 laboratori.In alcuni casi hanno risposto separa-tamente laboratori all’interno dello stesso program-ma di screening.Nella valutazione sono stati consi-derati come due entità separate.

RisultatiConsiderando sia i Pap test di screening che spon-tanei il volume di attività varia fra i 40 laboratori daun minimo di 3000 ad un massimo di 75.000 paptest annui con una media di 19.701 Pap test e perun volume complessivo di Pap test di 774.492.Ladistribuzione dei laboratori che hanno risposto alquestionario è stata 27 al Nord, 11 al Centro e 2al Sud. 18 laboratori hanno un volume di attività inferioreai 15.000 Pap test, 13 laboratori sono posiziona-ti fra i 15.000 ed i 25.000 Pap test e solo 9 labo-ratori superano i 25.000 Pap test annui.

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I Risultati dell’Indagine sui Laboratori di Citologia promossa dal GISCi

a cura di

Massimo Confortini, Gioia Montanari, Franca Parisio, Sonia Prandi

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Estremamente variabile sono le metodiche utilizzate per la ricerca del virus papilloma ed il tipo di utilizzocome riportato in tabella 4

La tabella sopra riportata evidenzia una notevoledifformità nelle metodiche utilizzate ed anche nellemotivazione per il quale il test viene effettuato.Tutto questo rischia di rallentare la possibile effi-cacia dell’applicazione del test HPV in ambito discreening. Deve inoltre essere sottolineato checosì come per il Pap test devono essere messe inatto procedure di controllo di qualità sia internoche esterno a garanzia della riproducibilità edaccuratezza del test. In relazione alle controversie medico-legali è abba-stanza comune la richiesta dei casi per consulen-ze esterne (11 su 40) mentre nessun laboratorioha avuto proteste scritte in seguito ad un referto.Questo a dimostrazione ulteriore del livello qualita-tivo generale. La parte del questionario relativa alla comunica-zione è oggetto di ulteriori riflessioni all’interno delgruppo di lavoro costituito ad “hoc” dal GISCI.

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Laboratori con Laboratori senzaesperienza nel campo esperienza nel campo

Citologia in fase liquida 19 21Lettura automatica 11 29Test HPV 23 17

Tabella . 3 Introduzione nuove tecnologie

Tabella . 4Metodologia Numero di Tipo Numeroutilizzata laboratori di utilizzo di laboratoriImmunocitochimica 4 Triage ASCUS/AGUS 9Ibridazione in situ 5 Follow-up lesioni trattate 8Hybrid capture I 1* Screening 3 Hybrid capture II 9 Su richiesta del clinico 13Polimerase chain reaction 9 In sperimentazioni

controllate 6

*esperienza in passato

CommentiUna valutazione di questi dati conferma la buona qua-lità dei laboratori di lettura impegnati nello screening.L’attuazione nel 100% dei laboratori di controlli diqualità interni è indice di una attenta verifica delleprestazioni.Le tipologie adottate permettono sia divalutare la riproducibilità intraosservatore che inte-rosservatore e l’accuratezza sia in termini di specifi-cità che sensibilità.L’adozione nella quasi totalità dei laboratori delSistema di refertazione Bethesda rappresenta unelemento di uniformità che permette anche di attua-re controlli di qualità interlaboratorio basati sulla let-tura di set di vetrini e/o set di immagini digitali.Negli ultimi anni ad esempio il GISCi ha promossocontrolli di qualità esterni basati sul sistema di refer-tazione Bethesda.Il primo che mirava ad una valutazione dei criteri diadeguatezza ha permesso di mettere in evidenza la

Il numero di lettori (citoscreener e supervisori)impegnati varia da 3 a 14. In 8 laboratori non èprevista la figura del supervisore.Il carico di lavoro per lettore varia da un minimo di3000 ad un massimo di 11.000 Pap test annuicon una media di 5827 Pap test.Se prendiamo in considerazione le linee guida ita-liane1, che raccomandano un carico di lavoro mas-simo per citologo di 11.000 Pap test annui, il datomedio che risulta dai questionari è sicuramenteinferiore. Si deve comunque sottolineare che nellamaggior parte dei casi i citologi non svolgono sol-tanto un’attività di lettura di Pap test.Il sistema di refertazione utilizzato è in 38 casi(95%) su 40 il Sistema Bethesda. Nello specifico15 laboratori usano il TBS 1991 in modo integra-le, 4 la nuova versione del TBS 2001 e 18 il TBScon alcune modifiche per adattarlo alle esigenzedelle proprie realtà.40 laboratori (100%) su 40 effettuano uno o piùcontrolli di qualità interni mentre 32 (80%) labora-tori su 40 effettuano anche controlli di qualitàesterni. 33 laboratori hanno una documentazioneparziale o totale dell’attività di controllo di qualitàsvolta.Sono effettuati da 1 a 7 tipologie di controllo diqualità interno fra quelli indicati nel questionario eriportati in Tabella 2.

Dall’indagine emerge che ogni singolo laboratorioattua una media di oltre 5 controlli di qualità interni.Il 90% dei laboratori effettua la revisione sistemati-ca dei falsi negativi e positivi.Vi è da sottolineare che sarebbe auspicabile che siail monitoraggio delle frequenze che la predittivitàper classi diagnostiche fossero effettuati dal 100%dei laboratori.Tali CDQ hanno una scarsa incidenza sui carichi dilavoro e permettono di monitorare in modo continuola riproducibilità ed accuratezza del laboratorio .

L’archiviazione dei vetrini negativi varia da un mini-mo di 5 anni a sempre, mentre per i positivi varia daun minimo di 10 anni a sempre. 19 laboratori hanno esperienza di citologia in faseliquida, ma l’applicazione nella routine riguardapochi laboratori. L’apprendimento di questa nuovatecnologia si è basato nella partecipazione a corsiresidenziali (100%) ed in misura minore sulla revi-sione di casistiche selezionate o lettura in doppio.Per quanto riguarda i sistemi di lettura computer-assi-stita od automatica l’esperienze sono molto più limita-te e riguardano solo 11 laboratori che o in passato oallo stato attuale hanno utilizzato questi sistemi.Il loro impiego è sia nel controllo di qualità che nelloscreening primario in studi sperimentali.L’applicazione di test molecolari per la ricerca e latipizzazione del virus papilloma viene eseguita contecniche e con motivazioni diverse in 23 laboratori.

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Tipologie di controllo Numero laboratori dove di qualità viene effettuatoMonitoraggio statistico delle diagnosi 24Confronto cito-istologico 34Predittività delle classi diagnostiche per laboratorio 18Predittività delle classi diagnostiche per singolo lettore 8Revisione falsi negativi 36Revisione falsi positivi 36Lettura collegiale 14Rescreening 10% dei negativi 12Lettura rapida o parziale 9Altro 9

Tabella . 2 Controlli di qualità interni

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screening ed anche questa richiede un’attenta valu-tazione dei costi benefici.Il test HPV richiede personale, ambienti e strumen-tazioni ad hoc.Dalla letteratura risulta inoltre ormaiconsolidata che le metodologie più idonee per esse-re applicate su materiale citologico sono le tecnichedi amplificazione genica (PCR) e le tecniche di“Hybrid capture”.Allo stato attuale la possibilità di utilizzo del test HPVnello screening si deve limitare al triage delle atipiesquamose di significato indeterminato.Promettenti sembrano altre possibili implicazioni,quali un utilizzo come test di screening primario onel follow-up delle lesioni trattate. Queste possibilitàsono oggetto di studi sperimentali al fine di dimo-strarne l’efficacia in ambito di screening.

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logico, oltre a rappresentare una tutela per eventua-li contenziosi legali, può permettere studi retrospet-tivi e l’adozione di controlli di qualità interni basatisulla revisione dei falsi negativi.La possibilità di poter ricercare in modo semplicevetrini precedenti di 5 anni ed oltre una diagnosi diCIN2 o più severa rappresenta una efficace strumen-to di verifica della sensibilità della lettura citologica.L’indagine rileva inoltre un’attenzione all’introduzionedi nuove tecnologie ed in particolare è significativoche circa il 50% dei laboratori abbia maturato unesperienza in citologia in fase liquida. La possibilità di poter passare da una citologia con-venzionale ad una citologia in fase liquida oltre chedai costi dipende essenzialmente dalla capacità deilettori di adattarsi a questa metodica e dalla curva diapprendimento dei criteri diagnostici.Il passaggio dalla citologia convenzionale alla citolo-gia in strato sottile richiede anche ad un citologoesperto una fase di training che non può limitarsi adun corso introduttivo.Sono necessari momenti di confronto e la matura-zione di una esperienza consolidata che permetta digarantire la completa acquisizione dei diversi quadrimorfologici tipici di una distribuzione delle cellule cheavviene non più per strisciatura, ma per uniforme dis-tribuzione in strato sottile su un vetrino, dopo filtra-zione o sedimentazione.La lettura automatica può integrare la fase di letturadel citologo favorendone in particolare la ricerca deiquadri atipici.Ad oggi è applicata scarsamente in programmi di

scarsissima riproducibilità della categoria subottima-le ma limitato da.Sulla base di questi risultati2 il GISCi ha raccoman-dato l’adozione di due sole categorie di adeguatezzaquali soddisfacente ed insoddisfacente.Successivamente è stato promosso uno studio divalutazione per la categoria ASCUS che ha coinvolto89 laboratori sparsi sul territorio nazionale.I risultati

3hanno messo in evidenza che tale catego-

ria rappresenta ad oggi un elemento notevole di dif-formità .I criteri adottati dai singoli laboratori per iden-tificare le atipie di significato indeterminato, comedimostrato in questo studio, sono basati su elementisoggettivi e conseguentemente poco riproducibili.Sempre in questa ottica e basandosi sul TBS sonooggi oggetto di studio sia per la citologia che per l’i-stologia le atipie ghiandolari di significato indetermi-nato. Attualmente stanno circolando, su tutto il terri-torio nazionale e con un coinvolgimento quasi totaledei laboratori impegnati in programmi di screening,due set di vetrini preparati per valutare le lesionighiandolari.Per la citologia lo studio fornirà informazioni non solosulla riproducibilità ma anche sull’opportunità di adot-tare in maniera integrale o meno le proposte del TBS2001 per le atipie ghiandolari. Anche l’archiviazione dei vetrini risponde in pieno allanormativa in merito .La normativa in atto prevede laconservazione per 5 anni dei casi negativi e per 20anni dei casi positivi.Tutti i laboratori rientrano ampiamente in questanorma.La corretta conservazione del materiale cito-

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tivo. (3,4). Tuttavia la maggior parte di questi pro-grammi si sono attivati di recente. Nel 2000, erastata effettivamente invitata allo screening solo il25% della popolazione obiettivo, principalmentenel Nord e Centro Italia. I risultati dell’indagine multiscopo dell’anno 2000si riferiscono, pertanto, principalmente all’attivitàdi screening spontaneo, in buona parte erogataattraverso il Servizio Sanitario Nazionale, e ciòsembra essere in contrasto con quanto racco-mandato dalle Linee-Guida in merito a popolazioneobiettivo ed intervalli di screening.Conclusioni:- Un sostanziale risparmio di risorse è ottenibileriducendo quasi del 20% il numero dei Pap Testeseguiti in Italia. Infatti, eseguendo il Pap Test ogni3 anni nella fascia di età 25-64 anni sarebbe pos-sibile ottenere una copertura complessiva del 90%della popolazione obiettivo italiana con circa4.800.000 esami.- L’organizzazione razionale delle risorse già dis-ponibili potrebbe inoltre permettere raggiungere il66% della copertura della popolazione obiettivoitaliana per quanto riguarda il tumore della mam-mella. - Sia per il tumore della mammella che per quello delcollo dell’utero è auspicabile una ridistribuzione del-l’attività ed ai programmi di screening organizzato alivello regionale dovrebbe essere assegnato il com-pito di ridurre diseguaglianze tra la popolazione edinefficienza allocativa, in un contesto di definizioneed adozione formale di standard di qualità.

1) ISTAT. Le condizioni di salute della popolazione.Indagine Multiscopo sulle famiglie.”Condizioni disalute e ricorso ai servizi sanitari” Roma 20022) Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. Vol.102. Suppl. 2 maggio 2001. “Accordo tra ilMinistro della Sanità e le Regioni e le ProvincieAutonome di Trento e Bolzano sulle Linee Guidaconcernenti la prevenzione, la diagnostica e l’assi-stenza in oncologia”3) Frigerio A., Giordano L., Giorgi D. et al.Diffusione dello Screening Mammografico inItalia”: “Osservatorio Nazionale per la Prevenzionedei Tumori Femminili. Primo Rapporto. LegaItaliana per la Lotta contro i Tumori. Roma 20024) Ronco G., Pilutti S., Naldoni C. et al. “Stato delloscreening cervicale in Italia” in: “OsservatorioNazionale per la Prevenzione dei Tumori Femminili.Primo Rapporto”. Lega Italiana per la Lotta controi Tumori. Roma 2002.

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Nell’ambito dell’indagine multiscopo ISTAT (1) èstato intervistato un campione di 43.433 donne, dietà compresa tra 25 e 69 anni. A queste donne èstato chiesto se, nel corso della loro vita, si fos-sero mai sottoposte a mammografia e/o pap testcome esami di diagnostica precoce, in assenza disintomi, a che età si fossero sottoposte al loroprimo esame, infine, nel caso in cui si fossero sot-toposte a più di un test, con quale periodicità. Nella fascia di età 25-64, età raccomandata persottoporsi alla citologia vaginale, il 68.7% delledonne riferiva di aver effettuato in precedenzaalmeno un pap test e nella fascia di età 50-69, etàraccomandata per la mammografia, il 58% delledonne si era già sottoposta ad almeno una mam-mografia, in assenza di sintomi. Se si confrontano l’Italia del Nord e del Centro conil Sud Italia e le Isole, la stessa percentuale relati-va al pap test sale al 77,8% al Nord-Centro e scen-de al 51,4% al Sud-Isole. Analogamente accadeper la mammografia con valori di 66,9% al NordCentro e 39,2% al Sud e Isole.In tabella sono riportate le proporzioni di donneche riferiscono di essersi sottoposte almeno duevolte allo stesso test. L’aver eseguito almeno duevolte un test è stato assunto quale indicatore diuna possibile consuetudine alla diagnosi precoce.I dati sono disaggregati per livello di istruzione,età, ed area geografica. Nelle Regioni del Sud-Isole la pratica dello screening è meno diffusa inogni fascia d’età, indipendentemente dal livello diistruzione. Infatti le donne con titolo di istruzionepiù elevato dell’Italia del Sud e delle Isole pratica-no i test di diagnosi precoce meno delle donnecon titolo di istruzione più basso del Centro Nord.

All’interno di ciascuna area geografica le differen-ze per grado di istruzione sono rilevanti ed aumen-tano all’aumentare dell’età sempre in favore deilivelli di istruzione più elevati. È stato stimato, a partire dai dati del campioneintervistato, il numero dei test eseguiti nell’arco diun anno nel periodo dell’indagine in Italia.Nel 2000, le donne Italiane di età compresa tra 25e 69 anni si sono sottoposte a 2,35 milioni dimammografie. Tra queste ultime, 1,54 milioni dimammografie sono state effettuate da donne inetà compresa tra 50 e 69 anni. Il numero di mammografie effettuate complessiva-mente permetterebbe di sottoporre a screening il66% delle donne di età compresa tra 50 e 69 anni,una volta ogni due anni tra le 7.128.000 in questafascia di di età.I 5,9 milioni di PapTest effettuati superano del9,2% il fabbisogno necessario per eseguire il test,ogni tre anni, in tutta la popolazione obiettivo paria 16.053.000 donne nella fascia di età 25-64. Tra le donne che regolarmente si sottopongono atest di prevenzione, il 70% riferisce di sottoporsi aPap Test ogni anno ed il 46% ad una mammogra-fia ogni anno.La Commissione Oncologica Nazionale (2) harecentemente ribadito che la raccomandabilità diun Pap Test ogni tre anni nella fascia di età 25-64ed una mammografia ogni due anni nella fasciad’età 50-69.I programmi di screening organizzato, sia per ilcancro del collo dell’utero che per quello dellamammella comprendevano nella popolazione ber-saglio rispettivamente il 50% ed il 57% delle donnenelle rispettive fasce d’età delle popolazioni obiet-

Pap Test e Mammografia in Italia attraverso i Risultati dell’Indagine Multiscopodell’Anno 2000: Diseguaglianze da ridurre e Risorse da riallocare.a cura di Nereo Segnan, Ettore Mancini, Linda Laura Sabbadini, Guglielmo Ronco, Alfonso Frigerio

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MAMMOGRAFIAFascia d’età

Istruzione Area Geografica 25-34 35-44 45-54 55-64 65-69

Diploma o Laurea Nord-Centro 3.5% 17.2% 54.4% 65.4% 47.3%Sud-Isole 2.7% 13.3% 34.6% 37.1% 29.3%

Media Inferiore Nord-Centro 3.6% 15.5% 48.2% 52.9% 51.1%Sud-Isole 3.2% 9.6% 23.0% 29.8% 22.7%

Elementare Nord-Centro 2.5% 14.7% 40.3% 47.3% 35.1%Sud-Isole 3.4% 7.9% 21.7% 18.2% 11.7%

Italia 3.3% 14.5% 40.4% 42.9% 31.0%

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CITOLOGIA CERVICALEFascia d’età

Istruzione Area Geografica 25-34 35-44 45-54 55-64 65-69

Diploma o Laurea Nord-Centro 51.9% 77.6% 81.7% 77.1% 62.3%Sud-Isole 21.6% 47.1% 53.8% 53.5% 41.3%

Media Inferiore Nord-Centro 49.9% 70.4% 75.9% 67.9% 60.9%Sud-Isole 22.1% 32.5% 41.8% 47.0% 31.3%

Elementare Nord-Centro 38.8% 56.4% 65.6% 59.8% 43.4%Sud-Isole 17.9% 25.6% 36.5% 26.1% 17.0%

Italia 40.2% 60.9% 63.9% 55.1% 39.3%

Tabella . 1Donne Italiane che in passato si sono sottoposte ad almeno due test di screening, per area geograficaetà e livello di istruzione.

Tabella . 1Donne Italiane che in passato si sono sottoposte ad almeno due test di screening, per area geograficaetà e livello di istruzione.

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QuestionarioIl Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministridel 29 Novembre 2001 ha stabilito che i siano inseri-ti fra i livelli Essenziali di Assistenza (LEA) i programmiorganizzati di diagnosi precoce per il Tumore dellaMammella e per il CervicoCarcinoma. Per avere un quadro delle iniziative a livello regionalele chiediamo di fornirci le seguenti informazioni

1) Sono state prese iniziative legislative specifiche alivello regionale su tale aspetto? Se sì, specificare di che cosa si tratta e quando sonostate emanate. Se no, c’è l’intenzione di farlo?

2) Sono state emanate delle linee guida o documentiorganizzativi e per il controllo di qualità ?Se sì, specificare di che cosa si tratta e quando sonostate emanate. Se no, c’è l’intenzione di farlo?

3) È stato destinato un budget specifico a queste attività ? Se sì, come viene erogato (brevemente)

4) Esiste un coordinamento regionale sulle attività ? Se sì, da chi è composto? Quali sono le sue funzioniprioritarie?

5) Esiste un centro di riferimento regionale per tali attività? Se si con quali mansioni?

6) Esiste un controllo regionale di qualità su tali attività ? Se sì, da chi viene operato ? Se sì, da chi e con quali strumenti ? e con quale perio-dicità?

7) Riguardo la formazione/training operatori sono statiprevisti, a livello regionale, percorsi formativi specificiper gli operatori coinvolti nei programmi? Sono stati previsti solo a livello locale?Esistono dei percorsi standardizzati e ripetuti neltempo?

8) Rapporto con la popolazione degli operatori sanita-ri (anche al di fuori dello screening)e con la popolazione generale: È previsto un resocon-to periodico dei risultati di tali programmi?Se si con quali forme?

RisultatiDelle 19 Regioni e 2 Province Autonome (Trento eBolzano) che rappresentano il territorio Nazionale, 17hanno risposto al questionario, (compliance dell’81%).La tabella 1 presenta sinteticamente quanto ricavatodai questionari: le Regioni sono accorpate per macro-aree: Nord, Centro, Sud. La prima colonna descriveper quale tipologia di screening le Regioni hanno invia-to i dati e la prima riga descrive in modo sintetico ledomande contenute nel questionario (a cui si rimandaper una descrizione più dettagliata). Il 12% delle Regioni rispondenti (2/17) ha inviato il que-stionario compilato solo per uno dei due tipi di scree-ning, per la difficoltà a recuperare informazioni.Dalla valutazione delle risposte emerge che prevalen-temente tali iniziative sono state supportate da ema-nazioni legislative ad hoc a livello regionale (Delibere,Piani Sanitari, Decreti). L’esperienza più datata risultaessere quella della Campania, che riporta decreti diGiunta Regionale a partire dal 1991 per lo screeningdella mammella, che di fatto è stato attivato nel 1997.Le Regioni Emilia-Romagna, Veneto e Piemonte ripor-

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IntroduzioneIl Decreto della Presidenza del Consiglio deiMinistri del 29/11/2001 ha inserito i programmi discreening per la prevenzione del Cervicocar-cinoma e per la diagnosi precoce del tumore dellamammella tra i Livelli Essenziali di Assistenza(LEA) che le Regioni devono garantire alle cittadineutenti nel territorio di competenza. Con l’edizionedel secondo rapporto annuale curato dall’Osser-vatorio dei Tumori Femminili si è presentata l’oc-casione per promuovere una prima survey sulle ini-ziative intraprese in tal senso dalle Regioni eProvince Autonome Italiane.

Materiali e metodiPer raccogliere alcune informazioni sulle iniziativeregionali riguardanti gli screening dei tumori fem-minili, è stato predisposto un breve questionariospedito il giugno scorso a tutti gli Assessorati ita-liani. Di seguito viene riportato il testo del questio-nario con la rispettiva lettera di presentazione:

Assessorato alla Sanità della Regione Viaalla cortese attenzione dell’AssessoreFirenze, 16 Giugno 2003

Gentile Assessore

l’Osservatorio Nazionale per la Prevenzione dei TumoriFemminili, costituito dalla Lega Italiana per la Lotta con-tro i Tumori (LILT) in collaborazione con Il Gruppo Italianoper lo screening Mammografico (GISMa) e il GruppoItaliano per lo screening del Cervicocarcinoma (GISCi),sta allestendo il suo secondo rapporto annuale sullostato di attuazione in Italia dei programmi di screeningoncologico e di diagnosi precoce dei tumori femminili. Laconoscenza di queste attività ci pare importante in quan-to il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministridel 29 Novembre 2001 ha stabilito che siano inseriti frai livelli Essenziali di Assistenza (LEA) i programmi orga-nizzati di diagnosi precoce per il Tumore della Mammellae per il CervicoCarcinoma. All’interno del rapporto verrà riportata una survey sulleiniziative delle varie Regioni Italiane per la programma-zione, l’organizzazione e la gestione dei programmi discreening oncologico e sull’organizzazione dei sistemi dicontrolli di qualità. A tale scopo sarà contattato nei prossimi giorni dallaDr. .................. al fine di conoscere la situazione dellaSua Regione su questo argomento. In tale occasione Lesaranno richieste (a Lei o al funzionario da Lei incaricato)le informazioni che troverà in allegato.Per ogni chiarimento può contattarmi direttamente alnumero ..................

RingraziandoLa in anticipo per la collaborazione, La salu-to cordialmente.

Marco ZappaDirettore dell’Osservatorio per la Prevenzione dei TumoriFemminili.

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Iniziative regionali per l’Attuazione di Screening per i TumoriFemminili del Collo dell’Utero e della Mammella in Italiaa cura di

Emanuela Anghinoni, Galina Gonzalez, Matilde Ceresa, Marco Zappa, Livia Giordano

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pito è stato demandato ad operatori coinvolti nell’atti-vità di sorveglianza degli screening come attività pro-pria e corrente. Ulteriore vantaggio si è avuto nelleRegioni in cui esistono programmi aderenti al GISCie/o al GISMa. Per i casi in cui non si è giunti ad averele risposte in tempo utile, si ritiene abbia avuto unruolo determinante il periodo poco favorevole dellaraccolta dati, coincidente con le ferie estive.

Pertanto, l’assenza dei dati non implica che la Regionenon abbia attuato iniziative in materia di screening.Questa prima esperienza è stata l’occasione per iden-tificare quali problemi e criticità si possono incontrarenel rilevare informazioni a livello nazionale sulle iniziati-ve intraprese dalle Regioni per l’attuazione di pro-grammi di screening dei tumori femminili.

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Tabella . 1: Esiti dell’indagineRegioni Tipologia Iniziative Linee Budget Coord. Centro di Monitoraggio Form. Diff.

di legislative Guida/ Regionale rif. attività training deiscreening Controlli regionale risultati

di qualitàNORDVal D’Aosta m+u si si si si si si si siPiemonte m+u si si si si si si si siLiguria m+u si si si si si si si no,

solo internet

Lombardia m+u si si si si no si si siProv Aut Trento m+u si si si(*) si si no si si +

internetProv Aut Bolzano ut si si si si si si no no,

solointernet

Veneto m+u si si si si no si si si+internet

Friuli m+u si si no si si si si si+internet

Emilia Romagna m+u si si si si si si si si+internet

CENTROToscana m+u si si no si si si si siMarche n.p.Umbria m+u si si si si no si si si+

internetMolise m+u no si si si si si si siAbruzzo ut si si si si si si si si+

internetLazio u+m si si si si si si si si+

internetSUDPuglia u+m si si si si si (=) si si siCampania u+m si si si si si si si si+

internetCalabria n.p.Basilicata u+m si si si si si si si si+

internetSicilia n.p.Sardegna n.p.

legendan.p. = questionario non pervenuto ut = risposto per il cervicocarcinoma m+u = risposto per entrambi gli screening(=) = solo per la mammella (*) = solo per cervicoca

tano emanazioni avvenute tra il 1994 e il 1996, lerestanti tra il 1997 e il 2000. Tutte le Regioni hanno emanato specifiche linee guidae protocolli operativi per uniformare, monitorare eregolamentare l’intero percorso organizzativo e valu-tativo dell’attività di screening.Riguardo al finanziamento delle attività di screening,quasi tutte le Regioni hanno previsto un budget, alme-no per le fasi iniziali di avvio dei programmi. A regime,alcune hanno mantenuto il finanziamento ad hoc, altreproseguono utilizzando parte delle quote capitariedegli assistiti (es. Friuli Venezia Giulia, Toscana)Anche se con strumenti e modalità differenti, tutte leRegioni presidiano il controllo dell’attività di screening,verificando l’andamento dei programmi e adottandocriteri per il controllo di qualità. Generalmente si costi-tuiscono Commissioni Regionali nelle quali viene coin-volta una rappresentanza dei Sanitari che fattivamen-te operano “sul campo”. Qualora nel territorio regio-nale esistano Istituti, Agenzie, Servizi di Epidemiologia,Centri di Riferimento adeguatamente strutturati ( peresempio nel Veneto, in Piemonte, in Toscana, nelLazio), la Regione, mediante appositi atti deliberativi,affida ad essi l’attività di monitoraggio e di valutazione,richiedendo la stesura di periodica reportistica. In alcu-ni casi è proprio in questo contesto che le attività cor-renti locali si integrano con iniziative volontarie di ade-sione a confronti nazionali come le survey GISCi eGISMa.La formulazione forse non sufficientemente chiaradella domanda n.5, intesa a chiarire se esistano deiCentri di Riferimento Regionale per l’attività di scree-ning in senso stretto, ha ingenerato una serie di rispo-ste che spesso ribadiscono quanto già detto. Per que-sto motivo si ritengono necessari ulteriori (e succes-sivi) approfondimenti su questo punto.La formazione e il training degli operatori è un argo-mento ritenuto importante in quasi tutte le realtà. Leiniziative coinvolgono in modo attivo gli addetti ai lavo-ri, specie per la parte strettamente legata all’esecu-zione e all’interpretazione del test di screening.Laddove esistono adeguate risorse in termini di profiliprofessionali dedicati (Emilia Romagna, Piemonte,Toscana, Veneto) la formazione è rivolta anche agliaspetti relativi alla comunicazione, alla valutazione diprocesso e di impatto dell’attività di screening, all’epi-demiologia di base. In questi casi vengono organizza-ti dei corsi a livello regionale, obbligatori e gratuiti pergli operatori coinvolti, aperti anche a operatori prove-nienti da altre Regioni. In alcuni casi poi, sono le

Regioni stesse che attivano convenzioni ad hoc concentri di riferimento (es. C.P.O Piemonte, C.S.P.O.Toscana) per essere supportate nell’attività di forma-zione e/o aggiornamento del proprio personale (es.Umbria, Abruzzo, Liguria, Valle d’Aosta) Rapporti e resoconti periodici – in genere annuali –vengono regolarmente stilati e divulgati a tutti gli ope-ratori coinvolti negli screening. Tali documenti vengo-no di regola indirizzati anche alle Direzioni Generalidelle ASL e all’Assessorato Regionale. In qualche casoi report vengono recapitati anche alle Associazioni diVolontariato (Emilia-Romagna). Si sta diffondendo inmodo massiccio l’uso del sito web della Regione odell’Azienda per la divulgazione di questo tipo di infor-mazioni e rilevazioni.Infine, per quanto riguarda la popolazione utente, èd’uso comune in tutte le realtà la produzione didepliants, fogli illustrativi e il ricorso ai media locali. Inalcuni casi sono state attuate iniziative regionali uni-formi su tutto il territorio (Abruzzo, Umbria, Emilia-Romagna, Toscana, Piemonte) o si stanno per pro-muovere (Veneto). In altri casi i canali di comunicazio-ne con il pubblico si sviluppano per iniziativa locale equindi con modalità differenti nelle diverse strutturesanitarie appartenenti alla stessa Regione. Esiste poiuna modalità intermedia, per cui ogni programma discreening produce il proprio materiale divulgativo infunzione alle esigenze locali e la Regione attua conperiodicità campagne divulgative massicce ed unifor-mi su tutto il territorio (Emilia-Romagna).

Considerazioni FinaliLa diffusione ormai crescente di programmi di scree-ning per i tumori femminili si accompagna sempre piùa una crescente necessità di monitoraggio e valuta-zione delle attività da parte degli organismi regionali,anche in assenza di finanziamenti ad hoc. Si condividesempre più l’idea che per questo tipo di attività siaimportante il confronto multidisciplinare tra operatorinell’ambito dello stesso programma, tra diversi pro-grammi della stessa regione, tra diversi programmi indiverse regioni. L’uso di protocolli, il monitoraggio del-l’attività, il controllo di qualità delle procedure, la diffu-sione e condivisione dei risultati sono pratica comunealla maggior parte delle realtà italiane. In questa otticagli Assessorati delle Regioni, il GISCi e il GISMa hannoavuto ed hanno un ruolo determinante. Tuttavia, non èstato semplice identificare, a livello regionale, chifosse in grado di rispondere al questionario; il percor-so di acquisizione dati è stato facilitato laddove il com-

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filo assistenziale, poichè programma tutte le tappedel “percorso” di un cittadino, dall’invito di un sog-getto asintomatico individuato come “a rischio”sino al trattamento delle lesioni eventualmente dia-gnosticate; ciò nella prospettiva organizzativa direingegnerizzare i processi secondo il punto divista del cittadino-utente-paziente (4). Gli elementi così raccolti hanno portato ad identifi-care la necessità di una vera e propria azione digoverno, articolata a livello regionale e aziendaleche fosse rispettosa della partecipazione deglioperatori, valorizzandone gli specifici apporti pro-fessionali (“clinici”) e che favorisse, sistematizzan-dola, l’interazione multiprofessionale e multidisci-plinare subordinata ad un chiaro obiettivo di salu-te; è stata identificata, cioè, la necessità di unavera e propria governance, nel senso proposto daStoker (5) di un insieme di attori che all’interno diun sistema interagiscano e contribuiscano al rag-giungimento degli obiettivi del progetto. Si è quin-di posto il problema di identificare un framework diriferimento per questa azione di governo.

La prospettiva della clinical governanceIl problema di processi di cura efficaci e di qualitàriguarda tutto il sistema sanitario (nazionale eregionale) ma diventa particolarmente pregnanteper i programmi di screening in quanto livelloessenziale di assistenza e, quindi, profilo assisten-ziale di dimensione regionale.La necessità di porre la qualità al centro dellaaccountability delle strutture sanitarie (6) ha porta-to alla definizione di un modello teorico di riferi-mento definito come clinical governance o gover-no clinico.La clinical governance (6, 7) è il complesso deimezzi attraverso i quali il Servizio sanitario (SS)assicura la disponibilità di cure cliniche di qualità,rendendo gli operatori e l’istituzione co-responsa-bili dello stabilire, mantenere e monitorare stan-dard di rendimento. Il Sistema Sanitario diventaquindi responsabile del miglioramento continuodella qualità dei propri servizi e della salvaguardiadi alti standard di cura, creando un ambiente nel

quale possa crescere l’eccellenza clinica conun’organizzazione aperta e disponibile alle innova-zioni, dove la partecipazione è incoraggiata, la for-mazione e la ricerca sono appropriatamente valu-tati e dove gli operatori imparano dagli errori e ilbiasimo sia l’eccezione e non la regola (8).La legislazione vigente e in particolare il d.lgs.229/99 appare coerente con i principi della CG e,anzi, contiene le indicazioni principali per dar forzaa questi principi; in questo caso, “l’imparare daglialtri” appare, oltre che pragmatico, anche struttu-rale ad un pieno utilizzo delle indicazioni normativealla base dell’organizzazione sanitaria italiana (3).Gli elementi che caratterizzano la CG possonoessere riassunti come di seguito:Garanzia di efficacia Garanzia di appropriatezzaMiglioramento della qualità (strumenti per: Auditclinico, MCQ, ecc)Garanzia di continuità dell’assistenza (diseasemanagement)

FormazioneGaranzia di sicurezza (risk management)Rapporto di trasparenza coi cittadiniRicerca e sviluppoLe attività di gestione e monitoraggio dei PS dellaregione Lazio saranno quindi di seguito espostesecondo il frame-work di riferimento della clinicalgovernance.

Garanzia di efficacia e di appropriatezzaI programmi di screening si fondano su evidenzescientifiche di efficacia ottenute prevalentementemediante ampi trial di popolazione per il cancrodella mammella e studi osservazionali per il cancrodella cervice uterina. Sono realizzati secondo lineeguida basate sull’uso appropriato delle tecnologieapplicate (1,2). Per tali motivi sono consideratiLivelli Essenziali di Assistenza ai sensi del DPCM31/11/2001.La garanzia di efficacia (intesa come verifica dellaeffectiveness) e appropriatezza si realizza median-te la messa in opera di idonee attività di monito-

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La Regione Lazio ha deliberato l’attivazione deiprogrammi di screening (PS) mammografico ecitologico nel 1997 (DGR 4236). Nella citata deli-bera e in atti successivi sono state emanate linee-guida organizzative e tecniche in adesione a quel-le internazionali ed italiane; sono stati adottati glistandard GISMa (1) e GISCi (2); è stata definita l’a-dozione, per il sistema informativo, di un tracciatorecord individuale che comprendeva variabili ana-grafiche e di processo sino all’indicazione al trat-tamento dopo l’esecuzione del secondo livello; larealizzazione dei programmi è stata affidata alle12 ASL presenti nella regione. I primi programmi coerenti con tale DGR sono statiattivati dal 1999, incorporando alcune locali espe-rienze iniziate precedentemente.A fine 2000 erano stati attivati solo 6/12 pro-grammi mammografici e 6/12 programmi citolo-gici con valori molto limitati di copertura dellapopolazione (come programma e come esecuzio-ne test); era anche evidente una diminuzione delnumero medio di donne coinvolte1 al giorno, subase semestrale (grafici 1, 2).Lo sforzo prodotto per avviare i programmi e laproduzione di linee guida per la loro conduzione,non erano quindi sufficienti a garantire una situa-zione di regime accettabile.È stata quindi iniziata un’attività sistematica di ana-lisi delle criticità e di definizione dei profili di solu-zione, attuata mediante gruppi di lavoro con glioperatori ed analisi dei database regionali. Taleprocesso ha determinato un nuovo approccio allagestione dei programmi di screening nella regioneLazio, che è qui presentato nei suoi elementiessenziali e con i risultati preliminari.

Il ruolo dell’Agenzia di Sanità Pubblica (ASP)L’Agenzia di Sanità Pubblica (ASP), come ente disupporto tecnico all’Assessorato alla Sanità dellaRegione Lazio, rispetto ai programmi di screeningha compiti definiti da Leggi regionali, Delibere diGiunta e dal Piano Sanitario 2002-04 e che consi-stono in: gestione del Sistema Informativo specifi-co (basato su record individuali); coordinamentodei programmi delle ASL; analisi e valutazione diprocesso e di esito; compiti operativi nel campodella formazione e della qualità; supporto all’attivi-tà di programmazione e deliberazione dell’Asses-sorato Regionale alla Sanità; coordinamento egestione di gruppi di lavoro con gli operatori.

Definizione del problemaL’analisi delle criticità, avviata dall’ASP in eserciziodel proprio ruolo, ha individuato alcuni elementiproblematici riassunti nella tabella 1. In particola-re, è emersa in modo primario l’importanza delladimensione organizzativa. È anche emersa unasostanziale crisi culturale e professionale cheinvestiva profondamente l’individuazione e l’attribu-zione delle responsabilità nell’erogare programmidi screening al riguardo sia del ruolo dellaRegione, sia di quello delle ASL, sia, infine, quelloindividuale degli operatori. Questa crisi s’inscrive in un problema più generale(3) di aziendalizzazione problematica e incompletae di un conflitto non ancora risolto, né a livelloorganizzativo né culturale, tra responsabilità clini-ca e manageriale. L’analisi dell’ASP sulla dimensione organizzativadegli screening ha aggiunto un ulteriore elemento:il programma di screening è un vero e proprio pro-

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Il Sistema di Gestione e Monitoraggio dei Programmi di Screeningdella Regione Lazio: un’Esperienza di Clinical Governance a cura di Antonio Federici, Alessandra Barca, Paolo Giorgi Rossi, Diego Baiocchi, Massimo De Romanis,

Piero Borgia, GCRPS, Gabriella Guasticchi

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sone sane”, sia al fine di migliorare la prognosidelle persone effettivamente malate di cancro siaponendo particolare attenzione a non danneggiarechi è effettivamente sano. Da questo punto di vistail programma di screening (PS) sottolinea il “seg-mento” della prevenzione nel PA (ampliandolo aduna dimensione di intervento attivo su ampie popo-lazioni), già insito nella definizione di diseasemanagement ma che tende ad essere di seconda-ria importanza nell’accezione “clinica” di tale defi-nizione. In questo senso il PS contribuisce ad unalettura più esaustiva e approfondita del PA sottoli-neandone il significato di salvaguardia della salute(v. anche Box “ I nostri elementi”). Da questa impostazione deriva l’obiettivo di garan-tire ai cittadini/utenti/pazienti la continuità dell’as-sistenza valutando sistematicamente i PS comePA; ciò ha delle implicazioni nelle dimensioni sot-toposte a valutazione (organizzativa, tecnico-pro-fessionale, percepita-partecipativa) e nelle meto-dologie (Health Technology Assessment).A tal fine sono risultate praticabili due linee di anali-si: la misurazione di esiti precoci (9) e la valutazionedell’adesione ai Criteri di buona Pratica da partedegli erogatori di screening (flusso informativo perla qualità); a quest’ultimo riguardo, le principali criti-cità derivano dagli scostamenti nella pratica; lagestione di tali scostamenti fa parte integrante deiprogrammi di miglioramento della qualità.D’altro canto, concepire il programma di screeningcome profilo assistenziale (PA) impone un vero pro-blema di mutamento culturale e di reingegnerizza-zione dell’offerta; al riguardo, sono già emerse alcu-ne necessità che vengono presentate non comeesaustive ma come aspetti empirici principali:• Miglioramento dell’accesso al trattamento; tra ivari aspetti: disponibilità di Unità di SenologiaInterdisciplinari (DGR 1736/02); tempestività, dis-ponibilità di trattamenti radioterapici.• Integrazione delle rappresentanti delle donne neiprocessi organizzativi• Identificazioni e formalizzazione dei ruoli deglipsiconcologi: esigenza di individuare e formarecompetenze specifiche per attività di consulenza esupporto nei PS (per le donne e gli operatori) e perl’assistenza domiciliare.• Inserimento dell’assistenza territoriale post-inter-vento nel PA screening: soprattutto come necessi-tà di stabilire linee-guida e procedure di raccordocon le strutture di assistenza domiciliare integrata.

Formazione La Regione Lazio ha deliberato (DGR 2039/01) unPiano regionale di Formazione (PRF) per gli operato-ri degli screening che prevede eventi:• per la formazione di base e continua • nelle dimensioni tecnico-professionale e della qualità.Gli eventi formativi (corsi, seminari, stage, workshopecc.) sono gestiti direttamente dall’ASP o da provi-ders interni al Lazio identificati per riconosciuta com-petenza ed esperienza. I providers identificati sono:Istituti Universitari, Coordinamenti ASL dei program-mi di screening, Società Scientifiche. Gli obiettivi for-mativi sono stati definiti attraverso la consultazio-ne di esperti. Nel primo anno di attività del PRFsono stati realizzati 28 eventi, cui hanno parteci-pato 510 operatori dei quali 409 impegnati negliscreening. Sono stati programmati sino a fine2003 altri 16 eventi formativi destinati a 570 pre-senze; sono stati progettati anche due masterUniversitari in screening management e citologiaper i programmi di screening. È stata iniziata un’at-tività formale di definizione dei compiti professiona-li e dei conseguenti bisogni formativi al fine di unaseconda stesura del PRF: la fruizione degli eventidel PRF (nonché di alcuni altri eventi formativi acarattere nazionale, coerenti con gli obiettivi delPRF stesso e che diano garanzie di qualità) è rece-pita dai CBP come requisito di partecipazione ai PS.

Garanzia di sicurezza (Risk Management) I programmi di screening devono rispettare stan-dard di qualità e questo costituisce un approccioproattivo perseguendo una “strutturata” garanzia diprocesso. Un vero e proprio risk management puòpartire solo dall’esatta individuazione degli eventiavversi di interesse e dalla definizione delle proce-dure per identificarli e gestirli. È stato definito unospecifico programma “Risk Management” che siarticola in due capitoli principali: individuazionedegli eventi avversi di interesse e definizione dellerelative procedure di rilevamento e di gestione.Per quanto attiene al primo aspetto è in corso lacompilazione, dai dati di letteratura, della listadegli eventi avversi pertinenti al programma discreening e a tutti i suoi atti; è stata programmatauna rilevazione di eventi avversi dal punto di vistadelle associazioni delle pazienti. Per quanto attiene il secondo ambito sono statedefinite procedure (a livello regionale) per quantoriguarda il cancro intervallo dello screening mam-

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raggio e valutazione al fine di identificare l’even-tuale scarto rispetto agli indicatori di processo e diesito che possano essere registrati nella pratica.Un set di informazioni è ottenibile dall’ASP attra-verso il sistema informativo dello screening e dalcalcolo dei relativi indicatori. La descrizione deivolumi di attività e dei principali indicatori è ripor-tata nelle tabelle 2, 3. A queste valutazioni contri-buiscono anche studi ad hoc realizzati dall’ASPmediante l’utilizzo di altri sistemi informativi(Ospedaliero, Assistenza Specialistica, Registrodelle cause di morte) o mediante studi di impatto.

Programmi di miglioramento continuo dellaqualitàLa qualità costituisce un obiettivo imprescindibiledei programmi di screening ed è una delle prioritàdella Regione Lazio. Per un approccio regionalealla qualità dei PS sono state programmate e inparte realizzate due iniziative: • manuali di criteri di buona pratica, compreso unospecifico sistema informativo per la qualità• utilizzo articolato e sistematico dei vari strumen-ti per la Qualità (Q).• Il Manuale dei Criteri di Buona Pratica (CBP) è uninsieme di criteri, indicatori e standard di struttura,di processo e di esito precoce definiti da gruppi dilavoro degli operatori impegnati nei PS. La lorodefinizione corrisponde per ampi versi alla conte-stualizzazione delle linee-guida professionali (italia-ne e internazionali); tuttavia, sono stati consideratimolti altri criteri soprattutto per quelli di struttura;talvolta sono state proposte variazioni negli stan-dard definiti dalle linee-guida esaminate, in relazio-ne allo stato di avanzamento dei PS e alle specifi-cità organizzative del Lazio.Il manuale per lo screening mammografico hacompletato la fase di sperimentazione ed è statorecepito da una delibera di Giunta regionale men-tre quello per lo screening citologico è in corso disperimentazione.I criteri ( e relativi indicatori) individuati sono 23 cri-teri di struttura (12 per primo e secondo livello, 11per trattamento) e 45 criteri di processo ed esitoprecoce (20 per il primo e secondo livello, 25 peril trattamento).Una riflessione interessante deriva dal confrontotra gli indicatori dei CBP e quelli di riferimento delGISMa e GISCi: solo il 26% dei criteri dei CBP tro-vano riscontro in quelli delle società scientifiche.

Ciò induce a due valutazioni sostanziali: la prima èche, probabilmente, nel Lazio è stato identificatoun eccesso di criteri; questa tendenza non è sor-prendente nel momento che si affronta il problemadi una valutazione precisa della qualità ma postulaun ulteriore lavoro di selezione di indicatori. D’altrocanto questo dato rispecchia la differenza princi-pale che esiste tra i due set di criteri: gli indicato-ri GISMa o GISCi sono indicatori appartenenti alladimensione della qualità tecnico-professionale;quelli dei CBP rispecchiano in toto la prospettivaorganizzativa comprendendo p.es. indicatori sullaformazione degli operatori o altri squisitamenteorganizzativi (p.es. il tempo operatore dedicato). Le informazioni richieste dai CBP sono ottenibili darilevazioni ad hoc (una tantum o periodiche), daidati del Sistema Informativo degli screening attual-mente in uso (SIS) oppure dai dati raccolti dal swSQTM (scheda computerizzata sulla qualità deltrattamento del carcinoma mammario, elaboratadal CPO-Piemonte).I manuali dei CBP generano quindi un flusso infor-mativo strutturato in un vero e proprio sistemainformativo per la qualità degli screening(S.In.Qua.S.), progettato proprio per l’importanzastrategica della qualità. Le informazioni sarannoutilizzate per:• Monitorare la qualità dei programmi di screening• Fornire dati per i cicli di miglioramento continuodella qualità (MCQ) sia a livello regionale sia di sin-gola ASL. Le caratteristiche del S.I. per la qualitàsono esemplificate nella tabella 4 nel caso delloscreening mammografico• Avere adottato la logica della CG comporta chein modo del tutto naturale possano essere utilizza-ti per uno stesso obiettivo diversi strumenti (cicli diMCQ, certificazioni ISO, accreditamento ecc). Leiniziative già avviate, oltre al ciclo complessivoregionale di MCQ, sono: la certificazione ISO 9000dello screening mammografico della ASL RM H eun processo di definizione dei requisiti per l’accre-ditamento istituzionale da affrontare, come indivi-duato dal PSR 2002-2004, in forma sperimentale.

Garanzia di continuità dell’assistenza (disea-se management o profilo assistenziale)Il programma di screening soddisfa tutte le condi-zioni per essere considerato Profilo Assistenziale(PA) (4). Tuttavia, assume una specificità di granderilievo: esso è espressamente progettato “per per-

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get; un esempio di tale indicatore, è riportato nelgrafico 3. Rispetto a questo indicatore sono pos-sibili ulteriori articolazioni. 2. Copertura di attivitàdi coinvolgimento (andamento semestrale): descri-ve l’andamento del rapporto tra il lavoro svolto(osservato) e quello da svolgere (atteso) per ilcoinvolgimento dell’intera popolazione target (gra-fico 4). 3. Andamento della capacità produttiva,stratificazione per ASL: descrive l’andamento delnumero medio delle donne coinvolte al giorno, subase semestrale. 4. Incidenza degli interventi percancro: descrive la densità di incidenza di interventichirurgici per neoplasia, stratificata per popolazionicoinvolte e non nei programmi di screening, aderen-ti e no (v. tabella 5). 5. Assorbimento di risorse:descrive l’andamento dei volumi di prestazioni esegui-te negli screening e ambulatorialmente (grafico 5).

ConsiderazioniLa necessità di assicurare i livelli essenziali di assi-stenza è un compito di particolare rilievo per ogniSSR; nel caso dei programmi di screening diventauna vera e propria sfida prioritaria e come tale èstata recepita dal PSR 2002-04 del Lazio. Nelcaso dei PS-LEA il generale problema della sanitàitaliana di assicurare cure di qualità diventa piùacuto in ragione dei volumi di attività e della neces-saria sistematicità dell’offerta. L’approccio dellaCG è ampio, talché si parla di vera e propria “rivo-luzione” (10), ed appare capace di garantire l’affi-dabilità pubblica dei servizi e delle prestazioni sani-tarie (11). In effetti si tratta di un approccio com-plessivo che definisce espressamente le respon-sabilità (intesa secondo l’etimo che evidenzia lacapacità di dare risposte), oltre che dei clinici,anche delle istituzioni. Rimane ovviamente neces-sario potere dimostrare che la CG, come semprequando si parla di qualità, produca effettivi miglio-ramenti nella pratica clinica (12, 13, 14). L’ambito dei programmi di screening costituisceun “setting” di applicazione della CG ambizioso,ma per certi versi facilitato perché saldamentebasato su evidenze di efficacia. Nel Lazio, ma nonsolo, i PS sono articolati a livello di ASL ma sonoa tutti gli effetti un programma regionale, coordi-nato, monitorato e valutato da un’Autorità sanitariacentrale (l’ASP). Questo significa un governo unicoregionale che definisce obiettivi di salute, lineeguida, indicatori e standard tecnico-professionali;significa anche che a livello regionale è definito e

regolamentato lo schema di un profilo assistenzia-le e sono definiti i meccanismi di finanziamento.L’uso dei sistemi informativi permette il monito-raggio del raggiungimento degli obiettivi e la valu-tazione dello scarto dagli standard. La nostra esperienza ha messo sotto i riflettori ilproblema dell’organizzazione come criticità princi-pale; ciò è coerente con altri acquisizioni di lette-ratura (15,16,17); andranno quindi perfezionatisistemi di valutazione specifica dei modelli orga-nizzativi e di gestione. Il programma presentato può essere per ora valutatosolo mediante indicatori di processo: incremento delnumero di ASL attive; andamento dei tassi di coper-tura e dei volumi di attività regionali complessivi;numero di eventi formativi e di operatori formati; qua-lità del S.I.; definizione di procedure; realizzazione distudi. Rimane da verificare se questi interventi hannoeffettivamente determinato miglioramenti nella salutedelle popolazioni sottoposte a screening.L’attivazione del PRF e alcune normative emanate condelibere di Giunta Regionale (come l’individuazione diun budget per il coordinamento aziendale dei PS)stanno portando alla definizione di un’ulteriore critici-tà che riguarda i rapporti tra modelli regionali e auto-nomie aziendali. Ciò accade innanzi tutto a livello di programmazioneorganizzativa perché le ASL devono gestire due lineedi non facile integrazione come il budget di distrettoe il budget di screening, che è sovradistrettuale esovradipartimentale. Dall’altra parte, gli operatori sono portati a doverevivere un sostanziale conflitto fra i modelli applicatinella loro pratica clinica usuale e quelli richiesti daiPS. Questo tendenziale conflitto con i modelli usuali sirealizza sia sul piano organizzativo (i PS si caratteriz-zano per l’appartenenza ad un modello regionale“sovra-aziendale”) ma anche sul piano epistemologi-co: “perché la medicina preventiva aiuta la Medicina aripensare se stessa superando l’organicismo”; deon-tologico: “perché lo screening fa ripensare il medicosul proprio ruolo duale medico-paziente e sulla pro-pria immagine, confrontandolo col rapporto medico-soggetto sano e sistema sanitario-collettività”; socia-le: “perché la finalità professionale è la cura del sog-getto sociale”; culturale: “perché la medicina preven-tiva c’induce a ripensare la storia della nostra corpo-reità, confrontandoci con la dimensione del rischio eproiettando il nostro sguardo sul futuro”. (18)

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mografico (8), la valutazione della percentuale dibenigni operati e dei sovratrattamenti; sono stateanche realizzate iniziative di formazione nell’ambitodel PRF utilizzando lo strumento della discussionedi casi (audit); devono essere definite procedure dirilevamento e di gestione a livello aziendale.

Rapporto di trasparenza coi cittadiniIl rapporto con i cittadini è fondamentale per ogniarticolazione del SSR ma spesso disatteso; i pro-grammi di screening hanno invece sempre mostra-to una grande attenzione agli aspetti etici, allacomunicazione, al rispetto della libertà di scelta. I cittadini, attraverso le loro associazioni, possonosvolgere vari ruoli: di testimone dell’organizzazio-ne, di garante, di partner in parti del programmae/o nei processi di reingegnerizzazione. Le inizia-tive avviate sono state:• definire un rapporto organico con le principaliAssociazioni femminili a livello regionale; • avviare uno studio sulla qualità della comunica-zione di esito del test di primo livello negativo odubbio nello screening mammografico (Progettoindividuato con Europa Donna);• progettazione e realizzazione comune delle“pagine utenti” nel sito ASP-Screening;• perseguire un’attenzione sistematica agli aspettietici attuata mediante la costituzione di unComitato Etico monotematico per gli screeningcon compiti di:

• compiere valutazioni di merito degli studi chel’ASP promuove o esamina al riguardo della pre-venzione secondaria delle malattie• compiere valutazioni e promuovere iniziative dimiglioramento relativamente agli aspetti etici deiprogrammi di screening in atto con particolareattenzione alla dimensione della comunicazionee dell’umanizzazione dei processi

Associazioni di volontariato e di pazienti sono poiinserite in vari ruoli all’interno delle AASSLL, peresempio occupandosi di riabilitazione per donnemastectomizzate nella ASL RM H.

Ricerca e sviluppoL’ASP, come organo tecnico di supportoall’Assessorato alla Sanità, ha per compiti istitu-zionali quello di svolgere ricerche di tipo epide-miologico. Oltre a questo compito specifico e aquelli previsti dal PSR 2002-2004, sono stati atti-vati per i programmi di screening progetti di ricer-

ca di Health Technology Assessment e di ricercaorganizzativa riguardo:• analisi dei costi dello screening mammografico• individuazione dei cancri intervallo della mammella(per la gestione del rischio e la valutazione di esito)• centralizzazione della lettura dei pap-test medi-ante automazione• sperimentazione dello screening del cancro colo-rettale• sperimentazione per l’integrazione del provato nonprofit (Lega Tumori) e dei medici di medicina gene-rale nell’erogazione dello screening mammografico.Un ultimo aspetto riguarda l’attività programmato-ria e deliberativa della Regione alla quale l’ASP hacontribuito con la propria attività d’impostazionetecnica, coerentemente con l’approccio illustrato.Gli ambiti principali riguardano il PSR 2002-2004(DCR 114/02), deliberazioni di Giunta e la defini-zione di indicatori di cruscotto.◆ Il PSR ha stabilito, tra le sue Sfide Prioritarie, unobiettivo generale (realizzare programmi di scree-ning di popolazione per i tumori di provata effica-cia, garantendo un uso appropriato delle risorse) euna serie di azioni per: raggiungere tutta la popo-lazione destinataria assicurando il rispetto delLEA; la formazione (Piano Regionale diFormazione, gestito dall’ASP); il monitoraggio e lavalutazione di qualità dei PS.◆ La Giunta Regionale ha deliberato, tra l’altro,:nuovi indicatori per la valutazione delle Direzionigenerali ASL sulle attività e la qualità degli scree-ning (DGR 1730/02); adozione del Manuale deiCriteri di Buona pratica per lo screening mammo-grafico e istituzione di Unità di senologia interdi-sciplinari (DGR 1736/02); fase di fattibilità delloscreening del cancro colorettale (con ricerca delsangue occulto fecale) per 300.000 cittadini, in20 distretti (DGR 1740/02).◆ Indicatori sintetici, funzionali alle esigenze digoverno regionale e in particolare al monitoraggiodelle scelte di programmazione regionale; inoltreservono per prendere decisioni e variano in rela-zione al livello di integrazione decisionale e allostato di avanzamento degli interventi. L’ASP haindividuato tre tipi principali di indicatori di cruscot-to, esemplificati per lo screening mammografico:1. Velocità di coinvolgimento osservato-atteso:descrive l’attività svolta in confronto a quella dasvolgere, su base semestrale, necessaria a rag-giungere l’obiettivo della copertura totale del tar-

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Conclusioni I programmi di screening (PS) sono nati come ini-ziativa di gruppi professionali in applicazione dilinee-guida per interventi di provata efficacia. Ilconcepirli come LEA impone di comprenderneappieno le implicazioni organizzative e gestionali.Da questo punto di vista, i PS costituiscono un sot-tosistema del servizio sanitario regionale che, perla prevenzione di alcune malattie, riguarda la mag-gioranza della popolazione residente. La nostra esperienza sottolinea con forza lanecessità di sviluppare modelli di governo ade-guati; a nostro avviso essa appare innovativa siaper l’utilizzo in ambito regionale di un approccio diclinical governance (CG), sia per la sua applicazio-ne ai PS. Allo stato attuale non è possibile produrre valuta-zioni di impatto di tale “formula di governo” .Tuttavia, l’adozione di tale framework è risultatautile, in sede di programmazione delle attività digoverno, per la chiarificazione e l’integrazionedelle stesse. e la nostra esperienza può portare aconsiderare che il modello della CG appare capa-ce di rispondere all’esigenze di miglioramentodella Qualità di un profilo assistenziale così com-plesso come i PS.

Box: i nostri elementiProgramma di screening è un programma orga-nizzato in cui viene sistematicamente invitata tuttala popolazione in età giudicata a rischio. I sogget-ti destinatari aderiscono volontariamente. È lastruttura sanitaria che inizia il contatto e prende incarico il destinatario dell’intervento, assicurando ildisease management. Il programma è controllatoper la qualità (Sackett 75, modificato) Profilo assistenziale (può essere considerato latraduzione di disease management)Progettazione del percorso che il cittadino svolgenel sistema sanitario. È un approccio alla cura delpaziente teso a coordinare le risorse mediche dis-ponibili attraverso l’intero sistema di assistenza; ilpunto critico è quello di spostare il punto di vistadal “trattare i pazienti durante singoli e separatiepisodi di malattia” al “provvedere un’assistenza dialta qualità in un continuo” che è la malattia. Cisono quattro elementi essenziali:1 la disponibilità di un sistema sanitario integrato2 una conoscenza di base della prevenzione, dia-gnosi, trattamento e supporto della malattia3 un sistema informativo adeguato all’analisi deicomportamenti assistenziali4 un processo di miglioramento continuo dellaqualitàClinical governance È il complesso dei mezziattraverso i quali il servizio sanitario (SS) assicura ladisponibilità di cure cliniche di qualità, rendendo glioperatori responsabili dello stabilire, mantenere emonitorare standard di rendimento. L’essenza dellaresponsabilità è l’identificazione e l’accettazione delruolo e dei compiti di ogni clinico o manager. In par-ticolare, ogni clinico è responsabile di fornire ad ognipaziente cure di alta qualità e di essere in grado didimostrare ciò definendo e monitorando standardaccettabili. L’istituzione ha una responsabilità analo-ga e, inoltre, quella di assicurare che i propri clinicidipendenti rispondano esaurientemente alle rispetti-ve responsabilità.Il SS diventa quindi responsabile del miglioramentocontinuo della qualità dei propri servizi e della salva-guardia di alti standard di cura, creando un ambien-te nel quale possa crescere l’eccellenza clinica

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LAZIO SEMESTRI DI CALENDARIO

19991° SEMESTRE 20002° SEMESTRE 20001° SEMESTRE 20012° SEMESTRE 20011° SEMESTRE 20022° SEMESTRE 2002

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Grafico . 2 Programma di screening Citologico* i dati del II semestre 2002 sono parziali

I Grafici 1 e 2 descrivono il ritmo di coinvolgimento dei programmi di screening calcolato su base seme-strale. In ascissa sono riportati i semestri di calendario e in ordinata il numero medio delle donne coin-volte al giorno (aggiustato per gli effettivi giorni lavorativi)

Grafico . 1 Programma di screening Mammografico

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LAZIO SEMESTRI DI CALENDARIO

19991° SEMESTRE 20002° SEMESTRE 20001° SEMESTRE 20012° SEMESTRE 20011° SEMESTRE 20022° SEMESTRE 2002

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I II III IV

VELOCITÀ DI COINVOLGIMENTO MAMMOGRAFICO

Tabella . 4 Caratteristiche del sistema informativo per la qualità dei programmi di screening mammografico

BISOGNO CONOSCITIVO I programmi di screening della Regione Lazio raggiungono i livelli di qualità organizzativa, tecnico-professionale e percepita identificati come condizione d’efficacia?

INTERLOCUTORE Regione, ASLBISOGNO INFORMATIVO Conoscere gli scostamenti tra i comportamenti

nella pratica e gli standard previstiATTORI ASP, ASL (Coordinamenti programmi di screening)INDICATORI Rapporto osservato/ Rapporto Rapporto Rapporto

atteso tecnico osservato/atteso osservato/atteso osservato/attesoprofessionale organizzativo gestionale di efficacia

DATI Variabili CBP Variabili CBP Variabili CBP Variabili di impattoFONTE S.I.S.M.; S.Q.T.M.; Rilevazioni ad hoc SISM SIO SIASFUNZIONE DEL SISTEMA • Di esercizio: funzionale alla gestione delle attività correnti di MCQ

• Di governo: funzionale ad alimentare scelte e decisioni di progettoCRITERI • Pertinenza: nella definizione delle variabili identificate dai CBP

• Validità: della definizione delle variabili di interesse• Economicità: dati prevalentemente routinari

Legenda SIO: sistema informativo ospedaliero; SISM, sistema informativo screening mammografico;SIAS: sistema informativo assistenza specialistica

Grafico . 3Velocità di coinvolgimento osservato-atteso descrive l’attività svolta (valore osservato) confrontata conl’attività da svolgere (valore atteso incrementale) su base semestrale di attività, necessaria a raggiunge-re l’obiettivo della copertura totale del target (mammografico I round). È anche riportato il valore attesomedio come attività da programmare nell’ipotesi di suddivedere la popolazione target per i giorni lavora-tivi del round.

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Tabella . 1 Descrizione delle principali criticità stratificate per fasi dello screening

Fasi del profilo assistenziale Principali criticità

Organizzazione • autonomia di budget dei coordinatori dei programmi nelleASL

• scarsità di risorse tecnologiche e professionali “dedicate”• “interferenza” di attività diagnostica clinica inappropriata• mancata prioritarizzazione dell’offerta di screening

in relazione alla mortalità per zone geografiche (SMR)

Approfondimento • mancanza di procedure attuative delle linee-guidadiagnostico di secondo livello • comunicazione alle donne

• eccessivo ricorso al secondo livello diagnostico (recall rate)

Trattamento dei casi rilevati • adesione alle linee-guida • flusso informativo per la valutazione di qualità• follow-up non assicurato

Tabella . 2 Volumi di attività per ASL 1999-2002

MAMMOGRAFICO CITOLOGICOTotale records Record Inviti ASL Record totali Record Inviti

donne coinvolte screenate inesitati coinvolte screenate inesitati20868 7451 2939 Rm A 61557 11987 532972268 36768 6593 Rm B 10306 5888 290332119 7589 5213 Rm C 15341 8805 7305641 2496 116 Rm D

49976 6253 1009 Rm ERm F 2983 2983 0Rm G

100365 62303 4084 Rm HViterbo 100427 32311 243

7401 5125 131 Rieti 19052 8559 2152962 1211 1207 Latina 50472 16261 1990

24687 13246 737 Frosinone 21319 4753 914

Tabella . 3 Indicatori di copertura I round di screening (dati al 31.12.02)

MAMMOGRAFICO CITOLOGICOTarget Regionale 700.413 1.558.625Target ASL attive 585.000 981.000Donne coinvolte 226.500 246.100Test I livello eseguiti 100.000 81.200Copertura programma 38..7% 25.1%Tasso di esecuzione test* 48.0% 34.6%Tasso di adesione grezzo** 44.8% 28.8%* Numero di test di primo livello eseguiti in donne invitate + spontanee in lista)** Numero di test di primo livello eseguiti dalle donne invitate sul totale delle donne invitate (meno gli inviti inesitati)

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test ambulat. (50-69) ASL attive

test di screening

test ambulat. (50-69) ASL non

test ambulat. tutte le età

Grafico . 5 Assorbimento delle risorse. Sono riportati i volumi di mammografie eseguite, su base annua-le, nei programmi di screening ed in regime di specialistica ambulatoriale (nella fascia di età 50-69 anniper le ASL con programmi di screening attivi; nella fascia di età 50-69 anni per le ASL con programmi discreening non attivi; in tutta regione per tutte le età)

1Donne coinvolte: donne invitate più donne che accedono spontaneamente al programma di screening (spontanee in lista)

iGruppo Coordinatori e Responsabili dei programmi di screening del Lazio (GCRPSL) Baldi G., Brezzi S., Capparucci

P., Castellano A., Corbo A., Dell’Uomo G., Gagliardi F., Mangia ML., Sacerdote MT., Scarinci M., Vella A., Bellardini P.,Boschi L., Bozzi F., Caluori D., Calvagno L., Cantamessa MP., Carbone E., Corinto L., Di Meo G., Fabi LM., FalcocchioG., Grenga E., Magi A., Masetti F., Sessa M., Sindici L., Tempesta R.

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0

SEMESTRE DI ATTIVITÁ1 2 3 4

RAPP

ORT

O O

SSER

VATO

/ATT

ESO

(%)

Grafico . 4 Indicatore che descrive l’andamento del rapporto tra il lavoro svolto (osservato) e quello dasvolgere (atteso) per il coinvolgimento dell’intera popolazione target. (mammografico I round)

Tabella . 5 È descritta la densità di incidenza di interventi chirurgici per neoplasia, stratificata per cate-goria nell’ambito dei due gruppi (ASL attive e ASL non attive).

Totale neoplasie Benigni Maligni

incidenza invasivi sovratrattatiN % IRR N X1000 IRR % RR % RR

ASL NON-ATTIVE 2016 31.6 1378 2.1 13.1 16.7ASL ATTIVENon-invitate 2003 34.7 1 1307 2.2 1 13.1 1 19.0 1invitate 203 26.8 0.77* 555 2.9 1.34* 11.2 0.85 12.9 0.68*Non-rispondenti 307 33.2 0.95 205 2.1 0.95 18.5 1.42* 15.8 0.83neoplasie intervallo 70 68.6 1.97* 22 4.0 1.83* 13.6 1.04 13.6 0.72screen-detected 381 13.9 0.40* 328 6.4 0.51* 11.0 0.58**P<0.05

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Il ProgettoPartendo dalle precedenti considerazioni, i gruppi dicoordinamento hanno censito le potenzialità dia-gnostiche del territorio individuando tre centri di rife-rimento ed alcuni centri di I° livello territoriali.È apparso subito evidente che le strutture esistentinon potevano garantire la completa copertura delterritorio, sia per i carichi di lavoro previsti, sia perle dotazioni tecniche, che per le distanze checomunque risultavano consistenti dalla maggioran-za dei comuni del territorio.Con questi limiti complessivi e considerando che laRegione Basilicata è suddivisa in 5 ASL, ben tredelle quali non raggiungono i 100.000 abitanti, èsembrato inapplicabile un modello che trasferisseinteramente alle ASL il compito di realizzare loscreening nel proprio territorio.I programmi di screening sono dunque stati costrui-ti come procedure unitarie a carattere regionale conla previsione di compiti e responsabilità precise daaffidare alle ASL territoriali.Sono stati centralizzati a livello regionale la pianifi-cazione delle strutture fisse e mobili, l’amministra-zione, la gestione delle unità mobili (tre per lo scree-ning mammografico e due per lo screening cervico-uterino) e del personale sanitario e non sanitarionecessario al loro utilizzo, la comunicazione, la pro-duzione e la gestione del software, comprese leprincipali procedure di informatizzazione.Le strutture di screening delle ASL hanno comunquerappresentato una parte determinante del progetto,in particolare per le letture dei test, per gli appro-fondimenti diagnostici e per il trattamento.In ogni ASL è stato individuato un responsabile, perognuno dei due screening, con specifiche respon-

sabilità organizzative e gestionali.Prima dell’avvio dei programmi di screening sonostate potenziate le dotazioni strumentali dei centriscreening con uno specifico finanziamento regiona-le ed è stato effettuato un percorso formativo pertutti gli operatori coinvolti negli screening.

Sistema InformativoSulla base delle indicazioni dei gruppi di coordina-mento si è elaborato, in collaborazione con ilSistema Informativo della Regione Basilicata unospecifico software cui affidare la gestione ed il moni-toraggio delle procedure di screening.Il database delle donne proviene dalla banca datiregionale degli assistiti ed è periodicamente inte-grato con il database delle anagrafi comunali.L’informatizzazione della maggior parte dei datiavviene presso la centrale operativa degli screeninged il collegamento in rete tra la centrale, i centri diriferimento e la Regione Basilicata consente lacostruzione di un database unico.Il software provvede alle seguenti principali funzioni:• Pianificazione dei calendari delle strutture fisse emobili• Gestione degli archivi• Inviti e solleciti• Accettazione utenti• I° e II° lettura• Spedizione esiti negativi• Pianificazione II° livello• Esito approfondimento • Dati trattamento

Il software consente inoltre di monitorizzare costan-temente le fasi dello screening mediante apposite

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IntroduzioneLa Regione Basilicata ha previsto la realizzazione deiprogrammi di screening mammografico e cervico-uterino su base regionale nel proprio PSR 97/99.Successivamente la Regione Basilicata, con direttivadi indirizzo del ‘98, ha costituito specifici gruppi dicoordinamento per i due screening (tab.1) e avviatole procedure per la loro realizzazione.Con DGR del 2002 i programmi sono stati finanziatifino al 2004 ed è in corso di realizzazione il III° round.Nella stessa delibera sono stati attivati e finanziati,con una dotazione di 103.000 e, i due centri di rife-rimento per gli screening, con compiti di attivazionedel controllo di qualità e realizzazione della forma-zione di accesso e di mantenimento per gli opera-tori coinvolti negli screening.In questa esposizione si descriveranno le caratteri-stiche generali degli screening ed i risultati conse-guiti e le procedure attivate, o in corso di attivazio-ne, da parte dei centri regionali di riferimento.

SituazioneNella Regione Basilicata, prima dell’avvio dei pro-grammi, non vi erano esperienze locali di screening,pur essendo le strutture territoriali sufficientementedotate di servizi di mammografia e di ambulatoriginecologici.Il ricorso spontaneo alla prevenzione era abbastanzalimitato, ad eccezione dei due comuni capoluogo diprovincia (Potenza e Matera) e dei comuni limitrofi.La Regione Basilicata ha un territorio vasto e conuna popolazione limitata e dispersa in ben 131comuni e molti di questi piccoli comuni sono distan-ti dalle principali strutture sanitarie.Il ridotto ricorso alla prevenzione spontanea trova le

sue motivazioni negli aspetti socio-culturali di partedella popolazione femminile della Regione Basilicatae nelle oggettive difficoltà logistiche che la donnaincontra vivendo in uno dei comuni marginali del ter-ritorio.I due gruppi di coordinamento degli screening, rap-presentativi di tutte le professionalità coinvolte e ditutte le ASL del territorio, hanno dunque elaboratoun progetto che tenesse conto di questi aspetti edin particolare delle seguenti priorità:- garantire una completa ed omogenea coperturadel territorio;- eseguire tutte le procedure nel rispetto delle meto-dologie raccomandate dal GISMa e dal GISCi;- garantire un adeguato trattamento in alcuni centriaccreditati del territorio regionale, reso omogeneoda linee guida condivise.

Linee GuidaI due gruppi di coordinamento degli screeninghanno individuato le strutture sanitarie di riferimentoper la diagnosi ed il trattamento sulla base di requi-siti tecnico-strumentali e professionali ed hanno ela-borato specifiche linee guida per l’esecuzione deitest di screening, per l’esecuzione degli approfondi-menti diagnostici e per il trattamento della patologiaemersa dagli screening.I due gruppi di coordinamento hanno inoltre definitole sedi ed i destinatari della formazione che laRegione Basilicata ha avviato prima della partenzadegli screening.

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Il Sistema di Gestione e Monitoraggio degli Screening oncologicidella Regione Basilicataa cura di

Vincenzo Barile, Rocco Maglietta, Giuseppe Montagano

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devano sconsigliabile programmare l’esecuzionedel test presso i centri fissi di screening.Ovviamente questo modello presenta anche alcunilimiti, come la difficoltà di programmare i round suc-cessivi, dovendo assicurare la presenza dell’unitàmobile nei comuni alle scadenze previste, con unmargine limitato di scostamento dai 24 o 36 mesi.Altro limite è rappresentato dal minore protagoni-smo delle realtà territoriali sanitarie ma anche socia-li che, in una prima fase, hanno partecipato conentusiasmo alla costruzione ed alla riuscita del pro-getto ma il cui interesse si andato affievolendo coni round successivi.L’esperienza dei primi due round dimostra come sianecessario aggiornare e rivedere costantemente imodelli organizzativi, la raccolta dati, gli aspettidella comunicazione e le stesse campagne promo-zionali e come sia per questo necessario monitoriz-zare costantemente l’andamento degli screening,per apportare i necessari correttivi.All’inizio del 2003, verificando i dati dell’adesione alII° round, abbiamo rilevato che la percentuale di

adesioni di donne sottoposte a screening nel I°round era inferiore alle attese, con un lieve effettonegativo anche sull’adesione complessiva.Utilizzando la struttura di comunicazione, abbiamoeffettuato un sondaggio tra le donne sottoposte ascreening nel I° round e non rispondenti al II° round,ed abbiamo verificato come non fosse stata com-presa la necessità di ripetere il test alle scadenzepreviste per non perdere il beneficio della preven-zione.Sono state dunque messe a punto ed effettuate pro-cedure mirate di informazione alle donne già sotto-poste a screening con evidenti risultati postivi relati-vi all’adesione.Il monitoraggio e la verifica costante dei risultatiaiuta a migliorare, o almeno a mantenere, le perfor-mance delle strutture e degli operatori dello scree-ning e l’implementazione dei momenti di confrontotra le realtà territoriali dello screening consente lamigliore comprensione ed il miglior utilizzo dei datie degli indicatori rilevati.

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liste d’attesa dei record incompleti (esami accettatiin attesa di I°, II° lettura o approfondimento diagno-stico), per ogni struttura preposta alla lettura edall’esecuzione del II° livello.Questo strumento di controllo consente alla centra-le operativa di intervenire sui record incompleti e suiritardi del processo, sollecitando le strutture del ter-ritorio a recuperare eventuali esami incompleti ed arispettare i tempi previsti per le letture (tab.2).Il software provvede inoltre alla costruzione dei datistatistici disaggregabili per struttura di screening,per comune di residenza della donna e per opera-tore dello screening.

ComunicazioneLa partenza delle attività di screening è stata pre-ceduta da una campagna informativa per l’utenza eper gli operatori sanitari gestita dai gruppi di coor-dinamento degli screening e dalla RegioneBasilicata.La campagna promozionale ha utilizzato un testi-monial televisivo che ha prestato la propria immagi-ne per opuscoli informativi, volantini e manifesti.È stato inoltre predisposto un vademecum per imedici di medicina generale e per gli operatori dellacomunicazione.Presso la centrale operativa degli screening è statoattivato un numero verde presidiato tutti i giorniferiali dalle 8,00 alle 20,00 con le seguenti funzioni:

• Informazione alle donne sugli screening• Modifica appuntamenti per i test di I° livello• Comunicazione alla donna della necessità di ese-guire l’approfondimento diagnostico con indicazionedi data e sede dove eseguirlo• Comunicazione con i medici di medicina generale• Raccolta dati dei trattamenti non effettuati pressole strutture sanitarie della Regione Basilicata

Centri di Riferimento RegionaliNel I° e II° round degli screening le attività di moni-toraggio e verifica dei risultati sono state effettuatedai gruppi di coordinamento regionale insieme alDipartimento di Sicurezza e Solidarietà Sociale dellaRegione Basilicata.Sono stati utilizzati per le verifiche, per la costruzio-ne e per il monitoraggio degli indicatori di efficacia,il software ed il database regionale degli screening(tab. 3, 4, 5 e 6).Nel 2002, prima della conclusione del II° round degli

screening, la Regione Basilicata ha istituito i centridi riferimento regionale assegnando loro una dota-zione finanziaria.Il centro di riferimento regionale per lo screeningmammografico è in via di definitiva organizzazionecon tutte le figure professionali necessarie (tab. 7).I compiti del centro di riferimento regionale sono:

• Formazione ed aggiornamento del personale• Controlli di qualità radiologici • Controlli di fisica sanitaria• Site visits (tab. 8)Monitoraggio indicatori di qualità (tab. 9 e 10)Valutazione della qualità del trattamento (tab. 11)

È stato programmato un corso sulla qualità mam-mografica per tutti gli operatori degli screening peril mese di ottobre 2003.Sono state programmate le site visits a partire dalmese di settembre 2003.Il software è stato aggiornato per la produzionedegli indicatori previsti per il III° round in corso.Il centro di Riferimento Regionale per lo screeningcervico-uterino sta ultimando il suo modello operati-vo con la previsione di corsi di aggiornamento per ilpersonale, con il perfezionamento delle proceduredi controllo di qualità e con la definizione di nuoviindicatori di efficacia.

ConclusioniQuesta breve esposizione ha voluto descrivere l’or-ganizzazione ed i sistemi di valutazione degli scree-ning della Regione Basilicata.Il modello organizzativo presenta aspetti peculiaririspetto alle altre regioni in particolare per aver con-siderato gli screening come un unico progetto.Il vantaggio di questa impostazione è certamente lapossibilità di rendere omogenea l’applicazione degliscreening sull’intero territorio regionale, di garantirela totale copertura del territorio regionale nei tempiprevisti e l’uniformità nel territorio dello stato diavanzamento degli screening.Il database ed il software comuni per tutta la regio-ne rappresentano un sicuro vantaggio per la raccol-ta e l’affidabilità dei dati e per il costante monito-raggio dei parametri.Altro aspetto peculiare è rappresentato dalla preva-lenza degli esami eseguiti su unità mobili, dovutaall’elevato numero di comuni che, per orografia delterritorio e per distanza dai centri di riferimento, ren-

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Montanari Gioia Ginecologa, Centro di Prevenzione Oncologica, TorinoMosconi Paola Istituto “Mario Negri” Milano, Forum Italiano di Europa DonnaNaldoni Carlo Responsabile Screening Assessorato alla Sanità Regione Emilia-RomagnaNencini Giovanna Psicologa e Psicoterapeuta per la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori,

per “Donna come prima” e per il Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica di Firenze

Paci Eugenio Epidemiologo, Direttore Unità di Epidemiologia Clinica e Descrittiva, Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica, Firenze

Paltrinieri Barbara Giornalista Gruppo Agenzia Zadig, RomaPetrella Marco Epidemiologo, Responsabile Screening Mammografico,

Sezione di Epidemiologia, Azienda USL 2 PerugiaSaguatti Gianni Responsabile Centro di Senologia Ospedale Maggiore AUSL Città di BolognaScalisi Aurora Ginecologa e Oncologa, Centro Screening Ginecologico AUSL 3 CataniaScarinci Marina Epidemiologa, ASL Roma DSegnan Nereo Epidemiologo, Responsabile Programma di Screening Prevenzione Serena

Regione PiemonteVandelli Paola Psicologa, Responsabile Ufficio Formazione Policlinico di ModenaVentrella Vincenzo Radiologo, Policlinico di BariZappa Marco Epidemiologo, Vice-Direttore Unità di Epidemiologia Clinica e Descrittiva,

Centro per lo Studio e la Prevenzione Oncologica, Firenze

Nella presente forma il documento è stato redatto da Marco Biocca e Marco Zappa

LA COMUNICAZIONE SUGLI SCREENINGIntroduzione• Analogie tra screening ed approccio clinico• Equità nell’accesso• Effetti negativi• Fra individui e comunità• Misurare la qualità• Porte assistenziali e finestra tecnologica• Il valore della comunicazione e la comunicazione deivalori• I requisiti della comunicazione• Capacità di scelta e responsabilità professionale• Risorse e microsistemi• Valutazione della comunicazione• Linee guida e strategia di comunicazione• Media e campagne informative

1) IntroduzioneIn Italia esistono attività di screening dei tumori fem-minili fin dagli anni sessanta. All’inizio erano prevalen-temente iniziative locali volontarie. Successivamente,

negli anni novanta, si sono sviluppati programmi orga-nizzati di rilevanza regionale. Attualmente si stima checomplessivamente circa metà della popolazione fem-minile italiana ne sia direttamente interessata. ColDPCM del 29 novembre 2001 sono stati inclusi tra iLivelli essenziali di assistenza, cioè tra quelle presta-zioni a cui hanno diritto tutti i cittadini italiani a pre-scindere dalla residenza.Gli screening organizzati di popolazione vanno consi-derati anche come un importante laboratorio perchéoffrono la possibilità di sperimentare modelli organiz-zativi, sistemi di controllo della qualità e modalità rela-zionali di interesse anche in altri settori dell’assisten-za sanitaria.Gli aspetti comunicativi negli screening hanno unagrande rilevanza e interessano tutti i soggetti coin-volti. Ne sono soprattutto consapevoli le persone chevengono invitate al controllo e che hanno indotto daalcuni anni anche gli addetti ai lavori a prestarvi mag-giore attenzione. Non è più il tempo, insomma, in cui la comunicazione

Il documento che qui presentiamo è il frutto del lavorodi un gruppo di operatori (direttamente impegnati nelleattività di screening e non) interessati alle problemati-che connesse alla comunicazione all’interno dei pro-grammi di diagnosi precoce. Lo scopo del documentoè quello di aprire e allargare il dibattito su questa tema-tica. In quanto tale il documento è da considerasi comeintroduttivo. Per questa ragione è prevista , oltre la pub-

blicazione sul presente rapporto, la sottomissione deldocumento ad altre riviste interessate all’argomento ela proposizione del documento in altre occasioni didibattito. Le modalità di sviluppo e di raccolta del dibat-tito verranno discusse a partire dal prossimo convegnodell’Osservatorio Nazionale di Firenze.Hanno partecipato al seminario di Bertinoro e contri-buito allo sviluppo del documento le seguenti persone:

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La Comunicazione sugli Screening: Documento di Bertinoro

Appiano Silvana Responsabile della Programmazione dei Servizi Oncologici della Regione Piemonte, Assessorato alla Sanità

Barzanti Daniela Staff Qualità e Promozione della Salute, Azienda USL della Regione UmbriaBenelli Eva Giornalista Gruppo Agenzia Zadig, RomaBerrino Franco Epidemiologo, Istituto Nazionale Tumori, MilanoBiocca Marco Agenzia Sanitaria Regione dell’ Emilia-RomagnaBisanti Luigi Epidemiologo, Responsabile Screening ASL Città di MilanoBonfrisco Liana Referente Comunicazione per Registro Tumori del Veneto,

Centro di Prevenzione Senologica, VeronaCanuti Debora Biologa, Centro Screening AUSL RiminiCogo Carla Epidemiologa, Azienda Ospedaliera di PadovaDaghio Maria Responsabile Laboratorio per il Cittadino competente CeVEASFerrari Caterina Docente Universitaria di Bioetica, Università degli Studi di Firenze,

Facoltà di FilosofiaFin Marta Giornalista Addetta stampa Assessorato alla Sanità Regione Emilia-RomagnaFinarelli Alba Carola Dirigente Servizio Sanità Pubblica Regione Emilia RomagnaFranzinetti Vicky Presidente Comitato Pari Opportunità Università di Torino Consulente

per l’Organizzazione Mondiale della SanitàFrigerio Alfonso Responsabile 1° Centro di Screening Mammografico Prevenzione Serena,

TorinoGalli Mariella Psicologa, Coordinamento Screening Oncologici Roma BGiordano Livia Epidemiologa, Centro di Prevenzione Oncologica, TorinoIossa Anna Ginecologa, Centro per lo Studio e la Prevenzione Onologica, FirenzeLa Grassa Manuela Radiologa, Dirigente Medico Azienda Ospedaliera di PadovaMaffia Russo Maria Dirigente Distretto di Riccione AUSL RiminiMartino Gemma Senologa Clinica e Formatrice, Direttore METIS Centro Studi in Oncologia,

Formazione e Terapia, Milano

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aspetti strutturali (risorse, competenze, scelte politi-co-amministrative) e comportamentali. Ma vanno cer-cate anche con cura nei limiti delle capacità comuni-cative dei programmi di raggiungere tutte le compo-nenti della società, di adattarsi alle diversità socio-cul-turali e di comprendere gli ostacoli esistenti.

4) Effetti negativiI programmi di screening, come tutti gli interventi sani-tari del resto, possono determinare effetti negativi. Impongono tempi di attesa a volte lunghi. Come ogniesame diagnostico producono risultati falsi negativicol possibile danno determinato dalla ingiustificatarassicurazione e dal successivo possibile ritardo dia-gnostico. Producono anche risultati falsi positivi a cuiseguono interventi non necessari e, quindi, anchecosti inutili. In ogni processo di diagnosi precoce, inoltre, è insitoil rischio di individuare e di trattare lesioni che avreb-bero potuto non manifestarsi clinicamente. Si può sti-mare l’entità della sovradiagnosi e del sovratratta-mento in una popolazione sottoposta a screening,ma nell’approccio individuale tali considerazioni sonodi fatto ignorate.

5) Fra individui e comunità Ogni intervento sanitario dovrebbe cercare di massi-mizzare i benefici attesi e di minimizzare gli effettinegativi ad entrambi i livelli, individuale e di comunità.Dovrebbe, inoltre, tener conto delle risorse disponibi-li e del fatto che sono conseguentemente sottratte adaltri possibili interventi. Utilizzare protocolli per gli screening diversi potrebbeportare ad una maggiore, anche se marginale, effi-cacia che si pagherebbe, tuttavia, con una minoreefficienza e viceversa. Una maggiore disponibilità dirisorse dedicate agli screening potrebbe migliorarealcuni aspetti, come ad esempio i tempi di attesa pergli approfondimenti dei casi positivi o la sensibilitàcon l’aggiunta di ulteriori test. Esistono proposte per differenziare i protocolli in fun-zione dei livelli di rischio delle persone invitate. Ciò pre-senta altri problemi, peraltro non ancora del tuttoapprofonditi, anche di natura etica perché introdurreb-be differenze nell’offerta sanitaria tra gruppi diversi. Ogni possibile modifica ai protocolli dovrebbe,comunque, essere basata su evidenze scientifichesufficienti sia per i vantaggi che per gli svantaggi chepotrebbe produrre.

6) Misurare la qualitàLa dimensione di popolazione, le caratteristiche degliinterventi e la esistenza di sistemi di valutazione per-mette, nei programmi organizzati di screening, di pro-durre indicatori sul funzionamento e sugli esiti. Sulla base di queste misure è possibile valutare laqualità del programma e offrire, in tal modo, unagaranzia alle singole donne coinvolte. Ed è possibileanche valutare il grado di ottimizzazione nell’uso dellerisorse che può essere considerata una forma digaranzia per la comunità.Questa trasparenza genera interessanti, e in parteinedite, implicazioni sul piano comunicativo.

7) Porte assistenziali e finestra tecnologicaUn miglioramento nella comunicazione degli screeningper i tumori femminili non può prescindere dalla spe-cificità di genere e di età e dalla considerazione perl’importanza dei momenti della vita della donna (vitasessuale, menopausa, …) che vengono interessati.Le difficoltà nell’affrontare questi punti cruciali sonodovute anche al contesto tecnico e comunicativo spe-cifico che caratterizza i programmi di screening. Nonsi accede, infatti, allo screening attraverso le ampie ecomprensive porte dell’assistenza sanitaria, comequella del medico di medicina generale o dei servizidi cure primarie. Si accede attraverso un ingressoche potremmo definire una finestra tecnologica spe-cifica e circoscritta. Si deve forse accettare che oggilo screening non può, e non deve, porsi l’obiettivo diincludere l’intero vissuto delle persone che vi aderi-scono, anche se la domanda in questo senso è spes-so forte per i condizionamenti della paura delmomento.

8) Il valore della comunicazione e la comunica-zione dei valoriIl miglioramento dei livelli di comunicazione, intesocome più completo accesso alle informazioni utili ecome maggiore coinvolgimento nelle scelte assisten-ziali, è una necessità che si sta affermando in tutti icampi della medicina. Rappresenta un diritto dei cit-tadini, ma è anche una condizione per raggiungeremigliori risultati. Nel mondo della prevenzione, in particolare, la comu-nicazione deve essere ‘pro-attiva’, deve cioè raggiun-gere persone che non hanno un problema e convin-cerle che non vogliono averlo nemmeno in futuro. Neiprogrammi di screening, che sono inviti attivi rivolti apersone probabilmente sane, a maggior ragione la

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negli screening voleva dire quasi solo la campagna dilancio del programma. Ora è più chiaro che sono ingioco i valori che sottendono i programmi, la qualitàdelle attività, la trasparenza delle relazioni, le compe-tenze degli operatori, i contesti organizzativi, gli stru-menti di lavoro e, in fondo, i risultati stessi.La riflessione su questi temi ha avuto contributi signi-ficativi negli ultimi anni. Nel 1996 la Regione Emilia-Romagna aveva promosso una conferenza di con-senso con la partecipazione di esperti di diverseregioni e la produzione di una “proposta di linee guidasui processi comunicativi negli screening”. Alcuni arti-coli e commenti sono stati pubblicati in particolare suEpidemiologia e Prevenzione. Il Gruppo italiano per loscreening mammografico (GISMa) e il Gruppo italianoper lo screening del cervicocarcinoma (GISCi) hannoraccolto e orientato le migliori esperienze. Buonaparte dei convegni organizzati negli ultimi anni in que-sto settore hanno dedicato spazio per relazioni edibattiti.È per proseguire su questo terreno che l’Osservatoriosugli screening della Lega per la lotta contro i tumo-ri, in collaborazione con il GISMa e il GISCi e anchecon un finanziamento del Ministero della salute, haavviato nel 2002 un progetto dedicato alla comuni-cazione negli screening. Il progetto prevedeva la realizzazione di un seminariocon il contributo di studiosi di provenienza diversa(esperti degli screening, della comunicazione, etc.)finalizzato alla redazione di un documento di lavoro. Ilseminario, di due giorni, si è tenuto nel Centro univer-sitario della rocca di Bertinoro nel novembre 2002. Ne è scaturito questo documento che è, per quantopossibile, la sintesi di quel confronto. Non è una cartadi principi, né mai vi è stata la tentazione di scriverla.Non è una linea guida, anche se dalle considerazioniemerse potrebbero svilupparsi indicazioni operativeimportanti. È, piuttosto, il consolidamento di unatappa, lungo un percorso che accompagna l’analisi el’evoluzione dei sistemi sanitari. È la traccia per pro-porre alcune riflessioni sul tema della comunicazionesugli screening all’attenzione e al commento deinumerosi possibili stakeholder: le donne interessate,le associazioni di cittadini, le organizzazioni sociali, gliesperti del settore, gli amministratori e i dirigenti deisistemi sanitari, i giornalisti, etc.Lo sviluppo dei temi e delle argomentazioni è neces-sariamente succinto e suddiviso in brevi paragrafi perfacilitarne (si spera) la lettura ed, eventualmente, lamodifica. C’è un ordine nel susseguirsi dei paragrafi,

ma non è determinante. Diversi argomenti sono rima-sti controversi e questo appare fisiologico. Piuttostopotrebbero esserci delle assenze e ciò è più grave.Suggerimenti e commenti sono più che benvenuti,sono sollecitati.

2) Analogie tra screening e approccio clinicoGli screening sono un terreno di frontiera: tra l’assi-stenza individuale e la sanità pubblica e tra la clinicae la prevenzione. Sono evidenti le analogie con le attività di prevenzio-ne individuale che vengono realizzate fuori dal conte-sto di programmi organizzati. Ma ancor più è interes-sante sottolineare quanto ormai sia frequente nell’ap-proccio clinico la situazione, analoga a quella che siverifica in uno screening, di pazienti asintomatici chevengono sottoposti a esami diagnostici. L’attenzione alla situazione individuale e alla comuni-cazione medico-paziente dell’approccio clinico hamolto da insegnare alle attività di screening, spessodisattente su questo terreno. Così come l’esperienzadegli screening dovrebbe ricordare ai clinici l’impor-tanza della valutazione epidemiologica e delle provedi efficacia.

3) Equità nell’accessoÈ obiettivo fondamentale dei programmi organizzatidi screening garantire a tutte le persone a cui si rivol-gono equità nell’accesso indipendentemente dallecondizioni. Questo obiettivo, tuttavia, non è statoancora raggiunto: esistono differenze geografiche,tra le regioni del centro-nord e del sud e dentro lestesse regioni, di età, censo, cultura, etc. Queste differenze sembrano ancora più evidentiquando si considera l’accesso agli screening com-plessivamente, includendo anche quelli spontanei erivolti a strutture di tipo clinico. Probabilmente anchein questo caso gli utenti socialmente più svantaggiatihanno maggiori probabilità di ricevere prestazionimeno appropriate.I programmi organizzati di screening tendono, anchese in modo limitato, a ridurre le differenze di accessoe a garantire maggiori livelli di equità. Ciò avvieneoffrendo maggiori garanzie di appropriatezza, per-mettendo a una quota relativamente più grande dellapopolazione di accedere e non limitandosi al test dia-gnostico, ma accompagnando le donne nell’eventua-le percorso successivo di approfondimento diagno-stico e terapeutico.Le ragioni delle disuguaglianze vanno cercate negli

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Va prevista, a questo fine, un’adeguata formazionedegli operatori, con particolare attenzione anche allefigure intermedie, che aumenti le loro abilità relazio-nali e la consapevolezza e l’accettazione dei limitidello screening.

12) Valutazione della comunicazioneCosì come sugli altri aspetti dello screening, anche suquelli comunicativi è necessaria una valutazione. Perquesto occorre creare momenti e strumenti specificiche permettano la verifica periodica del contesto, deicomportamenti, delle abilità, delle identità degli ope-ratori e del sistema operante.La valutazione deve anche considerare le forme dellacomunicazione, la comprensibilità dei linguaggi e l’u-tilità dei messaggi.

13) Linee guida e strategia di comunicazioneUn obiettivo importante da raggiungere è la disponi-bilità di linee guida organizzative e operative, che siconcretizzino all’interno di una ‘strategia di comunica-zione’ ad hoc: questo favorisce la realizzazione piùadeguata delle diverse azioni di comunicazione. L’organizzazione di una strategia di comunicazione èun obiettivo che potrà essere raggiunto con maggio-re facilità se i principi sui cui si devono basare saran-no condivisi, dal momento che alla sua progettazionedovranno partecipare epidemiologi, clinici, psicologi,esperti di comunicazione.La strategia di comunicazione deve tenere conto deisoggetti interessati, delle richieste diverse che ven-gono da pazienti e dagli specialisti, dei diversi mezzidi comunicazione (opuscoli, seminari, colloqui medi-

co-paziente, giornali e mass-media, ecc.), del lin-guaggio da usare a seconda dell’interlocutore a cui cisi rivolge e delle azioni da portare avanti (corsi dicomunicazione per gli operatori sanitari a contattocon il pubblico, organizzazione di momenti di incon-tro, conferenze stampa, siti internet, ecc.). Non vanno, tuttavia, sottovalutati i contributi derivantidalla sperimentazione di modalità di comunicazioneinnovative che, ad esempio, facilitino la espressionedei giudizi e delle attese, rendano più chiaro il pattoda stringere o più comprensibili le valutazioni dei livel-li di efficacia ottenuta e percepita.

14) Media e campagne informativeCertamente esiste un ruolo critico dei media che nonpuò essere ignorato, ma perché sia effettivamenteutile sarebbe importante un più stretto rapporto a piùstretta collaborazione tra operatori sanitari e deimedia. Un legame che deve rientrare all’interno della strate-gia di comunicazione complessiva e che parta dallapiena conoscenza del mezzo ‘media’: dei suoi mec-canismi di funzionamento, dei suoi tempi, dei suoipunti di forza e dei suoi punti deboli. In questo senso potrebbe essere utile la costruzionedi una struttura nazionale a cui la stampa possa rivol-gersi per avere informazioni validate, e che si facciacarico di preparare e diffondere informazioni ai mass-media nei modi e nei tempi adeguati.L’Osservatorio nazionale sugli screening potrebbeproporsi come punto di riferimento e di promozionericonosciuto e condiviso.

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comunicazione è sia un valore in sé che uno stru-mento per aumentare l’autonomia decisionale indivi-duale e per circoscrivere, per quanto possibile, glieffetti negativi. Comunicare quindi per raggiungereuna più ampia e consapevole partecipazione dellepersone ai programmi organizzati.La comunicazione negli screening è, dunque, loscambio che si realizza tra le donne a cui è rivolto ilprogramma, i promotori del programma, gli operato-ri sanitari coinvolti e gli altri soggetti interessati. Perquesto potremmo più correttamente chiamarlacomunicazione sugli screening. Essa si fonda su duepilastri: il rispetto tra gli interlocutori e la condivisionedei valori che informano la proposta di screening eche devono essere chiaramente espliciti.

9) I requisiti della comunicazioneAlla base della comunicazione è importante che vi siaun’informazione completa, condivisa, onesta ed equi-librata nell’illustrare i valori e la logica che sottendonola proposta, i limiti delle procedure adottate, i van-taggi e gli effetti negativi possibili. Elementi cruciali che per tradursi in azioni efficacidevono rientrare all’interno di una ‘strategia di comu-nicazione’, che trasformi la comunicazione stessa inuna risorsa in materia di prevenzione della salute. Una strategia che deve tenere conto di molti fattori,sia sul piano dei contenuti da comunicare che sulmodo in cui farlo. A questo proposito, per esempio,è essenziale il riconoscimento delle diverse aspettati-ve e delle conoscenze. È probabile, infatti, che ledonne non si aspettino che possano verificarsi errori,non comprendano facilmente e non richiedano un’in-formazione di tipo quantitativo e non siano abituate atermini tecnici difficili anche per molti medici, comeanticipazione diagnostica inutile, sovradiagnosi esovratrattamento.Va considerata, inoltre, la possibile diversa percezio-ne di ciò che è importante e, in particolare di quantocontino i rapporti personali diretti, gli atteggiamenti ei comportamenti degli operatori sanitari.Altro elemento è quello che riguarda il linguaggio daadottare nel momento in cui ci si rivolge al pubblico,che non può essere quello specialistico medico, madeve raggiungere le persone in modo chiaro per nonlasciare l’impressione di qualcosa di oscuro, nondetto. Proprio la necessità di ricorrere sistematica-mente a linguaggio e concetti adeguati, evidenzial’importanza di una strategia di comunicazione e ilricorso, quando possibile e ragionevole, all’expertise

della comunicazione scientifica e sanitaria.Una migliore informazione sulle implicazioni dellediverse proposte di diagnosi precoce (lo screeningorganizzato e l’approccio clinico) dovrebbe mettere incondizione le donne di sapere cosa aspettarsi, in ter-mini di vantaggi e svantaggi, sia che aderiscano adun programma di screening, sia che scelgano undiverso approccio alla diagnosi precoce.

10) Capacità di scelta e responsabilità profes-sionalePer quanto evidenti possano essere le prove di effi-cacia, accurate le stime sul vantaggio relativo deibenefici attesi rispetto ai danni ipotizzabili e ampia lacomunicazione con le persone coinvolte, queste nonsono ragioni sufficienti per rinunciare alla responsabi-lità professionale di chi propone lo screening.Proporre un programma di screening significa, infatti,assumersi la responsabilità del suo risultato positivoanche a livello individuale. Il potenziamento delle capacità di scegliere in modoconsapevole dovrebbe portare a stabilire una sorta dipatto tra chi offre e chi è interessato, che prevedapiena libertà di adesione e di rescissione. La consa-pevolezza piena delle regole del gioco da parte del-l’interessata dovrebbe essere condizione essenzialeper l’adozione della decisione, anche se può avvenireche il patto venga stipulato sulla base esclusivamen-te della fiducia.Per molti una situazione di questo tipo è, tuttavia, soloteorica. La disparità tra l’operatore sanitario e la donnaè oggettiva e ineliminabile. L’informazione e la condivi-sione dei valori può solo mitigarla. Lo screening ècomunque una scelta di politica sanitaria che viene con-divisa prima di tutto dalla comunità. Il peso dellaresponsabilità professionale resta, indipendentementedalla comunicazione, all’organizzazione che propone ilprogramma e agli operatori che lo realizzano.

11) Risorse e microsistemiLa comunicazione negli screening si misura in largaparte sulla disponibilità a essere modulata sulle singo-le persone. Perché ciò sia realistico è necessario poter-vi dedicare tempo, competenze, tecniche e spazi. Le piccole riunioni, le lettere, gli opuscoli sono alcunidegli elementi del terreno privilegiato in cui è possibi-le ricercare l’adesione delle donna al percorso versola partecipazione consapevole, ai valori della sceltaper la comunità e per se stessa, ai limiti della propo-sta, ai modi e ai perché dell’informazione.

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Piemonte (CPO) ha coordinato un progetto finan-ziato nell’ambito del Programma “Europa Contro ilCancro” della Commissione Europea (in cui sonostate coinvolte, oltre all’Italia, anche la Germania ela Grecia). L’obiettivo del lavoro era quello di stu-diare il modo con cui vengono affrontati sulla stam-pa nazionale e locale gli screening mammograficirispetto alle raccomandazioni contenute nelleLinee guida europee. Rappresenta, quindi, unprimo tentativo di mettere a fuoco le ambiguità ele contraddizioni nella comunicazione sui problemidi salute. Inoltre, i risultati possono sicuramenterappresentare uno stimolo ad avviare questo tipodi attività anche in quei paesi con nessuna espe-rienza in materia di monitoraggi sulla stampa,imparando da quelle realtà dove esperienze di que-sto tipo sono già in corso da lungo tempo. Nonsolo. Questa azione può aiutare a comprendere ipunti deboli e i punti di forza della comunicazionetramite i mass-media, per studiare azioni di comu-nicazione più adeguate e calate nella realtà nazio-nale, quindi più efficaci a raggiungere l’obiettivo.Per raggiungere gli obiettivi prefissi, il progettoprevedeva di:1- monitorare fra i diversi paesi europei i comuni-cati stampa relativi alla prevenzione del cancro delseno;2- mettere a punto un questionario comune per laraccolta dei dati e stabilire una metodologia comu-ne in modo da rendere i risultati più confrontabilipossibili; 3- all’interno dei tre paesi coinvolti selezionare, uti-lizzando dei criteri standardizzati, una lista deigiornali da monitorare tra quelli che hanno la mag-giore circolazione nazionale (quotidiani, settimana-li e riviste mensili di carattere generale o relativisolo a problemi di salute); 4- selezionare in ogni nazione una agenzia o unufficio che si occupi di portare avanti sistematica-mente il monitoraggio degli articoli sulla preven-zione secondaria del cancro del seno, pubblicatisu quotidiani, riviste su un periodo di 6 mesi; 5- rilevare, per ciascun comunicato, la conformità(o meno) con le raccomandazioni contenute sulle

Linee Guida Europee o su altri documenti scientifi-ci pubblicati sull’argomento da parte di OrganismiScientifici nazionali e/o locali;6- identificare, dove è possibile, la fonte primariadelle informazioni raccolte al fine di comprenderemeglio quali sono gli elementi che caratterizzano einfluiscono sul contenuto delle stesse; 7- replicare, ove ritenuto necessario, alle testateche hanno pubblicato informazioni parziali e moni-torare la qualità di eventuali successive pubblica-zioni sullo stesso argomento;8- stabilire un dialogo con i giornalisti che lavoranosu temi di salute al fine di diffondere, sia a livellonazionale che europeo una informazione sulla pre-venzione secondaria del cancro, sempre più com-pleta e corretta.

1. Metodologia adottataL’indagine si è concentrata sul monitoraggio seme-strale delle testate su carta, escludendo program-mi televisivi, radiofonici o siti Internet.

1.1 Selezione delle testate I criteri per la sezione delle testate, uguali per tuttii paesi europei che hanno partecipato al progetto,hanno tenuto conto necessariamente del fatto cheil monitoraggio si è svolto in un arco temporale di6 mesi (1 aprile 2002 - 30 settembre 2002). Sonostati quindi esclusi i semestrali, quadrimestrali etrimestrali, che avrebbero rappresentato un cam-pione troppo ridotto e non rappresentativo dellatestata. Sono stati inseriti:1- quotidiani a diffusione nazionale;2- riviste specializzate in tema di benessere emedicina, compresi gli inserti settimanali su temirelativi alla salute dei quotidiani;3- quotidiani con una vasta distribuzione su scalaregionale;4- quotidiani e riviste con target di lettori, stili e lin-guaggi diversi: per esempio, le riviste femminili.

L’uso di questi criteri ci ha permesso di identifica-re un gruppo di testate rappresentativo della real-tà nazionale e nello stesso tempo di permettere la

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Comunicare la salute oggi significa soprattuttoentrare a contatto con un mondo che si sta modifi-cando: accanto ai processi infettivi, sta crescendol’importanza degli stili di vita, dei comportamenti ein generale di tutte le azioni che possono portarealla prevenzione della malattia. Oggi più che mai alcentro dell’attenzione c’è la prevenzione, termine fintroppo abusato che racchiude tutte quelle azioni diprovata efficacia che possono allontanare lo spettrodelle malattie trasmissibili e non. Non è difficile immaginare come nel mondo dellaprevenzione la comunicazione svolge un ruolo diprimissimo piano: sono infatti le persone stesse adover scegliere di partecipare al processo che leporta a stare bene, cambiando stile di vita e sot-toponendosi regolarmente a controlli. E in questo senso è indubbio che i mass-mediasvolgono una funzione importante nel condizionarele aspettative dei cittadini rispetto alla salute ingenerale e alle diverse terapie in particolare.Basta pensare a quanti medici lamentano in occa-sioni pubbliche e private come convegni o liste didiscussione, l’abitudine dei pazienti di presentarsiin studio il giorno dopo una trasmissione televisivache ha illustrato i vantaggi di una nuova, futura,terapia “pretendendo” di ottenere subito la pre-scrizione.Tuttavia, se da un lato nei quotidiani, sui settima-nali, nei telegiornali le notizie di medicina e scien-za sono sempre più presenti, dall’altro spesso nonviene riconosciuta la validità di alcune notizierispetto ad altre. Così capita che le notizie preseda pubblicazioni su riviste scientifiche hanno per imedia italiani pari dignità di quelle “alternative”, fol-kloristiche, metafisiche. E ancora: spesso non

viene fatta alcuna distinzione sulla fonte da cui arri-va la notizia. Scendendo poi nel merito di un argomento specifi-co, come la prevenzione secondaria nel caso deltumore del seno, anche quello che viene scritto èspesso contraddittorio e non sempre supportatoadeguatamente da evidenze scientifiche. Questasituazione porta all’istaurarsi di un certo livello diconfusione e di ansietà non necessaria fra il pub-blico. Quotidiani e riviste spesso riportano infor-mazioni, che non compaiono sulle Linee guidaeuropee per quanto riguarda la prevenzione deltumore del seno. In paesi dove i programmi discreening nazionali o regionali sono già attivi, perfornire messaggi chiari e non ambigui è semprepiù importante. In alcune nazioni europee, fra cuiGran Bretagna, Spagna, Danimarca e Olanda cisono agenzie specializzate che portano avantiindagini sul modo in cui i media trattano temi rela-tivi alla salute. Tuttavia, la maggior parte dei paesieuropei dove sono attivi programmi di screeningorganizzati non ha attivato contemporaneamenteun’ indagine sistematica delle notizie che vengonopubblicate sul cancro e sulla prevenzione secon-daria. Quindi è molto difficile intervenire per com-pletare l’informazione parziale che arriva dai massmedia e aprire nel contempo un dialogo con i gior-nalisti, o anche solo per segnalare i punti ufficialidi riferimento per la prevenzione secondaria nelcaso dei tumori e di argomenti connessi. A com-plicare le cose poi, c’è il fatto che le linee guida pub-blicate da organizzazioni scientifiche in paesi diver-si non sono sempre consistenti le une con le altre.In questa ottica, il Centro di riferimento per l’epi-demiologia e la prevenzione oncologica del

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Diagnosi precoce dei Tumori femminili: Screening mammograficisulla Stampa italiana a cura di Eva Benelli, Barbara Paltrinieri, Livia Giordano, Nereo Segnan

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Come si vede c’è un picco di articoli nel mese dimaggio, pari a oltre il doppio di quelli di aprile, giu-gno, luglio: questo non è apparentemente legato adalcun particolare evento di cronaca. Inoltre bisognatenere conto del fatto che dal 15 giugno al 15 set-tembre i giornali medici mensili e settimanali hannoosservato la pausa estiva.

2.1 PrevenzioneDei 152 articoli totali, 94, equivalenti al 62%, fanno rife-rimento alla prevenzione del tumore della mammella.Considerando solo i 94 articoli che parlano di pre-venzione, nel campione selezionato si osserva che: • 22 articoli, corrispondenti al 23% degli articoli diprevenzione, fanno riferimento in generale all’impor-tanza della prevenzione;• 44 articoli, corrispondenti al 47% degli articoli diprevenzione, menzionano almeno un test di preven-zione (mammografia, ecografia, autopalpazione …);• 28 articoli, corrispondenti al 30% degli articoli diprevenzione, danno delle raccomandazioni relative,oltre che al tipo di test, anche alla popolazione targeted all’intervallo tra due test e possono quindi essereconfrontati con le raccomandazioni contenute nellelinee guida europee.

Questo significa che sono stati raccolti 72 articoli(44+28) che fanno riferimento esplicito a qualcheesame utile per la prevenzione del tumore della mam-mella.

2.1.2 Test menzionatiAll’interno dei 94 articoli che parlano di prevenzione,vengono citati 22 diverse tipologie di interventi pre-ventivi (strumentali e/o farmacologici). Il numero di

articoli che citano ogni singolo test è il seguente:mammografia 65;ecografia 34;visita clinica 16;farmacoprevenzione con tamoxifene 9;autopalpazione 8;test genetico 4;linfonodo sentinella 4;ago aspirato 3;lavaggio dei dotti mammari 2;reggiseno ad impulsi elettrici 2;MRI 1;PET 1;ecografia con nuovi mezzi di contrasto 1;risonanza magnetica 1;chirurgia preventiva 1;roll 1;elastografia MR 1;dognosis 1;mammografia digitale 1;esame del capezzolo 1;TAC 1;biopsia 1.

In diversi articoli viene menzionato più di un tipo ditest preventivo: in particolare in 30 articoli compaio-no congiuntamente mammografia e ecografia, men-tre in 4 articoli è citata la mammografia insieme aecografia, autopalpazione e visita clinica.

2.1.3 Fonti e autoriAll’interno dei 72 articoli che fanno riferimento adun qualche test di prevenzione, è interessantenotare che nel 57% dei casi oltre alla voce del gior-nalista compare anche quella di un esperto che

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Tipo Numero Articoli Categoria Categoria Categoriadi publicazione totale sulla prevenzione A B CQuotidiani e inserti 81 43 6 7 7Riviste femminili 20 13 0 3 5Settimanali di attualità 18 10 0 4 7Fitness/salute 19 19 0 6 9Riviste specializzate 14 9 1 1 2TOTALE 152 94 7 21 30

Categoria A: include tutti gli articoli in accordo con le Linee guida europee sul test usato (mammografia), l’intervallo di tempo (2 anni) e il range dietà (50-69 anni)Categoria B: include tutti gli articoli in accordo con il test usato (mammografia), e fa riferimento a uno o entrambi gli altri due parametri (età e inter-vallo) in accordo o meno con le Linee guida europeeCategoria C: include tutti gli articoli in accordo con il test usato (mammografia), e non fa riferimento agli altri due parametri.

Tabella . 1

confrontabilità dei risultati ottenuti nelle diversenazioni partecipanti.In Italia sono state identificate 33 testate, così distribuite:• 9 quotidiani – La Stampa, La Repubblica, Corrieredella Sera, Libero, Il Messaggero, La Gazzetta delMezzogiorno, L’Unità, Il Resto del Carlino, Il Tempo;• 5 inserti settimanali di quotidiani – Salute (LaRepubblica), D (La Repubblica), Corriere Salute(Corriere della Sera), Io Donna (Corriere della Sera),Sette (Corriere della Sera);• 4 riviste femminili settimanali – Donna Moderna,Grazia, Anna, Amica (sospeso dal 26 giugno)2 riviste femminili mensili – Elle, Vera;• 4 settimanali di attualità – Panorama, L’Espresso,Oggi, Famiglia Cristiana;• 1 rivista settimanale specializzata in salute e fitness– Vivere sani e belli;• 4 riviste mensili specializzate in salute e fitness –Starbene, Salve, Bimbi sani & belli, Insieme; • 3 giornali medici settimanali – Tempo Medico, IlGiornale Medico, Il Corriere Medico;• 1 giornale medico mensile – Occhio Clinico.

1.2 Inserimento dei dati Sulle diverse testate sono stati individuati tutti gli arti-coli che facevano riferimento al tumore della mam-mella, in qualunque modo il problema di salute venis-se affrontato. Ogni singolo articolo è poi stato regi-strato in un archivio elettronico messo a punto utiliz-zando una scheda (Press monitoring form) di sintesidelle caratteristiche dell’articolo stesso. La scheda è stata strutturata in 5 sezioni:

1. Informazioni generali sull’articolo: nazione, nomedella testata su cui compare, tipo di testata (quoti-diano, settimanale …). 2. Descrizione dell’articolo: titolo dell’articolo, data dipubblicazione, numero della pagina, lunghezza, tipodi articolo (apertura, breve, editoriale…)3. Argomento principale trattato: tipo di informazione(raccomandazioni, allarmi, scoperta …), fonte dellanotizia, argomento principale (tumori in generale, pre-venzione dei tumori, tumore alla mammella, prevenzio-ne nel cancro alla mammella, terapia contro il cancro)4. Prevenzione: da compilare solo per gli articoli che

trattano di prevenzione del tumore della mammella,inserendo il tipo di test di prevenzione a cui si fa rife-rimento nel testo (mammografia, ecografia …)5. Accordo con le linee guida europee: questa sezio-ne viene compilata solo per gli articoli che trattano diprevenzione in termini di mammografia e vengonoconfrontati con quanto raccomandato dalle lineeguida europee o da altri documenti scientifici nazio-nali/locali. Gli articoli sono stati divisi in tre categorie:‘categoria A’, in cui c’è accordo con le linee guidaeuropee sia sull’intervallo temporale a cui una donnasi deve sottoporre al test, sia sul range di età, 50-69anni. Nella ‘categoria B’, invece sono stati inseriti tuttigli articoli che erano in accordo con almeno una diqueste due indicazioni. La ‘categoria C’, infine, inclu-de tutti gli articoli che parlano di mammografia, manon fanno riferimento a età e intervallo.

1.3 Repliche/lettere informative ai giornaliNel corso dell’indagine sono state messe a punto duetipologie di lettere da inviare agli autori degli articolie/o ai direttori o comunque ai responsabili delle testa-te su cui sono stati pubblicati gli articoli stessi. Laprima tipologia riguardava gli articoli classificati nellacategoria A, la seconda agli articoli della categoria B.In entrambe le lettere il tono e il contenuto dei mes-saggi era sempre pacato e positivo e nel caso degliarticoli classificati come B, si offriva anche la disponi-bilità a fornire maggiori e più corrette informazioni .In tutto sono state inviate 23 lettere, in quanto alcunigiornalisti hanno firmato più di un articolo.

2. RisultatiVerranno qui di seguito riportati i risultati relativi almonitoraggio effettuato in Italia. Gli esiti delle indaginieffettuate nelle altre due nazioni (Germania e Grecia)sono in corso di valutazione, così come è in corso dianalisi e la comparazione tra le tre diverse realtàeuropee.In Italia, il numero totale di articoli selezionati sulle rivi-ste scelte nel periodo dal 1 aprile al 30 settembre è152: questi sono distribuiti sulle varie tipologie ditestate come illustrato in tabella 1. Per quanto riguarda la distribuzione temporale degliarticoli, abbiamo:

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Mese Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto SettembreNumero articoli 20 42 19 16 22 33

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3. ConsiderazioniAnche se solo 7 articoli su 28 (25%) si accordanocompletamente alle indicazioni delle linee guidaeuropee, nel complesso la qualità delle informa-zioni sembra accettabile. Tuttavia emergono alcuni aspetti importanti datenere in considerazione.Innanzitutto anche fra gli articoli che rientranoall’interno della categoria A, nessuno fa riferimen-to esplicito all’esistenza di Linee guida europee oa documenti, raccomandazioni pubblicati da orga-nismi scientifici nazionali (seppur presenti).Accanto a questo poi si osserva che, a parte in unpaio di casi di articoli di categoria A comparsi suquotidiani (‘l’Unità’ del 20/9/02 e ‘Corriere dellaSera’ del 7/6/02), non c’è riferimento esplicitonemmeno all’esistenza di programmi di screeningorganizzati attivi a livello di alcune realtà regionali.In questo senso dunque i testi riflettono la man-canza di una fonte di informazioni istituzionale suiprogrammi di screening attivi e sulle linee guidaeuropee. Un esempio a testimonianza di questoaspetto si trova in un articolo comparso sul setti-manale di attualità ‘l’Espresso’ il 26/9/02: quiviene pubblicata la traduzione di un articolo delquotidiano statunitense ‘The New York Times’,sulla decisione della Task Force statunitense dianticipare a 40 anni l’indicazione per gli screeningmammografici. La traduzione viene riportatafedelmente omettendo però alcun ragguaglio per illettore italiano, sul fatto che si tratta di un provve-dimento statunitense e che le Linee guida in vigo-re in Europa portano raccomandazioni differentisull’intervallo di età. Dagli articoli emerge poi anche una certa confu-sione rispetto alle indicazioni su quando e chi devesottoporsi alla mammografia: un aspetto in realtàche riflette pienamente il dibattito scientifico incorso. Negli articoli compaiono infatti punti di vistadiversi: quello dell’epidemiologo, del clinico, del-l’oncologo. A seconda della fonte e dell’esperto cheil giornalista ha citato nell’articolo, emergono indica-zioni diverse sull’intervallo di età e frequenza nellamammografia. Un esempio significativo è quello diun servizio composto di due articoli, comparso sulquotidiano ‘Corriere della Sera’ il 25/9/02: nel primola fonte citata indica una mammografia ogni annodopo i 40 anni, mentre nel secondo, in cui vieneriportata la voce di un altro esperto, la mammogra-fia è ogni 2-3 anni dopo i 50 anni.

Nella indagine effettuata, poi, emerge come all’in-terno delle singole testate non ci sia un interlocu-tore unico che si occupa sempre di problemi diprevenzione oncologica. Un aspetto, questo, chepotrebbe rivelarsi importante in sede di implemen-tazione di una strategia di comunicazione sulle rac-comandazioni europee. Infatti per esempio, nei 6articoli di categoria A e B del quotidiano ‘Corrieredella Sera’ e dei suoi inserti settimanali compaiono4 firme diverse. La situazione non cambia se siconsidera, per esempio, ‘Donna Moderna’, setti-manale femminile (su 2 articoli ci sono 2 firmediverse) o ‘Viver Sani e Belli’, settimanale di salutee fitness (5 firme diverse su 6 articoli). Nonostante questi dati, è opportuno sottolineareche in molti casi all’interno delle redazioni è possi-bile identificare giornalisti che coprono prevalente-mente il settore che comprende salute, sanità,benessere e fitness.Infine si rileva un altro aspetto interessante: inalcuni servizi giornalistici nonostante non ci siapieno accordo con le raccomandazioni europee, laqualità dell’informazione è buona. È il caso peresempio del box dedicato alla mammografia sulservizio comparso su ‘Starbene’ di aprile 2002:qui infatti pur indicando la mammografia alledonne dai 40 anni, si sottolinea come fino a 50anni questo esame potrebbe avere una limitatacapacità di lettura se il tessuto del seno è denso eghiandolare.

4. Conclusioni Uno degli aspetti più importanti che emergono dal-l’analisi degli articoli raccolti è quello che riguarda lapluralità di punti di vista che di volta in volta vengonorappresentati e che sembra riflettere in pieno il dibat-tito attuale in tema di ricorso alla mammografia. In mancanza di un consenso della stessa comunitàscientifica rispetto alla questione, è difficile aspettar-si una diversa rappresentazione da parte dei media. A questo si unisce poi una mancanza o carenza(per lo meno relativamente al periodo di svolgi-mento dell’indagine) di informazioni istituzionaliaccreditate sui programmi di screening e sulle rac-comandazioni emanate a livello europeosull’attivitàdi screening mammografico: un problema che puòessere affrontato con una strategia di comunica-zione organizzata, messa a punto da un gruppo disoggetti con competenze diverse, (medici, psicolo-gi, esperti di comunicazione, giornalisti, sociologi).

interviene direttamente sull’argomento (discorsodiretto, ‘virgolettato’ in cui vengono riportate leparole dell’esperto). Nel 10% degli articoli, invece,è lo stesso esperto a firmare l’articolo, mentre nel32% dei casi nell’articolo compare solo la descri-zione dei fatti data dal giornalista, che non citadirettamente un esperto. A completare il quadroc’è un 1% di lettere dei lettori.

2.2 Accordo con le Linee guida europeeCome riportato al par. 2.1, sono 28 gli articoli chedanno delle raccomandazioni, oltre che per lamammografia anche per la fascia di età dellapopolazione bersaglio e per l’intervallo tra dueesami. Questi articoli possono essere confrontaticon quanto dicono le linee guida europee sulloscreening del tumore della mammella. Secondo icriteri stabiliti (vedi par. 3.2), sono stati identificati7 articoli che si collocano nella categoria A, in cuic’è accordo con le raccomandazioni europee perquanto riguarda il test da usare (la mammografia),l’intervallo di età a cui le donne devono sottoporvi-si (50-69 anni) e la frequenza (ogni 2 anni). Gli altri21 articoli si collocano invece nella categoria B: inquesti casi, pur facendo riferimento alla mammo-grafia come test preventivo, l’indicazione sull’inter-vallo di età, sulla frequenza o su entrambi questiaspetti, manca o non è concorde con le lineeguida europee. In particolare all’interno degli arti-

coli di categoria B si veda Tabella 2. I dati sulla distribuzione degli articoli di entrambele categorie per tipologia di testata sono riportatiin tabella 1 (colonna 4 e 5): si vede immediata-mente come la maggior parte degli articoli (6 su7) di categoria A sono pubblicati su quotidiani. Gliarticoli di categoria B si trovano per lo più su quo-tidiani (7) e sulle riviste femminili (6).L’inserimento di questi articoli all’interno di unacategoria piuttosto che in un’altra non si riferiscenecessariamente alla qualità dell’informazionecomplessiva, ma solo al fatto che menzionino leraccomandazioni contenute nelle linee guida: capi-ta quindi che articoli in categoria B diano moltospazio all’uso della mammografia come strumentodi prevenzione, mentre altri in categoria A in realtàreleghino l’informazione in poche righe. Questasuddivisione però è necessaria per tentare di darequalche indicazione statistica sulla frequenza concui nei sei mesi della indagine sono comparseinformazioni relative agli screening mammograficiin accordo alle raccomandazioni europee. Inoltrein questo modo ci è possibile effettuare un con-fronto con quanto è successo negli altri paesicoinvolti nello studio. Un supplemento di indaginesarà necessario per valutare tutto il materiale rac-colto anche in termini di qualità, chiarezza ed esau-stività dell’informazione data.

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Numero articoli Motivazione di inserimento in categoria B7 Frequenza = ogni 2 anni

Intervallo di età = superiore ai 40 anni6 Frequenza = ogni anno

Intervallo di età = superiore ai 40 anni3 Frequenza = ogni anno

Intervallo di età = superiore ai 50 anni1 Frequenza = ogni anno

Intervallo di età = superiore ai 35 anni1 Frequenza = ogni anno

Intervallo di età = nessuna indicazione1 Frequenza = ogni 18 mesi

Intervallo di età = nessuna indicazione1 Frequenza = nessuna indicazione

Intervallo di età = fra 50 e 70 anni1 Fa riferimento allo studio HOT

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In generale infatti, la comunicazione è uno dei vet-tori principali con cui i cittadini si creano il bagaglioculturale necessario per scegliere di aderire adazioni di prevenzione. In questo senso i soggetti isti-tuzionali non possono condurre la comunicazione inmodo passivo, cioè limitarsi a rispondere alle doman-de che vengono poste loro: devono invece farsi sog-getti attivi di una comunicazione che raggiunge lepersone che non hanno un problema e convincerleche non vogliono averlo nemmeno in futuro. Ma per una comunicazione efficace non basta pen-sare a una serie di azioni che permettano il sempli-ce passaggio di informazioni: tutto deve rientrareall’interno di una strategia di comunicazione che,proprio come una sorta di piano di battaglia, pianifi-chi la via migliore per raggiungere il bersaglio. La strategia di comunicazione dovrà tener conto dimolti fattori: i soggetti interessati, le richiestediverse che vengono da pazienti e dagli specialisti,i diversi mezzi di comunicazione (opuscoli, semi-nari, colloqui medico-paziente, giornali e mass-media, ecc.), il linguaggio da usare a seconda del-l’interlocutore a cui ci si rivolge e le azioni da por-tare avanti (corsi di comunicazione per gli opera-tori sanitari a contatto con il pubblico, organizza-zione di momenti di incontro, conferenze stampa,siti internet, ecc.).È chiaro che all’interno di questa strategia i massmedia svolgono un ruolo molto importante e che lagestione del rapporto con il mondo mediaticodeve essere attentamente programmata in mododa migliorare anche la qualità delle informazioniche passano al pubblico da giornali, tv e internet.In generale negli articoli raccolti si osserva lamancanza di un punto di vista ‘critico’ sulla que-stione, cioè la capacità di inquadrare l’argomentonei suoi diversi aspetti e implicazioni, invece di affi-darsi all’unica voce dell’eventuale esperto intervi-stato. È un aspetto, questo, abbastanza tipico deimedia italiani, che si ripresenta su diversi argo-menti, specie se collegati a scienza e medicina. Inquesto studio è stato possibile apprezzare l’im-portanza di farsi soggetti attivi della comunicazio-ne e delle informazioni verso i media, spedendo la

lettera informativa sull’indagine o di replica ai gior-nalisti autori degli articoli di categoria A e B. Altristrumenti potrebbero e dovrebbero essere messiin campo: oltre alla messa a punto e distribuzionedi materiale informativo per i giornalisti, dovrebbe-ro essere organizzate conferenze e incontri perio-dici con la stampa e momenti di dibattito su argo-menti controversi e di attualità. Emerge anche lanecessità di continuare ed estendere il periodo dimonitoraggio per confermare e aumentare lasignificatività delle indicazioni emerse. In questosenso potrebbe essere interessante concentraremaggiormente l’attenzione sulle riviste femminili,considerati come i periodici più letti dalle destina-tarie del messaggio di prevenzione, aumentando ilnumero di testate da monitorare.Inoltre bisogna considerare che un tentativo dianalisi qualitativa dei contenuti dell’informazione,richiederebbe una definizione a priori di criteri diqualità, sulla base di elementi che sono necessa-riamente opinabili. Per esempio: è qualitativamen-te migliore o comunicativamente più efficace unarticolo che, pur con alcune imprecisioni, richiamal’attenzione delle donne sulla importanza di sotto-porsi a controlli per la prevenzione del tumore alseno, grazie alla facilità del linguaggio e alla com-prensibilità del contenuto? Oppure, al contrario, èpreferibile un articolo comunque corretto nelleindicazioni, anche a prezzo di un linguaggio tecni-co o di uno spazio ridotto? Evidentemente unacosa è tentare di valutare la qualità e l’efficacia diun messaggio, altra cosa è, come nel caso di que-sto studio, verificare l’adesione dei contenuti aindicazioni considerate scientificamente efficacied eticamente proponibili alle donne.

Questo progetto si è avvalso dei contributo delProgramma “Europa Contro il Cancro” dellaCommissione Europea (2001/SI2.328176).

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ni. Una prima analisi è stata condotta su 20 radio-logi del Programma di Screening di Milano e 4radiologi del Programma di Firenze. Il grado diconcordanza fra le valutazione di ognuno dei letto-ri e il risultato della classificazione ottenuta utiliz-zando il software di Boyd è stato valutato permezzo delle statistiche Kappa pesate, grezze, persingolo livello e ipotizzando una distribuzione dico-tomica con soglia al 25° percentile. Al fine di valu-tare la variabilità di classificazione interna ai radio-logi è stata valutata, con le stesse modalità, laconcordanza fra le singole valutazioni dei lettori edil valore modale. Il grado di concordanza, considerando la classifi-cazione dicotomica con soglia al 25%, fra il giudi-zio espresso dai radiologi e il software di Boyd èrisultato essere compreso fra 0.40 e 0.60. Laconcordanza fra radiologi è invece risultata più ele-vata, compresa fra 0.50 e 0.80. Questo risultato,in parte atteso, dipende dall’esistenza di un picco-lo gruppo di mammografie classificate concorde-mente in modo diverso da tutti i radiologi rispettoal software di riferimento. Con l’ausilio di radiologiesterni al progetto ed esperti nella valutazionedella densità mammografica si cercherà di fornireun’interpretazione corretta di tale difformità diclassificazione.Anche se non ottimale, la concordanza osservatanella classificazione della densità mammografica èstata ritenuta sufficiente ad intraprendere lo stu-dio. Si ricorda infatti che la classificazione sogget-tiva della densità è indispensabile per definire l’eli-gibilità della donna allo studio; una stima più affi-dabile di densità verrà comunque calcolata retro-spettivamente per mezzo della traduzione insegnale digitale dell’immagine analogica dellamammografia. Tale valutazione della densità, piùche non la stima soggettiva, troverà riscontro nellapratica clinica negli anni a venire. Ci si aspettainfatti che la sempre più larga diffusione dellamammografia digitale possa permettere di ottene-re stime di densità precise e riproducibili almomento stesso dell’esecuzione dell’esame.Nei mesi di Maggio e Giugno 2003 sono state

compiute le ricognizioni presso ognuna delle unitàdi screening del Programma di Milano che hannoaderito a RiBES per concordare i dettagli operativie stabilire la data di avvio del reclutamento. Si èpreso atto così che 4 strutture (A.O. San Paolo,Istituto Auxologico, A.O. L. Sacco, FondazioneMaugeri) erano in condizione di partire nel mese diLuglio, mentre per altre 3 (A.O. Fatebenefratelli,Istituti Clinici di Perfezionamento e Istituto Europeodi Oncologia) l’avvio è rimandato a dopo l’estate.Con tutte le sette unità di screening partecipanti aRiBES sono stati sottoscritti i contratti per la par-tecipazione allo studio. Nel corso degli incontrisono state definite le modalità di accesso al siste-ma informativo dello studio, sono stati consegnatii moduli di consenso informato, il materiale infor-mativo da distribuire alle donne partecipanti allostudio e i moduli per la rilevazione dei dati raccol-ti nelle sessioni cliniche dedicate a RiBES. I primi dati di attività dello studio riguardano i quat-tro centri che hanno iniziato le sessioni RiBES nellaprima metà del mese di Luglio 2003 e nella primametà del Settembre successivo; i dati di seguitoriportati sono aggiornati al 22 Settembre 2003.Delle 2060 donne sottoposte a mammografia discreening in tale periodo, 1805 (87.6%) hanno datoil consenso alla partecipazione allo studio. Di queste,219 (12.1%) sono state classificate con mammellaadiposa, 847 (46.9%) con densità inferiore al 25%,649 (36.0%) con densità compresa fra 25 e 75%,90 (5.0%) con densità superiore al 75%.Delle 739 donne eligibili allo studio (firma del con-senso informato e densità mammografica > 25 %)343 sono risultate essere state randomizzate algruppo di intervento. Di queste, 35 sarebbero statecomunque inviate al secondo livello per approfondi-menti. Sono stati valutati 151 soggetti in sessioniRiBES: 139 con mammografia negativa, 11 richia-mati per sospetto diagnostico e 1 richiamato permotivi tecnici.I centri di Torino e Firenze avvieranno lo studio entrola fine dell’anno, quando cioè sarà stato acquisito ilparere positivo dei rispettivi comitati etici e sarannostati risolti gli ultimi problemi organizzativi.

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L’obiettivo principale dello studio RiBES (Rischi eBenefici della Ecografia di Screening) è ladefinizione in termini quantitativi dei vantaggi edegli svantaggi, nella popolazione di donne a mag-gior rischio di cancro della mammella per elevatadensità mammaria, prodotti dall’aggiunta dell’eco-grafia della ghiandola mammaria e della visita cli-nica senologica alla procedura convenzionale discreening basata sul solo esame mammografico.Il disegno del RiBES è quello di un trial randomiz-zato e l’indicatore principale di efficacia è il nume-ro di cancri di intervallo nei due gruppi posti a con-fronto (mx vs. mx+eco+sen). Altri indicatori pre-coci di efficacia sono stati considerati al fine di dis-porre di risultati preliminari in tempi ragionevol-mente brevi. Lo studio, per raggiungere una poten-za sufficiente, richiede l’arruolamento di 23.000soggetti in ciascuno dei due bracci. Collaborano alprogetto i programmi di screening mammograficodi Milano (centro coordinatore), Firenze e Torino.La Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori finan-zia parzialmente il progetto.Il 4 marzo 2003 si è svolto a Milano un corso perla standardizzazione delle modalità di conduzionedella visita clinica senologica e dell’ecografiamammaria a vantaggio dei radiologi che nei trecentri avrebbero operato all’interno dello studioRiBES. Sono state definite in tale occasione: a) leprocedure di determinazione della densità mam-maria secondo un criterio semi-quantitativo; b) leprocedure di conduzione della visita senologica ec) dell’ecografia mammaria. È stata inoltre appron-tata la versione definitiva della scheda di raccoltadati della visita clinica e dell’ecografia. Nella stessa occasione si è stabilito, per ragioni eti-

che ed organizzative, di invitare alle sessioni RiBEStutte le donne con densità mammografica superioreal 75 % e la quota necessaria a completare la dis-ponibilità delle agende dei centri partecipanti fra ledonne con densità compresa fra 25 e 75 %.La versione definitiva del protocollo dello studio,aggiornato dopo l’incontro menzionato, è statasottoposta al comitato etico della ASL Città diMilano che in data 3 Aprile 2003 ha dato parerefavorevole alla sperimentazione. La documentazio-ne relativa allo studio è stata presentata anche aicomitati etici degli altri centri collaboranti (Firenzee Torino) che sono in attesa del loro parere.È stato realizzato dal Servizio di Epidemiologiadella ASL Città di Milano un ausilio didattico su sup-porto magnetico per favorire e verificare l’omoge-neità di giudizio della densità mammografica deiradiologi RiBES. Il cd contiene: a) un atlante dimammografie ordinate per valore crescente didensità mammografica determinato con l’ausilio diun software sviluppato da Boyd; b) un training setcomposto dalle stesse mammografie dell’atlanteordinate in modo casuale rispetto alla densità: ilradiologo è invitato a stimare la densità e a con-frontare la propria stima con quella prodotta dalsoftware di Boyd; c) un test composto da un set di400 mammografie, messe a disposizionedall’Istituto Europeo di Oncologia, il cui valore didensità deve essere determinato dal radiologo. Ilfile con le risposte al test può essere inviato alcentro di Milano che elabora le opportune statisti-che di concordanza. Il cd è stato distribuito a tuttii radiologi dei programmi di screening di Milano, diTorino e di Firenze e spedito a tutti i coordinatoridei programmi di screening mammografico italia-

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Stato di Avanzamento degli Studi RiBES e FRiCaMa cura di

Luigi Bisanti, Antonio Russo, Aldo Bellini, Antonio Ponti, Marco Rosselli del Turco,

Nereo Segnan, Marco Zappa

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al controllo mammografico. La prima raccoltasistematica dei questionari compilati a casa erestituiti presso una delle otto unità di screening inoccasione del controllo avrà luogo la prima setti-mana di ottobre 2003. Sono pervenuti con bustapre-affrancata 801 questionari.Tali questionari sono stati attualmente utilizzati pereffettuare le prove di lettura ottica e la verifica delsistema di identificazione anagrafica. Entro la finedel 2003 saranno inviati ulteriori 20.000 questio-

nari. Sulla base di una rispondenza attesa del 50%saranno disponibili entro le prime settimane di gen-naio 2004 informazioni su di un campione di circa16.000 donne residenti a Milano.I centri di Torino e Firenze stanno completando leprocedure di organizzazione del primo invio, inattesa di acquisire il parere del comitato etico. Èverosimile l’avvio dello studio in entrambi i centrientro il prossimo mese di gennaio 2004.

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Lo studio FriCaM (Fattori di Rischio per ilCancro della Mammella) mediante un questio-nario individuale auto-somministrato, si propone diraccogliere dalla popolazione di età compresa fra50 e 69 anni, eligibile per un programma di scree-ning mammografico, informazioni utili per:1. assegnare sulla base di algoritmi validati unastima del rischio individuale di cancro della mam-mella ad ogni soggetto incluso nello studio e nelledue sotto-popolazioni delle donne afferenti e non-afferenti allo screening e porre a confronto i rispet-tivi pattern di rischio;2. verificare l’efficacia dello screening su gruppi dipopolazione definiti da un rischio a priori di tumo-re della mammella;3. rilevare differenze tra la popolazione afferente equella non afferente allo screening utili per la defi-nizione di strategie informative e di richiamo dellapopolazione non rispondente più efficaci di quellein uso.Lo studio verrà condotto nell’ambito di tre pro-grammi di screening attivi sul territorio nazionale(Torino, Firenze e Milano) che interessano com-plessivamente una popolazione bersaglio di circa450.000 soggetti. FRiCaM è parzialmente finan-ziato dalla Lega Italiana per la Lotta contro iTumori.Nel corso del 2002 e i primi mesi del 2003 è statosviluppato il questionario individuale auto-sommini-strato a lettura ottica. L’allestimento del questio-nario ha richiesto un gran numero di revisionideterminate anche dai risultati ottenuti da duestudi pilota condotti presso il centro di Milano, checoordina il progetto, da personale opportunamen-te istruito. Ogni pilota ha comportato la sommini-strazione di circa 200 questionari a donne affe-renti a 3 differenti ospedali sede di unità di scree-ning. Il primo pilota è stato effettuato nel settem-bre 2002, il secondo nel marzo 2003. Sono statiin questo modo evidenziati e risolti problemi di cat-tiva comprensione delle domande e sono staterecepite alcune proposte di miglioramento del que-stionario suggerite dalle stesse utenti. Nel mese di giugno 2003 è stata effettuata laprima tiratura in tipografia dei questionari dello stu-dio. Sono stati stampati 114.400 questionari peril centro di Milano, 65.600 per il centro di Torino e20.000 questionari per il centro di Firenze. È stataeffettuata anche una tiratura di 9.600 copie recan-ti sulla copertina il solo logo della LILT con l’inten-

zione di distribuirle alle sezioni della Lega cheintendano farne uso nei propri ambulatori. Per evitare problemi di reperimento di ampi spaziper lo stoccaggio dei questionari e problemi diconservazione di tale materiale - anche se ognipacco di 50 questionari è avvolto in plastica levariazioni di umidità possono danneggiare il que-stionario provocando così problemi di imbusta-mento automatico e di lettura ottica – i pallet deiquestionari dei centri di Torino e di Milano sonostati affidati ad una società di servizi logistici chegarantisce oltre allo stoccaggio in ambienti adattianche la movimentazione settimanale dei questio-nari presso la struttura postale che si occupa del-l’invio in un’unica busta della lettera d’invito alloscreening, dell’opuscolo illustrativo del program-ma, del questionario FRiCaM e di una busta pre-affrancata a disposizione delle utenti che preferi-scono questa modalità di restituzione del questio-nario compilato. Il centro di Firenze ha provvedutodirettamente alla conservazione dei questionari. Èstato acquistato un lettore ottico ad elevate pre-stazioni capace di leggere simultaneamente fron-te-retro 20 questionari in circa 1 minuto.L’uso del lettore ha richiesto lo sviluppo di un soft-ware ad hoc per il controllo del processo di lettu-ra ottica, per l’implementazione in un database deifile che esitano dal processo di lettura e per lagestione a video dei questionari letti.Attualmente il software per l’identificazione sulleanagrafi di riferimento (archivio dei soggetti invita-ti dal programma di screening) delle rispondentiallo studio è già attivo presso il centro di Milano.Entro breve tempo avverrà il trasferimento aMilano degli archivi della popolazione target deiprogrammi di screening mammografico di Firenzee di Torino; infatti, la lettura ottica dei questionaricompilati presso questi centri - e, di conseguenza,l’allestimento del database dello studio – avverràpresso il centro di Milano.Per il centro di Milano è prevista la verifica dei datianagrafici riportati su ogni questionario mediantela consultazione dell’anagrafe dei residenti e del-l’anagrafe degli assistiti. Tale processo di valida-zione dell’identità avviene mediante la lettura otti-ca, con scanner manuale, del codice a barre appo-sto sul questionario che identifica in modo univocoogni singolo soggetto.Al 20 settembre 2003 a Milano sono stati inviati13.304 questionari unitamente alla lettera di invito

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reclutate 45066 donne, 22599 nel braccio sperimen-tale e 22467 nel braccio convenzionale. Meno del 10%delle donne del braccio sperimentale sono risultatepositive al test HPV. I dati preliminari sull’accuratezzarispetto alla presenza di lesioni di alto grado (CIN II opiù gravi) confermate istologicamente indicano unaumento di sensibilità ma una diminuzione di specifici-tà del test HPV rispetto alla citologia convenzionale.Tra Giugno e Settembre di quest’anno si è avviata laseconda fase di reclutamento. Nel corso della stessale donne assegnate al braccio sperimentale eseguonoil solo test HPV come test di screening. Si prevede direclutare durante questa fase 50-55000 donne. Per garantire a tutte le donne in studio una protezionecertamente non inferiore alla pratica corrente il disegnodello studio prevede, comunque, di ri-sottoporreentrambi i bracci a screening dopo tre anni. L’outcomeprincipale sarà il tasso di identificazione di lesioni di altogrado al reclutamento e soprattutto al successivoround di screening. I dati ottenuti al nuovo screening,tre anni dopo il reclutamento, permetteranno di trarreconclusioni sulla sicurezza di intervalli di 5-6 anni tratest HPV. In particolare, se la riduzione nel tasso d’i-dentificazione di lesioni di alto grado nel braccio speri-mentale sarà molto forte, si potrà concludere per lasicurezza di tale approccio. Inoltre, se la diagnosi ècomplessivamente anticipata questo suggerisce forte-mente un aumento della protezione.Il progetto è condotto entro programmi di screeningorganizzati, attivi da molti anni in diverse Regioni italia-ne. Questo permette di utilizzare l’infrastruttura orga-nizzativa ed i sistemi informativi e di valutazione già atti-vi come supporto per la randomizzazione, la gestionedelle donne e la raccolta dei dati.

Bibliografia1. Ronco G. La ricerca del papillomavirus come test primarioper lo screening cervicale. Osservatorio Nazionale per la pre-venzione dei tumori femminili. Primo Rapporto. Roma, 2002.

2. International Agency for Research on Cancer. HumanPapillomaviruses. IARC Monographs on the evaluation of car-cinogenic risks to humans 64, Lyon, 1995.

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Nella primavera del 2002 si è avviato il reclutamento diuno studio multicentrico italiano, controllato e rando-mizzato sull’utilizzo della ricerca molecolare del papillo-mavirus umano (HPV) come test primario per lo scree-ning del cancro della cervice uterina. Partecipano allostudio i programmi di screening della città di Torino,della provincia di Firenze, della Provincia Autonoma diTrento, di Viterbo, tre programmi locali nella RegioneEmilia-Romagna (Ravenna, Imola e Bologna città) e duenella Regione Veneto (Verona e Padova).Il razionale ed il background scientifico di tale studiosono stati esposti nel primo Rapporto dell’OsservatorioNazionale per la prevenzione dei tumori femminili1. Inbreve, sulla base dei dati esistenti sul ruolo essenzialesvolto dall’HPV nella cancerogenesi cervicale2-4, sullaaumentata sensibilità del test HPV rispetto alla citologiaconvenzionale5,6 e sul intervallo plausibilmente lungointercorrente tra infezione da HPV e comparsa di lesio-ni cervicali di alto grado7-9 si è ritenuto che i dati fosse-ro promettenti rispetto alla possibilità di utilizzare il testHPV come test di screening a intervalli prolungati nelledonne negative, ma che fosse necessario uno studiorandomizzato di grosse dimensioni per valutare questaipotesi. L’obiettivo finale dello studio è valutare, in confronto allacitologia triennale convenzionale, la protezione fornitada uno screening basato sulla ricerca molecolaredell’HPV come unico test primario effettuato ad inter-valli prolungati (ogni 5-6 anni) nelle donne negative, icosti (in termini di numero e tipo di test necessari) e glieffetti indesiderati di tale strategia, nonché definire, peril test HPV, l’età d’inizio e termine migliori, le miglioricondizioni di applicazione e le migliori politiche digestione delle donne positive.Entro la fine di Giugno del 2003 si è conclusa in tutti i

centri la prima fase di reclutamento. Durante tale fasele donne eligibili (donne tra 25 e 60 anni, non isterec-tomizzate e senza precedenti interventi per Ca o lesio-ni intraepiteliali cervicali che si sono presentate per loscreening su chiamata) che hanno accettato di parte-cipare allo studio sono state assegnate casualmente adue bracci: convenzionale o sperimentale. Le donneassegnate al braccio convenzionale hanno eseguito unesame citologico convenzionale. Le donne assegnateal braccio sperimentale hanno fatto un prelievo in faseliquida, testato sia per HPV (solo i tipi cosiddetti arischio alto e intermedio) che per citologia in strato sot-tile. Le donne di età maggiore di 35 anni sono stateinvitate in colposcopia se la citologia era almenoASCUS oppure se il test HPV era positivo, indipenden-temente dal risultato citologico. Le donne di età infe-riore ai 35 anni sono state invitate direttamente in col-poscopia solo se la citologia era almeno ASCUS. Inquesta fascia di età le donne positive al test HPV manegative alla citologia sono state invitate a ripetereentrambi i test dopo un anno e vengono invitate in col-poscopia solo se la citologia si positivizza oppure l’HPVpersiste positivo. Questa scelta è stata giustificata del-l’alta frequenza di infezioni da HPV con spiccata ten-denza alla regressione nelle donne più giovani. Ledonne inviate in colposcopia con test HPV positivo, senon sono state identificate lesioni confermate istologi-camente, vengono invitate a ripetere annualmente cito-logia e test HPV finché quest’ultimo permane positivo.Si ritiene che queste donne siano a rischio notevol-mente aumentato di sviluppare lesioni intraepiteliali eche il follow-up annuale permetta di individuare e trat-tare tempestivamente tali lesioni in una sottopopola-zione di dimensioni limitate. Complessivamente, durante la prima fase sono state

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La Ricerca del Papillomavirus come Test primario per lo Screening cervicale a cura di

Guglielmo Ronco

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MetodologiaLa metodologia adottata è quella del progettodimostrativo rivolto ad una popolazione bersagliodefinita su base residenziale e con invito attivo, conun gruppo di controllo randomizzato. La proceduradi screening, tenuto conto di questa specificafascia di età, prevede la esecuzione di una mam-mografia di alta qualità con periodicità annuale, adue proiezioni e con doppia lettura radiologica.La popolazione invitata è di 11.000 donne dai 40 ai42 anni e 4.000 donne in età di 45 anni nelleRegione Toscana, Emilia Romagna, Piemonte e ilgruppo di controllo randomizzato di uguale misura.Nello studio sono attesi complessivamente 91casi di carcinoma mammario nel gruppo invitato ascreening.

Risultati preliminariIn tabella si presentano i dati cumulativi relativi alprimo passaggio dello studio Eurotrial. Si eviden-zia una partecipazione inferiore a quella attesa,almeno al primo passaggio, che potrebbe esseredovuta al ricorso spontaneo a controlli mammo-grafici in una parte consistente delle donne più gio-vani. Inoltre si conferma un tasso di richiamisostanzialmente simile ai primi esami nelle donneoltre i 50 anni sia per anormalità, che per motivitecnici, a dimostrazione che l’elevata qualità delleprocedure mammografiche adottata nei centri par-tecipanti consente di compensare le maggiori dif-ficoltà diagnostiche attese nelle donne più giovani.Infine, la minore incidenza di tumore nelle età gio-

vanili ha determinato un basso tasso diagnostico edi conseguenza un più basso valore predittivo deltest di screening (mammografia).

Risultati preliminari cumulativi del primo passaggioa confronto con primi esami 50-69.

1° PassaggioEurotrial

Invitate 21.968Mx recenti 455Esaminate 9.819Partecipazione % 45.6Richiami % 6,9Richiami tecnici % 0,05Detection rate ‰ 3,6

Si confermano pertanto le maggiori difficoltà delloscreening in età premenopausale e la necessità dimonitorare con accuratezza oltre i possibili benefi-ci anche i possibili effetti negativi, come previstodallo studio.Attualmente è in fase di completamento il terzopassaggio annuale di screening e una prima anali-si dei dati sarà effettuata entro il 2004.

Responsabili dello studio: M. Rosselli Del Turco, E. PaciPartecipanti: P. Bravetti, S. Catarzi, G. Cristiano, F. Falcini, A. Frigerio, E. Gallo, L. Giordano, P. Mantellini, V. Marra, A. Marrucci, C. Naldoni, R. Negri, P. Piccini, G. Piperno, G. Saguatti, P. Salvadori, N. Segnan

Lo studio è finanziato dal Ministero della Salute ele Regioni Emilia Romagna, Piemonte e Toscana

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PremessaIl carcinoma mammario nelle donne in pre-menopau-sa è un importante problema sanitario. In Europa ledonne hanno un rischio cumulativo di circa l’1,5% diavere un carcinoma mammario nell’età compresa tra40 e 49 anni (1 ogni 68 donne). La mortalità per car-cinoma mammario rappresenta il 20% della mortali-tà complessiva in questo gruppo di età ed è respon-sabile di una significativa proporzione degli anni divita persi per tumore. Un solo studio controllato,effettuato in Canada è stato designato per valutarel’effetto dello screening nelle donne di età inferiore a50 anni e al momento non ha evidenziato una ridu-zione significativa di mortalità. Su sette altri studicontrollati, indirizzati ad una fascia di età più ampia,due studi condotti in Svezia (Gothenborg e Malmoetrial II) recentemente pubblicati hanno evidenziatouna riduzione di mortalità significativa nel sottogrup-po di donne di età 40-49 all’ingresso nello studio. Ilimiti degli studi fino ad oggi risiedono nel fatto chenon erano disegnati specificamente per valutare l’ef-ficacia dello screening in questa fascia di età, e i pro-tocolli di screening adottati variavano per sensibilità,frequenza di intervallo ed altre procedure diagnosti-che. Allo stato attuale la stima del beneficio che sipuò ottenere con lo screening nelle donne dai 40 ai49 anni è ancora argomento di dibattito e contro-versia in ambito internazionale. In Europa i program-mi di screening sono indirizzati a donne oltre i 50anni, ed in particolare in Italia, le linee guida dellaCommissione Oncologica Nazionale, non prevedonol’invito delle donne di età inferiore ai 50 anni, anchese l’esenzione alla partecipazione alla spesa sanita-ria è stata estesa agli esami mammografici eseguitiogni 2 anni nelle donne a partire dai 45 anni di età

ObiettiviIl principale obiettivo di questo Studio (denominatoEurotrial40) è di valutare la fattibilità di un program-ma di screening mammografico di popolazione, nelledonne in età compresa tra 40 e 49 anni e di valuta-re i possibili benefici, basandosi su misure surroga-to, gli indicatori di performance e i possibili effettiavversi, anche ai fini di una valutazione di costo/effi-cacia. In particolare lo studio si pone i seguentiobbiettivi:• Valutare l’adesione all’invito a sottoporsi ad esamemammografico annuale anche in funzione di diversemodalità di informazione della donna sul rischio ditumore della mammella in questa fascia di età e suipossibili benefici• Analizzare le caratteristiche della popolazione ber-saglio in rapporto alla storia familiare, ormonale eriproduttiva • Misurare la sensibilità, specificità e predittività dell’e-same mammografico nelle donne in pre-menopausa• Misurare altri indicatori di performance dello scree-ning screening (tasso di richiamo, risultati degliapprofondimenti diagnostici e rapporto lesioni beni-gne e maligne nelle biopsie chirurgiche, tasso didetezione, distribuzione in stadi dei casi screen-detected, tasso di carcinomi < 1 cm.)• Stimare il possibile eccesso di tumori nella popo-lazione invitata a screening ed eventuali altri effettinegativi dello screening.• Valutare il rapporto costo/efficacia della estensio-ne dello screening nelle donne in età dai 40 ai 49anni attraverso misure surrogato (tasso di tumori infase avanzata)

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Studio Eurotrial40: Efficacia dello Screening mammografico nelle Donne in età 40-49a cura di

Marco Rosselli Del Turco

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PROGRAMMI GISMaRegione Centro Programma Referente

Riferimento Regionale

Basilicata Basilicata V. BarileEmilia-Romagna A. C. Finarelli, C. Naldoni, Ausl Bologna Città M. Manfredi, G. Saguatti

P. Sassoli de Bianchi Ausl Bologna Nord N. Collina, P. BaldazziAusl Bologna Sud B. Marcacci, M. GagginiAusl Cesena R. Bonsanto, M. SeveriAusl Ferrara G. P. BaraldiAusl Forlì F. FalciniAusl Imola A. Bondi, L. Bucchi, L. CapraraAusl Modena E. Gallo, C. Goldoni, R. NegriAusl Parma G. M. Conti, M. ZatelliAusl Piacenza R. Silva, M. PalmieriAusl Ravenna P. Bravetti, M. SerafiniAusl Reggio Emilia C. A. Mori, C. Marchesi, N. BorcianiAusl Rimini F. Desiderio, D. Canuti

Lazio A. Barca, A. Federici Frosinone L. Sindici, A. CorboLatina E. Grenga, F. GagliardiRieti R. Tempesta, G. BaldiRoma A L. Calvagno, G. Dell’UomoRoma B L. Boschi, M. L. MangiaRoma C F. VaiaRoma D M. Sessa, M. ScarinciRoma E L. Corinto, M. T. SacerdoteRoma H L. M. Fabi, A. Vella

Liguria L. Bonelli Asl 1 Imperiese L. TulimieroAsl 3 Genovese L. BonelliAsl 4 Chiavarese S. Erba

Lombardia Brescia L. Filippini, R. ChiesaLecco S. LopiccoliMilano Città L. Bisanti, A. BelliniMilano 1 C. Maggioni, R. BuraniVarese L. Gatta, S. Pisani

Piemonte A. Frigerio, L. Giordano, Dip. 1 Torino E. ManciniA. Ponti, N. Segnan Dip. 2 Asl 8 Moncalieri S. Polizzi

Dip. 3 Asl 5, 10 Rivoli M. Sartori

Dip. 4 Asl 6, 7w, 9 M. P. Alibrandi Dip. 5 Asl 11, 12 N. Lorenzini Dip. 6 Asl 13, 14 G. PerroneDip. 7 Asl 15, 18 Cuneo G. Bruno Dip. 8 Asl 19, 21

Asti-Casale Monferrato T. MiroglioDip. 9 Asl 20,

22 Alessandria G. FaragliSicilia Catania R. Scillieri, R. Musumeci

Ragusa G. La Perna, M. FirrincieliSiracusa A. Madeddu, F. Tisano

Toscana E. Gentile, B. Lazzari, Arezzo P. Rossi, P. GhezziE. Paci, M. Rosselli Empoli L. RossiDel Turco Firenze D. Ambrogetti, P. Falini

Grosseto E. RondanelliLivorno A. Cosimi, S. De MasiLucca E. Ercolini, S. CoccioliMassa B. Bianchi, F. PotenzaPisa G. Braccini, M. PercoPistoia G. Cristiano, M. RapanàPrato A. Battaglia, F. CiprianiSiena L. ScaliVersilia C. Gentili, A. Scarfantoni

Trentino Prov. Aut. Trento S. W. Della SalaUmbria P. Bellini Foligno P. Tozzi

Perugia M. PetrellaValle d’Aosta Aosta T. MeloniVeneto M. Vettorazzi Asl 1 Belluno- M. Pellizzola, D. Fagherazzi

Agordo CadoreAsl 2 Feltre L. Tessaro, T. Vergerio, G. OrsingherAsl 4 Thiene G. Righetto, S. SacconAsl 5 Arzignano- M. Stopazzolo, E. De Stefani

Ovest VicentinoAsl 6 Vicenza M. Merzari, P. CostaAsl 7 Pieve di Soligo S. Cinquetti, T. MorettoAsl 8 Montebelluna G. Lustro, C. FedatoAsl 9 Treviso L. Dapporto, M. BovoAsl 10 San Donà di Piave F. Benvegnù, A. FavarettoAsl 12 Venezia L. Lovisatti, S. F. Nordio, C. FazziniAsl 13 Dolo R. Giordano, A. MontagutiAsl 15 Camposanpiero P. Coin, S. CallegaroAsl 16 Padova C. Di Maggio, G. PilottoAsl 17 Conselve-Este-

Monselice-Montagnana A. Ferro, B. Brandalese

Referenti dei Programmi di Screening mammografico e citologico

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Trentino Prov. Aut. P. Dalla Palma,E. Polla, S. Franchini

Umbria P. Bellini Foligno A. Di MarcoPerugia M. Marri, S. Prandini

Valle d’Aosta T. MeloniVeneto M. Vettorazzi Ulss 1 C. Doglioni, D. Tazzara

Ulss 2 L. Cazzola, G. Orsingher, T. VergerioUlss 3 A. Guerini, S. MarinangeliUlss 4 F. Righetto, S. Saccon Ulss 4 F. Banovich, Ulss 5 R. Colombari, N. Scomazzon Ulss 6 M. Merzari, P.Costa Ulss 7 S. Cinquetti, T. Moretto Ulss 8 A. Pinarello, C. Fedato Ulss 8 G. LustroUlss 9 L. Laurino Ulss 12 V. Stracca PansaUlss 13 R. Giordano Ulss 14 S. Boscolo, V. Penzo Ulss 15 P. Coin, S. Callegaro Ulss 16 D. Minucci, M. Matteucci Ulss 17 A. Ferro, M. Zordan Ulss 18 L. Gallo, R. Buoso Ulss 19 G. B. Franco, S. Zulian Ulss 20 G. Nardo, D. Tinazzi Ulss 21 M. Rossini, C. BetteghellaUlss 22 A. Bortoli, A. Ganassini

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Asl 18 Rovigo L. Gallo, F. Centanni, P. SartoriAsl 20 Verona R. Mariotto, M. TessariAsl 21 Legnago G. Rossetti, F. MottiAsl 22 Bussolengo A. Bortoli, S. Montresor, A. Biasi

PROGRAMMI GISCiRegione Centro Programma Referente

Riferimento Regionale

Abruzzo C. Angeloni Avezzano-Sulmona V. MaccalliniLanciano D. CaraceniTeramo A. Lattanzi

Basilicata Basilicata R. MagliettaCampania Asl NA 4 L. Gigli

Asl NA 5 C. Maione, C. PrincipeEmilia-Romagna A. C. Finarelli, C. Naldoni, Bologna Città M. Manfredi

P. Sassoli de Bianchi Bologna Nord N. Collina, P. BaldazziBologna Sud P. Cristiani, M. Gaggini M. GalettiCesena M. Farneti, M. SeveriFerrara D. DaviForlì F. FalciniImola A. Bonsi, L. Bucchi, L. CapraraModena M. Turci, C. GoldoniParma L. Lombardozzi, M. ZatelliPiacenza P.G. Dataro, M. PalmieriRavenna P. Schincaglia, M. Serafini Reggio Emilia S. Prandi, L. Paterlini P. Rimini F. Desiderio, D. Canuti

Lazio A. Barca, A. Federici S. BrezziLombardia E. Anghinoni, A. Bellomi, G. GiannellaPiemonte G. Ronco, N. Segnan, Alessandria G. Faragli, A. Oddone

Asti T. MiroglioCuneo D. PerroniIvrea M. P. AlibrandiMoncalieri S. PolizziNovara P. BestagniniRivoli - Val di Susa M. SartoriTorino N. Segnan, G. Ronco, E. ManciniVercelli - Biella L. Savoia

Sicilia Catania A. Scalisi, R. ScillieriLercara T. Bustinto, A. Genco

Toscana P. Cariaggi, S. Ciatto, Arezzo P. Rossi, P. GhezziA. Iossa, M. Zappa Empoli L. Rossi

Firenze A. Iossa, F. CarozziGrosseto E. RondanelliLivorno A. Cosimi, S. De MasiLucca L. Pfanner, S. CoccioliPisa E. De Franco, M. PercoPistoia P. Marini, P. Apicella, M. RapanàPrato A. Battaglia, F. CiprianiSiena A. Bagnoli, L. ScaliVersilia C. Gentili, A. Scarfantoni

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