nuvole parlanti: il fumetto nei progetti educativi
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Tesi di Laurea di Alessandra BernardiniTRANSCRIPT
UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
FACOLTÁ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONECORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELL’EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE
NUVOLE PARLANTIIl fumetto nei progetti educativi
Relatore: Tesi di Laurea di:Prof. Enrico Euli Alessandra Bernardini
ANNO ACCADEMICO 2010 - 2011
LA MIA FARFALLA
Sto seguendo con lo sguardo le bellissime evoluzioni
che disegni nel mio cielo il tuo battito d'ali mi ha catturato.
Sei apparso come una farfalla tra i fiori del mio giardino
hai portato i tuoi colori nuovi svegliando tutti i miei sensi.
Dimostrami che sei reale non sparire col primo vento
fatti carezzare l'anima ed ammaliare il cuore.
Sarò per te la nuova strada che porta verso il sole
e l'acqua chiara di sorgente che disseta il tuo essere.
Io, mi affido a te dolcissima ai tuoi occhi tremuli
tu, farfalla variopinta non deludermi....ti prego.
(Anonimo)
UNIVERSITÁ DEGLI STUDI DI CAGLIARI
FACOLTÁ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONECORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELL’EDUCAZIONE E DELLA FORMAZIONE
NUVOLE PARLANTIIl fumetto nei progetti educativi
Relatore: Tesi di Laurea di:Prof. Enrico Euli Alessandra Bernardini
ANNO ACCADEMICO 2010 - 2011
INDICE GENERALE
Introduzione................................................................................................................................1
PARTE PRIMA - L’EVOLUZIONE DEL FUMETTO
CAPITOLO PRIMOLE ORIGINI E IL FUMETTO IN AMERICA
1. La genesi..................................................................................................................................6
2. La nascita del fumetto...........................................................................................................7
3. Dalla strada al salotto al mondo di fantasia......................................................................8
4. L’avvento dei comic book...................................................................................................10
5. Il passaggio dal fumetto per bambini a quello per gli adulti........................................11
6. La crisi del fumetto..............................................................................................................13
6.1. La svolta degli anni Settanta..............................................................................14
6.2. L’avvento della fiaba............................................................................................15
CAPITOLO SECONDOIL FUMETTO IN ITALIA
1. Stampa popolare dell’ottocento........................................................................................16
2. La stampa per ragazzi dal 1900 al 1945............................................................................17
3. Il fumetto dal 1945 agli anni Settanta..............................................................................18
CAPITOLO TERZOLA GRAMMATICA DEL FUMETTO
1. I linguaggi del fumetto........................................................................................................22
2. Gli aspetti tecnici.................................................................................................................23
2.1. La vignetta in sé.....................................................................................................24
2.2. La parola fatta immagine.....................................................................................25
3. La relazione parola-disegno...............................................................................................26
4. La relazione parole-suono-rumore e parole-emozioni-stati d’animo........................28
5. La relazione tra vignette....................................................................................................28
CAPITOLO QUARTOSCUOLA E FUMETTO
1. Il fumetto perché?...............................................................................................................31
2. Problematiche di pratica educativa..................................................................................33
3. Mente e mano.......................................................................................................................35
4. La produzione del fumetto.................................................................................................37
4.1. Nuovi rapporti fra produzione e fruizione......................................................39
4.2. I processi cognitivi...............................................................................................39
5. La didattica dell’uso dei comics.........................................................................................40
6. Una nuova pedagogia..........................................................................................................41
PARTE SECONDA - ANIMAZIONE
CAPITOLO PRIMOIDENTITÀ DEI PROCESSI ANIMATIVI
1. Storia dell’animazione........................................................................................................45
2. L’Animazione in Italia.........................................................................................................46
3. Animazione come strumento di sviluppo........................................................................49
4. Funzione e contesti dell’animazione socioculturale.....................................................51
5. Le competenze dell’animatore socioculturale................................................................53
6. La funzione dell’animatore socioculturale tra produzione, facilitazione ed
elaborazione........................................................................................................................54
6.1. Funzione produzione............................................................................................55
6.2. Funzione facilitazione..........................................................................................55
6.3. Funzione di elaborazione.....................................................................................56
CAPITOLO SECONDOTECNICHE E STRUMENTI
1. Aree metodologiche............................................................................................................57
1.1. Area della metodologia narrativa-autobiografica...........................................58
1.2. Area della metodologia dell’alterità..................................................................58
1.3. Area della metodologia collaborativa................................................................60
2. La funzione e l’uso delle tecniche.....................................................................................61
CAPITOLO TERZOGIOCARE CON IL FUMETTO
1. Giochi cooperativi................................................................................................................63
2. Costruire una relazione educativa efficace.....................................................................64
3. Un percorso laboratoriale di giochi su comunicazione e relazione............................67
4. Attività con il fumetto.........................................................................................................67
5. Laboratori e gioco................................................................................................................69
6. Costruire con le mani.........................................................................................................71
CAPITOLO QUARTOANIMAZIONE E FUMETTO
1. Animare parole e immagini...............................................................................................73
2. Leggere il fumetto................................................................................................................74
2.1. Raccontare con le immagini................................................................................75
3. Animazione alla lettura......................................................................................................76
3.1. Struttura del progetto d’animazione.................................................................78
4. Educare e linguaggio...........................................................................................................81
5. Il piacere di leggere............................................................................................................82
Conclusione................................................................................................................................84
Bibliografia.................................................................................................................................86
INTRODUZIONE
L’analisi del fumetto, nel contesto scolastico ed extrascolastico, nasce da
un’esperienza vissuta attraverso il tirocinio in una scuola primaria, dove ho potuto
osservare diverse attività compiute tramite il fumetto da bambini, intorno ad una
fascia d’età tra gli otto e i dieci anni.
Questi compiti riguardavano la costruzione di fumetti per diverse materie (storia,
letteratura italiana, scienze) in modo da agevolare lo studio; tendenzialmente erano
svolte in gruppi composti di tre membri e le operazioni che essi svolgevano
consistevano nel: scegliere da parte di ogni gruppo un argomento su una materia,
leggere la documentazione su di essa, disegnare una sequenza d’immagini in cui
rappresentavano l’argomento che trattavano e in seguito inserire delle vignette dove
all’interno scrivevano i fatti storici, antologici, oppure spiegazioni scientifiche e dopo,
queste, erano presentate alla classe grazie alla collaborazione dell’insegnante.
Questi progetti erano seguiti attraverso la figura dell’insegnante, che svolgeva la
funzione di animatore, poiché in molti casi è egli stesso, con la partecipazione degli
allievi, a presentare il progetto agli altri alunni e si riscontrava nei bambini un
miglior risultato attentivo per quanto riguarda la lettura del fumetto (costruito da
loro) piuttosto che del testo didattico.
Attraverso questa esperienza, ho potuto osservare in questi alunni e alunne una
maggior propensione verso operazioni di gruppo, dove essi cooperavano e
interagivano, inoltre vivevano questo come un gioco, si divertivano a inventare e
disegnare, e ciò mi ha colpito così da voler approfondire quest’argomento (soprattutto
per il forte legame che io ho avuto fin dall’infanzia con il fumetto dedicandomi a
creare delle storie nel tempo libero).
Il mio obiettivo in questa tesi è spiegare l’evoluzione del fumetto analizzando i
suoi requisiti tecnici nell’ambito animativo, sia in ambienti scolastico che
extrascolastico.
Nel XXI secolo, non si può considerare il fumetto come un semplice insieme di
figure per bambini o un semplice passatempo, esso è, di fatto, comunicazione,
1
che utilizza diversi linguaggi e che trasmette cultura (il più delle volte popolare,
ma anche alta), di cui troviamo caratteristiche in diverse manifestazioni: verbali o
audiovisive, dal mondo dei mass-media alla narratività.
La scuola dovrebbe presentarsi più aperta e sistematica e tale struttura deve dare
spazio a nuove conoscenze, soprattutto perché le nuove generazioni si ritrovano di
fronte a una quantità d’informazioni apprese casualmente grazie alle recenti scoperte
tecnologiche, che necessitano di un’organizzazione ben pensata. La scuola deve
aprirsi verso una pluralità di linguaggi e alla possibilità di mettere ognuno (bambini e
ragazzi) nella condizione di esprimere le proprie possibilità e potenzialità con i mezzi
che vi sono a disposizione.
Il fumetto può assumere, in un ambiente come la scuola, un sussidio per
l’educazione e l’intelligenza, poiché consente lo sviluppo di processi cognitivi
garantendo una comunicazione sociale, trasmettendo sentimenti e ideologie, quindi
può essere uno degli strumenti utili per suscitare, nel rapporto educativo, una visione
nuova delle cose che ci circondano.
Usare il fumetto con i bambini a fini didattici e di accrescimento culturale è
qualcosa di necessario, è una cultura iconica, che comprende una serie di regole che
hanno nell’immagine un supporto, che non sono mai state elevate a livello di materia
di studio, però non si sostiene che il fumetto debba essere una materia da aggiungere
alla scuola per rinnovarla, ma il fumetto è un linguaggio che appartiene, con codici
propri, alla comunicazione di massa e farlo entrare a scuola consente di avvicinarsi
attraverso la conoscenza, all’appropriazione e all’uso di codici espressivi in più.
L’introduzione del fumetto nell’ambito scolastico può essere attuato attraverso
pratiche di animazione o di gioco e fornire gli strumenti fondamentali di espressione,
di comprensione, di analisi e di critica.
L’animazione è, in una volta, contenuto e metodo di azioni educativo-didattiche di
sviluppo della persona, e rientra nel campo della problematizzazione della didattica,
che vede in questi anni, accanto ai contesti di educazione formale, anche l’educazione
informale.
2
L’animazione alla lettura, consente sia al sistema affettivo e cognitivo d’interagire:
l’animazione lavora per accentuare il primo aspetto. Essa è progettata al fine di
facilitare il processo di comprensione della narrazione in termini di ambiente,
personaggi, fatti e sequenze, supportando il sistema cognitivo.
Animare un fumetto consente di attivare meccanismi cognitivi ed emotivi; se si
considera il contesto multimediale in cui è immerso il lettore, ed essendo un testo
animato, il fumetto, è vissuto come un dono, un promemoria delle emozioni che si
annidano tra le pagine, un incentivo ad acquisire il codice linguistico, quindi in
definitiva è un ottimo mezzo anche per i primi accostamenti alla lettura.
Il gioco, soprattutto quello cooperativo, consente di maturare un modo di stare
insieme valorizzando la creatività e l’originalità; inoltre esso consente il rapporto
interpersonale, la relazione reciproca tramite il gruppo, quello cooperativo, perché
caratterizzato da un’interdipendenza positiva tra i membri di cui è composto e un
forte sviluppo delle abilità sociali (di relazione, di comunicazione, di aiuto,
d’incoraggiamento, etc).
Giocare tramite il disegno, consente di passare da un disegno libero a immagini
brevi disegnate, create dai ragazzi e poi arricchite di didascalie o nuvolette ed è così
che nasce un fumetto, tale attività può essere utile anche per la comprensione di
eventi storici o sociali, o di fatti di cronaca. Lavorare sul fumetto o con il fumetto
consente di sviluppare tecniche grafiche ed espressive e consente di svolgere ricerche
sia di tipo creativo sia operativo.
Inoltre si possono compiere attività espressivo-comunicative attraverso corsi
laboratoriali, oppure l’applicazione di tecniche manuali, che possono offrire agli
alunni informazioni più approfondite sulla struttura di strumenti che si è soliti a
usare senza conoscere le composizioni.
Questa tesi spiega, nella prima parte, il ruolo rilevante che ha avuto il fumetto
nella storia, precisando l’evoluzione iniziata nell’ambiente americano, dove già si
evidenziava l’impronta pedagogica, giunto in Italia, intorno ai primi anni
dell’Ottocento, dove furono introdotti dei cambiamenti strutturali collegati alla
nascita di istituti che si occupano del ruolo educativo del fumetto.
3
Evidenzierò lo stato ormai maturo del fumetto e il suo inquadramento
grammaticale in primis e in seguito sociale-letterario, da cui analizzerò la relazione
tra la diade bambino-fumetto e scuola.
Nella seconda parte tratterò la teoria e la pratica dell’animazione che generano un
potenziale per svolgere un ruolo sociale e culturale nei processi d’individuazione, di
lettura, d’analisi delle tensioni e dei bisogni che portano ad attivare dei percorsi con
cui, le persone o le organizzazioni, riconoscono e sviluppano l’empowerment.1
Ho proposto una serie di teorie che sottendono la funzione socioculturale
dell’animazione proiettandola in situazioni educative, individuando principi, funzioni
e contesti di sviluppo. Progressivamente saranno mostrate le diverse tecniche e
metodologie da applicare agli ambienti scolastici.
Rileverò la funzione del gioco e delle tecniche animative utili, del collegamento
gioco-animazione, evidenziando le attività di gruppo che consentono di sviluppare la
creatività e favoriscono la socializzazione, la conoscenza e l’integrazione, per poi
arrivare al contatto dell’animazione con il fumetto, in modo da progettare un vero e
proprio laboratorio dove i bambini si avvicinano al fumetto attraverso tecniche
d’animazione.
Si giungerà alla chiusura della trattazione riscontrando l’evidenza per la quale il
fumetto, attraverso i suoi codici, può essere un ottimo mezzo per avvicinare i bambini
alla lettura, essendo un “racconto per immagini” che favorisce l’attivazione dei
processi cognitivi.
1 Per empowerment s’intende la piena valorizzazione delle persone nelle varie situazioni d’azione, significa "sentire di avere potere" o "sentire di essere in grado di fare".
4
PARTE PRIMA
L’EVOLUZIONE DEL FUMETTO
5
CAPITOLO PRIMO
LE ORIGINI E IL FUMETTO IN AMERICA
1. La genesi.
Sulle reali origini del fumetto hanno dibattuto diversi studiosi, molti hanno
ritenuto che la definizione più consona per il fumetto fosse una “narrazione per
immagini” (il testo non è necessario esistendo dei fumetti “muti”) e si concluse che
esso sia sempre esistito.
Basandosi su degli antecedenti, si possono individuare dal “Libro dei morti” delle
raffigurazioni egiziane, sia murali (all’interno delle tombe dei faraoni) che quelle nei
rotoli di papiro (nelle tombe dei personaggi di famiglie non faraoniche), in queste
sono raccontate, con una sequenza d’immagini incorporata con dei testi, la vita del
defunto o della defunta oltre la morte.2
Nel tremila avanti Cristo tra gli Egiziani circolavano vignette con animali,
disegnate e colorate su scaglie di calcare e papiri, mentre nel I secolo avanti Cristo a
Roma venivano commercializzate le tabulae con vignette satiriche.
Nell’epoca medievale è stato riscontrato che dagli affreschi che rappresentavano
dei personaggi, la consuetudine era di raffigurarli scrivendo le parole uscenti dalle
loro bocche (un caso esemplare è il fumetto di San Clemente, nella leggenda del
“Sissino”, le parole pronunciate dai diversi protagonisti sono disegnate allo stesso
modo).3
Inoltre, in questo contesto storico, si trovano i libri miniati che raccontano, in
tempi e stili diversi, i più noti episodi biblici veterotestamentarii (dalla Genesi in poi,
con preferenza per le storie favolose di Giuseppe e i suoi fratelli, l’esperienza egiziana
del popolo ebraico fino all’esodo e alle battaglie successive) e neotestamentari (dai
Vangeli che raccontano con immagini e testi la vita di Cristo ai più tardi libri d’Ore).
2 Cfr. A.Imbasciati, C. Castelli, Psicologia del fumetto, Rimini; Firenze, Guaraldi, 1975, p. 29.
3 http://it.wikipedia.org/wiki/Storia_del_fumetto.
6
In alcuni testi-miniature sono stati ritrovati alcuni esempi di proto-balloon e della
stessa epoca li ritroviamo nei rotoli orizzontali cinesi dipinti e in quelli orizzontali o
verticali giapponesi.
2. La nascita del fumetto.
Il fumetto rappresenta la forma d’arte figurativa nata sulle pagine domenicali di
quotidiani, per presentare a chi legge, in una sequenza di vignette con o senza
contorni lineari, un’azione con uno o più personaggi che si muovono o parlano senza
“voci”, che raccontano quel che succede nelle immagini delle vignette poste in
sequenza.
Gli studiosi del fumetto hanno trovato un compromesso nel fissare la data di
nascita di questa nuova arte, la data risale al 1896 e si riferisce al personaggio Yellow
Kid (Bambino Giallo), creato quasi due anni prima da R.F.Outcault senza un nome, in
un’illustrazione a colori a pagina intera apparsa sul supplemento domenicale di un
quotidiano di New York (di proprietà di J. Pulitzer nel 1883 “The New York World).
I supplementi domenicali ai quotidiani erano nati suscitando una forte resistenza
presso gli ambienti religiosi, i quali consideravano sacra la Domenica4.
La prima illustrazione risale al 1894 in un “cartoon” di sei vignette senza parole e
intitolato “Evoluzione di una specie spiegata”, e preannunciava l’ibrido al quale avrebbe
poi dato vita Outcault; in queste sei vignette viene mostrato un uomo che conduce il
suo cane verso un albero, dall’albero scende un serpente che ingoia faticosamente il
grosso cane, quest’ultimo, dall’interno della pancia del serpente, riesce a mettere
fuori le quattro zampe e nasce la nuova specie di coccodrillo.
Secondo degli studiosi di oggi, così nasce il fumetto: il disegno ha incorporato le
didascalie che si trasformeranno in balloon o nuvolette contenenti parole.5
4 Cfr. F.Restaino, Storia del fumetto. Da yellow kid ai manga, Utet Libreria, 2004, p.5.
5 Ivi, p.8.
7
Outcault proveniva da un’esperienza di “cartonisti” (autori di vignette satiriche o
umoristiche), le sue illustrazioni a pagina intera o a mezza pagina si riferivano a
scene di vita quotidiana dei quartieri poveri e multietnici di New York.
Queste illustrazioni al tempo non erano classificate ancora come fumetto, erano
immagini di una strada, prive di carattere sequenziale, al quale ne seguivano altre a
cadenza settimanale.
Il salto da semplice illustrazione a fumetto avviene grazie a W.R.Hearst, lancia nel
1896 sul suo quotidiano “New York Journal” con un supplemento domenicale a colori.
Hearst offre una possibilità a Outcault di pubblicare, sulle pagine del supplemento,
il bambino giallo, sempre più protagonista delle scene illustrate e in rarissime
sequenze parlando e dialogando attraverso i “balloon”.6. In particolare il protagonista
di Outcault si rivolge con l’altoparlante di un grammofono a manovella da cui
fuoriescono frasi sempre in forma di parole (si scoprirono poi che le frasi erano
pronunciate da un pappagallo nascosto).
Questa è considerata la prima striscia a fumetti in senso pieno: appare il 25
ottobre 1896.
3. Dalla strada al salotto al mondo di fantasia.
I primi vent’anni della storia del fumetto sono caratterizzati da un’evoluzione
della nuova forma d’arte che riguarda sia le tecniche usate, sia i temi trattati e i
destinatari.
In questi anni emergono autori che hanno in comune quasi tutti l’esperienza dei
cartoon (vignetta singola, di piccolo o di grande formato, con una o più illustrazioni
in bianco e nero, con didascalie) umoristico, satirico, politico o di critica del costume,
nell’ambito della stampa settimanale e di quella quotidiana.
6 Il termine inglese balloon indica il segno grafico convenzionalmente usato nei fumetti (da qui il termine in italiano “fumetto”, sostituito da nuvoletta da quando è di uso comune indicare con fumetto il media stesso.) per contenere i testi pronunciati o pensati da un personaggio, o emessi da una fonte sonora.
8
Negli Stati Uniti, la pratica dei cartoon satirico-politico era comune a molti
quotidiani e quindi incrementò l’offerta di lavoro per disegnatori ingegnosi.
Il caso di Outcault è emblematico, ha portato degli elementi di caratterizzazione
stilistica e formale che resteranno per decenni, fino alla comparsa degli anni Trenta,
degli stili realistici-fotografici rappresentano i tratti dominanti o esclusivi della
“forma” d’arte del fumetto.
La figura del bambino giallo: orecchie a sventola, testa calva, occhi stretti e piccoli,
camiciola fino ai piedi, e gli altri ragazzi, gli adulti, e gli stessi animali; tutte le
immagini riprendono gli schemi del realismo caricaturale tipici delle vignette
satiriche, umoristiche, di critica politica e sociale, della tradizione dei cartoon.
Questi elementi furono presenti anche quando Outcault ha lanciato nel 1902 il
nuovo personaggio Buster Brown (Mimmo nel “Corriere dei Piccoli”), con questo si è
passati al salotto medio e alto borghese.7
Questo personaggio aveva un cane deforme, è attorniato da cameriere, da genitori,
da parenti, da altri bambini e bambine, tutti vestiti in modo perfetto, in ambienti con
arredamenti ricchi e all’ultima moda e sia lui che suoi comprimari sono resi
figurativamente secondo lo stile dei cartoon satirico-umoristici.
I tratti caricaturali di queste figure non rappresentano un difetto, l’esperienza dei
cartoon caricaturali suscitano un maggior interesse verso chi legge o chi guarda,
questo è ciò che avviene nel fumetto di quotidiani, nel filone underground e di quello
indipendente.
All’inizio degli anni Trenta, dalla fantasia di Walt Disney scaturisce un personaggio
universalmente conosciuto come Mickey Mouse che con il tempo si umanizza
nell’aspetto, diventando un prototipo del piccolo borghese, serio, onesto e grazie a un
regime democratico riusciranno a realizzare i suoi obiettivi.
7 Cfr. F.Reistano, op. cit, p.28.
9
4. L’avvento dei comic book.
Nei primi anni Trenta si arriva all’avvento dei comic book o albo, la data di nascita
risale al 1938 che s’ispirano alla tradizione illustrativo-fotografica, inaugurata dal
fumetto di avventura nei quotidiani.
Nascono i supereroi, in altre parole quei personaggi che hanno caratteristiche
straordinarie.
La serie è aperta da Flash Gordon, biondo e atletico, impegnato in faticose imprese
in giro per le galassie, in seguito apparirà il personaggio più significativo della
rappresentazione fumettistica: Superman8, un neonato extra-terreste che arriva sulla
terra su un razzo proveniente da un altro pianeta, Krypton, il razzo cadde nella
fattoria dei coniugi Kent che l’adotteranno e lo chiameranno Clark, con gli anni
scoprono la sua forza sovraumana e prima di morire gli chiedono di adoperarla al
servizio dei più deboli. Infatti, dopo la loro morte, indossa la sua nota “uniforme”
(calzamaglia azzurra con mantellina rossa e triangolo giallo sul petto con la scritta
“S”, iniziale di Superman), nella vita reale è un giornalista e la sua vera identità
rimarrà nascosta.
Superman fu il primo di una lunga serie di supereroi come Batman, di Flash e di
Spectre, un poliziotto assassinato che torna sulla Terra per non dare tregua ai
criminali.9
I comic book, letteralmente libri o albi contenenti comic, esistevano sin dalle
origini del fumetto, in particolare qualche editore raccoglieva in volumetti cartonati
di dimensioni tascabili e di forma quadrangolare un personaggio popolare dei
fumetti., Attraverso studi molto documentati, si è accertato che intorno al 1930,
nasce il comic book nel l formato standard (per anni il loro contenuto è costituito da
8 Apparirà nel numero 1 del comic book o albo Action Comics, appartenente al gruppo editoriale che si chiamerà DC Nationale, Dc deriva dalle iniziali di un’altra testata, Detective Comics.
9 Cfr. F.Reistano, op. cit, pp. 124-127.
10
ristampe di personaggi noti dei fumetti domenicali e quotidiani, con la differenza che
i personaggi nei fumetti sono più di uno in ogni singolo comic book).
Differentemente da quanto visto in passato, i fumetti, oggi giorno, sono destinati
alle famiglie ed escludono la possibilità di turbare chi guarda o legge; le storie
riguardano soprattutto fanciulli, nel rapporto adulto-bambino e con animali un po’
umoristici, che hanno lo scopo d’intrattenere, far ridere. Oggi lo scopo è quello di
proporre “ramanzine” e punizioni da mostrare ai loro figli con la speranza che
traggano una lezione per il loro comportamento quotidiano.
Un emblema è Buster Brown dove la tavola domenicale si conclude sempre con la
punizione di una birichinata e con un manifesto finale nel quale viene esposta, in
modo prolisso la morale della storia, ma con il passare degli anni la morale si ricaverà
dalla conclusione visiva della storia.
Il meccanismo delle storielle implica l’escogitazione di una monelleria, la sua
esecuzione, la sua scoperta e quindi punizione dei bambini da parte degli adulti.
5. Il passaggio dal fumetto per bambini a quello per gli adulti.
Il tema principale ai dieci anni dalla nascita del fumetto era quello dei bambini. I
destinatari di questi comic erano certamente i bambini stessi ma anche gli adulti,
considerando in quest’ultimo caso la finalità del fumetto puramente ludica.
In quel periodo non esisteva il sistema dei Syndacate10, questi per incrementare il
salario, oltre a dedicarsi ai fumetti s’impegnavano in altri tipi di disegno (cartoon) e
non erano i proprietari dei personaggi.
Hearst, in possesso di alcuni fumetti e degli autori più popolari, avvia la
costituzione del primo Syndacate che organizza la produzione e la distribuzione dei
fumetti di sua proprietà negli Stati Uniti e nel resto del mondo, quindi ciò comporterà
10 Le Agenzie producevano materiale preconfezionato da inviare dietro pagamento o abbonamento soprattutto ai quotidiani di provincia che non potevano permettersi economicamente l’assunzione di personale per le pagine culturali e per i servizi non dedicati alla cronaca locale (giochi, disegni, moda e altro), istituite nella metà dell’Ottocento.
11
una forte concorrenza e di conseguenza un miglioramento delle condizioni di lavoro
degli autori sindacati.
Il secondo decennio del secolo rappresenta l’apice nella storia del fumetto,
maturano dei cambiamenti sia nelle proposte di produzione e stampa, sia
nell’organizzazione del lavoro, degli autori e nel loro rapporto con i Syndacate della
distribuzione e vendita.
Il principale cambiamento è dato dall’affermarsi della striscia di fumetto feriale, in
bianco e nero, nel 1903 nel giornale di Chicago, compare A.Piker Clerk, ma la vera
striscia che ebbe successo è A.Mutt.
In questo stesso formato permane lo stile caricaturale, quello dei cartoon, infatti
Mutt era mingherlino, di mezza età, aveva un lungo naso e un sigaro ed era uno
scommettitore delle corse di cavalli; in manicomio egli incontra Jeff, che dopo due
anni diventerà il suo compagno d’avventura e disavventure.
Il fumetto Mutt and Jeff rappresentava le abitudini dei maschi adulti statunitensi,
in quel contesto i fumetti raffiguravano la vita normale in diretta, mostravano la vita
di un normale essere umano nelle prassi quotidiane, questo rappresentò un passaggio
chiave nella storia del fumetto, perché lo arricchisce, suscitando a chi legge e chi
guarda attese, speranze, paure legate ad una immedesimazione al personaggio alle
sue vicende.11
Il fumetto si rivolgeva a un pubblico adulto, si può segnalare la striscia quotidiana
di Sterrett, Polly and Pals, poi egli si rivolgerà ai principali quotidiani di New York e nel
1922 pubblica quattro fumetti, tra i quali For this We Have Daughter? Il cui tema è il
rapporto tra una coppia di sposati della media borghesia e la figlia Molly, sedicenne
cha va al college.
Hearst in seguito aveva assunto Sterrett, nel 1912, e lo invita a cambiare il
contenuto del suo fumetto, intitolandolo Positive Polly, giovane intorno ai vent’anni
11 Cfr. F.Reistano, op. cit, pp. 36-40.
12
piena d’iniziativa (dal 1913 il titolo definitivo diventa Polly and her Pals), in queste
strisce si tratta un tema molto dibattuto in quegli anni, quello della nuova
generazione femminile influenzata dal movimento femminista.
6. La crisi del fumetto.
Dal 1948 la produzione di fumetti tende a diminuire, soltanto una decina di
fumetti sono considerati il frutto della creatività dell’epoca: Pogo (id. 1948), Garfield
(id.1978), Beetle Bailey (id.1950).
La vitalità del fumetto, non si è mai sopita nemmeno negli anni della
strumentalizzazione politica, ma si scontrerà con un’ondata di perbenismo che faceva
da eco alle persecuzioni dei maccartisti 12che segnarono gli Stati Uniti.
Negli anni Quaranta non esisteva solo il fumetto come forma d’arte, ma al suo
fianco comparve quella dei comic book e intorno agli anni Cinquanta subentrerà la
concorrenza del medium televisivo che ha reso obsoleto il fumetto, fino a quel tempo
quello più diffuso.
Questa rappresenterà la prima crisi, poiché il genere avventuroso scompare dai
fumetti perché le avventure sono offerte nei serial televisivi, il declino è determinato
da due motivi: sia perché la riduzione di vignette e strisce nei quotidiani ostacolava la
narrazione, che faceva vedere poco più dei personaggi, sia perché il genere
avventuroso trovava nei comic book la sua sede naturale per chi legge, dato che i
comic book contenevano storie d’avventura.
Wertham 13sosteneva, nel 1954, nel testo The seduction of the innocents che la crisi
sociale risiede nel disorientamento dei giovani provocato dall’eccessiva divulgazione
dei comics, le grandi agenzie furono costrette ad eliminare la produzione di alcuni
fumetti più critici, questa crisi durerà fino agli anni Settanta.
12 Coloro che sostenevano il maccartismo, movimento caratterizzato da un sospetto anticomunista, che prese il nome da Joseph McCarthy, senatore repubblicano del Wisconsin.http://it.wikipedia.org/wiki/Maccartismo.
13 Cfr. F.Bianchi, P.Farello, Lavorare sul fumetto.Unità didattiche e schede operative, Trento, Erickson, 1997, p.12.
13
6.1. La svolta degli anni Settanta
In questi anni si vede un rilancio del fumetto grazie alla nuova politica della
distensione che permetterà un rilancio e il fumetto in questo periodo negli Stati Uniti
tende ad avere un carattere prettamente politico.
Garry Trudeau crea su un piccolo quotidiano Doonesbury, un fumetto che produce
una grande svolta, perché è un fumetto realistico e politico anche se lo stile utilizzato
ricorda quello dei cartoon, tale fumetto ha condotto molte campagne contro scelte
del governo considerate sbagliate e sciagurate in particolare sulla guerra del Vietnam,
protagonista è Michael, il fumetto riprende la vita di un ragazzo che entra come
matricola all’università.
Il personaggio che più ha colpito è Joanie, una donna non più giovanissima
incontrata per caso mentre faceva l’autostop e sarà condotta alla comune, dove inizia
una vita dedicandosi all’assistenza ai bambini e poi deciderà di entrare all’università
per compiere gli studi giuridici.
Il realismo di Trudeau, più che nello stile figurativo, sta nella sua capacità di
mostrare una società complessa, non limitandosi a descrivere i modi di
funzionamento attraverso le vicende delle persone ma criticandone le storture e le
ingiustizie.
In quest’atmosfera l’editore Marvel pubblicherà la serie dei Fantastici Quattro, un
quartetto di eroi, costituito da un individuo elastico, una donna invisibile, una torcia
umana e un uomo pietra, questi individui sono tormentati dalla consapevolezza che
non potranno mai esser parte della società, poi compariranno in base a questo
filone l’Uomo ragno, Hulk, X-men.
Il rinnovamento dei comics americani passa anche attraverso lo humor, grazie
all’inventore di Peanuts, Shultz, le cui avventure si sviluppano in brevi strisce che si
finiscono con folgoranti battute.
14
6.2. L’avvento della fiaba.
Nel paragrafo precedente si è costatato come intorno agli anni settanta si è
ritornati a temi realistici, definiti anche minimalisti, perché trattano dai problemi
minimi a quelli massimi dei grandi eroi, in modo nuovo e ponendo l’accento sul
vivere o convivere quotidiano, senza avventure o drammi.
Queste tendenze minimaliste compaiono anche negli ottanta e novanta con
l’avvento del fiabesco, dei sogni e della fantasia associato al vivere quotidiano
normale.
Calvin and Hobbes, disegnato da Bill Watterson e lanciato nel 1985, che deciderà
d’interrompere nel 1995 con disappunto dei suoi lettori.
Calvin14 È un bambino fra i cinque e i sei anni, vive una vita normale con i suoi
genitori, ha sempre con sé un suo animaletto di peluche, il tigrotto Hobbes.
Nelle strisce occorre che, quando Calvin è con i suoi genitori, vive una vita
normale, ma quando questi non ci sono il tigrotto Hobbes prende vita e accompagna
Calvin nelle avventure sognate nella realtà; in questo fumetto c’è un insieme di
caricatura e realismo, precisione e deformazione.
Un altro fumetto che ha avuto grande successo è stato Dilbert nel 1989 e disegnato
da Scott Adams, Dilbert è un colletto bianco dell’epoca del lavoro d’ufficio, con i
computer in piccoli cubicoli riservati ai singoli lavoratori ed è accompagnato dal suo
cane Dogbert, le figure disegnate in modo semplice sembrano maggiormente schemi
grafici che vere illustrazioni, gran parte del suo successo è dovuto al fatto che per la
prima volta l’autore accetta suggerimenti per le sue gag dalla rete Internet.
14 Calvin [Calvino] è il nome del riformatore religioso del Cinquecento che ha dato origine al calvinismo, confessione religiosa più radicale rispetto al luteranesimo, in F.Restaino, op cit, p. 116.
15
CAPITOLO SECONDO
IL FUMETTO IN ITALIA
1. Stampa popolare dell’ottocento.
Nel 1812 compariranno le prime sperimentazioni di stampe rivolte ai ragazzi tra
cui L’amico dei fanciulli e qualche giornaletto dove incominciò a emergere i periodici
per ragazzi.
Dal 1830 con la comparsa di alcuni fogli destinati alla gioventù, nella quale
l’illustrazione fu sacrificata a fini moralistici.
Per la comparsa di alcuni giornali dove siano presenti delle immagini bisognerà
attendere l’ultimo quarto di secolo, come scrive Giovanni Genovesi:
“i giornalini non riuscirono ad esentarsi dall'assumere quel carattere pedantesco nel quale
si scivola ogni qual volta si prescinde dalla vitale transazione del dialogo, denunciando così i
nostri occhi una generale insufficienza democratica e quindi educativa "15
Le testate che si distinsero in quel periodo furono Il giornale dei Bambini, nel 1881 da
Ferdinando Martini e Il Novellino fondato nel 1889 da Yambo (Enrico Novelli), questi si
sforzarono di presentare ai ragazzi la realtà della vita spoglia da ogni retorica e di
avvicinarsi al mondo di fantasia.
Con la diffusione dei comic anche in Italia, numerosi figurinai (illustratori di libri
per l’infanzia), si troveranno a lavorare sul fumetto e lo influenzeranno sul piano
estetico e sul contenuto con i moduli della tradizione delle stampe popolari, religiose
o profane.
15 Giovanni Genovesi, La stampa periodica per ragazzi (da "Cuore" a Charlie Brown) I " Guanda Editore, Parma, 1972 - "http://www.psychomedia.it/pm/culture/cartoons/storia.htm, Storia del fumetto in Italia, Daniele Gianotti, MAURICE HORN-LUCIANO SECCHI, Enciclopedia mondiale del fumetto, Editoriale Corno.
16
2. La stampa per ragazzi dal 1900 al 1945.
Il primo esperimento di giornalino illustrato per ragazzi è Il Novellino, creato a
Roma, fu il primo a ospitare una tavola integrale a colori nel 1904 di Yellow Kid
compresa di balloon e fece conoscere in Italia due dei principali fumetti americani
Foxy Granpa (Nonno Volpone) e Katzenjammer Kids (Bibì e Bobò).
Uno dei principali giornalini in Italia fu il Corriere dei Piccoli, questa rivista veniva
convenzionalmente chiamata il Corrierino, godeva di un cospicuo appoggio
finanziario e tecnico, e riscosse notevole successo per poi diventare il giornalino più
letto sia dai piccoli che dai grandi.
La principale fisionomia che assunse il Corrierino e che perdurò nel tempo, è
quella di aver mantenuto un equilibrio tra storielle vignetatte, rubriche articolate e
testi scritti.
Il corrierino monopolizzò la produzione americana che verrà svirilizzata
dall’eliminazione delle nuvolette sostituite da didascalie sdolcinate e melense: versi a
rima baciata.
Molti ritengono che l’affermazione del fumetto in Italia coincida con la nascita
del Corriere dei Piccoli, perché ha monopolizzato i fumetti americani e italiani e
concedendo spazio all’immaginazione e al colore e puntando su storie comiche senza
alcun risvolto moralistico.
Intorno agli anni Trenta del novecento, periodo dell’avvento del fascismo,
compariranno anche le prime riviste a fine propagandistico: il giornale dei Ballila, la
Piccola italiana, Il Cartoccio dei piccoli.
Il governo fascista vedeva con preoccupazione il crescente successo di modelli
comportamentali che trasmettevano i comic statunitensi nei giovani e adolescenti (e
anche adulti), lontani da quelli predisposti dal regime poiché gli eroi dovevano avere
caratteri spiccatamente italiani, il Duce ne vietò l’importazione, salvando gli innocui
personaggi di Disney per il valore artistico e per la modernità, destinati solo ai
bambini.16
16 Cfr. A.Imbasciati, C. Castelli,op. cit, p.36.
17
La svolta nel contesto italiano si ha alla fine del 1932 e si sviluppa negli anni
successivi fino al 1937, incrementerà l’attenzione di bambini, adolescenti e anche
giovani, entrando subito in azione importanti editorie: Mondadori, Nerbini, Lotario
Vecchio.17
La casa editrice Lotario Vecchio comprese che i fumetti suscitavano un notevole
impatto nei lettori e diedero alla luce la prima rivista settimanale Jumbo, pubblica
all’inizio storie illustrate d’inglesi con didascalie in calce, ma poi si dedicherà ai primi
personaggi in vignette con ballon.
La consacrazione tra i grossi editori del fumetto avvenne per Mondadori quando,
rilevato il Topolino (inizialmente Topo-Lino) di Nerbini l’11 agosto 1935, garantì
l’esclusività del materiale disneyniano, dando anche una svolta al fumetto: abolì le
didascalie sotto le vignette e diede spazio ad una articolata posta con i lettori,
inserendo interessanti rubriche.
3. Il fumetto dal 1945 agli anni Settanta.
Nella fase post-bellica riprende la vita civile e politica in Italia e fu accompagnata
anche da una ripresa dell’attività editoriale relativa alla produzione e diffusione del
fumetto.
Tra le nuove riviste, Topolino proposta da Mondadori nel 1945, dopo essere stata
sospesa nel 1943, in pochi anni questa rivista si rinnoverà e pubblicherà quasi
esclusivamente materiale Disney, acquistò simpatia il personaggio di Paperino eterno
nato-perdente, che finì per essere contornato da una serie di primari (Qui Quo Qua,
Gastone, Paperon de Paperoni). Dal 1949 per iniziativa di Mario Gentilini, il
settimanale fu trasformato in un mensile tascabile contenente solo personaggi
Disney.18
Gli anni dal 1950 al 1955 vedono emergere la rivista, il Vittorioso che nel corso del
decennio tenterà diverse vie, per rinnovarsi pubblicando materiale esclusivamente
17 Cfr. F.Reistano, op. cit, p.272.
18 http://www.psychomedia.it/pm/culture/cartoons/storia.htm.
18
italiano, anche il Corriere dei Piccoli continuò a pubblicare le sue tavole a colori con le
didascalie, aprendosi a qualche pagina a fumetti, continuò a proporre i vecchi
personaggi (Bonaventura, Bibì e Bobò, Sor Pampurio, Mio Mao) accanto a qualche nuovo
personaggi, nel 1946 cambiarono il nome in Giornale dei Piccoli.
Con la direzione di Carlo Triberti, iniziata nel 1959, incominciò a sentirsi aria di
novità: i vecchi personaggi verranno gradualmente eliminati e le didascalie
scomparvero per dar posto ai balloon.
A questi settimanali si aggiungerà Il Pioniere 19nel 1949, presentò molti punti di
contatto con il Vittorioso, la qualità della produzione è modestissima e gli scopi delle
storie raccontate sono esplicitamente didattici e ideologici - politici, le novità
principali sono quelle rappresentati da albi poveri e modesti che presentano
personaggi nuovi rispondenti a esigenze e bisogni .
Nel 1957 cominciò a essere pubblicato il giorno, un inserto per i più piccoli
chiamato Il Giorno dei Ragazzi, l’inserto si avvalse della collaborazione di Jacovitti che
vi designò un nuovo eroe: Cocco Bill.
Gli albi a fumetti rappresentano per la storia del fumetto un capitolo importante,
furono prodotti in tutti i formati oltre a ripresentare storie già comparse a puntate
sui i giornalini divennero il tramite editoriale per la diffusione di avventure inedite di
nuovi personaggi creati da autori italiani, furono fumetti d’azione, estranei da
insistenze psicologiche, descrivono vicende narrative, inoltre è comune l’utilizzazione
di eroi adolescenti così che i lettori possono immedesimarsi.
Intorno agli anni 60, si diffuse una saggistica che si preoccupò di cogliere gli
aspetti di questi nuovi mezzi espressivi, entrando nell’ambito di discussione psico-
pedagogico, rappresentano anni importanti, emerge la figura del semiologo Umberto
Eco e del sociologo Roberto Giammanco.
19 Per iniziativa comunista, dal 1964 uscirà come supplemento del quotidiano L’Unità e chiuderà nel 1967, pubblica prevalentemente materiale italiano e quello francese proveniente dal settimanale dell’editoria di sinistra Vaillant.
19
La nascita della rivista Linus nel 1965, fondata da Giovanni Gandini e la
collaborazione di Vittorini e altre figure, fu la prima rivista specializzata nel campo
dei comics Italiani.20
Linus presenterà dei tipi di fumetti che occorre leggere e rileggere se si vogliono
individuare i segnali e significati più profondi.
Linus propone riflessioni sul fumetto e sul genere narrativi anche per le loro
implicazioni pedagogiche e critico-letterarie.
Oreste del Buono dichiarava di essere un convertito a Charlie Brown, egli
affermava:
“Trovavo persone che ridevano leggendo Charlie Brown e cercavo questa parte di comico
senza trovarla Però a un certo punto è avvenuta proprio una specie di rivelazione: ho scoperto
che i fumetti di Charlie Brown sono assolutamente realistici. E’ avvenuta addirittura
un’identificazione: Charlie Brown sono io. Da questo punto ho cominciato a capirlo. Altro che
comico, era tragico, una tragedia continua. Ed ecco che ho cominciato a ridere. Un fumetto
come diagnosi, prognosi ed esorcismo”21.
La rivista Linus di fianco ai contenuti disegnati, pubblicò decine di articoli di
storia e critica del fumetto contribuendo all’affermazione di questo modo narrativo,
grazie a questo contributo anche la cultura ufficiale prese in considerazione il
fumetto facendola oggetto di studio di diverse discipline: politico, psicologico,
estetica, semiologica e pedagogica.
Nasceranno degli istituti che s’interesseranno con una certa assiduità al fumetto:
• “Centro di Sociologia della Comunicazione di Massa e Archivio
Internazionale della Stampa a Fumetti dell'Istituto di Pedagogia
dell'Università di Roma (che nel 1969 realizzò AZ Comics la prima
enciclopedia alfabetica mondiale sui personaggi a fumetti),
20 Cfr. E.Detti, op.cit, p.10.
21 Charlie Brown e i fumetti. Umberto Eco intervista Elio Vittorini e Oreste del Buono, in Linus, n.1 , 1965.
20
• L'Istituto "Agostino Gemelli" per lo Studio Sperimentale dei Problemi
Sociali dell'Informazione (I.S.P.S.I.V.) che si focalizzò sugli aspetti
psicologici e sociali dei fumetti con studi pubblicati sulle riviste Ikon e I
Quaderni di Ikon,
• L'Istituto di Pedagogia di Roma che ha dedicato numerose pagine della
rivista I Problemi della Pedagogia ai risvolti educativo-pedagogici del
fumetto analizzandone i meccanismi di significazione,
• L'Istituto di Pedagogia di Parma che ha svolto un lavoro analogo a quello
di Roma pubblicando molti lavori sulla rivista Ricerche Pedagogiche.
• L'Istituto di Storia dell'Arte dell'Università di Parma, che ha svolto " negli
anni 1969-1970 " una ricerca sul fumetto sotto l'angolatura psico-
sociologica e semiologica.”22
22 http://www.psychomedia.it/pm/culture/cartoons/storia.htm.
21
CAPITOLO TERZO
LA GRAMMATICA DEL FUMETTO
1. I linguaggi del fumetto.
Il fumetto si basa su un’idea molto semplice: disporre un’immagine dopo l’altra
per indicare il trascorrere del tempo.
I linguaggi non hanno solo la funzione di comunicare qualcosa, ma sono anche
ambiente per produrre idee in diversi formati: linguistico, visivo, musicale, ecc.
Il fumetto rappresenta un modo di raccontare ed è un testo che combina insieme
parole e immagini declinate secondo una specifica sintassi, è un linguaggio che può
essere utilizzato sia per comunicare che per produrre idee.
All’interno del fumetto si possono individuare quattro tipi di relazione:
• Inclusione: il linguaggio del fumetto è parte della narratività e si possono
individuare caratteristici comuni a vari linguaggi;
• Generazione: la forma del fumetto è tale perché è generata da altri
linguaggi come l’illustrazione, la caricatura, la letteratura illustrata, ma
anche dalle intuizioni che provengono dal cinema;
• Convergenza: si trova a condividere con altri una comune radice o area
d’espressione.
• Adeguamento: inteso come la incorporazione di un altro linguaggio nel
proprio ambiente, per mostrarne le potenzialità.
Una delle specificità del fumetto è la molteplicità dei codici che, in quanto
combinazione di parole e immagini, può offrire la complessità della situazione
rappresentata.
22
Il fumetto essendo un linguaggio, comprende un suo vocabolario ed è costituito da
una gamma di simboli visivi, tra cui il potere del cartone e il realismo, che si
presentano sia separatamente che combinati.
Lo spazio tra le vignette rappresenta il cuore del fumetto, dove l’immaginazione
del lettore dà vita a delle immagini fisse, questo processo può essere sottoposto a
quantificazione, classificazione e misurazione, ma rimane il mistero di come ogni
lettore raffigura le sue immagini mentali, affidandosi alla sequenza visiva, il fumetto
sostituisce lo spazio e il tempo.23
2. Gli aspetti tecnici.
Tra i diversi aspetti tecnici che consentono di creare un fumetto, entrano in gioco
le tecniche del disegno con le diverse impressioni che possono derivare dall’utilizzo
di strumenti particolari (penne, pastelli, pennelli) e di colori (bianco, nero, tratteggi).
Tali tecniche devono essere esercitate applicando delle regole di trascrizione che
si basano sui modelli della prospettiva quattrocentesca che simula lo spazio nel modo
naturale della percezione visiva.
Per creare delle vignette di piccole dimensioni, principale caratteristica del
fumetto, devono essere utilizzati dei criteri di semplificazione, intesi come selezione
di elementi necessari per rendere l’immagine chiara.
Il fumetto, si avvale di testi inseriti in nuvolette (balloons) che presentano delle
differenziazioni in conformità a regole specifiche con riferimento anche alle
caratteristiche del loro contorno che si leggono secondo le convenzioni della scrittura
(dall’alto in basso e da sinistra a destra)24.
23 Cfr. S.McClound, Reinventare il fumetto. Immaginazione e Tecnologia rivoluzionano una forma artistica, Torino, Vittorio Pavesio Productions, 2001, pp.5-8.
24 Cfr. F.Bianchi, P.Farrello, op. cit, p.16.
23
2.1. La vignetta in sé.
Il fumetto è un sistema di dipendenze interne (vignetta-testo, vignetta-vignetta),
aprendo un albo a fumetti, in una pagina qualsiasi, è possibile individuare una
successione di vignette separate da spazi bianchi e circondate da una linea nera
continua, di forma rettangolare, ad ogni rettangolo corrisponde una vignetta in esso
contenuta, la linea del rettangolo ne diviene la cornice, che consente di concentrare
l’attenzione su quanto racchiude.
Il contenuto all’interno della vignetta si presenta come un riassunto o come una
sintesi coerente e rappresentativa della realtà, la vignetta è, infatti, una costruzione e
il fumetto, che è un concatenarsi di vignette, in sostanza è un montaggio.
Osservando una vignetta si percepisce una figura indivisibile, dove nell’icona
rappresentata significati e significanti siano un tutt’uno,la vignetta non è un segno
(nel senso denotativo), ma può funzionare come indizio a livello simbolico.
Il disegnare un oggetto implica un cambiamento radicale della sua natura, esso
diventa immagine di quell’oggetto, quindi avviene una trasformazione da cui è
possibile una lettura coerente, e rende necessario il ricorso ad un codice perché la
trasformazione abbia luogo (con codice si intende uno stile).
La stilizzazione si può presentare in tre livelli:
1. “L’apprendimento: non si parla di tutto in un colpo solo, non è possibile
improvvisarsi disegnatori.
2. La riproduzione delle scene e degli oggetti si compie attraverso determinate
regole di trascrizione: l’inquadratura (l’arte di far cantare lo spazio) viene
scelta dal disegnatore in funzione del suo soggetto, al fine di cambiare la
composizione della pagina, la dimensione delle vignette corrisponde al tema
trattato: grandi le vignette decorative, piccoli i primi piani.
Lo spazio è utilizzato anche nella profondità del campo, creando un effetto
drammatico, nell’opposizione tra un personaggio vicino e uno relativamente
lontano; la profondità di campo può essere utilizzata come supporto
d’espressione alla separazione, della rottura e dell’avvicinamento pericoloso.
24
3. La semplificazione, si congiunge col desiderio di chiarezza cui si vuole tendere,
il sistema di gesti dei personaggi del fumetto non genera equivoci.
La totalità delle mimiche ed espressioni fisiognomiche, la maggior parte di
atteggiamenti e gesti si riferiscono o a sentimenti elementari o a rapporti
interpersonali (aggressione, inganno, soccorso), oppure ad azione banali (camminare,
nuotare, leggere) o infine a comportamenti stereotipati.”25
2.2. La parola fatta immagine.
I balloons, in italiano corrisponderebbe a fumetto, saranno sostituiti dal termine
“nuvoletta”, quando si considera dalla cultura comune il fumetto come media.
Le sue origini risalgono ai filatteri26, nell’ambito della raffigurazione sacra
indicavano cartigli o pergamene dipinte sulla scena e contenenti le parole
pronunciate dai personaggi.
La presenza dei filatteri risale al 1400, e pur avendo una forma di pergamena
srotolata, una delle due estremità indicava la bocca dei personaggi, simile alla
moderna pipetta.
All’interno di un fumetto, si ritrova un rettangolo, dove si distingue un messaggio
iconico e dall’altro un messaggio linguistico (testo e balloons).
I balloons sono collegati a dei disegni secondo leggi di organizzazione specifiche
ed esplicite, hanno una funzione semantica ed espressiva ed è importante in base al
valore che l’autore ne dà all’interno della vignetta, essi contribuiscono alla forza
comunicativa e alla comprensione di un’opera a fumetti
La localizzazione dei balloons nello spazio indica la successione delle repliche,
quindi la loro cronologia, e proprio essi rafforzano la nozione di tempo (il tempo che
25 Pierre Fresnault-Deuruelle, Il linguaggio dei fumetti, prefazione di Mario Giacomarra, Palermo, Sellerio, 1977, pp 41-42.
26 Dal greco phulakterion. Striscia di pergamena, contenente passi della Bibbia, che gli Ebrei tengono in due contenitori di cuoio legati alla fronte o al braccio durante la preghiera.
25
scorre è materializzato dalla sovrapposizione dei balloons, le ultime parole coprono le
precedenti, quindi esiste un’analogia tra i balloons e la realtà che essi evocano).
La motivazione contenuta nel segno, trova conferma dal fatto che i balloons, si
presentano come la conversione grafica di un volume fonico-temporale.
I filatteri, perfettamente chiusi, contengono la parola e gli trasmettono un
carattere di sicurezza, però esistono balloon che escono dalla norma:
• Balloons che contengono molti punti esclamativi o interrogativi, servono ad
indicare paura, perplessità, sorpresa, quindi compaiono emozioni in genere;
• Balloons contengono una interiezione o un grido di meraviglia o di dolore, di
solito si presentano in forma ovale, più o meno regolare;
• Balloons zero, consente loro di essere assenti, si presentano come un testo non
racchiuso.27
3. La relazione parola-disegno.
Il fumetto è caratterizzato dall’associazione dei disegni e delle parole ed è definito
dall’elemento centrale del suo stesso essere: il disegno.
La vignetta non accompagnata da parole è rara e ubbidisce a precise funzioni:
presentare il protagonista, descrivere l’ambiente, mostrare dettagli, rappresentare un
movimento o il silenzio.
Il disegno nel fumetto si presenta come autosufficiente, ma nel caso della parola si
comporta diversamente, si conosce un’unica vignetta che contiene solo parole:
• Il Cartiglio28, ha lo scopo di riassumere o introdurre un nuovo avvenimento;
27 Cfr. P. Fresnault-Deuruelle, op. cit, pp.50-53.
28 È un elemento decorativo scolpito o dipinto racchiuso nell'immagine di un rotolo cartaceo, è il luogo del foglio, dove risiede il disegno (in genere in basso a destra) nel quale sono racchiuse tutte le informazioni necessarie a comprendere in miglior modo il complessivo raffigurato.
26
• Onomatopeica29, in cui gli aspetti grafici hanno un ruolo descrittivo, come nel
disegno.
Nella vignetta, le parole non sono illustrate da disegni, perché il disegno è
fondamentale per rappresentare l’azione, quindi esso rappresenta un supporto
essenziale a questo genere di storie.
Parola e disegno concorrono a creare il racconto basandosi su un rapporto che, di
volta in volta, può essere di selezione, quando le parole orientano i lettori sugli
aspetti rilevanti della scena raffigurata, o di compensare ciò che le parole trattano ciò
che non è rappresentato.
Il modo in cui si relazionano parola e disegno nel testo avviene tramite la figura
della ridondanza, che assume i significati di interazione, quando le parole ribadiscono
ciò che il disegno già presenta, e quando lo scarto tra parole e immagine è notevole.
Queste relazioni, conseguentemente portano nel racconto un’eccedenza
d’informazioni che riduce l’ambiguità e rende il fumetto, un messaggio facile e ricco;
il secondo aspetto riguarda la specificità dei due codici, digitale quello linguistico e
analogico quello grafico, l’uso delle parole permette di sezionare il disegno
producendo una sequenza di vignette.30
4. La relazione parole-suono-rumore e parole-emozioni-stati d’animo.
Il fumetto fa uso di rumori e suoni visualizzati, tale linguaggio che non si ritrova
in altre forme di comunicazione.
Queste parole-suono-rumore sono collocate fuori dai balloons (riguarda la realtà
che gli sta intorno o comunque un rapporto sonoro fra i personaggi e realtà); la
grafica delle parole rende figurativo il rumore (le lettere sono scritte a caratteri
grandi, molto distanti o addossate le une alle altre, con colori vivaci, e sono disposta
29 L'onomatopea è una figura retorica che riproduce, attraverso i suoni linguistici di una determinata lingua, il rumore o il suono associato a un oggetto o a un soggetto cui si vuole fare riferimento, mediante un procedimento iconico tipico del fonosimbolismo.
30 Cfr. P. Fresnault-Deuruelle, op. cit, pp.62-64.
27
così da occupare parte dell’inquadratura31.Dal punto di vista semantico, il fumetto
tende a dare alle parole un carattere onomatopeico, il più delle volte quest’uso è
riservato ai termini inglesi già onomatopeici e del linguaggio comune.
Altro linguaggio è la sonorizzazione visiva degli stati d’animo dei personaggi
(emozioni, paure, stupore), sia nelle parole-suono-rumore e sia parole-emozioni-stati
d’animo si nota la mancanza di descrizioni di tipo letterario per questi fenomeni.
Il fumetto, per comunicare gli stati d’animo dei personaggi, tende a dar loro
un’immagine, raffigurandoli visivamente con un’operazione di sintesi semantica,
attraverso parole (gulp!, grrr!), questi termini si ritrovano inseriti nei balloons,
poiché si riferiscono a personaggi particolari, ma graficamente sono esposti
diversamente (il segno è più grosso, le lettere possono essere colorate), la
decodificazione avviene attraverso un rapporto con l’immagine.
Attraverso una percezione tipo gestaltico del fumetto si può dare un significato a
ogni particolare presente nell’inquadratura.
5. La relazione tra vignette.
La vignetta quando viene introdotta da sola, ha un significato, pur presentando un
significato povero dal punto vista denotativo che sarà precisato dalle vignette
precedenti e dalla vignette seguenti, il valore di una vignetta dipende proprio dalla
sequenza ordinata a cui appartiene.
La prima vignetta può avere un valore descrittivo, aperto a tutte le significazioni,
le successive vignette sono gli sviluppi che l’autore del fumetto ritiene, connessi
secondo due tipi di relazione discontinua: totale o parziale.
La discontinuità totale si riscontra quando l’autore realizza una vignetta in cui la
preoccupazione è la qualità del disegno, una pausa pittoresca nel racconto, con il
quale esiste una relazione estrinseca32.
31 M.Dallari, R.Farné, Scuola e fumetto. Proposte per l’introduzione nella scuola del linguaggio dei comics , Milano, Emme, 1977, p. 92.
32 Cfr. F.Bianchi, P.Farello, op. cit, p. 17.
28
La discontinuità parziale è essenziale nel racconto, perché gli spazi che delimitano
e distaccano fanno progredire il racconto, realizzando una continuità.
Queste separazioni svolgono funzioni diverse tra le vignette scelte in funzione
della loro tipicità, si possono trovare salti:
“Temporali, se individuano due scene in momenti diversi;
Spazio-temporale, quando a un salto temporale si accompagna un salto
spaziale;
Spaziale, se in forma d’inserzioni indicano la contemporaneità;
Tecnici, le inquadrature giocano un ruolo dissociativo, secondo cui due
vignette possono avere un carattere oggettivo o soggettivo (la vignetta è
creata nel modo in cui viene vista dal personaggio) e dall’altro possono
collegarsi secondo un rapporto interno o esterno (si vede la scena che vede
il personaggio e successivamente si vede il protagonista da un’altra
angolatura)”.33
I salti che collegano una vignetta all’altra nella discontinuità parziale
corrispondono alla necessità di produrre un continuum ideale. Il collegamento in
senso forte nasce però dal testo, che s’incarica di selezionare i significati e di
concatenare gli eventi descritti nelle vignette, e dal disegno, che crea contiguità tra
due vignette secondo rapporti d’identità o di consequenzialità.
33 Ibid.
29
CAPITOLO QUARTO
SCUOLA E FUMETTO
1. Il fumetto perché?
Introdurre il fumetto nell’ambito scolastico ha destato diverse preoccupazioni,
per quanto riguarda il modo in cui questo inserimento può essere realizzato, in
diversi professionisti, i quali hanno sentito la necessità di rinnovamento che non ha
coinvolto solo le insegnanti ma anche i diversi operatori.
Da qui deriva la necessità di una scuola che tende a formare una struttura culturale
aperta e sistematica; tale struttura è in grado di dare spazio alle nuove conoscenze e
inquadrarle in un contesto entro il quale si devono operare delle scelte prioritarie di
conoscenze (conoscenze comuni) che si ritengono fondamentali per tutti. La
questione del fumetto, come quella degli altri media, diviene questione di
rinnovamento dei contenuti.
Roberto Maragliano, in un libro34 che tratta i problemi dell’attuale dibattito
pedagogico, sottolinea come il tema di nuovi contenuti travalichi sotto certi aspetti la
scuola stessa; ne deriva secondo lo studioso:
“Non si tratta, a livello di macrosistema politico, di ipotizzare un nuovo catalogo delle
scibile, astrattamente, con un’operazione illuministica; né, a livello di macrosistema didattico,
di trovare una soluzione tecnica per dare maggiore attualità e lucentezza alla proposte
formative. Il problema è più ampio e riflette l’esigenza di definire ed innalzare gli obbiettivi
formativi della scuola, facendo di questo compito un’occasione per un confronto sia ad un
tempo socio-politico, storico-scientifico, pedagogico, e che sappia misurarsi con il quadro
economico.”
34 A. Visalberghi, R.Maragliano, B.Vertecchi, Pedagogia e scienze dell’educazione, Milano, Mondadori, 1978, pp.151-152.
30
Questo è l’unico modo per aprire le strade alle improvvisazioni didattiche.
La domanda che si sono posti diversi studiosi è: ” Perché il fumetto dovrebbe far
parte delle conoscenze dei giovani?”
In una tavola di Sergio Staino si trae spunto per rispondere ai problemi pedagogici.
In questa tavola il protagonista è Bobo, è rappresentato in estrema difficoltà a
causa della propria bambina, che in occasione del festival dell’Unità nello spazio
dedicato alle menzioni di storia, disegna un gigantesco robot simile a quello dei serial
televisivi. Di fronte all’evidente disappunto dei presenti cerca di trovare una
giustificazione dicendo “Eppure vi assicuro che io ogni sera le leggo brani di Rodari e
Italo Calvino”. Per la verità Bobo non ha nulla da rimproverarsi e la sua
giustificazione denuncia l’ignoranza dell’adulto rispetto al rapporto che ha il bambino
con i media. 35
Bisogna vedere le implicazioni e le conseguenze, senza trascurare gli aspetti che
consentono interventi educativi adeguati.
Le nuove generazioni, grazie ai media possiedono un bagaglio di conoscenze, ma
privo di punti di riferimento, apprese casualmente, quindi ci troviamo di fronte al
paradosso di giovani più ricchi di informazioni e conoscenze, ma privi di una reale
cultura, perché la scuola non ha saputo organizzare quelle conoscenze.
A tal proposito, Galli afferma:
“Non può essere produttiva senza la conoscenza e la comprensione del ruolo giocato dalle
esperienze extrascolastiche sull’istruzione fornita dalla scuola, e senza la capacità di giudicare
il peso e la portata di queste influenze, senza prevederle e senza programmare-eventualmente-
un antidoto scolastico alla loro azione.”36
35 Cfr. E.Detti, op. cit, pp. 145-146.
36 M.Callari Galli, Antropologia e educazione, L'antropologia culturale e i processi educativi , Firenze, La nuova Italia, 1975, p.15.
31
Importante è per la scuola ciò che avviene fuori, per riconoscere che cinema,
televisione e fumetto hanno un peso nelle esperienze extrascolastiche dei giovani.
2. Problematiche di pratica educativa.
Introdurre nuovi contenuti nei procedimenti formativi comporta dei problemi di
metodo e di ricerca degli strumenti più adatti.
A livello pedagogico, l’idea che la ricerca possa essere davvero un valido
strumento per i procedimenti formativi si sta ormai affermando; Visalberghi, un
pedagogista, definisce “via regia” il metodo della ricerca. Egli fa riferimento a
studenti di pedagogia e insegnanti in fase di aggiornamento, ma individua come la
ricerca può essere inserita anche nella scuola elementare, purché si tenga conto della
realtà psicologica del bambino.
Prendendo spunto da Piaget, mostra come la capacità e il pensiero del bambino
cambi nell’arco di cinque anni di scuola elementare (soprattutto tra i sette e otto
anni) che comincia a giustificare le sue asserzioni. Analogamente, Visalberghi afferma
che intorno a quest’età che il bambino può cominciare a ricercare prove empiriche
per ciò che è fatto di pensare sulla natura esterna, sull’interpretazione di determinate
cose che vede, ma ciò non vuol dire che la ricerca debba essere introdotta a questa età
ma può essere introdotta anche dalla prima elementare37.
Un altro pedagogista Francesco De Bartolomeis, in due opere, dà rilievo a dei
momenti diversi rispetto alla ricerca: intuizione, impulso, emozione e quello
dell’avvertimento.
Egli affermava:
“La produzione culturale è la risposta a un impulso di realizzazione di origine interattiva;
risposta in cui elementi critici e problematici sono frammisti a intuizioni e a irrazionalità,
37 A.Visalberghi, op. cit., p.286 Tale livello è raggiunto dal bambino nella nostra società. In altre, infatti, può essere diverso perché capacità e pensiero mutano a seconda del tipo di esperienze e di stimoli culturali che il bambino vive nella propria comunità.
32
rapporti necessari non escludono coesistenze accidentali, il dominio cosciente non si
contrappone a influssi inconsci a emozioni e a vitalità fisica.C’è dunque insieme disegno netto e
perdita dei suoi confronti, ambigua definitezza (precisazione, vincoli, esclusione), senso di
raggiungimento e di compiacimento, sicurezza e disorientamento. C’è una concentrazione per
scavare intenzionalmente in direzione di qualcosa di determinato, ma c’è anche associazione
improvvisa, coatta che, inspiegabile al suo nascere, ha potere di spiegare se riusciamo a usarla.
L’ipotesi nega evidenze che sono assuefazioni nei comportamenti e nelle valutazioni. A volte
sono la premeditazione e la programmazione a dare frutti; altre volte, invece, l’insorgenza
produttiva prorompe dalle note zone d’incubazione, ci sorprende, quasi che non ci
appartenesse”.38
Questa citazione mostra, come la rivalutazione di aspetti irrazionali porti al
ritorno dell’intuizionismo e all’irrazionalismo.
De Bartolomeis, riteneva che bisognasse riconoscere che nei processi
d’apprendimento di ricerca, vi sono anche aspetti extralogici alla ricerca stessa: i
processi di apprendimento procedono per salti, infatti, dal momento della
formulazione del problema alla fase della soluzione e poi successivamente
dell’approfondimento, si inserisce un periodo di latenza di ristrutturazione inconscia.
La visione di De Bartolomeis, porta a rivalutare i processi dell’apprendimento,
considerando aspetti che la cultura odierna ha sempre rifiutato; prima di tutto il
piacere in contrapposizione a processi di apprendimento. Egli riteneva che si possa
apprezzare un libro o un film, immergendosi in esso, c’è concentrazione con
l’immediatezza delle emozioni, che spingono l’intelletto a sintesi di significati, si
sollecitano le capacità intuitive, si prova un’emozione nel partecipare in esperienze
importanti, e quindi ciò porterà al fumetto intenso come uno dei tanti mezzi di
lettura.39
38 F. De Bartolomeis, Produrre a scuola, Milano, Feltrinelli, 1983; Le attività educative – Organizzazione, strumenti, metodi, Firenze, La nuova italia, cit. p. 25.
39 Ivi, p. 39.
33
Nel sistema scolastico la popolazione studentesca è in crescita e il fatto che non
siano aumentati i lettori fa sorgere in diversi studiosi dei dubbi sul sistema formativo
e in particolare sul modo in cui lettori sono avvicinati alla carta.
3. Mente e mano.
Bruner ha sempre mostrato una forte attenzione al rapporto tra il fare e il
conoscere, nelle sue opere sui processi cognitivi, emerge quest’aspetto, ma in
un’intervista del 1988 e gli sosteneva:
“[…]La mente sta nella mani del conducente, nelle dite dell’operaio, nelle braccia dell’atleta,
sta dove c’è azione e non semplicemente nella testa. Non ci può essere intelligenza completa se
accanto al “saper come” non c’è anche il “saper cosa”, accanto alla nozione non c’è anche
l’abilità psicomotoria. Sapere significa agire e solo attraverso il fare qualcosa che si pensa, si
conosce ciò che fa la mano: la mano corregge la mente, la mente corregge la mano”.40
L’asse educativo sta nel rapporto fra sensorialità e razionalità, fra il conoscere e il
fare, questo non significa che nell’ambito scolastico i momenti cognitivi e operativi
non possano essere distinti, anzi fruizione e produzione si presentano spesso come
momenti distinti, ma l’importante è che fra i due momenti intercorra un legame che
li renda interdipendenti.
Bruner insiste sul recupero dei due momenti e indica fra le attività formative
anche la produzione e le abilità manuali; sotto quest’asse, lo psicologo vede una
nuova educazione, ritenendo che fosse fondamentale assicurare ai bambini
l’opportunità di compiere attività costruttive, gioco e produzione artistica, egli
riteneva rilevante uno sviluppo più approfondito piuttosto che sviluppo cognitivo
accelerato.Amleto Bassi in collaborazione con Antonio Santoni Rugiu41
argomentavano il nesso che esiste tra attività costruttive ed artistiche e sviluppo
cognitivo, dimostrano come la mancanza di momenti produttivi impedisca lo
sviluppo di tutte le altre facoltà, comprese quelle intellettive, logiche e razionali.
40 L’opera a cui viene fatto riferimento è J.S.Bruner, Il conoscere. Saggi per la mano sinistra, Roma, Armando, 1976.
41 A.Bassi, A. Santoni Rugiu, Creatività e deprivazione artistica, Firenze, La nuova Italia, 1969, p.96.
34
L’aspetto linguistico-letterario restò predominante e ha comportato una diffidenza
verso ogni discorso sulle immagini permettendo una fruizione in cui emotività,
passione e irrazionalità sono fondamentali, perché potrebbe sovvertire l’educazione
tradizionale.
Colui che ha creduto nel campo produttivo espressivo e ha mostrato un’attenzione
alla produzione-fruizione è Gianni Rodari42; nella sua “Grammatica della fantasia”
introduce l’arte dell’inventare storie, e che quindi vuole rendere gli uomini artisti, ma
soprattutto sviluppare nell’uomo, attraverso l’invenzione, le capacità
creative(utilizzate poi in qualsiasi momento della vita).
Egli cerca di formare un uomo completo, capace di comprendere il mondo nella
sua totalità, di immaginare e di cercare una vita migliore.
Egli tende a dare altre delucidazioni sulla produzione artistica nelle storie e nei
fumetti inventati nella scuola, ritenendo che non bisognasse esprimere dei giudizi
estetici su queste produzioni perché sminuiscono il loro valore, che è quello
dell’esercitazione.
Le produzioni scolastiche, sono esercitazioni che hanno lo scopo di fornire gli
strumenti fondamentali di espressione, di comprensione, di analisi e di critica.
Inventare e disegnare un fumetto sono un esercizio utile, comporta: l’ideazione di
una storia, il suo trattamento, la sua strutturazione e organizzazione in vignette,
invenzione di dialoghi e caratterizzazione fisica dei personaggi, cosa che i bambini si
dilettano a fare da soli.
4. La produzione del fumetto.
Il momento della produzione serve all’acquisizione di nuovi strumenti, finalizzati
alla formazione di uomini capaci di modificare la comprensione e la presa di coscienza
di un problema fondamentale: per produrre fumetti occorre attuare operazioni
complesse, seppur i bambini riescano a realizzarli con disinvoltura.
42 G.Rodari, Grammatica della fantasia : introduzione all'arte di inventare storie, Torino, Einaudi, 1973, p.6.
35
Inventare un fumetto, inventare una storia è un momento marginale rispetto a
tutto il lavoro, occorre frazionare la storia in unità narrative e stabilire le vignette
necessarie a rappresentarle; riflettere e decidere se si vogliono aggiungere o meno
altre vignette di carattere descrittivo; scrivere i testi, i balloons e sceneggiare le
vignette in maniera che testo e disegno diano un’informazione sufficientemente
chiara al messaggio che si vuol comunicare; infine, studiare i personaggi anche
fisicamente.
Molti studiosi hanno rivendicato nel disegno un’espressione libera e spontanea in
contrapposizione al disegno che imponeva modelli, tecniche e codici.
Tonucci riteneva che:
“Credo che sia più vera quella creatività che non è una tecnica, né una materia, ma un
modo di insegnare, un atteggiamento, una disponibilità che si fonda sulla fiducia verso gli altri.
Sarà creativo l’insegnante nella misura in cui crede che il bambino sa fare certe cose e lo aiuta
a trovarle, a svilupparle; sarà invece repressivo l’insegnante che vuole insegnare, dare,
imporre. Educare al disegno significa rispettare, aiutare, scoprire insieme: il bambino farà delle
cose stupende. Basta essere un po’ disponibili da pensare che il bambino ragiona ovviamente
con la sua testa e non con la nostra”.43
Tonucci afferma che per insegnare il disegno occorre una preparazione
professionale dell’insegnante, che invece in passato considerava il disegno, una
materia di poco conto, e, infatti, questo si evidenzia come nel disegno si è molto poco
indicativi, si preferisce lasciare il bambino libero di disegnare.
La spontaneità è una fase importante per lo sviluppo della fantasia, come per altre
abilità, occorre passare da una fase spontanea a una progettuale, cioè in qualche
modo controllata razionalmente, è ormai ripetuto da più parti (ciò significa rispettare
la spontaneità e la creatività, senza fornire materiali, tecniche e stimoli che aiutino
l’allievo a superare proprio le stereotipie classiche). Munari scrive che i bambini non
devono essere abbandonati a loro stessi senza alcun aiuto, perché se a questi non è
allargata la conoscenza con giochi creativi, essi non potranno fare quelle relazioni tra
43 F.Tonucci, La ricerca come alternativa all’insegnamento, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1975, p. 12.
36
le cose conosciute, o ne potranno fare in modo molto limitato, cosicché la loro
fantasia non si svilupperà. I bambini dipingono quello che vedono e quello che sanno:
un prato, una casa, delle montagne, quindi la creatività va stimolata con giochi,
attraverso la quale i bambini possano imparare qualcosa di nuovo, ovvero possano
impadronirsi di tecniche nuove e quindi capire le regole del linguaggio visivo. Ogni
disegno contiene un messaggio, ma se non è costruito con le tecniche del linguaggio
visivo, il messaggio non è ricevuto e così non ha comunicazione visiva, quindi bisogna
conciliare la libera espressione con l’intervento educativo44.
Bisogna insegnare le regole del linguaggio visivo e avvicinarsi alle attività ludiche,
perché incrementa la passione, la partecipazione emotiva e all’operatività, quindi per
un ottimo intervento educativo, si deve garantire la spontaneità, fornire le
conoscenze utili per migliorare le capacità, il gusto dell’inventiva, della progettazione
e, infine, proporre tecniche e cognizioni per operare meglio.
Alcune ricerche sul disegno infantile hanno dimostrato che quando un insegnante
o educatore evita di imporre dei modelli, soprattutto nei bambini si verificano due
condizioni contraddittorie:
• da una parte ricalcano nozioni tradizionali a loro note;
• dall’altra tendono a inventare nuove regole, quest’atteggiamento deriva dal
fatto che la creatività utilizza dei modelli convenzionali, non esclude la
possibilità di inventare ex-novo, sulla base di specifiche esigenze.45
4.1. Nuovi rapporti fra produzione e fruizione.
La fruizione e produzione sono due momenti interdipendenti, dove la mente si
serve di conoscenze uguali. Nella fruizione le conoscenze vengono usate in entrata,
mentre nella produzione in uscita.
44 B.Munari, Fantasia, Bari, Laterza, 1977, pp. 122-123.
45 Cfr. E.Detti, op. cit, p. 175.
37
Educazione della mano e della mente sono aspetti rilevanti, soprattutto in questa
epoca è analizzato il loro rapporto dal punto di vista pedagogico.
Nella pratica educativa, si favorisce il momento della fruizione soprattutto nelle
discipline in cui la produzione e l’espressività sarebbero fondamentali.
4.2. I processi cognitivi.
Il fumetto attiva una serie di variabili cognitive che riguardano le conoscenze
preesistenti o preconoscenze, l’elaborazione d’informazioni, come:
• Traduzione sensoriale dei segni e dei grafemi per immagini e fonemi;
• Memoria di lavoro che elabora parole e immagini, costruendo
un’interpretazione sulla base delle informazioni che il testo offre;
• Memoria a lungo termine che ha la funzione di conservare l’informazione
elaborata dopo guidato dall’alto la comprensione.46
E infine la metacognizione, intesa come una serie di conoscenze del soggetto sul
funzionamento della mente.
In fase di comprensione, la sensibilità metacognitiva richiede che il soggetto
conosca le regole di costruzione di un testo che rendano fruibili i racconti e
definiscano i ritmi di lettura, di controllare il processo di comprensione, l’utilità di
accedere a diverse e opportune strategie di comprensione e un atteggiamento attivo
di fronte al testo.
In fase di produzione, oltre a mantenere attive le funzioni, il soggetto deve saper
attivare le abilità:
46 Cfr. F.Bianchi, P. Farello, op. cit, p. 20.
38
• “Previsione: formulazione sintetica dello scopo del racconto, individuazione di
percorsi paralleli o trasversali;
• Progettazione: recupero dalla memoria a lungo termine di contenuti, scelta di
strategie; espressive-sintattiche, organizzazione testuale del racconto,
applicazione della sintassi;
• Monitoraggio: controllo delle diverse fasi esecutive rispetto a regole e scopi;
• Valutazione: revisione del testo, analisi dei risultati parziali e globali e
correttezza della fasi precedenti.”47
La metodologia produttiva-creativa consente alla scuola di stimolare la
comunicazione e la comprensione tramite il fumetto; produrre da parte dei bambini e
ragazzi sia individualmente o in gruppo dei fumetti, sia in rapporto alla vita culturale
della classe o della scuola sia a livello di un testo libero.
5. La didattica dell’uso dei comics.
Introdurre nella scuola dei linguaggi non verbali e dei mezzi di comunicazione di
massa, può portare ad affrontare un problema: quello dell’uguaglianza, nel senso di
parità di tutti i linguaggi tradizionali.
In realtà dal punto di vista pedagogico, questa principio d’uguaglianza è visto
come errore di analisi, poiché nella socio-cultura odierna non tutti i linguaggi hanno
lo stesso riconoscimento.
Il linguaggio scritto-verbale rimane quello maggiormente presente e più usato,
perché consente una maggiore simbolizzazione e una ricchezza quantitativa
47 Ibid.
39
nell’elaborazione dei concetti. Questo ha comportato nella scuola un assolutismo
linguistico, e sulla base di conoscenze e capacità d’uso delle regole formali del
linguaggio scritto-verbale.
La scuola deve aprirsi verso una pluralità di linguaggi e nella possibilità di mettere
ognuno (bambini e ragazzi) nella condizione di esprimere le proprie possibilità e
potenzialità con i mezzi che vi sono a disposizione.
La società si presenta come una realtà segnica di cui si viene sempre a contatto,
definita anche civiltà dell’immagine.48
L’immagine visiva senza l’integrazione del linguaggio verbale è inconcepibile, le
immagini subiscono una codificazione a contatto con alcune formazioni del linguaggio
verbale, quello che l’immagine esprime spontaneamente è indicato dalle parole che lo
accompagnano e ne restringono il senso a una o più significazioni, come afferma
Bettetini 49.
Il linguaggio scritto-verbale interviene a definire il campo d’interpretazione
dell’immagine e a coglierne il significato.
Il fumetto si pone come risultato linguistico ed espressivo dove la parte verbale
non solo spiega il significato da attribuire all’immagine, ma è parte completante
all’immagine, quindi la lingua scritta e parlata subisce nelle sue potenzialità
comunicative del rapporto con l’immagine nuovi significati.
6. Una nuova pedagogia.
Antonio Faeti 50ha compiuto una serie di ricerche che si avvicinano a prendere in
esame dei materiali (dalla narratività per l’infanzia, dagli illustratori ai mezzi di
comunicazione di massa), studiandoli nella loro evoluzione e nei loro rapporti e
ricondotti all’interno di un contesto in modo da formare un tessuto nuovo, così da
arrivare a diverse implicazione pedagogiche.
48 Cfr. M.Dallari, R.Farné, op. cit., pp.55-57.
49 Si fa riferimento all’opera Bettetini, saggio Cinema: Lingua e scrittura.
50 A.Faeti, Guardare le figure,Torino Einaudi, 1972. p.7.
40
Nel testo “Guardare le Figure”, analizza le opere degli illustratori dei libri
d’infanzia evidenziando come questi riescono a inserire nella letteratura per l’infanzia
istanze pedagogiche, e rifacendosi ai primi figurinai, realizzavano opere che sembrano
adatte a perseguire un particolare scopo. Questi disegnavano spesso feuilletons51
italiani, ma quando illustravano i libri per l’infanzia, interrompevano la coerente
esattezza del progetto pedagogico che vorrebbe vietare ai bambini la conoscenza di
tutto ciò che è diverso, così il lettore si avvicina ai simboli che la tradizione
iconografica ha conservato dal Novecento, riproponendo un’eredità che sarebbe stata
perduta. Questo fu possibile poiché la cultura ufficiale aveva nei confronti
dell’immagine un atteggiamento di sottovalutazione.
Il figurinaio scomparirà quando, con il fumetto e il cartone animato, egli sarà
coinvolto nel progetto produttivo.
Faeti sosteneva che la scuola ha perso l’occasione di una promozione culturale nel
campo della comunicazione di massa, passando (per quanto riguarda il fumetto) da
una posizione di rifiuto a una d’accettazione passiva: la nascita di un fumetto sempre
più sofisticato o di buona qualità.
L’autore ritiene che un approccio al fumetto richieda conoscenze e informazioni
specifiche che gli insegnanti non hanno, e per non cadere in questo errore si può
considerare il fumetto come un sussidio per l’educazione e l’intelligenza, quindi
bisogna partire dal presupposto che bisogna evitare di muoversi sulla base di giudizi
preordinati, ma ricercare nei dati oggettivi i presupposti di ogni riflessione.
Delinea un progetto educativo integrando una migliore definizione del fumetto, il
dialogo che il fumetto intrattiene con gli altri media che compongono l’insieme degli
strumenti di comunicazione in uso attualmente. Va usato per conoscere i comics e
collocarli entro una dimensione socialmente definita dove possono essere comprese
le funzioni di cui un educatore deve tener conto.
Il fumetto consente una comunicazione sociale, trasmettere sentimenti e
ideologie, come teatro di miti superstiti o rinnovati.
51 Si trattava di un romanzo che usciva su un quotidiano o una rivista, a episodi pubblicati in genere la domenica.
41
Un altro pedagogista s’interessò del fumetto, Giovanni Genevosi, i cui studi si
basarono su due punti essenziali:
• Rivalutazione non priva di critiche della stampa per ragazzi, come un
patrimonio di esperienze che si può migliorare.
• La convinzione che occorre un intervento educativo, in primo luogo nella
scuola, affinchè vi sia una fruizione più consapevole, critica e spontanea.
In suo studio scrive:
“La risoluzione di una tale impasse sta, secondo noi, nell’opera educativa, cioè
nell’utilizzazione intelligente di qualsiasi strumento che mostri le sue possibilità di instaurare
un rapporto umano con l’altro. E a noi, qui, premeva soprattutto evidenziare come il fumetto
possa essere uno di tali strumenti utili per suscitare nel rapporto educativo, una visione nuova
delle cose che ci circondano,”52
Il fumetto può essere uno degli strumenti utili per suscitare, nel rapporto
educativo, una visione nuova delle cose che ci circondano. L’aspetto più importante
della pedagogia di Genovesi è individuare dei valori impliciti al fumetto e alla lettura,
assegnare un grande valore educativo dei generi narrativi perché offrono possibilità
distensive e compensazioni psichiche utili per scaricare tensioni.
52 G.Genovesi, Linguaggio e struttura del fumetto, in <<Ricerche pedaogiche>>, n27-28 aprile-settembre 1973.
42
PARTE SECONDA
ANIMAZIONE
43
CAPITOLO PRIMO
IDENTITÀ DEI PROCESSI ANIMATIVI.
1. Storia dell’animazione.
Il termine animazione sociale e identità dell’animatore risale al contesto della
“Maison de la culture”, nata in Francia intorno al 1930, grazie a una iniziativa di
partiti e intellettuali di sinistra che, in seguito fu istituzionalizzata e diffusa in
tutto il paese.
La Maison svolse un ruolo di rilievo nel garantire una cultura gratuita a
disposizione delle masse. L’operazione consisteva nel creare dei progetti con la
presenza attiva nel territorio di centri culturali, dove intervenivano degli
animatori culturali.
Questi specialisti si occupavano di progetti animativo-educativi che
culminavano in eventi esemplari: mostre, conferenze, rappresentazioni teatrali-
cinematografiche, dibattiti e musei etc.
L’animazione era un’educazione popolare alla ricerca di azioni di qualità e creò
un grande successo sociale suscitando, a livello di massa, bisogni culturali.
Le Maison, erano luoghi dove l’animazione era progettata come strategia
capace di creare un clima emozionale verso la cultura, in controtendenza alla
trasmissività del metodo scolastico, permeato dall’intenzionalità educativa.53
Nel corso della storia diversi teorici hanno dato una definizione di animazione
socioculturale, una prima tipologia tratteggiata da Pujol e ripresa da Besnard,54fu
quella di individuare tre filoni teorici che rappresentano il campo d’analisi
dell’animazione come fenomeno sociale:
53 Cfr. M.De Rossi, Didattica dell’animazione.Contesti, metodi, tecniche, Roma, Carocci, 2008, pp 15-17.
54 P.Besnard, Problematica dell’animazione socio-culturale, in M.Debesse, G.Mialaret (a cura di), Trattato delle scienze pedagogiche:storia, teoria e pratica dell’animazione socio-culturale, Armando, Roma 1980, vol. X, pp.89-143; Pjoul, La formazione degli animatori, in Debesse, Mialaret (a cura di), Trattato delle scienze pedagogiche,cit, vol.X pp. 70-151.
44
1. “L’animazione come “sistema” con funzione di socializzazione, ludica e
ricreativa, educativa e culturale, di sostegno in situazione di difficoltà
(detta ortopedica) e trasformativa.
2. L’animazione come “nuovo controllo sociale liberatore e regolatore”: il
quale l’animazione è il risultato della comparsa del tempo libero,
accresciuto dal fatto che il tempo sociale dominante dipende dal tempo
liberato.
3. L’animazione come “progetto ideologico”, in cui si trovano idee di
partecipazione, di azione collettiva, di rivendicazione socioculturale, di
lavoro contro le ineguaglianze. Tale prospettiva che trova fondamento
dalla corrente di pensiero rogersiana degli anni cinquanta, trasforma il
concetto di animazione in progettualità pedagogica”.55
La funzione dell’animazione, si articolava in due aree fondamentali: la prima
commerciale, dove le pratiche rispondono all’esigenza di contatto tra gli individui
e di padronanza nella vita quotidiana utilizzando e consumando prodotti di massa;
la seconda di natura socioculturale, costituita da azioni a carattere educativo a
innalzare e diffondere il livello di cultura generale.
2. L’Animazione in Italia.
Lo sviluppo dell’animazione in Italia ha avuto un diverso percorso, suddiviso in
varie fasi legate alle specifiche trasformazioni sociali e politiche.
Secondo Pollo56, gli anni del decollo dell’industria culturale e dell’avvento della
scuola di massa costituiscono il primo periodo di sviluppo di questa prassi, intorno
ai temi della creatività, rispondendo alla crisi della scuola tradizionale e, quella
prodotta dalle trasformazioni dei modelli e dei processi di elaborazione e di
trasmissione della cultura sociale.
55 Cfr. M.De Rossi, op. cit, p. 19.
56 M.Pollo, La storia dell’animazione, in Verso un documento base dell’animazione, in “ Animazione Sociale”, n.5, 1998 pp. 30-43.
45
Il termine dell’animazione e dell’animatore, nel corso degli anni sessanta e
settanta, fu utilizzato nel dibattito politico e scientifico relativo ai temi delle
riforme.
L’animazione ha esplorato sia i territori della ricerca pedagogica attraverso la
sperimentazione di modelli definiti come esperienza pedagogica attiva, sia
nell’espressività nelle varie forme artistiche e sociali.
All’inizio della storia dell’animazione, la scuola rappresentò uno dei luoghi
privilegiati di sviluppo delle azioni animative, sorretta anche dall’interpretazione
della normativa, caratterizzata da un’apertura ai cambiamenti e consentendo
delle innovazioni didattiche e delle “ libere attività creative”, sollecitate nel
doposcuola e stabilite nei programmi della scuola elementare nel 1955, nella scuola
divennero potenziali sperimentazioni curricolari, grazie alla legge 24 Settembre
1971, n.820.
L’iniziativa autorizzava l’assunzione in ruolo di nuovo insegnanti così da poter
realizzare progetti di tempo pieno come qualificazione d’innovazioni
metodologico-didattica progettata per mettere l’alunno e i suoi processi di
apprendimento al centro dei processi d’istruzione.
Nell’ordinanza del 1975 entrava ufficialmente in vigore il termine
dell’animazione a sostegno di una serie di “libere attività”che andavano svolte,
animate, da una figura di insegnante o animatore con particolari competenze
psicopedagogiche e conoscenze tecniche specifiche.
In quegli anni si attuano delle innovazioni sotto il profilo metodologico-
didattico, favorendo le attività sperimentali nelle aree curricolari.
L’animazione si consolida nel sessantotto, costituendo il momento in cui
l’attenzione si amplia, nell’ambito della scuola dell’obbligo già indirizzata verso
l’innovazione, si sposta nel territorio basandosi sulle esigenze di dare nuove
risposte ai problemi e alle complessità emergenti.
Sono gli anni in cui le amministrazioni locali cominciano a ideare attività
socioculturali diffuse e progettate verso situazioni formali, come le scuole, e non
formali che stanno diventando realtà concrete che si materializzano in centri
46
sociali di quartiere, agenzie educativo-formative e ricreative per il tempo libero, le
organizzazioni ludiche e sportive rivolte ai bambini per ragazzi o adulti.
In Italia, si affermano i diversi filoni dell’animazione: quello di carattere sociale
e quello ludico-espressivo.57
Nel corso del tempo e con l’esperienza quasi tutte le correnti teoriche
dell’animazione hanno selezionato finalità e movimenti che promuovono
l’animazione prevedendo azioni all’interno di agenzie aggregative, in funzione di
obiettivi generali di promozione di socializzazione, inculturazione, educazione,
controllo-riduzione della marginalità e devianza, promuovere l’agio.
Negli anni ottanta, quasi tutte le giunte comunali che vedevano l’animazione
come servizio s’impegnarono con ingenti somme, che purtroppo finirono per
finanziare migliaia di gruppi d’animazione, di teatro, di spettacolo e,
successivamente gli anni novanta, furono caratterizzati da un’attenta valutazione
dei cambiamenti, delle teorie e delle diversificazioni che si erano create, rendendo
la prassi animativa come ricerca. Si avrà un’evoluzione determinata dalla
professionalizzazione dell’animazione attraverso il suo inserimento nei servizi58
nonchè attuare un tentativo di qualificare gli animatori come professionisti
nell’ambito animativo.
L’animazione si configura come una pratica professionale che nasce da un
bisogno sociale, ma per essere all’altezza del compito deve essere alimentata da
contenuti, metodi, strumenti e da una didattica che ne garantisca competenze ed
expertise nelle prassi.
57 Cfr. M.De Rossi, op. cit., pp. 19-24.
58 In questo periodo si moltiplicano le esperienze animative che operano nei centri urbani per l’aggregazione e la diffusione dei servizi nel territorio: nei Progetti giovani e Informagiovani; nelle ludoteche; nelle biblioteche pubbliche; nei centri culturali polivalenti; nei servizi per soggetti; nei servizi per soggetti in situazione di rischio o disagio (ospedali, comunità per l’assistenza e il recupero, centri per disabili. Si diffonde l’animazione sportiva e si aprono spazi per l’animazione al volontariato. Si sviluppa il settore relativo allo sviluppo equosolidale, alla salute e alla pace.
47
3. Animazione come strumento di sviluppo.
L’animazione si configura come un’azione che attiva e favorisce dei processi di
autentificazione dell’esistenza della persona e delle persone, attraverso pratiche
volte alla lettura di tensioni che confluiscono in movimenti organizzati, dentro e
fuori le istituzionalità, orientati al riconoscere e valorizzare il singolo in relazione
al contesto. Da questa prospettiva, l’animazione, può essere un buon territorio di
ricerca di significati che conducono alla realizzazione di una cultura pedagogica
del possibile, dove entrino in gioco paradigmi dell’esplorazione, della crescita,
dell’arrichimento-cambiamento esistenziale.
L’animazione contribuisce allo sviluppo di percorsi identitari, individuali e
sociali che consentono di rifondare il senso e il valore della comunità, divenendo
strumento di azione umana e sociale, che designa intenzionalità di promozione e
di coscientizzazione personale e comunitaria. Oltre ciò essa si orienta ad accrescere
un ruolo consapevole e attivo dei soggetti attraverso attività peculiari, mirate allo
sviluppo del coinvolgimento per un impegno efficace di potenzialità umane.
Nella prospettiva dell’agire animativo, interagiscono tre piani correlati che
sostengono i presupposti della relazionalità e della partecipazione59:
1. Il primo relativo alla dimensione interiore dell’essere umano, trovano spazio
l’azione e la riflessione, in una prospettiva autopoietica60 di movimento
interno teso alla ricerca continua di costruzione di senso e di identità
personale;
2. Il secondo piano definibile all’apertura alla reciprocità, in cui la volontà di
relazione corrisponde a un movimento verso l’incontro con l’altro, estraneo
e diverso da sé;
59 Il discorso sui percorsi di animazione centrati sul valore educativo in M.Fabbri, La competenza pedagogica. Il lavoro educativo fra paradosso e intenzionalità, CLUEB, Bologna 1996.
60 Il termine è stato coniato nel 1972 da Humberto Maturana a partire dalla parola greca auto, ovvero “se stesso”, e poiesis, ovvero “creazione”.H.Maturana, F.Varela; Autopoiesi e cognizione, Marsilio; Venezia 1985.
48
3. La terza dimensione è quella esteriore, verso la quale è proiettata la
possibilità di compimento personale a cui corrisponde un movimento verso
l’esterno.61
Questa tridimensionalità dell’atto animativo mira a creare contesti il cui fine
sia quello di coinvolgere le persone verso realtà significative utilizzando metodi
relazionali, attraverso la condivisione di gruppo, infine tramite una sintesi
dell’interazione tra dimensione individuale e la realtà, la finalità riconduce
all’intenzionalità di incentivare delle potenzialità dei soggetti, favorendo
atteggiamenti di creatività, libertà di espressione ed empowerment.
Lo sviluppo delle potenzialità soggettive non si orienta solo verso circuiti
individuali, ma devono essere rivolte a gruppi, alla collettività, addirittura al
mondo intero. L’animazione, in previsione dello sviluppo, diviene azione di
sviluppo di emporwement, ciò si riconduce alla costruzione di una identità
culturale e sociale della persona attraverso input e output finalizzati al
cambiamento, che poi portano a processi di coscientizzazione verso una
dimensione di reciprocità, relazione di gruppo, fino ad attribuire significati nella
dimensione della collettività del contesto sociale.
Per quanto riguarda l’aspetto spaziale, la prassi animativa è rinvenibile nella
quotidianità socioculturale vista nell’accezione interculturale (relazione tra le
differenze) e nell’ambito extraquotidiano, ossia in quelli che sono termini
dell’intrattenimento e della fruizione, consiste nella capacità di abitare il tempo
che si vive, vendendolo dal punto di vista qualitativo ricostruendo e ricreando la
personalità del soggetto, in funzione esistenziale.
L’animazione può essere il contesto in cui si originano percorsi di conoscenza e
di rielaborazione dei linguaggi, ma non solo, può essere dimensione per un
impiego consapevole che fa sì che si privilegi lo sviluppo del senso critico e del
confronto, favorendo il contatto con esperienze ricche di significato che inducono
alla trasformazione e al cambiamento.
61 L. Cadei, Prospettive di animazione in un orizzonte educativo, in “ Animazione Sociale”, n.2, 2011, p. 13.
49
4. Funzione e contesti dell’animazione socioculturale.
Il concetto d’animazione è sottoposto a una pluralità di significazioni ed è
limitato in rapporto a diversi ambiti d’intervento, diversi oggetti di lavoro, diversi
scopi e tradizioni culturali.
Alcuni punti sono accettati dalle riflessioni teoriche e sono accezioni
dell’animazione in rapporto al termine “educazione” considerato nelle sue diverse
interpretazioni in relazione al termine “formazione”.62
Quando si parla di azione educativa, si fa riferimento a quelle azioni umane che
concorrono alla formazione della persona nella sua dimensione evolutiva e
trasformativa, per la quale è possibile individuare un primo livello d’animazione in
cui il valore educativo è rintracciato implicitamente: l’azione animativa, realizza
operazioni di vitalizzazione, espressività e partecipazione (aggregazione ludica,
ricreativa).
Un secondo livello si realizza quando l’azione animativa, mette in atto le sue
operazioni proiettive, cioè da sviluppare in senso educativo (l’aggregare, il giocare,
finalizzato a costruire significati sociali e culturali: far socializzare, far integrare,
far attivare e comunicare), si rientra nell’area dell’intenzionalità educativa.
La prassi animativa consiste in una pratica sociale specifica, può variare
nell’esplicazione della sua caratteristica educativa a seconda dei contesti e della
progettualità.
Secondo la Contessa63, le finalità dell’animazione si riconducono a istanze
generiche come il costruire “benessere”, nel senso di crescita e, sviluppare
opportunità; riconoscere diverse declinazioni educative dell’animazione, la prima
è che l’animazione, grazie alla sua flessibilità e alle sue potenzialità didattiche è
una metodologia utilizzabile per funzioni diverse e si propone sia in progetti
62 Il termine animazione, da più parti, viene visto direttamente in relazione al termine “ educazione”, ma anche trasversalmente al termine “formazione”, come affermano studiosi sia dell’area italiana, sia della scuola francese con grande tradizione nell’esperienza in questo campo.
63 G.Contessa, L’animazione. Manuale per animatori professionali o volontari, Torino, Città Studi Edizioni, Torino 2004, p.64.
50
sul territorio a livello istituzionale (servizi) o fuori dalle istituzioni (associazioni,
cooperative, gruppi organizzati).
La seconda è che le funzioni animative, afferiscono alla sfera dell’agio e del
benessere, mantenendo obiettivi centrati sui processi educativi di prevenzione e
promozione, anche dove l’animatore/educatore opera in contesti di disagio, come
un centro per disabili o una comunità e la sua funzione riguarda un’azione d’equipe
con altri specialisti per la terapia o la riabilitazione.
L’animazione educativa è quell’insieme organizzato e progettuale co-costruito
d’azioni, che hanno come finalità la promozione del significato della vita delle
persone, accresce la vitalità, l’espressione delle persone, la partecipazione del
gruppo, attraverso una serie d’interventi di carattere espressivo, ludico, ricreativo
e in questa ottica si può ravvisare l’importanza della pratica animativa in tutti i
contesti educativi(formale e non formale) e la valenza trasformativa dei processi
può essere un mezzo di formazione dove la scuola ne rappresenta un contesto
fondamentale.
Galliani sosteneva che la metodologia dell’animazione ha senso anche:
In progetto politico-pedagogico di rinnovamento della scuola, dei suoi metodi, dei suoi
contenuti e in un progetto educativo che preveda tra gli obiettivi da raggiungere non solo
capacità cognitive, abilità psico-motorie e comportamenti affettivi, attraverso differenti
linguaggi.64
Secondo Gonguelin 65la relazione formazione e animazione si connota di
significato nel momento in cui le competenze animative fanno parte del bagaglio
professionale e culturale del formatore/animatore, le azioni dell’educare e del
formare sono in linea con l’animazione.
Egli sostiene che chi opera l’animazione (da “animare” che deriva dal
greco anemos, il vento che diventa in latino anima e animus che significa animare)
è colui che si assume la responsabilità sia educativa che formativa dove l’anima è il
respiro vero e proprio, animus è il principio pensante, la sede del pensiero, della 64 L.Galliani, Animazione culturale, in G.Flores d’Arcais (a cura di), Nuovo dizionario di pedagogia,
Edizioni Paoline, Milano 1987, p.72.
65 P.Gonguelin, La formazione/animazione. Strategie, tecniche, modelli, ISEDI-Petrini, Torino, pp 7-65.
51
volontà, dei sentimenti e dei desideri. Essere un vero animatore significa infondere
la vita a un gruppo, e dopo avergliela data, aiutarlo a pensare, a riflettere, a
dominare i proprio sentimenti.
I luoghi del fare animazione sono diversi, dalla scuola ai centri di aggregazione
sociale, dalle comunità comunicanti e terapeutiche alle comunità locali, dai luoghi
di aggregazione culturale (biblioteche, musei), dallo sport alle attività ludiche, dai
servizi pubblici all’associazionismo e al volontariato.
5. Le competenze dell’animatore socioculturale.
Il ruolo dell’animatore è legato al modello di animazione che egli sostiene
attraverso obiettivi e metodologie precise, l’idea di flessibilità è presente nell’agire
normativo; al variare della realtà possono mutare gli obiettivi specifici, poiché
nelle situazioni di sviluppo dell’animazione coesistono diverse razionalità.
La progettazione e la riprogettazione sono tappe di un percorso che non è
caratterizzato da tracciati certi e precostruiti, la progettualità richiama
all’assunzione di responsabilità e all’individuazione di competenze professionali,
per affrontare le problematiche dell’interazione e dell’indecidibilità dell’animazione.
Parlare d’interazione nel modello significa che esiste un’influenza reciproca,
mentre l’indecidibilità sta a indicare la prassi situata al centro delle sfide di una
democrazia indefinibile, nel senso che il risultato finale non è mai determinato a
priori. Gilett66 sosteneva che animatori e attori socioculturali attraverso
compromessi e astuzie, colorano il senso della democrazia (o cercano di farlo).
I metodi o il metodo dell’animatore costituiscono la traccia e il sentiero per
raggiungere obiettivi che rappresentano la scelta verso un modo di operare basato
su un’elaborazione, quindi le abilità che il professionista deve avere nella pratica
animativa sono:
• ”La partecipazione dei soggetti;
• La ricerca di relazioni dirette tra gli attori;
66 J.C.Gillet. La strategia dell’animazione nel tessere legami sociali, in “Animazione Sociale”, n8-9, 2000, p.25.
52
• Le strategie di sviluppo delle solidarietà e del progresso sociale;
• L’azione mirata nei contesti analizzati preventivamente per valutare la
portata delle sfide che l’animazione propone.”67
È una pratica che si rifà all’esperienza sociale, ossia attraverso l’arte di tre
logiche correlate che agiscono a diversi livelli: l’integrazione nei confronti di una
comunità, ossia le azioni di valutazione iniziale del contesto, di pianificazione
delle azioni in base alla realtà; l’adozione di una strategia, frutto non solo di
osservazione e scelte dell’animatore, ma risultato dell’interdipendenza degli attori
e infine la soggettivazione, intesa come finalità di modificare dei rapporti di
dominio.
6. La funzione dell’animatore socioculturale tra produzione, facilitazione ed elaborazione.
Il ruolo dell’animatore si colloca nella dimensione del gruppo e del lavoro che
s’identifica come la figura di leadership istituzionale. I processi d’animazione si
sviluppano in base al paradigma del costruttivismo sociale, e quindi non possono
essere nè trasmessi nè indotti, l’animazione è una funzione collettiva, è l’insieme
di articolazioni dei ruoli giocati dall’insieme dei partecipanti del gruppo che
consente la piena realizzazione della funzione dell’animazione.
L’animatore, essendo una figura esperta, deve porsi in posizione meta rispetto
al gruppo, ossia dentro i processi come attivatore di azioni e di riflessione
proiettiva, generativa di cambiamento. Secondo gli studi di Anzieu e Martin68, la
nozione di funzione di animazione, a cui l’animatore socioculturale deve far
riferimento, viene suddivisa in tre sottofunzioni:
1. La funzione produzione;
2. La funzione di facilitazione;
3. La funzione di elaborazione.
67 E. Limbos, L’animatore socioculturale, Roma, Armando, 2001, pp.7-81.
68 D.Anzieu, J.-YMartin, Dinamica dei piccoli gruppi.,edizione italiana a cura di Francesca Ortu. - Roma, Borla, 1997, p.16.
53
Sono elementi interdipendenti e legati tra loro, nel senso che sono interattive e
il blocco di ciascuna condiziona lo sviluppo delle altre.
6.1. Funzione produzione.
Riguarda il progetto, l’azione che si prevede di realizzare riguardo all’obiettivo
iniziale che emerge dagli orientamenti dell’animatore insieme ai membri del
gruppo. Avviene in rapporto alle finalità e i valori che contraddistinguono il
gruppo, l’azione che segue è l’espressione di questo progetto e rappresenta il luogo
della esplicazione, dello scambio informazioni, della comunicazione,
cioè teorizzazioni alle attività e alle tecniche che daranno luogo all’assunzione di
decisioni relative al fare animativo. Attraverso questa sottofunzione, l’animatore
svolge diverse azioni: esercitare le abilità fisiche e intellettuali dei membri,
favorire l’espressione di ciascuno, abilitare competenze relazionali e sociali,
educare la volontà e responsabilità sociale collettiva, sviluppare la creatività,
proporre tecniche e strumenti specifici69
Gli animatori sono agenti di produzione, perché consentono di progettare,
realizzare, elaborare, fabbricare e costruire.
6.2. Funzione facilitazione.
Intesa come facilitazione della produzione, definendo le modalità organizzative
e di conduzione del gruppo, si determinano i fattori sociali operativi che
consentono di realizzare dei processi secondo procedure più idonee e favorevoli.
Bisogna consentire un mantenimento del sistema interno, importante per
elaborare gli obiettivi, il piano di lavoro, il monitoraggio, la partecipazione, la
riflessione, gli elementi che consentono tale evoluzione della situazione riguardano
la funzione facilitazione che l’animatore promuove:
la proposta metodi;
La chiarificazione degli obiettivi e delle problematiche che derivano;
69 Cfr. M. De rossi, op.cit., p.64.
54
La distribuzione di compiti;
La struttura delle comunicazioni all’interno del gruppo;
la scelta delle procedure di discussione e riflessione.70
6.3. Funzione di elaborazione.
Questa funzione si situa sull’espressione del sé in area affettiva, attraverso la
ricerca di trasparenza comunicative e riflette sulle emozioni sentimenti propri,
rimasti impliciti nello svolgimento delle attività.
Assumono rilievo i fattori socioaffettivi come la motivazione verso uno scopo
comune e il senso di appartenenza di ognuno al gruppo.
La comunicazione, come strumento di espressione e di esplicitazione delle
proprie posizioni personali, diviene l’elemento centrale per la definizione di una
buona produzione e rappresenta il mezzo di realizzazione della funzione
dell’elaborazione. La promozione del dialogo e della narrazione sono procedure
elaborative che consentono la riflessione e l’autoregolazione.71
70 Ibid, p. 65.
71 Ibid.
55
CAPITOLO SECONDO
TECNICHE E STRUMENTI
1. Aree metodologiche.
Nei progetti d’animazione socioculturale, come ogni progettazione educativa-
didattica, l’area metodologica è quella dove più si sviluppano i potenziali di
realizzazione degli obiettivi: una scelta e un uso inadeguato e/o incompetente dei
mezzi, delle tecniche, degli strumenti possono danneggiare gli esiti previsti, ossia,
con strumenti adeguati, con una buona predisposizione del setting e una
conduzione delle attività corretta. Tutti questi elementi costituiscono le
competenze che deve adottare un professionista dell’animazione.
Le tecniche sono diverse e variabili a seconda dei contesti di utilizzo ed è
possibile individuare delle macroaree strettamente legate ai processi di sviluppo.
Le aree d’intervento della metodologia animativa riprendono l’andamento
concentrico, seguono la circolarità dell’azione che, dalla dimensione interiore del
soggetto, gradualmente include gli elementi di reciprocità, fino a giungere a una
dimensione di collettività.
Si possono prendere in considerazioni tre obiettivi educativi generali che
contraddistinguono tre aree d’azione animativa(intesa in base alle sue componenti
tecnologiche e strumentali). Bisogna precisare, però, che nella progettualità e nella
prassi tali aree si presentano in continuità, queste tre aree sono:
• Dimensione del sé: area metodologica narrativo-autobiografico.
• Dimensione della relazionalità: area della metodologia dell’alterità.
• Dimensione collettività: area metodologia collaborativa.72
72 Ivi, pp. 123-124.
56
1.1. Area della metodologia narrativa-autobiografica.
I metodi narrativi e autobiografici nella formazione tendenzialmente sono in
riferimento all’età adulta, come una lettura della propria vita in cui vengono
sviluppate abilità e competenze.
Si può associare il paradigma della narrazione 73come prospettiva per
interpretare l’esperienza, secondo alcuni studi. La narrazione si contestualizza in
un’area ludica (cioè spazio di virtualità), di metacomunicazione e interpretazione
della realtà, dando la possibilità di comprendere punti di vista esterni al sé.
Le tecniche narrative, grazie a spunti e strumenti consentono di percorrere
una lunga strada, attraverso l’ascolto, il racconto e la riflessione su storie di altri
per poi riflettere su di sé e raccontare.
Le componenti essenziali del discorso narrativo-autobiografico basandosi su
una scelta metodologica sono: la componente ermeneutica (interpretare eventi); la
componente emancipatoria (acquisizione di punti di vista oltre quelli personali); la
componente esperienziale (riflessine sull’esperienza in termini proiettivi).
Le tecniche suggerite per quest’area sono le diverse varianti di gioco di ruolo e
di simulazione, l’espressione corporea, tecniche narrative (storytelling, animazione
alla lettura, scrittura creativa, narrativa multimediale) e le tecniche di trainig
affermativo74.
1.2. Area della metodologia dell’alterità.
La seconda area riguarda il passaggio verso la relazione dell’altro. Essa
comprende uno dei bisogni fondamentali e spontanei ai fini della maturazione, per
comprendere le dinamiche personali e interpersonali.
73 La narrazione in generale, Bruner definisce una rappresentazione al congiuntivo, comprende invece in maniera più ampia esplicitazioni soggettive su elementi oggettivi della realtà percepita.
74 Cfr. M.De Rossi, op. cit., p. 125.
57
I contesti di sviluppo dell’azione animativa divengono luogo plurivalente di
osservazione, conoscenza, incontro tra persone, tra contesti culturali e tra
soggettività.
Gli obiettivi del lavoro dell’area dell’alterità75 si configurano:
• Nello sviluppo di processi di conoscenza reciproca;
• Nell’attuazione di procedimenti integranti di empatia (partecipazione
emotiva) ed extopia (distanziamento);
• nel riconoscimento della legittimità dell’esistenza dell’altro come persona
diversa da sé.
L’empatia è un’operazione esistenziale e cognitiva, grazie a dei filtri che si
possiedono si tende sempre ad entrare nell’altro, cioè leggere l’altro e il suo
mondo, attraverso i valori che si riesce a capire, e in seguito subentra il processo
l’exotopico, produce una tensione dialogica data dal distanziamento dall’altro e
dalla sua ricostruzione in prospettiva di autonomia, nella quale si riconosce un
senso.
Lavorare per sviluppare il senso di alterità presuppone lo sviluppo di strategie
che coinvolgono la messa in gioco delle persone attraverso tecniche come i giochi
di conoscenza, d’interazione, i giochi per la gestione delle aggressività e dei
conflitti, i giochi di simulazione e lo storytelling.
In quest’area si attua un processo continuo di avvicinamento e di
distanziamento che consente di riconoscere la legittimità delle posizioni di chi è
estraneo, anche quando non risulta consono alle aspettative, ma in
questo movimento circolare il senso diviene doppio, poiché nell’avvicinarsi
all’altro si verifica un ritorno verso se stessi che sviluppa nuove prospettive e
cambiamenti.76
75 Il termine alterità, M.Bachtin, L’autore e l’eroe. Teoria letteraria e scienze umane, Torino, Einaudi 1988; Marinella Sclavi nella sua opera Arte di ascoltare e mondi possibili, introduce anche il concetto di “umorismo”, inteso come non rigidità, capacità di sorridere dei propri e degli altrui sbagli e delle incongruenze della vita, ossia vedere la cose da diverse prospettive.
76 Cfr. M.De Rossi, op. cit., p.126.
58
1.3. Area della metodologia collaborativa.
Il percorso della metodologia collaborativa, in animazione, prospetta azioni di
collegamento tra lo sviluppo del lavoro di gruppo, il lavoro in gruppo e per il
gruppo, in quanto la differenza affronta il tema della partecipazione e della
trasformazione delle persone dal ruolo di agente a quello di attore.
Nell’animazione le tipologie di gruppo che s’incontrano e sulle quali si lavora
sono i gruppi di animazione socioculturale, i gruppi di discussione, i gruppi di
comunità, i gruppi di idee e i gruppi di progetto.
La metodologia animativa, però usufruisce della sua funzione anche in altri tipi
di gruppo, più orientati a un compito istituzionale (gruppi di couseling, gruppi di
classe e di formazione, gruppi di addestramento etc), la sua funzione è quella di
attivazione partecipativa e cosciente prima, durante e dopo lo sviluppo del
percorso per raggiungere degli obiettivi.
Il gruppo, comprende la figura dell’insegnante come animatore, poiché
mediatore e animatore di processi, diventa soggetto di apprendimento, quindi il
gruppo nella scuola è un gruppo di formazione ed è anche gruppo d’animazione.
È un gruppo di formazione perché sul versante dell’apprendimento, ma è anche
gruppo d’animazione perché si orienta sull’altro versante quello dell’educazione al
benessere, alla motivazione, all’impegno e alla collaborazione, l’azione animativa è
propedeutica affinché la classe si orienti a divenire gruppo.
Sviluppare l’area collaborativa significa progettare una serie di pratiche volte a
coniugare insieme autonomia personale e appartenenza a una comunità,
considerando anche la dimensione affettivo-emotiva che offre le energie per
rendersi disponibili a nuove conoscenze e a nuovi atteggiamenti, sia nella
dimensione della responsabilità che della consapevolezza dei significati.
Le tecniche di animazione, quelle attività ludiche di comunicazione e relazione,
sono essenziali per la creazione di un buon clima di lavoro necessario in ogni
contesto e fanno riferimento a tutte quelle pratiche collaborative che insistono su
ogni compito.77
77 Ibid, p.128.
59
2. La funzione e l’uso delle tecniche.
Le tecniche sono dei veri catalizzatori, amplificano la significatività dei
contenuti che si vogliono costruire attraverso l’impiego della metodologia.
Le tecniche ludiche consentono di attivare dei processi maieutici nelle prassi
animativa. Ogni tecnica deve essere utilizzata secondo un corretto uso ed è
frutto della flessibilità progettuale, quindi ogni attività ludica-animativa, con le
tecniche adatte, deve essere progettata e orientata secondo fasi precise che
corrispondono a: individuazione di criteri per la scelta del gioco o delle attività di
animazione; conduzione e attuazione del percorso ludico-animativo; analisi dei
processi attraverso il debriefing78 (dopogioco).
Esistono diversi manuali di gioco e percorsi d’animazione che offrono spunti di
lavoro, non è fattibile considerare che ogni modello di attività proposta possa
essere applicato nel contesti d’azione, spesso anche i giochi a carattere psicologico,
se non condotti e scelti da professionisti competenti possono creare effetti opposti,
la scelta deve essere data da una analisi attenta del contesto d’azione, come l’età
dei partecipanti e gli scopi d’azione.
In base ai fini delle attività si deve distinguere tra l’uso terapeutico dei giochi e
l’uso educativo, animativo, formativo, per la progettazione di percorsi ludici si
identificano dei punti necessari:
• Analisi degli scopi;
• Interpretazione dei bisogni (ermeneutica dei bisogni) in riferimento agli
obbiettivi educativi e curricolari;
• Calibratura mediante osservazione e analisi del gruppo in azione( età
tipologia, storia delle relazioni);
• adattamento creativo del gioco al clima e al contesto di azioni di gruppo.79
78 Cfr.P.Marcato, C.Del Guasta, M.Bernacchia, Gioco e dopogioco, Molfetta , La Meridiana , 1995, p. 21.
79 Cfr, M.De Rossi, op.cit., p.146.
60
Questi criteri possono essere una guida per l’attuazione del gioco o
dell’intervento ludico, due sono gli elementi che caratterizzano la qualità
dell’intervento: setting e il ruolo dell’animatore.
La predisposizione del setting, le condizioni riguardano sia gli spazi sia la
conduzione, poiché non sempre è sufficiente avere location adeguate per compiere
in modo efficace le attività, un progetto ludico-animativo, si sviluppa prevedendo
la messa in atto di strategie di modificazione e superamento della realtà
di partenza, consentendo una dialettica tra il livello teorico e l’azione pratica,80
anche la metodologia e la didattica considerate nel suo percorso dovranno fare
riferimento a pratiche educative, orientandosi verso la discussione, la
metacognizione, la cooperazione, la rielaborazione creativa e l’analisi.
L’animatore assume il ruolo di mediatore dei e nei processi, esercitando
competenze promozionali, comunicative, didattiche e osservative. Rispetto al
gruppo è necessario assumere un ruolo come conduttore in posizione meta,
coinvolto nella partecipazione.
La riflessione è la terza fase del percorso, necessaria affinché le azioni promosse
acquistano significatività dal punto di vista educativo e formativo, è il momento
del dopogioco, detto anche debriefing, consiste in una riflessione operativa sulle
azioni stesse del gioco, essa è intesa come fase che consente ai soggetti di cogliere
quali sono gli strumenti logici connessi alle operazioni mentali di analisi e
classificazione, relazione e ipotesi che hanno determinato la modifica del loro
comportamento, sia quelli comunicativi, emotivi-relazionali che hanno influenzato
le azioni. Esso si articola in tre momenti: la descrizione di quanto è avvenuto,
l’analisi del modello del gioco e la riflessione.
La descrizione è rivolta sia a ciò che è avvenuto visibilmente sia
all’esplicitazione di quanto ha vissuto ciascuno sul piano emotivo. L’analisi
riguarda il tentativo di collegare il modello proposto del gioco a situazioni della
realtà; la riflessione riguarda la valutazione delle scoperte e degli apprendimenti
attuati a livello individuale e collettivo.81
80 E.Felisatti, Progettualità, ricerca e sperimentazione nella scuola autonoma: strumenti e materiali di lavoro per l’insegnante, Lecce, Pensa Multimedia, 2001, pp.32-3.
81 Cfr. M.De Rossi, op.cit., p.148.
61
CAPITOLO TERZO
GIOCARE CON IL FUMETTO
1. Giochi cooperativi.
Da molti anni, gli insegnanti utilizzano il gioco come parte integrante della
didattica con lo scopo di costruire una conoscenza tra i ragazzi.
I giochi, che riscuotono maggior successo, sono quelli cooperativi, in base alle
loro funzioni si cerca di concepire e realizzare una collaborazione reciproca
maturando un modo di stare insieme che mantenga e valorizzi l’originalità e la
creatività.
La simulazione del gioco, che coinvolge gli aspetti cognitivi e logici dell’agire,
ma anche il piano emotivo, affettivo e relazionale, esso rappresenta una metafora
dell’apprendimento.
Il gioco cooperativo82, indirizza la pratica d’insegnamento verso il rapporto
interpersonale, la relazione reciproca e il gruppo, un gruppo cooperativo, perché
caratterizzato da un’interdipendenza positiva tra i membri del gruppo e, un forte
sviluppo delle abilità sociali (di relazione, di comunicazione, di aiuto, di
incoraggiamento etc), che vengono date per scontate nei gruppi tradizionali, ma in
realtà necessarie per la conduzione di attività e per lo sviluppo di obiettivi
cognitivi, partecipare tutti e occupare cooperativamente lo stesso spazio, secondo
Bennett, Rolheiser, Bennet e Stevahn83, sono le due competenze sociali e possibile
oggetto di apprendimento.
Diversi approcci e tecniche ludiche possono essere propedeutiche non solo alla
costruzione di abilità cooperative, ma anche alla struttura di attività
d’apprendimento cooperativo.
82 Le matrici storiche di riferimento sono fatte risalire ai sistemi educativi di Bell e Lancaster tra il Settecento e l’Ottocento, seguiti dalle esperienze di Pestalozzi e di padre Girard, dalle riflessioni di Dewey e dai contributi di Piaget, Vygotskij e Bruner.
83 D.Bennett, C. Rolheiser Bennett, L. Stevahn, Cooperative Learning. Where Heart Meets Mind, Interaction Book Company, Edina 1991.
62
L’origine dei giochi cooperativi risale alle società tribali, dove il principio era
quello della convivenza basato sulla condivisione di tutti i beni della comunità (in
opposizione alla società industriale che invita alla competitività) che distrugge la
fiducia in se stessi e il senso comunitario, quando le regole stabilite diventano più
importanti.
Il senso di competizione non è eliminato nei giochi, ma consente ai bambini o
ragazzi di assumere un senso di capacità di mettersi alla prova e sfidare se stessi.
Nei giochi cooperativi si può:
• “Contribuire a creare un clima positivo del gruppo;
• Rendere la comunicazione tra le persone più fluida;
• Rompere eventuali ostilità e barriere verso le persone conosciute;
• Raggiungere più facilmente una coesione di gruppo e un’atmosfera aperta
d’accettazione reciproca;
• Aiutare a rompere le barriere dell’isolamento e della separazione che molta
gente prova soprattutto quando si trova coinvolta in situazioni nuove con
persone sconosciute;
• Aumentare la collaborazione e il senso comunitario in gruppo che lavora
insieme da parecchio tempo”.84
Le attività cooperative, favoriscono l’empatia, i buoni rapporti e promuovono
lo spirito di sostegno; suscitano la curiosità, stimolano la creatività e lo sviluppo di
abilità di problem solving, inoltre valorizza la comunicazione e iterazione tra
giovani e adulti.
2. Costruire una relazione educativa efficace.
La comunicazione è un tema molto rincorrente, e per tale aspetto bisogna
considerare che quest’atto possa avvenire all’interno di una relazione, quest’ultima
84 Cfr. M. De Rossi, op.cit., p. 167.
63
e, la sua qualità danno un senso e significato alla comunicazione: è chi ascolta a
dare significato ad un enunciato.
Il principale problema che si è presentato negli ultimi anni è quello relazionale:
si evidenziano delle difficoltà di rapporto sia in famiglia che a scuola tra i compagni
di classe, perché i ragazzi passano gran parte del loro tempo a scuola, dove si
privilegia più l’aspetto del contenuto rispetto a quello relazionale.
È necessario investire tempo ed energie nella relazione, nella conoscenza
reciproca, nell’espressione di sentimenti ed emozioni, positive e negative per
essere consapevoli e imparare a gestirle, sia i genitori che insegnanti si lamentano
delle difficoltà di coinvolgimento, di attenzione, di ascolto, di responsabilità dei
loro figli/alunni, che descrivono ansiosi, aggressivi, insicuri, instabili, irrequieti,
distratti capricciosi, apatici.85
La progettazione di percorsi di gestione della classe deve tener conto di attività
relative alla conoscenza reciproca, comunicazione efficace, cooperazione, empatia,
ascolto, gestione delle emozioni e dei conflitti, giochi di ruolo.
La capacità di comunicare è più alta e costruttiva se si va verso modalità
empatico-assertive, conciliando il massimo d’espressione e autonomia con il
massimo di apertura e di relazione; dal punto di vista pedagogico, l’azione
formativa non può che tradursi in una opportunità di apprendimento attraverso il
gioco, l’incontro, l’attività pratica, in un clima di fiducia, sicurezza, esplorazione,
attraversamento di soglie86 decostruzione e ricostruzione.
Dal punto di vista psicologico, un’educazione ai rapporti interpersonali
comincia nella vita quotidiana e quindi anche scolastica, costruendo atteggiamenti
positivi, non violenti, nella consapevolezza della continuità tra i comportamenti
microsociali e macrosociali87.
È importante analizzare il concetto di aggressività come potenzialità positiva,
necessaria per il superamento della dipendenza, l’affermazione e la difesa della
85 Ivi, p. 155.
86 E.Euli, I dilemmi (diletti) del gioco, La meridiana, Molfetta (Ba) 2004, pp. 1-10.
87 D.Novara, Scegliere la pace, Torino, EGA 1987, pp.4-13.
64
propria identità, da distinguere dall’accezione negativa di distruttività o violenza
e, importanti si rivelano i rapporti con gli adulti significativi per il processo
d’identificazione ed empatia con l’altro, costituisce uno dei più importanti inibitori
dell’aggressività.
Identificarsi con l’altro e il riconoscimento dell’altro come simile avviene
attraverso la comunicazione, lo scambio, la condivisione di emozioni e sentimenti:
così si possa evitare il pregiudizio, il congelamento affettivo tipico del meccanismo
di deumanizzazione dell’altro.
Diverse ricerche sulla genesi e le acquisizioni dei comportamenti cooperativi
hanno constatato che questi sono collegati con la capacità di distaccarsi sia
emotivamente che cognitivamente, dall’immediatezza della situazione conflittuale
o frustrante, per trovare una soluzione più mediata che tenga conto dei bisogni
dell’altro.
La ricerca della soluzione cooperativa richiede un impegnativo processo di
ristrutturazione cognitiva e distanziamento emotivo, esiste una connessione tra
capacità collaborativa e capacità di simbolizzazione, è proprio attraverso
quest’ultima che il bambino realizza quel distacco che rende possibile la
ristrutturazione cognitiva.
In base ad alcuni studi, si è definito che il minor ricorso di comportamenti
aggressivi emerge quando si utilizza più frequentemente il gioco simbolico, infatti
emergono l’importanza e il valore del gioco e del lavoro di gruppo, come momento
di confronto, che costringono il bambino a tener conto del punto di vista altrui e
negoziare soluzioni favorevoli; il gruppo può avere un ruolo positivo facilitando il
dialogo, la comunicazione, la condivisione, la comprensione degli altri e il
decentramento del sé .
Se un educatore sa leggere e gestire contesti può contenere qualsiasi problema
che si manifesta a livello relazionale o contenuto risulterà autorevole e credibile.88
88 Cfr. M.De Rossi, op.cit., p.156.
65
3. Un percorso laboratoriale di giochi su comunicazione e relazione.
Nella scuola primaria sono sempre più presenti percorsi ludici che consentono
ai bambini di portare nel gioco i propri bisogni e sentimenti, di sperimentare le
conseguenze delle proprie azioni.
Nel gioco si scoprono l’interconnessione e la complementarietà tra libertà e
regole, la libertà ha bisogno di regole (il bambino le crea e costruisce
continuamente, nelle conversazioni, relazioni); la regola, ha bisogno di libertà, e
per essere seguita deve consentire un margine di creatività di movimento89.
Due dimensioni fondamentali del giocare sono: la co-costruzione di regole
comuni, capaci di determinare ordine e stabilità e la variazione creativa delle
regole, senza la quale non ci sarebbe cambiamento e innovazione.
Prima di progettare qualsiasi percorso è importante coinvolgere e motivare i
bambini sulla necessità e i vantaggi di apprendere le nuove abilità, vanno sempre
sostenuti con incoraggiamenti e lodi sui progressi compiuti, sulle qualità delle
relazioni interpersonali, attivando certi comportamenti, dopo ogni gioco/esercizio
agito deve essere previsto il tempo per il gioco ripensato, gioco, dopo gioco o
debriefing: lo spazio che va lasciato all’azione del gioco, va riservato al suo
ripensamento, qui sono necessarie competenze psicopedagogiche e di gestione
d’aula, soprattutto nel gioco relazionale e comunicativo, e strategie didattiche90.
Per giocare con i bambini è importante che gli insegnati credano nel percorso
ludico e nella sua valenza formativa, partecipano con entusiasmo alle attività e
sperimentano i giochi.
4. Attività con il fumetto
Oggi la scuola accoglie molto più consapevolmente i linguaggi espressivi con
cui il bambino ama esprimersi e, quest’atteggiamento contribuisce a rendere più
vivace e piacevole l’apprendimento linguistico, cosicché l’alunno o il bambino può
89 Ibid, p.158.
90 P.Marcato, C. Del Guasta, M.Bernacchi, Gioco e dopogioco, La Meridiana, Molfetta 1995, p.17.
66
usufruire di codici che gli sono più consoni e gli consentono di comunicare il
proprio pensiero.
Una delle tecniche espressive per eccellenza è il disegno (non più visto con lo
scopo di educare la mano alla precisione e all’occhio a una corretta percezione).
I diversi programmi scolastici insistono sulla necessità di motivare, organizzare
e arricchire l’esperienza espressiva dell’alunno, utilizzando solo metodi e strumenti
e modelli che promuovono la creatività.
Il disegno è comunicazione e rappresenta un tramite tra animatore o
insegnante e bambino o alunno, poiché garantisce un colloquio e offre
informazioni sulle conoscenze/capacità del bambino e può essere utilizzato nelle
attività tra gruppi cooperativi.
Giocare tramite il disegno, consente di passare da un disegno libero a immagini
brevi disegnate, create dai ragazzi e poi arricchite di didascalia e nuvolette ed è
così che nasce un fumetto.
Tale attività può essere utile anche per la comprensione di eventi storici o
sociali, o di fatti di cronaca, lavorare sul fumetto o con il fumetto consente di
sviluppare tecniche grafiche ed espressive e consente di svolgere ricerche sia di
tipo creativo sia operativo.
Creative sono le tecniche che richiedono un intervento dell’alunno, dopo scelto
un argomento ed essersi documentati sui contenuti, avrà piena libertà d’azione
nell’illustrare gli aspetti che ritiene più significativi; le tecniche operative svolgono
un ruolo più marginale, richiedono degli interventi su materiali già prodotti da
altri, ma stimolano alla ricerca del materiale da analizzare, selezionare e utilizzare.
L’uso di tecniche espressive, non si limita a una manipolazione, riadattamento
e lettura-osservazione del fumetto, ma prevedono una serie di attività che possono
entrare in rapporto, favorendo attività interdisciplinari.
L’osservazione e il senso estetico, rappresentano due aspetti su cui l’educazione
all’immagine insiste, sono oggi acquisiti in campo educativo come linguaggi
espressivi, possiedono un ruolo per sollecitare lo sviluppo della creatività del
67
bambino e per questo devono essere indirizzati verso esperienze e attività che
utilizzano ogni mezzo per fornire attività d’animazione.
La lettura dell’opera d’arte (pittura, scultura), produzioni personali
(modellaggio, disegno, pittura), l’uso di materiali (incisioni, collage, composizione)
sono alcuni mezzi che consentono di stimolare il linguaggio espressivo e che
possono essere collegati al fumetto: le diverse tecniche del fumetto coinvolgono
disegno, scenografia, architettura e prospettiva per gli ambienti, collage e
composizioni per creare sequenze.91
5. Laboratori e gioco
Le attività espressivo-comunicative possono essere utilizzate per la
realizzazione di laboratori sia espressivi che manuali, si possono considerare
alcune attività animative presenti nei programmi ministeriali che consetono di
elaborare nuove unità didattiche:
• Le esperienze vissute (giochi, eventi quotidiani, avventure, viaggi etc.)
queste proposte presentano infinite possibilità di estensione nelle aree
disciplinari, partendo da un evento sociale, si può preparare un’unità
didattica, prevedendo la descrizione orale o scritta, la ricerca delle origini
del tempo e nelle località, le implicazioni religiose e, il tutto può essere
rappresentato graficamente e riproposto con la tecnica del fumetto, che
richiede un impegno attento per l’esecuzione dei disegni e del testo, per la
creazione della scenografia.
• Le storie di personaggi, di persone reali o immaginarie, protagonisti di
storie lette, ascoltate, viste, inventate, l’uso della tecnica espressiva del
fumetto è lineare a diversi percorsi.
Le storie di animali, possono essere inserite in un discorso interdisciplinare
che prende avvio dalle favole per animali, dai personaggi antropomorfi del
fumetto, dall’osservazione degli animali domestici per poi studiare la fauna
91 G.Marrone, Il fumetto fra pedagogia e racconto.Manale didattica dei comics a scuola e in biblioteca, Roma, Tunué, 2005, pp. 105-108.
68
nelle varie parti del mondo, della storia della trasformazione nei secoli.
Il fumetto dedica spesso delle rubriche e storie a queste problematiche:
leggere e raccontare questo materiale è un modo per riflettere sulle
condizioni di vita e sui comportamenti da assumere, per poi migliorare
queste condizioni.
• Disegnare e dipingere, per favorire opportunità d’espressione e il
riconoscimento e riprodurre le forme e dei colori, la coordinazione occhio-
mano.
L’educatore è a conoscenza delle potenzialità che il disegno e la pittura
mettono a disposizione sia l’insegnante e sia l’alunno, maneggiare carta,
cartoni, tele, matite, colori, chine che rappresentano per l’alunno una
conquista espressiva e poi usarli per esprimere sentimenti e idee, fermare
impressioni o liberare le proprio angosce, è l’aspetto più significativo di
questo mezzo espressivo e artistico, consente all’uomo di comunicare ed
esprimersi. Forma e colore, giocano un ruolo fondamentale nella
realizzazione di un fumetto, poiché determinano la qualità del prodotto.
• Collegare immagini e la parola realizzando dei fumetti per aiutare il
bambini a superare difficoltà di verbalizzazione ad acquisire migliori
strutturazioni spazio-temporali e cogliere le differenze tra discorso diretto
e discorso indiretto. È presente una maggiore richiesta nei programmi di
avvicinare il bambino alla conoscenza di tutti i moderni codici linguistici,
non può limitare l’uso del fumetto alla produzione in classe.
• Costruire sequenze disegni, fotografie e diapositive, raccontando storie e
documentando ricerche, per acquisire una migliore strutturazione spazio-
temporale.
Il concetto di sequenza trova una risposta nel fumetto, la sua fruizione
resta il miglior mezzo per comprendere la dinamicità spazio-temporale che
prende forma si srotola da un riquadro all’altro.92
92 Ibid., pp.109-112.
69
6. Costruire con le mani.
Le carenze di sussidi e strumenti, può essere superato mettendo a frutto
creatività e abilità manuali. L’uso di materiali poveri, può fornire spunti per
l’applicazione di tecniche manuali, che possono offrire agli alunni informazioni più
approfondite sulla struttura di strumenti che si è soliti a usare senza conoscere le
composizioni.
Questi lavori stimolano la creatività, si rende necessario scoprire quali materiali
possono essere adatti a costruire qualcosa.
Gli aspetti che meglio favoriscono lo sviluppo delle attività manuali all’interno
di un programma didattico possono essere indicati nei seguenti:
1. Modellare sabbia. Creta e paste di diverso tipo, per favorire la
percezione tridimensionale, il contatto con la materia.
La manipolazione, risveglia nel bambino la percezione delle proprie
potenzialità sensoriali, la modellatura di personaggi conosciuti del
fumetto (topolino, paperino), la creazione di maschere che ne
riproducono le sembianze può essere un’opportunità realizzata con
gioco e può consentire di esprimere la proprio energia in maniera
creativa.
2. Utilizzare materiali di varia provenienza per realizzare collages,
stampe, composizioni e costruzioni. Questi materiali si adattano molto
bene ad attività finalizzate all’educazione artistica e motoria, la
realizzazione di collage, composizioni e costruzioni presuppone,
l’acquisizione di capacità che gli permettono di combinare forme e
colori in maniera gradevole e di scegliere riproduzioni, stampe od altri
materiali con gusto artistico.
3. Incidere materiale diverso (vegetali, linoleum) e rivelare impronte di
diverso tipo. È una tecnica manuale poco usata nelle scuole, perché
richiede una preparazione specifica, queste tecnica potrebbe essere
usata anche nei disegni per elaborare il fumetto.
70
4. Fotografare oggetti e situazioni da differenti angolazioni, in bianco e
nero in posa o istantanea, per confrontare modi diversi di
rappresentare la realtà, collegandoli alle personali esigenze di
espressione e comunicazione. Scattare fotografie, scegliendo
personaggi, paesaggi soggetti è una soddisfazione per il bambino,
perché la foto è il risultato di ciò che è riuscito a fare, ma sono
stimolanti i rapporti con l’esterno dove di può sviluppare fin
dall’infanzia, evidenziando anche le sensazioni che il ragazzo vive,
anche la fotografia aiuta a esprimere sentimenti a creare rapporti
concreti con la realtà.
Il ruolo dell’immagine lega profondamente fotografia e fumetto, poiché il
fotogramma deve essere realizzato effettuando delle scelte dei soggetti e
ambientazioni. Il contenuto del fumetto è in grado di stimolare la fantasia e la
creatività infantile, sia come lettura che come produzione realizzare dall’alunno.93
93 Ibid, pp. 112- 115.
71
CAPITOLO QUARTO
ANIMAZIONE E FUMETTO
1. Animare parole e immagini.
La produzione legata all’infanzia, fiabe, racconti d’avventura, fumetto, ripone il
suo fondamento sull’elemento fantastico, presente nel modo di esprimersi del
bambino.
Fantastico e immagini restano i codici più significativi attraverso cui il bambino
riesce a comunicare il suo modo di essere al mondo adulto.
Come si possono animare fiabe e storie, anche nei fumetti, si può compiere la
medesima funzione, scegliendo le storie che hanno maggiormente colpito il
bambino, la composizione del fumetto, tra l’altro, si presenta a essere animato
poiché già contiene la struttura del dialogo, e la sceneggiatura non ha bisogno di
essere elaborata.
Trasporre la storia a fumetti, in un impianto a carattere recitativo, accorda
l’incontro di più linguaggi all’interno di una rappresentazione che può prendere
connotazioni più vicine al teatro.
Non mancano le opportunità per scoprire vecchi e nuovi modi di utilizzare il
fumetto, si può animare o trasformare in racconto; e di ogni evento o storia si può
realizzare una riduzione a fumetti.
L’incontro con più linguaggi e relazioni spazio-temporali, fornisce al bambino
elementi dei codici multimediali con cui si è in contatto.
All’interno di una rappresentazione recitativa, ciascun elemento del gruppo,
svolge funzioni che rientrano in un contesto complessivo e implicano i rapporti
con la coscienza di sé, degli altri e dello spazio.94
94 Ivi. p.116.
72
È possibile, per svolgere tali attività, sfruttare le abilità gestuali, mimiche, di
movimento e plasticità, quando la rappresentazione è figurativa (fumetto, disegno,
pittura) siamo in un campo che giocano i ruoli di ritmo e plasticità, se l’alunno
non acquisisce coscienza e conoscenza del proprio corpo e dello spazio non
raggiunge padronanza dei codici iconici95.
Interpretare i codici è un percorso sempre vicino a un piano educativo che,
coinvolge sia la famiglia che la scuola.
Il codice iconico del fumetto contribuisce ad arricchire e ampliare il bagaglio di
conoscenze che la popolazione scolastica acquisisce in ambiente extrascolastico.
Animare un fumetto o ridurre in linguaggio verbo-visuale una produzione
teatrale sono operazioni in grado di stimolare le capacità comunicative e di
socializzazione dei bambini, quindi svolgere un ruolo positivo anche nel rapporto
insegnamento- apprendimento.
2. Leggere il fumetto.
L’inserimento delle tecniche laboratoriali di animazione in un percorso
dedicato sia al gioco, alla lettura e l’animazione di storie garantisce, grazie
all’animazione, che alcuni aspetti della narrazione escono dalla carta stampata per
essere vissuti con il corpo e il movimento.
Ferraresso, all’inizio del suo testo Animare le Storie96 afferma che, nel dibattito
tra televisione e lettura, quest’ultimo gode di un vantaggio: il lettore, rispetto allo
spettatore della tv, deve impegnarsi di più, ma lo fa in un’attività ludica, in un
gioco.
Leggere è giocare con la fantasia, giocare con le parole, giocare a tuffarsi negli
ambienti, giocare ad avere paura, giocare a rischiare senza del male, giocare a
confrontarsi, giocare con se stessi e diverte grandi e piccole.
95 Ibid.
96 Cfr. L.Ferraresso, Animazione alla lettura, Morelli, Dolo, 1996. M. De rossi,p. 26..
73
La lettura è gioco, l’animazione alla lettura enfatizza l’aspetto ludico
dell’esperienza che il soggetto vive con il libro; frasi, esclamazioni, movimenti,
espressioni del viso tornano alla concretezza e possono quindi essere giocati,
nell’esperienza della lettura, l’interpretazione è data dall’incontro tra il punto di
vista dell’autore e quello del lettore, nella presentazione animata di un fumetto
l’incontro si amplia per comprendere l’altro, il gruppo, il confronto e il dialogo.
La lettura richiede al soggetto una quantità d’energia mentale in termini
d’attenzione, ma gli stati affettivo-emotivo provocati dalla valutazione della
lettura, in termini di godimento estetico ed empatia, producono energia.
Nella lettura il sistema affettivo e cognitivo interagiscono: l’animazione lavora
per accentuare il primo aspetto, contribuendo a costruire la tonalità affettiva, essa
viene progettata al fine di facilitare il processo di comprensione della narrazione
in termini di ambiente, personaggi, fatti e sequenze, supportando il sistema
cognitivo, al contempo, essa viene progettata anche al fine di facilitare il
processione di comprensione della narrazione in termini di ambienti, personaggi..97
2.1. Raccontare con le immagini.
Il racconto d’immagine, definito da Michael Rak nell’introduzione Manuale di
lettura dei fumetti98, ha attinto al repertorio e alle procedure di due tradizioni, ”narrativa”
in senso lato, che molte culture storiche hanno tenuto idealmente divise, con varie
motivazioni, nei loro sistemi di modelli: tradizione del visuale e la tradizione del verbale.
Il concetto di lettura, comunemente, viene identificato con la parola scritta e
non con l’immagine, ma tutt’oggi la lettura non viene ancora estesa a tutte le
forme di linguaggio iconico, ma si ha un avanzamento verso la lettura dell’opera
d’arte.
Questa posizione consente al fumetto di avere un riconoscimento letterario per
la parte del dialogo e dei cartigli, ma non per la parte visuale, cioè l’aspetto grafico
97 Cfr. M.De Rossi, op.cit., p.175.
98 Michele Rak, Introduzione a Ulrich Krafft, Manuale di lettura dei fumetti, Torino, Erickson, 1982, p.7.
74
pittorico, e come se le componenti delle vignette si ponessero come due aspetti o
momenti separati.
In realtà, il fumetto si rivolge al lettore come un racconto per immagini, in cui
la nuvoletta svolge un ruolo di completamento, che dà modo al personaggio di
dialogare, pensare, esprimere proprie opinioni, danno un maggior al contenuto
della trama.99
Per il bambino il passaggio dall’osservazione del disegno alla lettura completa
del quadretto è spontaneo e quindi, rispettando questa naturale evoluzione
dell’apprendimento, l’approccio con la lettura può avvenire senza traumi, come
risposta della curiosità infantile verso nuove conoscenze.
Inoltre, oltre a stimolare la lettura, il fumetto rappresenta un mezzo per
avviare il bambino alla scrittura, in quanto viene richiesto all’alunno di completare
delle nuvolette precedentemente cancellate, oppure di arricchire dei disegni con
didascalie e nuvolette.
Le fasi operative di un’unità didattica, attraverso cui il bambino deve saper
scrivere un breve racconto tra due personaggi, sono queste:
• Disegnare un fumetto con due personaggi;
• Far parlare tra loro i due personaggi;
• Scrivere la trama della storiella;
• Riscrivere la storiella con i due personaggi che dialogano.100
99 Cfr. G. Marrone, op. cit, p.70.
100 Ivi, p. 72.
75
3. Animazione alla lettura.
L’animazione alla lettura è un’azione consapevole, che produce un
avvicinamento affettivo e intellettuale a un testo, la scuola vede nell’educazione
alla lettura come un processo continuo da impostarsi dalla scuola dell’infanzia
primaria, dove gli insegnanti, grazie al saper fare arricchisce il loro repertorio di
giochi didattici.
L’animatore alla lettura ha come scopo incrementare la lettura, non solo dal
punto di vista pedagogico, che in sé l’educazione strumentale, ma anche ambendo
a un’analisi meta-strumentale: l’animatore alla lettura insegna a rileggere, a non
fermarsi al primo livello interpretativo.101
La lettura va oltre la decifrazione del codice, perché saper leggere:
• È un insieme di abilità e un atteggiamento che supera gli ambiti
dell’educazione linguistica e che riguarda un’area disciplinare;
• È soprattutto un problema di curiosità e motivazione alla lettura in
quanto tale e non solo alla lettura scolastica, basato sul superamento
tra ciò che si vuole e ciò che si deve leggere;
• È in sostanza il passaggio da una concezione della lettura come attività
libera e capace di porre il soggetto in relazione con se stesso e con gli
altri.102
Educare alla lettura, attivando e consolidando un comportamento intelligente e
costante di lettura, sembrano quindi essere le condizioni essenziali per la
motivazione e l’interesse per la lettura: l’animazione alla lettura rappresenta una
delle strategie per suscitarli.
Animare un fumetto consente di attivare meccanismi cognitivi ed emotivi, si
considera il contesto multimediale in cui è immerso il lettore.
101 Cfr. A. Arca, Animazione alla lettura. Teorie e Tecniche, Brescia, la Scuola, 2006, p.11.
102 Cfr. M. De rossi, op. cit, p. 175.
76
Il processo di decodifica e comprensione di un testo implica una certa attività
cognitiva, molto faticosa per un lettore, tramite l’animazione alla lettura il lettore
viene accompagnato nella scoperta dei testi supportato nell’impegno attentivo e
cognitivo che la lettura comporta, scoprendo il piacere che ne deriva.
Per un bambino impegnato nell’acquisizione del codice, il fumetto, essendo un
testo animato, è vissuto come un dono, un promemoria delle emozioni che si
annidano tra le pagine, un incentivo ad acquisire il codice.
L’intenzionalità dell’animatore-insegnante consente di proporre un ascolto
diverso, che comprende non solo gli scenari dell’azione ma anche le descrizioni
d’ambiente e gli scenari di coscienza dei personaggi.103
3.1. Struttura del progetto d’animazione.
La programmazione di un’animazione alla lettura prevede tre momenti: la
programmazione vera e propria, l’attuazione e la verifica.
Il lavoro dell’animatore si snoda, prima durante e dopo l’attuazione
dell’animazione.
PRIMA
A) Analisi: “Chi sono” i bambini destinati all’animazione;
B) Definizione degli obiettivi: generali (suscitare o aumentare la voglia di
leggere), specifici (quelli propri dell’animazione);
C) Preparazione:
1. Remota: conoscenza di psicologia dell’età evolutiva, d’illustratori;
2. Prossima: passione che spinge l’animatore a confrontare le teorie con il
bambino reale, costruendo animazioni coinvolgenti
Nella fase di preparazione sono definiti il titolo dell’animazione, i tempi
necessari per i vari movimenti, che non devono superare i sessanta minuti,
103 Ibid, p. 177.
77
ambiente in cui è effettuato, il tipo d’animazione questa scelta si rivela
delicata, tiene conto delle caratteristiche del testo rapportabile a quella dei
bambini a cui viene presentato. L’intervento animativo può essere
effettuato prima, durante o dopo la lettura.
La scelta dell’animazione è opzionale: per ogni testo ne va predisposto una sola
e solo una, da effettuarsi prima, durante o dopo la narrazione, una delle prime
scelte della progettazione dell’animazione sta se essa sollecita nel bambino
processi di comprensione del testo o lo stimola a percorsi interpretativi.
Per comprensione intendiamo riferirci a un processo dinamico d’interazione
tra le informazioni nuove fornite dal testo e le conoscenze presente nel lettore.104
Comprendere un racconto ascoltato significa essere capaci di ricordare:
• Le sequenze logiche e cronologiche di un testo;
• Le situazioni iniziali e l’ambientazione;
• Gli eventi della storia e le relazioni del personaggio dei principali;
• Il modo in cui gli episodi si concludono.
Comprendere è ricevere le informazioni che con il testo ci vengono offerte dal
suo autore, interpretare invece:
• Reagire al testo in base alla propria esperienza;
• Dare valutazioni estetiche o ideologiche del testo.
Un’animazione finalizzata alla comprensione invita ai bambini a soggiornare
nel testo, approfondirlo, a esplicitare il non detto partendo dal detto, mentre
quella finalizzata all’interpretazione parte dal testo per andare altrove, nei
pensieri, nei vissuti.
DURANTE
104 R.De.Beni, F.Pazzaglia, Lettura e meta cognizione, Erickson, Trento 1991. p. 180.
78
Fasi della realizzazione:
a) Creazione dell’atmosfera: l’animatore predispone l’ambiente,
decidendo se i bambini si siederanno in cerchio o davanti a lui, su sedie
o a terra, dispone oggetti che possono fungere da organizzatore
anticipato o che siano evocati ambienta o situazioni.
b) Accoglienza: in questa fase l’animatore incontra i bambini: può
presentare se stesso, l’ambiente che ha strutturato, alcuni oggetti
presenti, ed effettuare un’animazione che precede la lettura;
c) Parte centrale: narrazione ed eventuale animazione “durante” o”dopo”;
d) Congedo: l’animatore saluta, dà la tempistica dell’eventuale prossimo
incontro e consegna a ciascun bambino un piccolo regalo. È costruito
dall’animatore in conformità a criteri di economicità di tempo e
materiali, ma con una presa intenzionalità educativa: esso allo scopo di
ripercorrere la narrazione del fumetto e raccontare ad altri.
Solitamente rappresenta i personaggi della storia, ma anche ambienti o oggetti
attorno ai quali si è snodata la narrazione.
Più i bambini sono piccoli, più il regalino deve rappresentare personaggi o
oggetti nella sua interezza, la capacità di rievocare un personaggio, ambiente o
oggetto tramite una sua parte richiede al bambino di avanzare un processo di
simbolizzazione, sul regalino sono riportate la data dell’animazione, il titolo e
l’autore del fumetto.
DOPO
Verifica: rivisitazione critica dell’animazione relativa a:
• Momenti dell’animazione;
• Tempi:
• Protagonisti;
79
• Strumenti e materiali”
Luigi Ferraresso, maestro e animatore, afferma che al centro di ogni percorso
di lettura o progetto d’animazione vi deve essere un buon testo.105
4. Educare e linguaggio.
Il fumetto rappresenta una delle più importanti forme espressive mediante i
quali i bambini si accostano alla lettura, data l’affinità con il mondo dei cartoni
animati, non sorprende la sua potenzialità attrattiva che esercita nei piccoli.
Una ricerca condotta dall’ISPO106 pone i fumetti tra le letture preferite dai
bambini tra i 6 e i 13 anni: il 16% li sceglie, preferendoli alle favole o ad altri
generi.107
Da anni è stato riconosciuto il valore socializzante dei media, ciò vale anche per
i fumetti, le cui storie contribuiscono a diffondere valori, stili di vita e aspettative
delle diverse generazioni, il fumetto propone un linguaggio alla sensibilità dei
bambini, che è un territorio d’indagine molto interessante prima ancora che per
gli alunni, per il formatori.
Il linguaggio dei fumetti si può analizzare e smontarlo al fine di predisporre
strumenti critici e operativi, utili per costruire dei progetti e dei laboratori,
finalizzati alla produzione e alla comprensione, il fumetto dovrebbe essere un
laboratorio di ricerca permanente, si evidenzia il pieno sfruttamento di codici
comunicativi di un nuovo territorio espressivo che l’ambizione di diventare un
ambiente per ripensare le pratiche didattiche.
Il fumetto è un linguaggio moderno, la sua funzione principale è creare un
ambiente comunicativo attraverso cui veicolare sentimenti, emozioni e azioni e
raccontare storie; la comunicazione prevede una fonte (da cui parte la
comunicazione), un messaggio (che costituisce il contenuto della comunicazione),
105 Cfr. M.De Rossi, op. cit., pp. 179-183.
106 Istituto per gli studi della pubblica opinione.
107 S. Tirocchi, G. Prattichizzo, Nuvole Parlanti. Insegnare con il fumetto,Torino, Carocci Faber, 2005, p. 37.
80
un destinatario (arrivo della comunicazione), inoltre presuppone l’uso di codici,
cioè di sistemi di regole convenzionali, che possono essere condivisi e non condivisi
e l’esistenza di un contesto all’interno del quale la comunicazione si sviluppa.
Nel fumetto il processo comunicativo assume forme più articolate, quando uno
legge un fumetto si trova di fronte a un testo complesso, fatto di diversi codici. Il
linguaggio del fumetto è costituito da due tipi di elementi: la parola e l’immagine (i
disegni veri e propri e le frasi contenute all’interno delle nuvolette o all’interno
delle vignette).
La comunicazione, si sviluppa a diversi livelli: l’emittente è l’autore del fumetto
ma può essere anche il personaggio che esprime le idee dell’autore.
Per comprendere al meglio il fumetto, è necessario conoscere le regole di
lettura, intesa non tanto come conoscenza linguistica dei codici, quanto
acquisizione di competenze esperienziali e contestuali, che maturano attraverso la
pratica quotidiana della lettura.
La competenza comunicativa, dunque come capacità di decodificare
(interpretare) i contenuti del format-fumetto (riconoscimento del funzionamento
della narrazione, dei personaggi, dei temi), si articola attraversi diversi livelli di
senso e significato.108
Il fumetto è un dispositivo narrativo che si avvale di un codice multiplo per
raccontare storie in modo originale, attivando strategie comunicative che attirano
il lettore all’interno del suo mondo d’immagini in movimento, inoltre, secondo
Giovanni Genovesi, il fumetto ha un valore educativo, offre occasioni di svago e
compensazione psichica.109
5. Il piacere di leggere.
L’approccio alla lettura, nella scuola primaria, è delicato e coinvolge due
momenti fondamentali dell’apprendimento infantile: imparare a leggere e leggere
con piacere.
108 Ibid, p. 42.
109 Ibid.
81
È fondamentale il primo rapporto con la lettura, se si presenta, gravoso anche i
successivi rapporti ne saranno danneggiati: un bambino che legge con difficoltà
diventerà un adulto non lettore.
Il primo approccio deve essere gioioso e gradito, quindi grazie al fumetto e
grazie alle immagini è possibile fornire un terreno di comprensione e di curiosità.
La parola scritta del fumetto ha la possibilità di avere una corrispondenza con i
personaggi, permettendo un’intuizione immediata e un riferimento concreto con
l’ambiente in cui si svolge l’azione, la narrazione è provvista di dinamicità
temporale e spaziale, ma è presentata attraverso schemi statici, le vignette, che
consentono al bambino di soffermarsi su ciascuna sequenza o passare dall’una
all’altra.
La rappresentazione grafica, che muovendosi dal disegno o dall’immagine di
arricchisce di altri codici linguistici, la descrizione verbale, il dialogo,
l’onomatopea, è un modo molto naturale di comunicare per il bambino e quindi il
primo impatto con questo tipo di lettura è più congeniale.110
La naturale tendenza del bambino a cogliere prima l’insieme, nella sua globalità,
per poi soffermarsi sui particolari e avviare un processo di approfondimento delle
conoscenze acquisite, trova risposta nel rapporto con la lettura verbo-visuale,
dapprima percepito come insieme visivo e solo in un secondo momento come
composizione di elementi.
La vignetta disegnata contiene una serie di elementi, che pur racchiusi in
riquadri e strisce, favoriscono il colpo d’occhio globale, consentendo al lettore di
cogliere il senso complessivo della narrazione e poi soffermarsi sulle singole fasi di
sviluppo del racconto e sui particolari che vivificano l’azione, la presenza
dell’effetto scenico dinamico della striscia e statico della vignetta, facilita il
passaggio da una comprensione complessiva dell’intreccio narrativo a
un’acquisizione sequenziale degli elementi che compongono il testo.
110 G. Marrone, op. cit, p. 100.
82
Conclusione.
La promozione di albi a fumetti, con le migliori storie dei personaggi più amati
dei comics, ha contribuito a diffondere storie offrendo un’occasione didattica, e
soprattutto autodidattica, straordinaria.
Questa iniziativa ha incrementato la visibilità pubblica del fumetto, rilevando
l’importanza e l’esigenza di un’educazione seria e sistematica a quel genere di
lettura, in una società contrassegnata dalla pevarsività dell’immagine e dalla sua
straordinaria capacità d’attrazione.
La nostra società, affacciata sempre di più alla tecnologia, predilige come
mezzo di comunicazione l’immagine come componente elementare di interfacce
utente reattive ed interattive, essendo anche un mezzo di comunicazione più
naturale rispetto alla scrittura(esistito fin dalle origini) è presente tutt’ora grazie a
diversi dispositivi(cfr. Android, Windows Phone e iOS111), che cercano di sfruttare
al meglio i codici dell’immagine, essendo il linguaggio delle immagini altamente
evocativo.
Le immagini, nella comunicazione multimediale costituiscono un linguaggio
visuale, che consente la manipolazione grafica degli elementi, infatti, il fumetto è
un’ arte visuale, sia come genere narrativo che come linguaggio moderno, per
questo la sua funzione primaria consiste nel creare un ambiente comunicativo.
La prospettiva del fumetto nell’ambito didattico, utilizzando tecniche animative
per accostare bambini e ragazzi a questo mezzo comunicativo, consente
un’educazione ai media, ossia una disciplina che pensa ai media come risorse
integrali per il processo formativo.
Con l’espressione dei media education si intende il duplice significato: educare
con i media e ai media.
Nella prima si riferisce all’utilizzo dei media come uno strumento da impiegare
all’interno di una didattica tradizionale, mentre nella seconda i media sono
considerati un vero e proprio ambiente formativo.
111 Sono le piattaforme software di Google, Windows e Apple.
83
L’utilizzo di tecniche multimediali nella prassi animativa, consente di
raggiungere degli obiettivi: la comunicazione in differita112, educare ai media e
comunicare con una pluralità di linguaggi.
Grazie a degli strumenti esemplificativi come laboratori mediali (fumetto,
fotografia, video-film making) si sviluppano un’educazione all’immagine e una
produzione multimediale.
L’utilizzo del fumetto nelle tecniche narrative, considerando il valore intrinseco
del fumetto, consente grazie alla lettura animata, storytelling, foto-story, scrittura
creativa e collaborativa e il digital storytelling, di sviluppare l’ascolto, la
comprensione e una riflessione sull’esperienza e sulle azioni.
La civiltà è sempre più indirizzata al cambiamento, il quale implica
inevitabilmente nuove metodiche e modelli di approccio didattico. Tal evoluzione,
quindi, segue e seguirà sempre di più una via parallela rispetto quella dei nuovi
strumenti disponibili, dunque: perché non considerare i vantaggi che essi possono
dare a supporto della comunicazione? E, perché non provare a scoprirle nel mondo
scolastico?
Da queste due questioni, si afferma la centralità strategica del fumetto e delle sue
peculiarità, per il futuro della didattica e della comunicazione tout court.
112 Rendere recepibile un messaggio, una informazione, in qualsiasi luogo ma - come significato dal termine "differimento" - in un qualsiasi tempo, ovvero in un tempo costitutivamente successivo rispetto a quello dell'acquisizione originaria dei dati.
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Grafica, impaginazione, stampa e rilegatura