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Fabio Aguzzi, Rosa sola, 1998 (particolare) AL PORTALETTERE: in caso di mancato recapito inviare all’Ufficio Poste di Cesena-Centro per la restituzione al mittente, che si impegna a pagare la relativa tassa. NOTIZIARIO «AMICI DI BENEDETTA» Anno XXX - n. 1 - Maggio 2015 Semestrale - Poste Italiane s.p.a. - Sped. abbon. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB di Forlì - Aut. Trib. Forlì n. 18/86 - Dir. Resp.: Gianfranco Amati - “Amici di Benedetta” Casella postale n. 62 - 47013 Dovadola (FC) - Amm.: Via Benedetta Bianchi Porro, 4 - Dovadola (FC) - Tel. 0543 934676 - c.c.p. 1000159051 - Taxe perçue (tassa riscossa) - Stampa Stilgraf Cesena «… Poi gli accordi di una melodia «solfeggiata da una rosa bianca «che tua madre scorse per prima «aprirsi d’inverno cantando il tuo segreto «al soffio divino dell’alba». Anna Laura Conti

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Page 1: NOTIZIARIO «AMICI DI BENEDETTA» · mossi da mons. Evelino Dal Bon. In questo numero pubbli - chiamo ancora due meditazioni che sono molto belle. Spero davvero che questa tradizione

Fabio Aguzzi, Rosa sola, 1998 (particolare)

AL PORTALETTERE: in caso di mancato recapito inviare all’Ufficio Poste di Cesena-Centro per la restituzione al mittente, che si impegna a pagare la relativa tassa.

NOTIZIARIO «AMICI DI BENEDETTA» Anno XXX - n. 1 - Maggio 2015Semestrale - Poste Italiane s.p.a. - Sped. abbon. post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2 - DCB di Forlì - Aut. Trib. Forlì n. 18/86 -Dir. Resp.: Gianfranco Amati - “Amici di Benedetta” Casella postale n. 62 - 47013 Dovadola (FC) - Amm.: Via Benedetta Bianchi Porro, 4 - Dovadola (FC) - Tel. 0543 934676 - c.c.p. 1000159051 - Taxe perçue (tassa riscossa) - Stampa Stilgraf Cesena

«… Poi gli accordi di una melodia«solfeggiata da una rosa bianca «che tua madre scorse per prima«aprirsi d’inverno cantando il tuo segreto «al soffio divino dell’alba».

Anna Laura Conti

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• Il 14 novembre a Dovadola Manuela Bianchi Porro ha incon-trato i seminaristi di Bologna e don Enrico Casadei Garofaniper parlare di Benedetta.

• Nel pomeriggio dello stesso giorno era invece a Coriano, inprovincia di Forlì nella chiesa di San Giovanni Battista per l’i-naugurazione del portone di bronzo in cui appare anche Bene-

Pagine di diarioa cura di ROBERTA BÖSSMANN

segnanti di religione coordinato dalla professoressa Iolanda Za-netti.

• Il 22 gennaio 2015 è apparso, su “il momento” un bell’artico-lo di Giovanni Amati per il 51º anniversario di morte di Bene-detta. Veniva ricordato l’appuntamento di domenica 25 gennaioalla Badia di Dovadola con la Santa Messa presieduta dal car-dinale Giuseppe Versaldi di cui riportiamo la parte dell’omeliarelativa alla nostra Venerabile. Il tema dell’incontro, dell’accet-tazione della Croce, la carità verso gli altri che la fanno diven-tare apostola e testimone dell’Amore di Dio sono i temi svi-luppati in modo efficace dal cardinale e motivo di riflessioneper tutti noi.

• Il 23 gennaio gli Angeli dell’Annunziata di Ascoli hanno pre-sentato un recital sulla vita di Benedetta. Riportiamo una bel-lissima cronaca dell’evento che permette a tutti noi di esseretra quei bimbi della scuola elementare di Ascoli Piceno. L’arti-colo di Mary P., fatto con grande delicatezza, dona a tutti i no-stri lettori l’emozione vissuta dalle “formichine di Dio” e dailoro spettatori. Gianfranco ed io abbiamo avuto il privilegio dipoter vedere un filmato artigianale della recita e, vi assicuro,più volte ci siamo ritrovati con le lacrime agli occhi!

• Il 24 gennaio 2015 Manuela era a Dovadola per un incontro-testimonianza con il gruppo della parrocchia di San GiovanniBattista di Monte Colombo (Rimini).

• Il 25 gennaio il gruppo “Amici di Benedetta” dell’Alto Mace-ratese ha ricordato a Pieve Torina il 51º della sua morte. L’a-mica Federica ci ha inviato una breve cronaca della giornata.La troverete in questo numero. È molto bello che quell’incon-tro sia diventato anche un momento per raccogliere offerte perl’ospedale in Uganda fondato da Piero e Lucille Corti, grandiamici di Benedetta. Quando Lucille contrasse il virus dell’Aidslavorando in situazione di guerra, continuò intrepida il suo la-voro; il marito, sconvolto, scrisse al fratello: «Lucille, dall’ini-zio di questa prova, è semplicemente magnifica... l’ho messasotto la protezione di Benedetta Bianchi Porro. È pensando alei che abbiamo cominciato a lavorare come medici missionariin Africa». Ho voluto fare dono di queste parole scritte da ElioGuerriero su “Avvenire” di mercoledì 8 ottobre 2014, a p. 4,perché penso possano essere per voi un incentivo a continuareil vostro generoso sostegno.

• Sabato 31 gennaio in preparazione alla Giornata per la vita, aCassano Magnago (Va), nella chiesa di San Giulio, EmanuelaBianchi Porro ha portato la sua testimonianza su Benedettapartendo dal suo pensiero: «Io penso che cosa meravigliosa èla vita anche nei suoi aspetti più terribili; e la mia anima èpiena di gratitudine e di amore verso Dio per questo».

• L’associazione “Gli Elefanti” ha pubblicato il calendario del2015 - Un anno d’arte per una vita di solidarietà. Per il mesedi febbraio l’artista Bruna Turchi ha fatto il ritratto di Benedet-ta. Vederlo è stata una bella sorpresa!

• Domenica 8 marzo si è svolto a Sirmione il consueto “Concer-to di primavera” promosso dall’associazione “Amici per Bene-detta Bianchi Porro”, dal Comune e dalle Terme di Sirmione.L’amico Maurizio Toscano ha fatto per noi un resoconto dellaserata.

detta. Il parroco, don Enzo Scaioli ha chiesto a Emanuela diportare la sua testimonianza.

• Lunedì 1 dicembre 2014 esce su “l’Osservatore Romano” l’ar-ticolo Fiore d’inverno di Lucinda M. Vardey. Racconta la vitadi Benedetta che Lucinda ha conosciuto attraverso un libro tro-vato nella chiesa di Sant’Anna a Sirmione. È stata colpita dal-la foto di copertina che rappresenta una «elegante e giovanedonna sorridente, che porta alle orecchie le boccole che anda-vano di moda negli anni ’60 del Novecento. I suoi occhi scurinon guardano verso la macchina fotografica, ma sembrano fis-sare qualcosa che va ben oltre la comprensione razionale, ov-vero le gioie dell’amore sperimentato percorrendo la via dolo-rosa sotto il peso di una croce molto gravosa». Così inizia l’ar-ticolo. Dell’autrice doniamo ai nostri lettori un altro scritto in-viato in inglese, che le amiche di Ostuni hanno tradotto. È mol-to bello. È la storia di un incontro.

• L’11 dicembre 2014 c’è stata a Dovadola l’inaugurazione delcorso di alta formazione. Ne parliamo in un articolo.

• A Sirmione sono continuati, nel 2014, gli incontri mensili pro-mossi da mons. Evelino Dal Bon. In questo numero pubbli-chiamo ancora due meditazioni che sono molto belle. Sperodavvero che questa tradizione possa essere ripresa, almenoqualche volta, anche in futuro.

• L’11 gennaio 2015, a Forlì, don Giovanni Amati, Responsabi-le dell’Ufficio Diocesano delle Comunicazioni sociali di Forlì-Bertinoro, espone una relazione sulle figure religiose più signi-ficative del territorio, Benedetta è una di esse, all’interno delprogramma di pastorale della scuola e di formazione degli in-

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• Il 13 aprile viene invece affrontato il tema: La morte nella cultura odierna: bambini adolescenti di fronte alla morte.Relatore è don Erio Castellucci. Un grazie alla coordinatrice checi invia il variegato programma ricco di iniziative interessanti.

• Domenica 19 aprile, a Sirmione, si sono incontrati nella stan-za di Benedetta un gruppo di Peschiera del Garda e di Verona,affiliati a CL, che fanno capo a Bruno Maffezzoli.

• Sabato 25 aprile. Manuela era a Dovadola con un gruppo di Bo-logna della Parrocchia di Santa Teresa del Bambino Gesù, ac-compagnato da don Massimo Ruggiano che ha scritto un belprofilo di Benedetta, analizzando il suo cammino psicologico-spirituale e la trasformazione interiore che la sofferenza opererànella sua vita. Nel prossimo numero pubblicheremo questo lavo-ro nel nostro periodico. Ringrazio anche Manuela che puntual-mente ci informa sui suoi incontri per far conoscere la nostraBenedetta. Sono davvero tanti e se qualche notizia ci sfuggechiedo perdono a lei e alle altre persone che ho dimenticato diricordare. Qui siamo sommersi dalle carte e qualche volta vadoin confusione! È bello sapere che tanti desiderano conoscereManuela o altri testimoni per avere notizie di prima mano di Be-nedetta; credo che questi incontri possano davvero aiutarci a far-ci sentire Benedetta un po’ sorella anche nostra e a farcela sen-tire una persona a cui rivolgersi per farsi aiutare e per trovare inlei una testimone del Vangelo vicina ai nostri giorni.

Non mi resta che augurare a tutti una buona preparazione al Giu-bileo della Misericordia indetto da papa Francesco a partire dal-l’8 dicembre prossimo. Il tema della misericordia è la cifra delnostro Papa e Benedetta ci può certo aiutare ad arrivare a com-prendere questo concetto così grande da essere la proprietà fon-damentale di Dio, quando vuole comunicare a noi la sua stessaessenza, la sua fedeltà alla sua alleanza e la sua incrollabile pa-zienza con noi uomini.«Dio perdona tutto, e Dio perdona sempre» ci ha ricordato papaFrancesco e Benedetta con la sua vita è stata un continuo richia-mo a questo pensiero. Spero che queste pagine, che siamo riusci-ti a mettere insieme grazie all’aiuto di tanti amici, possano aiutar-ci a vivere bene questi mesi di attesa.Chiediamo allo Spirito Santo di starci vicino e di fortificare il le-game che c’è tra noi e Benedetta e, ovviamente, anche quello tradi noi!Buona estate a tutti!

• Sabato 21 marzo ilComune di Zelo Sur-rigone, in collabora-zione con la Bibliote-ca dell’Orologio hapresentato il libro Idolci volti di Dio diMaria Grazia BolzoniRogora, alla presenzadell’autrice e di Car-men Bianchi PorroSpinelli, sorella diBenedetta.

• Il 28 marzo la caraamica Giuliana Peco-latto ha scritto un ri-cordo di Anna Cap-pelli e di Benedetta,con la sua consueta capacità di testimoniare, pur nella soffe-renza, il tanto amore che ha da donare. Definisce Anna e Be-nedetta «due stelle della stessa costellazione, fuoco entrambedell’Amore di Dio». Grazie, Giuliana, per questo splendidopensiero!

• Il 31 marzo, Manuela, al mattino, ha parlato a Busto Arsizio al-la scuola primaria “Chicca Gallazzi” alle quarte e quinte classi.Il pomeriggio è tornata a Cassano Magnago (VA), parrocchia diSan Giulio, per incontrare 130 ragazzi di tre parrocchie che han-no preparato un cartellone da portare a Benedetta a Dovadola.

• Il 3 aprile l’Hospice di Dovadola ha ottenuto sulle pagine del-la stampa locale un pubblico riconoscimento per la competen-za e la sensibilità dimostrate nell’accompagnamento dei suoipazienti. È una struttura che svolge un servizio davvero importante: chivi lavora non si limita ad impegnarsi nei protocolli medici neiconfronti di coloro che si affidano alle cure, ma sostiene anchei familiari con grande professionalità e tanta umanità nei mo-menti difficili che la vita richiede di affrontare. Il sindaco diDovadola, Gabriele Zelli, con l’associazione “Amici dell’Ho-spice” e con il dottor Marco Maltoni, intende sensibilizzare icittadini con appuntamenti culturali, previsti per il prossimo au-tunno, al fine di sostenere la struttura anche finanziariamente.

Dovadola, 25 aprile 2015 - Gruppo della parrocchia di Santa Teresa del Bambino Gesù di Bologna.

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A DOVADOLA

La magia di un incontroLa magia dell’incontro si rinnova sempre a Dovadola

nei giorni di festa di Benedetta. Lo vediamo anche il 25 gen-naio 2015 per il 51º anniversario della nascita al cielo di Be-nedetta.

Alcuni pellegrini arrivano da lontano, come gli scout di Ta-ranto, confermando una fedele presenza di lunga data, altri in-vece sono nuovi, come alcune famiglie di Verona e Peschiera,venuti a scoprire Dovadola, dove Benedetta nacque e dove so-no conservate le sue spoglie alla Badia.

Da Sirmione è arrivato un pullman con un gruppo di pelle-grini, accompagnati da mons. Evelino Dal Bon e da don Ric-cardo Alawatom, originario del Togo. C’era anche Luigi San-soni, dell’Amministrazione Comunale di Sirmione, nel segnodel gemellaggio tra le due località nel ricordo di Benedetta.

Vediamo giovani, le ragazze e ragazzi di Monte Colombo(Rimini), animati da don Massimo Sarti, impegnati già da sa-bato in una full immersion spirituale, con meditazioni, con unincontro-testimonianza con Emanuela Bianchi Porro, con unaveglia di preghiera, con confessioni, partecipazione alla litur-gia, visita al Museo della Fondazione Benedetta Bianchi Porro.

Rivediamo i familiari di Benedetta, con le sorelle Emanuelae Carmen, accompagnata dal marito Carlo Spinelli.

Rivediamo la prof. Valeria Baccanelli, insegnante di Bene-detta al ginnasio negli anni 1950-1951, gli amici di Forlì, diRavenna, e quelli di Dovadola, che sono, in certo modo i cu-stodi locali di Benedetta, a partire da don Alfeo Costa, che fagli onori di casa durante la celebrazione alla Badia.

Liliana Fabbri Selli, presidente dell’“Associazione per Be-nedetta Bianchi Porro” e Jolanda Bianchini, presidente dellaFondazione Benedetta Bianchi Porro, fanno gli onori di casa,accogliendo gli Amici anche nel tradizionale apprezzato incon-tro conviviale alla “Rosa Bianca”.

Tutti si ritrovano, è un ampio campionario di umanità, e cia-scuno porta a Benedetta delle situazioni di vita ed una doman-da di conforto e di speranza. Benedetta ha incontrato il Signo-

re e indica con chiarezza quel Signore che in lei mostra la Sualuce anche per coloro che la incontrano. Il Signore è gioia esperanza. È questa la Buona Novella che Benedetta, per graziadi Dio, fa scoprire nella sua drammatica vicenda. Quando lepersone colgono questo, trovano un grandissimo conforto e di-ventano naturalmente dei “Passaparola” di quanto avviene nelloro cuore. Sono questi gli Amici di Benedetta.

E allora gli incontri sono un dono reciproco, di conforto, disperanza, di rinnovato impegno. E ritrovarsi attorno all’altaresignifica riscoprire ancora una volta, nell’amore di Gesù che sirinnova nell’Eucaristia, la fonte di gioia che Benedetta ha spe-rimentato dentro di sé.

Questo hanno vissuto coloro che si sono ritrovati a Dovado-la il 25 gennaio 2015, ma anche coloro che attorno all’altare si sono ritrovati il 25 gennaio a Pieve Torina e ad Ostuni, e il 23 gennaio, a celebrare l’anniversario di Benedetta a Sirmio-ne. In tutte queste iniziative si realizza quella magia del Signore che è presente laddove due o più si riuniscono nel suonome.

Dovadola, 25 gennaio 2015 - Gruppo di Sirmione (Foto Conficoni)

Dovadola - Gruppo di amici di Peschiera e di Verona venuti a Dovadola per pregare per una bambina che ha la stessa malattia di Benedetta (Foto Conficoni)

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Il tempo è compiuto e il Re-gno di Dio è vicino; convertitevie credete al Vangelo (Mc 1, 15).

Seguitemi, vi farò diventarepescatori di uomini (Mc 1, 17).

Nella sua omelia il Cardina-le ha, tra l’altro, sottolineatoche è importante capire questastretta connessione che Gesùfa tra conversione e fede pernon dare per scontata la fedeintesa come semplice adesioneintellettuale all’esistenza di unDio. La fede implica e favori-sce nello stesso tempo un cam-biamento della nostra vita.

Come diceva Papa Benedet-to XVI nella lettera con cui in-diceva l’anno della fede, si en-tra nella fede «quando il cuoresi lascia plasmare dalla graziache trasforma» (La porta dellafede, 1). Per questo Benedet-to XVI parlava di un «cammi-no che dura tutta la vita» e checonsiste nel camminare peruscire dal deserto ed entrarenel luogo della vita che è co-munione con Dio che è Amore.Questo cammino hanno per -corso quei discepoli che hannoseguito Gesù e, nella fede inGesù misericordioso, han notrovato la forza di lasciarsiperdonare, dopo averlo ancheabbandonato e tradito. In que-sto contesto, il Cardinale mettea fuoco la figura di Bene-detta. Riportiamo integralmen-te la parte dell’omelia a lei de-dicata.

Di fronte a questi richiamidella liturgia odierna ci dobbia-mo sentire nello stesso tempo

confortati nella nostra adesionedi fede, ma anche stimolati adun serio esame di coscienzaper togliere gli eventuali osta-coli ad una fede matura, a cuinon si è mai definitivamentepervenuti. Ma la Parola procla-mata oggi è anche la migliorchiave di lettura e di compren-sione della vita della Venerabi-le Benedetta Bianchi Porro chequesta Chiesa locale ha gene-rato e di cui vuole conservaregiustamente viva la memoriacelebrando le sue virtù eroichenel suo stesso paese natale.

Documentandomi sulla bre-ve, ma esemplare vita di questagiovane donna ho potuto leg-gervi alcune caratteristiche chevanno proprio ad incarnare ilmessaggio della Parola di Dioproclamata in questa domenicadell’anno liturgico. Infatti, èlampante nella vita della vene-rabile Benedetta la consapevo-lezza di una chiamata alla con-versione ad una fede semprepiù matura. Conversione nelsenso più profondo che Gesùintendeva e non solo come ab-bandono di uno stato di pecca-to. Benedetta in un momentodi sincerità confessava di nontrovare nella sua esistenza trac-cia di alcun peccato mortale etuttavia ammetteva che c’è sta-ta una conversione nella suavita. L’incontro con Nicolettale ha permesso di dare unasvolta alla sua vita cristiana,tanto da ringraziare l’amica diaverle dato il “dono della fede”nel senso proprio di poter pas-sare da una concezione morali-stica della vita cristiana ad unafede come incontro personalecon l’Amore di Dio a cui ab-

bandonarsi. Addirittura defini-sce “pagana” la sua vita cri-stiana basata su una morale«con cui sempre ho tutto misu-rato», mentre dall’incontro conl’Amore si sente cambiata per-ché confessa: «Ora con me c’èDio». Ed è da notare che que-sta conversione è avvenutamentre Benedetta era ancor ab-bastanza in salute e frequenta-va l’Università, anche se eranogià presenti i segni della suaprogressiva infermità.

Il Signore l’ha guidata ascoprire l’amore prima di arri-vare alla sommità del suo Cal-vario. Così Benedetta può scri-vere alla mamma: «Quanto ame sto come sempre, ma daquando so che c’è Chi miguarda lottare, cerco di farmiforte: come è bello così! Mam-mina, io credo all’Amore di-sceso dal Cielo, a Gesù Cristoe alla sua Croce gloriosa!! Sìio credo all’Amore» (1961).Solo attraverso que sta conver-sione ad una fede personale inun Dio che è A more, è statopossibile a Benedetta percorre-re la via del Calvario delle cre-scenti sue sofferenze. E qui stal’eroicità della sua testimo-nianza di fede: credendo all’A-more, Benedetta può accettareil mistero della Croce che perlei si fa sempre più pesante,ma che non la scandalizza an-che se rimane un mistero perché, come scriveva, «non c’è spiegazione alla croce»(1964). Benedetta non sottova-luta la difficoltà di questa ac-cettazione della Croce perché èconsapevole che «nel mondo siapprezzano le virtù cristiane,ma appena arriva Gesù Cristo,

la sua croce, tutti si dileguano,tutti tacciono... cioè, cristiane-simo in fondo sì, ma Cristo no,al più ni». Lei, invece, ha det-to un forte e pieno sì alla Cro-ce di Cristo: «Le mie giornatesono lunghe e faticose, peròcon l’aiuto divino riesco a ri-posarmi abbandonata sullespalle di Cristo. Con Lui mipare di essere in una cellachiusa ma in cammino versoun porto dove la pace è sicuraed eterna. E mi sciolgo in tene-rezza trasalendo quando mipare di essere da Lui presa permano» (1963).

Ne sono testimonianza an-che i due pellegrinaggi a Lour-des da dove torna senza averottenuto alcun miglioramentofisico, ma rafforzata nella suafede e comunione con Cristotanto da scrivere: «Dalla cittàdella Madonna si ritorna nuo-vamente capaci di lottare, conpiù dolcezza, pazienza e sere-nità. Ed io mi sono accorta piùche mai della ricchezza delmio stato e non desidero altroche conservarlo. È stato questoper me il miracolo di Lourdes»(1963). E quando è testimonedi una guarigione miracolosaavvenuta a favore di una ra-gazza vicino a lei, Benedettaesulta, ma non si lamenta diessere rimasta inferma: «Nelnostro pellegrinaggio c’è statauna miracolata: un’umile ra-gazza di 22 anni che da dueanni non camminava: che bel-lezza! Ne sono rimasta scossa»(1962). A lei basta l’esperienzadella presenza dell’amore diDio in lei, una presenza che dàsignificato anche alla sua sof-ferenza: «Dio mi aiuterà, per-

DovadolaLa scoperta dell’Amore

OMELIA DEL CARD. GIUSEPPE VERSALDI

La liturgia del rito eucaristico nella Badia di Dovadola del 25 gennaio 2015, nel 51º della nascita al cielo di Benedetta si è svolta con una concelebrazione presieduta dal cardinale Giuseppe Versaldi, con il vescovo di Forlì-Bertinoro Lino Pizzi, mons. Dino Zattini, don Alfeo Costa, mons. Evelino Dal Bon, don Riccardo Alawatom, don Massimo Sarti.

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ché sa che io esisto» e «Se siama l’Amore, si finisce per vi-vere di Amore» (1962).

Da questa esperienza nascel’ulteriore passo nella vita del-la Venerabile: la sofferenza ac-cettata per amore, diventa oc-casione di carità verso gli altri.Benedetta anziché ritirarsi nelsuo dolore e farsi compassio-nare dagli altri, si trasforma inapostola dell’amore di Dio nel-la sue relazioni con tante per-sone. A coloro che vanno perconsolarla, lei fa dono della

va crollato, salute, studio, so-gni, lavoro... Come vorrei cheanche lei trovasse un po’ diquella pace che io posseggo»(1963).

Da questi brevi accenni bio-grafici risulta evidente comeBenedetta abbia in pieno rea-lizzato quanto la Parola di Diooggi proclamata indicava. Sì,veramente la nostra Venerabilesi è convertita e ha creduto alVangelo! Ha abbandonato lavia di una religiosità mediocree moralistica che pure l’aveva

Veramente Benedetta è vis-suta in questo mondo “come senon” vivesse in questo mondo,gustando le cose belle e buone,ma senza porre in esse la sor-gente della sua felicità; e so-prattutto ha accettato le cre-scenti e pesanti sofferenze nel-la consapevolezza che “passala scena di questo mondo” per-ché la Croce non è l’ultima pa-rola, ma, unita a quella di Cri-sto, apre le porte alla vittorianella vita eterna. Solo con que-sta certezza nel cuore poteva

quelli che vivono o vengonoattorno al mio letto, e mi dan-no e domandano l’aiuto di unapreghiera» (1963).

Cari fratelli e sorelle, ringra-ziamo il Signore per il donoche ha fatto alla Chiesa di que-st’anima eletta e veramente be-nedetta! Ma non limitiamociad ammirarla ed invocarla.Dobbiamo impegnarci ad imi-tarla, perché tutti siamo chia-mati sulla stessa via che Lei hapercorso, anche se per ognunodi noi i modi sono diversi estabiliti dalla misteriosa Prov-videnza divina.

Specialmente voi, cari gio-vani, che avete davanti ancoragli anni più lunghi ed impegna-tivi della vostra vita, non ac-contentavi di una fede medio-cre e vissuta come rendita di unBattesimo sempre più lontano.Ognuno di voi è chiamato acrescere fino alla maturità dellafede che passa attraverso lastessa conversione che ha cam-biato la vita di Benedetta. Nonaccontentatevi di evitare il ma-le, ma cercate Cristo e trovateColui che vi ha amato per pri-mo perché solo così sarete at-tratti dal Bene e vi sentiretechiamati a dare agli altri l’amo-re che continuamente ricevete.

Avvertiamo nella fede la vi-cinanza di questa Venerabileche vuole rimanere tra i suoi,specialmente tra quella dellasua terra perché era convintache «il mio spirito vivrà, tra imiei, tra chi soffre e non avròneppure io sofferto invano»(1963).

Seguendo il suo esempio,ognuno di noi non vivrà invanoperché troverà l’Amore che sa-zia ogni desiderio umano e saràcapace di diffonderlo attorno asé per edificare già qui in terraquel Regno di Dio che è vicinoad ogni creatura. E si realizzeràquella nuova evangelizzazionenecessaria per rianimare questavecchia Europa che sembra vo-ler lasciare la sua preziosa ere-dità di fede per far rifiorire unaChiesa missionaria e presentecon la Buona notizia che conso-la e porta la salvezza a tutti,specialmente ai poveri.

Al sarcofago di Benedetta, da sinistra a destra: don Alfeo Costa, mons. Lino Pizzi, il card. Giuseppe Versaldi e il diacono Ariano Baccarini (Foto Conficoni)

mantenuta sulla strada del be-ne, per intraprendere l’espe-rienza esaltante e misteriosadell’abbandono a Cristo sco-perto come l’Amore che chia-ma a seguirlo ovunque vadanella assoluta fiducia che ciconduce al definitivo Bene incui trovare la gioia che nontramonta.

Per questa fede matura Be-nedetta ha accettato di abban-donare ogni sua aspirazione edè stata condotta dall’Amato asalire con Lui sulla Croce finoa staccarsi anche fisicamenteda ogni esperienza mondana:sorda, cieca ed immobilizzatafino alla morte.

scrivere così: «Io, in questi ul-timi giorni, sono peggiorata disalute. Spero perciò che lachiamata non si faccia troppoattendere... Le dirò che ho giàsentito la Sua voce: la vocedello Sposo» (1963).

Veramente Benedetta, comei primi apostoli, ha risposto al-la chiamata ad essere missio-naria diventando, pur nellaenorme restrizione della malat-tia, “pescatrice di uomini” conla testimonianza di vita comeapostolato verso tutti coloroche poteva raggiungere: «Ilmio compito non è solo quellodi scrutarmi dentro, ma diamare le sofferenze di tutti

sua sofferenza vissuta come te-stimonianza della sua fede nel-l’Amore divino. Così scrive:«Dal mio letto vi seguo tutti, iocosì inoperosa, e vi tengo vici-no al cuore, sotto le coltri,mentre voi camminate col tem-po» (1963).

Così è in grado di consiglia-re e di incoraggiare chi è nellaprova proprio condividendo lasua esperienza: «Anch’io hopassato tanti dolori, agitazioni,e nella lotta cercavo Lui — Luisolo — da sempre. E Lui è ve-nuto, mi ha consolata, mi haaccarezzata nei momenti dipaura e di dolore più forte,proprio quando tutto mi pare-

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D. Lei ha affrontato Bene-detta nei suoi scritti ed è statoimmerso per qualche ora inquesto ambiente dovadolese.Quali sono le sue impressionia seguito di questo incontrocon Benedetta?R. Come già detto nell’ome-

lia, la conoscenza più ap-profondita di questa Venerabilemi ha permesso di capire anco-ra meglio il suo cammino dicrescita: mentre il suo fisicoera indebolito dalla malattia, ilsuo spirito era invece rafforza-to dalla sua esperienza dell’u-nione con Dio, con Cristo, cul-minata alla fine, in una forma,direi, di alto misticismo. Nonmi ha stupito quanto la suamemoria e la sua testimonian-za siano penetrate qui tra lagente che l’ha conosciuta eperdurino nel tempo, oltre cin-quant’anni dopo la sua morte.Questo è un segno di un semepiccolo che dà frutti copiosinel tempo. Spero che Benedet-ta, con il riconoscimento daparte della Chiesa nell’emozio-ne all’altare, possa dare ancorafrutti più copiosi specialmenteper i giovani.

D. In cosa consiste il suoattuale incarico di Cardinale

“Prefetto degli Affari econo-mici della Santa Sede”?R. Sono come nel controllo

della Corte dei conti negli affa-ri civili, il mio dicastero nongestisce direttamente, ma con-trolla i bilanci, vigila perchévenga fatta una buona ammini-strazione.

D. Cosa può dire una figu-ra come Benedetta rispettoagli “affari economici”?R. Ci aiuta anche la liturgia

di oggi. San Paolo ci dice divivere in questo mondo comese non fossimo destinati a ri-manere sempre in questo mon-do. Anche i mezzi, pure neces-sari per la vita della Chiesa edelle comunità, sono stretta-mente legati a una finalità so-prannaturale. Si tratta quindi diusare i beni terreni per favorireil Regno di Dio con quell’ocu-latezza del buon padre di fami-glia, ma anche ben sapendoche non possiamo lasciarcivincere da una mentalità mon-dana basata sul profitto e sul-l’accumulo delle ricchezze. Loscopo dei beni terreni nellaChiesa è quello di potere evan-gelizzare e di testimoniare nel-la carità, soprattutto verso i po-veri, come la Chiesa sta facen-

do, l’uso di questi beni che sisono anche accumulati neltempo, grazie appunto alla ge-nerosità dei cristiani che vede-vano legata alla fede anche lacarità. E così l’Eucaristia è

sono nel mondo. Quindi laChiesa vive anche dei beni ma-teriali, ma sempre con questaattenzione.

D. Mi ha colpito molto ilfatto che in Benedetta sia cre-sciuta la fecondità spirituale,la sua comunicazione di Van-gelo, di buona notizia, proprioquando diminuiva la sua ca-pacità di comunicare.R. Questo è un messaggio

che va tradotto anche a livellogenerale. L’anima spirituale de -ve permeare tutte le attività, an-che quelle materiali perché ve-ramente si possa servire Cristoche, pur essendo ricco, si è fat-to povero per fare ricchi noidella sua grazia. Questo è l’i-deale e la testimonianza incar-nata nella Venerabile Benedetta.

Ringraziamo molto il Cardi-nale Giuseppe Versaldi per iltempo che ci dedicato. Abbia-mo avuto la netta impressioneche si sia trovato bene con noi.Lo ringraziamo per la sua af-fabilità e gli auguriamo ognibene per l’espletamento delnuovo incarico come Prefettodella Congregazione per l’E-ducazione cattolica, che gli èstato affidato il 31 marzo 2015da papa Francesco.

A colloquio con il Card. Giuseppe Versaldia cura di GIANFRANCO AMATI

momento di u nio ne con Dio,ma è anche attenzione ai piùpoveri che mancano dei beni disostentamento. È la predicazio-ne che sta facendo in manieraspecifica, come già stavano fa-cendo i pontefici precedenti,papa Francesco. Egli vuole unaChiesa che combatta contro ledisuguaglianze, contro le emar-ginazioni e che dia, nell’imme-diato, la risposta contro leemergenze, ma poi risolva an-che le cause delle disegua-glianze e delle povertà che ci

Domanda – Cosa hai ricavato dall’incontro con Benedetta in questegiornate?RisposteAndrea – «A me è piaciuta la fede con cui Benedetta ha affrontato la

malattia, fede che le ha dato la forza di riuscire a combatterla nel miglio-re dei modi».Diego – «La figura di Benedetta mi ha aiutato a capire che prima di ama-

re se stessi è meglio amare gli altri. Questo è molto importante nella vitaperché anche in molte parti della sua vita Benedetta ha potuto dimostrarlo».Veronica – «Ho ricavato la forza di credere da Benedetta e anche la

semplicità». Beatrice – «Mi ha dato speranza e l’immenso desiderio di poter condi-

videre qualsiasi cosa».

DovadolaINTERVISTE AL VOLO AI RAGAZZI E ALLE RAGAZZE DI MONTE COLOMBO (RN)

Dovadola, 25 gennaio - I ragazzi di Monte Colombo condon Massimo Sarti davanti al Museo della Fondazione. Su quei gradini si sedeva anche Benedetta bambina, cheguardava quelli che giocavano in piazza.

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Dovadola: etica in economia?Sta crescendo bene, secondo la prof. So-

fia Bandini che lo dirige assieme alla prof.Rebecca Levy Orelli, il Corso di Alta For-mazione “Benedetta Bianchi Porro” del-l’Università di Bologna-Campus di Forlì.

Si tratta del Corso di economia e mana-gement delle organizzazioni non profit amovente ideale.

Che ci sia bisogno delle competenze ne-cessarie per tutti coloro che dirigono eoperano nelle associazioni impegnate insettori culturali, sanitari, educativi, religio-si non c’è dubbio. Avere nobili intenti e

hanno o mostrano di avere nel loro opera-re. A dirla in modo spiccio, anche il mer-cato capisce che con le ruberie, alla lunga,si va soltanto verso un disastro, anche eco-nomico. E questo gli economisti attenti locapiscono. E l’attenzione all’etica, anzi al-l’opzione etica, fa allora parte, in un certomodo, del DNA del corso.

La prof. Bandini, che ha potuto contaresulla fattiva collaborazione dell’“Associa-zione per Benedetta Bianchi Porro” e dellaFondazione intestata a Benedetta e di altrienti e istituzioni per il sostegno dell’inizia-

tiva, è sicuramente soddisfatta che più del-la metà delle lezioni si svolgerà a Dovado-la, nel Museo della Fondazione “BenedettaBianchi Porro”. Anche il recente restaurodel loggiato, del Palazzo della Fondazionestessa, a cura del Comune, può essere unpositivo richiamo per i visitatori.

Ci auguriamo che i corsisti riescano avincere la scommessa etica che sono chia-mati ad affrontare.

Il 1º giugno avrà luogo al Museo la ceri-monia a conclusione del corso. G.

Museo della Fondazione “Benedetta Bianchi Porro”, 11 dicembre 2014. Inaugurazione del corso 2014-2015: Da sinistra a destra: la prof. Rebecca L. Orellie la prof. Sofia Bandini (Foto Conficoni)

gestire le iniziative in modo dilettantisticoè, oltre che difficile, spesso anche contro-producente se nobili intenti non vengonomessi in pratica con razionali modalitàprogettuali, organizzative e gestionali.

Sappiamo anche che non basta il riferi-mento generale a moventi ideali, perché lecronache purtroppo mostrano quasi quoti-dianamente non rari esempi di manage-ment, che sono un vero e proprio “mange-ment” che porta a notevole lucro personalecon devastanti conseguenze di immagine edi sperpero di denaro, possibilmente pub-blico.

La prof. Bandini è consapevole di que-sto. Sa che proprio oggi c’è bisogno diffu-so, di pulizia, di legalità, di comportamen-ti eticamente ispirati. Per questo il corsoCBBP è stato intestato a Benedetta, che eb-be nel rigore morale una delle cifre signifi-cative della sua vita e del suo comporta-mento. Una figura come la sua può richia-mare l’attenzione anche di coloro che sonoabituati a occuparsi di organizzazioneaziendale ed economica, perché possanodomandarsi sul senso di quello che fanno esui valori che, in un modo o nell’altro,

Docenti e autorità all’inaugurazione del Corso (Foto Conficoni)

Uno scorcio della sala (Foto Conficoni)

La sede della Fondazione "Benedetta Bianchi Porro" dopo il recente restauro del loggiato (Foto Solmona)

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Da Ascoli PicenoIl 23 gennaio 2015, in una scuola elementare di Ascoli Piceno, gli angeli dell’Annunziata hanno presentato il recital sullavita di Benedetta

… LA BELLA STORIA VERA DI BENEDETTA!Una giornata ricca di emozioni.

Un po’ alla volta il teatro si popola. Uno dopo l’altro arrivanogli attori, gli autori, i tecnici… sono bambini, ragazzi, e sono ge-nitori: sono gli Angeli dell’Annunziata e le loro famiglie.

Già. Ad accendere le luci, a preparare le scene, a muovere il si-pario ci sono mamme e papà, non altri. I nostri Angeli lancianoun nuovo modo di lavorare con Dio per i bambini.

«Buongiorno bambini!» – esclama allegro il “capo” (degli An-geli) al suo arrivo. E tutto a un tratto si raccolgono tutti intorno alui, come una chioccia e i suoi pulcini. Chiediamo a Dio di bene-dire il nostro piccolo, semplice lavoro, condito di tanto amore,perché possiamo far conoscere a tutti i bambini che verranno avederci, la bella storia (anzi… come dicono i bambini, “la bellastoria vera”) che Gesù ha scritto con la vita di Benedetta.

Ci troviamo nella scuola elementare “Don Giussani” nel quar-tiere di Monticelli ad Ascoli Piceno. La direttrice dell’istituto, ladott.ssa Agnese Ivana Sandrin, ci ha permesso di portare a scuolail recital su Benedetta. E di questo le siamo tanto grati.

Lo abbiamo preparato con gioia in questi mesi, per l’anniver-sario dei 50 anni dalla sua Scalata al Cielo.

Ecco, ci siamo! In alto le porte del teatro si aprono: compaio-no le prime testoline. Arrivano gli spettatori! Non posso descri-vervi l’emozione che provo mentre li guardo scendere i gradoni eordinatamente prendere posto coi loro grembiulini blu e collettibianchi.

Una luce.

D’improvviso mi sembra di attraversare il tempo e rimango in-vestita d’un colpo di tutta la grandezza nascosta e la specialità ve-lata della missione che il Signore ci ha affidato, offrendoci l’op-portunità di preparare questo spettacolo per loro. «A chi è comeloro, infatti, appartiene il regno dei cieli» (Mt 19,14). Riempire illoro CUORE e i loro OCCHI di cose belle, le cose di Dio, far re-spirare a questi bimbi il profumo della vita santa dei santi... i pro-fumi di quei fiori che Benedetta ha coltivato fin da piccola: i fio-ri della carità, della fede e del sacrificio.

Questo è grande, questo è impensabile! Solo Dio poteva trova-re un modo tanto fantasioso per far passare ai piccoli la bellezzadel Vangelo, che quando entra nella vita e la cambia, la trasforma,inondando di luce e di pace anche i momenti più bui.

I nostri bambini-attori, nascosti fino a quel momento dietro il sipario, escono allo scoperto. Non resistono alla curiosità di vedere queste “formichine di Dio” scendere incolonnate men-tre un discreto brulichio va riempiendo la sala. L’emozione cre-sce, ma dai loro dolci visetti agitati un sorriso si allarga, nellaconfidente certezza che tutto andrà bene, che dall’alto Benedettadovrà pur suggerire! E hanno ragione... La loro speranza è ben ri-posta!

Lo spettacolo ha inizio. I nostri piccoli attori ci mettono il cuo-re. Sono straordinari. Il loro impegno responsabile e la “parteci-

pazione” alle vicende dei personaggi che interpretano, commo-venti.

Mentre la rappresentazione scorre, alle mie spalle delle vocinegiungono a sciogliermi il cuore. Alcuni bambini di 1ª e di 2ª ele-mentare non riescono a tacere ciò di cui i loro cuoricini sovrab-bondano. E così, anche quando i bambini sul finir del recital ini-ziano a piangere, qualcuno addirittura singhiozza. Mai come que-sta volta ho avuto la netta sensazione di essere nel bel mezzo diun’opera di Dio, circondata da ogni lato da un Dio magnifica-mente, potentemente, teneramente all’opera, con delicatezza, nel-le piccole anime Sue. Davanti, i miei piccoli attori, di lato e allespalle, questo pubblico di eccezione. Dio lavora e io sto in mez-zo che ammiro. Che grande è il Signore!

La croce di Benedetta ha scavato, i nostri Angeli hanno butta-to il seme.

Dentro, ora, resta la pace che suscita l’intima gioia della sicurasperanza che infonde la fede, che quel seme un giorno porterà ilsuo frutto. Come è stato per Benedetta. E così speriamo e pre-ghiamo affinché anche di loro un giorno potremo dire ciò che ab-biamo detto di Benedetta.

… “Benedetta ha dato tutto e tutta la sua vita si è trasformatain oro prezioso per tutti noi”.

Mary

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C’è una musica anche per te«Si dice che la musica sia la voce di Dio. E allora non è certo

un caso che Benedetta, pur essendo sorda, suonasse il pianoforte,chiudendo la sua vita terrena cantando lacanzone Rondinella pellegrina». È unodei passaggi più significativi dell’inter-vento con il quale Emanuela BianchiPorro, sorella della nostra amata Venera-bile, ha introdotto lo spettacolo tradizio-nale che la locale associazione Amici perBenedetta allestisce l’8 marzo in omag-gio alla giovane che a Sirmione visse emorì. Significativo, si diceva, perchéqualcuno, rivolgendosi alla stessa Ema-

nuela, ha chiesto perché si onori Benedetta con un concerto, piut-tosto che con un convegno o un’altra ini-ziativa. Ebbene, in quella parola, “musica”per l’appunto, «sono racchiuse sette letteredell’alfabeto» ha affermato sempre Ema-nuela al foltissimo pubblico del PalaCre-Berg che ha ospitato il concerto C’è una…Musica anche per te, «che trasmettonosempre e ovunque le stesse emozioni: ma-linconia, dolcezza, allegria, e anche pre-ghiera».

Questo ilbreve pro-logo al concerto tenutosi grazie alcontributo del Comune, di TermeSpA, della Fondazione della Co-munità Bresciana e del ConsorzioAlbergatori e Ristoratori e un altrostuolo di amici e fedeli di Bene-detta. Lo spettacolo, diretto e con-dotto dal noto musicologo e auto-re di spettacoli teatrali DanieleRubboli, ha visto l’esibizione delsoprano Tiziana Scacìga Della Sil-va, del tenore Simone Mugnaini edel basso Walter Rubboli, accom-pagnati dal pianista Luca Gorla.

Lo spettacolo ha entusiasmatoil pubblico della cittadina termale,nel quale erano presenti fra gli al-tri rappresentanti del Comune edelle parrocchie di Sirmione, cona capo mons. Evelino Dal Bon, euna delegazione giunta da Forlì,guidata dalla presidentessa LilianaFabbri

Spettacolo caratterizzato, come ha spiegato il regista nella suapresentazione, da una coinvolgente e originale colonna sonorache, attraverso musiche di ogni genere, ha sottolineato i gusti ar-tistici della giovane Benedetta, e ha inoltre dedicato un omaggioa due grandi ricorrenze in calendario quest’anno: le memorie del-la Grande Guerra e l’evento dell’Expo di Milano.

Maurizio Toscano

A Sirmione

Si è conclusa nel dicembre 2014 l’esemplare iniziativa delparroco di Sirmione mons. Evelino Dal Bon, che ha coltol’occasione del 50º anniversario dell’ascesa al cielo di Be-nedetta, promuovendo per tutto l’anno una serie di medita-zioni su testi di Benedetta, commentati al termine dellaMessa, ogni 23 del mese, da laici, sacerdoti e religiosi. In questo numero pubblichiamo gli interventi del 23 ottobree del 23 novembre.Il primo è di Monica Zuccotto che commenta una lettera diBenedetta ad Anna Conti. Il secondo è di Donatella Garlaschi Marconi che esplora lacorrispondenza di Benedetta con Paola Vitali.

Emanuela Bianchi Porro

Tiziana Scacìga Della Silva e Simone Mugnaini

Walter Rubboli

Daniele Rubboli

Monica ZuccottoCara Anna,

grazie molto della tua cartolina e del tuo ricordo. Anch’io nonmi sono scordata di te e ti voglio sempre tanto bene. Io, però, so-no molto cambiata. Ora con me c’è Dio e sto bene. Come sto be-ne! «Voi mi avete segnata col fuoco del Vostro Amore» – dice unapreghiera. Io vivo in un deserto silenzioso, ma con la luce dellapreghiera, del resto presto suonerà la campana e Lui, finalmente,ci verrà incontro.

Noi siamo la «terra» che spera sotto la neve – perché tutte lecose stanno dove devono stare e vanno dove devono andare, nelluogo assegnato da una Sapienza che non è la nostra.

E se in qualche attimo mi sento timorosa, io dico coi discepo-li: «Resta con me, Signore, perché si fa sera!».

Nei miei incontri col Signore ti ricordo, e in particolare tuamamma, che mi è tanto cara.

Sono cieca, sorda, quasi muta perché a fatica mi faccio capire,ma io dico con San Giovanni nel Vangelo: «In principio… era laLuce, e la Luce era la vita degli uomini, risplendé tra le tenebre,ma le tenebre non l’hanno ricevuta» […]

Benedetta

Mi farebbe piacere ripercorrere con voi alcuni passi della lette-ra che Benedetta scrisse ad Anna, sua amica d’infanzia, nel mag-gio del 1963.

Il mio non sarà, né vuole essere, un commento esaustivo sullafigura di Benedetta o sulla sua vita: spero che le mie parole pos-sano, però, suscitare in voi la curiosità di approfondire la figuradi Benedetta od offrirvi spunti per la riflessione su una personadavvero speciale.

La lettera presenta tratti ed argomenti che sono comuni ai dia-ri (che scrisse da bambina e da ragazzina su consiglio della mam-ma), alle lettere ad amici e conoscenti (che dettò alla mammaquando le divenne impossibile scrivere) ed ai pensieri che Bene-detta annotò negli ultimi anni della sua vita e che, in brevi frasi,racchiudono la sua visione della vita, la sua luminosissima fede,il suo immenso amore per tutte le creature.

La lettera inizia con un “grazie”. Per Benedetta l’amicizia ègratitudine, è donarsi agli altri con generosità e carità.

Ella non si limitò ad intendere l’amicizia come comprensione ereciprocità; la intese come un illuminarsi vicendevole, come un

Meditazioni su Benedettanella chiesa di Santa Maria della Neve

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donarsi sostegno e conforto. Per Benedetta l’amicizia è “fare lastrada insieme” (come ha testimoniato l’amica Paola). Per questoscrive ad Anna «Ti voglio sempre tanto bene». Benedetta aggiun-ge poi: «Ora con me c’è Dio e sto bene. Come sto bene!».

A differenza delle ultime pagine dei diari (in cui Benedettasembra spesso lottare da sola) nelle lettere Dio appare come suaguida e luce rivelatrice del senso più vero della sua vita. Assistia-mo ad una trasformazione: ciò che era incerto diventa personale evicino, ciò che era dubbio diventa incrollabile certezza: Benedet-ta si spoglia da ciò che è terreno, caduco, temporaneo e si abban-dona all’amore di Dio.

Benedetta scrive poi: «Io vivo in un deserto silenzioso, ma conla luce della preghiera», una preghiera che è incontro, dono, in-no di lode a Dio. Benedetta scrisse: «La preghiera è il respirodell’anima» e «Il Santo Rosario è l’aiuto della Madonna ai suoifigli». Paradossalmente il dolore, anziché isolare Benedetta dallavita, da chi la circondava e da Dio, fu lo stimolo che la portò adabbandonare i propri criteri umani per affidarsi ad una sapienzasuperiore: Benedetta prosegue infatti scrivendo «tutte le cose...vanno... nel luogo assegnato da una Sapienza che non è la no-stra».

Benedetta giunse a conformarsi ad ogni manifestazione dellavolontà divina: non sapeva dove l’amore di Dio l’avrebbe portata

Benedetta sente che la sua vocazione può essere utile e fecon-da per chi le sta intorno; dimentica se stessa per donarsi agli altricon generosità e carità. Nel corso della sua breve vita terrena Be-nedetta dapprima si ribella al dolore, poi lo accetta (non con ras-segnazione, bensì come un dono che Dio e la Provvidenza le han-no riservato), infine innalza a Dio il ringraziamento per la voca-zione tanto dolorosa, ma tanto preziosa, che le è stata affidata.

In alcuni pensieri Benedetta scrisse infatti: «Bisogna dare Dioagli altri», «La carità è abitare gli uni negli altri», «La carità èchinarsi sui dolori dei nostri fratelli per amore di Dio».

La carità fu per Benedetta la guida nel cammino verso la pie-nezza della fede: ne fece parte costituente della propria vita, la te-stimoniò attraverso la propria esistenza. L’amica Maria Graziascrisse a Benedetta: «Nessuno di noi è solo; ... siamo tutti insie-me nella carità, una cosa sola con gli altri». E proprio a MariaGrazia Benedetta scriveva: «San Paolo dice che “la carità è ilvincolo della perfezione”».

L’amico Roberto ha detto, in una sua testimonianza: «Benedet-ta è l’unica persona con cui ho avuto la sensazione di una pre-senza reale di Dio».

Benedetta è davvero Vangelo vivente: come disse San Giovan-ni Calabria «dobbiamo rinnovarci, e ci rinnoveremo se vivremoin pratica il santo Vangelo, se saremo Vangeli viventi. O si credeo non si crede; e se non si crede, si stracci il Vangelo!».

Benedetta non solo non stracciò il Vangelo, né si limitò a vi-verne gli insegnamenti: Benedetta divenne Vangelo.

Alla madre scrisse: «Io credo all’Amore disceso dal cielo, aGesù Cristo e alla sua croce gloriosa... ora so che il Regno diDio è in noi».

Benedetta si abbandonò al disegno della Provvidenza e siconformò al sacrificio di Cristo sulla Croce. Ella scriveva: «Valo-re del dolore: senza il Calvario non è possibile alcuna cosa», «LaSanta Croce al cielo è stata sollevata per tutti noi», «La Provvi-denza divina è l’aiuto in tutti i momenti». Benedetta non si limitòa soffrire con Gesù, bensì ringraziò Dio per averle concesso disoffrire con Suo Figlio; non si limitò a pregare per la redenzionedei suoi fratelli in Cristo, bensì ringraziò Dio per averle permes-so di cooperare a tale redenzione; non si limitò a vivere nella gra-zia, bensì ringraziò Dio per averle concesso di accostarsi alla Suagrazia.

E se Dio (come scrisse Benedetta) «manda gli angeli ad ispi-rarci», Benedetta è sicuramente uno di questi angeli.

* * *

Donatella Garlaschi MarconiDonatella, prima di commentare le lettere di Benedetta a Paola

Vitali, “la cara Paolina”, ricorda che «la figura di Benedetta hasempre fatto parte della mia famiglia. Tra noi, mio padre è stato, secosì si può dire, uno dei primi a credere nella sua santità e ricordoche sin da bambina me ne parlava e, nel 1975, a Forlì, per l’iniziodel processo di beatificazione, ero presente anch’io, in cattedrale;insieme ad altri sirmionesi si era organizzato un pullman per pre-senziare alla cerimonia. Perciò non è una persona a me così estra-nea, anche se mi accorgo di quanto potrebbe essere più profonda lamia conoscenza della sua spiritualità, dei suoi scritti».

Paola è un’amica che lei conosce prima di partire per Lourdesil 24 giugno 1963 e con cui intrattiene un’affettuosa corrispon-denza e che incontra di persona a Sirmione e a Milano.

o cosa le avrebbe chiesto, ma si abbandonò a quell’amore. In unalettera alla mamma scrisse: «Il Signore, mamma, vuole da noigrandi cose. Ho sofferto tanto e ho domandato al Signore di es-sere una pecorella nelle Sue mani».

L’abbandono a Dio non deve farci credere che il cammino ver-so la fede piena sia stato facile: Benedetta si sentiva talvolta con-fusa, incapace di capire i motivi del suo dolore e perfino della suafelicità. Nella lettera ad Anna leggiamo infatti: «E se in qualcheattimo mi sento timorosa, io dico coi discepoli: ‘Resta con me, Si-gnore, perché si fa sera!’».

Come per i discepoli di Emmaus, così per Benedetta affidarsi aDio ed alla sua misericordia dona serenità. Nei suoi pensieri Be-nedetta scrisse ad esempio: «Signore, tu sei misericordia», «Dio èbontà immensa». In una lettera all’amica Nicoletta, Benedettascrisse: «Grande è la Sua misericordia. In Lui confido, in Lui vi-vo, a Lui innalzo il mio osanna».

La lettera ad Anna prosegue con queste parole: «Sono cieca,sorda; quasi muta... ma io dico con San Giovanni nei Vangelo:“In principio era la Luce, e la Luce era la vita degli uomini”».

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Sono pubblicate sei lettere a Paola che ben sottolineano il suo cammino spirituale che diviene sempre più convinto e cristal-lino.

Nella lettera del 5 luglio 1963, tenendo ben presente la sua in-fermità fisica, i patimenti e i dolori che sopportava, scrive di co-me sia ritornata da Lourdes rinfrancata dallo spirito, convinta e capace di lottare, e testualmente afferma: «Ed io mi sono accorta, più che mai, del mio stato, e non desidero altro che conservarlo. È stato questo per me il miracolo di Lourdes, que-st’anno».

Una strabiliante accettazione totale e cosciente del suo stato ar-rivando a desiderare che non cambi la sua sofferenza continua,che non cambi il suo stato di grazia.

Il 17 novembre 1963 scrive ancora come se non soffrisse ab-bastanza e dovesse essere comunque serena per chi la conosce: haraggiunto un più alto gradino nel suo ascendente cammino spiri-tuale e ribadisce la sua volontà, come dice San Paolo di “piange-re con chi piange”, farsi carico delle sofferenze altrui e scrive: «Avolte penso di quali dolcezze infinite si priva chi non riesce a sta-re fedelmente vicino al Signore! E rattristata prego tanto per ideboli. Voglia Lui chinarsi sino a me per ascoltarmi».

Siamo al 2 dicembre 1963 e Benedetta ringrazia Paola per lebelle parole scritte, per l’emozione ricevuta, tanto da avere la sen-sazione che il Signore le parli davvero tramite l’amica e comun-que si prodiga ancora per l’amica e scrive: «Mi ha detto [MariaGrazia] che tu le cose le prendi con troppa serietà – Sì Paola –ma la tua serietà sia piena di allegria. Il Signore ama chi soprat-tutto dona con gioia – con fatica – ma con gioia. Anche coi tuoimonelli. Pazienza, fortezza, amore: queste sono le cose che vin-cono il mondo».

Quindi, non è abbastanza donare, ma bisogna donare con gioia.

19 dicembre 1963. È incredibile. Benedetta si scusa per il ri-tardo nello scrivere, come se fosse cosa semplice, e perché Bene-detta è effettivamente ai piani superiori dello Spirito: ricorda Pao-la quotidianamente al Signore, non ha dubbi che Dio la guidi enon la abbandoni ogni istante e le scrive: «Ti dirò anche che inquesti giorni mi sento spesso piena di Spirito Santo; mi pare diessere, anche in mezzo alle mie sofferenze, piena di una gioia chenon è terrena. È vero... il Signore dà tante sofferenze, quante nepossiamo portare: non di più, non di meno».

Ormai è a un livello soprannaturale e l’opera dello Spirito San-to è palpabile.

11 gennaio 1964. Rincuora l’amica per come andrà il suo esa-me e la invita ad accettare con gioia la volontà del Signore dellecose gradite e sgradite. È veramente eclatante come possa scrive-re: «è perché il Signore si ricorda di me, ed io non ho alcun me-rito. […] coraggio, Paola: la nostra Fede deve essere fatta di pa-ce, di luce: fede vera».

Con semplicità afferma quello a cui ognuno di noi dovrebbeaspirare nel proprio cammino cristiano di fede, una fede vera ca-pace di gioire di quello che si ha a 360°, nel bene, nel male e perquesto vorrei citare uno stralcio della lettera a Natalino quasi fos-se il suo testamento:

«Io so che in fondo alla via, Gesù mi aspetta prima nella pol-trona, ora nel letto che è la mia dimora ho trovato una sapienzapiù grande di quella degli uomini. Ho trovato che Dio esiste ed èamore, fedeltà, gioia, fortezza fino alla consumazione dei secoli».

Ecco cosa ci lascia Benedetta: un amore grande, una gioia im-mensa per la vita, assicurandoci che Dio esiste!

L’urlo di Dio*

di ROBERTA BÖSSMANNEntrare in una piccola chiesa per salutare Gesù,accorgersi che la chiesa è vuota, che Gesù è so-

lo. Forse è Lui che non parla più agli uomini di oggi o siamonoi, uomini e donne che non vogliamo più ascoltare l’urlo delsuo amore? È partendo da un’esperienza reale che il card. An-gelo Comastri decide di dare voce a quell’urlo di Dio, e lo facon questo libro.

Il testo è diviso in quattro parti. Nella prima viene ripresoil racconto dei Vangeli in cui si dice che Gesù, prima di mo-rire, gridò a gran voce, «per scuoterci, per svegliarci, per ri-chiamarci all’attenzione» (p. 11). E proprio in seguito a quelgrido qualcuno dei presenti si accorse che quell’Uomo eradavvero il Figlio di Dio, un giusto.

Con quel grido, Gesù aveva portato a termine la sua mis-sione: ci aveva amati sino alla fine e così facendo ha fattocapire agli uomini di ogni tempo che Dio è amore, niente al-tro che amore. Facendosi inchiodare sulla croce, Dio ci la-scia questo messaggio fondamentale, ma noi siamo pronti adascoltare questo messaggio?

Tutto quello che Gesù ha fatto, lo ha fatto per amore, finoa diventare Egli stesso vittima per i nostri peccati. Li ha fat-ti propri, è diventato, per farlo, «l’opposto di Dio, il contra-rio di se stesso», come dice J. M. Descalzo nel suo Gesù diNazaret. Vita e mistero (p. 26).

Ci rendiamo conto di che cosa voglia dire questo anchenella nostra vita? È un grido d’amore rivolto a ciascuno dinoi! Benedetta questo grido ha saputo sentirlo, accoglierlo,farlo proprio. Nella terza parte del libro, il card. Comastriparla di lei, partendo da un suo pensiero fondamentale: «LaCroce è il senso di tutto». Da qui nasce la sua esperienzadella gioia. «Benedetta è un canto di gioia, è un inno alla vi-ta, è un Magnificat intonato nello sfacelo del corpo devasta-to dalla malattia».

Lei è stata capace di cogliere l’urlo dell’amore di Cristosulla croce ed è stata contagiata di gioia anche in mezzo aprove tremende sino a riuscire ad esclamare: «Che bello vi-vere!». Sì, se la vita, qualunque prova ci riservi, riesce a far-ci cogliere l’Amore che Dio ha per ciascuno di noi, è bellovivere e «il Mondo non merita la fine del mondo», come di-ce uno splendido verso della poetessa Wisława Szymborska.

Nel libro il card. Comastri ripercorre con grande sensibi-lità e attenzione la vita di Benedetta: la spensierata fanciul-lezza, l’adolescenza con i dubbi, le paure, il senso di vuotoe poi l’incontro e l’accettazione della Croce come incontrocon l’Amore vero, assoluto e «la gioia trovata e incarnatadentro l’esperienza del dolore che le fa sperimentare la feli-cità che inebria e le dà “attimi di vera estasi spirituale»(p. 89). Benedetta, inondata d’amore, scopre che può vince-re anche il dolore e che il dolore può fiorire, diventare acco-glienza, dono da restituire. Sì, Benedetta è diventata lei stes-sa dono per tutti coloro che a lei si avvicinano. Ci ha inse-gnato che ogni vita è una vita importante, insostituibile agliocchi di Dio. Ci ha gridato, con un filo di voce quasi in-comprensibile, che Dio è amore e solo amore. Impariamo acogliere il suo grido, è solo un debole soffio, ma può inse-gnarci a spostare le montagne.

«Così era Benedetta – scrive Comastri – pronta a prende-re la croce di tutti, ma desiderosa di portare tutto il peso del-la propria senza scaricarla sugli altri» (p. 104).

Sì, da lei abbiamo davvero molto da imparare.

* ANGELO COMASTRI, L’urlo di Dio. Perché non lo senti?, Edizioni San Paolo,Cinisello Balsamo 2015.

Continua da pag. 11

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l’annuncio (XXX) maggio 2015 – n. 79 � 13

Da OstuniUNA VITA… TANTI INCONTRI

Su questo tema si è svilup-pato l’itinerario formativo2014-2015 del Gruppo degliAmici di Benedetta di Ostuni.

È stato bellissimo cogliere la“cultura dell’incontro” nellavita e negli scritti di Benedetta,ci dice Teresa Legrottaglie, unadelle animatrici del Gruppo.Siamo partiti dal Magistero dipapa Francesco e poi abbiamoseguito Benedetta nei suoi “in-contri” con i famigliari, leg-gendo, meditando e dialogandosu alcune sue Lettere (Ai Geni-tori, Natale 1947; Al Padre,28 novembre 1955; A Leonida,21 dicembre 1959; Alla Mam-ma, 28 novembre 1961; A E -manuela, 13 maggio 1963).

In esse lei diventa puntod’incontro per tutti, con grandesemplicità e profondità di sen-timenti, nella pace e nella leti-zia.

Teresa ci dice: «In un’altrariunione abbiamo goduto del-l’incontro di Benedetta con isuoi amici, considerando le suelettere a Roberto nell’aprile del1963, a Franci nel gennaio del1964, e la lettera scritta a lei daMaria Grazia nell’ottobre del1963: “Era solo questo che vo-levo dirti: il Signore non pote-va darti una vita più bella, piùricca. Sei importante per me;sei la cosa più bella e più carache io abbia. Sei il volto stessodella speranza”. Nicoletta poiscrive così a Benedetta: “Gra-zie per quello che sei, grazieper tutto quello che ci dai…grazie di tutto”. Come ci siamoritrovati in queste parole!».

Teresa prosegue: «Dal Librodi Maria Grazia I dolci volti diDio, abbiamo letto del suo pri-

mo incontro con Benedetta, delsuo primo incontro con AnnaCappelli, e quindi del camminoche l’amicizia continua a farecon coloro che hanno la gioiadi incontrarla. La nostra rifles-sione: il Signore entra nellaStoria attraverso le persone,come è entrato nella Storiaumana attraverso Gesù che si èincarnato. Benedetta ha toccatola vita dei suoi amici ed essihanno toccato la sua. Questareciproca comunicazione è ar-rivata ad altre vite, ad altriamici, fino a noi».

E ancora: «Anna Cappelli dàvita all’Associazione Amici diBenedetta, dà vita a “l’annun-cio”. Che cos’è “l’annuncio”se non un’occasione importan-te per diffondere la cultura del-l’incontro e promuovere lega-mi di vera amicizia?».

E così aggiunge: «Durantel’incontro è cresciuta la consa-pevolezza che, grazie a Bene-detta, il nostro stare insieme sicolora di verità e di bellezza».

Non c’è da stupirsi allorache Teresa dica: «Alla fine del-l’incontro tutti dicevamo: an-che noi siamo stati raggiunti eanche per noi è forte l’invito araggiungere altri. Qualcuno ag-giungeva. Ce ne andiamo cosìcontenti, così aperti al sorriso,così disponibili verso tutti, per-ché abbiamo ricevuto una cari-ca di umanità, di verità nell’a-micizia e di profondità negliaffetti. Sentiamo che davverolo Spirito santo ci guida».

L’incontro con il Signorenella testimonianza di Bene-detta rende tutti portatori diuna buona notizia che desideraessere spontaneamente comu-

nicata. Quando poi accenniamoa Teresa come Benedetta fossepiù capace di “dire” mentreriusciva a parlare sempre me-no, Teresa subito aggiunge,con immediato riferimento atemi attuali: «Nel nostro incon-tro mettevamo in evidenza co-me fino agli ultimi giorni dellasua esistenza, Benedetta era at-tenta a tutti, chiedeva notizie:come sta la mamma? come vala tua scuola? [...].

Le premure verso tutti e latenerezza con cui si esprimevasono veramente profetiche. Pa-

pa Francesco parla della “Chie - sa in uscita” e di una vita cri-stiana gioiosa.

Il prossimo Convegno dellaChiesa italiana, che si terrà aFirenze, ci aiuterà a vivere inpienezza la nostra umanità, ciproporrà una nuova antropolo-gia, non fatta di grandi discor-si, ma di attenzione alla vita diciascuno, di gesti di condivi-sione e di tenerezza. Tutto que-sto noi lo abbiamo colto in Be-nedetta e il nostro cuore è col-mo di gratitudine a Colui chece l’ha donata».

«Contro la cultura dello scarto e dell’esclusione è necessario promuovere la cultura dell’incontro e dell’inclusione per costruire un mondo più giusto e fraterno, un mondo migliore» (Papa Francesco)«La carità è abitare gli uni negli altri» (Benedetta)

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Dall’Alto Maceratese

Benedetta Frigerio 24 gennaio 2014

La figura della venerabile di cui ricorreil cinquantenario della morte, malata e sof-ferente catalizzò intorno a sé l’ammirazio-ne e l’amicizia di molti giovani

È difficile trovare persone che abbianosofferto come Benedetta, ma è quasi im-possibile conoscerne di così serene, acco-glienti, in pace. Benedetta Bianchi Porro,morta cinquant’anni fa, fu dichiarata vene-rabile nel 1993 e domani sarà celebrata

una Messa solenne nella sua città natale,Dovadola (Forlì), dal cardinal Angelo Co-mastri, membro per la Congregazione perla causa dei santi.

Nata l’8 agosto del 1936, morì il 23gennaio del 1964 lasciando numerosi scrit-ti e lettere che testimoniano una vita inte-riore profonda e una forza d’animo chefanno a pugni con una fragilità fisica estre-ma e con una vita piena di sconfitte e umi-liazioni. Benedetta rischiò di morire allanascita, poi si ammalò di poliomielite e,mentre studiava medicina, si autodiagno-sticò una malattia gravissima, la neurofi-bromatosi, o morbo di Recklinghausen,che lentamente la privò dell’udito, poi del-la vista, dell’olfatto e del tatto. Eppure Be-nedetta passò gli ultimi anni a letto circon-data dagli amici che facevano la fila perentrare nella sua stanza e passare del tem-po con lei: «Ancora adesso mi domandocome si facesse a stare così bene in una si-tuazione che ora mi rendo conto essere lapiù drammatica che abbia mai visto», spie-ga Francesca Romolotti Crema, fra le ami-che più care della ragazza.

Benedetta era bella, intelligente, pienadi risorse. Lentamente venne meno tut-to. Come poté non ribellarsi a questa si-tuazione?

Era sensibile, sveglia, con una culturaprofonda, tanto che andò all’università pri-

ma del tempo. Eppure, dopo diverse umi-liazioni, subì sconfitte anche negli studi: fufrenata da un professore che la cacciò dal-l’esame a causa della sua malattia. Ricordocommentò così: «Non mi ha rovinato il li-bretto con un brutto voto». Ma non molla-va, era tenace e dopo ogni sconfitta rialza-va la testa e ci riprovava. Scrisse che, senon fosse stato per Dio, avrebbe subitomollato tutto.

Non riuscì a diventare medico né arealizzare alcuna delle sue aspirazioni.

«Non ebbi nulla di tutto quello che ave-vo chiesto, ma ebbi tutto quello che avevosperato», scrisse. Arrivò a vivere come im-prigionata in un muro: praticamente avevacontatti con il mondo solo attraverso lamano destra, che miracolosamente avevaconservato un po’ di sensibilità, e con que-sta comunicava attraverso l’alfabeto muto.Eppure era in pace. Scrisse alla madre chela sua disperazione si era acquietata solocon la scoperta di Dio. Parlava delle suefatiche, ma anche della dolcezza dell’amo-re di Dio. Ed è questo secondo aspetto chea noi ragazzi balzava all’occhio.

Come nacque la sua amicizia con Be-nedetta?

Avevamo un’amica in comune che partìmissionaria e che desiderava non lasciareBenedetta senza un rapporto intenso come

Il gruppo degli “Amici di Benedetta” dell’Alto Maceratese si è ritrovato a Pieve Tori-na domenica 25 gennaio per ricordare il 51° dalla morte della venerabile.

La giornata è iniziata nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta con la recitadel rosario e la celebrazione della S. Messa presieduta da mons. Nello Tranzocchi, cheha ricordato Benedetta durante la sua omelia e nelle preghiere.

L’incontro è poi proseguito con un’agape fraterna durante la quale sono state lette leparole preziose di Roberta Bössmann, prese dall’ultimo numero de “l’annuncio”, chehanno dato spunto a delle riflessioni e testimonianze.

Con l’occasione ringraziamo i coniugi Amati che, con la loro dedizione nella stesura del giornalino, ci aiutano ad approfondire sem-pre più la spiritualità di Benedetta e ci fanno scoprire tanti altri fratelli con le loro personalità e storie ricche di fede.

Scopo dell’incontro è stato anche l’ormai consueta raccolta di fondi a favore del progetto “Un letto in Uganda”, che sostiene i fra-telli più bisognosi e lontani ospitati e curati nell’ospedale del Lacor fondato da Piero e Lucille Corti; questa importante iniziativa ci fasentire vicini a Benedetta, ai suoi desideri ed ideali e ci rende ancor più uniti come gruppo.

È stato bello ritrovarsi ancora una volta per condividere dei momenti dove la fraternità e l’amicizia hanno avuto un significato spe-ciale. Grazie Benedetta per averci dato questa opportunità.

Federica

«La mia amica Benedetta Bianchi Porro, che persetutto per trovare Tutto»

Da www.tempi.it del 24 gennaio 2015 pubblichiamo l’intervista di Benedetta Frigerio a Francesca Romolotti, un’amica molto cara a Benedetta.

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l’annuncio (XXX) maggio 2015 – n. 79 � 15

il loro. Così, questa ragazza decise di affi-darmela. Nacque un grande affetto. Michiamava “Francin d’oro”, mi commuovoancora a pensarci. Ecco, dopo che la in-contrai, portai tutti i miei amici di Gio-ventù Studentesca da lei.

Cosa accadeva nella sua stanza?Si traevano conforto e speranza da una

malata. Benedetta aveva delle doti che nonho visto più tutte insieme. Giudicava ognifatto, ma mai le persone. Su ciascuna ave-va uno sguardo di amore e accoglienza. In-vece che lamentarsi, come fa chi soffre,riusciva a uscire da sé. Ricordo una ragaz-za con le mani fredde e Benedetta che lescaldava fra le sue. Eravamo tutti attrattidalla sua capacita di donarsi. Ci sentivamoaccolti e privilegiati. Capita raramente divedere una persona annullarsi per mettereal centro solo te. Lei lo faceva con tutti. In-tuiva i crucci e i dispiaceri delle personeche incontrava. E se le perdeva di vista,chiedeva notizie per sapere come andava.Abitava veramente negli altri.

Mai un cedimento?Era umana, non nascondeva le sue fragi-

lità, lo sconforto, la paura a chi le era in

stretta confidenza. Non faceva la stoica,non si atteggiava. Era trasparente, era quel-la che vedevi. Però non recriminava mai.Anzi, era autoironica, sui sogni non realiz-zati ci rideva su: «Che sogni che fai Bene-dettina!», si diceva.

Di lei si è scritto che aveva anche uncarattere forte.

Aveva ricevuto un’educazione cristianaseria, nel senso che su quello fondava lavita e quella seguiva. Perciò obbediva asua madre, ed era di ferro se si trattava difare obbedire i fratelli più piccoli. Nellostesso tempo, in quella casa si respiravauna grande allegria. Erano romagnolichiassosi, tutti diversi: una sorella facevala ballerina alla Scala, un fratello diventògiornalista, uno primario. Più si ammalavapiù si addolciva. Ripeteva che il Signore leaveva dato moltissimo, che la amava. «Macome?», ti chiedevi. Ed era pure piena divoglia di vivere.

Si dice che, grazie a lei, è avvenutauna guarigione miracolosa.

Ha fatto il miracolo di testimoniarci l’a-more di Dio e la speranza. Ma forse si ri-ferisce a quello che accadde a Lourdes.

Partì per chiedere la guarigione, ma con leic’era una ragazza gravissima e disperata.Benedetta la esortò a non smettere di pre-gare, perché i miracoli avvengono. Così fue la ragazza si alzò in piedi. Benedetta erafelicissima anche se lei non era guarita.

Sembra ricordarla come fosse passatoun giorno e non 50 anni. Benedetta le hacambiato la vita?

Direi che me la segna tuttora. Io a Bene-detta ho voluto e voglio molto bene. Miaccorgo che allora ero una ragazzina deci-sa e radicale, forse un po’ spigolosa, macapace, con Benedetta, di un’amiciziagrande. Dopo 9 anni di sterilità nel matri-monio ebbi la grazia di concepire un figlio:la mia bambina nacque l’8 di agosto, lostesso giorno in cui nacque la mia amicaBenedetta.

Ma non posso dire che mi ha cambiatola vita in una volta sola, perché mi ha ac-compagnata e guidata in ogni passo e miaccompagna ancora. È così presente chesono ancora gelosa di lei. E quando pregoil Signore e la Madonna con loro, in cimaa tutti i Santi e defunti che mi sono più ca-ri, c’è Benedetta.

Ti affidiamo, Signore, tutti i nostri cariRicordiamo in particolare Anna Cappelli nel 10º anniversario della sua nascita al cielo

(dipinto di Aliza Mandel)

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ANGELO RANZI

Tra i tanti artisti conosciuti da Annac’è un vero amico di Benedetta: AngeloRanzi, di Forlì. Con Anna ha collaboratoper anni all’allestimento delle varie ini-ziative promosse per far conoscere il no-me di Benedetta e ha donato con genero-sità molte opere per la stessa finalità.

Ciò che colpisce nei suoi lavori è lasua capacità di esaltare luci ed ombreche danno alle opere un’intensità dram-matica che però non è fine a se stessa,ma apre ad una serenità e ad un’armoniasuperiori. Il nostro sguardo viene cosìelevato verso altre mete che reste-rebbero nascoste in una visione priva dicontrasti.

La tensione spirituale presente neisuoi lavori si rivela anche nelle opere de-dicate a Benedetta dove lei appare dolce-mente melanconica, ma con una grande forza e con un infinitoamore che pare trasmettere alla rosa bianca che è diventata il

Benedetta, Anna e gli artistisuo simbolo per tutti noi che siamo affa-scinati dalla sua figura di credente.

Nel quadro che vi voglio presentare inquesto numero Benedetta esce dal sarco-fago, nel quale era stata collocata, persalire in cielo. In mano ha ancora la rosabianca che forse vuol donare alla Ma-donna. Accanto al sarcofago c’è la fede-le amica che ha dedicato la vita per farlaconoscere a tutto il mondo: Anna Cap-pelli.

È un’Anna piena di gioia quella raffi-gurata, una giovane donna, bellissima,avvolta anche lei dalla luce.

Le sue preghiere hanno trovato pienarealizzazione.

Forse questo quadro è un invito a tut-ti noi a continuare l’opera di Anna per-ché Benedetta, che in cielo è già santa,possa diventarlo anche per la Chiesa edessere sempre più quell’immagine di lu-

ce per le tante persone che ancora portano la loro croce sullespalle.

a cura di ROBERTA BÖSSMANN

Angelo Ranzi, Storia di un’anima, 2014 (Foto Liverani)

Cara Anna,sono passati dieci anni da quando te ne sei andata. Sembra

un tempo brevissimo, perché tu, in verità, sei sempre con noianche ora che vivi accanto alla nostra Benedetta. Forse ora tisento, anzi, più vicina di prima.

Capisco meglio sia le tue fragilità che le tue certezze. Sa-pevi andare sempre avanti malgrado qualche parere contra-rio, qualche critica che inevitabilmente arrivava, malgrado ledifficoltà quotidiane che dovevi affrontare e che, forse, alla fi-ne non sei più stata capace di sopportare. La malattia è arri-vata come un fulmine a ciel sereno e ti sei ritrovata con pro-blemi enormi che non potevi più affrontare con la giusta sere-nità. Ma anche nella malattia non hai smesso di credere nel-l’opera che avevi iniziato tanti tanti anni prima: far conosce-re a tutto il mondo Benedetta.

Tu, che avevi sempre deciso da sola, pur chiedendo il pare-re di amici e di esperti, ti sei trovata a dover dipendere in tut-to dagli altri; specialmente Lucia ti è stata vicino sino alla fi-ne e con lei eri capace di tornare spensierata e serena. Mipiaceva sentirvi ridere e cantare come due ragazzine, ancheperché ti avevo conosciuto sempre seria, indaffarata e preoc-cupata a far quadrare i conti per portare avanti le tante ini-ziative che sempre avevi avviato.

Ricordo come eri contenta quando cercavo di sistemare letue montagne di carte quando eri ancora a Forlì, quando ri-trovavo l’immagine di un fiore per “l’annuncio” che avevicercato tanto, invano. Senza quella fotografia non si potevamandare in stampa il periodico perché, per te, ogni cosa fattaper Benedetta doveva essere perfetta.

Quando il tuo male ti ha lasciato poche forze, hai chiesto aGianfranco e a me di continuare a occuparci de “l’annuncio”.

Quando ho scritto i miei primi articoli su Benedetta e su An-nalena Tonelli, ricordo che mi avevi chiesto tu di farlo, io te liho letti per telefono per sapere se andavano bene. Sei statacommovente mentre mi ringraziavi. Non lo dimenticherò mai.

Ora siamo in tanti a proseguire il lavoro che tu hai svoltoper una vita intera. Forse, tutti insieme non riusciamo a farequanto facevi tu da sola, ma facciamo del nostro meglio, co-me possiamo, e sono certa che dal cielo ci guardi e ci guidiper evitarci di fare troppe sciocchezze.

Spero tu sia, comunque, orgogliosa di noi Amici che voglia-mo tanto bene a Benedetta e anche a te che ci hai permesso diconoscerla, di amarla, di sentirla nostra sorella.

Ciao, Anna, con affettoRoberta

IN RICORDO DI ANNA CAPPELLI, DIECI ANNI DOPO

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l’annuncio (XXX) maggio 2015 – n. 79 � 17

Torino, 28 marzo 2015

Cara Anna,

è tanto tempo che non sei fisicamente accanto a noi, so-rella tenerissima, con le tue dolci parole e carezze dell’a-nima che in te e Benedetta trovava conforto, amore, luce.

Eppure sei qui, VIVA in mezzo a noi, con la tua santaamica, alla quale hai dedicato la vita.

Sei qui a sussurrarci le sue parole, che sono anche letue, a spronarci a vivere la Croce con gioia, poiché ci con-duce alla Risurrezione.

Con il tuo lavoro infaticabile di messaggera dell’annun-cio Pasquale, hai diffuso, mediante i pensieri di Benedetta,un alleluja che non avrà mai fine.

Anna carissima, non dimentichiamo, siete due stelle del-la stessa costellazione, fuoco entrambe dell’Amore di Dio.Grazie, Anna.

Vi prego, rendete anche noi, piccoli “amici di Benedet-ta”, fuoco divino d’Amore, Croce risplendente d’AmoreEterno.

Giuliana

1967Una professoressa di filosofia, Anna Cappelli, mi ha invitata

a casa sua, a Forlì, per conoscermi, dopo aver letto il libro dipadre Turoldo: Siate nella gioia. Vuol scrivere di Benedetta.

Io non sono entusiasta di questa sua decisione: ammirotroppo padre David per non diffidare di chi “osa” parlare diBenedetta dopo che lui l’ha già fatto. Credo di essere gelosadi Anna, tanto che, quando mi apre la porta, la guardo con fa-stidio: abito da collegiale, collettino di trina sulle 23. Mi chie-do chi sia e cosa voglia da me. Lei mi guarda come se già miconoscesse, mi chiama per nome e sorride, con un’espressio-ne d’incredula, infantile felicità!

Fu amicizia, per sempre.Negli anni seguenti fui spesso sua ospite a Forlì, in via Pe-

driali, 18. Con Anna abitavano ancora un fratello, Idio, e lamadre. La madre di Anna era una personcina minuta, fragile,ma lucidissima e arguta: ricordo una sua espressione curiosa-mente profetica: «Quando non ci sarò più – mi disse con ilsuo forte e delizioso accento romagnolo, – in questa casa sivedranno i polli andare in bicicletta!». Alludeva, credo, all’at-tività di Anna, già allora frenetica, e al suo culto dell’ospita-lità, che le faceva aprire il cuore e la casa a chiunque bussas-se alla sua porta.

Anna, infatti, si prodigava per tutti, e non solo per la mam-ma e il fratello, che copriva di premure. Chiunque riceveva dalei attenzioni materne, e benché avesse una personalità fortis-sima e una volontà ferrea aveva sempre un atteggiamento ditotale sottomissione ai desideri e perfino ai capricci altrui. Ione ero irritata, indignata addirittura, e una volta le dissi:«Perfino il Vangelo comanda: “Ama il prossimo tuo come testesso”, come, e non di più! E invece tu non ti curi minima-mente della tua salute, delle tue necessità, della tua fatica!».

Sapevo che trasportava su e giù dalle scale grandi pacchidi libri e d’altro, specialmente in occasione delle mostre, cheorganizzava per far conoscere Benedetta. Con l’aiuto della fe-

dele Lucia e di pochi altri, tra cui lo stesso don Alfeo Costa,parroco di Dovadola, arrivava a “traslocare” quadri, statue,oggetti pesanti e perfino mobili! «Troppe persone approfittanodi te!». Lei mi rispose: «Ciò che si fa per amore non pesa. Seuna persona mi chiedesse di percorrere a piedi un miglio conlei, ne farei venti in ginocchio!». Così continuava serena, in-vincibile, a seguire la propria natura e le proprie convinzioni:lei era davvero la tenerezza di Dio fatta persona.

Ricordo che una volta, entrando in una chiesa, a Forlì, – era giugno – vidi su un altare, davanti alla statua di S. Lui-gi, dei bellissimi gigli, che appunto vengono chiamati “di S. Luigi”: quelli dal lungo stelo e dal profumo intenso, chefioriscono solo per poco tempo, negli orti e nei giardini, maben difficilmente si trovano nei negozi dei fioristi. Dissi, ri-dendo: «I fiori non si offrono agli uomini, ma alle signore:non è giusto che li offrano a lui e non a me!». Anna sorrise esi allontanò con una scusa. Quando tornò reggeva in una ma-no uno splendido giglio, nell’altra un cartoccio con un “bom-bolone” gigante, ancora caldo, sapendomene ghiottissima.

Lei era davvero attenta alle piccole grandi cose di ognigiorno.

Era sempre per amore che preparava per me, o per altrisuoi ospiti, un delizioso minestrone di verdura, anche se lasua preparazione richiedeva un grande sacrificio di tempo, alei che ne aveva pochissimo.

E fu proprio al mercato delle erbe di Forlì, mentre Anna edio ci aggiravamo tranquille tra la folla, fermandoci poi a unabancarella, per scegliere gambi di sedano e cipolle odorose,che Anna maturò “la grande decisione”: «È ormai tempo diiniziare la causa di beatificazione di Benedetta». La ricordocosì, Anna: l’anima e lo spirito rivolti a Dio, gli occhi, le ma-ni, il cuore attenti ai fratelli, per dar loro conforto, appoggioe gioia.

Da MARIA GRAZIA BOLZONI ROGORA,I dolci volti di Dio, Stilgraf, Cesena 2014, pp. 135-137

Anna Cappelli nel 1999 (Foto Amati)

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Benedetta e le altre

Il Diario intimo di MarieNöel, pubblicato nel 1961,con la traduzione di AdrianaZarri, ha richiamato la miaattenzione per l’articolo Ma-rie Nöel, sorella delle «ani-me turbate» dedicatole daFerdinando Castelli su “LaCiviltà Cattolica”, del 16 lu-glio 2011, (CLXII), n. 3866,pp. 107-118.

È quella di Marie, un’ope-ra poetica che scende negliabissi dell’anima che oscillatra «l’oscurità della fede e lasua amorosa accettazione».(F. Castelli, op. cit., p. 107).

Nata ad Auxerre nel 1883,Marie crebbe in una fami-glia borghese in cui fecepresto l’esperienza della so-litudine. Si è trovata sull’or-lo dell’abisso, angosciata equasi desiderosa di uccider-si. Si salvò grazie alla con-sapevolezza che Dio nonl’avrebbe abbandonata mai.Nel 1913 lo spettro della ne-gazione la insidiò per tregiorni e ogni tanto ritorneràfacendola vivere in una“grande angoscia”. Solol’incontro con Gesù Cristo ela forza della Grazia le per-misero di lasciarsi possederedalla pace cristiana.

È una storia drammaticala sua, che ha però aspetti di

vera modernità. Anzituttoper il suo comprendere loscandalo del male e dellasofferenza, che è uno dei te-mi più importanti della suaesistenza. Solo l’amore perDio riuscì a farle superareogni timore.

«Credo nell’Amore» – di-ceva – e nell’Amore di Diosi è gettata come un bam -bino tra le braccia della madre.

Un altro aspetto di moder-nità è la sua esigenza di li-bertà totale. Non tolleravaalcuna restrizione, alcunabarriera. Se l’uomo è statocreato libero, sosteneva, co-me si può tollerare unaChiesa istituzionale, «pienadi leggi e prescrizioni chelegano i fedeli e li obbliganoa procedere con “ordine”»?Marie paragona la legge del-la Chiesa a quella che lasuocera «impone alla nuora»(p. 112). Capisce che «fre-quentare troppo degli uomi-ni “infallibili” è un pericoloper il giudizio, per il pensie-ro, persino per le sempliciopinioni» (Diario intimo, p. 61).

Un terzo aspetto di mo-dernità sta nel fatto che Ma-rie ci ricorda che «la veritàdivina non deve restarechiusa nei termini in cui fuespressa» (F. Castelli, op.cit., p. 113) perché è qualco-sa di vivo, che si muove, sievolve e porta sempre nuovifrutti.

Anche quella di MarieNöel, come quella di Bene-detta, fu soltanto una piccolavoce discreta, un semplicefilo di voce, capace però di

dire delle verità che colpi-scono il cuore. Entrambe cipermettono di incontrare laparte più profonda di noi, ilmistero di Dio, la difficoltàdi accettazione del male edella sofferenza e l’abban-dono amoroso tra le bracciadell’Amore, della preghiera,del canto. Forse gli itineraripercorsi da Marie e da Be-nedetta sono molto differen-ti, ma entrambe hanno cono-sciuto l’angoscia, l’incubodel suicidio prima di arriva-re alla certezza dell’amoredi Dio, che è per sempre.

Non mi sono mai ripresadal soffio di Dio, quandoEgli si è chinato sul miofango, dirà Marie, e anchequando lo scandalo del malela tormenterà, lei resterà an-corata alla fede in Dio e sigetterà come un bambino trale braccia di Dio, incurantedei suoi dubbi. È quanto hafatto anche Benedetta che diDio si è sempre fidata, an-che quando tutto nel suocorpo sembrava isolarlasempre più e allontanarla daogni cosa del mondo.

Marie Nöel e Benedettanon hanno concepito Dio“come una gabbia” riducen-dolo al livello della nostraintelligenza e rendendo fini-to il Dio infinito.

Entrambe hanno volutodonare alla loro anima la li-bertà di incontrare Dio dovee come desidera, sempreperò in umiltà e obbedienza.Hanno compreso che la loroesistenza doveva diventareVangelo vivente e che eranochiamate ad un’unica cosa, a“gridare” al mondo, con illoro filo di voce, che Dio

ama le sue creature. Lo han-no fatto in modo meravi-glioso e hanno trovato la pace.

«La pace non è che inDio», «L’amore è Dio» citestimonia Nöel, e Benedettaarriva a dire le stesse parolecon la stessa intensità.

Entrambe ci insegnanoche il cristianesimo non èuna religione comoda e faci-le, ma un cammino verso laluce che attraversa il buiodelle notti e che per viverela fede bisogna avere il co-raggio di scelte impegnative.Ci dicono anche che la veralibertà fiorisce sull’umiltà e sull’amore e che ciò chepuò apparire quanto di piùnegativo può trasformarsi ingrazia.

Marie Nöel è morta il 23 dicembre 1967, pochi an-ni dopo la morte di Bene -detta.

È incredibile vedere comequeste due creature che nonsi sono mai conosciute in vi-ta, siano arrivate a speri-mentare, negli stessi anni, ilmedesimo modo di vivere lapropria fede: come abbando-no, come dono, come com-pito.

Marie Nöel Benedetta

a cura di ROBERTA BÖSSMANN

MARIE NÖEL E BENEDETTA

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Dalla vita alla vita?Da gennaio 2014 tutti i mesi hanno visto a Dovadola e

Forlì un susseguirsi di manifestazioni per il 50º della salitaal cielo della Venerabile Benedetta. Con esse la Diocesi haconcentrato in certo modo la sua vita pastorale attorno allasua grande figura. Il Vescovo ha mobilitato la Diocesi per-ché Benedetta fosse meglio conosciuta proprio dove è natae dove è vissuta per metà della sua vita.

Un ciclo di cinque incontri, tra febbraio e maggio 2014,in ricordo di Benedetta, su Fede, speranza, scienza ai confi-ni della vita è stato organizzato dalla Consulta Diocesanaper la Cultura, diretta da don Enrico Casadei Garofani. So-no stati coinvolti esperti in varie discipline, dalla psichiatriae psicanalisi alla teologia, dalla filosofia morale alla medici-na, dalle cure palliative alla pastorale ospedaliera, con l’ap-porto di alcune testimonianze.

L’intento – come ha spiegato don Enrico Casadei – èquello di fornire strade di riflessione che aiutino ad affron -tare in profondità le problematiche della malattia, della sof-ferenza e della morte.

Benedetta Bianchi Porro ne è il riferimento ideale: unagiovane donna che, trovandosi a vivere il dramma di unagrave malattia, non è fuggita ma si è interrogata, ha lotta to,ha sofferto, ha sperato, ha amato. Oggi troppo spesso si ten-de, invece, a lasciarsi sopraffare dalla paura, a nascondere ilproblema o a delegarlo ad altri. Rischiando, inevitabilmen te,di trovarsi impreparati di fronte ad una delle tappe ineludi-bili della vita, e rischiando, nel contempo, di non essere ingrado neppure di stare accanto ai propri cari che si incam -minano verso la morte.

È necessario rompere il tabù, riflette re a tutto campo suqueste questioni, indicando anche concrete modalità operati-ve per stare positivamente ac canto al malato e offrire unaccom pagnamento che tenga conto di una pluralità di di-mensioni: psicologica, socio-culturale, medica, religiosa.

Questa pluralità di approcci è documentata, tanto per farealcuni esempi, da due relazioni forniteci da don Enrico Ca-sadei e che possiamo vedere nel testo integrale sul nostro si-to www.benedetta.it.

La prima relazione Alla fine dei giorni: la mente dell’uo-mo di fronte al dolore e alla speranza è incentrata sul pro-blema della morte, delle sofferenze che la precedono, dellutto. Questa tematica è trattata dallo psichiatra e psicanali-sta dott. Pierluigi Moressa che, nell’ultimo paragrafo, par-la di Benedetta, definendola così: «figura di elevata intensitàspirituale che ha mostrato un percorso intriso di dolore e disperanza verso la fine dei propri giorni».

C’è da domandarsi come si sviluppi la speranza nel con-testo di malattie incurabili o di situazioni verso la fine dellavita.

Moressa fa vedere come, in questi casi, le persone passi-no solitamente attraverso tre distinti stadi, indicati come 1. smarrimento, 2. rabbia, 3. dolore e speranza.

Lo psicanalista mostra che, nel terzo stadio, si sviluppanel paziente la consapevolezza che possono sussistere, neldolore per la propria malattia, anche spazi liberi dalla soffe-renza, che consentono, per così dire, di pensare anche ad al-tro e di comunicare con altre persone. In altri termini si pos-sono aprire dei meccanismi di speranza, se la malattia vienein qualche modo pensata e circoscritta nella mente. Si pos-sono aprire cioè degli spazi di quotidianità non ossessiva-mente occupati soltanto dalla paura della morte. Così espri-me la sua posizione Moressa: «Aprire il pensiero alla spe-ranza significa offrire spazio agli affetti, che continuano afar parte della persona anche di fronte alle devastazioni del-la malattia inguaribile. La realizzazione di un pensiero sulmale e sul dolore riduce l’invadenza angosciosa di entram-bi, così da rendere la morte una presenza meno incombente.La fine viene collocata nella sua naturale dimensione disfondo per i pensieri quotidiani, di linea che circoscrive l’e-sistenza dell’uomo. In questo passaggio, il giorno della mor-te si rivelerà per tutti come una parte della vita; a esso po-tremo arrivare impegnandoci ad accogliere gli inevitabilimalesseri, continuando a desiderare e ad amare, a sognare ea sperare».

A questo punto il discorso dello psicologo finisce, nelsenso che si apre il discorso sui motivi per amare, sognare esperare. E qui si apre lo spazio per altre competenze.

Nella seconda relazione, il teologo mons. Franco GiulioBrambilla, parla proprio su Il tempo della sofferenza: unasfida per lo spirito. Egli è perfettamente consapevole che lasofferenza ha generato atteggiamenti che nascono da unasorta di fuga dell’uomo moderno dal significato del soffrire.Per un orientamento di fondo il teologo mette al centro, dalpunto di vista cristiano, non la croce (che resta il patibolocon cui gli uomini tolgono di mezzo Gesù), ma il Crocifis-so!, e considera che «la morte di Gesù è il luogo dell’uni-versale riconciliazione. In Gesù il Padre ci ha dato tutto sestesso, la sua stessa vita, lasciandola in balìa del tradimento,dell’abbandono, della morte violenta e della sopraffazionedegli uomini. Gesù muore “per noi”, dice la tradizione bi-blica, in un duplice senso: “a causa” del peccato e “a van-taggio” dei peccatori.

Assumendo e portando il nostro rifiuto, lo riconcilia nelluogo stesso dove abbiamo chiuso le porte a Dio, trascen-dendolo nel suo gesto d’amore incondizionato. Lo Spirito dicomunione, che tiene uniti il Padre e il Figlio anche nel mo-mento della massima separazione, trasforma anche la di-stanza peccaminosa trasfigurandola in una vicinanza risorta[…]. La liberazione della croce toglie il male fin nel cuoredell’uomo, fin nelle profondità di tutta l’umanità, dal primouomo sino alla fine dei tempi. La comunione donata scolpi-sce i tratti del figlio di Dio, del discepolo credente e dellacomunità fraterna».

In questa prospettiva si è certo ritrovata Benedetta, nelsuo abbandono al Signore e, su questa base, nel dono ai fra-telli che incontrava.

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Angelina Pirini (Sala di Cesenatico, 30 marzo 1922 -Sala di Cesenatico, 2 ottobre 1940) è una giovaneromagnola, morta a 18 anni, dopo tre anni di malat-tia. Il suo cammino di fede diventa: «salita al Calva-rio, sulla croce salvifica redentrice, patibolo ed altareper l’anima desiderosa solo di immolarsi come Ostia,a perfetta e totale imitazione di Cristo, termine fisso,culmine del cammino di fede della nostra Serva diDio, Angelina di Gesù, come amava firmarsi in moltelettere del suo straordinario epistolario». Così Luigi Riceputi considera in un suo scritto, redatto in vista dell’anno della fede del 2012-2013, la testimonianza esemplare di questa giovane, di cuiè in corso la causa di beatificazione presso la Congregazione per le cause dei santi. In queste po-che battute si intravede un nesso tematico con la vicenda di Benedetta che l’Autore poi esplicita par-

tendo proprio da un segnalibro su Benedetta trovato ne Il volto della speranza. Dopo un titolo redazionale, pubblichiamoun ampio estratto del testo di Riceputi, che ringraziamo per il contributo.

Cammini di fede convergenti: Angelina e Benedetta[Ne Il volto della speran-

za] […] si trova ancora co-me segnalibro – il più belloe prezioso tra tutti quelli che“segnano” i miei libri – unricordino (un santino) dellaragazza beata di Dovadola,volto di quella “virtù prova-ta” che è la speranza, gene-ratrice di fede, in atto di ri-cevere dalle mani di un sa-cerdote (si vedono soloquelle, il resto rimane fuoridal nostro campo visivo)l’estrema comunione, consotto, nella parte inferiore diquella foto straordinaria, lascritta: «Io so che attraversola sofferenza il Signore miconduce verso una stradameravigliosa» – e sul retro,scritto a mano (mano fattapiù per essere scritta che perscrivere, come le avveniva,offerta ai suoi visitatori-in-terlocutori, sul letto dellasua lunga agonia) con scrit-tura incerta, infantile, checontrasta col proposito fer-mo, saldo della sua animaancorata alla fede: «Il doloreè stare con la Madonna aipiedi della Croce».

Due frasi – due aforismi –di pretto stampo cristiano,dettate dal suo spirito misti-co, cristico-eucaristico, si-

mile alle tante che circolanonegli scritti di Angelina – Let tere Diari Resocontispirituali –, dove parole co-me sofferenza, dolore, crocesono di casa e frequente è ilnome della Madonna, viamaestra per arrivare a Cri-sto. Per Mariam ad Jesum,secondo il motto impressosulla facciata della chiesa-santuario di Sala dedicataproprio alla Vergine, che è ilprogramma della vita spiri-tuale di Angelina, presenzaassidua in quella chiesa conla sua “preghiera continua”di “pellegrina della fede” inquesta “valle di lacrime”,come è chiamata la terranella preghiera mariana pereccellenza (che un grandepoeta del nostro tempo chia-ma splendidamente “valledel fare anima”). Una chiesarisorta più bella dopo la di-struzione della guerra, cheAngelina non fece in tempoa vedere, morta agli inizi di essa, vittima immolata – ostia – per la riparazionedel peccato immane – delMale – di essa!

Le trovo accostate le figu-re – i volti – di queste dueragazze beate e sante – av-viate a diventarlo grazie al

processo di beatificazione incorso, foriero di quello futu-ro di santificazione – nellapagina del “Corriere cesena-te” che dà notizia di questonostro incontro su Angelinaqui a Sala e contempo -raneamente di quello su Be-nedetta a Dovadola, degliamici rispettivamente dell’u-na e dell’altra: bella, non ca-suale, provvidenziale coinci-denza.

Noi con “Angelina versol’anno della fede”, loro con“Benedetta testimone dellaDivina Misericordia”. Unorientamento, un camminosimile: “Il cammino verso laluce”. Così suona il titolo diun piccolo illuminato librodi don Divo Barsotti – ungrande “intellettuale dellafede” e grande mistico delnostro tempo, scomparso direcente – dedicato proprio aBenedetta.

Il cammino verso la lucedella fede. Scrive don Divo,quasi a compendio di quelcammino di luce, in modoconciso, epigrafico, che cipare intonato anche alla vitae allo spirito della nostraAngelina (tutte le personemistiche si assomigliano, so-miglianti in Cristo, di cui

tendono ad assumere lesembianze; simili Angelinae Benedetta a due gocced’acqua nell’oceano dell’a-more del Signore, per usareuna immagine della piccolaSanta Teresa di Lisièux, dicui entrambe erano moltodevote): «Conobbe momentidi buio e di angoscia, mo-menti di tentazione e di ri-volta, ma nulla poté soffoca-re la sua gioia, nulla soppri-mere il suo canto».

Nelle pagine del Diario,dell’Epistolario e dei Reso-conti di Angelina – che for-mano “la storia della suaanima”, per citare il titolodel libro della succitata Te-resa del Bambin Gesù – sitrovano a profusione, comefiori di un ricco, variopintogiardino, un vero e propriotripudio e trionfo, parole co-me gioia, dolore (gioia e do-lore in così stretta, intimarelazione, un vero e propriorapporto di filiazione l’unadall’altro: “la gioia che na-sce dal dolore”, secondo illinguaggio dei mistici) e, na-turalmente, fede, il cui donoAngelina chiede nella suapreghiera per sé e per tuttinoi. Come si vede, si sentein questa sua pagina di dia-

(Foto Amati)

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rio, del 31 marzo 1938,giorno del suo sedicesimoanno (quello del suo voto divittima – di ostia – emessodi lì a poco, il 16 giugno, fe-sta del Corpus Domini):«Eucarestia, nutrimento del-l’anima mia, fortifica que-st’anima, perché possa af-frontare qualunque battaglia,e dammi la fede! Fede eamore dei santi, perché co-me loro voglio santificarequesta mia anima e salvarequelle altrui».

La fede lampada ai piedinel cammino della vita, co-me recita un versetto bibli-co. La fede dono divino econoscenza dell’amore diDio per l’anima di Angelinaassetata di Lui, come scrivein un’altra pagina del Diariodi quello stesso anno straor-

dinario, il 16 aprile: «Ti seicompiaciuto di farti cono-scere a questa povera animamia ed io, che sento in Te ilmio conforto, il mio ristoroin questa valle di lacrime,dove cammino pellegrina,voglio riposarmi in Te, perimparare come debba cam-minare in Te, che per trenta-tré anni hai vissuto in mezzoa noi per la tua grandebontà».

Una “scienza della fede”(così la chiama un grandeteologo e filosofo cattolico,che fu anche sacerdote, Ro-mano Guardini in un librettocon quel titolo), che è nelcontempo “scienza dellaCroce”, per dirla con una fi-losofa ebrea, Edith Stein,convertita al Cristianesimo,divenuta suora carmelitana,

morta ad Auschwitz e salitaagli onori degli altari negliultimi anni del pontificato diGiovanni Paolo II, grandelettore dei testi della sua “fi-losofia crocifissa”, come èstata chiamata.

Ma torniamo ad Angelina,ai passi del suo “camminoverso la luce”. «Voglio la lu-ce! Voglio la luce» è il re-frain che ricorre nelle suepagine, che sono un canto divita e di morte. La mortemistica dell’anima anelantea morire per risorgere inCristo, vita vera, tutt’unacon Lui. I passi del suo Dia-rio e degli altri suoi scritti sipossono considerare passidelle stazioni del suo Calva-rio, un’ascesa e discesa in-sieme verso quella “cimaabissale” di luce che è Cri-

sto. Una fede provata, quelladella Serva di Dio, genera-trice di speranza, di cui lafede, ripetiamolo, è sostan-za. Fede pasquale, gioiosa,passata per la porta o viastretta della “notte oscura”purificatrice.

Notte dello spirito che,come suona un verso del no-stro grande poeta cattolicoda poco scomparso, MarioLuzi, “lava la mente” (cioèl’anima).

E man mano che si ap-prossima l’appuntamentocol Signore, di cui tutta lavita della Nostra è attesa(Attesa di Dio si intitola unlibro della grande filosofa escrittrice francese, ebreavoltasi al Cristianesimo, Si-mone Weil, innamorata diCristo e della sua Croce,morta trentatreenne a pocadistanza dalla morte di An-gelina), brilla come una stel-la di redenzione nella nottedello spirito, camera oscuradove si sviluppa gradual-mente, nell’assenza salutareper il travaglio della sua“nascita eterna”, la luce, intutta la sua profondità edestensione, penetrata nell’a-nima. («Non esiste altropec cato – ha sentenziato lasuccitata Simone Weil – chenon lasciarsi attraversaredalla luce»).

La luce di cui Clizia-An-gelina, come il girasole dellacelebre poesia di Montale,era “impazzita”: lei, la “folledi Dio”: il Dio che è Luce,di cui la Serva di Dio fuportatrice. («Il Dio che tuttiportiamo», come dice ilgrande poeta spagnolo Anto-nio Machado, e specialmen-te, non solo genericamente, isanti, portato fino alla finecome una croce gloriosa sul-le loro spalle).

Luigi Riceputi

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Intervista a Roberto Corsodi GIANFRANCO AMATI

Roberto Corso è una figura importante tra le persone che hanno frequentato Benedetta.Nel 1963 Benedetta sta vivendo i momenti più duri del suo calvario, sorda e cieca e inbuona parte paralizzata. Proprio con queste difficoltà comunicative Benedetta sta vicina inmodo importante ad un liceale diciassettenne che vive le inquietudini della sua età.

D. C’è una tua lettera a Bene-detta del 2 gennaio 1964, po-chi giorni prima che morisse.Forse capivi che stava per fini-

re la possibilità di comunicare su questa terra con lei. Con laconsapevolezza che avevi in quell’anno, hai fatto una specie dibilancio del tuo rapporto con lei. Così le scrivevi:

«Conoscerti mi ha richiamato a parecchie cose: innanzituttoall’essere autenticamente Cristiani, a pregare, a meditare, ad ac-cettare di essere soli a noi stessi, perché Dio possa plasmarci asuo piacimento. Mi hai richiamato a superare i sensi e a fare delbene. Prega ora perché con la Grazia riesca ad attuare tutto ciò,perché mi è estremamente duro: io in cambio pregherò per la tuaserenità, che è la cosa che più mi sta a cuore. Grazie Benedetta,di tutto». Cosa diresti adesso? R. Adesso non direi nulla a Benedetta. Penso che sia arrivato il

momento del silenzio, almeno per me. È un momento in cui è ne-cessario ascoltarsi e ascoltare.

Proprio in questi giorni stavo pensando a due cose.Alla Parola e all’Incarnazione.Abbiamo ascoltato spesso la Parola di Dio e molto spesso in

modo distratto, lontano, perché, in genere, viviamo questa Parolacome qualcosa fuori dalla nostra vita.

Il fatto invece che Dio si sia incarnato penso voglia dire anchea noi che è necessario fare un passo in più, e cioè non essere sol-tanto ascoltatori della Parola, ma essere noi stessi Parola incarna-ta. Pensavo che Benedetta è stata proprio questo. È stata propriouna Parola incarnata, che ha potuto essere ascoltata, ha potutoparlare perché non è stata una cosa isolata, ma centro di vita e divite. In quel periodo a comunicare c’ero io, c’era Lucio, c’eranoaltri ragazzi, c’era Nicoletta, Franci, Paola, Maria Grazia, tantepersone. Questo ha permesso uno scambio che non si è limitatoalla Parola, ma è diventato per ciascuno di noi vita.

Una vita molto diversa, a volte, da quella che pensavamo. So-no passati cinquantun anni dalla morte di Benedetta. Benedetta èmorta a 27 anni. Io ne avevo 17. C’è stato tempo per me di vive-re, tempo per fare cose belle e anche per fallimenti, sofferenze,lontananze. Per me questo momento è quello in cui bisogna faresilenzio. Cerco di capire che, in fondo, siamo nelle mani di Dio,per cui quello che dobbiamo fare in gran parte lo abbiamo fatto,giusto o sbagliato che sia. Ciò che è sbagliato ci penserà il Si-gnore a raddrizzarlo, e quel poco di buono che abbiamo fatto,speriamo che a qualcosa e a qualcuno sia servito.

È il momento non tanto di guardare al passato. Possiamo guar-dare il passato proprio con il senso di abbandono e il futuro cheabbiamo, io me lo vedo davanti molto sereno, molto tranquillo,perché capisco che niente è andato perduto, neanche quello chesembra lontano.

Benedetta c’è, secondo me. Ci è vicina, non solo lei, ma è in-sieme a tante persone che lungo la strada si sono perse, sonomancate, ma la cui presenza, in qualche modo, ha permesso a noidi essere quello che siamo.

Quindi davvero il libro Vivere è bello ha un titolo che a me pia-ce molto, perché credo che sia proprio così. Capirlo è una grandecosa. Benedetta, secondo me, l’aveva capito benissimo perché giàprima della malattia il suo amore per la vita, per la musica, per ildisegno, per le persone, per gli incontri, sicuramente l’ha arric-chita. Poi c’è stato certamente il momento della prova, della pau-ra, dello smarrimento. Quello che poi in lei è cresciuto è questosenso della nascita, il rendersi conto che la sua vita non finiva.C’era un incontro, una festa, un nascere proprio nuovo che l’a-spettava e non solo nell’ambito personale, ma in un ambito piùampio, di comunione, di vita, che è molto più ampio di quello cheriusciamo a cogliere.

D. Credo che Benedetta testimoniasse, dopo un percorso dimaturazione, anche il senso dell’amore di Dio che diventa mise-ricordia per tutti e quindi diventa momento di speranza, di con-solazione, di fiducia nella vita che ci capita appunto di vivere. R. Penso che ciascuno di noi sia capace di comunicare qualche

cosa. Non siamo sempre attenti a raccogliere quello che ci vienedato, che ci viene offerto. Credo che questo dipenda dai tempi diciascuno e dai tempi di Dio.

Anche lì quello che uno fa, che venga accolto o che non vengaaccolto, che venga recepito, o che non venga recepito, secondome non ha molta importanza.

Io sento invece, capisco Benedetta quando ha voluto spogliarsidelle cose che aveva, comprese quelle tipiche di una ragazza. L’u-nica cosa che aveva voluto tenere, come segno, diciamo così del-la sua dignità di persona, era stato un anello d’oro. Lo si vede inuna foto che le avevo fatto mentre fa la comunione. Era solo que-sto il motivo per cui aveva tenuto questo anello. Tutto il resto l’a-veva voluto dare via. Anche gli oggetti più cari, materiali o spiri-tuali, per me è bene che si sia capaci di lasciarli, non perché nonsiano significativi, ma perché il significato o uno ce l’ha nel cuo-re, altrimenti non ce l’ha.

D. Questa è una lezione molto importante di Benedetta. Credoche ciò faccia bene, nel senso che una certa ricchezza, che da uncerto punto di vista perdi, …R. Mi veniva da pensare che la vera “reliquia” a cui uno deve

fare attenzione è la sofferenza degli altri, il bisogno dell’altro,l’attesa che l’altro ha di qualche cosa, di qualche cosa che nonconosce neanche e che, se sei attento, riesci a dare. Per esempio,mi ha molto colpito oggi, la lettera che Benedetta ha scritto allasignora Grecchi, quella che aveva perso il bambino.

D. Proprio tu avevi segnalato il caso a Benedetta.R. La risposta di Benedetta è stata secondo me bellissima, ve-

ramente di una delicatezza, di una bellezza e di una profonditàuniche perché va veramente oltre l’episodio in sé drammatico, pertrovare, per suggerire un senso a questa cosa e anche una conci-liazione perché questa signora potesse superare i sensi di colpache, tra l’altro, le venivano scaricati addosso.

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Questi sono accadimenti che certamente ci mettono di fronte adei grandi misteri. Sono certamente grandi misteri la sofferenza,la morte, però ci invitano anche ad andare al di là. Oggi, nel Cre-do, che abbiamo recitato durante la Messa, si è accennato alle co-se visibili e alle cose invisibili. Questa è veramente una cosa in-visibile, qualcosa che ci sfugge ma che non ci è estranea. Perquesto è importante avere occhi che ci portino proprio a vedereoltre, anche nel buio, …

D. Vedere la sofferenza può essere un’occasione per trovare laluce…R. Credo che alla fine ci aspetti essenzialmente la felicità. Non

credo che ci sia altro. La felicità è la comunione. Io credo moltoal fatto che ci sarà un incontro. Quel telegramma mandato a Be-nedetta – quel: Congregavit – nos in unum Christi amor exulte-mus non è un modo di dire. Era ed è anche oggi una cosa moltovera. Per questo sono certo che rincontreremo chiunque abbia at-traversato la nostra vita, anche se l’abbiamo perso da anni, da de-cenni. Non ha alcuna importanza, anche se ci sono state incom-prensione, sofferenza, ricevute o date, ma sono sicuro che tuttoquesto sarà superato.

D. La conoscenza con Benedetta che hai avuto, aveva alcunevariabili, che almeno dalla corrispondenza appaiono. R. Avevo problemi tipici dell’adolescenza, problemi di definire

la mia strada, il mio vivere, le mie pulsioni, tante cose messe in-sieme.

D. Era più che altro il disagio di non riuscire a trovare la pro-pria strada…R. Sentivo molto all’epoca la differenza tra un ideale di perfe-

zione e l’esperienza delle debolezze umane, questo contrasto, ab-bastanza forte, a quell’epoca mi sconcertava molto.

D. Poi c’era un altro tema ricorrente. Era quello dei tuoi fratel-li, di un fratello più piccolo che era all’estero…R. Ho tre fratelli: Piero, Claudio e una sorella, Ada, più gran-

de di me. Il rapporto con i miei fratelli, con la mia famiglia è sta-to molto particolare. Mio padre aveva perso una gamba durante laguerra. È stato per parecchi anni in ospedale. Mia padre proveni-va da una famiglia di contadini, era il sedicesimo figlio di una fa-miglia di contadini. Mia mamma era venuta dal Sud Italia. Mianonna era vedova, anche lei. Mia madre ha iniziato a lavorare a13 anni. Erano due famiglie molto povere.

Mia mamma: è stata lei a portare avanti la famiglia. Proprioperché era in difficoltà, non ce la faceva, ho fatto tutte le elemen-tari e le medie in collegio. Per questo anche i fratelli li ho avutivicino praticamente solo negli anni del liceo. E neanche tanto,perché in quegli anni mio fratello Claudio era stato mandato ne-gli Stati Uniti, anche se molto piccolo perché ha sei anni meno dime, a dieci anni a studiare. Mia sorella era già andata in Germa-nia a studiare. Ha poi sposato un tedesco di Monaco di Baviera.Anche lei era abbastanza lontana.

Certamente il rapporto in qualche modo era rimasto, ma nonera mai stato emotivamente denso. Sotto questo aspetto ognuno dinoi ha vissuto la sua vita senza parteciparla molto ai fratelli, pro-prio perché c’è stata questa lontananza. Un po’ Piero, due annipiù giovane rispetto a me, ha vissuto un pochino di più con me.Per il resto… Conoscono di Benedetta, sanno di Benedetta, manon l’hanno conosciuta.

D. Mi pare che il contesto più vivo…R. È stato quello di Gioventù Studentesca.

D. Volevo sapere come la vedevi e come la vedi oggi.R. Gioventù Studentesca è nata benissimo. È nata all’inizio de-

gli anni ’60. Io l’ho frequentata praticamente nel ’63-’64, per unpaio d’anni, neanche tanti. È nata molto bene, ma, a mio avviso,non ha avuto un’evoluzione… Non l’ho più sentita mia. Allora iragazzi erano divisi in “Raggi”, gruppi della singola scuola o dialcune classi di liceo che avevano un responsabile o una respon-sabile che, in genere, era un’universitaria o un universitario. Ci siincontrava settimanalmente, si andava in “Bassa”.

Ciò voleva dire prendere la domenica il pullman per andarenella periferia di Milano. Si facevano giocare i ragazzini, si avvi-cinavano le persone…

C’erano poi degli incontri un pochino più allargati soprattutto aVarigotti.

La cosa lì si è un po’ rotta, una volta che volevo portare unamico che però era un po’ critico. Non l’hanno voluto. Questo ri-fiuto mi ha dato molto fastidio. Ho avuto la netta sensazione chesi stessero chiudendo in se stessi. E la cosa non ha più corrispo-sto al mio modo di sentire.

Per questo ho lasciato Gioventù Studentesca, che poi ha avutoun’evoluzione in CL. Molti suoi esponenti li ho conosciuti all’e-poca. Con molti di loro sono in ottimi rapporti dal punto vistapersonale, però per me è rimasto un ambiente troppo chiuso in sestesso.

D. Nelle tue lettere fai riferimento a Nicoletta e a qualche al-tro che era in Brasile. R. Ricordo di essere andato all’aeroporto quando Nicoletta è

partita per il Brasile. Era un andare verso terre, verso personelontane, con sostanziale serenità. Benedetta sicuramente sognavadi diventare medico. Nicoletta era una sua compagna di universitàche poi ha portato avanti questa cosa. Maria Grazia poi era unacompagna di università che non ha finito medicina ed è stata vi-cina ai malati soprattutto spiritualmente… Anche questa è unamedicina importante.

D. Nella tua esperienza quale tipo di spiritualità ti ha aiutato un po’ o ti ha fatto vedere maggiormente la distanza tra ideale ereale?R. Mi ha aiutato Benedetta prima e poi l’incontro con la figu-

ra di Charles de Foucauld. La sua spiritualità, che non sono riu-scito a vivere in modo particolare, per me è stata un grande ri-chiamo.

D. Mi ha colpito molto che Benedetta ti considerasse un gio-vane che aveva dei problemi a trovare la sua strada, e che, perquesto, ti pensava e pregava per te tutti i giorni. Il rapporto conte testimoniava proprio la sua capacità di entrare in un rapportoprofondo con le persone, proprio di “abitare” negli altri.R. Per me Benedetta è stata senz’altro una sorella, come mi è

stato fratello anche Corrado e un po’ sorellina anche Carmen cheallora era piccolina, aveva otto anni.

Forse anche perché mi aiutavano nel dialogo con Benedetta,perché facevo fatica a capirla per il fatto che le avevano tolto identi. Io le parlavo attraverso la mano.

Poi lei parlava, ma io non la capivo, in genere. Se non c’eranoCorrado o la Carmen a tradurre quello che Benedetta diceva, fa-cevo fatica a capirla.

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Secondo Mario Pomilio, vi sono due modi di considerare laprofezia.

Il primo modo è quello dei profeti che anticipano la venuta diCristo; il secondo è quello del cristiano che si trova permanente-mente raggiunto da Cristo.

Nel primo caso si trattava di parlare di Cristo, nel secondo diparlare con Cristo.

Tra i due momenti c’è una bella differenza, come è facile in-tuire. Il cristiano sperimenta che a parlare nella sua stessa vita siaormai proprio il Cristo.

Il profetismo biblico riceve così la sua piena attuazione e di-viene una vera e propria testimonianza mistica: non solo parlare

La profezia di Mario Pomilioa cura di ROBERTA BÖSSMANN

stiano si riconosce dall’attitudine a situarsi all’interno del propriotempo portando comunque la disposizione alla speranza»2. Il Van-gelo non è finito, questa è la verità. Ogni volta che un innocenteè chiamato a soffrire, Cristo torna a crocifiggersi con lui.

Può sembrare un pensiero terribile quello di un Dio disarmatoche non può fare altro, davanti al nostro dolore, che rinnovare ilproprio sacrificio, ma «che cosa c’è, riflettendoci bene, di piùconsolante che questa solidarietà, non di forza e di giustizia, madi compassione e d’amore? E in verità è questo semplicemente[…]: la croce di Dio ha voluto essere il dolore di ciascuno; e ildolore di ciascuno è la croce di Dio»3. In questa prospettiva Cri-sto non ci ha dettato una verità, ma ci ha lanciati in un’avventurae il profeta non è chi parla come un oracolo, ma «chi si mette inascolto delle parole del mondo con le stesse orecchie di Dio e siaccorge che anche le bestemmie si svelano preghiera»4. Il cristia-no, ogni cristiano, già in forza del suo essere tale, è profeta. Ilsanto è il testimone per eccellenza della Parola perché trasformala propria esistenza in un tentativo di reinterpretazione vissutadelle fonti evangeliche. Ciò perché la sua non è “cultura”, bensì“profezia” e porta a compimento il dirsi di Dio.

La profezia cristiana, nella forma più compiuta, che è la san-tità, non è dunque preveggenza, ma rapporto personale con il Cri-sto, esperienza mistica per la forza dello Spirito Santo.

Questa la convinzione di Pomilio: il Vangelo va continuamen-te riscritto nella carne di ogni epoca.

Si comprende allora perché egli abbia voluto intestare lo studiodedicato a Benedetta così: A ogni santo che nasce è un nuovovangelo che si scrive.

«Tutto quello che ci è rimasto di lei è una specie di lunga be-nedizione della vita», dice M. Pomilio di Benedetta5. Non si è la-mentata di ciò che le stava capitando, ma si è sempre occupatadegli altri e preoccupata per loro.

È, il suo, un essere per gli altri. «D’una vita che ebbe a viverecosì poco per sé, essa fece dono agli altri»6.

«L’amore per Dio, in lei, passa tutto attraverso il mondo […].La vita amata e non respinta, la vita sentita come miracolo e co-me gioia» le farà dire “si dona come si ama” e qui troviamo «ilsenso della sua missione, c’è il suo insegnamento, c’è la ragionedella sua gioia e del suo inno alla vita»7.

Grazie, Mario Pomilio, per avercelo ricordato.

1 Cfr. MASSIMO NARO, Contemporaneità di Cristo e profezia. Una letturadi Mario Pomilio, in MARIO POMILIO, Pellegrino dell’Assoluto, Ed Feeria,2010.

2 MARIO POMILIO, Il quinto Evangelio, Rusconi, Milano 19756, p. 16.3 ID., op. cit., pp. 126-127.4 Cfr. DIVO BARSOTTI, La religione di Giacomo Leopardi, Morcelliana,

Brescia 19755.5 In Abitare negli altri, Stilgraf, Cesena 1984, p. 222.6 Ivi, p. 223.7 Ivi, p. 224.

su Dio, ma appartenergli ormai così radicalmente, tramite il Cri-sto, da essere perciò “parlati da Dio”. Il cristiano diventa contem-poraneo di Cristo e scopre di essere chiamato non solo a fare ilprofeta, ma a “essere profezia”. E questo avviene senza dimenti-care il “proprio tempo”, ma anzi partecipando pienamente aglieventi che vive1. La profezia ha dunque a che fare con la storia,con i suoi fatti ed i suoi accadimenti. Il profeta vede ciò che c’è,ma vede anche ciò che altri non vedono. Questo è possibile per-ché Gesù Cristo si rende sempre presente nella storia personaledei suoi discepoli e dei suoi testimoni e questi, a loro volta, di-ventano suoi contemporanei.

Il quinto Evangelio, scritto da Pomilio non è dunque un nuovoVangelo da aggiungere a quelli che già ci sono, ma è piuttostol’unico vangelo di Cristo, rivissuto da ciascun credente. «Il cri-

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La mia vita accanto a Benedetta (parte XII)

di don ALFEO COSTA

1985L’anno cominciò con una

ondata di gelo eccezionale.

Il 20 gennaio siamo andati aColombare di Sirmione perl’anniversario di Benedetta.Colombare è la parrocchia diEmanuela Bianchi Porro. AnnaCappelli aveva questo deside-rio, di celebrare le date di Be-nedetta in luoghi sempre diver-si. Io le facevo presente cheera giusto stare a Dovadola,dove è il suo sarcofago, ma daquell’orecchio non ci sentiva.Tuttavia lo celebrammo qui al-la Badia il giorno giusto, il 23,ma in forma molto ridotta,quasi privata con l’incoraggia-mento di un fedele amico diBenedetta, Nando Pulzoni,con cessionario Fiat a Forlì.Queste le caratteristiche diquesto anno: la triennale in set-tembre, organizzata tramiteComitato di difficile gestibilità,improntato quasi più alla lai-cità che alla religione: dovevoquasi lottare per ricavare i tem-pi religiosi. È questo il guaioprincipale dei dovadolesi: do-mina un senso laico; la religio-ne deve avere sempre una presentazione “debole” perchéven ga almeno accettata.

La promessa di aiuto fattamidal Vicario Fabiani si era con-cretizzata con i cappellani, pri-ma di Rocca San Casciano, donGiovanni Amati, poi di Castro-caro, don Rino Giunchi. Ma lacosa non poté durare e allorami mandò il cappellano per Do-vadola: don Luigi Casamenti.

La cosa mi emozionò parec-chio: non avevo avuto mai uncappellano. Non so quanta par-te potesse avere l’orgoglio,l’ambizione o cose così, peròl’esperienza mi piacque. Soloche la parte positiva durò trop-po poco. Il cappellano era affi-liato a CL. Andava ogni giornoa Forlì per l’insegnamento del-la religione (motivo di sosten-tamento), si fermava anche a

no di ragazzo-padre. Infattiquando conobbe e sposò ElsaGiammarchi aveva già un fi-glio da una precedente relazio-ne, di nome Leonida, che peròla madre aveva abbandonato eaffidato a lui. Era un uomo cheaveva avuto successo. Era statodirettore delle Terme di Sir-mione. Spessissimo veniva inauto con Elsa da Benedetta.Negli ultimi anni però non erapiù in grado di condurre l’auto.

Il particolare che una voltami raccontò è che la malattiadi Benedetta lo aveva forte-mente angustiato e portato allaribellione vera e propria a Dio,perché vedeva la purezza, la“santità” di sua figlia, e consi-derava la malattia come unapunizione, e diceva: ma per-ché! se non lo merita lei di es-sere ben voluta da Dio con lasalute! Certamente sentiva tut-ta l’umiliazione di un padrericco che però non poteva otte-nere nulla per la salute della fi-glia. Ma un giorno in cui c’erastata una celebrazione in Badiadi una data di Benedetta, ter-minato tutto, non c’era più nessuno, io uscivo di sagrestiae trovai ancora in chiesa l’in-gegnere. Mi disse: «Non crede-vo che Iddio avesse un proget-to così su mia figlia». Avevamolto corretto il suo rapportocon Dio.

1986Mi trascinavo la situazione

di difficile collaborazione colcappellano. E dire che mi feceeffetto sapere che quando luinacque io ero già sacerdote. Inogni anno nuovo ci si trova su-bito con la data dell’anniversa-rio di Benedetta. Quell’anno locelebrammo in modo abbastan-za… casalingo. Era un giovedìe prima di tutto venne celebra-to a San Mercuriale alle 17.30,poi alle 20 alla Badia, con al-cuni nostri sacerdoti limitrofi.

pranzo e tornava quando… CLgli dava il “discessit”. Questofatto mi metteva un po’ in dif-ficoltà. Nell’autunno di quel-l’anno feci eseguire il restaurodei banchi della Badia. Un la-voro notevole che offrì anchel’occasione di rinnovare i no-minativi di dedica. Consultai ivecchi intestatari, ne sorsero dinuovi e si cercò di sostenernela spesa: ogni banco veniva a

Allora spiegai che l’intesta-zione era sì occasione di un’of-ferta alla chiesa, per perpetuarela memoria del nominativo(specialmente se defunto), manon di proprietà. In maniera fi-nalmente abbastanza pacificasi arrivò a coprire tutti i 26banchi con offerenti. Anch’iovolli dedicarne uno alla memo-ria dei miei genitori. Il lavororiuscì molto bene; anzi, in un

costare più che a farlo nuovo.Si dovette affrontare il concet-to di proprietà: l’intestatario si considerava proprietario equindi esclusivo utente.

Praticamente un’altra perso-na poteva inserirsi in quel ban-co solo col consenso dell’inte-statario. Trattandosi di unachiesa in cui vengono spessopersone esterne, specialmenteper Benedetta, mai più potevasussistere una simile maniera:che un forestiero potesse esse-re allontanato per lasciare ilposto al “proprietario” (cosache era avvenuta in un lontanopassato).

banco comparve perfino la da-ta di costruzione: 1826. Al chefeci lasciare in evidenza quelladata, come anche i fori di alcu-ni banchi nella destra, perchécausati da schegge di guerraentrate (mi si disse) dalla portaaperta perché una bomba erascoppiata davanti alla chiesa.

In autunno morì a Sirmioneil papà di Benedetta, GuidoBianchi Porro.

Da quando conobbi l’inge-gnere Guido mi accorsi che erauna persona intelligente e an-che umile, considerando il suoabbigliamento sempre dimesso.Deve essere stato un antesigna-

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Altro avvenimento riferito aBenedetta fu la celebrazionedei cinquant’anni dalla nascita.Anna scelse anche questa voltala data del 25 aprile. A dare lu-stro a questa data venne il car-dinale Carlo Maria Martini ar-civescovo di Milano. A chi glirivolse l’invito disse: «Non hoancora visitato tutta la miadiocesi, ma per Benedetta ver -rò. Mi interessai presso la suasegreteria per sapere se fossevenuto anche a Dovadola, mail tempo ristretto non glieloconsentì. La celebrazione fufatta in cattedrale: l’arrivo so-lenne e la S. Messa con tantisacerdoti, trasmessa da Tele-Romagna. Nel pomeriggio cifu anche l’incontro degli amicia Dovadola alle 16, fatto dipreghiere e testimonianze.

Intanto si avvicinava laemozionante venuta del papaGiovanni Paolo II in Romagna,cominciando da Forlì. Fu unacosa veramente storica. Il pro-gramma papale prevedeva lavisita a tutte le diocesi dellaRomagna: Forlì, Cesena, Imo-la, Faenza, Ravenna e Cervia.L’8 maggio era il primo giornoe iniziava da Forlì. Preparativiincredibili. Arrivo in elicottero,incontro con la città nel piaz-zale della Vittoria, percorso inauto fino al duomo. Con ungruppo di persone, anche diDovadola. Ci ritrovammo nellapiazza del Duomo.

Io ero con le classi dellaScuola Media. Secondo mo-mento: la Messa in piazza Saf-fi nel pomeriggio. Il program-ma prevedeva che a Forlì il Pa-pa amministrasse il battesimoad alcuni bimbi, mentre nellealtre diocesi avrebbe ammini-strato gli altri sacramenti. Eroanch’io fra i concelebranti, nonquelli che salirono sul palco,ma i tanti sistemati in pianodavanti all’altare. Cosa partico-lare per me fu questa: termina-ta la Messa, e scesi tutti dalpalco, il Papa era andato nellaSala Albertini, per il cambio diabiti. Io ero salito sul palco,non ricordo perché. Mentre erosu, il Papa passò sotto e alzò lo

sguardo verso di me. Io gli tesila mano ed egli me la diede: iodall’alto, il Papa dal basso; lacosa mi fece effetto.

Il pranzo al Papa fu servitonell’Istituto delle Suore Doro-tee, mentre i pernottamenti so-no stati tutti all’Abbazia delMonte di Cesena. All’indomanici fu il raduno dei sacerdoti diRomagna col Papa all’Abbaziadi Cesena. Anche in quella oc-casione potei dargli la mano.Durante i giorni della visita pa-pale, una sera a Ravenna han-no offerto la cena al Papa.Questa cena venne preparatadella ditta faentina Gemos, chegestiva anche la Casa del Por-tuale a Dovadola. Il gestore ca-po Donati mi chiese una sediadegna del Papa (si vede che lànon l’avevano). Io gli diediuna di quelle della Badia, nonla grande perché non si riusci-va a caricarla in auto. Sicchémi sono trovato ad avere anchequi un ricordo di GiovanniPaolo II, per cui misi sulla se-dia un biglietto in memoria.

I cinquant’anni di Benedettafurono organizzati anche aOstuni di Brindisi e fummo in-vitati anche noi. Andammo inquattro con la mia auto Volk-swagen Jetta: io come autista,Alessandro Riva, mamma Elsae Anna Cappelli. Laggiù ciospitarono in un palazzo prin-cipesco, ancora proprietà diRosetta Sansone, amica di Be-nedetta. La celebrazione fu fat-ta la domenica 20 luglio con lapartecipazione dell’arcivesco-vo di Bari mons. Mariano Ma-grassi, grande ammiratore diBenedetta, che già era venuto aDovadola. In quei pochi giorniche rimanemmo laggiù, io vol-li fare un po’ di turismo. Infat-ti all’indomani, insieme adAlessandro, mi ripromisi di fa-re il giro del Salento.

Sosta a Brindisi, poi a Lec-ce. Qui però non potemmo vi-sitare le famose chiese del ba-rocco pugliese perché arrivam-mo a mezzogiorno, ed eranotutte chiuse. Dopo la sosta lo-gistica del pranzo, ci rimettem-mo in marcia per raggiungereCalimera.

Mi premeva quella puntataper visitare un amico di Bene-detta, il quale scriveva moltospesso e desiderava tenere cor-rispondenza. Giunti che fummo,cercai il recapito e quando suo-nammo alla casa di Renato Ga-brieli, io avevo in mano la bustadi una lettera non spedita. Glichiesi, mostrando l’indirizzosuo: «Sei tu questo?». Risposta:«Sì. Ebbene, io sono quest’al-tro». E gli mostravo il mittente.

Al che mi si gettò al collocon una effusione incredibile ecommosso fino alle lacrime.Notai che soffriva di depressio-ne e che aveva molto bisognodi effusioni. Ci fermammo unpoco, ma il viaggio era ancoralungo e quindi al momento didoverci congedare mi chiese:«Scrivimi qualcosa in un fogliodi carta perché possa poi ren-dermi conto che questo nonera un sogno, ma una realtà».Breve sosta anche a Otranto epoi giù lungo la litoranea. Pae-saggio veramente bello, contante grotte sulla costa del ma-re. Finalmente arrivammo a Santa Maria di Leuca.

Mi sono sentito emozionatosul piazzale del santuario af-facciato sui due mari. Quello iltacco d’Italia, oltre c’è il Me-dioriente. Il ritorno era di mol-ti chilometri e dovetti andaresollecito senza pensare a soste.Fortuna che le strade laggiùsono belle larghe e non tantotrafficate.

Nel viaggio dell’indomani diritorno verso casa facemmo so-sta al Santuario dell’Incoronatadi Foggia. Intanto si faceva vi-cino la data esatta del 50°compleanno di Benedetta, cioèl’8 agosto.

Era giusto solennizzare piùdel solito quella data, e vennefatto degnamente con l’apposi-zione della lapide sulla casanatale in Dovadola via Rio Ca-stello n° 2 e lo scoprimento so-lenne della medesima. Quelpomeriggio si svolse così: ce-lebrazione della Messa davantialla casa natale, occupando tut-ta la via. In alto venne posizio-nato l’altare e giù tutta la gen-te. Presiedeva mons. Giovanni

Proni nostro vescovo e con luiil Vicario episcopale di Verona,poi don Mario Forani, don Ma-rino Tozzi, don Giovanni Ama-ti, don Otello Valmori (segreta-rio del vescovo), don ErnestoLeoni, don Luigi Casamenti(mio cappellano). Erano inter-venuti anche alcuni seminaristidi Rimini. Al termine dellaMessa lo scoprimento della la-pide per mano del vescovo. Fuuna cosa senz’altro degna. Iomi occupai della… regia. Sem-pre nel programma del 50°compleanno, Anna fece innal-zare una grande croce a Mar-zano, in posizione prospicienteil paese di Dovadola, illumina-ta di notte, cosicché si potevavedere da lontano.

Il 14 settembre facendo l’i-naugurazione di quella croce iofeci la benedizione. In quel-l’anno volemmo anche dare ri-lievo, perché si stabilisse unaconsuetudine, al 23 di ognimese. Lo facemmo la primavolta il 23 di ottobre, io dissi laMessa alle 20 presso il sarco-fago di Benedetta. Continuavaanche la Giornata dell’Amma-lato, presso Benedetta qualeesempio mirabile di come siporta la croce del dolore: il 26 ottobre, ci fu molta parteci-pazione.

Dovetti prendere di petto laquestione del cappellano, chenon era quasi mai presente. AlVicario Generale mons. Giu-seppe Fabiani feci questo ra-gionamento: «Preferisco esserda solo sapendolo, che dover-mici trovare pensando di esse-re in due». E fu così che vennetrasferito nella parrocchia diCoriano assieme ad un altrociellino, chissà che l’intesa po-tesse essere più piena. Espe-rienza molto breve (undici me-si) quella del cappellano.

Nel dicembre, poco prima diNatale morì don Afro Leoni,parroco di Villa Renosa, nelnostro circondario, all’età di 66anni, così diminuiva anche sul-la carta il numero dei sacerdotilocali: rimanevamo io e donZauli, più i frati di Monte -paolo.

Continua da pag. 25

(continua)

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Grazie Benedetta!Situazioni clinicamente disperate, positivamente risolte dopo la

richiesta al Signore della grazia con l’intercessione di Benedetta:ne racconta una Giuseppa P. nella testimonianza, pubblicata nelnumero precedente de “l’annuncio”, su una imprevista straordina-ria guarigione di un parente. La famiglia ha raccolto la documen-tazione medica, che è stata trasmessa al P. Postulatore ed al VicePostulatore per una prima valutazione del caso.

Così iniziano quegli approfondimenti che, con vari passaggi,potrebbero portare la Chiesa a riconoscere come miracoloso ilfatto, passaggio fondamentale perché Benedetta possa essere rico-nosciuta dalla Chiesa come beata e poi, con un altro miracolo ri-conosciuto, come santa. Per questo è importante raccogliere le te-stimonianze che indicano anche la continuità delle richieste di

grazie con l’intercessione specifica di Benedetta e così il lavorodel Postulatore e del Vice può andare avanti.

Molti lettori si chiedono a che punto sia la Causa di beatifica-zione, visto che il 17 marzo 2014 il P. Postulatore aveva già por-tato alla Congregazione vaticana competente il materiale su unpresunto miracolo avvenuto a Genova il 3 settembre 1986.

Le novità sono le seguenti. La documentazione, corredata an-che da un Summarium, una specie di indice ragionato di tutto ilmateriale consegnato, è stata acquisita regolarmente agli atti eviene esaminata dalla Congregazione che ne verifica l’autenticità.Dopo la verifica, se con esito positivo, essa sarà consegnata atempo debito, rispettando eventuali precedenze, a due periti, scel-ti dalla Congregazione, che la esamineranno.

Se il parere dei due periti, o almeno di uno, sarà favorevole, ilplico sarà trasmesso ad una Commissione di cinque medici di al-to livello che esprimeranno un parere sull’inspiegabilità medicadella guarigione. Dopo il superamento anche di questo passaggio,sarà convocata la Consulta medica formata da sette medici cheesprimerà, a maggioranza di almeno quattro su sette, un parere.Se anche questo sarà favorevole, la causa andrà avanti presso laCommissione teologica che valuterà se il fatto straordinario di cuiparlano i medici sia attribuibile all’intercessione di Benedetta. Sesarà superato anche questo esame, si riunirà in sessione la cosid-detta “Ordinaria”, una commissione di una decina di persone, for-mata da Cardinali, Vescovi, con un Arcivescovo, con un “officia-le” come segretario, per stilare per il Papa il definitivo parere sulpresunto miracolo per intercessione di Benedetta. Al Papa spet-terà la decisione finale. A quel punto si saprà se Benedetta saràbeata per la Chiesa. Tutti questi passaggi richiedono tempo, nelcontesto di un processo serio e documentato.

Seguiamo con la preghiera l’attività del Postulatore e del Vicee anche quella delle Commissioni e degli esperti che lavorano al-la Causa.

Importante, non ci stanchiamo di ripeterlo, è anche la segnala-zione di nuove grazie ottenute con l’intercessione di Benedetta.Le relative testimonianze vanno inviate a:

Postulatore della Causa di Beatificazione P. GUGLIELMO CAMERA Nuovo Indirizzo: Missionari Severiani Viale San Martino, 8 43123 PARMA

Tel. 0521-920511 cell. 333-2902646 E-mail: [email protected]

Vice Postulatore della Causa di Beatificazione Don ALFEO COSTA Via Benedetta Bianchi Porro, 6 47013 DOVADOLA (FC)Tel., Fax e Segreteria tel. 0543- 934676 E-mail: [email protected]

Preghiera per la glorificazione di Benedetta Bianchi Porro

Padre nostro, noi ti ringraziamo per avercidonato in Benedetta una cara sorella. Attraverso la gioia e il dolore di cui hai riempito la sua breve giornata terrena, Tul’hai plasmata quale immagine viva del tuo Figlio. Con Benedetta al nostro fianco ti chiediamo, Padre, di poterci sentire più vicini a te e ai fratelli, nell’amore, nel dolore e nella speranza.In una accettazione piena e incondizionata del tuo disegno. Fa’ che la sua testimonianza così radicaledella potenza salvifica della croce c’insegniche il dolore è grazia e che la tua volontà è gioia. Concedi, o Padre, la luce del tuo Spirito alla Chiesa, affinché possa riconoscereBenedetta fra i testimoni esemplari del tuoamore. Questa grazia ...... che per sua intercessioneumilmente ti chiedo, possa contribuire allaglorifica zione della tua serva Benedetta.Amen.

con approvazione ecclesiastica

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TestimonianzeUna nuova amica ci racconta il suo incontro con Benedettaed alcuni importati sviluppi.

Dal Canada a Dovadola e poi…di Lucinda Mary Vardey (Toronto)

Ho incontrato Benedetta tre anni fa, dopo la celebrazionedella Messa, in un antico Eremo Francescano di Montecasale,su una collina vicina a Sansepolcro. Tra i vari libri di SanFrancesco, Santa Chiara e San Pio si evidenziava la foto di unagiovane donna, moderna. Chi era? Il libro parlava di lei. Miomarito che conosce l’italiano mi ha tradotto ogni pagina in in-glese, e mentre si lavorava insieme, giorno dopo giorno, nellanostra casa toscana, questa straordinaria storia di sofferenza,fede e gioia, vissuta nell’abbandono assoluto alla volontà delSignore, ha cominciato a toccarmi profondamente. Benedettaera entrata nella nostra vita.

In un assolato giorno d’estate, ho raccolto dei boccioli di ro-se da portare alla sua tomba e siamo andati in macchina a Do-vadola, attraversando colline e strade di campagna. Arrivati al-la Abbazia di Sant’Andrea, abbiamo parcheggiato e, prendendole rose, grande è stata la nostra sorpresa: le rose erano tuttesbocciate. Ci è sembrato un segno. Ho deposto le rose sul suosarcofago, mi sono inginocchiata ed ho pregato, prima di visita-re la sua stanza col suo letto. Abbiamo incontrato don Alfeo Co-sta che, dopo averci cordialmente salutati, ci ha accompagnatinella stanza di Benedetta e poi ci ha fatto visitare anche il Mu-seo che si trova in paese. Ci ha dato dei libri, tra cui quelloscritto da Timothy Holme [Benedetta o la percezione dellagioia; N.d.R.] che più tardi ho letto con grande interesse.

Leggendo le lettere di Benedetta e le esperienze dei suoi amici,ho conosciuto attraverso di esse anche le grandi premure e lagrande intelligenza con cui Elsa, sua madre, l’ha amata e seguita.

Benedetta ha scoperto lo scopo della sua vita nella saggezzadei Vangeli e nelle Lettere di San Paolo. Ho cominciato a capi-re come lei mi stava aiutando a sopportare non solo le mie sof-ferenze, ma mi stava indicando la strada per amare e vivere conuna malattia debilitante. È stato per me un messaggio di gran-de speranza.

Ho cominciato a vivere la sua storia tanto singolare come undono, un grande dono insieme alle altre figure eroiche del suoperiodo, Etty Hillesum, Edith Stein e Simon Weil. Le sue parolele coglievo mano a mano in tutta la loro autenticità e teologicaoriginalità. Sebbene sostenuta dall’esempio di tanti Santi, la ViaDolorosa di Benedetta non era come tutte le altre. La sua era larisposta di una persona combattuta e vinta, tormentata dal do-lore e dalla sofferenza, e tuttavia purificata, nella luce, nella serenità e nella bellezza. La purezza della sua anima era il segno inconfondibile di quello che il Signore voleva che Lei di-ventasse.

Sono stata colpita dalle sue parole «il mio spirito continueràa vivere qui tra coloro che soffrono così che anch’io non avròsofferto invano» ed ho sentito la responsabilità di tenere vivo ilsuo esempio, in modo che altri fossero toccati dalla sua vita etrovassero la loro strada per arrivare al Signore, specialmente

… Reading Benedetta’s letters and thestories of her friends, learning about hermother, Elsa’s care and the intelligencewith which Benedetta loved and discove-red the purpose of her life in the wisdomof the gospels and the epistles of St.Paul, I began to realize how she was notonly helping me cope with my own suffe-rings, but was showing how to love in se-vere suffering - in short how to love andlive with a debilitating ill-ness. Thereinher message of hope.And so I began to write her story as oneunique and as powerfully present as thoseother heroic icons of her age, Etty Hille-sum, Edith Stein and Simone Weil. As I noted her words I began to gaugenot only their authenticity but their theolo-gical originality.

nella sofferenza. Sono certa che Benedetta ci guiderà in questocammino che si sta sviluppando in Canada dove vivo durante imesi invernali.

Come responsabile di una nascente comunità a Toronto, chia-mata “Le donne contemplative di Sant’Anna”, ho invitato a stu-diare le donne sante e consacrate della nostra Chiesa, in mododa scoprire e definire una teologia specifica per le donne. At-tualmente ci stiamo documentando sul breve percorso di SantaTeresa di Lisieux, leggendo la sua autobiografia, le sue lettere ele massime. Ci sembra giusto terminare i nostri studi con “l’Of-ferta all’Amore Misericordioso” che ha ispirato Benedetta negliultimi momenti della sua vita. E naturalmente, presteremo la do-vuta attenzione all’amorevole figlia di Santa Teresa, BenedettaBianchi Porro, per cominciare a scoprire una donna del nostrotempo. Una donna che certamente ci ispirerà, ma soprattutto ciinsegnerà come vivere, come amare e come accogliere la vo-lontà del Signore in tutta la sua pienezza.

In Canada pregheremo per il riconoscimento ufficiale dellasantità di Benedetta e, possiamo dire, perché sia proclamata“Dottore della Chiesa”?

(Traduzione dall’inglese di Maria Epifani che ringraziamo)

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TestimonianzeCelano (AQ), Natale 2014

La mia vita è stata molto difficile e sofferta, il Signore comunque ha avuto per me sempreun’infinita misericordia. […] tra tutte le anime in odore di santità, per me la Venerabile Bene-detta è la prediletta.

Giorgio C.

Dovadola 9 gennaio 2015 - Il vescovo di Senigallia mons. Giuseppe Orlandoni con un gruppo di sacerdoti è accoltodal vescovo Lino Pizzi alla Badia di Dovadola (Foto Conficoni).

Durante un viaggio verso Milano, il vesco-vo di Senigallia mons. Giuseppe Orlandoni,accompagnato da un gruppo di sacerdoti, hafatto una piccola deviazione per pregare alla

Badia di Dovadola, accolto dal vescovo diForlì-Bertinoro mons. Lino Pizzi e da don Al-feo Costa, che ha fatto da guida agli ospitinella breve gradita visita.

A BenedettaDovadola,

25 gennaio 2015

L’emozione coglie ilmio cuore, mentre seguoi preparativi per la SantaMessa.

Ascolto il coro che staprovando il tuo canto, ilmio pensiero corre a te:ti vedo ancora, quandonel tuo letto di sofferenzadavi coraggio e forza achi veniva per confortar-ti ed usciva confortatoda quella stanza.

Guardo il Cristo inCroce e vedo una cele-stiale fanciulla ai piedidella Croce, ed il miopensiero corre a te, che,diafana come la madre-perla rilucente, giacevinel tuo letto di soffe-renza.

Sofferenza materiale,corporea, fisica, ma nonspirituale, perché da teusciva una luce vivida,colma di energia ultra-terrena che trasmettevi atutte le persone che era-no venute per portarti unsaluto.

Sei qui con noi, ed iosento la tua presenza piùche mai.

Il mio cuore palpitafortemente, sono emozio-nata, emozionata di esse-re qui perché l’anno pas-sato non ho potuto esse-re presente al tuo 50º,però la tua grandezzaera nel mio cuore, pienad’amore e libera comeun volo di colomba por-tatrice di pace amicizia.

“Ciao Benedetta” ac-compagnaci sempre, nonlasciarci a noi stessi, ten-dici la tua mano e noi tiseguiremo con fede.

Ines MicucciDovadola, 24 maggio 2015 - Rappresentanti del folto gruppo degli Amici di Bassano, con don Alfeo Costa, alcentro, e con la nostra presidente Liliana Fabbri Selli, a destra della signora con la ceramica (Foto Conficoni).

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Il nuovo Consiglio direttivo della Fondazione “Benedetta Bianchi Porro”La Fondazione “Benedetta Bianchi Porro” ha un nuovo Con-

siglio direttivo, allargato, a seguito di una modifica statutaria, a7 membri, per inserire un/una rappresentante dell’“Associazio-ne per Benedetta Bianchi Porro” e un/una rappresentante dellafamiglia Bianchi Porro.

Il Consiglio, nominato con decreto del vescovo di Forlì-Berti-noro mons. Lino Pizzi, è formato da: mons. Dino Zattini, vicarioemerito della Diocesi di Forlì-Bertinoro (presidente); don AlfeoCosta (vicepresidente); Caterina Gorlani, componente in rappre-sentanza della Famiglia Bianchi Porro (segretaria); JolandaBianchini (componente); Carlo Giannelli (tesoriere); Alvaro Ra-vaglioli (componente); Gaspare Cremonesi (componente in rap-presentanza dell’“Associazione per Benedetta Bianchi Porro”).

Auguriamo buon lavoro al nuovo Direttivo che deve affron-tare una onerosa gestione degli adempimenti statutari previsti.Per un opportuno orientamento dei lettori elenchiamo gli scopidella Fondazione, ricavati dal primo articolo dello Statuto vi-gente.

«L’Ente di religione “Fondazione Benedetta Bianchi Porro”,istituita con decreto vescovile dell’08.12.1986 e con sede in Ve-scovado, Piazza Dante 1, 47100 Forlì, ha come scopo:

– la valorizzazione del messaggio di fede di Benedetta Bian-chi Porro dato con una vita esemplarmente cristiana e conscritti di alta spiritualità, per una catechesi rivolta special-mente ai giovani, agli ammalati e a chi non riesce a trova-re un senso religioso alla sua vita;

– lo studio e l’approfondimento degli scritti di Benedetta;

– la diffusione della sua conoscenza, con la promozione e ilsostegno di tutte le iniziative atte a questo scopo: stampa,conferenze, pellegrinaggi, manifestazioni religiose ad altreattività volte allo scopo anzidetto in collegamento con En-ti ed Istituzioni Pubbliche e Private;

– la promozione di giornate di ritiro spirituale per giovani eadulti dei diversi movimenti, gruppi, associazioni ecclesia-li, ammalati;

– la prosecuzione della causa di beatificazione di Benedetta;

– la custodia del suo monumento sepolcrale nell’Abbazia diDovadola, la celebrazione con Sante Messe dell’anniversa-rio della sua nascita e della sua morte, la gestione del mu-seo sito in Dovadola e di tutte le altre proprietà mobiliaried immobiliari inventariate in data 1/10/06».

• Ho colto occasionalmente qualche battuta di un dialogo tra al-cune nonne, non proprio minorenni, che parlavano delle fotodei nipoti che mandavano e ricevevano sui loro telefonini,usando con apparente disinvoltura “Whatsapp”, un’applicazio-ne che facilita queste operazioni. Mi sono detto allora che for-se si era aperta una breccia tecnologica nel muro tra bambini,ragazzi, “nativi digitali”, e gli adulti. D’altra parte, pensavo ai ragazzi e, ahimè, anche ai non ragaz-zi, esposti spesso a pesanti dipendenze dal mezzo tecnologico.Mi pare che il modo più facile per cadere in queste dipenden-ze sia la convinzione che esse capitino soltanto “agli altri”,mentre noi siamo naturalmente superiori e vaccinati per questemalattie. Mi ha fatto riflettere su questo fenomeno un breve ar-ticolo su cui vale la pena di riflettere:«Ormai è difficile essere qui e adesso. L’impressione è che tut-ti siano/siamo fisicamente in un posto, ma con la testa ed ilcuore altrove; c’è sempre un altrove che dovrebbe essere mi-

a cura di Gianfranco A.

presenza, l’invadenza delle comunicazioni impediscono di co-municare veramente? La facilità non impedisce forse di avererapporti umani, cioè veri rapporti con un numero magari limi-tato di persone e diluisce in una mutevole molteplicità di cono-scenze intercambiabili quella misura di amore, non infinita, checiascuno di noi, nei suoi limiti può dare?Stare dove si è, fare quel poco che ci è dato da fare oggi, anziadesso e qui, donare quel che ci è dato di donare, non disper-dersi, coscienti che per quanto facciamo, un giorno il mondofarà a meno di noi» (da ”Comunicare e condividere”, n. 392,marzo 2015, cfr. pp. 5-6).A questo proposito, dobbiamo scoprire tutti l’attualissimo ri-chiamo all’essenziale di Benedetta, quando dice, quasi rivol-gendosi al nostro quotidiano rumore comunicativo: «Nel miodeserto, mentre cammino Lui è qui, mi sorride, mi precede,m’incoraggia a portarGli qualche briciola d’amore». C’è un silenzio che dobbiamo quotidianamente scoprire perascoltare il Signore e coloro che ci ha messo sul nostro cam-mino.Accompagnati da questa consapevolezza, che ogni giorno sirinnova, è bellissimo pensare alla comunicazione in rete e allepossibilità oggi offerte. Gli Amici di Benedetta si possono sen-tire e vedere anche a distanza di centinaia o di migliaia di chi-lometri e possono comunicare in modo interattivo. C’è chi lo fa con successo, come abbiamo potuto vedere in unapagina di facebook dedicata a Benedetta Bianchi Porro, convari interventi, commenti e immagini. Esploratela e vedete chila anima. La pagina è arrivata a 1041 contatti con la valutazio-ne “Mi piace”. Se son rose bianche, fioriranno ancora…

• Guardate anche il nostro sito www.benedetta.it. Troverete an-che il testo integrale della relazione dello psichiatra e psicana-lista dott. Pierluigi Moressa Alla fine dei giorni: la mente del-l’uomo di fronte al dolore e alla speranza e quella del teologomons. Franco Giulio Brambilla, su Il tempo della sofferenza:una sfida per lo spirito.

Benedetta in Internet

gliore, più interessante e più urgente che l’adesso e qui. Anchequando si parla con un vicino la precedenza l’ha la notizia,l’informazione che si intrufola, il bip del telefonino; una te-lefonata ha normalmente la priorità su quel che si sta facendo,anche fra noi.Noi teniamo nelle mani i cellulari ma sono loro che tengono inmano noi. Ma non è che ora l’abbondanza, la facilità, l’onni-

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l’annuncio (XXX) maggio 2015 – n. 79 � 31

Prossimi appuntamentiDOVADOLA – ABBAZIA DI SANT’ANDREA

DOMENICA 9 AGOSTO 2015 ore 10,30

per il 79º anniversario della nascita al cielo di

BENEDETTA

Solenne Concelebrazione

Eucaristicapresieduta da

mons. ANDREA TURAZZIVescovo di San Marino-Montefeltro

con la partecipazione diS. E. mons. LINO PIZZI

Vescovo di Forlì-Bertinoro

ore 12,30: pranzo insieme nel Ristorante Albergo “Rosa bianca” di Dovadola

AvviSi dA SiRMiOnEAvviSi dA SiRMiOnESabato8 AGOSTO 2015alle ore 18nella chiesa diSAnTA MARiA dELLA nEvEal centro storicodi Sirmioneuna S. Messasarà celebrata damons. PAOLO RAbiTTiarcivescovo emeritodi Ferrara-Comacchionell’anniversariodella nascitadella venerabilebenedetta bianchi Porro

Durante la S. Messa sarà ricordata anche l’indimenticabile ANNA CAPPELLI nel 10º anniversario della sua nascita al cielo

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32 � l’annuncio (XXX) maggio 2015 – n. 79

in lingua straniera«bEYOnd SiLEnCE» («Oltre il Silenzio» in inglese) «Amici di Bene-

detta» Forlì«MAS ALLA dEL SiLEnCiO» («Oltre il Silenzio» in spagnolo) «Ami-

gos de Benedetta» Bilbao«MAS ALLA dEL SiLEnCiO» («Oltre il Silenzio» in spagnolo) Ed.

Claretiana - Buenos Aires«AU dELÀ dU SiLEnCE» («Oltre il Silenzio» in francese) Editions

de l’Escalade - Paris«UbER dAS SCHWEiGEn HinAUS» («Oltre il Silenzio» in tedesco)

Freundeskreis «Benedetta» - Hamburg«CUdO ZivOTA» («Il Volto della Speranza» in croato) a cura di

Srecko Bezic - Split«ObLiCZE nAdZiEi» («Il Volto della Speranza» in polacco) Roma-

grafik - Roma«ALÉM dO SiLÊnCiO» («Oltre il Silenzio» in portoghese) Ed. Loyo-

la - San Paulo«TRAnS LA SiLEnTiO» («Oltre il Silenzio» in esperanto) Cesena - Fo«dinCOLO dE TACERE» («Oltre il Silenzio» in rumeno) Chisinau,

Rep. Moldava«SESSiZLiGin IÇINDEN» («Oltre il Silenzio» in turco) Iskenderun«TÙLA CSEndEn» («Oltre il Silenzio» in ungherese) Budapest, 1997«OLTRE iL SiLEnZiO» in giapponese - Tokio«OLTRE iL SiLEnZiO» in arabo - Beirut«OLTRE iL SiLEnZiO» in ebraico«OLTRE iL SiLEnZiO» in russo - Bologna«OLTRE iL SiLEnZiO» in cinese - Taipei«OLTRE iL SiLEnZiO» in maltese - La Valletta«OLTRE iL SiLEnZiO» in slovacco - Trnava«OLTRE iL SiLEnZiO» in swahili - Nairobi«bEnEdETTA» M.G. Dantoni, opuscoli in inglese, francese, spagnolo,

russo, tedesco, thailandese, ucraino, bulgaro«bEnEdETTA» opuscolo in indonesiano, a cura di Fr. Antonio Carigi

Per conoscere benedettaSiATE nELLA GiOiA - Diari, lettere, pensieri di Benedetta Bianchi Por-

ro, a cura e con introduzione di David M. Turoldo - Cesena - «Amici di Benedetta» - Villanova del Ghebbo (Ro) - pp. 255.

iL vOLTO dELLA SPERAnZA - Note biografiche. Lettere di Benedettae lettere di amici a Benedetta. Testimonianze di amici che l’hannoconosciuta, a cura di Anna Cappelli - Cesena - «Amici di Benedetta» -pp. 480.

OLTRE iL SiLEnZiO - Note biografiche. Diari e lettere di Benedetta.Lettere degli Amici a Benedetta. Testimonianze di chi l’ha cono-sciuta, a cura di Anna Cappelli - «Amici di Benedetta» - pp. 168.

TESTiMOnE di RESURREZiOnE - Pensieri di Benedetta disposti se-guendo il suo itinerario spirituale, a confronto con passi della Sa-cra Scrittura, presentazione di Enrico Galbiati - Cesena - «Amici diBenedetta» - pp. 152.

PEnSiERi 1961 - Pensieri autografi di Benedetta, tratti dal suo diario -Forlì - «Amici di Benedetta» - pp. 180.

PEnSiERi 1962 - Pensieri autografi di Benedetta, tratti dal suo diario -Ravenna - «Amici di Benedetta» - pp. 200.

bEnEdETTA biAnCHi PORRO - I suoi volti - Gli ambienti - I documenti, acura di P. Antonino Rosso - «Amici di Benedetta» 2006 - pp. 255.

vivERE È bELLO - Appunti per una biografia di benedetta bianchi Porro, di Emanuela Ghini, presentazione del Card. A. Bal le strero - Cesena - «Amici di Benedetta» - pp. 200.

bEnEdETTA - Sintesi biografica a cura di Maria G. Dantoni - Stilgraf -Cesena - pp. 32.

bEnEdETTA di Alma Marani - Stilgraf - Cesena - “Amici di Benedetta” -pp. 48.

bEnEdETTA biAnCHi PORRO di Walter Amaducci - Stilgraf - Cesena,2012 - pp. 30.

bEnEdETTA biAnCHi PORRO di Walter Amaducci - Stilgraf - Cesena, 2014 - pp. 30 (in lingua inglese).

bEnEdETTA biAnCHi PORRO di Andrea Vena. Biografia autorizzata -Ed. S. Paolo - pp. 221.

SCRiTTi COMPLETi di Benedetta Bianchi Porro, a cura di Andrea Vena -Ed. San Paolo - pp. 815.

AbiTARE nEGLi ALTRi - Testimonianze di uomini di oggi su Benedet-ta, lettere, discorsi, studi, meditazioni - Cesena - «Amici di Bene-detta» - pp. 416.

LA STORiA di bEnEdETTA - Narrata ai bambini, di Laura Vestruccicon illustrazioni di Franco Vignazia - «Amici di Benedetta» - pp. 66.

diO ESiSTE Ed È AMORE - Veglia di preghiera sulla vita di Benedet-ta di Angelo Comastri - «Amici di Benedetta» - pp. 33.

OGGi È LA MiA FESTA - Benedetta Bianchi Porro nel ricordo della madre, diCarmela Gaini Rebora - Ed. Dehoniane - pp. 144 - Ristampato.

bEnEdETTA biAnCHi PORRO - LETTERA vivEnTE - Scritti di sacerdoti e di religiosi alla luce della parola di Benedetta - Cesena -«Amici di Benedetta» - pp. 256.

bEnEdETTA O LA PERCEZiOnE dELLA GiOiA - Biografia di Timoty Holme - Gabrielli Editore, Verona - pp. 230.

APPROCCiO TEOLOGiCO AL MiSTERO di bEnEdETTA biAnCHiPORRO del Card. Giacomo Biffi - Cesena - «Amici di Benedetta».

bEnEdETTA biAnCHi PORRO di Piero Lazzarin, Messaggero diSant’Antonio - Padova 2006 - pp. 221.

iL SAnTO ROSARiO COn bEnEdETTA a cura della Parrocchia diDovadola.

L’AnELLO nUZiALE - La spiritualità “sponsale” di benedetta bianchiPorro, di E. Giuseppe Mori, Quinto Fabbri - Ed. Ave, Roma 2004 -pp. 107.

CASSETTA REGiSTRATA dELLE LETTERE di bEnEdETTA a curadegli «Amici di Benedetta».

CARO LibRO - Diario di Benedetta, illustrato con 40 tavole a colori da-gli alunni di una IV elementare di Lugo (Ra) con presentazione diCarlo Carretto e Vittorio Messori - pp. 48 formato 34x49 -Ed. Morcelliana.

ERO di SEnTinELLA di Corrado Bianchi Porro. La lettera di bene-detta nascosta in un libro - Ed. S. Paolo.

QUALCHE COSA di GRAndE di Walter Amaducci - Ed. Stilgraf, Cesena 2009 - pp. 120.

i dOLCi vOLTi di diO di Maria Grazia Bolzoni Rogora - Ed. Stilgraf, Cesena 2014 - pp. 156.

FiLMATO SU bEnEdETTA (documentario) in videocassetta.dvd bEnEdETTA biAnCHi PORRO - Testimonianze (filmato in Dvd).L’AnnUnCiO - semestrale a cura degli «Amici di Benedetta».LETTERA A nATALinO di Benedetta Bianchi Porro. Illustrazioni di Ro-

berta Bössmann Amati - Ed. Stilgraf Cesena - pp. 24.bEnEdETTA biAnCHi PORRO Un cammino di luce di Piersandro

Vanzan, Prefazione del Card. Angelo Comastri, Editrice Velar, Gor-le (BG), 2011 - pp. 48.

QUAdERni di bEnEdETTA 1 - benedetta bianchi Porro. il camminoverso la luce, di don Divo Barsotti, Fondazione Benedetta BianchiPorro e Associazione per Benedetta Bianchi Porro, 2007 - pp. 46.

QUAdERni di bEnEdETTA 2 - benedetta bianchi Porro. dio miama, di Angelo Comastri, Fondazione Benedetta Bianchi Porro eAssociazione per Benedetta Bianchi Porro, 2008.

Postulatore della Causa di Beatificazione Padre GUGLIELMO CAMERAMissionari Saveriani - Viale S. Martino, 8 - 43123 PARMAtel. 0521 9200511 - cell. 333 2902646 - e-mail [email protected] Postulatore della Causa di Beatificazione Don ALFEO COSTAVia Benedetta Bianchi Porro, 6 - 47013 Dovadola (FC)tel. e fax e segreteria 0543 934676 - e-mail [email protected] comunicare con noi, per richiedere libri o altro materiale potete rivolgervi a:

AMiCi di bEnEdETTACasella postale 62 - 47013 Dovadola (FC) - Tel. 0543 934676E-mail: [email protected] oppure [email protected] – http: //www.benedetta.it c/c postale 1000159051 (Codice IBAN IT 88 Y 07601 13200 001000159051) intestato aFondazione Benedetta Bianchi Porro Forlì

D. Lgs 196/03 “Codice in materia di protezione dei dati personali” - Il suo indirizzo fa parte dell’archivio de “l’annuncio”. In virtù di questo, nel pieno rispetto di quanto stabilito dal D.Lgs 196/03 “Codice in materia di protezione dei dati personali” lei ha l’opportunità di ricevere la nostra rivista. I suoi dati non saranno oggetto di comunicazione o di diffusione a terzi. Per essi lei potrà richiedere in qualsiasi momento modifiche, aggiornamento, integrazione o cancellazione, scrivendo alla redazione della rivista.

IMPORTANTEChi desidera partecipare al “pranzo insieme”di domenica 9 agosto 2015 alla “Rosa bianca” è pregato di rivolgersi a “Amici di Benedetta”, Casella Postale 62 – 47013 Dovadola, o telefonando a Don Alfeo Costa, parroco di Dovadola,(0543 934676: tel., fax e segreteria telefonica) entro il 5 AGOSTO 2015.Chi avesse bisogno di alloggiare presso la “Rosa Bianca”è pregato di interpellare direttamente il gestoreMoreno Pretolani allo 349 8601818

L’annuncioè sostenuto soltanto con le offerte degli Amici.Un grazie di cuore a tutti i benefattoriche, con il loro aiutoe la lorogenerosità, ci permettono di continuare la diffusione del messaggio di Benedetta nel mondo.