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Niente di nuovo sul Fronte occidentale Erich Maria Remarque BIOGRAFIA DELL’AUTORE A cura di Giada Berardinetti Erich Paul Remarque nasce il 22 giugno 1898 da una famiglia cattolica di origine francese emigrata in Germania al tempo della rivoluzione. Lui deve interrompere gli studi nel novembre del 1916, perché chiamato al servizio militare. L’anno successivo partecipa alla Grande Guerra in trincea, combattendo sul Fronte occidentale presso Verdun in uno dei più aspri combattimenti. Quest’esperienza lo segnerà profondamente e lo porterà a scrivere il suo capolavoro, Niente di nuovo sul fronte occidentale, che viene pubblicato nel 1929. Muore il 25 settembre 1970 a Locarno, in Svizzera. A cura di Valentina Leonardi “A Osnabrück, nella Bassa Sassonia, nasce il 22 giugno 1898 Erich Paul Remarque da una famiglia cattolica di origine francese emigrata in Germania al tempo della rivoluzione. Memore di queste origini, lo scrittore firmerà le proprie opere ripristinando la grafia francese del cognome e sostituendo il secondo nome di battesimo con Maria, in omaggio al ricordo della madre. Il lavoro di legatore del padre garantisce alla famiglia condizioni di vita decorose ma non agitate e quindi Remarque, dopo aver frequentato la scuola dell’obbligo, entra nel 1915 nel seminario cattolico di Osnabrück, che consentiva ai ragazzi meritevoli di proseguire gratuitamente gli studi. Remarque adolescente si dedica con fervore alla letteratura e con profitto agli studi che tuttavia, come i suoi compagni, è costretto a interrompere bruscamente perché chiamato nel novembre del 1916 al servizio militare per essere poi destinato, l’anno successivo, al fronte della Francia nordoccidentale presso Nerdun, teatro della “battaglia delle fiandre”, uno fra i più aspri combattimenti della prima guerra mondiale. Sarà proprio la brutalità di questa guerra a segnare profondamente la sua esistenza e a costruire al tempo stesso l’origine della sua vocazione letteraria. Dopo avere ripreso e terminato gli studi nel 1919 si dedica per breve tempo all’ ingegnamento che tuttavia abbandona presto. A Berlino sposa nal 1925 l’attrice Jutta Ilse Zambona; sarà una unione di breve durata che si scioglierà nel 1930. Nel 1927 inizia a scrivere inizia a scrivere il suo romanzo-confessione Niente di nuovo sul fronte occidentale il romanzo dovrà attendere due anni per poter apparire prima a puntate e su un quotidiano e successivamente in volume. Erich Maria Remarque muore in una clinica a Locarno il 25 settembre 1970.” A cura di Niccolò Rossi Remarque nacque in Westfalia, a Osnabruck nel 1898 da una umile famiglia di origine francese. Appena diciottenne prese parte alla Prima Guerra Mondiale rimanendovi ferito. Le terribili esperienze del fronte, i massacri e i terrori dei quali fu testimone, segnarono in modo incancellabile la sua coscienza. Tra il 1918 e il 1926 scoprì la sua vocazione a narrare e cominciò a scrivere la sua opera principale Niente di nuovo sul fronte occidentale che pubblicò nel 1929 e che ottenne subito vasto successo. Questo, è forse uno dei più significativi romanzi di guerra del nostro secolo; la prima

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Niente di nuovo sul Fronte occidentale

Erich Maria Remarque

BIOGRAFIA DELL’AUTORE

A cura di Giada Berardinetti

Erich Paul Remarque nasce il 22 giugno 1898 da una famiglia cattolica di origine francese emigrata in Germania al tempo della rivoluzione. Lui deve interrompere gli studi nel novembre del 1916, perché chiamato al servizio militare. L’anno successivo partecipa alla Grande Guerra in trincea, combattendo sul Fronte occidentale presso Verdun in uno dei più aspri combattimenti. Quest’esperienza lo segnerà profondamente e lo porterà a scrivere il suo capolavoro, Niente di nuovo sul fronte occidentale, che viene pubblicato nel 1929. Muore il 25 settembre 1970 a Locarno, in Svizzera.

A cura di Valentina Leonardi

“A Osnabrück, nella Bassa Sassonia, nasce il 22 giugno 1898 Erich Paul Remarque da una famiglia cattolica di origine francese emigrata in Germania al tempo della rivoluzione. Memore di queste origini, lo scrittore firmerà le proprie opere ripristinando la grafia francese del cognome e sostituendo il secondo nome di battesimo con Maria, in omaggio al ricordo della madre. Il lavoro di legatore del padre garantisce alla famiglia condizioni di vita decorose ma non agitate e quindi Remarque, dopo aver frequentato la scuola dell’obbligo, entra nel 1915 nel seminario cattolico di Osnabrück, che consentiva ai ragazzi meritevoli di proseguire gratuitamente gli studi. Remarque adolescente si dedica con fervore alla letteratura e con profitto agli studi che tuttavia, come i suoi compagni, è costretto a interrompere bruscamente perché chiamato nel novembre del 1916 al servizio militare per essere poi destinato, l’anno successivo, al fronte della Francia nordoccidentale presso Nerdun, teatro della “battaglia delle fiandre”, uno fra i più aspri combattimenti della prima guerra mondiale. Sarà proprio la brutalità di questa guerra a segnare profondamente la sua esistenza e a costruire al tempo stesso l’origine della sua vocazione letteraria. Dopo avere ripreso e terminato gli studi nel 1919 si dedica per breve tempo all’ ingegnamento che tuttavia abbandona presto. A Berlino sposa nal 1925 l’attrice Jutta Ilse Zambona; sarà una unione di breve durata che si scioglierà nel 1930. Nel 1927 inizia a scrivere inizia a scrivere il suo romanzo-confessione Niente di nuovo sul fronte occidentale il romanzo dovrà attendere due anni per poter apparire prima a puntate e su un quotidiano e successivamente in volume. Erich Maria Remarque muore in una clinica a Locarno il 25 settembre 1970.”

A cura di Niccolò Rossi

Remarque nacque in Westfalia, a Osnabruck nel 1898 da una umile famiglia di origine francese. Appena diciottenne prese parte alla Prima Guerra Mondiale rimanendovi ferito. Le terribili esperienze del fronte, i massacri e i terrori dei quali fu testimone, segnarono in modo incancellabile la sua coscienza. Tra il 1918 e il 1926 scoprì la sua vocazione a narrare e cominciò a scrivere la sua opera principale Niente di nuovo sul fronte occidentale che pubblicò nel 1929 e che ottenne subito vasto successo. Questo, è forse uno dei più significativi romanzi di guerra del nostro secolo; la prima

Grande Guerra è vista dalla parte dei vinti, un gruppo di studenti tedeschi che, illusi dalla propaganda militarista, partono per il fronte sognando gloria e conquiste. Erich Maria Remarque, che ha vissuto da umile protagonista quei mesi tragici, narra, con una prosa miracolosamente povera di retorica, i più profondi conflitti di quella giovane generazione ingannata e delusa. Alla fine, la guerra si rivela per quella che realmente è: un massacro privo di senso. Nell’opera, Remarque individua le cause del conflitto come conseguenza dell'Imperialismo; nello stesso tempo, il dramma dei combattenti tedeschi viene indagato alla luce dell'educazione falsa e corruttrice che essi hanno ricevuto fin dall’adolescenza. Il professore che, in questo libro, spinge i suoi allievi ad arruolarsi e il sergente che li addestra prima che vengano mandati al fronte, sono in senso oggettivo, fra i responsabili del loro disorientamento e della loro morte. Remarque, in questo come nei romanzi successivi, fa parlare i fatti, procedendo mediante rigorose testimonianze ed evitando di commentarle. Egli visse prevalentemente a New York; negli ultimi anni della sua vita si stabilì in Svizzera, dove morì il 25 settembre 1970 in una clinica di Locarno, stroncato da un infarto.

Fonti:

- http://raccoltacompiti.altervista.org/pagina-436775.html - Le citazioni sono tratte da Erich Maria Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale, di cui si

ricorda la prima edizione italiana con traduzione di Stefano Jacini, edita da Mondadori, a Milano, nel 1931. Molti ragazzi hanno letto l’edizione pubblicata da Arnoldo Mondadori come supplemento a “Famiglia Cristiana” n. 7 del 25 febbraio 1998, citando le pagine introduttive: III-VII.

TRAMA

Albitres Farro Jesus Miguel

Sugli ideali della nazione, onore e orgoglio, gli insegnanti di una scuola tedesca persuadono i propri allievi ad arruolarsi come volontari per difendere la loro patria. Il protagonista Paul Bäumer si arruola insieme ad alcuni suoi compagni di classe. Hanno tutti diciannove anni e sono convinti di vivere una bella avventura andando in guerra. I ragazzi, però, si accorgono con il passare del tempo di quanto la guerra sia crudele e inutile e si chiedono, senza avere delle risposte ben precise, chi la volesse e per quale motivo. Giorno dopo giorno, l’avventura si trasforma in tragedia, i compagni muoiono, mentre i vincoli di sostegno e cameratismo che servono superare le atrocità e le difficoltà quotidianamente spariscono. Anche Bäumer non farà una fine diversa dagli altri; rimarrà, infatti, ucciso in una tranquilla giornata, poco prima della capitolazione dell’ormai stremato esercito tedesco, negli ultimi giorni del conflitto: «Egli cadde nell’ottobre 1918».

Luca Arborio

I professori erano obbligati dallo stato tedesco a convincere gli alunni a partecipare alla guerra. All’inizio Paul e i suoi amici sono felici di andare in trincea a combattere per la Patria; ben presto però si rendono conto che la realtà è molto diversa perché in trincea la vita è durissima: si patisce

la fame, il freddo d’inverno e il caldo d’estate, le malattie, poi c’è l’angoscia di non sapere se, da un momento all’altro, la vita potrebbe finire.

Valentina Leonardi

L’incipit descrive una situazione paradossale: un giorno di tranquillo riposo al fronte; quasi destabilizza, perché non ci si aspetta un inizio così. È l’ora di pranzo e il cuoco ha preparato il vettovagliamento per centocinquanta soldati, ma ne tornarono solo ottanta. Tutti gli altri sono all’ospedale da campo o nella fossa comune. Alla morte e al dolore, si contrappongono le pancie piene degli ottanta soldati ancora vivi. Mentre mangiano, arrivano posta. Giunge anche la lettera del loro professore di ginnastica, il quale definisce i suoi ex alunni «la gioventù di ferro». Un altro episodio molto triste è la morte di un compagno. Un pomeriggio, i giovani, vanno a trovare Kemmerich, ricoverato al San Giuseppe (ospedale d campo) per una ferita al femore. Kemmerich dice di avere male al piede, ma in realtà il suo piede è stato amputato. Ha un brutto aspetto e porta i segni sul viso che Paul e i compagni hanno già visto tante volte. Ha il respiro greve per la febbre, per questo i ragazzi chiedono a un infermiere se può fargli un’iniezione, ma lui risponde che se dovesse dare la morfina a tutti non ne basterebbero dei barili; allora Müller (un amico di Paul) ricatta l’infermiere con un pacchetto di sigarette e l’infermiere si convince. Un giorno, la loro brigatella venne divisa in gruppetti di tre o quattro. Il protagonista, insieme ai suoi amici, Kropp, Müller, Kemmerich, nella nona squadra fanno subito amicizia con gli altri soldati. La nona squadra è comandata dal comandante Himmestloss, che ha preso di mira Kropp, Tjaden, Westus e Paul perché capiva che stavano incominciando a ribellarsi e per questo li faceva lavorare molto di più degli altri soldati. Nel pomeriggio Paul torna a trovare Kemmerich e, questa volta, lo trova consapevole della sua situazione. Ha un aspetto ancora più brutto dell’ultima volta che si sono visti e il respiro sempre più lento. Kemmerich dice a Paul qualcosa sottovoce. Paul resta lì un’ora seduto accanto al suo letto, a guardarlo e poi corre a chiamare il dottore. Questi gli dice che ha già fatto molte operazioni di fila e non riesce a farne altre. Quando torna da Kemmerich, lo trova morto. Paul va subito a dirlo ai compagni.

Alessandra Miceli

I ragazzi, spinti da sentimenti di fervido patriottismo, approdano pieni di entusiasmo nelle caserme e dopo un breve e durissimo addestramento vengono mandati al fronte. Basta una sola notte perché realizzino che sono stati catapultati in un vero e proprio inferno. Alcuni di loro muoiono durante i primi giorni. Imparano che per sopravvivere nella guerra di trincea è necessario abbandonare ogni sorta di pudore, disgusto o imbarazzo, che è importante procurarsi cibo, indumenti, stare al caldo, mangiare, se necessario, accanto ai morenti, e abituarsi alla compagnia dei topi e agli spettacoli più raccapriccianti. Alcuni non riescono a sopportare tutto questo e, in preda a violenti attacchi di panico, vogliono uscire dai rifugi; invano i compagni tentano di farli rinsavire a forza di calci e pugni, ma, passato l’intontimento dovuto ai colpi, si precipitano allo scoperto perdendo la vita all’istante. Accanto a un’apparente indifferenza, episodi di eroico altruismo, di disperazione, e lo struggente sconforto di un ragazzo che per la prima volta uccide un uomo: il nemico. Il romanzo descrive il ritorno a casa di Paul, per una breve licenza, sono estremamente commoventi: davanti alla porta di casa «la mano diventa pesante» perché è cambiato dentro, e quando la sorella dice: «Mamma, mamma, è Paul» grosse lacrime gli scorrono per le guance e non riesce più a fare un passo. Tutto intorno a lui è stonato, non ritrova più il ragazzo che era prima, si infastidisce se la

gente del paese gli chiede della guerra, di com’è il fronte. Non racconterà nulla né alla mamma, che è felice di vederlo senza l’uniforme, né al papà che ne è orgoglioso. Finalmente, con disperata gioia, ritorna al fronte portando con sé le frittelle preparate dalla mamma e la consapevolezza che non sarebbe mai dovuto andare in licenza perché il suo posto ormai è insieme ai suoi compagni. Giada Pittau

Perfino i nemici, vengono considerati delle brave persone dall’autore, perché anche loro hanno avuto la stessa sorte e sono stati costretti a combattere per motivi che neanche conoscono bene. Davvero commovente l’episodio che descrive la licenza di Paul a ritornare a casa per un breve periodo. Vedere la madre malata, la sorella, il padre e tutti i luoghi della sua infanzia lo rende ancora più triste. Lui sa che ormai quella realtà resterà solo un vago ricordo e che non potrà mai più vivere come prima, poiché non riuscirà mai a dimenticare l'esperienza della guerra.

Giada Berardinetti

Gli amici di Paul muoiono tutti colpiti da un aereo o feriti dalle schegge o dai proiettili: Kropp, a cui viene amputata una gamba; Haje, alto e forte che però non sopravvive alla ferita al polmone; Muller, ucciso da un razzo nello stomaco; Kat, che ha circa 40 anni e assume la funzione di leader, ma viene colpito da una scheggia vagante. Solo Tjaden, un giovane fabbro, sopravvive alla guerra. Diventerà maestro di scuola e la sua storia sarà poi narrata dall’autore nell’altro romanzo La via del ritorno. Il protagonista è un ragazzo come gli altri e scrittore dilettante. Paul resiste quasi per tutto il conflitto. Uccide un soldato francese in una buca dove si era riparato e rimarrà per sempre segnato da questa esperienza. Proprio quando capisce che deve vivere la vita a pieno, muore sul campo di battaglia. I soldati francesi lo ritroveranno a testa in avanti.

Alice Bertipaglia, Melissa Carlino

Arruolarsi e partecipare alla Grande Guerra, così pensa il professore Kantorek. I giovani devono combattere per difendere la Grande Germania, per ottenere successo e onore. Forse non sa che la guerra è difficile, dura, atroce e piena di sofferenze. Già dopo un mese l’esperienza vissuta dai ragazzi li abbrutisce, li abitua a una continua lotta per la sopravvivenza. Inoltre, quotidianamente vedono la sofferenza dei feriti, i gridi di dolore, il sangue, l’orrore di una morte lontano dalla propria famiglia. Una delle prime esperienze è vedere uno dei loro compagni, Kemmerich, a cui viene mutilata una gamba e che muore dopo poco tempo. Purtroppo non sarà l’ultimo a sacrificare la propria vita in questa guerra. Con il tempo, però, quei giovani acquistano esperienza, riescono a distinguere i suoni di mitragliatrici e granate e imparano alcune tecniche per difendersi. Spesso tra di loro riflettono sulla vita e sulla guerra. Allora Paul afferma: «Non siamo più giovani, non aspiriamo più a prendere il mondo d’assalto. Siamo dei profughi, fuggiamo noi stessi, la nostra vita. Avevamo diciott’anni, e cominciavamo ad amare il mondo, l’esistenza: ci hanno costretti a spararle contro. La prima granata ci ha colpiti al cuore; esclusi ormai dall’attività, dal lavoro, dal progresso, non crediamo più a nulla. Crediamo alla guerra.» Poi, combattendo in prima linea, descrive questo momento così: «La prima linea è una specie di gabbia in cui si soffre l’attesa nervosa di ciò che sta per avvenire. Viviamo sotto la traiettoria incrociata delle granate, nella tensione dell’ignoto. Sopra di noi pende il caso. Quando un colpo arriva tutto quel che posso fare è di rannicchiarmi; dove vada a battere non posso sapere, né influirvi.» Dopo circa un anno, Paul ottiene una licenza e ritorna a casa. Ma vedere sua madre malata, la sorella, il padre e tutti i luoghi della sua infanzia lo rende ancora più triste.

Lui sa che ormai quella realtà resterà solo un vago ricordo e che non potrà mai più vivere come prima, poiché non riuscirà mai a dimenticare l’esperienza della guerra. Successivamente ritorna in trincea, scopre che molti dei suoi compagni nel frattempo sono morti, lui stesso viene ferito e sta per alcune settimane in un ospedale dove viene curato. Lì si rende conto di quanto sia orribile stare a contatto con tutte quelle persone e con la loro sofferenza. Ancora una volta torna in trincea. Ormai la guerra sta per finire e si aspetta un armistizio. Proprio in questo momento, Paul riacquista la speranza e la voglia di vivere, ma viene ucciso dalle ultime granate, mentre il bollettino del comando supremo si limitava a dire: «Niente di nuovo sul fronte occidentale».

Valeria Carra

Rimane in ospedale con Albert, perché entrambi feriti. Paolo si riprende, a differenza del suo compagno, che si aggrava e muore. Gli ultimi mesi della guerra, rimane da solo, ma anche se motivato ad andare avanti e vincere per tutti i suoi amici, questo non bastò per salvarlo… lo scoppio di una granata gli costò la vita.

Gabriele Ciampi e Letizia Saviozzi

In una tranquilla giornata silenziosa, «giaceva sulla terra, come se dormisse», «il suo volto aveva un’espressione così serena, quasi che fosse contento di finire così.»

Lorenzo Frigo e Giulia Greggio

… Al finire della guerra, poco prima della capitolazione dell'ormai stremato esercito tedesco.

Fonti:

- http://cultura.biografieonline.it/niente-fronte-occidentale/

PERSONAGGI

A cura della classe

Paul Bäumer È il protagonista del romanzo. Insieme ad alcuni compagni di scuola e amici, appena diciannovenni, viene arruolato per combattere la grande guerra. Inizialmente è contento di andarci, non sapendo però che non tornerà a casa nessuno di loro. È un ragazzo sensibile e profondo che rimane sconvolto dalla guerra. Muore anche lui, poco prima della conclusione del conflitto. Fu ritrovato con la faccia sul terreno e il suo volto presentava un’espressione serena come se fosse contento di finire così. Albert Kropp È compagno di camerata e amico di Paul; basso di statura; considerato il migliore pensatore del gruppo. Verso la fine del romanzo, Paul e Albert vengono feriti durante un’azione di sgombero di un

paesino francese. Albert, più grave, viene ricoverato in un ospedale cattolico, ma anche Paul con qualche sotterfugio si fa ricoverare nella stessa struttura accanto all’amico. Mentre Paul guarisce, a Kropp venne amputata una gamba. Il giovane cade nello sconforto e progetta di suicidarsi. Grazie all'assistenza dei compagni di corsia, Kropp lascia perdere il suo progetto. Lui e Bäumer si separano quando il secondo viene richiamato in reggimento in quanto perfettamente guarito. Haje Westhus Nel testo si legge: «Anche lui è dell’età nostra (19 anni), scavatore di torba, che può comodamente chiudere una pagnotta nel pugno e darci da indovinare che cosa abbia in mano». Viene descritto come alto e forte. Da civile era uno scavatore di torba. Ha buon senso d’umorismo, ma il suo modo di fare è rude, tanto da risultare, a volte, quasi osceno. Durante un combattimento, viene ferito gravemente alla schiena. La ferita è così profonda e ampia che Haje può vedere il polmone che si allarga e restringe. Il sottufficiale Himmelstoss, che aveva trattato male Haje fin dai tempi dell’addestramento, aiuta gli altri a portarlo via. Haje non sopravvive alla ferita. Tjaden Nel testo si legge: «Un fabbro ferraio, magro, della nostra età (19 anni), il maggior divoratore della compagnia. Quando si mette a mangiare è sottile sottile e quando si alza è gonfio come una cimice gravida». È uno degli amici di Paul, ma non è suo compagno di scuola. Prima della guerra Tjaden era un fabbro poco istruito. Quando fu arruolato, fu spedito allo stesso campo d’addestramento di Paul e lì sopportò tutti i comandi inflitti da Himmelstoss, l'istruttore che da civile era un semplice portalettere. Tjaden cova molto rancore nei confronti di Himmelstoss. Quando il sottufficiale viene trasferito al fronte, matura e diventa più amichevole nei confronti dei suoi ex-allievi: alla fine conquista anche la fiducia di Tjaden regalandogli un po' di zucchero e burro: Tjaden è infatti un gran mangiatore, e il suo piatto preferito è fagioli col lardo. Anche se mangia in continuazione, non ingrassa mai. È l'unico fra i compagni di Bäumer a sopravvivere alla guerra. Nel dopoguerra diventerà maestro di scuola: la sua storia sarà narrata da Remarque nel libro “La via del ritorno”. Stanislao Katzinski Nel testo si legge: «Duro, furbo, navigato, quarant’anni, faccia terrea, occhi azzurri, spalle spioventi e un fiuto meraviglioso per gli odori, il buon mangiare e le buone buche per ripararsi». Si presenta come un uomo duro, furbo. Afferma ironico che la guerra non sarebbe tanto brutta, se ci fossero più ore di riposo. Chiamato informalmente Kat, è il capo della loro squadra senza esserlo veramente. Esercita su Paul e i suoi compagni un’influenza molto positiva. Da civile, Kat era un calzolaio sposato e aveva già un figlio. Quando viene arruolato, ha all’incirca quarant’anni. Sugli altri esercita una funzione di leader, sebbene non sia superiore a loro di grado. La sua specialità consiste nel recuperare qualsiasi bene necessario, soprattutto cibo, e sa cucinare la carne d’oca. Il suo sesto senso funziona anche con i bombardamenti d'artiglieria: riconosce immediatamente quando si è sotto tiro. Una notte, Paul e gli altri si trovano in un edificio diroccato: fa freddo, manca il cibo e i letti sono scomodi. Kat si mette il berretto, esce, e poco dopo torna con carne di cavallo, pane e paglia per imbottire i letti. Kat è colpito da uno shrapnel alla fine della storia. La scheggia gli fracassa la tibia e così Paul, angosciato dalla prospettiva di rimanere solo, se lo carica in spalla e lo porta fino al posto di medicazione. Tuttavia, arrivato lì, si rende conto che durante il tragitto una minuscola scheggia vagante ha colpito il cranio dell’amico e lo ha ucciso. Quando Kat viene ucciso, per Paul è come se fosse morto un grande eroe. La morte di Kat lo rende indifferente alla possibilità di sopravvivenza o alla fine della guerra: ormai il ragazzo, solo e sconfortato, può affrontare il resto

della sua vita senza alcun timore. Müller È uno dei compagni di classe di Paul e ha diciannove anni come gli altri. Anche lui volontario, è quello che rimane più attaccato agli insegnamenti scolastici. Perfino sotto il fuoco nemico, viene scoperto a borbottare nozioni di fisica. Quando il coetaneo Kemmerich viene ferito alla gamba, poi amputata, ed egli intuisce che non sopravviverà, Müller è interessato ai suoi stivali. Müller viene ucciso da un razzo sparato a bruciapelo nello stomaco. Agonizzante, vive ancora una mezz'ora soffrendo orribilmente. Prima di morire fa in tempo a consegnare a Paul gli stivali presi da Kemmerich. Müller viene sepolto, ma come Paul stesso ammette, è probabile che non sia rimasto indisturbato per molto: il fronte era stato spostato indietro poco dopo la sua morte. Detering: Nel testo si legge: «Un contadino che non pensa che alla sua cascina e alla sua moglie». Altri personaggi: Il vecchio professore Kantorek, che spinse i suoi studenti ad arruolarsi e li incitava a combattere. Sul testo si legge: «Era il nostro professore: un ometto severo, vestito di grigio con un muso da topo. Aveva pressa poco la stessa statura del sottufficiale Himmelstoss». Himmelstoss, superiore, molto esigente e severo. Nel testo si legge: «Passava per il peggior aguzzino della caserma, ed era il suo vanto. Un piccolo uomo tozzo, che aveva servito dodici anni; baffi rossastri, arricciati; nella vita borghese, portalettere».

Fonti:

- Le citazioni sono tratte da Erich Maria Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale, di cui si ricorda la prima edizione italiana con traduzione di Stefano Jacini, edita da Mondadori, a Milano, nel 1931. Molti ragazzi hanno letto l’edizione pubblicata da Arnoldo Mondadori come supplemento a “Famiglia Cristiana” n. 7 del 25 febbraio 1998, citando le pagine 5 e 10.

LUOGO ED EPOCA IN CUI SI SVOLGE LA VICENDA

A cura di Albitres Farro Jesus Miguel, Luca Arborio, Giada Berardinetti e Alice Bertipaglia

La vicenda si svolge nelle trincee, sui campi di battaglia occidentali della Germania, durante la Prima Guerra mondiale, più precisamente nell’Europa fronte occidentale (Germania e Svizzera), in particolare sul fronte occidentale. Tra il 1915-1916 e 1918, durante la Prima Guerra Mondiale.

FINALITA’ DEL LIBRO

Secondo Alice Bertipaglia

Lo scopo di questo libro è quello di informare, di far conoscere, di descrivere la Prima Guerra Mondiale. L’autore ci riesce particolarmente bene perché ha vissuto in prima persona quest’esperienza.

Secondo Valentina Leonardi

Informare sul tema della guerra visto dagli occhi dei soldati.

Secondo Luca Arborio

Essendo il diario di un soldato, mette in evidenza tutti i lati positivi e negativi dell’animo umano e l’orrore della guerra.

Secondo Albitres Farro Jesus Miguel

I personaggi del romanzo credono che sia solo un’avventura, invece rimangono poi delusi dalla vera faccia che mostra la guerra in azione, la crudeltà e la morte che porta come conseguenza e i disastri che provoca.

Secondo Giada Berardinetti

Il libro mostra quanto sia difficile fare la guerra e vivere in trincea.

Secondo Melissa Carlino Raccontare una storia accaduta realmente a dei giovani appena un po' più grandi di noi, dando informazioni utili sulla Macro-Storia; l’autore ci riesce molto bene in quanto l’ha vissuto lui, in prima persona. Secondo Gabriele Ciampi

L’autore vuole far conoscere il sacrificio umano di milioni di giovani caduti in guerra per la loro patria e l’importanza della memoria.

LINGUA E STILE UTILIZZATO DALL’AUTORE

Secondo Albitres Farro Jesus Miguel

L’autore utilizza un linguaggio abbastanza complesso, con vocaboli ricercati e, in alcuni punti, risulta di difficile comprensione. La lettura è consigliata ad un pubblico con medie – alte conoscenze linguistiche.

Secondo Luca Arborio

Scritto originariamente in lingua tedesca (tradotto in italiano da Stefano Jacini), discorso diretto e indiretto in prima persona.

Secondo Giada Berardinetti

Le frasi sono brevi e con poca punteggiatura.

Secondo Alice Bertipaglia

Remarque, all'inizio del libro, usa molto il discorso diretto, prevale l’asindeto. Il linguaggio, in alcune parti del libro, è abbastanza complesso. Il narratore è interno, infatti è lo stesso protagonista del libro. Il racconto fa qualche descrizione.

Secondo Melissa Carlino

L’autore ha uno stile di quei tempi.

Secondo Valeria Carra Il linguaggio utilizzato è ricco di termini complessi ed è caratterizzato da un registro piuttosto formale. Il libro è scritto in prima persona, secondo il punto di vista del protagonista. L'autore fa uso di termini specifici riguardati la guerra come “recluta”, “baionetta”, “granata”. Il modo di scrivere, come gli aggettivi e i verbi utilizzati, sono tipici del periodo in cui visse l'autore. Le frasi che compongono il testo sono piuttosto corte e scarseggiano i dialoghi. Secondo Gabriele Ciampi

Italiano con un linguaggio molto scorrevole e parole che ti toccano il cuore e l’anima.

Secondo Valentina Leonardi

L’autore del libro utilizza un lessico semplice che permette di far scorrere bene le parole. Sono anche presenti termini specifici del linguaggio della guerra. L’ordine dei fatti è molto lineare, l’autore descrive giorno per giorno cosa succede al fronte. Sono presenti analessi, all’ inizio quando vengono presentati i personaggi Kantorek e Himmerlstoss. Le prolessi (un’anticipazione indiretta dei fatti che avverranno in seguito) sono scritte in corrispondenza delle analessi. Nel libro sono presenti riflessioni personali dell’autore sul tema della guerra. Sono molto usati i discorsi diretti, perché vengono riportati i discorsi fra compagni. Il tempo verbale più usato è il presente, il narratore descrive i fatti come se avvenissero nel momento in cui parla. Alla fine del libro cambia il tempo dei verbi perché muoiono i suoi compagni. I pensieri del protagonista sono al futuro. Ci sono molte pause che descrivono, ad esempio, i pensieri e gli stati d’animo di Paolo che servono a far riflettere chi legge. I fatti sono narrati in prima persona.

Secondo Alessandra Miceli

Nel racconto sono presenti descrizioni e il linguaggio è quasi sempre complesso. Il narratore usa un discorso diretto all’inizio del libro. Il narratore è interno. Esso è il protagonista della storia.

Secondo Letizia Saviozzi

Lo stile è abbastanza complesso e ho dovuto spesso usufruire del dizionario o chiedere il significato di alcune parole ai miei genitori.

TEMI PRINCIPALI AFFRONTATI NEL LIBRO

Secondo Giada Berardinetti

Il libro parla della Prima Guerra Mondiale.

Secondo Luca Arborio

Il sacrificio per la patria, l’amicizia, l’onore, il dolore della perdita degli amici cari e la paura di morire.

Secondo Alice Bertipaglia, Melissa Carlino, Valentina Leonardi e Valeria Carra

La guerra; la vita di giovani soldati di diciott’anni, strappati dai banchi di scuola e costretti improvvisamente a combattere e a sacrificarsi per difendere la propria patria.

Secondo Letizia Saviozzi

Guerra, distruzione, disperazione, morte, amicizia.

COMMENTO FINALE

Secondo Niccolò Rossi e Karolina Zlateva

Questo celebre romanzo di Remarque è ambientato durante la Prima Guerra Mondiale, fra le trincee di combattimento. L'autore aveva vissuto in prima persona l'esperienza bellica, avendo combattutto anche nella terribile battaglia di Verdun tra tedeschi e francesi. La narrazione è vista secondo l’ottica di un soldato tedesco, giovanissimo, che si ritrova catapultato, da una tranquilla vita da studente, nel mezzo degli intensi combattimenti. Remarque narra tutte le angosce della guerra del fronte: l’ansia per la mancanza di sonno, di cibo, di acqua; la minaccia dei bombardamenti costanti, il gas letale che brucia i polmoni e provoca un’atroce morte; i proiettili, che devono essere riconosciuti in base al loro suono per determinarne la pericolosità; i rapporti con i superiori, che rendono ancora più avvilente la tragica realtà bellica; la speranza dei giorni di permesso per tornare dai familiari, che diviene incubo per l’incapacità dei soldati di rapportarsi a una società che, ormai, non li comprende più; il fronte di battaglia, che diviene nel tempo l’unica realtà concepibile per il combattente, tra dolori inenarrabili, ma anche tra l’affiatamento con i compagni, e che è altresì l'unica realtà che riesce a comprendere, perché la guerra ha segnato definitivamente il bilancio della sua vita. Niente di nuovo sul fronte occidentale è un’opera scritta in prima persona, attraverso la quale vengono riferite le emozioni, i sentimenti, i terrori e le angosce di una guerra che nessuno vuole ma tutti fanno. È un libro accorato, che a tratti si fa tetro o peggio efferato, quando narra le piccole tragedie quotidiane delle morti continue di animali, uomini e speranze. È un libro veramente intenso, suggestivo; il suo stile referenziale, ai limiti del giornalismo (e infatti Remarque ha alcune affinità con la narrativa di Hemingway), riesce a condurre il lettore lungo un percorso umano di dura lotta per la vita delle proprie idee prima ancora che del proprio corpo. Poter attingere a esperienze personali così intense ha permesso all’autore di essere sempre genuino, veritiero, mai scontato o banale, perché in questo libro tutto ciò che è detto è fortemente sentito, in nessun caso retorico. Il messaggio antimilitarista si fa sempre più chiaro con il procedere della narrazione, e questo messaggio, che oggi ci fa ancor più ammirare l’opera, al tempo dell’uscita di questo libro - il tempo dell’ascesa del Nazismo in Germania - fece condannare e censurare questo volume in patria; il libro ottenne riconoscimenti e successo solo al di là dell’Oceano, negli Stati Uniti, dove divenne celebre soprattutto grazie alle trasposizioni cinematografiche. Secondo Albitres Farro Jesus Miguel

Il libro mi è piaciuto per il linguaggio utilizzato, per la complessità presente e per il fatto che fosse qualcosa di piuttosto nuovo per me. Pagina dopo pagina, questo libro trasmette sempre più voglia di leggerlo, per capirne la trama sempre più contorta; ti rende partecipe di cosa sia davvero la guerra, le atrocità che porta e il fatto che, per quanto sia definita “un’avventura” per i personaggi del libro, risulta comunque un modo crudele per perdere i propri amici e conoscenti per liberare la propria patria. L’inizio della storia entra subito nell’ottica della guerra in tutte le sue forme spiegando mano a mano come il protagonista sia arrivato a quel punto. Una parte che mi ha colpito particolarmente è stata quando Paul, durante un attacco contro il fronte tedesco, si nasconde in un cratere fingendosi morto. Un soldato nemico, ovvero francese con i baffetti, si getta nella stessa buca per evitare il fuoco tedesco, ma il protagonista…

Secondo Luca Arborio

È la prima volta che leggo un libro così “crudo e macabro”, che entra così nel dettaglio nel descrivere le ferite dei soldati e la crudeltà della guerra; non mi è piaciuto il fatto che avesse dei lunghi dialoghi in prima persona che duravano diverse pagine, anche se questo mi ha fatto un po’ perdere il filo del discorso. Questo libro ha il merito, come tanti altri, di insegnare alle nuove generazioni la crudeltà e l’inutilità della guerra, con la speranza che la conoscenza degli orrori del passato eviti il loro ripetersi nel futuro.

Secondo Giada Berardinetti e Giada Pittau

Questo è uno dei romanzi più belli che abbia letto, anche se non mi sono mai piaciute le storie che parlano di guerra, mi hanno colpito molto le riflessioni dell’autore che, avendo sempre speranza, facevano scherzi ai suoi superiori, cerca di sopravvivere. Mi è piaciuta anche la breve premessa dell’autore: mi hanno colpito molto le parole di Remarque che scrive: «Questo libro non vuole essere né un atto d’accusa né una confessione. Esso non è che il tentativo di raffigurare una generazione la quale – anche se sfuggì alle granate – venne distrutta dalla guerra.» Mi ha rattristato scoprire infine che il protagonista muore proprio a pochi giorni dalla conclusione del conflitto mondiale.

Secondo Alice Bertipaglia

Questo libro mi è piaciuto perché, anche se è pesante in alcuni punti, ha un significato profondo. È un po’ duro in alcune parti, ma serve per far capire bene quello che è successo e che non deve più succedere. Fa capire che cos'è veramente la guerra, cioè un’esperienza che sarebbe molto meglio non provare.

Secondo Melissa Carlino

Sinceramente questo libro non mi è piaciuto molto perché, nonostante sia scritto molto bene, riguarda la guerra, cioè un periodo molto triste. Secondo Valeria Carra Questo romanzo mi è piaciuto discretamente, anche se l’ho trovato un po’ impegnativo, perché narra la storia di alcuni giovani, che si ritrovano a dover uccidere persone, innocenti ai loro occhi, con delle armi, senza esperienza e senza motivo. Spesso il libro fa riferimento alle emozioni, ai sentimenti, ai terrori e alle angosce che i ragazzi devono provare ogni giorno, mentre combattono per la sopravvivenza. Durante uno dei soliti discorsi che si svolgevano a fine giornata, il protagonista afferma: «Non siamo più giovani, non aspiriamo più a prendere il mondo d’assalto. Siamo dei profughi, fuggiamo noi stessi, la nostra vita. Avevamo diciott’anni, e cominciavamo ad amare il

mondo, l’esistenza: ci hanno costretti a spararle contro. La prima granata ci ha colpiti al cuore; esclusi ormai dall’attività, dal lavoro, dal progresso, non crediamo più a nulla. Crediamo alla guerra.» Questa frase mi ha colpito: la guerra ha tolto a ognuno di loro la speranza di sopravvivere, di essere felici. Ormai per loro non c'è più niente che li aspetta fuori da quel terribile mondo, per loro esiste solo la guerra. Secondo Gabriele Ciampi Questo libro mi è abbastanza piaciuto, anche se non è molto allegro perché narra la storia di persone veramente esistite e fatti purtroppo realmente accaduti ma, allo stesso tempo mi ha fatto riflettere e capire le atrocità della guerra e il sacrificio di tante giovani vite spezzate per il volere di qualcuno che, in nome dei propri interessi o per raggiungere i propri scopi, è passato sopra tutto, anche alla vita! Penso che dovremmo sempre ricordare il sacrificio di tanti ragazzi che avrebbero dovuto avere ancora tutta un’esistenza davanti, per realizzare i loro sogni.

Secondo Giulia Greggio Questo libro mi è piaciuto molto, perché parla di guerra e soprattutto perché mi ha fatto capire la crudeltà dell’uomo: un essere che non esisteva solo nel passato, ma che tuttora si mostra varie parti del mondo. Questo libro è molto coinvolgente e spinge a molte riflessioni.

Secondo Valentina Leonardi Le frasi più significative secondo me sono racchiuse nell’incipit e in altre due frasi: «Non avevamo ancora messo radici; la guerra, come un’inondazione ci ha spazzati via.» e «Mentre essi esaltavano la grandezza del servire lo stato, noi sapevamo già che il terrore della morte è più forte. E vedevamo che del loro mendo non sopravviveva più nulla. Improvvisamente, spaventevolmente, ci sentimmo soli, e da soli dovevamo sbrigarcela.» Questo libro mi è piaciuto molto perché mi ha colpito come i giovani si trovavano le armi in mano e non avevano nessuna esperienza e combattevano per sopravvivere.

Secondo Giada Pittau Questo romanzo è stato uno dei più belli che ho letto, ma non di certo per la storia che viene raccontata, perché è una storia tragica, è una guerra. Mi piacciono le riflessioni dell’autore che, nonostante viva la guerra, ha qualche pensiero di speranza, grazie alle chiacchierate tra i soldati che fanno parte della sua stessa classe. Le parti più tristi sono quelle in cui qualche compagno viene ferito o muore. Le parti più allegre, invece, sono quando i soldati fanno alcuni scherzi ai loro superiori, quando parlavano dei vecchi tempi, imitano il loro vecchio professore, e così la vita di trincea sembra meno dura.

Secondo Alessandra Miceli Questo libro mi è piaciuto anche se l’ho trovato parecchio pesante, perché in alcune parti è davvero duro. Mi è piaciuto perché spiega esattamente come inizia la storia di un soldato, da quando viene arruolato fino alla sua morte. Ha un significato molto profondo. Mi ha fatto capire che cos’è veramente la guerra e, onestamente, è un’esperienza che non vorrei provare!

Secondo Letizia Saviozzi Paul durante un attacco contro il fronte tedesco si nasconde in un cratere fingendosi morto. Un soldato nemico, cioè un soldato francese con i baffetti si getta nella stessa buca per evitare il fuoco tedesco ma il protagonista, preso dal terrore del momento, lo pugnala senza ucciderlo. Ritiratisi gli attaccanti, Paul deve aspettare la sera per tornare alla sua trincea ed è, quindi, obbligato a restare nella buca con l’avversario agonizzante; tenta di bloccare la ferita, ma quando il francese inevitabilmente muore cerca tra i suoi effetti personali, meditando addirittura di scrivere alla vedova

e di «dedicare il resto della sua vita» alla famiglia del morto. Ritornato in trincea, però, Paul ritorna anche alla dura realtà quotidiana e, ricominciando a pensare razionalmente, definisce la parentesi nella buca un «incidente di guerra». Narrato in modo crudo, il romanzo non nasconde niente della vera faccia della guerra. Tutti i personaggi del libro muoiono nel fango delle trincee, asfissiati dai gas, squarciati dagli shrapnel (razzi), devastati dai proiettili di amici e nemici, negli ospedali di guerra. Il protagonista muore a pochi giorni dalla sconfitta, proprio quando ha trovato la forza di credere nel futuro e di lasciarsi la guerra alle spalle. Questo libro ha per me un importante significato perché, nonostante la guerra e i compagni rimasti uccisi, Paul e gli ultimi rimasti, sono sempre amici e si sostengono a vicenda.

Secondo Karolina Zlateva Leggendo questo libro ho capito che non bisognerebbe mai fare le guerre, perché portano disperazione e miseria. Devo dire che il libro non è stato molto facile da analizzare, però è molto educativo e istruttivo, soprattutto in questo periodo scolastico in cui stiamo trattando la Prima Guerra Mondiale con il nostro libro di poesie.

Fonti Le citazioni sono tratte da Erich Maria Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale, di cui si ricorda la prima edizione italiana con traduzione di Stefano Jacini, edita da Mondadori, a Milano, nel 1931. Molti ragazzi hanno letto l’edizione pubblicata da Arnoldo Mondadori come supplemento a “Famiglia Cristiana” n. 7 del 25 febbraio 1998, citando le pagine 3, 18, 70, 168-178.