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Nella stipsi funzionale o cronica semplice possono intervenire svariati meccanismi patogenetici talvolta sovrapposti e in reciproco conflitto.

È opportuno differenziarne in particolare due: i disturbi della motilità intestinale e i disordini del pavimento pelvico.

La stipsi da disturbi della motilità può essere a sua volta sostenuta da errori dietetici oppure da transito rallentato, cioè un movimento del contenuto intestinale più lento del normale, dal colon prossimale al colon distale e infine al retto.

I disordini del pavimento pelvico sono stati evidenziati in circa il 47% dei pazienti nei centri di terzo livello, nella metà dei quali è stato documentato anche un transito rallentato.

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Nella pratica i pazienti con stipsi cronica vengono classificati in tre gruppi, con differenti meccanismi patogenetici che sotto il profilo epidemiologico trovano vaste aree di sovrapposizione, come documentato da questa pubblicazione:

1) stipsi da transito rallentato;

2) defecazione dissinergica (stipsi espulsiva, dischezia);

3) sindrome dell’intestino irritabile con stipsi.

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Alla luce di quanto sin qui brevemente illustrato, questa tabella riassume le tre forme di stipsi cronica commentate nella slide precedente.

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Parecchi degli elementi qui riportati sono già stati o saranno sottolineati (anche ripetutamente) nel corso ma è importante focalizzare l’attenzione su di essi e in particolare su alcuni perché anche il farmacista, attraverso una raccolta accurata di informazioni, può delineare un quadro sufficientemente preciso per poi orientare il paziente.

La durata e l’entità, per esempio, non si correlano soltanto alla gravità della stipsi ma anche all’approccio del paziente, che potrebbe aver optato per una convivenza inerte oppure per iniziative più incisive ma scarsamente efficaci.

La presenza di altri sintomi integra il quadro informativo, che deve essere completato da altri dati: possibili eventi precipitanti, forma delle feci, sensazione durante la defecazione, situazione ostetrica, eventuali interventi chirurgici e patologie traumatiche pregresse.

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La stipsi può essere un disturbo occasionale come pure sottendere altre patologie importanti.

Ancora una volta il farmacista può condurre un colloquio anamnestico connotato da una duplice utilità: innanzitutto gli consente di offrire i suggerimenti più opportuni al paziente; dall’altro lato può sensibilizzare quest’ultimo nei confronti di elementi sospetti o indurlo a riflettere sulle modalità di elaborazione personale del sintomo.

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Questa tabella riassume i sintomi che sono spesso associati alla stipsi, suddividendoli in rapporto alla defecazione, alla regione addominale e alle condizioni generali.

Da qui la necessità per il farmacista di procedere con una valutazione approfondita e sistematica, che verrà illustrata in maggior dettaglio nelle slide successive.

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Numerose ricerche hanno dimostrato che l’intestino non è soltanto in grado di operare in piena autonomia, grazie a una fitta rete di cellule nervose (oltre 100 milioni, più di quelle presenti nel midollo spinale) che sono sensibili e responsive alle varie tipologie di alimenti ingeriti e regolano la peristalsi, ma produce anche sostanze importanti per il tono dell’umore, prima tra tutte la serotonina, oltre il 90% della quale si concentra proprio nel tubo digerente.

Altrettanto sorprendente è che su un ipotetico campione di dieci fibre nervose soltanto una conduce stimoli dal cervello all’intestino, mentre le restanti nove seguono il percorso opposto.

Tale ricca dotazione nervosa giustifica perché l’intestino sia anche particolarmente condizionato dagli stati d’animo e allo stesso modo “risponda” a numerosi psicofarmaci: basti pensare alle ripercussioni dell’ansia o della paura sul suo funzionamento, o alle condizioni ambientali, alla temperatura e alle sollecitazioni meccaniche come quelle prodotte da un’autovettura o dal dondolio di un’imbarcazione che possono interferire sul benessere intestinale.

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L’alimentazione gioca un ruolo determinante, ma non meno trascurabile è l’impatto delle abitudini di vita e del carico quotidiano di ansia.

La difficoltà o l’impossibilità di mantenere una regolarità nella propria quotidianità a causa dei ritmi frenetici imposti dalla società moderna, infatti, crea le premesse di una costante inibizione sull’attività peristaltica, che potrebbe anche risultare scarsamente responsiva ai farmaci.

L’intestino, inoltre, è una delle più frequenti sedi di somatizzazione di ansie e nevrosi.

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I disturbi funzionali gastrointestinali sono tra le cause più frequenti di visita gastroenterologica e possono associarsi a diversi sintomi variamente combinati, tra cui spicca la stipsi cronica.

Per questa ragione anche il farmacista, pur non avendo l’onere della diagnosi, non deve focalizzarsi unicamente sulla stipsi, ma deve indagare anche sull’eventuale presenza di acidità, dispepsia, bruciore retrosternale (pirosi) e alternanza di stipsi a diarrea, suggestiva di sindrome dell’intestino irritabile.

Il racconto del paziente è fondamentale, ma lo sforzo maggiore consiste nel cercare di oggettivare le sue sensazioni o preoccupazioni: per esempio è facile che egli nel manifestare il proprio disagio focalizzi l’attenzione sulla difficoltà nell’evacuazione e sulla consistenza dura delle feci – entrambi fattori responsabili di sofferenza contingente –piuttosto che sulla ridotta frequenza delle evacuazioni.

La sindrome dell’intestino irritabile non ha una causa certa, ma sembra che abbia una genesi multifattoriale.

Abitudini alimentari, stile di vita, fattori psicologici e fattori genetici sono i determinanti principali.

La sintomatologia si presenta con dolore addominale e alterazioni della defecazione. Si identificano normalmente tre sottogruppi di pazienti: quelli con stipsi predominante, quelli con predominanza di diarrea e quelli con alvo alterno.

La sintomatologia ha un andamento cronico e spesso una durata di anni, anche se con oscillazioni di intensità e di manifestazione. Molti pazienti riferiscono che gli episodi sono scatenati o esacerbati da periodi di stress (per esempio conflitti, tensioni emotive, difficoltà nel lavoro, problemi economici o familiari).

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Questo scherma, per quanto non esaustivo della complessa fenomenologia della sindrome dell’intestino irritabile, spiega alcune importanti dinamiche.

Come si può notare, gli elementi centrali sono la motilità, influenzata a sua volta da numerosi fattori, e il microbiota.

È infatti inevitabile che lo scompenso del naturale equilibrio funzionale dell’intestino, e in particolare il rallentamento dell’attività peristaltica fino a una vera e propria dismotilità, favorisca l’iperproliferazione batterica che, a sua volta, determina uno stato flogistico sulla mucosa assorbente e la stimolazione neuronale, con innesco di uno stato di ipersensibilità viscerale (cioè aumentata risposta a stimoli sia normali che nocivi) che amplifica il dolore.

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Per quanto non sia compito del farmacista procedere con l’esplorazione e la palpazione dell’addome, è utile chiedere al paziente se ha notato sintomi e segni anomali a livello addominale, quali dolore, sensazione di bruciore in fase digestiva, meteorismo, tensione della parete.

È opportuno chiedere inoltre se sono state osservate ragadi, emorroidi o cedimenti della parete anale (nel caso di una risposta incerta il cliente, soprattutto se in apparenza distratto e superficiale, deve essere invogliato a un’autovalutazione) e quali sono le condizioni della regione cutanea circostante.

Può essere utile indagare anche sulla sfera urologica, a partire da patologie infettive (cistiti, prostatiti, vaginiti pregresse).

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La serotonina, a cui è già stato fatto cenno, è un mediatore chiave di numerosi processi, tra cui la motilità intestinale (si trova infatti in elevate concentrazioni nelle cellule enterocromaffini localizzate nella sottomucosa gastrointestinale) e la sensibilità viscerale.

Sono state caratterizzate sette tipologie di recettori, dei quali due sono rilevanti nel tubo digerente:

1) HT3, che regola la risposta emetica (suo antagonista è l’ondansetron);

2) HT4, che regola l’attività peristaltica e il tono muscolare sia in maniera diretta sia attraverso la modulazione del rilascio di acetilcolina.

Va ricordato, tra l’altro, che il sistema serotoninergico, insieme ad altri sistemi effettori, regola il comportamento personale e sessuale, il ritmo sonno-veglia, il senso di appetito e la percezione del dolore e che durante gli attacchi emicranici si verificano importanti variazioni del livello di serotonina nel plasma e nelle piastrine.

Questo schema riassume gli effetti della serotonina nella parete intestinale. Le cellule enterocromaffini, situate nella mucosa, la liberano in risposta alla pressione o ad altri stimoli.

La serotonina stimola i neuroni afferenti situati nella sottomucosa (attraverso i recettori 5-H1P) e nel plesso mienterico (attraverso i recettori 5-HT3). Entrambe le famiglie neuronali sono colinergiche ma i neuroni della sottomucosa rilasciano anche un altro mediatore, il peptide correlato al gene della calcitonina (CGRP).

La liberazione di acetilcolina e CGRP è amplificata dai recettori 5-HT4. La serotonina viene poi captata da un trasportatore specifico (SERT) che la internalizza negli enterociti, dove viene degradata.

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La Bristol Stool Form Scale, qui riportata, è un semplice strumento che richiama l’attenzione sull’importanza dell’osservazione delle feci: le caratteristiche di queste ultime, infatti, possono offrire un valido orientamento nell’inquadramento della stipsi cronica da rallentato transito o inerzia colica (alvo poco frequente con feci caprine).

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È opportuno che il farmacista conosca i principali esami di laboratorio e strumentali che possono essere utili per una diagnosi più approfondita.

L’emocromo consente di evidenziare un eventuale stato anemico (nel qual caso occorrerebbero ulteriori indagini di approfondimento), la VES suggerisce in maniera aspecifica la presenza di eventi infiammatori; altre condizioni da escludere sono squilibri idroelettrolitici – in particolare negli anziani –, diabete, epatopatie e distiroidismi.

Coloscopia e/o clisma opaco sono necessari in presenza di sintomi di allarme.

Lo studio del tempo di transito colico consiste nell’esecuzione di una radiografia diretta dell’addome a distanza di 96 ore dall’assunzione di 20 marker radiopachi: si parla di stipsi se si ha la ritenzione di 4 o più marker (il 20% di quelli somministrati).

La manometria, la defecografia e l’elettromiografia sono esami indicati in caso di dissinergia del pavimento pelvico.

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Alcuni farmaci possono produrre quale effetto indesiderato la stipsi, a seguito di interferenze più o meno dirette con i meccanismi di regolazione della peristalsi. È paradossale che un impiego scorretto di lassativi possa essere di per sé causa di stipsi o di suo peggioramento. La conoscenza di questo effetto indesiderato rende consigliabile l’adozione di opportune strategie preventive sin dall’inizio del trattamento farmacologico, soprattutto se destinato a protrarsi a lungo o indefinitamente nel tempo.

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È fondamentale che il paziente “aiuti” il proprio intestino a riacquisire regolarità e stabilità funzionale.

Poiché il tubo digerente è particolarmente sensibile a stimoli endogeni ed esogeni, un primo meccanismo sul quale fare leva è il riflesso della defecazione: è dimostrato che la sua repressione volontaria, per lo più legata alla decisione di dare priorità ad altre esigenze contingenti, si traduce in un’inibizione della motilità del colon.

L’assunzione di acqua è un altro cardine.

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Il toilet training è una procedura comportamentale che mira a ottimizzare l’atto dell’evacuazione sfruttando una serie di meccanismi fisiologici e coinvolgendo strutture e funzioni non soltanto viscerali ma anche muscolari striate.

L’obiettivo è di riportare verso la norma un bioritmo in parte perduto, spesso perché soppresso.

Il farmacista può sfruttare il razionale qui sintetizzato e del tutto complementare a quanto esposto nella slide precedente per sensibilizzare il paziente nei confronti di alcuni meccanismi fisiologici, come per esempio il riflesso gastro-colico (l’assunzione di cibo innesca complessi motori nel colon che potrebbero essere finalizzati per esempio al mattino dopo colazione), l’adozione di cambiamenti posturali, il coordinamento respiratorio durante la defecazione e l’uso del massaggio.

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Il farmacista può trovarsi di fronte anche a situazioni in cui la stipsi non venga direttamente correlata ai suoi fattori responsabili o favorenti.

Due esempi in tal senso sono costituiti da chi pratica sport, che sulla base di quanto affermato finora dovrebbe essere teoricamente immune, e dai turnisti.

Con qualche suggerimento mirato è possibile prevenire o quanto meno circoscrivere il disturbo, che potrebbe andare incontro a cronicizzazione nel caso in cui un individuo si ostinasse a commettere inconsapevolmente degli errori, in particolare nel suo regime dietetico, nell’assunzione indiscriminata di lassativi o nel mantenere ritmi irregolari anche in quelle funzioni organiche, come la defecazione, che si giovano proprio di metodicità e sistematicità, peraltro non incompatibili con esigenze imposte da viaggi o attività professionali.

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È inutile ripetere che il movimento contribuisce a prevenire o contrastare la stipsi: il maggior dispendio energetico, la costante attivazione del sistema nervoso, l’aumento della circolazione sanguigna, favorito dall’incremento della frequenza cardiaca e del drenaggio venoso, nonché il minor afflusso di sangue agli organi addominali a vantaggio dei muscoli, infatti, costituiscono tutti degli stimoli per l’intestino.

È tuttavia opportuno distinguere lo sportivo a livello agonistico-professionale da chi pratica un’attività a scopo dilettantistico: il primo, oltre a godere degli effetti favorevoli già illustrati, segue con buone probabilità una dieta e abitudini appropriate, mentre l’altro, specie se si dedica in maniera frammentaria e senza un adeguato programma di allenamento, è più esposto ad alcuni errori grossolani, come per esempio uno scarso apporto di fibre.

Non mancano tuttavia alcune “sorprese” nella letteratura scientifica, come i due esempi qui riportati.

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Un’altra considerazione riguarda la tipologia delle attività: quelle di resistenza, aerobie, che comportano cioè un impegno più lungo e costante, sono infatti più vantaggiose per la salute – intestino incluso – di quelle di potenza e anaerobie, nelle quali lo sforzo si concentra in un ridotto intervallo di tempo. Un dato, questo, che richiama indirettamente l’attenzione sull’importanza della continuità e dell’allenamento.

Anche il mantenimento di un’idratazione adeguata durante l’esercizio è fondamentale, non soltanto per evitare la comparsa di dolori addominali, ma anche per assicurare all’organismo le migliori condizioni per adattarsi alla fatica e trarre i massimi benefici dal movimento.

In definitiva è quindi imprescindibile affrontare qualsiasi sport con una giusta preparazione e possibilmente evitando il “fai da te”, sottoponendosi per esempio a sforzi sproporzionati alle proprie capacità e magari circoscritti al fine settimana.

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Per chi affronta spostamenti lunghi è risaputo che gli itinerari verso est sono più deleteri rispetto a quelli verso ovest, in quanto, oltre al tempo necessario all’adattamento, implicano la perdita di ore di sonno.

In queste circostanze l’intestino paga quindi un duplice scotto: innanzitutto durante il viaggio è spesso sottoposto al controllo inibitorio della volontà, a sua volta legato al disagio che molti avvertono nel doversi avvalere di servizi igienici pubblici. In secondo luogo risente del rapido sconvolgimento dei ritmi alimentari.

È curioso che una review pubblicata su Lancet ammetta la mancanza di consenso sui rimedi da consigliare, anche perché ogni individuo reagisce in maniera diversa ai cambiamenti.

I pochi consigli disponibili sono in ogni caso quelli di assumere durante il viaggio alimenti ricchi di fibre e bere succhi di frutta o molta acqua (meglio di tè, caffè e bevande alcoliche) e di rilassarsi all’arrivo, facendo però in modo di avere sonno a sufficienza al momento del riposo notturno.

È bene suggerire al paziente di assecondare sempre l’intestino al primo stimolo per evitare che perda del tutto il suo ritmo normale.

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